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Old 08-09-2006, 00:01   #1
Adric
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Alberto Alberti, lutto per il mondo italiano del jazz

Si è spento Alberto Alberti.

Grave perdita per il jazz italiano, scompare una delle figure storiche più carismatiche della scena, organizzatore di innumerevoli tournèes, concerti, festival...

Martedì mattina è deceduto dopo lunga malattia Alberto Alberti, personalità di grandissimo spicco nell'ambito della musica jazz internazionale.
Alberti è stato uno degli uomini che maggiormente ha contribuito alla diffusione del jazz in Italia attraverso concerti e festival, punto di riferimento dei più grandi artisti del panorama jazzistico americano quali Miles Davis ,Dexter Gordon, Sarah Vaughan, Ella Fitzgerald, Cedar Walton, Chet Baker, e tantissimi altri.
Fondatore nel 1958 del festival Jazz di Bologna (protrattosi fino alla metà degli anni '70) che lanciò Bologna e l'Italia in una dimensione jazzistica internazionale e fondamentale figura nella nascita di quello che sarebbe diventato uno dei più importanti Jazz festival del mondo, Umbria Jazz.
Stava collaborando alla realizzazione del prossimo Bologna Jazz Festival che si terrà al Teatro Duse e in molti locali della città nel periodo 6/12 novembre 2006 e che sarà dedicato al suo ricordo .

I funerali di Alberto Alberti verranno celebrati venerdì 8 settembre alle ore 11.30, presso la chiesa di Santa Caterina, in via Saragozza a Bologna.
(fonte: Casa del Jazz)
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Old 08-09-2006, 00:43   #2
BadMirror
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Una grande perdita
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Old 08-09-2006, 01:01   #3
Adric
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Il Modena Jazz Club intitolerà la propria associazione ad Alberto Alberti grande amico e stimatissimo da noi tutti.
Ciao Alberto ci manchi tanto!

Un po' di storia del festival jazz di Bologna inventato da Alberto

IL FESTIVAL INTERNAZIONALE DEL JAZZ
DI BOLOGNA
1958-1975

A metà degli anni ’50 emerse un’altra personalità importantissima di organizzatore: Alberto Alberti.
Molto amico di Foresti, e di tutti gli altri fin qui citati, nel gennaio del 1953 Alberti intraprende un viaggio in Inghilterra insieme a Carlo Trevisani. Appassionati di Jazz fin dalla tenera età, i due amici, raggiunta Londra, si recarono direttamente al “One Hundred” di Oxford Street, un negozio dove si vendevano solo dischi jazz. Il proprietario era Colin Pomroy, ex pilota della RAF con baffetti ben curati ed una gamba leggermente offesa in guerra. Vedendoli arrivare ed acquistare per la quarta volta
consecutiva, Pomroy propose loro di aprire in Italia un negozio di LP jazz di importazione, un negozio da lui stesso finanziato e fornito di dischi che Alberti e Trevisani avrebbero ripagato solo dopo averli venduti. La proposta
fu subito accolta e all’ammezzato di via Caprarie n° 3 in Bologna venne inaugurato il “Disclub”, primo negozio in Italia dedito solo a dischi di Jazz esclusivamente d’importazione. Il Disclub divenne ben presto una vera e
propria fucina organizzativa per l’attività jazzistica della nostra città, incontrando un successo immediato e incondizionato. Dopo pochi anni, Alberti e Foresti crearono il Festival Jazz di Bologna.

I° FESTIVAL JAZZ

Nel 1958 Alberti e Foresti avevano organizzato all’Antoniano un concerto con il Kid Ory e la sua Creole Jazz Band, nel corso del quale Kid aveva dedicato un brano alla Dr. Chick Dixieland Orchestra di Pupi Avati con grande
disappunto dei concorrenti della Panigal.. Il Concerto ebbe grandissimo successo per cui, nel marzo di quello stesso anno, Avati e la Dr. Chick, che avevano come manager Cicci Foresti, decisero di organizzare un nuovo concerto all’Antoniano, questa volta imperniato su una vera e propria sfida tra loro e la Panigal che vedeva finalmente titolare al trombone il giovanissimo e promettentissimo Checco Coniglio.

Il concerto fu varato come “Festival del Jazz Emiliano”, con il patrocinio di S.E. il cardinale Lercaro. Alla sfida furono invitate la Panigal, la New Emily di Romolo Grande, il Complesso di Amedeo Tommasi, e naturalmente, la
Dr. Chick. Panigal ed Emily rifiutarono di partecipare, e furono tacciate di vigliaccheria. Fu così che i due premi in palio (una coppa per il primo classificato, centomila lire per il secondo andarono rispettivamente alla Dr. Chick e ad Amedeo Tommasi.


II° FESTIVAL JAZZ

L’anno seguente, dopo la fusione nella Rheno della Panigal e della Dr. Chick, Alberto Alberti e Cicci Foresti rispolverano l’idea del Festival proponendo all’allora Assessore allo Sport Picchi di realizzarne un secondo.
L’idea di Alberto Alberti e di Foresti piacque all’assessore (negli anni seguenti sostituito da Renato Zangheri) che si dichiarò convinto di poter dare un carattere internazionale alla manifestazione, incontrando anche l’assenso del responsabile della Cultura della Provincia di Bologna, Carlo
Maria Badini. Nelle serate del 2 e 3 ottobre del 1959 si tenne al Palasport il II Festival del Jazz che, aperto dalla Rheno, ebbe come ospite d’onore Chet Baker, accompagnato da Amedeo Tommasi. Il Festival riscosse un successo tanto incondizionato per affluenza e ed entusiasmo di pubblico da rappresentare da allora, per ben 16 anni consecutivi, la manifestazione più importante d’Italia in campo jazzistico e una delle più celebri in Europa e nel mondo intero.

III° FESTIVAL INTERNAZIONALE DEL JAZZ
Nel 1960 il III Festival si tenne il 17 – 18 ottobre al Teatro Duse sul cui palcoscenico le “stelle” furono rappresentate dai sax europei di Jacques Pelzer e Flavio Ambrosetti e da quello americano di Barney Wilen.
L’organizzazione era curata da Disclub di Alberto Alberti e dal Jazz Club con il patrocinio del Comune.


IV° FESTIVAL INTERNAZIONALE DEL JAZZ

Dopo un anno di pausa, dovuto a difficoltà di vatia natura, il 6 e 7 aprile 1962 il Festival, con la sua IV edizione, torna al Palasport, dove rimarrà quasi stabilmente fino al suo termine. Ancora una volta è il Jazz Club ad organizzarlo, sempre con il patrocinio del Comune, quello dell’Ente Turismo, della Provincia e dell’ENAL. Dopo molti complessi italiani ed Europei, l’attenzione di tutti fu polarizzata dalla presenza di due eccezionali solisti, , Kenny Drew e René Thomas, pur nel generale disappunto per il mancato arrivo di Kenny Clarke.

V° FESTIVAL INTERNAZIONALE DEL JAZZ

Il 30 e 31 maggio 1963 il Jazz Disclub di Alberti propose il V Festival che aveva come motivi di massimo interesse, oltre a René Thomas e Jacques Pelzer, l’organista Lou Bennet, il jazz d’oltre cortina di Andrzej Trazaskowsky, l’ancora sconosciuto Lele Gato Barbieri, e infine, vero
trionfatore, l’attesissimo quintetto del grande Kenny Clarke.


VI° FESTIVAL INTERNAZIONALE DEL JAZZ

Dal VI Festival, svoltosi ancora in primavera, il 23 e 24 aprile 1964, scompaiono i vari “Jazz Club” come promotori ufficiali, anche se l’organizzazione rimane affidata ad Alberto Alberti e Cicci Foresti. Torna applauditissimo Lou Bennet ma da tutti la grande attesa è riservata alla
prima esibizione in Italia di Charlie Mingus, leader ell’avanguardia e ella contestazione negro-americana.


VII° FESTIVAL INTERNAZIONALE DEL JAZZ


Anche il VII Festival (12 e 13 maggio 1965), offrì al pubblico, che affollava il Teatro Comunale, novità assolute di ascolto: accanto ai sax di Gato Barbieri e di Johnny Griffin si ascoltarono infatti il piano di Mal Waldron e il quartetto capitanato da Don Cherry e Steve Lacy, già in puro stile free.


VIII° FESTIVAL INTERNAZIONALE DEL JAZZ

Ancora a tarda primavera (12 e 13 maggio 1966) riscaldò gli entusiasmi di migliaia e migliaia di spettatori che, come negli anni precedenti, affollavano parterre e gradinate del Palasport per l’VIII Festival. Dopo Mal Waldron, Paul Bley e Tete Montoliu, il pubblico non si stancò di applaudire
il grandissimo Dexter Gordon, decretando ancora una volta il successo di una manifestazione che, anno dopo anno, era divenuta il maggior appuntamento europeo di jazz, fatto sicuramente basato sulle felicissime scelte operate
con acuto intuito e notevole gusto da Alberti e Foresti.


IX° FESTIVAL INTERNAZIONALE DEL JAZZ


Dal 1967 il Festival si sposta all’autunno e più determinante diviene la presenza come organizzatore dell’Ente Autonomo Teatro Comunale di Bologna il
cui nuovo sovrintendente, Carlo Maria Badini, mostra di essere uomo lungimirante e di grande sensibilità, puntando decisamente ad un’ulteriore valorizzazione del Festival, ormai considerato una delle manifestazioni più
importanti e qualificanti della nostra città.
Per la IX edizione si tornò al Duse, dove, in tre sere ( 29-30 settembre, 1 ottobre 1968) il pubblico bolognese potè applaudire il grande Bill Evans, Ted Curson, Jean Luc Ponti, ancora Dexter Gordon e l’allora popolarissimo complesso vocale “The Swingle Singers”.


X° FESTIVAL INTERNAZIONALE DEL JAZZ

Il X Festival vide la musica Jazz padrona assoluta per tre giorni (4-5-6 ottobre 1968)dell’esclusivo palcoscenico del Teatro Comunale. Stars di valore già indiscusso come Oscar Peterson, Lee Konitz, Art Farmer, Kenny Drew e
Hank Mobley si alternarono a giovani destinati a divenire capiscuola, come Phil Woods, e alla punta più avanzata e discussa del jazz divenuto “free”, rappresentata dal dissacrante e aggressivo Cecil Taylor .


XI° FESTIVAL INTERNAZIONALE DEL JAZZ


Analoghe sensazioni suscitò l’XI Festival del 3-4-5 ottobre del 1969, sempre al Comunale. Ai veterani Lucky Thompson, Kenny Clarke e George Russel si alternarono i giovani futuri capiscuola Keit Jarret e Gary Burton.


XII° FESTIVAL INTERNAZIONALE DEL JAZZ

Polemiche e difficoltà di finanzamenti non permisero di realizzare nel 1970 il Festival che, viceversa, fu riproposto al Palasport da Badini, Alberti e Foresti il 15 e 16 ottobre 1971. All’enorme pubblico fu offerto il vecchio, il nuovo, il nuovissimo ed il popolare, in un cocktail estremamente ben dosato. Al clarino creolo di Albert Nicholas rispose il sax bopper ma modernissimo di Yusef Lateef. All’organo irruente di Lou Bennet si oppose l’arte raffinatissima di Stan Getz con il suo inimitabile sax tenore. Al free innovatore e sperimentale di Ornette Coleman rispose l’eleganza e lo swng del mitico bopper Dexter Gordon. E infine, su tutti e per qualsiasi pubblico, la suggestione della voce inimitabile di Ray Charles.


XIII° FESTIVAL INTERNAZIONALE DEL JAZZ


Anche la XIII edizione (9-10-11 novembre 1972)ebbe grandi e popolarissimi protagonisti. Sotto le luci del Palasport sfilarono giganti el jazz come Jimmy Smith, Clark Terry, llinois Jacquet, Art Farmer, James Moody, Kenny
Burrel, Roy Haines, Dave Brubeck, Gerry Mulligan, Paul Desmond, Charlie Mingus, Elvin Jones, Dizzy Gillespie, Kai Winding, Sonny Stitt, Thelonius Monk, Art Blakey.


XIV° FESTIVAL INTERNAZIONALE DEL JAZZ


Nei giorni 8-9-10 novembre 1973 si tenne il XIV Festival che presentò interessanti gruppi di giovani, uno italiano, la Big Band degli allievi del Conservatorio di Bologna, diretta da Ettore Ballotta, l’altro americano, “The Young Giants of Jazz” con Jimmy Owens, Gary Burton, Cedar Walton e Roy
Haynes, nonché alcuni dei miti che negli ultimi cinquant’anni avevano fatto grande e reso popolare il jazz: la celebre orchestra di Duke Ellington, B.B. King, Sarah Vaughan, e, infine, Miles Davis.


XV° FESTIVAL INTERNAZIONALE DEL JAZZ


La XV Edizione offrì, accanto ai molti e interessanti musicisti italiani, come Marco di Marco, Massimo Urbani, Jimmy Villotti, Vincenzo Corrao, Vittorio Volpe e l’oriundo britannico Alan King, il ritorno del sempre interessante e applauditissimo Gato Barbieri e l’esponente più carismatico
del nuovo anismo jazz Mc-Coy Tyner, Dizzy Gillespie e Curtis Fuller, Eddie Davis e Sonny Stitt.


XVI° FESTIVAL INTERNAZIONALE DEL JAZZ


E siamo al XVI ed ultimo Festival internazionale del Jazz che per tre lustri aveva dettato legge in Europa e aveva imposto all’attenzione mondiale Bologna con nuovi e attualissimi motivi di prestigio internazionale.
Contrariamente a quanto annunciato, tutti i concerti si tennero al Palasport. Si trattò di quattro sere (13-14-15-16 novembre 1975) delle quali l’ultima fu riservata ad un tributo a Louis Armstong reso da una Big Band diretta da Dick Hyman . Entusiasmo e consensi suscitarono miti consolidati come Earl Hines, Carmen Mc Rae, Charles Mingus, Roy Haynes e Benny Carter.


“IL DOPO FESTIVAL”


1- Premessa
In sedici edizioni, il Festival offrì a Bologna ed ai Bolognesi la possibilità di ascoltare, vedere, ammirare quanto di meglio il jazz mondiale aveva saputo esprimere fino alla metà degli anni ’70. I programmi, per grande intuito e duttilità, e con grandi aperture verso tutti gli stili,
seppero appagare le attese dei modernisti come le esigenze dei tradizionalisti.

La grande sensibilità di amministratori illuminati come Picchi e Zangheri, le indubbie capacità di manager di Carlo Maria Badini ed il felicissimo intuito, oltrechè la competenza, della insostituibile coppia di organizzatori formata da Alberto Alberti e Cicci Foresti seppero arricchire
ulteriormente le stagioni fra la fine degli anni ’70 e l’inizio del decennio successivo con una serie di prestigiosi concerti chiamati “Jazz nei Quartieri”. A completamento del Festival e, ovviamente, in periodi dell’anno diversi, sempre sotto l’egida del Teatro Comunale, in vari luoghi e quartieri della città, Badini, Alberti e Foresti organizzarono concerti
indimenticabili con le orchestre di Duke Ellington e Count Basie , di Lionel Hampton e di Stan Kenton, con il trio di Oscar Peterson, con Ella Fitzgerald accompagnata dal Trio di Tommy Flanagan, con Art Blakey e i suoi Jazz
Messengers, con Bill Evans ecc. ecc.

In tal modo, con il Festival e la rassegna che si svolgeva nel resto dell’anno, Bologna trascorse stagioni ricchissime di concerti sempre ad altissimo livello, divenendo punto di riferimento e luogo di appuntamento per migliaia di appassionati che vi confluivano da tutt’Italia. E, in
effetti, non vi fu jazzista di rango o giovane promessa (basti ricordare quando nel 1971 Miles Davis si esibì con l giovanissimo Keith Jarrett al pianoforte) che non sia passato da Bologna n quegli anni, spesso ripetutamente e talora stabilendovisi per periodi più o meno lunghi. Certo
che la presenza di un così grande numero di giovani, dovuto alla prestigiosa e frequentatissima Università, fu un fattore decisivo nell’assicurare un pubblico sempre straboccante alle serate del Festival. Ma quei giovani erano
stimolati anche da una felicissima scelta degli artisti lasciata, fino all’ultimo Festival del ’75, alla discrezionalità e all’intuizione, senz’altro di altissimo livello, dei “direttori artistici” ella manifestazione, Alberto Alberti e Cicci Foresti, e tale assoluta libertà di scelta fu garantita fino all’ultimo dall’assoluta fiducia che Badini, ottimo organizzatore e uomo di grande intuito e sensibilità artistica, riponeva nei
suo collaboratori.
Ma dopo quasi vent’anni, giunti alla XVI edizione, i finanziamenti necessari ad allestire così impegnative imprese cominciarono a scarseggiare, anche se va ricordato che negli ultimi anni il Festival era in pareggio, fatto quasi
miracoloso se si pensa all’esigenza di applicare in tal occasioni “prezzi politici” cercando di favorire i giovani. A ciò si aggiunse una iniziale, contenuta ma inequivocabile aria di contestazione, la stessa che con violenza e protervia ben maggiori aveva messo in crisi l’organizzazione di
concerti in altre città, principalmente a Milano. Essa si basava sull’assunto che il jazz consistesse solo in un’espressione di rivolta del nero contro il bianco; da tale assunto conseguiva che qualsiasi atto di musicisti neri (come ad esempio rompere una chitarra o parlare, gridare,
declamare) diveniva opera creativa perché fatta dai neri in disprezzo dei bianchi. Da ciò derivava anche un giudizio estremamente negativo verso coloro che organizzavano festival e concerti in maniera tradizionale, dato che con tale attività coloro erano considerati apportatori di musica di consumo, reazionari, fascisti, sfruttatori, negrieri.
Ebbene, mancanza di fondi ed incipiente contestazione decretarono la fine del mitico “Festival Internazionale di Bologna”: di fronte a tali difficoltà, infatti, Badini, Alberti e Foresti non se la sentirono di proseguire e un bel sogno durato oltre quindici anni conobbe la sua fine.


2- DAL PALAZZO DELLO SPORT AI LOCALI CITTADINI
(1976-1980)
Dopo il 1976 fu ricostituito il “Circolo del Jazz”; nei tre anni successivi possono essere ricordati sporadici tentativi di riportare la città ai fasti jazzistici di un tempo: vecchi dancing (il Sampieri) ospitavano eventi jazz anche rilevanti (ottime serate con Chet Baker, Pepper Adams ed altri ospiti illustri, come Pier Giorgio Farina e Stan Getz), un piccolo “Festival del Jazz italiano” organizzato al Teatro Tenda (con modeste fortune di critica e pecuniarie, tanto che non proseguì), qualche serata qua e là in locali tipo
“Pirana” e “Salotto(ex Ubersetto)”.


3- IL BREVE PERIODO DI FILIPPO BIANCHI
(1981-1983)
Il Comune intraprese allora un nuovo tentativo di fare jazz a Bologna a livello ufficiale, voluto dall’Assessore alla Cultura Sandra Soster che, nel 1981,chiamò nella nostra città il critico romano Filippo Bianchi come direttore artistico e organizzatore di una rassegna primaverile jazz.
Seguendo la sua predilezione per un jazz d’avanguardia e possibilmente di estrazione europea, Bianchi propose per tre stagioni una rassegna che, accanto a Keith Jarrett, Gary Burton e Chick Corea, vedeva l’esibizione di complessi improvvisati, cioè messi assieme per l’occasione, composti
prevalentemente da musicisti inglesi, tedeschi e talvolta italiani. Nel suo secondo anno Bianchi vara la rassegna “Jazz e altro”, mescolando rock e jazz e suscitando una messe di polemiche e critiche molto violente sia tra gli
esperti che fra il pubblico dei vecchi appassionati di jazz. In effetti costoro, ormai allontanatisi dalle iniziative ufficiali, contestavano sempre più apertamente le scelte dell’esperto del Comune, in ciò supportati dalle critiche talvolta feroci che Giorgio Martinelli lanciava dalle colonne de “Il Resto del Carlino”.


4- IL RITORNO DEL JAZZ CLUB DI BOLOGNA E DI ALBERTO ALBERTI
(1984-1988)
L’Assessore Soster fu quindi costretta nel febbraio 1984 ad accettare la collaborazione del Jazz Club di Bologna (direttore artistico Alberto Alberti) per quella che sarà l’ultima, ma senz’altro la più apprezzata, stagione di Filippo Bianchi quale direttore artistico di Jazz in Bologna. I
nomi di Mc-Coy Tyner, Phil Woods, Lee Konitz, , Jay McShan di nuovo richiamano schiere di appassionati. La rassegna ’84 - ’85 è affidata dalla Soster direttamente al Jazz Club pur con fondi veramente esigui ed il pubblico torna ad affollare la sala Europa per il grande ritorno del mitico Dizzy Gillespie. Seguiranno Chet Baker e Cedar Walton, Illinois Jacquet e Red Norvo, e tanti altri jazzisti famosi. La stagione 1986 fu affidata ancora al Jazz Club dal nuovo Assessore Riccomini, con un budget ben più importante; si aprì con Sarah Vaughan e proseguì con una serie di concerti prestigiosi. Negli anni di Filippo Bianchi la rassegna aveva trovato un ulteriore sostegno economico nella sponsorizzazione della Cassa di Risparmio, sostituita negli anni di gestione del Jazz Club dalla Banca del Monte di Bologna e Ravenna, alla quale si affiancò nell’’85-’86 la Volvo Italia e l’Unipol. Ciò dimostrò ancora una volta come il jazz, se opportunamente gestito e proposto, sia in grado di suscitare notevole interesse anche nell’ambito di enti privati, che se vogliono, possono con il loro sostegno contribuire ampiamente a rendere realizzabili programmi e progetti anche molto ambiziosi purché mirati a migliorare sempre più il livello artistico dei concerti.
Dal 1986 il Jazz Club, dal punto di vista dell’impostazione generale, volle dilatare la rassegna primaverile fino a realizzare una vera e propria stagione che permettesse ai bolognesi di ascoltare del buon jazz dall’autunno inverno fino a quasi l’inizio dell’estate, predisponendo una cadenza mensile per i concerti. La rassegna “Jazz Bologna ‘87” fu inaugurata il 13 novembre 1986 al Palasport con un concerto, che si può senza esagerazione definire storico, di Miles Davis e del suo gruppo. Suonando per ben due ore e mezza, Miles mandò in delirio i 6.500 spettatori presenti, in gran parte giovani, che gli tributarono un vero e proprio trionfo. E che si trattasse di un evento eccezionale (Miles mancava dall’Italia da 13 anni) fu ricordato da Repubblica che definì quel concerto l’evento jazzistico dell’anno. A quell’epoca Alberti era il manager di Miles Davis. La rassegna continuò con il trio di Petrucciani ed altri eventi di rilievo.
La rassegna “Jazz Bologna ‘88” (Assessore Sinisi) portò a Bologna il quartetto di Archie Shepp, Stan Getz, Ahmad Jamal.

5- IL “JAZBO” la DIREZIONE ARTISTICA di MAX ROACH e SANDRO BERTI CERONI (1989-1990)
Questa fu l’ultima rassegna curata dal Jazz Club di Bologna, che, in ragione delle scelte dell’Assessore alla Cultura Sinisi, decise di non rinnovare le tessere agli iscritti (ben 750). Il Comune, sempre in collaborazione con il
Teatro Comunale, decise infatti di non organizzare più la rassegna “Jazz Bologna”, puntando sul rinato Festival di tre giorni che Max Roach, designato a direttore artistico, intitolò “JazBo”. “JazBo” si tenne al Palasport il 30 e 31 gennaio 1989, preceduto da una serata in sala Europa del duo Max Roach e Cecil Taylor. Le tre sere furono
dedicate a Charlie Mingus e videro l’alternarsi delle varie formazioni di Max Roach nonché l’esibizione del Word del “Word Saxophone Quartet” e di vari batteristi e del complessi di Winton Marsalis, assoluta novità per
Bologna. Prima, durante e immediatamente dopo il “JazBo” in vari locali furono organizzati concerti di solisti e complessi italiani e americani (Urbie Green, Steve Lacy, Sal Nistico, Tino Tracanna, Franco d’Andrea, Tiziana Ghiglioni) con indubbio successo di pubblico mentre la critica
nazionale si espresse in maniera non univoca.
Dopo Sandra Soster, l’ incarico di Assessore alla Cultura era stato dato al sensibile e colto storico dell’arte Eugenio Riccomini, cui era succeduto il giovane Nicola Sinisi. Sostituita la PCI-PSI da un monocolore comunista,
nuovo Assessore fu Marco Giardini, che, per organizzare “JazBo ‘90”, si avvalse della collaborazione di Sandro Berti Ceroni, già messosi in luce come organizzatore di concerti in un nuovo locale di via del Pratello . A questo secondo rinato Festival collaborò in maniera determinante anche
Giampiero Cane, titolare della cattedra universitaria di musica afro-americana al DAMS. Dal 14 al 24 febbraio 1990 furono organizzati concerti, incontri, e dibattiti sia all’Università che, soprattutto, nei locali dell’ex macello, ribattezzati “Multisala”, dove, fino all’alba, si svolsero interminabili jam session, per la gioia, soprattutto, dei nostri giovani jazzisti. Art Taylor, Sal Nistico, Steve Lacy e Steve Grossmann, nonché Walter Davis, Kenny Drew, , Jachie McLean, Louis Hayes, Donald Byrd, Beaver Harris ecc.. furono i protagonisti, indubbiamente coinvolgenti, di
quella maratona dedicata al be-bop, peraltro molto discussa dai critici di jazz.


6- “BOLOGNA SOGNA”
(1990-1992)
Nel luglio agosto del ’90, all’Osservanza, numerose furono le serate dedicate da “Bologna sogna” al jazz, in revalenza con musicisti italiani e, spesso, bolognesi.
Nel 1991, con Sinisi di nuovo assessore, “Bologna sogna” si sposta nel chiostro dell’ex carcere di San Giovanni in Monte, dove, in luglio, si esibiscono molti nostri musicisti tra i quali Jimmy Villotti, Cialdo Capelli, Marco di Marco, Marco Tamburini.
Infine, nel luglio 1992, il luogo prescelto per il jazz da Sinisi è l’ex-ospedale psichiatrico Roncati, dove le “stelle” sono Mal Waldrom, Betty Carter, Jack Dejohnnette, Harol Land e Paul Motian.
Purtroppo si continuò a scegliere un’attività estiva per una città attiva in tutte le stagioni ma non d’estate, è ciò vale anche per i centomila studenti dell’Università.
Nel decennio successivo al 1992, l’attività jazzistica in Bologna ha avuto fasi alterne e si è sviluppata prevalentemente nei jazz club della città, primo tra tutti il “Chet Baker” di via Polese, e presso il Teatro Medica con
la programmazione di “Nostra Signora dei Turchi”.


7 – IL NEW FESTIVAL JAZZ - (2002)
Bologna 2002: Sindaco Giorgio Guazzaloca. Leonardo Giardina, uno dei fondatori storici della “ Dr. Dixie Jazz Band”, propose al nuovo Sindaco della città il rilancio del Festival Jazz di Bologna. Il Comune accettò e, sempre tramite Giardina, che non disponeva in loco di un’adeguata struttura per produrre un Festival, venne incaricata l’Associazione Umbia Jazz della realizzazione di un Festival che si svolse tra il 16 ed il 19 maggio 2002 presso il Teatro Medica ed i Club “Chet Baker” e “Cantina Bentivoglio”.
Nando Giardina affidò quindi l’organizzazione a Carlo Pagnotta, patron di “Umbria Jazz”, nato, come manager di jazz, a Bologna alla scuola di Alberto Alberti e di Cicci Foresti. Al Festival parteciparono nomi di richiamo
internazionale come Mc Coy Tyner, Jackie McLean, Bobby Hutcherson, Johnny Griffin, Phil Woods, Enrico Rava ecc…
Negli intenti non si trattava solo di celebrare tra vecchi compagni di sogni musicali, ma di inaugurare, come avvenne nel 1958, con lo storico primo festival, il “nuovo” festival di una città che ha sempre amato il jazz, e
che, con gli oltre centomila studenti della sua università, rappresenta un’immensa platea di giovani potenzialmente pronti ad appassionarsi ad una delle espressioni musicali più originali del XX° secolo: il Jazz.
Ma gli intenti rimasero tali, ed il new festival targato “Umbria Jazz” si fermò alla prima edizione. Non che la rassegna non ebbe successo, anzi; però molti operatori e critici si domandarono perché una città come Bologna,
capitale del jazz europeo per molti anni, abbia dovuto rivolgersi per avendo fondi importanti dal Comune, ad una sua emanazione (ricordiamoci che Umbria Jazz fu creata da Alberto Alberti nel 1971). Da un lato quindi fu realizzato
un festival, dall’altro risultò molto antipatico per gli operatori del settore contattare un ufficio stampa di Perugia ed un ufficio informazioni situato in una camera dell’Hotel Palace di Bologna.


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