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Old 09-11-2004, 15:03   #41
teogros
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Originariamente inviato da CONFITEOR
quqando scoppiano le bombe, le elezioni non sono libere.
E per quale arcano motivo? Topo Gigio ci minaccia?
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Old 09-11-2004, 16:19   #42
CONFITEOR
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Originariamente inviato da teogros
E per quale arcano motivo? Topo Gigio ci minaccia?
pensa alla storia italiana....

-prima la paura dei cosacchi in piazza San Pietro.....

-poi la paura delle brigate rosse.....

-poi la paura delle bombe su treni e aerei...

-poi la paura della fame comunista....

-poi la paura del terrorismo internazionale

-e adesso la paura che Casarini ci viene a casa e ci arrubba la robba.....

MA KE KAZZO DI LIBERTA' SAREBBE QUESTA???
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Old 09-11-2004, 16:29   #43
jumpermax
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Originariamente inviato da CONFITEOR
quando scoppiano le bombe, le elezioni non sono libere.
ti riferisci alle elezioni spagnole?
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Old 09-11-2004, 20:57   #44
CONFITEOR
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Originariamente inviato da jumpermax
ti riferisci alle elezioni spagnole?
anche, quelle bombe le hanno di certo influenzate non credi?

In quel caso però la Spagna sbagliava, e di grosso, a tenere un contingente di occupazione in Iraq.

e adesso vi dò da riflettere......perchè le bombe sui treni le hanno messe in Spagna ma non in Italia che pure ha soldati in Iraq e più della Spagna?
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Old 10-11-2004, 21:34   #45
Paracleto
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New York. Ogni giorno arriva una nuova e brillante spiegazione della vittoria di George W. Bush e della sconfitta di John F. Kerry: il presidente ha vinto per i valori morali, no è stato rieletto per il matrimonio gay o forse per la paura, anzi no per i fondamentalisti cristiani (questa va fortissimo in Italia). No, no, è stato Kerry a perdere, per quella fotografia in windsurf e quell'altra travestito da cacciatore, e poi ci sono state le gaffe di Teresa, i giovani che sono rimasti a casa mentre i poveri hanno votato per tagliare le tasse ai ricchi e bla-bla-bla. E non dimentichiamoci del paese spaccato a metà, dell'affluenza alle urne che ha favorito le truppe crociate, e della guerra in Iraq, e del costo del petrolio, e di Michael Moore, e di Karl Rove, e dell'operazione al cuore di Bill Clinton e dei Boston Red Sox eccetera eccetera.
Non si capisce, però, perché a nessuno sia venuto in mente di dire una cosa banale, cioè che Bush ha vinto perché ha preso più voti e che ha preso più voti perché i conservatori negli Stati Uniti sono la maggioranza non da ieri, ma da decenni. Con una guerra in corso, e nonostante i problemi in Iraq e le armi che non sono state trovate, solo uno spericolato poteva prevedere che gli americani cambiassero cavallo in corsa e si affidassero al candidato che ha spiegato di non considerare l'11 settembre come una dichiarazione di guerra e una minaccia ai valori su cui è fondata l'America.




Dal 1968 a oggi, in trentasei anni, i candidati democratici alla presidenza degli Stati Uniti hanno vinto solo tre volte e perso sette. La prima volta ci sono riusciti nel 1976 con Jimmy Carter, un pio governatore della Georgia (ed ex insegnante di catechismo) che sconfisse l'anonimo presidente Gerald Ford in seguito allo scandalo del Watergate. Ford era debolissimo perché non era stato eletto né presidente né vicepresidente. Era subentrato prima al vice di Richard Nixon, Spiro T. Agnew (nel 1973), e poi a Nixon quando questi, l'anno successivo, si dimise per il Watergate. Avversario e condizioni più facili non ci potevano essere per i democratici, i quali con un candidato del sud, devotissimo al Signore e preferito dagli evangelici, presero il 50,1 per cento contro il 48 dei repubblicani. L'altro vincitore è stato Clinton, nel 1992 e nel 1996. Clinton, anch'egli governatore battista del sud, non riuscì mai a conquistare la maggioranza dei voti, neanche il giorno della rielezione e dovette comunque vedersela con un Congresso a maggioranza repubblicana. La prima volta fu eletto soltanto perché i conservatori presentarono due candidati: Bush padre (che prese il 37 per cento) e Ross Perot (19 per cento). Clinton convinse il 43 per cento degli americani, la maggioranza relativa ma solo una minoranza degli elettori. Quattro anni dopo sconfisse Bob Dole con il 49 per cento contro il 40 del repubblicano e oltre l'8 di Perot. Nel 2000 Al Gore, l'erede di Clinton e degli otto anni di pace, prosperità, surplus di bilancio, armonia e "fine della storia" affrontò George W. Bush, cioè un candidato figlio di papà, inesperto e non particolarmente spigliato. Eppure Gore perse, anche se d'un soffio e con le polemiche sui riconteggi in Florida. Il 53 per cento preso quest'anno da George Bush è dunque una percentuale di voto più alta di quella presa da qualsiasi candidato democratico dal 1964.

***
Il partito democratico americano non è più un partito nazionale. In venti Stati su 50 non ha più senatori eletti ed è assente da dodici Stati del sud e del midwest che un tempo erano sue roccaforti, in Georgia, Carolina del sud, Carolina del nord, Virginia, Kentucky, Tennessee, Alabama, Missouri, Oklahoma, Texas, Kansas e Arizona. Al contrario, i repubblicani sono molto forti negli Stati democratici. In Pennsylvania, che Bush ha perso con uno scarto inferiore rispetto al vantaggio su Kerry in Ohio, i senatori sono entrambi repubblicani. A New York sindaco e governatore sono repubblicani da almeno dieci anni. Arnold Schwarzenegger governa in California, e così via.
L'ex senatore democratico della Georgia, Zell Miller, l'anno scorso aveva provato a spiegare questo fenomeno con un libro, "A national party no more", ma è stato deriso e insultato dagli intellettuali liberal. Aveva ragione lui, e torto i sapientoni radical chic. Guardate la cartina degli Stati Uniti divisa per contee pubblicata in questa pagina e vi accorgerete che non esiste un'America blu (il colore dei democratici) e un'America rossa (il colore dei repubblicani), come si dice oggi nella chiacchiera post elettorale. Non esiste una nazione divisa a metà tra gli Stati pro Bush e gli Stati pro Kerry. C'è una sola America, quasi tutta rossa, quasi tutta repubblicana, da costa a costa, da nord a sud, con dei piccoli punti blu, democratici, in corrispondenza delle grandi metropoli. Prendiamo New York, per esempio, Stato blu, vinto da Kerry con uno scarto di diciassette punti. A Manhattan Kerry ha raggiunto il 74 per cento delle preferenze. Percentuali simili ha preso negli altri quartieri della città, con l'eccezione di Staten Island, dove ha vinto Bush. Subito fuori la città la differenza tra Kerry e Bush è di soli tre punti, mentre nel resto dello Stato i due candidati sono in parità, 49 a 49. Lo stesso discorso si può fare sulla California, dove con l'eccezione delle grandi città, lo Stato è a grande maggioranza repubblicana. Rispetto al 2000, Bush ha preso quasi tre milioni e mezzo di voti in più nelle grandi città, ha aumentato i consensi in 45 Stati su 50. I margini di vittoria negli Stati rossi si sono ampliati, mentre è diminuito il distacco in quelli blu, al punto che Bush ha fatto meglio di quattro anni fa anche a New York, in Connecticut e addirittura nel Massachusetts di Kerry.

***
Gli Stati Uniti sono un paese in continua crescita e con un popolo in perenne movimento. La gente lascia le città e si trasferisce a ritmi impressionanti alla ricerca di migliori condizioni di vita, di lavoro, di spazio. Nascono nuove comunità, nuove città e i quartieri suburbani delle metropoli sono circondati da un'ulteriore cintura residenziale, "exurbia", che è diventata il paradiso della vita borghese americana. Nella cittadina di Henderson, un ex villaggio a nord di Las Vegas, a settembre sono state aperte 12 scuole elementari. Eppure è come se i democratici non vedessero questo dinamismo, non parlassero a questa gente, come se disprezzassero chi insegue il sogno di una vita tranquilla e a misura familiare. David Brooks ieri sul New York Times ha scritto che quando i democratici ne parlano usano tutti gli stereotipi possibili, descrivono una vita materialista, vuota e conformista. Confermata dalle caricature che ne fa Hollywood, come nei film "American Beauty" o "Il laureato". Secondo Brooks, che sull'argomento ha scritto un libro, invece si tratta della parte più vitale della società americana, gente che lascia mutui, pendolarismo, difficoltà e strutture sociali stressate per andare in posti con ampi spazi, magari facendo un salto nell'ignoto, in città che ancora non sono state costruite, ma che promettono una prospettiva, un futuro, tasse basse e lavori pionieristici nel campo della bio e della nanotecnologia: "I repubblicani hanno vinto anche perché Bush e Rove hanno capito questa cultura". E' la conquista del West che non s'è mai fermata, è la conferma che lo spirito della frontiera non ha mai abbandonato gli americani. Ma i democratici non sanno che cosa mettersi.

***
Come sia possibile che i democratici abbiano perso il contatto con l'America e siano rimasti confinati nelle riserve metropolitane è l'argomento di dibattito di questi giorni. Ovviamente in Italia si tende a confondere le cose. Gli stessi analisti che in questi anni hanno raccontato un'America che non c'era, che non hanno capito che cosa stava succedendo, che non ci hanno preso, che hanno sbagliato analisi e previsione, ora spiegano con la medesima sicumera che Bush ha vinto perché l'America è diventata una nazione di fondamentalisti religiosi in preda alla paura. E' il loro nuovo giochino intellettuale che gli consente di continuare a sentirsi superiori antropologicamente. Secondo quanto scritto ieri da Alexander Stille su Repubblica, quelli che hanno votato Bush sono ignoranti, meno istruiti, insomma inferiori. Il sondaggio cui lo stesso Stille fa riferimento, pubblicato dal New York Times il 4 novembre, dice il contrario: Kerry ha preso più voti tra chi non ha fatto il liceo, non tra chi lo ha fatto. Mentre tra i diplomati e tra i laureati, ha prevalso Bush. Kerry è andato meglio di Bush tra chi ha conseguito un master post laurea, e allora? Stille tra l'altro ha anche scritto che con Bush "il paese ha perduto 1,6 milioni di posti di lavoro", ma è un dato sbagliato, vecchio e che non tiene conto delle assunzioni federali. Gli stipendi persi in questi tre anni post 11 settembre erano meno di 800 mila fino a tre giorni fa, prima che venissero annunciati 332 mila nuovi posti di lavoro creati nel mese di ottobre. La notizia è che le ricette di Bush, nonostante l'11 settembre e nonostante la crisi mondiale, in tre anni hanno creato due milioni e mezzo di nuovi posti di lavoro. Stille non se ne è accorto, gli elettori sì.
***
Bush ha aumentato i consensi rispetto a qualsiasi categoria di elettori: uomini, donne, neri, ispanici, bianchi, sposati, single e ha pure mantenuto il 23 per cento dei voti di gay e lesbiche e il 52 per cento di chi è favorevole alle unioni civili tra omosessuali. Non c'è categoria dove il presidente sia andato male rispetto a quattro anni fa. Tra i cattolici è passato dal 47 al 52 per cento, tra gli ebrei dal 19 per cento al 25.
Tutto questo gran vociare sul neofondamentalismo che avrebbe fatto vincere Bush nasce dallo stesso exit poll che erroneamente aveva dato in vantaggio Kerry. Il sondaggio dice che il 67 per cento degli evangelici bianchi ha votato per Bush (e il 32 per Kerry). Ma lo stesso sondaggio dice anche che gli evangelici neri hanno votato all'83 per cento per Kerry (e al 16 per cento per Bush). Sessanta a 39 per Bush, invece, è stato il voto degli ispanici evangelici. In generale i protestanti hanno votato per Bush al 59 per cento e al 40 per Kerry. Insomma dire che la coalizione bushiana sia dominata dai fondamentalisti della Bibbia è una stupidaggine autoassolutoria, oltre che una palese dimostrazione di scarsa conoscenza del pluralismo religioso e dello spirito individualista del cristianesimo americano.
Il sondaggista dei democratici, Geoffrey Garin, ha smentito la vulgata sulla coalizione di fondamentalisti che ha rieletto il presidente: "Il sostegno per Bush è aumentato più tra chi non va regolarmente in chiesa che tra chi ci va". Ma è come se parlasse al vento. E se è vero che in 11 Stati sono stati approvati i referendum che vietano il matrimonio gay, non va dimenticato come in due di questi, Oregon e Michigan, abbia vinto Kerry e con percentuali superiori a quanto ottenne quattro anni fa Al Gore. Andrew Kohut, del centro di ricerca Pew, sul New York Times ha invitato alla cautela nel dipingere come integralista quest'ondata di elettori. Intanto perché la percentuale di chi va in chiesa almeno una volta a settimana e si oppone all'aborto non è aumentata rispetto a quattro anni fa. Poi perché il 60 per cento degli elettori s'è dichiarato favorevole a qualche forma di riconoscimento legale per le coppie omosessuali, con il 25 per cento favorevole ai diritti matrimoniali e il 35 per cento alle unioni civili.

***
La tesi sulla coalizione dei fondamentalisti religiosi si basa su un dato male interpretato e serve ai liberal per dire che, in fondo, "non siamo stati noi a perdere ma sono loro che sono fanatici". S'è detto e scritto che la prima motivazione di voto degli americani (il 22 per cento) è stata quella dei "valori morali". Questa sarebbe la prova del "jihad cristiano" scatenato da Bush, per citare una delle acide espressioni della reginetta chic del New York Times, Maureen Dowd. Solo che non è vero. Intanto va precisato che 20 persone sulle cento che avevano a cuore i "valori morali" hanno votato Kerry e non Bush, poi lo stesso sondaggio dice che il terrorismo (19 per cento) e Iraq (14), insieme, costituiscono la prima motivazione di voto degli americani, con il 33 per cento. Anche l'economia e le tasse, messe insieme, con il 25 per cento sono davanti ai "valori morali". Insomma "i valori" non sono stati né la prima né la seconda motivazione di voto. Ma c'è di più. Uno studio presentato ieri dalla New England Journal of Medicine svela una cosa che ribalta tutte le analisi socio-politiche di questi giorni. Se la percentuale di elettori che quest'anno ha detto di aver votato per i "valori morali" è davvero del 22 per cento, si tratta di una percentuale molto più bassa rispetto a quella di quattro anni fa, quando fu il 49 per cento a votare avendo in mente "aborto" e "valori familiari". Stessa percentuale, 49 per cento, cioè più del doppio rispetto a martedì scorso, anche nel 1996, quando fu eletto Clinton. Nel 1992, ai tempi della prima elezione clintoniana, fu il 27 per cento, 5 punti in più rispetto alla settimana scorsa. La notizia, dunque, è che il consenso sui "valori morali" quest'anno è diminuito. Ed è ovvio perché. In questo momento la guerra al terrorismo e l'economia preoccupano molto di più. Uno dei sondaggisti del partito democratico, Marl Mellman, ha spiegato al New York Times che "la gente ha mal interpretato le elezioni, e questa cattiva rappresentazione rischia di avere degli effetti nel dibattito interno dei partiti e sulle politiche pubbliche". Anche Bush, come i democratici, dovrà stare attento a leggere bene i dati, perché se dovesse governare abbracciando l'agenda politica della coalizione cristiana rischia di sfaldare la maggioranza repubblicana, che "è moderata, non morale" come ha scritto ieri sul Washington Post, E. J. Dionne jr.

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Martedì scorso il 13 per cento di chi si definisce "liberal", e l'11 per cento di chi è registrato al partito democratico, ha votato per George W. Bush.
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I democratici sono dunque isolati dentro le metropoli, e con la medesima mancanza di contatto con la realtà americana che hanno dimostrato il 2 novembre ora tendono a semplificare le ragioni della sconfitta: "Se volete capire perché continuano a perdere le elezioni _ ha scritto David Brooks _ basta ascoltare i liberal della costa e delle città universitarie che parlano di quanto sia conformista e intollerante l'America rossa". Finché i democratici non capiranno in pieno che cosa è successo il 2 novembre (e l'11 settembre) sarà difficile che riescano a elaborare una strategia per uscire dall'isolamento. Le reazioni alla vittoria di Bush sono state di tre tipi. La prima, isterica, è quella di cui è alfiere l'editorialista del Times, Paul Krugman, e la maggioranza delle persone che s'incontrano a Manhattan: "No surrender", non arrendiamoci, continuiamo la battaglia contro il nuovo fascismo, le elezioni hanno dimostrato che Bush non è imbattibile "perché non ha vinto a valanga". Krugman insomma chiede, come direbbe Kerry, "more of the same", cioè la stessa solfa di Michael Moore, di Hollywood e dell'intellighenzia girotondista anti Bush. Lotta dura senza paura, anche se nello stesso articolo di fuoco Krugman ha annunciato che lui va via per un paio di mesi a causa di improrogabili impegni editoriali. Sono uscite decine di commenti sull'ignoranza dell'America rossa, sul fondamentalismo e sul neofascismo degli elettori che votano Bush. Su queste basi Howard Dean ha in mente di scalare il partito democratico e diventare il presidente del comitato nazionale, al posto di Terry McAuliffe.
Poi c'è una seconda categoria di liberal che dice: il michaelmoorismo ci ha fatto perdere le elezioni, ora bisogna colmare il gap culturale con il resto del paese e mostrarsi più accomodanti con le esigenze dell'America rossa. I duri e puri, lo ha scritto anche Stille ieri su Repubblica, pensano giustamente che sia un tradimento dei propri ideali. In realtà questo è quello che ha tentato di fare John Kerry autodescrivendosi (nonostante la sua storia raccontasse il contrario) come un eroe di guerra e durissimo con i terroristi, facendosi fotografare col fucile in braccio, pregando in pubblico, citando la Bibbia, parlando di Dio onnipotente e raccontando di quanto sia stata importante per la sua vita l'esperienza di "altar boy", cioè di chierichetto. Però è difficile che funzioni, perché un esponente dell'élite della costa est, più a suo agio con un bicchiere di Cognac che con una Diet Coke, alla lunga è difficile che risulti credibile. Prima o poi viene fuori quell'insopportabile atteggiamento da esploratore scientifico nei confronti di poveri selvaggi da civilizzare. Kerry, comunque, pare che dal suo banco del Senato voglia continuare a dare leale battaglia a Bush e ha fatto sapere che ha intenzione di ricandidarsi nel 2008.
Poi ci sono i clintoniani. Il Democratic Leadership Council è il gruppo interno al partito che diede forma alla svolta centrista, e vincente, dell'ex governatore dell'Arkansas. Due giorni dopo le elezioni, il DLC ha diffuso un'analisi del voto straordinaria quanto a schiettezza e acutezza. Non ha perso tempo ad accusare il candidato Kerry, né a demonizzare il presidente né a insultare gli elettori. Su questa stessa linea c'è anche la stella nascente del partito, il neosenatore nero dell'Illinois, Barack Obama, il quale domenica a Meet The Press ha detto che Kerry ha perso contro "un presidente di guerra molto popolare" e che i repubblicani avevano "una delle migliori squadre politiche che si siano mai viste in America".
Il documento dei clintoniani si chiede "che cosa sia accaduto" e dice subito che i democratici non hanno scuse facili per questa sconfitta: "Avevamo un forte e intelligente candidato, migliori candidati in giro per il paese, eravamo pieni di soldi, con la migliore organizzazione di tutta la nostra vita, un entusiasmo straordinario e la più grande unità nel partito che si ricordi a memoria d'uomo. Abbiamo affrontato un presidente vulnerabile, con un cattivo record... con tanti fallimenti a carico... E con Ralph Nader elettoralmente nullo". Il risultato, riconoscono, è stata un'enorme vittoria per i repubblicani e la conferma della lenta ma significativa erosione dei democratici. Per uscirne, scrivono i clintoniani, "non basta spostarsi meccanicamente a sinistra o a destra, né raccogliere più soldi né mobilitare i militanti né cambiare i vertici del partito né trovare magicamente candidati carismatici. Iniziare una battaglia per l'anima del partito o accusare qualcuno sarebbe una assoluta perdita di tempo". Che fare, dunque? Secondo i clintoniani, i democratici hanno tre deficit di credibilità. Il primo è quello della sicurezza nazionale, che "è diventato una questione cruciale dopo l'11 settembre e lo sarà per il prossimo futuro". Poi, nonostante il partito sia all'opposizione da anni, non riesce più a presentarsi come riformatore, come il partito di chi è determinato a cambiare le istituzioni: "Siamo stati bravi a criticare Bush, ma non siamo stati in grado di comunicare un programma di riforme. I democratici hanno cercato di spaventare gli elettori ogni volta che i repubblicani avanzavano una cattiva e ingannevole proposta di riforma dello Stato, invece che proporre un'idea alternativa. E così facendo hanno spesso rafforzato l'idea che i riformatori fossero i repubblicani". Bush aveva un progetto, insomma, e la battaglia era già vinta in partenza perché "messaggio più mobilitazione batteranno sempre la sola mobilitazione".
Il terzo problema per i democratici è quello dei valori e della cultura. Milioni di persone non credono che i democratici, al contrario dei repubblicani, prendano sul serio le loro idee. Spesso i democratici hanno creduto che si potesse conquistare il ceto medio attraverso le misure economiche, chiedendo agli elettori di guardare nelle proprie tasche piuttosto che nel proprio cuore. L'errore, probabilmente, è lo stesso che fa Hollywood e che fanno i liberal confinati nelle città, quando liquidano con l'aggettivo "materialista" la vita borghese. I democratici, scrivono i clintoniani, "hanno bisogno di una strategia che raggiunga il cuore dell'America con un messaggio positivo che scaldi sia i cuori sia i portafogli".

***
Nel 1972 la radicalissima e chicchissima Pauline Kael, critica cinematografica della bibbia dei liberal americani, cioè del New Yorker, disse: "Non capisco come abbia fatto Nixon a vincere. Io non conosco nessuno che ha votato per lui".
***
La crisi dei democratici risale agli anni Sessanta, al Vietnam, ha scritto sul Wall Street Journal Daniel Henninger. Anni fa la vecchia guardia di leader democratici della costa est si era formata con la Seconda guerra mondiale. Gente tosta, che non andava per il sottile. Ora il vertice, da John Kerry a Howard Dean a Nancy Pelosi fino agli strateghi elettorali del partito come Bob Shrum, hanno tutti mosso i primi passi col Vietnam e con la stagione del desiderio di cambiare il mondo. Quella formazione ha cambiato la cultura politica dei democratici. In quegli anni il personale è diventato politico, spiega Henninger, e ancora oggi "esprimere emozioni è una cosa che importa moltissimo a questa generazione" di politici cresciuti negli anni della contestazione. Ma è allo stesso tempo una forma d'infantilismo politico. Solo così si spiega come sia diventato argomento di campagna elettorale "l'odio" nei confronti di George Bush o lo spauracchio della Halliburton come causa di tutti i mali. Quante volte, a Manhattan, o nei circoli intellettuali del paese, si è sentita la frase "sono terrorizzato" dai repubblicani? La sinistra americana _ come ha scritto il liberal Nicholas Kristof _ dovrebbe andare a lezione da Tony Blair, il quale alcune riflessioni sui danni della cultura del '68 le ha già fatte.

Christian Rocca
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Old 10-11-2004, 21:48   #46
dataman
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Re: L'elettorato di Bush

Quote:
Originariamente inviato da luigiaratamigi
Io ve lo riporto come l'ho trovato (sperando non sia old):

http://www.taulard.net/out.php?e=169....de/pics/polit

Cazzo ! Sono messi davvero male nel Mississippi !!!!
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Old 16-11-2004, 22:18   #47
Paracleto
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Una chiesa evangelica difende il diritto di un gay di andare a messa


I fedeli si mobilitano per un omosessuale. Al Senato i democratici scelgono un leader mormone e antiabortista





New York. I volenterosi cantori delle due Americhe – una buona, progressista, illuminata e di sinistra e l’altra cattiva, retrograda, ignorante, fondamentalista, e di destra – avranno bisogno di trovare una spiegazione a un paio di recenti notizie se vorranno continuare a caricaturizzare la cosiddetta divisione dell’America.
Prima notizia. Un senatore del far west, tradizionalista religioso (è mormone), contrario all’aborto, grande amico di George W. Bush, patriottico al punto da essere uno dei promotori dell’emendamento costituzionale che vieta di bruciare la bandiera, oggi sarà eletto leader del partito democratico al Senato. Del partito democratico, quello di John Kerry, non del partito repubblicano di Bush. Si chiama Harry Reid, è senatore del Nevada e sostituirà Tom Daschle, l’ex leader sconfitto nel suo seggio del South Dakota dal repubblicano John Thune. La guida dei senatori non è una carica tanto per dire. E’ una figura chiave della politica americana, è l’uomo-immagine nelle battaglie parlamentari oltre che il politico più importante del partito, specie in questa fase in cui i democratici hanno un presidente dimissionario (Terry McAuliffe) e per tre anni saranno privi di un candidato alla Casa Bianca. Il New York Times di domenica ha scritto: “Reid è un uomo del west le cui idee su alcune questioni sono più vicine a quelle della Casa Bianca piuttosto che a quelle del gruppo democratico”. Eppure la designazione è avvenuta quasi all’unanimità.
L’altra notizia è stata pubblicata sabato dal Washington Post. In una cittadina dell’Oklahoma, Sand Springs, roccaforte dei valori religiosi cari al partito repubblicano, dove Bush è stato eletto con il 60 per cento e il referendum contro il matrimonio gay è stato approvato con il 75 per cento, è successa una cosa che confuta l’idea che essere “evangelici” voglia dire “fondamentalisti”.
Nelle scorse settimane il Washington Post aveva pubblicato la storia di un ragazzo gay, Michael Shackelford, e di sua madre, Janice, per spiegare come vivono un omosessuale e la sua famiglia devota al Signore in una comunità iper religiosa della Bible Belt, cioè di quella cintura di Stati della Bibbia che si trovano nel sud e nel midwest. In seguito a quell’articolo, una congregazione religiosa del Kansas, la Westboro Baptist Church, ha organizzato una manifestazione anti gay nel paesino dell’Oklahoma per denunciare la depravazione sessuale e la vergogna di una comunità che non rinnega il peccatore. La principale chiesa evangelica di Sand Springs s’è opposta a questa mobilitazione, consentendo al giovane gay di partecipare tranquillamente alle messe domenicali dove uomini e donne non provano alcun imbarazzo a piangere a dirotto mentre pregano e leggono la Bibbia. Dal Kansas si sono preparati con volantini e striscioni e sono partiti per l’Oklahoma, convinti come i liberal di New York (o i poveri lettori di Repubblica) che si nasconda un fondamentalista dietro ogni frequentatore di chiese residente in uno Stato vinto da Bush.

Elettori repubblicani per le unioni civili
La chiesa frequentata dal giovane gay ha difeso Michael. Continua a considerare l’omosessualità un “peccato”, come prescrive la Bibbia, ma vedere Michael in Chiesa significa che il ragazzo prima o poi potrebbe cambiare idea: “Qualunque sia il peccato – ha detto il predicatore evangelico della chiesa di Sand Springs – Dio ci ama”. Nel giorno della manifestazione anti gay, davanti alla Chiesa frequentata da Michael è stato messo uno striscione che diceva: “Odio il peccato, ma amo il peccatore, parola di Dio”. I parrocchiani invece consigliavano ai manifestanti di tornarsene in Kansas perché “Dio ci ama tutti”. Una ragazza è stata più esplicita: “Lasciate stare i nostri omosessuali”. Nel frattempo molte congregazioni religiose del Kansas, lo Stato dove è nata l’idea della manifestazione, si sono ribellate contro i promotori dell’iniziativa e hanno fatto sapere alla famiglia di Michael che “in queste settimane abbiamo pregato per voi”.
Tutto questo mentre i dati elettorali svelano che in due Stati vinti da John Kerry sono stati vietati i matrimoni gay; che oggi sono 41 Stati su 50 a vietarlo; che sono nate migliaia di chiese evangeliche a New York al punto che il Times, domenica, ha parlato di “trasformazione sociale in corso”; che la maggioranza degli elettori di Bush, e Bush medesimo, sono a favore delle unioni civili; e che i primi 23 Stati più generosi, cioè che fanno più beneficenza, non sono quelli illuminati e ricchi della costa est e ovest, ma quelli del Sud e del west bushiano.




p.s.
oltre sessanta milioni di voti.
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Old 16-11-2004, 22:27   #48
Paracleto
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Bush ha vinto grazie ai fondamentalisti (così come Kerry ha vinto i dibattiti 3 a 0). Dati:


Da Time Magazine che titola: "Il folklore sulle elezioni 2004":
- Quest'anno la percentuale dei churchgoers (a messa 1 volta la settimana) è stata esattamente la stessa del 2000
- Bush ha preso il 58 per cento dei loro voti. Il resto, non proprio un'inezia, è andato a Kerry
- Nel 2000 Bush prese solo un punto in meno
- La più grande crescita di Bush è nella categoria di chi va in chiesa meno spesso.
- Bush ha guadagnato 4 punti tra chi non va mai in chiesa
-La percentuale di chi ha citato "valori morali" come motivazione di voto (il 22%) sta sotto sia terrorismo e guerra (34%), sia sotto economia e tasse (24%). Time non lo scrive ma ii valori nel 2000 furono scelti dal 50 per cento degli elettori, stessa percentuale nel 1996 (vincitore Clinton)
- Un nuovo sondaggio di un think tank di sinistra svela che per il 42% degli elettori il "valore morale" più importante è "la guerra in Iraq". Aborto solo 13 per cento e matrimonio gay meno del 10 per cento.
- Non è vero che il paese s'è spostato a destra: Il 69% degli elettori è a favore della ricerca sugli embrioni.
- Solo il 9 per cento è contrario in ogni caso all'aborto
- Il 60 per cento è favorevole a un riconoscimento delle unioni civili tra gay (mentre il 58 per cento è contrario al matrimonio).
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Old 16-11-2004, 22:38   #49
SaMu
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Old 16-11-2004, 22:48   #50
Paracleto
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azz
uhm
speriamo non sia un 4-0 come il 3-0 di Kerry
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Old 16-11-2004, 23:48   #51
Ewigen
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Originariamente inviato da GioFX
Ho detto questo? Ma voi ragionate sempre come delle hash-tables????

A parte che la democrazia non esiste quasi da nessuna parte, io parlo del risultato di una votazione, democratica o no non ha alcuna importanza. Per me (e non solo per me, ma anche per gran parte dei 56 milioni di americani che hanno votato per Kerry) il risultato è vergognoso, anche per il fatto che quei voti in più che Bush ha preso sono soprattutto dei conservatori più radicalie e bigotti, che nel 2000 non sono andati a votare. Bush le elzioni le ha vinte sulla politica della famiglia, delle coppie gay e della ricerca, prima ancora che sulla politica estera o economica. Questo è un dato di fatto incontrovertibile.
Pure il democratico Carter (fondamentalista cristiano (battista perma precisone ) e creazionista antievoluzonista fino al midollo) ha vinto propro basandosi sui valori cristiani.E se Kerry,invece di farsi leccare le chiappe dai vari Moore e scagnozzi laiconi fosse stato come lui quattro anni al calduccio alla casa bianca li avrebbe probabilmente vinti.E questo è poco ma sicuro
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Old 17-11-2004, 00:15   #52
dantes76
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Originariamente inviato da SaMu
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4-0


«L'America ha votato come voleva Lui»
Dio e Patria, così la falange evangelica ha vinto
I fondamentalisti cristiani che hanno dato il successo a Bush sono 80 milioni e controllano reti tv, radio e giornali
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
WASHINGTON - Dal pulpito della sua chiesa evangelica di Leesburg in Virginia, presso Washington, il reverendo Jerry Falwell, il leader della «Maggioranza morale», sorride alle telecamere. Rivolto ai fedeli radiosi ringrazia Dio della «vittoria dei nostri valori» e della rielezione di George Bush, «il tuo messaggero», a presidente degli Stati uniti. «Noi evangelici - dichiara - siamo 80 milioni di persone. Ci avevano detto il falso: che l'America avrebbe votato sulla economia e sul terrorismo. E invece ha votato come voleva Dio, su di noi, sulla fede, sulla difesa della famiglia dai matrimoni gay e l'aborto». Leesburg è a 50 km da Washington e nei suoi pressi si nasconde il rifugio antiatomico della Casa Bianca, ma è come se fosse a 5 mila. Appartiene all’America profonda, dalle messianiche certezze, quella che ricopre i 4 quinti del territorio nazionale e sulla mappa politica è disegnata in rosso, il colore dei repubblicani, ma sarebbe meglio rappresentata dal vessillo dei crociati. «Un bastione del cristianesimo e della conservazione - dichiara Michael Walzer, il maestro del pensiero politico neoliberal -, una delle fondamenta del bushismo».

TRIONFO NEOCON - Mentre Falwell parla al pubblico, Gary Bauer tiene una conferenza stampa post-elettorale a Washington. Bauer è un «neocon» che 12 anni fa si candidò alla presidenza e oggi dirige la «Unione per la preservazione del matrimonio». Trasmette l'identico messaggio di Falwell. È la questione morale che ha prodotto il trionfo di Bush, sostiene: il no alle unioni «contro natura» e alla ricerca sulle cellule staminali, il sì alle preghiere e al giuramento nelle scuole. «Noi sappiamo distinguere tra il giusto e l'ingiusto e tra il normale e l'anormale», afferma Bauer. «E l'America è in gran parte con noi. Undici Stati hanno tenuto un referendum sui matrimoni gay: non ne è passato uno». Bauer attribuisce il successo del presidente in Ohio, uno Stato chiave che avrebbe potuto fare eleggere Kerry, al referendum: «L'Ohio è il gemello della Pennsylvania. Il referendum in Ohio c'è stato, e ha vinto Bush. In Pennsylvania no, e ha vinto Kerry». Né Falwell né Bauer, osserva Walzer, esagerano la loro influenza alle urne. Le chiese evangeliche non hanno solo oltre 80 milioni di seguaci. Hanno anche decine di tv e quotidiani e centinaia di radio e di riviste: uno dei loro leader, Pat Robertson, predicatore e proprietario della catena televisiva «Christian network», è una superpotenza mediatica, una sorta di Rupert Murdoch biblico. E hanno tra le migliori scuole e università del Paese, le preferite da Bush, che instillano nel loro popolo e in milioni di altre persone un cristianesimo aggressivo, dedito a una guerra di religione sotterranea contro i cattolici, i musulmani e gli ebrei. Tutto il Sud e il Midwest, dalla Virginia al Texas e dalla Florida al Michigan, sono un loro feudo. «Il divario culturale è enorme» spiega Walzer. «Il popolo evangelico disprezza Washington, New York, Boston, le roccaforti del liberalismo, e individua in Hollywood la moderna Gomorra». Lamenta Bauer dei democratici: «Con la loro ossessione per i diversi minacciano di distruggerci la patria e i figli». Per alcuni evangelici, il linguaggio dei democratici è addirittura quello del demonio.

IL PRIMO FU REAGAN - Il primo presidente repubblicano a sfruttare la «cintura della Bibbia» nell'80 fu Ronald Reagan, che ne colse lo spirito conservatore. Ma neppure lui seppe prevedere che in vent'anni quello dell'estrema destra e degli integralisti religiosi, la santa alleanza interna Usa, sarebbe divenuto l'asse portante della politica presidenziale. I risultati elettorali sono tuttavia chiari. Tra i bianchi, la grande maggioranza degli evangelici, Bush ha conquistato il 61 per cento del voto maschile, e ben il 54 per cento del voto femminile, l'elettorato di Kerry. Ha anche ottenuto il 53 per cento del voto dei fedeli di ogni religione - compresa la cattolica - che si recano a messa più di una volta alla settimana. «Era da quasi un secolo, dal presidente Calvin Coolidge - conclude Walzer - che i repubblicani non erano in una posizione tanto forte. Non sarà facile spezzarne la supremazia alle elezioni del 2008». In un bruciante articolo sul New York Times intitolato «Il giorno che finì l'illuminismo», lo storico cattolico Gary Wills ricorda che gli evangelici cessarono l'attività politica negli anni Venti, quando la Corte suprema ne respinse la richiesta di mettere al bando il darwinismo. Sono tornati allo scopo di emendare la Costituzione secondo i propri dettami, ammonisce Wills, e se ci riusciranno sarà una nuova America dove forse la tolleranza e la ragione non avranno spazio. Scrive lo storico: «Gli Stati secolari in Europa non capiscono il fondamentalismo dei nuovi elettori americani, perché essi sono troppo diversi dagli elettori del passato. Oggi noi assomigliamo di più alle cosiddette nazioni nemiche che non a quelle europee. Dove riscontriamo il nostro stesso zelo religioso, la nostra rabbia contro il laicismo, la nostra paura della modernità? Non certo in Francia, in Germania, in Italia, ma nel mondo islamico, persino in Al Qaeda». Forse Wills esagera. Ma è vero che in questa America le verità e i fatti contano meno dei dogmi e delle convinzioni. Una lettura inquietante dell'ultimo voto della grande democrazia americana.

Ennio Caretto
5 novembre 2004

dio patria e famiglia fu un motto usato e creato sul finire degli anni 20 in italia da un personaggio...

sinceramente provo ribrezzo per il pensiero conservatore della destra che ha votato bush...la peggiore che ci possa essere..


PS: la ricerca sugli embrioni e sulle staminali e osteggiata in maniera totale dall amm di bush.....
perche dio ci ha creati e dio ci fa vivere dio ci fa morire: l uomno non deve avere nessun intervneto sul suo corso: ringraziamo che ci fanno prendere un aspirina...
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Old 17-11-2004, 00:19   #53
Paracleto
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dio patria e famiglia fu un motto usato e creato sul finire degli anni 20 in italia da un personaggio...

sinceramente provo ribrezzo per il pensiero conservatore della destra che ha votato bush...la peggiore che ci possa essere..


PS: la ricerca sugli embrioni e sulle staminali e osteggiata in maniera totale dall amm di bush.....
perche dio ci ha creati e dio ci fa vivere dio ci fa morire: l uomno non deve avere nessun intervneto sul suo corso: ringraziamo che ci fanno prendere un aspirina...
eh si
peccato che l'amministrazione bush sia la prima a finanziare suddette ricerche

peccato che il "pensiero conservatore" lo hai solo tu nella tua testa

ah beh
ennio caretto

come non detto, scusa
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Old 17-11-2004, 00:25   #54
Ewigen
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Originariamente inviato da dantes76
dio patria e famiglia fu un motto usato e creato sul finire degli anni 20 in italia da un personaggio...

sinceramente provo ribrezzo per il pensiero conservatore della destra che ha votato bush...la peggiore che ci possa essere..


PS: la ricerca sugli embrioni e sulle staminali e osteggiata in maniera totale dall amm di bush.....
perche dio ci ha creati e dio ci fa vivere dio ci fa morire: l uomno non deve avere nessun intervneto sul suo corso: ringraziamo che ci fanno prendere un aspirina...
vabbè,d'ora in poi gli elettroi devono essere:
-ato-agnosticimo-pseudocredenti
-abortisti
-laicisti e anticlericali
-favorevoli ai matrimoni gay
-non volere i crocifissi
-essere filo sindacati politizzati
-amanti dei film di Moretti e Moore

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Old 17-11-2004, 00:28   #55
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Originariamente inviato da Paracleto
Una chiesa evangelica difende il diritto di un gay di andare a messa


I fedeli si mobilitano per un omosessuale( ma va?????. Al Senato i democratici scelgono un leader mormone e antiabortista

p.s.
oltre sessanta milioni di voti.
ma a parte che con quel titolo la chiesa( sia evangelica cattolica...) ammette la discriminazione in base a gusti puramente sessuali( i nazisti aveva queste idee: il manifesto della razza.....)

l essere gay per la chiesa( cattolica evangelica...) non e peccato...
diventa peccato quando il gay non rinuncia al propio stato sessuale e non si pente delle cose fatte.....altrimenti all inferno e niente chiesa( poverino dovra rinunciare alla messa la domenica o il sabato)

sinceramente qualcuno molti anni fa disse che quando e la chiesa a decidere se e il mondo che gira attorno al sole
o vicevesa si va verso il declino....
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Old 17-11-2004, 00:42   #56
dantes76
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Originariamente inviato da Ewigen
vabbè,d'ora in poi gli elettroi devono essere:
-ato-agnosticimo-pseudocredenti:::> lo stato ha un fondamento che e la costituzione; non e la bibbia. lo stato deve garantire il diritto alla massa

-abortisti:> il diritto all aborte ci deve essere, lo stato si deve impegnare a non favorire questa pratica

-laicisti e anticlericali:>> vedi in alto( la prima)
la chiesa ha il propio credo lo stato ne devve avere un altro

-favorevoli ai matrimoni gay la chiesa ha tutti i diritti a essere contrari a questo tipo di unione, lo stato deve garantire l unione di due persone ( senza distinzione di sesso o religione) la chiesa quello che vuole fare fa..la chiesa

-non volere i crocifissi: i crocifissi stanno in chiesa non a scuola , deve essere l ora delle releigioni non l ora della religione

-essere filo sindacati politizzati
-amanti dei film di Moretti e Moore non mi piaccio entrambi

Contenti?
lo stato ha un fondamento che e la costituzione non la bibbia o i vangeli
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Old 17-11-2004, 00:46   #57
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Originariamente inviato da Paracleto
eh si
peccato che l'amministrazione bush sia la prima a finanziare suddette ricerche

peccato che il "pensiero conservatore" lo hai solo tu nella tua testa

ah beh
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come non detto, scusa
no caro mio...

in california fra tutti i referendum presentati ce ne stava uno sulla ricerca delle staminali ( fondi per oltre 4 mld$) appogiato dal swarzy ma osteggiato da washington......
la chiesa non vuole la ricerca sulgli embrioni a fine terapeutico e sulle staminali...e su questo i vari preti i moderati possono dire quello che vogliono ma la chiesa sotto le sue forme osteggia questo tiipo di ricerche...

un po come osteggiava la cura delle malattie veneree...qualche secolo fa...
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Old 17-11-2004, 01:00   #58
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a Chiesa ha ritirato, anche se solo nel 1992, la condanna contro Galileo Galilei e le sue teorie sul movimento degli astri. Ma non può dirsi conclusa quella che Andrew Dickson White, il primo presidente della Cornell University, definì alla fine dell'800 la "guerra tra la scienza e la teologia dogmatica". Dovendo rispondere agli attacchi che provenivano da organi di stampa, vescovi, esponenti politici per la decisione di introdurre nello statuto della Cornell University il principio secondo cui i professori sarebbero stati selezionati senza tener conto del loro credo religioso, White tenne un discorso, poi divenuto un libro, nel quale ripercorreva la storia dello scontro non tra scienza e religione, come teneva a specificare, ma tra la scienza e la teologia dogmatica.

«In tutta la storia moderna, - scriveva White - l'interferenza con la scienza nel supposto interesse della religione, non importa quanto conscienziosa questa intereferenza possa essere stata, ha avuto come risultato i peggiori dei mali (mali – senza dei) sia per la scienza che per la religione; e, dall'altra parte, tutte le ricerche scientifiche non ostacolate, non importa quanto pericolose per la religione in alcuni degli stadi del loro sviluppo possano essere apparse al loro tempo, sono risultate immancabilmente nel migliore dei beni sia per la religione che per la scienza».

Un principio che sembra non essere stato ancora compreso dalle gerarchie della Chiesa cattolica e da alcuni legislatori che hanno vietato, ad esempio, ogni forma di ricerca scientifica sulle cellule staminali embrionali, anche quelle derivate da embrioni soprannumerari, destinati comunque ad essere eliminati.

Il dibattito sulle cellule staminali embrionali, il cui utilizzo a fini terapeutici potrebbe curare nel prossimo futuro malattie che colpiscono centinaia di milioni di persone, come le patologie cardiovascolari, il diabete, il morbo di Parkinson e di Alzheimer, la sclerosi e le lesioni del midollo spinale, ha riacceso la battaglia tra la scienza e la teologia dogmatica.
La battaglia ingaggiata in Italia da Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica è un nuovo capitolo di quella storia scritta da Andrew Dickson White ormai più di 100 anni fa. Dopo la condanna di Galilei e Giordano Bruno, della teoria evoluzionista di Darwin, e delle tante scoperte elencate da White che hanno messo in crisi alcuni dei dogmi della Chiesa, i difensori della libertà della scienza si trovano ancora una volta a scontrarsi con il nemico di sempre: la teologia dogmatica.
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Bush, Berlusconi e Papa uniti nella battaglia per divieto totale

22 Ottobre 2004 - Città del Vaticano - Il Vaticano tiene duro e non retrocede di un millimetro sulla messa al bando della clonazione umana così come per ogni altro tipo di ricerca sulle cellule staminali embrionali. All'Onu, dove ieri è iniziato un aspro confronto per capire se esistono le condizioni per un divieto internazionale, il nunzio apostolico Celestino Migliore ha illustrato la posizione della Santa Sede in materia. La Chiesa, ha spiegato, condanna fermamente la clonazione compreso la clonazione terapeutica poiché implica la distruzione o la manipolazione degli embrioni umani. E molte malattie come la leucemia o il cancro o, ancora il Parkinson, ha aggiunto Migliore, possono essere ugualmente curate grazie alle cellule staminali adulte. "Noi vorremmo dire che la scelta che si pone davanti alla comunità internazionale non è tra scienza ed etica, ma tra una scienza eticamente responsabile ed una scienza che invece non si pone nessun limite" ha affermato l'arcivescovo mettendo in guardia l'umanità dalle conseguenze di una scienza priva di qualsiasi imperativo morale.



Due i blocchi di Paesi che si contrappongono al Palazzo di Vetro. Da una parte, coaugulati attorno ad un documento presentato dal Costa Rica, ci sono Usa, Italia, Santa Sede ed altre nazioni di tradizione cristiana, decise a vietare ogni tipo di clonazione. Dall'altra, invece, attorno alla posizione del Belgio, vi sono la Francia, la Gran Bretagna, la Russia e la Cina. La posizione di questo blocco è di proibire la clonazione ma di permettere, invece, le ricerche sulla clonazione terapeutica, vale a dire la produzione in laboratorio di embrioni da utilizzare per studiare nuove cure al Parkinson, all'Alzeimer, al cancro o per produrre eventuali 'pezzi di ricambio' del corpo umano.

La clonazione è un tema nell'agenda dell'Onu sin dal 2001. L'anno scorso, a novembre, in uno dei voti più sofferti della storia delle Nazioni Unite una mozione presentata all'ultimo minuto da un gruppo di arabi ha fatto saltare ogni risoluzione. La mozione del blocco musulmano prevedeva uno slittamento al 2005.

In questi giorni si assiste al 'secondo round'. Fonti diplomatiche affermano che sembra difficile che la messa al bando - fortemente auspicata allo stesso modo da Bush e dal Papa - possa raggiungere la maggioranza necessaria. Troppi gli interessi che si nascondono dietro, troppe le pressioni delle grandi multinazionali da tempo impegnate a sostenere finanziariamente le onerose ricerche sulle staminali, ma soprattutto ancora troppo alta la critica alla politica americana.

Finora gli Usa si sono battuti per ottenere la messa al bando della clonazione. Ma se alle prossime presidenziali dovesse vincere il democratico Kerry, Washington rivedrebbe la sua posizione su quella terapeutica. Kerry, infatti, in più occasioni durante la campagna elettorale si è pronunciato a favore della ricerca sulle cellule staminali.

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-----------------------------------------------------------------------------------------ù
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piccole citazioni:

Su aids e contraccettivi
"In merito alla trasmissione sessuale della malattia, la miglior e più efficace prevenzione è l'insegnamento degli autentici valori di vita, amore e sessualità. Un giusto apprezzamento di questi valori faranno conoscere agli uomini e alle donne moderni il modo più giusto per arrivare alla propria realizzazione attraverso la maturità affettiva e l'uso adeguato della sessualità, lì dove le coppie rimangano fedeli e non assumano comportamenti a rischio infezione da HIV. Nessuno può negare che la libertà sessuale aumenti il pericolo di contrarre il virus. E' in questo contesto che i valori della fedeltà coniugale, della castità e dell'astinenza possono essere meglio compresi."

Discorso del Cardinale Javier Lozano Barragan, presidente del Pontificio Consiglio per la Pastorale dell'Assistenza Sanitaria all'Onu del 27 Giugno 2001. ndr: mi raccomando niente preservativo.....



Sulla ricerca scientifica
"Dio ha creato l'uomo a sua immagine e somiglianza: "maschio e femmina li creo" (Gen. 1, 27), affidando loro il compito di "dominare la terra" (Gen. 1, 28). La ricerca scientifica di base e quella applicata costituiscono un'espressione significativa di questa signoria dell'uomo sul creato. La scienza e la tecnica, preziose risorse delI'uomo quando si pongono al suo servizio e ne promuovono lo sviluppo integrale a beneficio di tutti, non possono da sole indicare il senso dell'esistenza e del progresso umano. Essendo ordinate all'uomo da cui traggono origine e incremento, attingono dalla persona e dai suoi valori morali l'indicazione della loro finalità e la consapevolezza dei loro limiti. Sarebbe, perciò, illusorio rivendicare la neutralità morale della ricerca scientifica e delle sue applicazioni; d'altro canto non si possono desumere i criteri di orientamento dalla semplice efficienza tecnica, dall’utilità che possono arrecare ad alcuni a danno di altri o, peggio ancora, dalle ideologie dominanti. Pertanto la scienza e la tecnica richiedono, per il loro stesso intrinseco significato, il rispetto incondizionato dei criteri fondamentali della moralità: debbono essere cioè, al servizio della persona umana, dei suoi diritti inalienabili e del suo bene vero e integrale secondo il progetto e la volontà di Dio. (…)

Il diritto inviolabile alla vita di ogni individuo umano innocente, i diritti della famiglia, dell'istituzione matrimoniale costituiscono dei valori morali fondamentali, perché riguardano la condizione naturale e la vocazione integrale della persona umana, nello stesso tempo sono elementi costitutivi della società civile e del suo ordinamento. Per questo motivo le nuove possibilità tecnologiche, apertesi nel campo della biomedicina, richiedono l'intervento delle autorità politiche e del legislatore, perché un ricorso incontrollato a tali tecniche potrebbe condurre a conseguenze non prevedibili e dannose per la società civile. Il riferimento alla coscienza di ciascuno e all'autoregolamentazione dei ricercatori non può essere sufficiente per il rispetto dei diritti personali e dell'ordine pubblico. Se il legislatore, responsabile del bene comune, mancasse di vigilare, potrebbe venire espropriato delle sue prerogative da parte di ricercatori che pretendessero di governare l'umanità in nome delle scoperte biologiche e dei presunti processi di "miglioramento" che ne deriverebbero."
Joseph Card. Ratzinger, "Il rispetto della vita umana nascente e la dignità della procreazione", Congregazione per la Dottrina della Fede, 22 febbraio 1987
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Ultima modifica di dantes76 : 17-11-2004 alle 01:08.
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Old 17-11-2004, 09:47   #59
flisi71
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Lo speciale del Corriere con i relativi articoli basta e avanza per spiegare tutto quello che serve.
http://www.corriere.it/speciali/2004...2004/elezioni/

Il resto è solito show comico da Muppet group.

Ciao

Federico
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Old 17-11-2004, 09:59   #60
Bet
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con tutti sti dati e balletti di cifre mi sembra di avere i resconti degli scioperi da parte delle autorità e da parte dei sindacati




cmq "l'elettorato di Bush" è un elettorato di una democrazia che fa fatto la sua scelta, capisco che per molti sia difficile da digerire ma è così... e lo dico da non amante di Bush
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http://www.cipoo.net Musica corale di pubblico dominio - spartiti-MID-MP3
Chi cerca conferme le trova sempre. (Popper)
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