Lucio Virzì
06-08-2004, 09:26
Norma Khouri sosteneva di aver narrato la morte di un' amica
Una giornalista australiana ha svelato che la vicenda era falsa
Bestseller choc sulle donne arabe
Lacrime versate su una truffa
di GABRIELE ROMAGNOLI
BEIRUT - Sul risvolto dell'edizione americana è scritto: "Shakespeare avrebbe mai potuto immaginare una trama in cui Giulietta viene uccisa dal padre? In questa tragedia ispirata a una storia vera, Norma Khouri non ha avuto bisogno di fantasia". Le cose non stanno esattamente così. Un passo indietro, torniamo alla copertina. Il libro è uscito con vari titoli: Honor lost in Inghilterra e America, Forbidden love in Australia, L'amore ucciso in Italia, da Mondadori. Dovunque ha venduto bene, in Australia, dove l'autrice ora vive, è stato un bestseller da duecentomila copie. In tutte le copertine appare una donna triste con il volto coperto dal chador.
Gli strilli annunciano una "storia di amore e morte nella Giordania contemporanea". La narratrice racconta un'esperienza che sostiene di avere vissuto personalmente: l'omicidio per ragioni d'onore della sua amica Dalia da parte del padre musulmano. Nel "romanzo-verità" le due amiche aprono un salone per acconciature ad Amman.
Norma è cristiana, Dalia islamica, le loro due famiglie ugualmente conservatrici e rigide, soprattutto, va da sé, le figure maschili. La parrucchiera Dalia si innamora di un soldato cristiano. Vive con lui un idillio platonico e patetico (il massimo permesso dalle condizioni ambientali) fatto di incontri clandestini nei bar di hotel occidentali, telefonate e promesse senza futuro. Finché una sera Dalia rivela all'amica il timore di essere stata scoperta. La mattina seguente non si presenta, come d'abitudine, per andare insieme al lavoro.
Norma intuisce, corre a casa di Dalia, dove il padre nega di avere mai avuto una figlia con quel nome, corre all'obitorio e qui la trova, ancora coperta di sangue sotto il telo, finita a coltellate. Norma si ribella, ma anche i suoi genitori cristiani condividono la punizione familiare. Non le resta che fuggire e cercare di rendere giustizia all'amica scrivendone la storia. Riesce nel suo proposito. Il libro, oltre a vendere, ottiene buone recensioni, più per la sostanza che per la forma. Sarebbe scorretto se non confessassi di esserci cascato anch'io e di aver scritto sull'allegato Musica di questo giornale che "ha una struttura discutibile, una scrittura affrettata, ma non è un romanzo, è un urlo". Era un romanzo, invece, dall'inizio alla fine.
Il problema di Norma Khouri è che ha avuto troppo successo e ha fatto troppe presentazioni pubbliche. In Giordania un'attivista per i diritti delle donne si è insospettita perché la descrizione dei luoghi non corrispondeva alla realtà, in Australia un giornalista di origini arabe ha notato che l'autrice non parlava la sua presunta lingua madre e ha iniziato un'inchiesta. Nelle note biografiche sul risvolto si afferma che "Norma Khouri è una poetessa e a causa degli eventi raccontati nel libro (scritto in segreto in un Internet caffè) ha dovuto scappare ad Atene e di lì in Australia".
Quando l'inchiesta giornalistica è finita, la sua biografia è risultata la seguente: Norma Khouri è emigrata dalla Giordania agli Stati Uniti all'età di tre anni, insieme con la madre. Ha vissuto a Chicago, dove ha sposato un tal John Tolioupoulos, ricercato dall'Fbi per truffe immobiliari ed è svanita dal territorio americano nel 1999, per riapparire trionfalmente in Australia dove ha ricevuto asilo politico. Ora il suo romanzo è stato ritirato dalle librerie. E noi restiamo a girarne le pagine con sentimenti contrastanti.
Il primo è l'irritazione. C'è modo e modo di barare con i lettori e i media. Quando, dopo aver elencato una serie impressionante e truculenta di delitti d'onore scrive "quello di Dalia non ha avuto una riga sui giornali" accusa giustamente il cinismo della stampa (che di storie così ne racconta una l'anno, poi si stanca), ma ehi, questo era l'unico caso di cui proprio non si poteva avere e dare notizia. E tutto passi, ma non la dedica finale "a Dalia, che mi ha fatto piangere e sarà sempre parte della mia esistenza".
Il secondo sentimento è il disagio. La storia è fasulla, d'accordo, ma ha il pregio di aver fatto conoscere a migliaia di persone la condizione delle donne in Giordania e al loro movimento sono devoluti parte dei diritti (così afferma la copertina, sperando non sia un'altra bufala). La domanda che dobbiamo farci è: avrebbe ottenuto la stessa attenzione se fosse stata presentata come fiction? La risposta sincera è no, perché l'Occidente non chiede buona letteratura araba, ma autobiografie truculente condite da fatwa su autori perseguitati.
(6 agosto 2004)
Dico io.... c'è bisogno di inventare per poter denunciare la condizione delle donne nei paesi Arabi?
LuVi
Una giornalista australiana ha svelato che la vicenda era falsa
Bestseller choc sulle donne arabe
Lacrime versate su una truffa
di GABRIELE ROMAGNOLI
BEIRUT - Sul risvolto dell'edizione americana è scritto: "Shakespeare avrebbe mai potuto immaginare una trama in cui Giulietta viene uccisa dal padre? In questa tragedia ispirata a una storia vera, Norma Khouri non ha avuto bisogno di fantasia". Le cose non stanno esattamente così. Un passo indietro, torniamo alla copertina. Il libro è uscito con vari titoli: Honor lost in Inghilterra e America, Forbidden love in Australia, L'amore ucciso in Italia, da Mondadori. Dovunque ha venduto bene, in Australia, dove l'autrice ora vive, è stato un bestseller da duecentomila copie. In tutte le copertine appare una donna triste con il volto coperto dal chador.
Gli strilli annunciano una "storia di amore e morte nella Giordania contemporanea". La narratrice racconta un'esperienza che sostiene di avere vissuto personalmente: l'omicidio per ragioni d'onore della sua amica Dalia da parte del padre musulmano. Nel "romanzo-verità" le due amiche aprono un salone per acconciature ad Amman.
Norma è cristiana, Dalia islamica, le loro due famiglie ugualmente conservatrici e rigide, soprattutto, va da sé, le figure maschili. La parrucchiera Dalia si innamora di un soldato cristiano. Vive con lui un idillio platonico e patetico (il massimo permesso dalle condizioni ambientali) fatto di incontri clandestini nei bar di hotel occidentali, telefonate e promesse senza futuro. Finché una sera Dalia rivela all'amica il timore di essere stata scoperta. La mattina seguente non si presenta, come d'abitudine, per andare insieme al lavoro.
Norma intuisce, corre a casa di Dalia, dove il padre nega di avere mai avuto una figlia con quel nome, corre all'obitorio e qui la trova, ancora coperta di sangue sotto il telo, finita a coltellate. Norma si ribella, ma anche i suoi genitori cristiani condividono la punizione familiare. Non le resta che fuggire e cercare di rendere giustizia all'amica scrivendone la storia. Riesce nel suo proposito. Il libro, oltre a vendere, ottiene buone recensioni, più per la sostanza che per la forma. Sarebbe scorretto se non confessassi di esserci cascato anch'io e di aver scritto sull'allegato Musica di questo giornale che "ha una struttura discutibile, una scrittura affrettata, ma non è un romanzo, è un urlo". Era un romanzo, invece, dall'inizio alla fine.
Il problema di Norma Khouri è che ha avuto troppo successo e ha fatto troppe presentazioni pubbliche. In Giordania un'attivista per i diritti delle donne si è insospettita perché la descrizione dei luoghi non corrispondeva alla realtà, in Australia un giornalista di origini arabe ha notato che l'autrice non parlava la sua presunta lingua madre e ha iniziato un'inchiesta. Nelle note biografiche sul risvolto si afferma che "Norma Khouri è una poetessa e a causa degli eventi raccontati nel libro (scritto in segreto in un Internet caffè) ha dovuto scappare ad Atene e di lì in Australia".
Quando l'inchiesta giornalistica è finita, la sua biografia è risultata la seguente: Norma Khouri è emigrata dalla Giordania agli Stati Uniti all'età di tre anni, insieme con la madre. Ha vissuto a Chicago, dove ha sposato un tal John Tolioupoulos, ricercato dall'Fbi per truffe immobiliari ed è svanita dal territorio americano nel 1999, per riapparire trionfalmente in Australia dove ha ricevuto asilo politico. Ora il suo romanzo è stato ritirato dalle librerie. E noi restiamo a girarne le pagine con sentimenti contrastanti.
Il primo è l'irritazione. C'è modo e modo di barare con i lettori e i media. Quando, dopo aver elencato una serie impressionante e truculenta di delitti d'onore scrive "quello di Dalia non ha avuto una riga sui giornali" accusa giustamente il cinismo della stampa (che di storie così ne racconta una l'anno, poi si stanca), ma ehi, questo era l'unico caso di cui proprio non si poteva avere e dare notizia. E tutto passi, ma non la dedica finale "a Dalia, che mi ha fatto piangere e sarà sempre parte della mia esistenza".
Il secondo sentimento è il disagio. La storia è fasulla, d'accordo, ma ha il pregio di aver fatto conoscere a migliaia di persone la condizione delle donne in Giordania e al loro movimento sono devoluti parte dei diritti (così afferma la copertina, sperando non sia un'altra bufala). La domanda che dobbiamo farci è: avrebbe ottenuto la stessa attenzione se fosse stata presentata come fiction? La risposta sincera è no, perché l'Occidente non chiede buona letteratura araba, ma autobiografie truculente condite da fatwa su autori perseguitati.
(6 agosto 2004)
Dico io.... c'è bisogno di inventare per poter denunciare la condizione delle donne nei paesi Arabi?
LuVi