mercoledì 27 febbraio 2008
Roma - Ragionevolezza e trasparenza: questo è quel che la Federal Communications Commission (
FCC) vuole dai provider Internet americani. "Ci limitiamo a gestire la rete per ovviare agli ingolfamenti", ha ribattuto e
ribadito Comcast. È stata fiammeggiante la disfida verbale che si è svolta nel corso dell'
udienza convocata dall'organizzazione che vigila sulle TLC nell'ambito dell'
inchiesta indetta per fare chiarezza sulle
pratiche di filtraggio messe in campo da Comcast.
"La Commissione, se necessario, è pronta, intenzionata e capace di provvedere per
correggere qualsiasi pratica irragionevole che gli operatori mettano in campo" questo l'
affondo del chairman FCC Kevin Martin. Ma Comcast è abile a schivare il colpo, ricorrendo ad un grande classico: "Non blocchiamo alcun sito web né alcuna applicazione, file sharing incluso" ha ribattuto David Cohen, rappresentante dell'azienda. Non è vero che Comcast considera certi tipi di traffico
più uguali degli altri: l'azienda, ripete Cohen, si limita a gestire la rete per far fronte alle congestioni, ad ottimizzare il traffico, ad offrire il miglior servizio ai propri utenti.
Utenti che,
spiega, possono al massimo sperimentare
impercettibili ritardi in certe ore del giorno, nell'eseguire determinate operazioni:
nulla a che vedere con l'accusa di discriminazione di certi tipi di traffico, nulla a che vedere con l'obiettivo di istituire canali preferenziali per certi contenuti. "Abbiamo scelto il metodo meno invasivo per assicurare alla gran parte dei nostri clienti un servizio di qualità - Cohen
rassicura la FCC - "Non fatevi spaventare dalla retorica di certi critici: non c'è nulla di male nel gestire il traffico".
La FCC non può che incassare, ma non rinuncia a ribattere: certo non può impedire che gli operatori gestiscano la rete al meglio, ma nella gestione
non sono compresi blocchi ad applicazioni o a servizi. È altresì necessario che queste pratiche di gestione siano condotte in maniera
trasparente per l'utente: deve essere informato in ogni dettaglio delle strategie del provider affinché possa compiere una scelta consapevole.
Una trasparenza chiesta con vigore anche da
David Reed, pioniere della rete e convocato all'udienza in qualità di tecnico: i provider che persistono in questo tipo di comportamento,
ha spiegato, non dovrebbero proporsi al pubblico come ISP ma come "aziende che offrono servizi per accedere a certe porzioni della rete". E non ha esitato a
sottolineare come una opportuna gestione della rete si differenzi sensibilmente dalle pratiche messe in atto dall'ISP: posto che i contenuti si muovono in rete come se fossero buste chiuse, Comcast non si limita ad operare come un servizio postale, ma
sbircia nelle buste e determina quale delle comunicazioni debba giungere a destinazione.
"Internet è tanto mia e tanto nostra almeno quanto è di AT&T e di Comcast"
ha dichiarato Edward Markey, congressman che
da tempo preme per l'introduzione di una
legge che tuteli la neutralità della rete, che impedisca che un'alleanza tra coloro che gestiscono l'infrastruttura e dei produttori di contenuti trasformi Internet in una rete intelligente e selettiva e i netizen in
end-consumatori proni a sorbire quanto i
padroni controllori propinino loro.
C'è chi ritiene che con l'intervento della FCC si sia giunti ad un
punto di rottura, e che sia
vicino il momento in cui si deciderà del futuro della rete così come la si conosce oggi. Ammesso che l'oggi non sia già
passato remoto.
Gaia Bottà
Fonte:
Punto Informatico