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View Full Version : Un thread ad hoc: ma questo Comunismo... ?


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Hactor
09-03-2009, 14:46
Certo, ma la causa della crisi economica della Germania non era la difficolta' del regime capitalistico puro adottato in USA, quanto piu' la difficolta' di ripagare i debiti di guerra della prima guerra mondiale.
Non e' quindi vero che le difficolta' economiche statuintensi sfociate nella crisi del '29 abbiano scoccato la scintilla per la seconda guerra mondiale.

In realtà sì, perché gli USA si resero conto che in Europa sarebbe scoppiata una nuova guerra se la Germania si fosse continuata a spremere come una vacca indiana, e dettero innumerevoli sostentamenti e finanziamenti all'economia tedesca che poco prima del '29 stava risorgendo.
Venendo a mancare la flebo statunitense l'economia tedesca precipitò con quella americana e si arrivò alla crisi.

Dunque se voglia intendere il nesso

crisi della germania -> nazismo -> guerra

non possiamo non tener conto di

crisi '29 -> crisi della germania

e asserire che la crisi del '29, seppur indirettamente, ha prodotto allora la seconda guerra mondiale.

Questo però non vuol dire che la seconda guerra mondiale implichi a sua volta una crisi del '29 e di per se sarebbe falso dire che senza la crisi essa non ci sarebbe stata, piuttosto potremmo dire che le cose sarebbero andate diversamente.

gugoXX
09-03-2009, 14:59
In realtà sì, perché gli USA si resero conto che in Europa sarebbe scoppiata una nuova guerra se la Germania si fosse continuata a spremere come una vacca indiana, e dettero innumerevoli sostentamenti e finanziamenti all'economia tedesca che poco prima del '29 stava risorgendo.
Venendo a mancare la flebo statunitense l'economia tedesca precipitò con quella americana e si arrivò alla crisi.


OK, pero' il fatto che gli USA non siamo piu' riusciti a foraggiare la Germania che quindi e' scoppiata nel Nazismo e nella seconda guerra mondiale non la si puo' mettere sulle spalle della crisi del '29 con la doppia implicazione che hai fatto.
Se al posto della crisi del '29 fosse venuta la peste in USA, e come conseguenza non fossero piu' risuciti a foraggiare la Germania perche' devastati economicamente dalla malattia, forse che avremmo detto che la causa della seconda guerra mondiale sarebbe stata la peste?

E comunque abbiamo imparato anche da quello. Inutile chiedere danni di guerra nella misura corretta in cui si dovrebbe fare, altrimenti la nazione perdente non si solleva piu' e prima o poi scoppia un'altra guerra o rivoluzione.
L'abbiamo imparato e i debiti della seconda guerra mondiale sono stati effettivamente blandi rispetto a quanto sarebbero dovuti essere.

Abbiamo imparato sia dalla prima guerra mondiale che dalla crisi del '29. La fine della seconda guerra mondiale e' stata superata brillantemente (70 anni di pace almeno) ovvero la lezione della prima guerra mondiale l'abbiamo imparata.
Vedremo ora se abbiamo imparato anche la lezione del '29.
E secondo me si', sono ottimista, anche se avrei agito un po' meno garantista per le banche, ma ci sono troppe variabili che non conosco.

Hactor
09-03-2009, 14:59
Non quoto (Anche se in effetti l'ho fatto :D )
E' una semplificazione elementare, tipica soprattutto di ambienti complottisti.
Non ci sono solo gli Stati Uniti, c'e' anche l'Europa, con piu' del doppio delle persone. E non e' che si siano messi a fare guerre in giro per sostenere il proprio regime capitalistico.
E poi anche se fosse vero devi dimostrare che il resto (il non capitalismo) NON sfocia da sempre in una guerra, altrimenti sono eventi comunque non correlati

L'Europa lo ha fatto eccome: cominciamo dai nostri vicini Balcani.
La Germania, Italia e Vaticano (principalmente ma non solo) finanziarono la guerra e il separatismo croati e non a caso oggi sono i paesi che detengono in Croazia la maggior parte di interessi, aziende ed industrie.
La Russia e l'Inghilterra sono quelle che sostennero la Serbia, che oggi non a caso è diventata una satellite di Mosca tanto che dall'aeroporto di Belgrado si può volare alla capitale Russa senza dogana (solo tipica documentazione da aeroporto), come avviene tra i membri dell'UE.
Gli USA finanziarono la guerra in Kosovo e ora ci hanno costruito la più grande base militare del mondo!
Gli Italiani mandarono aiuti agli americani in Kosovo per costruire poi basi militari in Albania (ma guarda un po'!).
Dobbiamo poi forse citare la guerra in Iraq, Afghanistan, quelle in Vietnam e Corea? E tutti i paesi dell'America Latina?

Ovviamente non c'è bisogno di credere che siano solo gli americani ad essere neri, anche l'Unione Sovietica ben volentieri sostenne i regimi a suo favore, così come oggi la Russia continua a finanziare guerre e stati per proprio tornaconto personale (si vedano i casi di Cecenia e Georgia).

Fatto sta che per detenere un sistema economica piramidale, dove pochi possiedono molto e molti poco, si deve per forza far leva sullo sfruttamento, la conseguente guerra ed usurpazione. E' semplicemente un dato di fatto.

Hactor
09-03-2009, 15:01
OK, pero' il fatto che gli USA non siamo piu' riusciti a foraggiare la Germania che quindi e' scoppiata nel Nazismo e nella seconda guerra mondiale non la si puo' mettere sulle spalle della crisi del '29 con la doppia implicazione che hai fatto.
Se al posto della crisi del '29 fosse venuta la peste in USA, e come conseguenza non fossero piu' risuciti a foraggiare la Germania perche' devastati economicamente dalla malattia, forse che avremmo detto che la causa della seconda guerra mondiale sarebbe stata la peste?

E io che ho detto?
La crisi del '29 potrà anche implicare la seconda guerra mondiale, ma non fu necessaria. Ergo una crisi del capitalismo non necessariamente implica una guerra mondiale.

gugoXX
09-03-2009, 15:04
E io che ho detto?
La crisi del '29 potrà anche implicare la seconda guerra mondiale, ma non fu necessaria. Ergo una crisi del capitalismo non necessariamente implica una guerra mondiale.

Scusami allora. Quel tuo inizio con "In realta' si'" mi aveva portato fuori strada, e le implicazioni mi si sono attorciliate.

gugoXX
09-03-2009, 15:12
L'Europa lo ha fatto eccome: cominciamo dai nostri vicini Balcani.
La Germania, Italia e Vaticano (principalmente ma non solo) finanziarono la guerra ...
Fatto sta che per detenere un sistema economica piramidale, dove pochi possiedono molto e molti poco, si deve per forza far leva sullo sfruttamento, la conseguente guerra ed usurpazione. E' semplicemente un dato di fatto.

Ti resta ancora da dimostrare questo
E poi anche se fosse vero devi dimostrare che il resto (il non capitalismo) NON sfocia da sempre in una guerra, altrimenti sono eventi comunque non correlati
E finora, citando anche l'URSS tra gli attori, non e' affatto scontato.

La risposta potrebbe essere che qualunque sia l'equilibrio, ci sara' sempre qualcuno che stara' peggio, e che forte dell'invidia inizera' una guerra o una rivoluzione, indipendentemente dal tipo di governo e dal regime economico.
E anche indipendentemente dalla qualita' della vita.
Es: Ciascuno dei palestinesi di oggi sta meglio di come stavano i re nel medioevo. Pero' non gli basta, perche' quello che rode e' il paragone, l'invidia per i vicini. E quindi lo stato di guerra per accaparrarsi i diritti.
L'uomo, in media, non si accontenta mai, indipendentemente da comunismo, socialismo, capitalismo, feudalesimo o impero classico.

Hactor
09-03-2009, 15:16
Scusami allora. Quel tuo inizio con "In realta' si'" mi aveva portato fuori strada, e le implicazioni mi si sono attorciliate.


era riferito al fatto che nel contesto storico specifico sia stato un elemento determinante, non al fatto che una crisi come quella del '29 debba sfociare per forza nella guerra.

nomeutente
09-03-2009, 15:33
Premesso che Hactor sta rispondendo ottimamente, mi limito ad un paio di appunti.


OK, pero' il fatto che gli USA non siamo piu' riusciti a foraggiare la Germania che quindi e' scoppiata nel Nazismo e nella seconda guerra mondiale non la si puo' mettere sulle spalle della crisi del '29 con la doppia implicazione che hai fatto.


Ci sono due ordini di problemi:
1) la crisi del '29 acuisce la crisi tedesca e quindi contribuisce a creare le condizioni per la guerra?
2) le ragioni originarie della crisi tedesca sono da ricercarsi nella prima guerra mondiale?

Alla prima risposta occorre rispondere: sì.
Alla seconda risposta, anche.
Ma anche la prima guerra mondiale non scoppia "per caso": è la conseguenza della politica estera aggressiva dei principali stati industrializzati (nota come imperialismo), a sua volta conseguenza della grande depressione del 1873-1895.

Per cui la crisi del 29 è una delle cause della seconda guerra mondiale, mentre la grande depressione è una delle cause tanto della prima quanto della seconda guerra mondiale.



Se al posto della crisi del '29 fosse venuta la peste in USA, e come conseguenza non fossero piu' risuciti a foraggiare la Germania perche' devastati economicamente dalla malattia, forse che avremmo detto che la causa della seconda guerra mondiale sarebbe stata la peste?


Sì, anche.




E poi anche se fosse vero devi dimostrare che il resto (il non capitalismo) NON sfocia da sempre in una guerra, altrimenti sono eventi comunque non correlati


Le guerre e le crisi ci sono sempre state.
Ma le crisi capitaliste (e le sue guerre) sono dovute alla sovrapproduzione, non alla carestia.
Se devo morire perché c'è la carestia o perché devo andare a conquistarmi le patate a fucilate, posso anche capire.
Se questo invece accade perché il mercato è saturo e ho bisogno di vendere le mie patate altrove per evitare un crack commerciale, permetti che la cosa è un po' più seccante ;)

Marko91
09-03-2009, 15:39
Non quoto (Anche se in effetti l'ho fatto :D )
E' una semplificazione elementare, tipica soprattutto di ambienti complottisti.
Non ci sono solo gli Stati Uniti, c'e' anche l'Europa, con piu' del doppio delle persone. E non e' che si siano messi a fare guerre in giro per sostenere il proprio regime capitalistico.
E poi anche se fosse vero devi dimostrare che il resto (il non capitalismo) NON sfocia da sempre in una guerra, altrimenti sono eventi comunque non correlati

Come no?! La storia europea e' disseminata di guerre per la conquista di risorse! :)

La crisi sta assumendo dimensioni colossali. Di sicuro non pochi stati vedranno una possibilita' per il riarmo militare, ma una guerra mondiale e' fuori discussione. Non ci sono conflitti cosi grossi tra le superpotenze e le armi atomiche funzionano ancora come deterrente.

gugoXX
09-03-2009, 15:39
Secondo me una soluzione sarebbe riuscire a vivere in quella condizione per cui c'e' piu' di quanto abbiamo bisogno, in cui tutti possono soddisfare tutti i bisogni primari e la maggior parte di quelli secondari senza grossi sforzi. A quel punto capitalismo, liberalismo, comunismo o qualcunque altra organizzazione viene meno, non ce n'e' di fatto bisogno, non c'e' bisogno di "Economia".
Tale condizione esisterebbe. Quello che produciamo oggi e' molto probabilmente piu' che sufficiente per soddisfare la felicita' di 1 miliardo di persone.
Putroppo invece siamo quasi 7 e continuiamo a crescere. Il problema dell'uomo e' che non appena sta un minimo bene, non appena ha un po' di spazio, si moltiplica in modo da tenere la media della qualita' della vita sempre un pelino sotto all'essere considerato accettabile.

Fritz!
09-03-2009, 15:42
Le guerre e le crisi ci sono sempre state.
Ma le crisi capitaliste (e le sue guerre) sono dovute alla sovrapproduzione, non alla carestia.
Se devo morire perché c'è la carestia o perché devo andare a conquistarmi le patate a fucilate, posso anche capire.
Se questo invece accade perché il mercato è saturo e ho bisogno di vendere le mie patate altrove per evitare un crack commerciale, permetti che la cosa è un po' più seccante ;)

A me sembra invece proprio il contrario.

Sempre meglio dover gestire una crisi da sovrapproduzione che non il contrario.
Alla fin fine puoi sempre inventarti la moneta per comprare le patate di troppo... basta stampare le banconote:asd:

In una crisi di carestia, qualunque cosa tu voglia fare, le patate non puoi stamparle alla zecca di Stato.

Il capitalismo é sopravvissuto a svariate crisi di sovrapproduzione. Segno che Marx aveva torto a pensare che si trattasse di una crisi insuperabile.

ConteZero
09-03-2009, 15:45
Secondo me una soluzione sarebbe riuscire a vivere in quella condizione per cui c'e' piu' di quanto abbiamo bisogno, in cui tutti possono soddisfare tutti i bisogni primari e la maggior parte di quelli secondari senza grossi sforzi. A quel punto capitalismo, liberalismo, comunismo o qualcunque altra organizzazione viene meno, non ce n'e' di fatto bisogno, non c'e' bisogno di "Economia".
Tale condizione esisterebbe. Quello che produciamo oggi e' molto probabilmente piu' che sufficiente per soddisfare la felicita' di 1 miliardo di persone.
Putroppo invece siamo quasi 7 e continuiamo a crescere. Il problema dell'uomo e' che non appena sta un minimo bene, non appena ha un po' di spazio, si moltiplica in modo da tenere la media della qualita' della vita sempre un pelino sotto all'essere considerato accettabile.

Veramente i paesi ricchi sono quasi sempre a crescita zero.
Sono i paesi poveri a figliare all'inverosimile, ed i morti di fame (in quanto tali) cercano d'arrivare nei paesi ricchi per guadagnarsi un pezzo di pane.
La soluzione è facile, basterebbe dire a chi stà nei paesi poveri di darsi una calmata... ma ovviamente Dio non vuole.

ConteZero
09-03-2009, 15:47
A me sembra invece proprio il contrario.

Sempre meglio dover gestire una crisi da sovrapproduzione che non il contrario.
Alla fin fine puoi sempre inventarti la moneta per comprare le patate di troppo... basta stampare le banconote:asd:

In una crisi di carestia, qualunque cosa tu voglia fare, le patate non puoi stamparle alla zecca di Stato.

Il capitalismo é sopravvissuto a svariate crisi di sovrapproduzione. Segno che Marx aveva torto a pensare che si trattasse di una crisi insuperabile.

In Germania l'inflazione era tale che c'era chi coi soldi ci si tappezzava la stanza (e mica solo per dire).
Bisognerebbe distinguere i "soldi" dalla "ricchezza", perché sono due cose diverse.

Fritz!
09-03-2009, 15:48
In Germania l'inflazione era tale che c'era chi coi soldi ci si tappezzava la stanza (e mica solo per dire).
Bisognerebbe distinguere i "soldi" dalla "ricchezza", perché sono due cose diverse.

e chi ha parlato di ricchezza?

Che i soldi siano uno strumento nominale e non reale é basilare in ogni modello liberista.

Hactor
09-03-2009, 15:52
Ti resta ancora da dimostrare questo

E finora, citando anche l'URSS tra gli attori, non e' affatto scontato.

La risposta potrebbe essere che qualunque sia l'equilibrio, ci sara' sempre qualcuno che stara' peggio, e che forte dell'invidia inizera' una guerra o una rivoluzione, indipendentemente dal tipo di governo e dal regime economico.
E anche indipendentemente dalla qualita' della vita.
Es: Ciascuno dei palestinesi di oggi sta meglio di come stavano i re nel medioevo. Pero' non gli basta, perche' quello che rode e' il paragone, l'invidia per i vicini. E quindi lo stato di guerra per accaparrarsi i diritti.
L'uomo, in media, non si accontenta mai, indipendentemente da comunismo, socialismo, capitalismo, feudalesimo o impero classico.


La dimostrazione è semplice e banale.
Il capitalismo si fonda sull'accumulo sbilanciato di capitale, ossia sul principio che pochi possono gestire un capitale superiore a quello della somma dei molti. Se infatti si somma il capite in possesso alla fascia ricca della popolazione, questo è nettamente superiore alla somma del capitale complessivo in mano al resto della popolazione. Perché ciò accada per definizione deve esserci uno sfruttamento, ossia una retribuzione non equa sui guadagni ottenuti.

Questo sfruttamento è ovviamente qualcosa di relativo e c'è un margine entro il quale l'individuo non si sente sfruttato, per quanto lo sia. Questo margine corrisponde a quello sul quale il medesimo sistema comunista si basa nella distribuzione di impieghi.

Un industria produce 1.000.000 di valuta.
Sia nel comunismo che nel capitalismo del 1.000.000 una parte (diciamo un 20% va, con tutte le eccezioni del caso) va in mano allo Stato, sotto forma di tasse. Restano 800.000 nel nostro esempio.

Nel sistema capitalista l'industria farà questa somma con 80 operai, che dovrebbero guadagnare 10.000, ma prendono mille, siccome 720.000 vanno in mano al proprietario.

Nel sistema comunista questo si farà con 800 operai, che guadagneranno ugualmente 1.000.

(non ho considerato il capitale utile all'industria stessa, che comunque una volta potremmo considerare incluso in quello dell'unico proprietario, l'altro in quello dei singoli operai, essendo loro stessi, mediante lo stato, proprietari della propria industria in collettività)

In entrambi i sistemi l'operaio medio guadagna 1.000.
L'unica differenza è che nel sistema comunista ci sarà meno disoccupazione e più denaro in circolazione, visto che è più probabile che 800 persone spendano quasi l'intero capitale per qualcosa, piuttosto che un singolo lo sprechi per le sue (per quanto dispersive) esigenze.
Insomma, per dirla con un esempio banalissimo, se ho 20 miliardi di € oppure 20.000€ le cose che posso comprare per vivere normalmente sono le stesse, con la sola differenza che con 20 miliardi finirò coll'ordinare acqua da bere da Israele.

Il problema sorge di fronte alla semplice constatazione che col tempo vi è una crescente presa di consapevolezza sociale da parte dell'uomo, inteso come collettività, che via via comincia a reputare sempre più stretto il 1.000 che guadagna. Il signorotto capitalista allora, a fronte di una sempre più costosa forza lavoro, deve rivolgersi verso l'esterno, investendo nello sfruttamento delle risorse di paesi socialmente ed economicamente più deboli. Questo sfruttamento si può ottenere mediante la guerra (anche ottimo deterrente sociale interno), oppure finanziamenti alla stessa, soprattutto laddove vi sia la possibilità di ottenerlo facilmente e l'opposizione è relativamente debole.
Il sistema comunista non necessità di questo principio per il semplice paradigma che disponendo tutti di un guadagno mediamente comparabile, nessuno percepirà malessere in base alla differenza sociale.

gugoXX
09-03-2009, 15:53
La dimostrazione è semplice e banale.
Il capitalismo si fonda sull'accumulo sbilanciato di capitale, ossia sul principio che pochi possono gestire un capitale superiore a quello della somma dei molti.
Mi spiace, mi fermo qui perche' e' errato

Hactor
09-03-2009, 15:57
Mi spiace, mi fermo qui perche' e' errato

Dimostra che è errato e ne sarò contento, asserirlo ex-cathedra non serve a molto. :D

Fritz!
09-03-2009, 15:57
La dimostrazione è semplice e banale.
Il capitalismo si fonda sull'accumulo sbilanciato di capitale, ossia sul principio che pochi possono gestire un capitale superiore a quello della somma dei molti. Se infatti si somma il capite in possesso alla fascia ricca della popolazione, questo è nettamente superiore alla somma del capitale complessivo in mano al resto della popolazione. Perché ciò accada per definizione deve esserci uno sfruttamento, ossia una retribuzione non equa sui guadagni ottenuti.

Questo sfruttamento è ovviamente qualcosa di relativo e c'è un margine entro il quale l'individuo non si sente sfruttato, per quanto lo sia. Questo margine corrisponde a quello sul quale il medesimo sistema comunista si basa nella distribuzione di impieghi.

Un industria produce 1.000.000 di valuta.
Sia nel comunismo che nel capitalismo del 1.000.000 una parte (diciamo un 20% va, con tutte le eccezioni del caso) va in mano allo Stato, sotto forma di tasse. Restano 800.000 nel nostro esempio.

Nel sistema capitalista l'industria farà questa somma con 80 operai, che dovrebbero guadagnare 10.000, ma prendono mille, siccome 720.000 vanno in mano al proprietario.

Nel sistema comunista questo si farà con 800 operai, che guadagneranno ugualmente 1.000.

(non ho considerato il capitale utile all'industria stessa, che comunque una volta potremmo considerare incluso in quello dell'unico proprietario, l'altro in quello dei singoli operai, essendo loro stessi, mediante lo stato, proprietari della propria industria in collettività)

In entrambi i sistemi l'operaio medio guadagna 1.000.
L'unica differenza è che nel sistema comunista ci sarà meno disoccupazione e più denaro in circolazione, visto che è più probabile che 800 persone spendano quasi l'intero capitale per qualcosa, piuttosto che un singolo lo sprechi per le sue (per quanto dispersive) esigenze.
Insomma, per dirla con un esempio banalissimo, se ho 20 miliardi di € oppure 20.000€ le cose che posso comprare per vivere normalmente sono le stesse, con la sola differenza che con 20 miliardi finirò coll'ordinare acqua da bere da Israele.

Il problema sorge di fronte alla semplice constatazione che col tempo vi è una crescente presa di consapevolezza sociale da parte dell'uomo, inteso come collettività, che via via comincia a reputare sempre più stretto il 1.000 che guadagna. Il signorotto capitalista allora, a fronte di una sempre più costosa forza lavoro, deve rivolgersi verso l'esterno, investendo nello sfruttamento delle risorse di paesi socialmente ed economicamente più deboli. Questo sfruttamento si può ottenere mediante la guerra (anche ottimo deterrente sociale interno), oppure finanziamenti alla stessa, soprattutto laddove vi sia la possibilità di ottenerlo facilmente e l'opposizione è relativamente debole.
Il sistema comunista non necessità di questo principio per il semplice paradigma che disponendo tutti di un guadagno mediamente comparabile, nessuno percepirà malessere in base alla differenza sociale.

Onestamente non riesco a trovare né capo ne coda.

Poi trascuri il fatto che il capitale richiede un rendimento. E questo non per cattiveria ideologica liberista, ma perche senza rendimento diventa inutile investire e conviene limitarsi a spendere o al massimo a tenere il proprio capitale sotto il materasso.

Marko91
09-03-2009, 16:01
Tale condizione esisterebbe. Quello che produciamo oggi e' molto probabilmente piu' che sufficiente per soddisfare la felicita' di 1 miliardo di persone.

La societa' occidentale ha un degenerato consumismo, dove il possedere e' scambiato con la felicita'. Avere una ferrari non aggiunge nessun valore alla vita, non causa felicita'. Avere 20 bellissime donne (o 20 bellissimi uomini per parcondicio :D ) al nostro servizio per soddisfare ogni nostro desiderio da' piacere, ma non rende felici come essere sposati o insieme ad una persona che si ama.
Potremmo vivere felicemente con uno stile di vita inferiore a quello attuale.


Putroppo invece siamo quasi 7 e continuiamo a crescere. Il problema dell'uomo e' che non appena sta un minimo bene, non appena ha un po' di spazio, si moltiplica in modo da tenere la media della qualita' della vita sempre un pelino sotto all'essere considerato accettabile.
Non sono d'accordo. :D
Nei paesi industrializzati la natalita' e' in discesa, ed e' molto inferiore rispetto ai paesi non industrializzati. Molti studi hanno confermato che l'umanita' sul non supererà mai i 10 miliardi di persone e dopo il 2100,quando buona parte del globo sara' industrializzata, scendera' ancora a 6-7 miliardi.

nomeutente
09-03-2009, 16:04
A me sembra invece proprio il contrario.


Mi sono espresso male io.


Sempre meglio dover gestire una crisi da sovrapproduzione che non il contrario.
Alla fin fine puoi sempre inventarti la moneta per comprare le patate di troppo... basta stampare le banconote:asd:

In una crisi di carestia, qualunque cosa tu voglia fare, le patate non puoi stamparle alla zecca di Stato.


Non sto parlando della possibilità di far fronte ad un problema: è ovvio che una carestia è meno gestibile di una crisi da sovrapproduzione, ma almeno le sue cause sono naturali.
Le crisi da sovrapproduzione invece non sono naturali: sono una conseguenza di una specifica organizzazione, che è il mercato. Non sono costretto a subirla come un evento naturale, posso cercare di farvi fronte.
Per me ci si fa fronte con l'abolizione della proprietà privata dei mezzi di produzione, per te (verosimilmente) non sarà necessario e indicherai altri metodi su cui si può discutere.
Ciò che non accetto è l'idea secondo cui la crisi da sovrapproduzione è una necessità.



Il capitalismo é sopravvissuto a svariate crisi di sovrapproduzione. Segno che Marx aveva torto a pensare che si trattasse di una crisi insuperabile.


Marx non aveva ancora visto lo sviluppo del capitalismo in imperialismo.

Hactor
09-03-2009, 16:10
Poi trascuri il fatto che il capitale richiede un rendimento.
:confused:

che cosa vorresti dire?

Marko91
09-03-2009, 16:13
La dimostrazione è semplice e banale.
Il capitalismo si fonda sull'accumulo sbilanciato di capitale, ossia sul principio che pochi possono gestire un capitale superiore a quello della somma dei molti. Se infatti si somma il capite in possesso alla fascia ricca della popolazione, questo è nettamente superiore alla somma del capitale complessivo in mano al resto della popolazione. Perché ciò accada per definizione deve esserci uno sfruttamento, ossia una retribuzione non equa sui guadagni ottenuti.

Questo sfruttamento è ovviamente qualcosa di relativo e c'è un margine entro il quale l'individuo non si sente sfruttato, per quanto lo sia. Questo margine corrisponde a quello sul quale il medesimo sistema comunista si basa nella distribuzione di impieghi.

Un industria produce 1.000.000 di valuta.
Sia nel comunismo che nel capitalismo del 1.000.000 una parte (diciamo un 20% va, con tutte le eccezioni del caso) va in mano allo Stato, sotto forma di tasse. Restano 800.000 nel nostro esempio.

Nel sistema capitalista l'industria farà questa somma con 80 operai, che dovrebbero guadagnare 10.000, ma prendono mille, siccome 720.000 vanno in mano al proprietario.

Nel sistema comunista questo si farà con 800 operai, che guadagneranno ugualmente 1.000.

(non ho considerato il capitale utile all'industria stessa, che comunque una volta potremmo considerare incluso in quello dell'unico proprietario, l'altro in quello dei singoli operai, essendo loro stessi, mediante lo stato, proprietari della propria industria in collettività)

In entrambi i sistemi l'operaio medio guadagna 1.000.
L'unica differenza è che nel sistema comunista ci sarà meno disoccupazione e più denaro in circolazione, visto che è più probabile che 800 persone spendano quasi l'intero capitale per qualcosa, piuttosto che un singolo lo sprechi per le sue (per quanto dispersive) esigenze.
Insomma, per dirla con un esempio banalissimo, se ho 20 miliardi di € oppure 20.000€ le cose che posso comprare per vivere normalmente sono le stesse, con la sola differenza che con 20 miliardi finirò coll'ordinare acqua da bere da Israele.

Il problema sorge di fronte alla semplice constatazione che col tempo vi è una crescente presa di consapevolezza sociale da parte dell'uomo, inteso come collettività, che via via comincia a reputare sempre più stretto il 1.000 che guadagna. Il signorotto capitalista allora, a fronte di una sempre più costosa forza lavoro, deve rivolgersi verso l'esterno, investendo nello sfruttamento delle risorse di paesi socialmente ed economicamente più deboli. Questo sfruttamento si può ottenere mediante la guerra (anche ottimo deterrente sociale interno), oppure finanziamenti alla stessa, soprattutto laddove vi sia la possibilità di ottenerlo facilmente e l'opposizione è relativamente debole.
Il sistema comunista non necessità di questo principio per il semplice paradigma che disponendo tutti di un guadagno mediamente comparabile, nessuno percepirà malessere in base alla differenza sociale.

Ehi, ma il tizio che l'azienda l'ha fondata (o ha dato l'idea allo stato) non prende nulla? :D
Imho per garantire una giustizia sociale e' necessaria una meritocrazia, che pero' causa differenza sociale. Ergo una differenza sociale,seppur minima, e' necessaria qualunque sia una societa'.
Altro appunto: l'imprenditore non e' cattivo per definizione. Un bravo imprenditore cercherebbe un equilibrio tra avere un profitto personale, avere soldi per investire e espandere l'azienda, e una paga decente per l'operaio Un operaio sicuro dal punto di vista economico produce di piu' di un operaio disperato.

Fritz!
09-03-2009, 16:14
Mi sono espresso male io.



Non sto parlando della possibilità di far fronte ad un problema: è ovvio che una carestia è meno gestibile di una crisi da sovrapproduzione, ma almeno le sue cause sono naturali.


dai non cadere pure te nel giusnaturalismo :asd: Anche perché dalle carestie alle pestilenze il peso dell'intervento umano (guerra ad es.) é molto rilevante.

Senza tra l'altro dimenticare che fenomeni come l'impoverimento dei terreni agricoli hanno cause umane e un loro impatto decisivo nel'aggravre fenomeni di crisi alimentari.

Secondo alcuni storici le gravi crisi di carestie che hanno determinato la scomparsa di alcune civiltà (tipo i Maya) sono alla base derivanti da cattive scelte umane. Cattive scelte che hanno trasformato problemi "naturali" in ecatombe
(http://en.wikipedia.org/wiki/Collapse_(book))

Le crisi da sovrapproduzione invece non sono naturali: sono una conseguenza di una specifica organizzazione, che è il mercato. Non sono costretto a subirla come un evento naturale, posso cercare di farvi fronte.
Per me ci si fa fronte con l'abolizione della proprietà privata dei mezzi di produzione, per te (verosimilmente) non sarà necessario e indicherai altri metodi su cui si può discutere.
Ciò che non accetto è l'idea secondo cui la crisi da sovrapproduzione è una necessità.




Marx non aveva ancora visto lo sviluppo del capitalismo in imperialismo.
Non si dice che é una necessità. Al massimo una inevitabilità. E si ritorna al problema delle capacità di previsione, che tu affianchi alla collettivizzazione. Di cui si é già parlato cmq.

gugoXX
09-03-2009, 16:18
Dimostra che è errato e ne sarò contento, asserirlo ex-cathedra non serve a molto. :D

Per esempio qui
Nel sistema capitalista l'industria farà questa somma con 80 operai, che dovrebbero guadagnare 10.000, ma prendono mille, siccome 720.000 vanno in mano al proprietario.
Il regime di ridistribuzione delle grandi aziende degli stati capitalistici e' per il 95% del ricavo sui costi, i quali sono come noto praticamente tutti stipendi.
Es: Fiat 2008
Su un ricavo di quasi 60 miliardi di euro, i dividendi per le azioni (il padrone) sono stati 500 milioni. (meno del 1%)
http://analisifondamentale.investireoggi.it/files/2008/10/fiat.JPG

Fritz!
09-03-2009, 16:18
:confused:

che cosa vorresti dire?

Che qualcuno deve pagare per la costruzione di una fabbrica. E che queste risorse le metta lo stato o un privato, rimane sempre il problema di ripagare questi costi. E rimane il problema ben piu grosso di determinare se il valore aggiunto, creato da questa fabbrica sia sufficiente o se non fosse preferibile utilizzare queste risorse per costruire invece, chessò, una scuola o una piscina o un cinema.

La pretesa di non tenere in conto il costo del capitale piu che comunista é assurda.

nomeutente
09-03-2009, 16:23
dai non cadere pure te nel giusnaturalismo :asd: Anche perché dalle carestie alle pestilenze il peso dell'intervento umano (guerra ad es.) é molto rilevante.


Hai ragione: sono stato semplicista io.
Allora diciamo che la carestia è causata da un meteorite che colpisce le coltivazioni: così è naturale, ok? :D



Non si dice che é una necessità. Al massimo una inevitabilità. E si ritorna al problema delle capacità di previsione, che tu affianchi alla collettivizzazione. Di cui si é già parlato cmq.


Non è solo una questione di capacità di previsione, ma anche di gestione.
Anche ammesso che le previsioni non si possano fare (cosa su cui abbiamo già discusso), nell'economia collettivista si può far fronte ad una crisi da sovraproduzione allocando le risorse in un altro modo o, al limite, diminuendo l'orario di lavoro.
Il capitalismo non è in grado di operare questa razionalizzazione in maniera cosciente e deve "bruciare" alla cieca una quantità di risorse verosimilmente anche molto superiore rispetto al "necessario".

Hactor
09-03-2009, 16:25
Ehi, ma il tizio che l'azienda l'ha fondata (o ha dato l'idea allo stato) non prende nulla? :D
Imho per garantire una giustizia sociale e' necessaria una meritocrazia, che pero' causa differenza sociale. Ergo una differenza sociale,seppur minima, e' necessaria qualunque sia una societa'.

La meritocrazia si riflette anche sull'operaio che lavora, visto che senza di lui l'azienda non andrebbe lontano. Anche nel comunismo ci sarà chi prenderà un po' di più di altri, ma sarà comunque una retribuzione equa rispetto alle sue prestazioni dirette.
E' giusto che un medico guadagni più di uno spazzino, ma non perché il medico sia migliore dello spazzino, bensì perché il primo per arrivare al posto dove si trova ha dovuto investire anni di studio e sacrificio, mentre l'altro no.


Altro appunto: l'imprenditore non e' cattivo per definizione. Un bravo imprenditore cercherebbe un equilibrio tra avere un profitto personale, avere soldi per investire e espandere l'azienda, e una paga decente per l'operaio Un operaio sicuro dal punto di vista economico produce di piu' di un operaio disperato.

Non l'ho mai affermato, lavoro per un'azienda che si interessa molto al fattore sociale e francamente mi sento ottimamente retribuito, oltre al fatto che ci vengono procurate automobili (date in dotazione quelle aziendali), sconti presso attività ricreative, posti di villeggiatura e via discorrendo.

Hactor
09-03-2009, 16:34
Per esempio qui

Il regime di ridistribuzione delle grandi aziende degli stati capitalistici e' per il 95% del ricavo sui costi, i quali sono come noto praticamente tutti stipendi.
Es: Fiat 2008
Su un ricavo di quasi 60 miliardi di euro, i dividendi per le azioni (il padrone) sono stati 500 milioni. (meno del 1%)
http://analisifondamentale.investireoggi.it/files/2008/10/fiat.JPG

Il mio era un esempio sui generis, non volevo entrare in merito ai fattori economici specifici, come ho già ben detto.
Se ne dovrebbe cogliere l'essenza, ovvero che una quota di capitale viene distribuita in maniera poco equa, non il contorno che poco importa.

Che qualcuno deve pagare per la costruzione di una fabbrica. E che queste risorse le metta lo stato o un privato, rimane sempre il problema di ripagare questi costi. E rimane il problema ben piu grosso di determinare se il valore aggiunto, creato da questa fabbrica sia sufficiente o se non fosse preferibile utilizzare queste risorse per costruire invece, chessò, una scuola o una piscina o un cinema.

La pretesa di non tenere in conto il costo del capitale piu che comunista é assurda.

Idem con patatine per te, come ho già detto sopra.

ConteZero
09-03-2009, 16:35
Ma non ce lo stiamo filando neppure adesso. E' proprio dalla crisi del '29 che gli stati hanno imparato che lasciare fallire le banche e' peggio, e che gli interventi dello stato in alcuni settori dell'economia sono utilizzati da tutte le nazioni, anche USA e UK, storicamente patria del liberalismo e capitalismo.
Gia' nel 1935 si diceva che si sarebbe potuto evitare molto se gli USA fossero entrati direttamente come stato nella proprieta' delle banche fallite, e ci si era ripromessi di farlo qualora le condizioni si fossero ripetute di nuovo, cosa che sta puntualmente avvenendo oggi. Niente di buio, tutto gia' noto.

Ma questa crisi non è figlia del "mercato controllato", anzi.
E'figlia di tanti mercati (quello dei subprime e quello dei derivati in primis) non regolamentati, ed ancora ci sono aspetti "scabrosi" che devono venire alla luce (le "debt card").

E la colpa è di chi, vedendo "nuove economie" che decollavano come razzi ha pensato di godersi il momento anziché andare a vedere su cosa si basavano e cos'effettivamente erano.

nomeutente
09-03-2009, 16:41
Per esempio qui

Il regime di ridistribuzione delle grandi aziende degli stati capitalistici e' per il 95% del ricavo sui costi, i quali sono come noto praticamente tutti stipendi.
Es: Fiat 2008
Su un ricavo di quasi 60 miliardi di euro, i dividendi per le azioni (il padrone) sono stati 500 milioni. (meno del 1%)
http://analisifondamentale.investireoggi.it/files/2008/10/fiat.JPG


Non so quanto possa servire un singolo dato riferito ad una singola impresa (anche perché bisogna vedere se ci sono consociate, holding ecc.).

I dati aggregati mostrano chiaramente che il reddito non è equamente diviso (e mi pare strano doverlo dimostrare :mbe:): http://www.istat.it/salastampa/comunicati/non_calendario/20080117_01/testointegrale20080117.pdf

A pagina 3 puoi vedere come la campana sia spostata a sinistra e come la mediana sia inferiore alla media.

E stiamo parlando comunque di un paese del g8... la cosa si fa ancora più interessante se consultiamo i dati relativi al mondo:

http://it.wikipedia.org/wiki/Coefficiente_di_Gini
http://www.wider.unu.edu/publications/working-papers/discussion-papers/2008/en_GB/dp2008-03/_files/78918010772127840/default/dp2008-03.pdf

Fritz!
09-03-2009, 16:43
Hai ragione: sono stato semplicista io.
Allora diciamo che la carestia è causata da un meteorite che colpisce le coltivazioni: così è naturale, ok? :D




Non è solo una questione di capacità di previsione, ma anche di gestione.
Anche ammesso che le previsioni non si possano fare (cosa su cui abbiamo già discusso), nell'economia collettivista si può far fronte ad una crisi da sovraproduzione allocando le risorse in un altro modo o, al limite, diminuendo l'orario di lavoro.
Il capitalismo non è in grado di operare questa razionalizzazione in maniera cosciente e deve "bruciare" alla cieca una quantità di risorse verosimilmente anche molto superiore rispetto al "necessario".
A me non pare che sia cosi rilevante questa distinzione tra naturale ed artificiale. Che sian gli emiri che chiudono i rubinetti del petrolio o un eruzione vulcanica, sempre di schock esterni si tratta.

E non vale piu di tanto l'obiezione che uno shock esterno in quanto di origine umana, può essere evitato. Perché anche molti disastri naturali possono essere evitati, se non nella loro apparizione, di certo nei loro effetti. Si possono mettere in campo misure e strumenti per prevenire i danni di una grandinata sulle vigne, si possono sviluppare strumenti di controllo medico per impedire che l'apparizione di un virus si trasformi in una pestilenza o che delle piogge torrenziali risultino in allagamenti devastanti.

Quindi non vedo l'utilità di fare queste distinzioni tra uno shock naturale o uno artificiale

gugoXX
09-03-2009, 16:53
Non so quanto possa servire un singolo dato riferito ad una singola impresa (anche perché bisogna vedere se ci sono consociate, holding ecc.).

I dati aggregati mostrano chiaramente che il reddito non è equamente diviso (e mi pare strano doverlo dimostrare :mbe:): http://www.istat.it/salastampa/comunicati/non_calendario/20080117_01/testointegrale20080117.pdf

A pagina 3 puoi vedere come la campana sia spostata a sinistra e come la mediana sia inferiore alla media.

E stiamo parlando comunque di un paese del g8... la cosa si fa ancora più interessante se consultiamo i dati relativi al mondo:

http://it.wikipedia.org/wiki/Coefficiente_di_Gini
http://www.wider.unu.edu/publications/working-papers/discussion-papers/2008/en_GB/dp2008-03/_files/78918010772127840/default/dp2008-03.pdf

Ma dove starebbe scritto che un appiattimento della curva sarebbe giusto?
E poi non e' che il regime liberalista non da la possibilita' a tutti di di eccellere, anzi. Liberté, égalité, fraternité.
Semplicemente chi piu' fa, chi piu' ha idee, chi piu' e' utile, meglio ce la fa.
Se poi si prende come esempio le democrazie capitalistiche sociali come la nostra, dove comunque un minimo di sussitenza ce l'hanno tutti, ma dove chi vuole puo' eccellere, cosa c'e' che non piace?

Vedi comunque che alla fine si va sempre a vedere i confronti della campana con gli altri e la teoria dell'invidia non e' campata in aria?
Poco importa se la media e' ben al di sopra cio' che puo' essere considerato sufficiente per una vita decorosa.
Quello che "Rode" e' che ci sia qualcuno di piu' ricco. Indipendentemente da perche' o percome lo e'.

Fritz!
09-03-2009, 16:58
Il mio era un esempio sui generis, non volevo entrare in merito ai fattori economici specifici, come ho già ben detto.
Se ne dovrebbe cogliere l'essenza, ovvero che una quota di capitale viene distribuita in maniera poco equa, non il contorno che poco importa.



Idem con patatine per te, come ho già detto sopra.

Puoi limitarti all'essenza, ma dovresti comunque evitare di mischiare cose molto diverse tra di loro.

Se parli di utili d'azienda e di loro ripartizione, non stai parlando di "distribuzione del capitale" ma di distribuzione del profitto, che altro non é che la traduzione monetaria del valore aggiunto creato dalla attività di impresa.

Col comunismo c'é ben poco capitale da distribuire visto che lo stesso appartiene allo Stato (o alla collettività) ma questo non garantisce che gli operai abbiano una fetta maggiore sul valore aggiunto creato.

Perché magari lo Stato si incamera quasi tutto. O magari perché la produzione collettiva produce talmente poco valore aggiunto che non c'é molto da distribuire.

Megio avere il 50% di 10 o il 5% di 1000?

Hactor
09-03-2009, 17:06
E poi non e' che il regime liberalista non da la possibilita' a tutti di di eccellere, anzi. Liberté, égalité, fraternité.
Semplicemente chi piu' fa, chi piu' ha idee, chi piu' e' utile, meglio ce la fa.
Se poi si prende come esempio le democrazie capitalistiche sociali come la nostra, dove comunque un minimo di sussitenza ce l'hanno tutti, ma dove chi vuole puo' eccellere, cosa c'e' che non piace?

Questo è profondamente sbagliato e una visione illusoria (effettivamente è importante che si creda che sia così), perché non è vero né che tutti ce la possono ugualmente fare, né che se ognuno potesse farcela ugualmente tutti potrebbero arrivarvi.
Per tutti i motivi elencati sopra, perché deve esistere un qualcuno che sarà sfruttato. Per dirla parafrasando qualche citazione: in un mondo di soli imprenditori la gente morirebbe d'infezione da cornetta del telefono. :asd:

Piuttosto è vero nel comunismo.
Dove tutti hanno effettivamente le stesse possibilità: avere una casa, diritto allo studio, la sanità, il lavoro e via discorrendo.



Col comunismo c'é ben poco capitale da distribuire visto che lo stesso appartiene allo Stato (o alla collettività)

Inutile arrampicarsi sugli specchi, è chiaro quello che volevo dire.
Se vogliamo essere pedanti il capitale appartiene comunque agli operai dell'azienda, che esercitano a tutti gli effetti l'appartenenza da parte dello Stato. Visto che nel comunismo si può dire che davvero "lo Stato siamo noi".

Fritz!
09-03-2009, 17:10
Inutile arrampicarsi sugli specchi, è chiaro quello che volevo dire.
Se vogliamo essere pedanti il capitale appartiene comunque agli operai dell'azienda, che esercitano a tutti gli effetti l'appartenenza da parte dello Stato. Visto che nel comunismo si può dire che davvero "lo Stato siamo noi".

Non é arrampicarsi sugli specchi.

Se per te tutto si limita al problema della distribuzione della ricchezza, tralasciano in modo assoluto il problema della creazione di ricchezza finisci inevitabilmente a scrivere castelli per aria senza fondamento.

PS
Non é lontanamente la stessa cosa dire che la fabbrica appartiene agli operai o che appartiene a tutti i cittadini.

MARCA
09-03-2009, 17:27
assolutamente falso, vedesi per l'ennesima volta il caso dell'ex-Jugoslavia.Cos'è vuoi affemare che sotto Tito si viveva bene?????
No dico, le foibe le hai mai sentite nominare?????

Sui diritti inalienabili potrei avere molto da ridire, basti vedere il recente caso Englaro, i fatti di Genova del G8 oppure il fatto che il nostro presidente del consiglio non possa essere messo sotto processo.
Se questa è democrazia...
Questa è democrazia si.
"La democrazia è la peggior forma di governo, ma la migliore che abbiamo"(W.C.)


La ciclicità delle crisi economiche del capitalismo prevista da Marx è oggi accettata e condivisa dalla maggior parte degli economisti ed individuata a periodi di 70 anni circa. Basta seguire un qualsiasi corso di Economia I all'università, per rendersene conto.Marx ha previsto i sub prime, come no!!! :asd: :asd: :asd:

nomeutente
09-03-2009, 17:34
Quindi non vedo l'utilità di fare queste distinzioni tra uno shock naturale o uno artificiale


Allora diciamo meglio: parliamo di distinzioni fra uno shock reale e uno shock finanziario.
Un conto è se viene distrutta una fabbrica, se c'è una moria di operai per via del vaiolo o se finisce il petrolio.
Un conto è se abbiamo drogato l'economia con il mercato dei prestiti e ad un certo punto ci si rende conto che non ci sono i soldi per pagare le cose che abbiamo prodotto. Le cose ci sono, in questo secondo caso: siamo in grado di produrle, abbiamo le fabbriche, abbiamo le materie prime e abbiamo la forza lavoro. Le ragioni per cui oggi dobbiamo produrre meno di ieri (e dobbiamo licenziare persone, rovinando intere famiglie) non dipendono da un vincolo tecnico insormontabile, ma da uno dei meccanismi di funzionamento dell'economia di mercato.



Ma dove starebbe scritto che un appiattimento della curva sarebbe giusto?


E dove è scritto che sarebbe sbagliato?

Il problema non è se è giusto o sbagliato, ma è se il capitalismo si fonda su un'equa ripartizione delle ricchezze o no.
I dati mostrano di no... poi a te può andar bene così (non discuto le tue opinioni) ma dire che nel capitalismo un imprenditore guadagna tanto quanto un operaio (come hai sostenuto, mi pare, prima) mi sembra un'assurdità. Se poi ho capito male io, allora ti chiedo scusa.


E poi non e' che il regime liberalista non da la possibilita' a tutti di di eccellere, anzi. Liberté, égalité, fraternité.
Semplicemente chi piu' fa, chi piu' ha idee, chi piu' e' utile, meglio ce la fa.
Se poi si prende come esempio le democrazie capitalistiche sociali come la nostra, dove comunque un minimo di sussitenza ce l'hanno tutti, ma dove chi vuole puo' eccellere, cosa c'e' che non piace?


Il capitalismo si fonda anche sull'ineguale sviluppo (ne ho parlato con Banus in questo stesso thread, se hai voglia di cercarlo).


Vedi comunque che alla fine si va sempre a vedere i confronti della campana con gli altri e la teoria dell'invidia non e' campata in aria?


Io trovo seccante anche che ci sia chi muore di fame e capisco se prova invidia nei confronti di un occidentale.
Non è una questione di egoismo, anche se sarei più contento in un'economia non soggetta a crisi da sovrapproduzione, in cui mi sentirei più tranquillo.
E mi accontenterei di poco, te lo assicuro, visto che l'accumulazione di ricchezza non rientra fra i miei obiettivi principali. ;)



Poco importa se la media e' ben al di sopra cio' che puo' essere considerato sufficiente per una vita decorosa.


Per molti uomini non è così.


Quello che "Rode" e' che ci sia qualcuno di piu' ricco. Indipendentemente da perche' o percome lo e'.


Al contrario: se uno è ricco perché è bravo, tanto di cappello.
Ma siccome (si vedano le prime pagine del thread, visto che siamo partiti da questo punto) le differenze di classe sono ereditarie, non resta che accertare che chi è ricco non lo è sempre per meriti propri.

Ma non è una questione di chi è ricco o chi è povero... non è una questione etica. E' una questione di efficienza: io aspiro ad un'economia collettivista perché ritengo che sarebbe più ordinata rispetto a quella capitalista. Di conseguenza, sarebbe anche imho più giusta, ma questa è una semplice conseguenza e non un fine ideale.

ConteZero
09-03-2009, 17:36
Ma dove starebbe scritto che un appiattimento della curva sarebbe giusto?
E poi non e' che il regime liberalista non da la possibilita' a tutti di di eccellere, anzi. Liberté, égalité, fraternité.
Semplicemente chi piu' fa, chi piu' ha idee, chi piu' e' utile, meglio ce la fa.
Se poi si prende come esempio le democrazie capitalistiche sociali come la nostra, dove comunque un minimo di sussitenza ce l'hanno tutti, ma dove chi vuole puo' eccellere, cosa c'e' che non piace?

Vedi comunque che alla fine si va sempre a vedere i confronti della campana con gli altri e la teoria dell'invidia non e' campata in aria?
Poco importa se la media e' ben al di sopra cio' che puo' essere considerato sufficiente per una vita decorosa.
Quello che "Rode" e' che ci sia qualcuno di piu' ricco. Indipendentemente da perche' o percome lo e'.

Infatti Paris Hilton ha più ricchezza perché eccelle.
E non è questione di "ma chi c'era prima di lei ha potuto darle" perché pur continuando a fare quel che fa adesso (ovvero rendersi ridicola) continua comunque a "guadagnare" mille volte più di quanto guadagna un padre di famiglia che si rompe il culo quotidianamente in fabbrica.

gugoXX
09-03-2009, 17:50
E dove è scritto che sarebbe sbagliato?

Il problema non è se è giusto o sbagliato, ma è se il capitalismo si fonda su un'equa ripartizione delle ricchezze o no.
I dati mostrano di no... poi a te può andar bene così (non discuto le tue opinioni) ma dire che nel capitalismo un imprenditore guadagna tanto quanto un operaio (come hai sostenuto, mi pare, prima) mi sembra un'assurdità. Se poi ho capito male io, allora ti chiedo scusa.

Ma no, non ho detto cosi' certo. Ho sostenuto che non e' vero che lo stipendio del padrone e' una fetta consistente del ricavo aziendale.
In quanto a stipendi la grossa azienda privata delle societa' capitalistiche occidentali non si discosta molto da un'analoga in regime comunista.
E quando si addita al padrone ladrone si fa piu' un discorso populista da sindacato piuttosto che a un ragionamento con veri contenuti.
Per il resto un equa ripartizione a priori non la vedo corretta. La ripartizione in base ai meriti del singolo invece si'.

Io trovo seccante anche che ci sia chi muore di fame e capisco se prova invidia nei confronti di un occidentale.
Non è una questione di egoismo, anche se sarei più contento in un'economia non soggetta a crisi da sovrapproduzione, in cui mi sentirei più tranquillo.
E mi accontenterei di poco, te lo assicuro, visto che l'accumulazione di ricchezza non rientra fra i miei obiettivi principali.
Chiaro, proprio per questo il capitalismo puro e' stato abbandonato anche qui dove e' stato inventato. Un capitalismo sociale con interventi dello stato nei servizi principali.
Nessuno deve arrivare al punto di morire di fame.
Anche qui in UK la casa e' garantita a tutti, c'e' uno stipendio di disoccupazione (piu' ragionevole di quello proposto dal nuovo DS), sanita' e istruzione.
Se ti accontenti non fai una brutta vita. Ma se vuoi fare di piu' hai spazio e puoi averne soddisfazioni.
Se poi sei acnhe un po' lungimirante, allora lavori anche solo per ripararti dai problemi di madre natura. O vogliamo a tutti i costi far ricadere sulla collettivita' il mio lassismo?
L'istruzione e' obbligatoria, l'ignoranza non e' giustificata.

Comunque la teoria dell'invidia e' a priori, indipendentemente da dove e' situata la media, anche se piu' che soddisfacente per i canoni degli ultimi 5000 anni.
La maggior parte delle persone e' (per me) invidiosa a priori, e cerca di raggiungere il massimo beneficio con il minimo sforzo. Anche se in altri tempi potrebbe considerare la propria condizione piu' che soddisfacente. Il problema e' che il vicino ha la Lybra, e la mia Fiat Uno mi rode. Altro che morire di fame.
Leggevo i possedimenti di un re del medioevo qui in Inghilterra. Qualche posata in ferro, un porcile con i maiali, una casa in mattoni con tetto di paglia... e di sicuro non invidiava nessuno essendo il re. La maggior parte degli Italiani vive di gran lunga meglio di come viveva quel re. Eppero' c'e' l'invidia.

Infatti Paris Hilton ha più ricchezza perché eccelle.
E non è questione di "ma chi c'era prima di lei ha potuto darle" perché pur continuando a fare quel che fa adesso (ovvero rendersi ridicola) continua comunque a "guadagnare" mille volte più di quanto guadagna un padre di famiglia che si rompe il culo quotidianamente in fabbrica.

Paris Hilton e' ricca per i meriti del nonno.
Permettiamo che il nonno, meritevole, possa avere deciso come bruciare o come regalare il frutto del proprio lavoro come meglio crede? Oppure vietiamo anche i regali?

Ci sono beni per i quali si lavora una vita, con lo scopo di vedere anche felici i figli, le persone cui si tiene di piu'. La casa e' uno di questi, ma anche l'impresa di famiglia.
Altrimenti in una pura ottica di tabula rasa, l'imprenditore inziera' a succhiare invece che dare all'azienda arrivato ad una certa eta', con evidente effetto controproducente.

Hactor
09-03-2009, 17:53
Cos'è vuoi affemare che sotto Tito si viveva bene?????
No dico, le foibe le hai mai sentite nominare?????

Le foibe furono un fatto strettamente connesso al momento della guerra ed i colpevoli vennero processati dallo stesso stato jugoslavo. Dunque l'argomentazione non sussiste e trovo ridicolo il revisionismo storico neo-fascista propugnato dal governo Berlusconi-Fini, ancor più che se così non fosse lo stesso Tito non avrebbe ricevuto riconoscimenti da ogni parte del mondo, accumulando oltre 50 massime onorificenze da innumerevoli stati, tra cui l'Italia stessa.

torrent
09-03-2009, 17:58
Ma ancora a dissertare su sto catsocomunismo??
Eventualmente ognuno avrebbe diritto a qualche mq di terra.
Io desidero solo esser lasciato in pace nel mio orticello dove nessuno deve rompermi il pistillo, se voglio zappare magnio se voglio sognare dormo. E se mi va di restare sotto la pioggia lo faccio e se mi va di marcire lo faccio e se mi va di condividere due fagioli lo faccio...
Sti cazzo di nazocomunisti che vogliono organizzare il mondo hanno solo rotto gli zebedeij. :D

Hactor
09-03-2009, 19:17
Ci sono beni per i quali si lavora una vita, con lo scopo di vedere anche felici i figli, le persone cui si tiene di piu'. La casa e' uno di questi, ma anche l'impresa di famiglia.
Altrimenti in una pura ottica di tabula rasa, l'imprenditore inziera' a succhiare invece che dare all'azienda arrivato ad una certa eta', con evidente effetto controproducente.

Riuscire a mantenere e far prosperare un sistema comunista dovrebbe essere uno di questi beni, perché si avrà la certezza che un giorno i propri figli avranno così una casa garantita, l'istruzione per i propri nipoti, la sanità e soprattutto un lavoro dignitoso, garantendo inoltre molto meno egoisticamente il prosperare di un'intera società e il benessere di tutti.
Inoltre il comunismo non significa povertà o vivere spartano, ma semplicemente una vita dignitosa per tutti, anche nel benessere. Perché certi ricchi, come Paris Hilton, con tutti i loro soldi conducono una vita tutt'altro che dignitosa e umanamente apprezzabile.


Ma ancora a dissertare su sto catsocomunismo??
Eventualmente ognuno avrebbe diritto a qualche mq di terra.
Io desidero solo esser lasciato in pace nel mio orticello dove nessuno deve rompermi il pistillo, se voglio zappare magnio se voglio sognare dormo. E se mi va di restare sotto la pioggia lo faccio e se mi va di marcire lo faccio e se mi va di condividere due fagioli lo faccio...
Sti cazzo di nazocomunisti che vogliono organizzare il mondo hanno solo rotto gli zebedeij. :D

il tuo è un desiderio giusto, ma se tutti l'avessero vista in modo così bucolico oggi staremmo ancora qui a pregare per non morire di peste e ciò non dipende dal comunismo in se.

nomeutente
10-03-2009, 09:20
Ma no, non ho detto cosi' certo. Ho sostenuto che non e' vero che lo stipendio del padrone e' una fetta consistente del ricavo aziendale.


Nelle varie aziende ci può essere estrema variabilità: ci sono anche aziende in cui il proprietario ha un reddito di poco superiore a quello dei suoi operai, così come ci sono le ditte individuali, in cui il profitto è il 100% del ricavo, ma non è una gran quantità.

Devi vedere i dati aggregati:
http://www.repubblica.it/2008/05/sezioni/economia/declino-stipendi/declino-stipendi/declino-stipendi.html

Dagli anni 50 fino al 1983, il pil veniva diviso 3/4 ai salari e 1/4 ai profitti, poi si arriva quasi a proporzioni 2/3 e 1/3.

Non solo il profitto e la parte preponderante (ovviamente pro-capite, non intermini assoluti), ma dagli anni 90 ad oggi ha ulteriormente eroso i redditi da lavoro.


In quanto a stipendi la grossa azienda privata delle societa' capitalistiche occidentali non si discosta molto da un'analoga in regime comunista.


Infatti i regimi dell'est non erano egualitari come ci si attenderebbe da un regime comunista, ma erano fortemente sbilanciati: i burocrati erano i capitalisti dell'est, con tutti i privilegi che ne conseguono.



E quando si addita al padrone ladrone si fa piu' un discorso populista da sindacato piuttosto che a un ragionamento con veri contenuti.
Per il resto un equa ripartizione a priori non la vedo corretta. La ripartizione in base ai meriti del singolo invece si'.


Non si tratta di additare la "ladrata" (che comunque qualcuno compie, ogni tanto) ma di comprendere che il ricavato della produzione viene ripartito fra lavoro e capitale e quindi è ineludibile uno scontro fra le due componenti: come detto sopra, dall'85 ad oggi i salari hanno perso 8 punti percentuali sul pil rispetto ai profitti: non è un furto nel senso legale del termine, ma è comunque il segno che i proprietari hanno incamerato, proporzionalmente, molto più dei lavoratori. Sulla base di quale merito?

E qui si viene al discorso del "merito", che non si riesce mai a mettere da parte anche se è già stato ampiamente dimostrato che è una pia illusione.
Nel mercato capitalista può esserci competizione di merito solo fra affini: un operaio può compete con un altro operaio per avere più salario a cottimo, uno studente può competere con un altro studente per avere una borsa di studio, un imprenditore può competere con un altro imprenditore per avere la maggiore quota di mercato ecc. ecc. Ma non esiste possibilità di competizione meritocratica fra il figlio di un disgraziato del Bronx e il figlio di un ricco imprenditore: le posizioni di partenza sono diverse, il gioco è truccato.
Le differenze di classe sono in larga misura ereditarie e la mobilità sociale è molto più scarsa di quanto non si pensi.

In Italia, siamo sostanzialmente fermi. Si può leggere in merito l'interessante saggio di Maurizio Pisati "La mobilità sociale", basato sui dati istat.
Un passaggio significativo:
"Tutti questi dati mostrano chiaramente che in Italia le opportunità di mobilità sociale sono distribuite in modo diseguale e dipendono in misura significativa dalla classe di origine. Per fare un solo esempio, possiamo vedere che essere figlio di un medico (cioé avere un origine borghese) oppure di un tornitore (cioé provenire dalla classe operaia urbana) non è la stessa cosa: le probabilità di diventare libero professionista, imprenditore o dirigente - cioé di accedere alle posizioni di vertice della gerarchia sociale - nel primo caso sono relativamente alte (31,2%), mentre nel secondo sono decisamente basse (5,1%). I figli della borghesia sono in netto vantaggio sui figli degli operai dell'industria e dei servizi anche nella competizione per l'accesso alla classe media impiegatizia (45,3% contro 30,2%)."

A questo punto, mi aspetto l'obiezione "ma negli Usa c'è molta più mobilità sociale".

Ribatto sotto due profili.

Prima di tutto, negli Usa c'è anche una maggiore sperequazione: non solo la quota di pil spettante ai profitti è relativamente elevata, ma anche fra i salari ci sono differenze molto più spiccate che in Europa.
Ragionare solo in termini di passaggio da un percentile di reddito ad un altro, non dice molto, se non quantifichiamo in maniera precisa.
Sembrerebbe, ad una prima analisi, che gli stati più egualitari abbiano meno mobilità sociale mentre quelli meno egualitari ne abbiano di più: questo è evidentemente tautologico. Se ci sono "neri" e "bianchi", la possibilità di movimento è data solo da nero->bianco o bianco->nero, mentre se ci sono neri, bianchi, verdi, gialli, fucsia e arancioni, le possibilità di movimento da uno stato all'altro sono superiori. Ecco svelata la ragione della mobilità sociale statunitense: sono semplicemente un paese con molte più diseguaglianze rispetto alla media dei paesi europei.

Ma c'è una seconda obiezione da muovere: non tutti gli analisti concordano con questa tesi.
Se ti prendi i dati di Solon, Corak, Piraino e Mocetti, vedrai che i dati inerenti la mobilità sociale intergenerazionale (con riferimento al reddito) sono molto diversi da quelli attesi: gli Usa, con un Beta 0,47, so collocano fra la Francia (0,41) e l'Inghilterra (0,50). Canada, Finlandia, Svezia e Danimarca sono invece sotto lo 0,19. L'Italia è a 0.51 e il Brasile a 0.69.

Sembrerebbe che le società più egualitarie, come quella canadese o del nord Europa, garantiscano anche una maggiore mobilità sociale intergenerazionale.


Per concludere, questo mito della fluidità sociale legata al merito è, appunto, un mito: non resta che prendere atto della realtà delle cose e non parlarne più ;)



La maggior parte delle persone e' (per me) invidiosa a priori, e cerca di raggiungere il massimo beneficio con il minimo sforzo.


Questa non è invidia, è ottimizzazione.
Anche i capitalisti cercano di trarre il maggiore profitto con il minimo investimento. Non mi pare che possa essere data una qualificazione moralmente negativa ad un atteggiamento economicamente razionale.



Paris Hilton e' ricca per i meriti del nonno.
Permettiamo che il nonno, meritevole, possa avere deciso come bruciare o come regalare il frutto del proprio lavoro come meglio crede? Oppure vietiamo anche i regali?


L'importante è chiarire che i meriti e i demeriti non c'entrano una cippa, ma è tutta una questione di ereditarietà della posizione sociale. Chiarito questo, se a te va bene così io non ho problemi. Basta che non parli di "meritocrazia".



Ci sono beni per i quali si lavora una vita, con lo scopo di vedere anche felici i figli, le persone cui si tiene di piu'. La casa e' uno di questi, ma anche l'impresa di famiglia.
Altrimenti in una pura ottica di tabula rasa, l'imprenditore inziera' a succhiare invece che dare all'azienda arrivato ad una certa eta', con evidente effetto controproducente.


Obiezione priva di senso: nell'economia collettivista non esiste un imprenditore che possa portarsi nella tomba i soldi, perché la proprietà dei mezzi di produzione è di tutti, e il sig. "tutti" non muore mai.
Quindi l'economia collettivista non ha bisogno di tramandare le diseguaglianze di generazione in generazione.

MARCA
10-03-2009, 09:29
Le foibe furono un fatto strettamente connesso al momento della guerra ed i colpevoli vennero processati dallo stesso stato jugoslavo.
Linkami i processi che Tito fece ai colpevoli delle foibe!!!:read:
Inoltre la primavera croata è riconducibile anch'essa alla II guerra mondiale???

Dunque l'argomentazione non sussiste e trovo ridicolo il revisionismo storico neo-fascista propugnato dal governo Berlusconi-Fini, ancor più che se così non fosse lo stesso Tito non avrebbe ricevuto riconoscimenti da ogni parte del mondo, accumulando oltre 50 massime onorificenze da innumerevoli stati, tra cui l'Italia stessa.
Fino a prova contraria l'argomentazione è solida,
inoltre parlando di ex -jugoslavia si parla di una dittatura che per definizione quindi limita la libertà delle persone.
Se per te non esser liberi di parlare, di esser informati e di esercitare i più semplici diritti è cosa naturale vai in tibet, vivi la dittatura e poi vieni a parlare.
Il fatto che abbia ricevuto riconoscimenti non vuol dire assolutamente nulla, anche perchè vennero dati solamente per fare uno smacco a Stalin, comunque anche mussolini e Hitler li ebbero, quindi?Brave persone anche loro?

MARCA
10-03-2009, 09:38
Un marxista legge la crisi dei mutui come una conseguenza della necessità del capitalismo di vendere beni anche quando non c'è una reale capacità di consumo (tramite indebitamento) al fine di tamponare gli eccessi di sovrapproduzione.
Spiacente ma la capacità di consumo c'è visto che si produce e si vieni pagati, non siamo in deflazione.
Il problema non si è avuto per tamponare gli eccessi di produzione,
ma a causa dello speculazione che alcuni hanno fatto sottraendo risorse all'economia per trasferirle alla finanza.


Se tu queste cose non le sai, non ne hai alcuna colpa, ma prima di sparare sentenze a caso, converrebbe informarsi e cercare di capire perché altre persone hanno opinioni diverse dalle tue.

Nessuna sentenza a caso,
o forse marx conosceva nel 18°/19°secoli i prodotti finanziari ad alto rischio?
Siamo obbiettivi.
Questa è una crisi finanziaria che i teologi dei secoli precedenti neanche potevano immaginare che si formasse.

MARCA
10-03-2009, 10:08
Originariamente inviato da MARCA
Ma è un caso che i regimi comunisti siano falliti?

Il caso non esiste: ogni evento ha cause e conseguenze specifiche.
Il problema è capire quali sono le cause e quali sono le conseguenze, cosa che non sempre è facile.

Originariamente inviato da MARCA
E' un caso che dove dei partiti comunisti siano andati al potere si siano avute repressioni civili e sociali?
Non è che forse essendo nati nel sangue vedi rivoluzione di ottobre i principi comunisti non possono distaccarsi dalle loro violente origini?

No, non è un caso.
Spero di aver fatto corretti i quote :D
Tutto questo per dire in primis che leggo una tua contraddizione, in secondo rispondendo alla prima domanda secondo me la causa comune dei fallimenti è appunto il comunismo, la sua mentalità e poi successivamente la sua attuazione.


Come sapresti se avessi letto il thread, il marxismo non si propone come ricetta universalmente valida al fine di risolvere tutti i mali del mondo.
Il marxismo propone l'abolizione della proprietà privata come sistema per risolvere alcuni difetti del capitalismo nella sua fase avanzata.
Tutti i paesi che tu hai citato, nel momento in cui si è verificato l'evento rivoluzionario, non erano paesi capitalisti avanzati.


Il marxismo non è una teoria idealista ma materialista: la storia non si muove perché i comunisti vogliono che si muova, ma si muove perché le condizioni umane si evolvono a partire dalla base materiale e questo permette nuove e più avanzate forme di organizzazione sociale.
Quindi se il marxismo non è una ricetta universale,
se l'eliminazione della pp risolve alcuni difetti (ma ne fa sorgere ben altri, aggiungo io) perchè mai la si vuole riproporre visto che nel passato i benifici sono stati inferiori ai costi?


Prima di discuterne, però, occorre chiarire che i sistemi "non comunisti" non è che si siano imposti con i fiori.
La rivoluzione francese, quella americana, la guerra civile americana (per tacere del genocidio dei popoli autoctoni delle Americhe), il risorgimento, la guerra di liberazione (se ti va, l'esportazione della democrazia)... sono tutti passaggi storici fondamentali e sono passaggi in cui è sgorgato un mare di sangue.Più che dell'inizio io mi riferivo alla continuazione, nei sistemi comunisti da me citati è stata continua imposizione di principi.

Mi piace sta discussione, ma devo continuare dopo :)

nomeutente
10-03-2009, 10:50
Spiacente ma la capacità di consumo c'è visto che si produce e si vieni pagati, non siamo in deflazione.


Le famiglie americane erano, già da tempo, le più indebitate di tutti i paesi occidentali.
E sai bene che anche in Italia ci sono persone che esauriscono lo stipendio ben prima del 27 e devono fare affidamento sulla vendita a credito.


Il problema non si è avuto per tamponare gli eccessi di produzione,
ma a causa dello speculazione che alcuni hanno fatto sottraendo risorse all'economia per trasferirle alla finanza.


Le vendite a credito (indipendentemente dai sub prime) esistono per incentivare il consumo anche in assenza di una immediata capacità di spesa. Non mettiamoci a fare mirror climbing su questo fatto: se uno i soldi li ha, non compra a credito pagandoci sopra anche gli interessi; se fa un mutuo è perché i soldi non li ha.
I subprime, nello specifico, erano prodotti ad altissimo rischio, perché erano i mutui a cui si rivolgevano quelli che non avevano credito dagli altri istituti (perché già indebitati o insolventi, ad esempio).
Quindi i sub prime sono lo "stato dell'arte" dell'economia drogata con l'indebitamento, con tutti i problemi che questo comporta.

Le speculazioni finanziarie sono anch'esse una conseguenza della saturazione del mercato, con conseguente calo tendenziale del saggio del profitto indistriale, che rende maggiormente appetibile la speculazione rispetto all'investimento.


Nessuna sentenza a caso,
o forse marx conosceva nel 18°/19°secoli i prodotti finanziari ad alto rischio?
Siamo obbiettivi.
Questa è una crisi finanziaria che i teologi dei secoli precedenti neanche potevano immaginare che si formasse.


Ti è stato spiegato in maniera più che chiara quali sono le categorie analitiche che i marxisti applicano per spiegare una crisi come quella dei sub prime e quali sono gli elementi che erano prevedibili come linea di tendenza (pur in assenza di una certezza matematica che ovviamente non c'è mai).

E sottolineo (come ho già fatto in questo stesso thread, qualche pagina più indietro) che già tre anni fa, su questo stesso forum, parlando "della prossima crisi", citavo l'indebitamento delle famiglie americane e la saturazione del mercato automobilistico, che sono in effetti due dei pilastri della crisi attuale.

E sono solo un povero imbecille su un forum, non certo un grande economista: mi sono limitato ad applicare le categorie dell'analisi marxista e vedere quale risultato usciva.

Forse non sarò stato precisissimo, ma di certo la mia previsione era migliore di quelli che indicavano la vendita a credito come un elemento di modernità da sviluppare al più presto anche in Italia.

Se non vuoi prendere atto di ciò e preferisci continuare a pensare che la crisi sia stata un fulmine a ciel sereno, buon per te.




Tutto questo per dire in primis che leggo una tua contraddizione


Non capisco dove.



in secondo rispondendo alla prima domanda secondo me la causa comune dei fallimenti è appunto il comunismo, la sua mentalità e poi successivamente la sua attuazione.


E' una visione idealista che non tiene conto del contesto in cui le idee vengono applicate.
Il "comunismo" hanno cercato di realizzarlo solo in paesi molto arretrati economicamente e con una società molto poco sviluppata (priva di corpi intermedi, ad esempio). Questi elementi di arretratezza tu non li consideri, attribuisci tutte le responsabilità alle idee di quello che ha fatto la rivoluzione.
Se vuoi dimostrare la tua tesi, devi dimostrare che le condizioni specifiche in cui è stata adottata l'economia collettivista hanno avuto un impatto zero, o comunque limitato, sulla successiva evoluzione. Devi cioè dimostrare che l'applicazione di un qualsivoglia sistema in due contesti diversi conduce agli stessi risultati, cioè nel prevedere il risultato della sua applicazione possiamo prescindere dal contesto.
Auguri, che se ce la fai vinci il nobel. Ma forse è meglio se non perdi tempo a dimostrare l'impossibile e prendi subito atto che la tua è una tesi estremamente semplicistica.


Quindi se il marxismo non è una ricetta universale,
se l'eliminazione della pp risolve alcuni difetti (ma ne fa sorgere ben altri, aggiungo io) perchè mai la si vuole riproporre visto che nel passato i benifici sono stati inferiori ai costi?


Perché nel passato, come ho spiegato già in maniera abbastanza chiara, la ricetta non era adeguata alle condizioni in cui è stata applicata ed è per questo che non andava bene.



Più che dell'inizio io mi riferivo alla continuazione, nei sistemi comunisti da me citati è stata continua imposizione di principi.


Anch'io mi riferivo alla prosecuzione.



Mi piace sta discussione, ma devo continuare dopo :)


Sì, ma vediamo di non andare in loop.

Hactor
10-03-2009, 11:02
Linkami i processi che Tito fece ai colpevoli delle foibe!!!:read:

Nel 2004 venne istituita una commissione italo-croata per indagare sui fatti storici avvenuti nel periodo tra il 1943 e il 1945, dove vengono identificati i moti di violenza che portarono alle fosse comuni identificate nelle foibe.
Dopo due mesi di lavoro la commissione arrivò alla conclusione che delle 20 mila vittime solo 6 mila erano riconducibili a civili e gli altri erano militari.
Di questi venne stabilito che dai 652 ai 2.754 individui furono effettivamente vittime DOPO il '45. Venne inoltre appurato anche come dall'alto comando di Belgrado venne l'ordine di cessare con le violenze e di fermare il moto nazionalista sloveno, che fu il principale colpevole delle stragi presso i civili di parte italiana, e molti dei militari trovati nelle foibe furono proprio gli oppositori al Partito Comunista di Tito, che a loro volta avevano perpetuato le violenze sulla popolazione locale.

Poi però la commissione "sparì" e si tornò a parlare di 20 mila vittime senza alcuna documentazione concreta e solo fatti sommari ed esempi sui generis.

Insomma inutile intavolare ulteriormente argomenti sulla questione, ancor più che l'espatrio di italiani che seguì derivò dal fatto che il governo Italiano patteggiò con quello Jugoslavo le riparazioni di guerra sotto forma di confisca dei beni immobili e delle proprietà degli italiani insediatisi nel territorio jugoslavo durante il regime fascista.



Inoltre la primavera croata è riconducibile anch'essa alla II guerra mondiale???


cosa c'entra la primavera croata che è degli anni '70?


Fino a prova contraria l'argomentazione è solida,
inoltre parlando di ex -jugoslavia si parla di una dittatura che per definizione quindi limita la libertà delle persone.


l'unica limitazione effettiva della libertà alle persone era riconoscibile nella repressione di tutti i moti di stampo nazionalista che miravano a distruggere l'integrità del paese e che si è ben visto a cosa hanno portato nel '92. Al fronte delle conseguenze, col senno di poi, non è difficile ammettere che fossero giustificati. Sarebbe come dire che la repressione di moti fascisti, i processi alle brigate rosse e molto altro ancora (ben più discutibile e anti-demcoratico) che avvenne in Italia potesse bastare a classificare il governo della DC come una dittatura.


Se per te non esser liberi di parlare, di esser informati e di esercitare i più semplici diritti è cosa naturale vai in tibet, vivi la dittatura e poi vieni a parlare.



Come detto sopra. Decontestualizzare gli eventi e gli atti storici oltre ad essere inutile è anche pericoloso, perché si rischia di dar ragione a chi ha torto.

Fritz!
10-03-2009, 11:45
Allora diciamo meglio: parliamo di distinzioni fra uno shock reale e uno shock finanziario.
Un conto è se viene distrutta una fabbrica, se c'è una moria di operai per via del vaiolo o se finisce il petrolio.
Un conto è se abbiamo drogato l'economia con il mercato dei prestiti e ad un certo punto ci si rende conto che non ci sono i soldi per pagare le cose che abbiamo prodotto. Le cose ci sono, in questo secondo caso: siamo in grado di produrle, abbiamo le fabbriche, abbiamo le materie prime e abbiamo la forza lavoro. Le ragioni per cui oggi dobbiamo produrre meno di ieri (e dobbiamo licenziare persone, rovinando intere famiglie) non dipendono da un vincolo tecnico insormontabile, ma da uno dei meccanismi di funzionamento dell'economia di mercato.





Questa é una distinzione più interessante. E anche piu complessa.
Ma a meno che il comunismo si basi sul baratto, avrebbe gli stessi problemi di politica monetaria tipici dei sistemi attuali.

E nei sistemi attuali la moneta non é gestita in un regime di mercato. Al contrario la moneta ha una gestione che totalmente "comunista". Il bene moneta é gestito da un monopolio statale. Affidato ad un ente pubblico (banca centrale) che agisce avendo come fine il bene collettivo. Questo bene collettivo é tradotto concretamente dagli obiettivi fissati negli statuti delle banche centrali. Poi si puo discutere se per uno il bene comune é la stabilità dei prezzi o invece la piena occupazione o ancora il sostegno alla crescita.

Ma rimane il fatto centrale che parliamo di una questione che non é affidata al libero mercato. Tutto l'opposto.

nomeutente
10-03-2009, 12:38
Ma a meno che il comunismo si basi sul baratto, avrebbe gli stessi problemi di politica monetaria tipici dei sistemi attuali.


Nell'economia collettivista il denaro non è una merce ma una semplice unità di calcolo. Concetti come "costo del denaro" non avrebbero senso.

Fritz!
10-03-2009, 12:43
Nell'economia collettivista il denaro non è una merce ma una semplice unità di calcolo. Concetti come "costo del denaro" non avrebbero senso.

il costo del denaro non é il costo della merce banconota. E' il costo opportunità di una scelta di investimento rispetto ad un altra.

Puoi arbitrariamente fissarlo a zero, se ritieni. Ma é appunto una illusione che agisce solo su un valore nominale e non sull'economia reale, con gli effetti distorsivi identici che hai quando la politica monetaria é troppo espansiva.

nomeutente
10-03-2009, 13:48
il costo del denaro non é il costo della merce banconota. E' il costo opportunità di una scelta di investimento rispetto ad un altra.


Girala come vuoi, il costo del denaro è il prezzo a cui viene venduto il denaro. Il fatto che questo crei un trade off fra la decisione di investire o quella di non farlo è una conseguenza. Anche il costo di una pizza determina, in relazione al prezzo di altri beni, un trade off fra la pizza e un altro bene, ma resta pur sempre il costo di una pizza in quanto merce.



Puoi arbitrariamente fissarlo a zero, se ritieni. Ma é appunto una illusione che agisce solo su un valore nominale e non sull'economia reale, con gli effetti distorsivi identici che hai quando la politica monetaria é troppo espansiva.


Questo avviene in un'economia capitalista: non puoi astrarre questa regola e assolutizzarla come se fosse vigente in qualsiasi sistema.
Nel sistema capitalista il costo del denaro è un aspetto fondamentale, in quanto costituisce il rendimento del capitale finanziario. Ed esso è "necessario" dal momento che la proprietà del capitale è privata.

Nell'economia collettivista, il capitale è ricondotto alla sua semplice natura di lavoro cristallizzato: la remunerazione del capitale non ha senso, visto che viene remunerato il lavoro che è la sua origine.
La scelta di investire verrebbe effettuata con tutt'altro metodo, e sarebbe semplicemente una scelta di allocazione di risorse umane e strumentali in un modo o nell'altro. Il capitale finanziario non esiste più, almeno nei termini in cui lo conosciamo oggi.

first register
22-04-2009, 14:18
iscritto ! :O :D :)

quelarion
22-04-2009, 15:05
Questa é una distinzione più interessante. E anche piu complessa.
Ma a meno che il comunismo si basi sul baratto, avrebbe gli stessi problemi di politica monetaria tipici dei sistemi attuali.

E nei sistemi attuali la moneta non é gestita in un regime di mercato. Al contrario la moneta ha una gestione che totalmente "comunista". Il bene moneta é gestito da un monopolio statale. Affidato ad un ente pubblico (banca centrale) che agisce avendo come fine il bene collettivo. Questo bene collettivo é tradotto concretamente dagli obiettivi fissati negli statuti delle banche centrali. Poi si puo discutere se per uno il bene comune é la stabilità dei prezzi o invece la piena occupazione o ancora il sostegno alla crescita.

Ma rimane il fatto centrale che parliamo di una questione che non é affidata al libero mercato. Tutto l'opposto.

Veramente la Banca d'Italia é per lo piú a partecipazione privata... ecco quindi che di fatto la gestione del denaro é ad opera del mercato stesso.
Niente bene collettivo quindi.

Il problema rimane la sempiterna distinzione tra gli interessi del singolo e gli interessi della collettivitá...