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Old 29-10-2008, 10:36   #1
elect
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Mobilitazione universitaria contro la legge 133 Tremonti

Essendoci un pò di confusione tra Gelmini e Tremonti apro questo 3d dedicato esclusivamente alla 133 di Tremonti che taglierà le gambe all'università

Cercherò di fare un pò di chiarezza con un paio di articoli:


ASSEMBLEA CONTRO LA LEGGE 133/08
STUDENTI, RICERCATORI, DOCENTI, PERSONALE TECNICO-AMMINISTRATIVO
UNITI CONTRO LO SMANTELLAMENTO DELL’UNIVERSITA’ PUBBLICA


Quella in cui viviamo è definita la società della conoscenza. Eppure la formazione e la ricerca sono
state all’ultimo posto tra le preoccupazioni degli ultimi Governi, indipendentemente dal loro colore.
L’Università subisce una cronica scarsità di finanziamenti e altrettanto cronica è la scarsità di
finanziamenti per il diritto allo studio. Tuttavia, la Legge 133/08 non può essere ricondotta soltanto
all’ormai usuale taglio dei finanziamenti, ma rappresenta un vero e proprio tentativo di rivoluzione
culturale, un tentativo di smantellamento del sistema di formazione pubblico che possiamo
ricondurre in maniera lineare ad un complessivo e generalizzato attacco a tutto ciò che non è
privato. Attacco che, cavalcando il malcontento popolare attraverso una versione distorta dei fatti
per cui ciò che è pubblico è sinonimo di non efficiente, rischia di riuscire senza grosse difficoltà a
smantellare ciò che è stato costruito attraverso gli anni cavalcando.
La battaglia culturale che ci apprestiamo ad affrontare sarà quella di affermare come il sistema
formativo pubblico sia ciò che garantisce l’accessibilità a tutti al sapere e ciò che è volto al
miglioramento delle condizioni di tutto il Paese. Sarà una battaglia culturale per riaffermare il
valore delle tutele collettive in contrasto con l’individualismo che caratterizza tanto il mondo del
lavoro, quanto quello formativo. Sarà una battaglia culturale per riaffermare la centralità del ruolo
della formazione come motore dello sviluppo, prima ancora che economico, culturale e sociale del
Paese.
Il sistema universitario, attraverso la Legge 133/08 è oggetto dei seguenti provvedimenti che
rischiano di cancellare l’Università che abbiamo conosciuto:

TAGLI ALL’UNIVERSITÀ: DIMINUZIONE DEL 20% DEL FONDO DI
FINANZIAMENTO ORDINARIO.


Comma 13 Art.66: Diminuzione di 1,5 miliardi di euro del F.F.O. in 5 anni. Esso rappresenta il
taglio più importante negli ultimi 20 anni in ambito universitario. Poiché, per oltre la metà dei nostri
Atenei, il costo del personale si aggira intorno al’80% del F.F.O, a pagare le conseguenze dei tagli
saranno in primo luogo gli studenti che, con tutta probabilità, vedranno ridotta l’offerta formativa,
o saranno chiamati a pagare per attività didattiche aggiuntive, subiranno un’incremento delle tasse
universitarie e vedranno fortemente compromessa l’attività post-laurea
(fondi per la ricerca,
assegni di ricerca e borse di dottorato). Più in generale la cronica carenza di fondi porterà alla
riduzione dei capitoli di bilancio riservati ai servizi agli studenti(biblioteche, borse di studio
erasmus, servizi di segreteria…)
.


TRASFORMAZIONE DELLE UNIVERSITÀ IN FONDAZIONI (ENTI DI DIRITTO
PRIVATO)


L’art. 16 concede a tutte le Università la possibilità (con l’approvazione della maggioranza assoluta
del Senato Accademico) di diventare enti di diritto privato. Essi avranno la titolarità del patrimonio
delle Università e dei beni immobili, potranno deliberare i loro statuti e i regolamenti amministrativi
in deroga alle norme dell’ordinamento contabile dello stato.
Nulla viene specificato relativamente alle Tasse universitarie, che per la maggior parte degli Atenei
rappresentano la seconda fonte di finanziamento.


Oggi nel bilancio degli Atenei le entrate fiscali da Tasse non possono superare il tetto del 20% del
Fondo di Finanziamento Ordinario (F.F.O.). Domani, se nulla verrà legiferato, con l’istituzione
delle Fondazioni Universitarie tale vincolo potrà NON essere rispettato.



Come faranno oltre 10 milioni di famiglie italiane monoreddito con uno stipendio lordo mensile
pari a 1300 euro a sostenere gli studi dei propri figli? Il sistema del diritto allo studio verrebbe
smantellato a meno che quelle famiglie non si accontentino di Università screditate il cui titolo di
studio non può competere all’interno di un sistema universitario nazionale ed internazionale
fortemente eterogeneo. Oltre a ciò, con la nuova natura giuridica, le Università, a causa della
scarsità di trasferimenti pubblici, saranno portate a ricorrere in maniera massiccia al finanziamento
di enti privati (aziende, banche, fondazioni private…) con una forte compromissione della qualità e
della libertà della didattica e della ricerca.

BLOCCO DEL TURN-OVER


L’articolo 66, nell’ambito di un taglio complessivo delle risorse destinate alle stabilizzazioni e alle
assunzioni nella Pubblica Amministrazione, reintroduce una fortissima limitazione nel reclutamento
delle Università. Si dispone che entro il 31 dicembre 2008 tutte le amministrazioni devono
rideterminare la programmazione triennale del fabbisogno di personale in relazione alle misure di
contenimento delle assunzioni previste nella norma.
Gli Atenei, dal 2003 fuori dal blocco delle assunzioni, per il triennio 2009-2011 potranno
assumere nei limiti del 20% dei pensionamenti
(comma 13). Ovvero un nuovo assunto ogni cinque
pensionamenti, sia per il personale docente sia per il personale tecnico-amministrativo. Questo
provvedimento porterà ad un invecchiamento del corpo docente e negherà ai ricercatori l’accesso
alla carriera universitaria
. Allo stesso tetto dovranno rientrare nel 2009 anche le stabilizzazioni. Le
forti limitazioni all’assunzione di nuovi docenti condurrà ad un ampliamento massiccio dei corsi di
laurea a numero chiuso ed alla soppressione di corsi laurea non già sulla base di un’attenta
valutazione della loro efficacia, bensì per via dell’impossibilità di garantire la presenza del
personale docente necessario.
Per gli Enti pubblici di ricerca (comma 14) sembrerebbero confermate le procedure in vigore dal
1°gennaio 2008: le assunzioni avvengono nei limiti del 80% della spesa complessiva e del 100% del
turn-over.
Per il triennio 2010-2012 la situazione peggiora rispetto alle previsioni della finanziaria 2007.
Infatti il turn-over non è calcolato in relazione alla spesa risultante dai pensionamenti ma sulle unità
di personale. Ciò comporta una riduzione delle opportunità di assumere in quanto, ad esempio, nel
caso del pensionamento di un ricercatore all’apice della carriera la differenza risultante tra il costo
complessivo e quello di una nuova assunzione andrà a beneficio di finanza pubblica anziché essere
utilizzato per il reclutamento.


Si vuole, dunque, importare un modello che mutua, dal mondo anglosassone, gli aspetti di
disuguaglianza sociale, di sistema di poche Università di eccellenza, di riduzione di diritti ed
opportunità, mentre non esistono neppure lontanamente le condizioni per mutuarne gli aspetti di alta
produttività scientifica. E a fronte di una riduzione del 20% dei finanziamenti, anche le Università
che oggi si autodefiniscono “virtuose” saranno trascinate nel gorgo dello squilibrio finanziario
strutturale, strette nella forbice dei costi crescenti e della riduzione delle entrate.


Tali provvedimenti vanno ben oltre la congiuntura e una pura manovra di risparmio, ma
determinano invece uno scenario in cui sparisce l’Università italiana come sistema nazionale tutelato
dalla Costituzione, in cui il ruolo pubblico è elemento decisivo della garanzia per la libertà di ricerca e
d’insegnamento e degli interessi generali del Paese.



Crediamo fermamente che occorra mobilitarsi da subito in modo forte e convinto per
chiedere la cancellazione dei provvedimenti ed arrestare una deriva che si annuncia completa su
tutti gli aspetti del funzionamento dell’Università. Il nostro giudizio negativo e’ fortemente ancorato
ad elementi di merito. Conosciamo bene le tante falle e difetti del sistema universitario, e certo non
intendiamo difendere l’esistente; ma è proprio dai difetti che occorre partire, in modo non
ideologico: affrontare i nodi del merito e della valutazione, della qualità dell’offerta didattica e di
ricerca, del reclutamento dei giovani e della carriera, e correlatamente del precariato, dei
meccanismi di finanziamento, del diritto allo studio, del dottorato, di un rapporto aperto e
trasparente tra Università e società. E discuterne con la comunità universitaria: fino ad oggi le
decisioni adottate sono state prese in modo del tutto unilaterale, al di fuori di qualsiasi confronto.



Non intendiamo accettare questo stato di cose: vi chiediamo, individualmente e collettivamente di
mobilitarvi, ed in questo senso vi proponiamo un percorso che unifichi ed estenda a tutte le componenti
dell’Università le tante iniziative sorte in queste settimane nelle varie facoltà da parte di studenti, docenti,
ricercatori e personale tecnico-amministrativo. Da qui nasce la necessità di costruire un momento
assembleare, che non deve rappresentare un punto d’arrivo, ma il momento in cui tutte le forze che si
oppongono a questo disegno si uniscono per allargare il fronte di opposizione e per dare slancio alla
protesta.
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