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Old 06-02-2004, 02:33   #2
jumpermax
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questo invece è un articolo del Giornale
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"Chi ha ancora paura di Darwin"
di Luigi Mascheroni

Esistono libri che spaccano la storia del pensiero in un "prima" e in un "dopo". "Sull'origine delle specie" di Charles Darwin, pubblicato nel 1859, è uno di questi. Negare la fissità della specie e attaccare scientificamente il credo biblico sulla nascita della vita fu una rivoluzione. L'opera non ha mai smesso di suscitare reazioni, entusiaste o violentissime. Fino a oggi.



IPOTESI O DOGMA?
Dopo 144 anni cosa rappresenta la teoria darwiniana? E una verità scientifica; un'ipotesi ancora da verificare; l'unica interpretazione possibile sullo sviluppo della vita; una "favola"? Edoardo Boncinelli, biologo molecolare, direttore del "Sissa" di Trieste, è chiarissimo: per i biologi la teoria, riveduta e corretta sotto forma di neodarwinismo, "è la migliore spiegazione disponibile dell'origine della grande diversità degli organismi viventi. Si chiama "teoria" ma in pratica è una sicurezza sulla quale non esistono eccessivi dubbi. Certo, il darwinismo non spiega tutto ma diventa sempre più efficiente via via che si fanno nuove scoperte, soprattutto in genetica e in biologia". Una
posizione precisa, condivisa dalla stragrande maggioranza degli scienziati. Ma non da tutti.
E' questo il punto. Giuseppe Sermonti, autore di ricerche all'avanguardia nel campo della genetica dei microrganismi rappresenta la punta di diamante dell'antidarwinismo in Italia. I titoli dei suoi libri parlano da soli: "Dopo Danwin"(Rusconi, 1980)o "Dimenticare Danvin" (Rusconi, 1999): "L'evoluzionismo è un concetto che aspetta ancora di essere definito. Secondo il vocabolario è un progresso lento e graduale dal semplice al complesso, e per i glossari di scienze un qualunque cambiamento nelle frequenze dei geni in una popolazione, per mutazione e selezione. Eppure scienziati come Gould e Lewontin rifiutano il concetto di progresso in biologia". E allora cos'è? " È un vago postulato, dissolto già alla fine dell'800 e poi sostituito con la "teoria neodarwiniana" o "sintetica" a metà '900. Si può anche dire che questa è l'unica teoria possibile se si obbliga la scienza alle "spiegazioni naturali" della storia della vita. E anche l'unica possibile se si aspira alla carriera...". E' una vecchia polemica: l'evoluzionismo darwiniano è un dogma indiscutibile per la biologia italiana forse più che in altri Paesi. "Del resto - spiega Giorgio Celli, etologo dell'Università di Bologna - il 98 per cento degli scienziati oggi difende il paradigma evoluzionista. Ma bisogna fare una premessa: la certezza scientifica non è la certezza metafisica: la scienza tende "solo" a un'alta probabilità. In questo senso la teoria di Darwin è ad altissima probabilità, oggi molto più di quanto non fosse nel 1859, viste le prove a favore. Certo, a volte si è confutato il "metodo" dell'evoluzione, facendo notare che la selezione
naturale non è sufficiente a spiegare tutto il processo. Ma a parte rari casi oggi nessuno contesta l'evoluzione e che tutti gli organismi del pianeta siano fatti della stessa pasta molecolare.
Finora non siamo riusciti a trasformare in laboratorio un pesce in anfibio, ma lo scorso anno un'équipe di scienziati americani attraverso due mutazioni,ha "trasformato" un piccolo crostaceo in un minuscolo insetto, il moscerino dell'aceto, facendo fare all'organismo un "salto di classe". Credo che l'evoluzione in futuro potrà essere comprovata anche sperimentalmente". Posizione, in sostanza, che è anche quella di Marcello Barbieri, embriologo all'Università di Ferrara: "In realtà ci sono due teorie darwiniane. Una è la selezione naturale, l'altra è la discendenza da un antenato comune. Sulla selezione naturale si può discutere, ma sulla discendenza comune non ci sono più dubbi. La vita è basata su innumerevoli trasformazioni di energia, ma tutti quei processi, in tutti gli organismi viventi, usano la stessa moneta di scambio, la molecola di Atp. La vita è anche elaborazione di informazioni, e la straordinaria varietà dei viventi dimostra quanto siano diverse e complicate le elaborazioni delle informazioni ereditarie .Eppure tutte quelle operazioni, in ogni organismo, usano lo stesso codice genetico. La presenza delle stesse entità fondamentali alla base del metabolismo e dell'eredità può essere spiegata solo con la parentela di tutte le forme viventi del presente con quelle del passato".A distinguere tra evoluzione ed evoluzionismo è invece Roberto Fondi, paleontologo all'Università di Siena e coautore del citato "Dopo Darwin": "Da circa due secoli, con la nascita della paleontologia, nessuno può dubitare che la storia della vita abbia cambiato di configurazione nel tempo, andando verso una crescente complessità: ha subìto, cioè, un' evoluzione. I resti fossili lo dimostrano in maniera evidente. Tutt'altra cosa, però, è l'evoluzionismo, ossia l'idea secondo cui l'evoluzione biologica consisterebbe in un processo naturale di "discendenza con modificazione" basato su una pura logica deterministica in forma di "albero genealogico". Secondo me l'evoluzionismo non è né un dogma né una teoria è più propriamente un paradigma ovvero un approccio teorico-pratico onnicomprensivo che scaturisce dalla fede aprioristica e spesso inconscia in un'idea centrale fondante,e cioè il determinismo legato al pensiero scientifico sette-ottocentesco. Schieramenti ben definiti, quindi? Non proprio. Florenzo Facchini, antropologo all'Università di Bologna, autore del recente "Origini dell'uomo ed evoluzione culturale" (Jaca Book), preferisce distinguere fra teoria evolutiva e darwinismo: "L'evoluzione è un processo che lega i viventi a forme più semplici, non più esistenti, ed è documentato dai fossili e da altre evidenze biologiche. Esso forma la storia della vita, quali che siano le cause che l' hanno determinato. Il darwinismo ne propone una spiegazione attraverso la selezione naturale che interviene sulle piccole variazioni della specie nel tempo. Questa spiegazione,valida a livello microevolutivo, è ritenuta da vari studiosi insufficiente per la macroevoluzione, cioè per tutto il processo evolutivo dalle prime forme di vita all'uomo".



I LIMITI DI UNA TEORIA
Un primo chiarimento l'abbiamo ottenuto.
Il darwinismo non è né un dogma (manca ancora una prova sperimentale-scientifica assoluta e definitiva), né una "favola", visti i risultati sul campo acquisiti nell'ultimo secolo e mezzo.
Ma quali sono i limiti maggiori della teoria e quali i punti di forza? Boncinelli ha il dono della chiarezza: "Possiamo dividere la storia della vita sulla terra in un certo numero di epoche: cosa è successo al momento dell'origine; poi dall'origine fino a circa 600 milioni di anni fa infine da 600 milioni di anni fa a oggi. Bene, il neodarwinismo non può dirci quasi nulla sull'origine della vita ; può dire qualcosa sul secondo periodo; ci dice quasi tutto sull'ultimo. La debolezza della teoria darwiniana sta quindi nella fase più antica,ma rimane il fatto che non esistono alternative migliori":Anche per Celli ciò che la scienza ha davanti è un mosaico che, pur mancando di alcuni pezzi,presenta un profilo complessivo definito: "Senza dubbio ci sono ancora lati oscuri. Per esempio, sappiamo con certezza che la sèlezione naturale non è il solo meccanismo:un tempo si pensava che fosse sufficiente e agisse su ogni organismo, oggi invece sappiamo che molti cambiamenti embrionali sono responsabili dei cambiamenti di forma. Altra lacuna: la linea evolutiva in Africa. Disponiamo di molti fossili, ma una linea certa e diretta non è stata ancora trovata. Sono stati scoperti fossili di uomini molto più simili a ominidi che ad australopitechi (uomini-scimmia): il momento della divisione dell'uomo dalla proto-scimmia e il discorso dello sviluppo è ancora da sistemare". E proprio a proposito del concetto di selezione naturale Barbieri sottolinea come sia stato oggetto di lunghe discussioni: "Molti hanno sostenuto che deve esistere almeno un altro meccanismo evolutivo, ma le proposte fatte si sono dimostrate chimere e molti si sono convinti che c'è solo la selezione. Invece un altro meccanismo esiste. I grandi eventi della macroevoluzione sono tutti associati alla comparsa di nuovi codici organici, a cominciare dall'origine della vita che corrisponde alla comparsa del codice generico. L'esistenza di
due meccanismi distinti è chiaramente visibile nell'evoluzione del linguaggio, dove i cambiamenti non sono dovuti solo alle mutazioni individuali delle singole parole ma anche ai cambiamenti collettivi delle regole grammaticali. E l'esistenza di altri codici organici, oltre a quello generico, dimostra che lo stesso è vero non soltanto per l'uomo. Da qui la conclusione che l'evoluzione della vita sulla Terra è avvenuta per selezione naturale e per convenzioni. Ma ciò non significa negare Darwin. Significa solo completarne l'opera . Chi invece di limiti ne vede molti è ovviamente Sermonti. Quali? La indefinitezza, la incontraddicibilità, la legge naturale della sopravvivenza del più adatto.In applicazione a questa legge Darwin arrivò a dire: "Tra tutti gli uomini ci deve essere lotta aperta... Tra qualche tempo a venire, è quasi certo che le razze umane più civili stermineranno e si sostituiranno in tutto il mondo a quelle selvagge". Può questo essere il nostro profeta?". Un aiuto in più, forse, può venire da uno psicobiologo come Alberto Oliverio, dell'Università La Sapienza di Roma "Come ogni téoria, anche quella darwiniana ha i suoi limiti, anche perché spesso ci viene presentata nella sua forma ottocentesca, ormai datata. Inoltre, molti divulgatori dell'evoluzionismo, a partire da Spencer, ce ne hanno trasmesso un profilo di tipo positivista come la favola di un'evoluzione che procede verso livelli sempre più alti. Altri ancora ne hanno fatto una sorta di religione oppure ne hanno accentuato il carattere narrativo raccontandoci la storia dell'improvvisa discesa dagli alberi di nostri lontani progenitori... Poi però ci sono i punti di forza: il più evidente è che oggi si può tracciare una storia del Dna mitocondriale,un insieme di informazioni generiche trasmesse per via materna in quanto presenti in alcune strutture dell'uovo. Il Dna di origine materna è una specie di orologio che segna il tempo della vita e ci permette di comprendere quando si è verificato un determinato fenomeno evolutivo, per esempio la presenza di individui di tipo umano nell'Africa o la loro migrazione verso altre zone". E per i critici dell'evoluzionismo? Fondi riconosce i punti di forza "nella sua semplicità e nel suo potere suggestivo, avente presa facile e immediata sull'immaginazione e operante in perfetta consonanza con la fede nel progresso indefinito che ha accompagnato la nascita e lo sviluppo della modernità. I limiti stanno nel fatto che esso non trova rispondenza nei risultati forniti dalla scienza".A mettere in guardia da alcuni rischi è invece Facchini: "Un limite di fondo della visione darwiniana è rappresentato da una concezione totalizzante dell'evoluzione, secondo la quale tutto è affidato al caso e viene spiegato in base alla selezione naturale, non solo lo sviluppo della vita, ma anche la vita sociale e la morale dell'uomo. Così si rischia un uso ideologico della scienza. Sul piano strettamente scientifico l'intuizione maggiore è rappresentata dall'importanza data all'ambiente per il successo della specie. Ma la spiegazione darwiniana si presenta come un approccio riduzionista (tutto è risolto a livello di mutazioni e selezione) e sembra non rendere ragione della formazione in tempi relativamente brevi dei grandi phyla evolutivi. In oltre la supposta gradualità evolutiva è messa in discussione dalla teoria degli equilibri punteggiati di Gould e Eldregde che sostengono un modello per salti evolutivi. Vi sono però studi su mutazioni genetiche negli artropodi che regolano piani organizzativi e non singoli caratteri. E ciò sarebbe nella linea della macroevoluzione. Oggi l'attenzione è spostata dal gene alle interazioni tra geni che possono rendere ragione delle complessità strutturali emergenti nell'evoluzione.Alla genetica vengono applicate le teorie dell'informazione. Sono nuovi modi di vedere che si aggiungono al modello darwiniano".



UNO SCHEMA O UNA FARSA?
Tentiamo un altro passo verso il punto centrale della polemica: il classico disegno della scimmia che dalla posizione a quattro zampe gradualmente si alza evolvendosi in essere umano, quale dignità scientifica ha? Boncinelli: "In realtà non funziona proprio in questo modo. Noi non discendiamo dalle scimmie. Le scimmie e l'uomo discendono da un antenato comune, una protoscimmia dalla quale poi si sono divise le due linee evolutive. Lo schema è un pò semplificato. E soprattutto non sappiamo che cosa è avvenuto prima: l'assunzione della stazione eretta o l'evoluzione del cervello. È questo il punto". Sulla stessa linea, sostanzialmente, è Facchini: "Un raddrizzamento del corpo dell'ominide è documentato nella fase pre-umana. Potrebbe essere avvenuto con qualche gradualità, favorito da nuove esigenze ambientali. Ma non basta la stazione eretta per avere l'uomo. Occorre un adeguato sviluppo cerebrale (che pare accelerarsi con la comparsa del genere Homo)e occorrono manifestazioni che denotino un comportamento progettuale e simbolico, cioè la cultura, tipica dell'uomo". Sermonti è categorico: "Questa ridicola processione discredita la Scienza, prima di far dispetto ad Adamo. La nascita dell'uomo da una scimmia che si erge gradualmente è un falso. La stazione eretta ha preceduto di milioni di anni l'andatura scimmiesca sulle nocche. I caratteri umani sono primari e quelli scimmieschi derivati". Fossili di scimmioni sono quasi sconosciuti, mentre quelli umani si perdono nei milioni di anni". Molto critico anche Fondi:
"Secondo me questo schema non ha alcuna dignità scientifica. Quando sulla Terra, Intorno ai 2-2,5 milioni di anni fa, comparve il genere umano, esisteva soltanto un certo numero di specie di scimmie bipedi e arboricole note come australopitecine; ma ancora oggi non disponiamo di resti fossili di creature intermedie. Ancora i primi esseri umani differivano da noi nella morfologia dello scheletro, nel comportamento, nel tipo di utensili e nella composizione chimica del loro genoma, tanto da poter essere assegnati ad almeno una specie distinta dalla nostra: Homo neanderthalensis. Invece la nostra specie, Homo sapiens, comparve appena 100-200mila anni fa. E anche in questo caso non disponiamo di resti fossili di creature intermedie fra il tipo umano arcaico e il nostro". Uno schema da buttare, allora? Non proprio, al limite da completare. "Tutte le semplificazioni hanno i loro limiti - spiega Oliverio - noi non deriviamo dalle scimmie attuali, anche se abbiamo con loro numerose affinità biologiche. La genetica e lo studio dei fossili ci permettono di affermare che sino a un certo punto il cammino evolutivo è stato comune, poi ognuno ha preso la sua strada. Molti dettagli di questo cammino sono ancora oscuri ma la scienza non deve avere l'arroganza di voler spiegare tutto e subito".
E cosi Barbieri "Il problèma è che quel disegno è vero e falso allo stesso tempo. È falso perché dà l'idea che esista una sola linea evolutiva che va dai pre-ominidi all'uomo, mentre sappiamo che i reperti fossili sono compatibili con molteplici alberi filogenetici. E' vero invece perché tutti gli alberi filogenetici che sono compatibili con i fossili sono compatibili anche con quel disegno, magari con qualche "ritocco"".



LA DERIVA CREAZIONISTA
"Ridisegnato" lo schema darwiniano dell'evoluzione umana, manca da chiarire un ultimo punto: criticare l'evoluzionismo significa essere creazionisti? Sermonti risponde di no, "benché questa identificazione sia praticata da molti evoluzioni. Sarebbe come affermare che ogni evoluzionista è un ateo. Altri praticano simultaneamente due fedi, quella evoluzionista e quella religiosa, il creazionismo biblico è un fenomeno marginale. Io ritengo che bisogna invocare leggi di crescita generali, principi generativi, la tendenza verso certe configurazioni (le catastrofi di Thom), qualche progetto d'ordine.., e un po' di mistero". Boncinelli, in Europa e in particolare in Italia, di creazionisti non ne ha mai incontrati "Anche la Chiesa del resto ha ammesso la spiegazione darwiniana. Fatta eccezione naturalmente per il salto ontologico quando si è arrivati all'uomo. Esistono molti critici del neodarwinismo su aspetti marginali, su dettagli, ma non sui concetti di base. E comunque sono pochi e divisi". Oliverio ammette che "per un biologo è difficile non essere evoluzionista ma spiegare ogni aspetto della vita con l'evoluzione è un'altra cosa. Spesso si leggono interpretazioni neodarwiniste della sessualità umana, del significato della famiglia, della violenza e via dicendo che sono vere favole scientifiche: in molti casi ridicolizzano una teoria che deve restare attaccata alle evidenze, non dimostrare tutto." L'ultima parola crediamo sia giusto lasciala al professor Facchini, che nella sua veste di sacerdote-scienziato rappresenta una sintesi tra l'idea di evoluzione e quella di creazione (l'evoluzione, ama ripetere, non nega la creazione, ma la presuppone):"Si può dissentire dal darwinismo e non ammettere la creazione. Quella di creazionismo scientifico contrapposto a evoluzionismo è un'espressione impropria. Se vi sono punti ancora non chiariti nel processo evolutivo non si deve cercare aiuto nella Bibbia, che offre un messaggio religioso. Il creazionismo non può essere una teoria scientifica. L'evoluzione suppone una dipendenza ontologica da Dio creatore, negli inizi e nel suo sviluppo, ma questa è un'affermazione di carattere filosofico".
Oggi abbiamo solo tentato di dialogare con la scienza.
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