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Old 24-03-2008, 12:00   #12
Ziosilvio
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La controversia sulla Judaica perfidia

La parola perfidus/perfidia ha nel latino classico un doppio significato e una doppia etimologia. Da un lato indica una persona molto malvagia (per=molto, foedus=malvagio), come tuttora in italiano. Dall'altro, però, ha anche il significato di infido, traditore: perfino la superficie ghiacciata di un fiume o l'acqua del mare poteva essere perfida, benché ovviamente priva di colpe morali (cfr. p. es. il vocabolario Castiglioni Mariotti). Foedus, infatti, significa anche patto, alleanza e perfidus può indicare etimologicamente chi non rispetta i patti [1] Nel latino ecclesiastico, quindi, la perfidia sembrò essere parola particolarmente precisa per indicare l'incredulità degli ebrei, che secondo i cristiani non avrebbero riconosciuto in Cristo la realizzazione di oltre 300 profezie presenti nella Bibbia ebraica, ma di cui gli ebrei davano (e danno) un'interpretazione ben diversa. Anche nel latino medievale, tuttavia, la perfidia non avrebbe mai perso un significato offensivo [2]

Questa pluralità di significati pone molti problemi quando ci si voglia interrogare sul significato che la parola perfidus/perfidia aveva nel VII secolo, quando la preghiera fu introdotta, nel XVI secolo, quando fu conservata nella liturgia tridentina, sulla bocca dei fedeli che la ripeterono per secoli nelle diverse nazioni o nelle orecchie degli ebrei, che furono talvolta obbligati ad ascoltare le funzioni religiose cattoliche. Fra i cristiani, e ancor più fra gli ebrei, molti interpretarono la perfidia nel suo significato italiano odierno, come un'offesa generica e immotivata agli ebrei o peggio ancora come un'accusa di deicidio (non si dimentichino, però, analoghe, se non peggiori preghiere ebraiche medievali contro i cristiani). Anche il secondo significato, che implicava al più un'accusa agli ebrei di non aver tenuto fede all'alleanza di Mosè, era pienamente compatibile con il contesto liturgico in cui la preghiera era inserita. I due significati, inoltre, non sono completamente antitetici: anche l'incredulità veniva da alcuni considerata una colpa, sia pure di tipo religioso.

Autori e teologi cattolici[3] hanno quindi sottolineato che la parola perfidus/perfidia non è direttamente traducibile con l'italiano perfido/perfidia, in quanto perderebbe una parte essenziale del significato originario: l'idea di una mancata accoglienza della fede, o più precisamente, restando sul significato originario latino, di non avere accolto il completamento del Patto di Abramo manifestatosi con l'incarnazione e la morte del Cristo e quindi avere rotto "quel" patto (foedus). Alla luce di questa argomentazione una traduzione meno scorretta sarebbe "increduli/incredulità", interpretando perfidus come sinonimo di infidelis. Questa traduzione, però, può essere considerata riduttiva, perché elimina una parte del significato originario, quella secondo cui l'incredulità stessa è una colpa.

Poiché, come si è detto in precedenza, la pluralità di significati dell'aggettivo perfidus secondo la sua etimologia è andato perduto nella parola italiana 'perfido' [4], la Chiesa ha introdotto la modifica liturgica di cui sopra.
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La nuova controversia (2008) [modifica]

La riforma liturgica comportò l'adozione obbligatoria del nuovo messale, cosicché la Messa tridentina, pur non essendo mai abrogata, fu celebrata molto raramente e l'orazione pro judaeis non fu più un impedimento al dialogo fra cattolici ed ebrei.

Nel 2007 Benedetto XVI con il motu proprio "Summorum Pontificum" ha esteso le possibilità di celebrazione della Messa tridentina. Con l'approssimarsi della Pasqua, il 4 febbraio 2008 lo stesso Pontefice ha deciso di togliere dalla preghiera del Venerdì Santo anche il riferimento alle tenebre, che poteva essere interpretato come un'accusa rivolta agli ebrei. Il nuovo testo [6] recita così: « Oremus et pro Iudaeis ut Deus et Dominus noster illuminet corda eorum, ut agnoscant Iesum Christum salvatorem omnium hominum.
Omnipotens sempiterne Deus, qui vis ut omnes homines salvi fiant et ad agnitionem veritatis veniant, concede propitius, ut plenitudine gentium in Ecclesiam Tuam intrante omnis Israel salvus fiat. Per Christum Dominum nostrum. Amen. »

Secondo una traduzione non ufficiale la preghiera suona così:
Preghiamo per gli Ebrei. Il Signore Dio nostro illumini i loro cuori perché riconoscano Gesù Cristo Salvatore di tutti gli uomini.
Dio onnipotente ed eterno, Tu che vuoi che tutti gli uomini si salvino e giungano alla conoscenza della verità, concedi propizio che, entrando la pienezza dei popoli nella tua Chiesa, tutto Israele sia salvo.

Le ultime parole del nuovo testo liturgico sono tratte dalla Lettera ai Romani dell'apostolo Paolo (Rom, 11, 25), in cui si preannuncia che una parte di Israele non accetterà Cristo sino a quando non si saranno convertiti tutti gli altri popoli.

Questa modifica alla liturgia della messa tridentina è stata vivacemente deprecata da alcuni cattolici tradizionalisti, che hanno accusato la Santa Sede di aver modificato la liturgia solo per venire incontro a una richiesta scritta, che gli sarebbe stata presentata dai due massimi rabbini d'Israele[7]. In realtà il nuovo testo è risultato agli ebrei meno gradito di quello del rito ordinario in lingua volgare, in quanto auspica in modo molto più esplicito che gli ebrei riconoscano la divinità di Gesù Cristo, il che potrebbe essere di ostacolo al dialogo interreligioso. Mons. Gianfranco Ravasi ha spiegato: «Come scriveva Julien Green, "è sempre legittimo augurare all'altro ciò che è per te un bene o una gioia: se pensi di offrire un vero dono, non frenare la tua mano". Certo, questo deve avvenire sempre nel rispetto della libertà e dei diversi percorsi che l'altro segue; tuttavia rimane segno di affetto augurare e pregare perché il fratello possa avere quello che tu consideri come un bene, una sorgente di vita edi luce»[8].
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