View Full Version : Pacifismo e logica del nemico
jumpermax
23-07-2004, 11:18
Sono rimasto abbastanza colpito da questo trafiletto...
“Ecco il punto a cui voglio arrivare, quello
che a me sembra ‘il problema’ storico del pacifismo
italiano. Esso è parte di una cultura
che, per ragioni della nostra formazione storica,
retorica, logica, chiede di avere un nemico.
Ora, come può avere un nemico il pacifismo?
Si tratta di una contraddizione, ma a
me sembra che la cultura italiana, fondata su
una tradizione filosofica di antagonismo, forzi
inconsciamente molti militanti giovani a
portarsi addosso questa contraddizione. Ovvero
l’impossibilità di vivere senza un nemico.
[…] Ecco il disagio che mi sembra di cogliere
nella definizione e forse anche nella pratica
del pacifismo italiano: resta forte (più dannoso
se inconscio) il problema del nemico. […]
E’ una strada lunga. Forse si deve cominciare
dalla parte del ‘piccolo cuore’, insegnando
a non odiare”
Che ne dite? A me sembra tutto sommato azzeccato, chissà chi l'avrà scritto.... ;)
Anche a me sembra azzeccato, soprattutto l'ultima frase.
premetto che il testo di jumpermix potrebbe essere benissimo uscito dalla penna di un filosofo di sinistra, posto un trafiletto che mi ha colpito sull'argomento pacifismo e interventismo:
Umberto Eco
"Il fascismo eterno" (Cinque scritti morali, Milano 1997)
[...]
3. L’irrazionalismo dipende anche dal culto dell’azione per l’azione. L’azione è bella di per sé, e dunque deve essere attuata prima di e senza una qualunque riflessione. Pensare è una forma di evirazione. Perciò la cultura è sospetta nella misura in cui viene identificata con atteggiamenti critici. Dalla dichiarazione attribuita a Goebbels (“Quando sento parlare di cultura estraggo la mia pistola”) all’uso frequente di espressioni quali “Porci intellettuali”, “Teste d’uovo”, “Snob radicali”, “Le università sono un covo di comunisti”, il sospetto verso il mondo intellettuale è sempre stato un sintomo di Ur-Fascismo. Gli intellettuali fascisti ufficiali erano principalmente impegnati nell’accusare la cultura moderna e l’intellighenzia liberale di aver abbandonato i valori tradizionali.
[...]
5. Il disaccordo è inoltre un segno di diversità. L’Ur-Fascismo cresce e cerca il consenso sfruttando ed esacerbando la naturale paura della diffidenza. Il primo appello di un movimento fascista o prematuramente fascista è contro gli intrusi. L’Ur-Fascismo è dunque razzista per definizione.
[...]
7. A coloro che sono privi di una qualunque identità sociale, l’Ur-Fascismo dice che il loro unico privilegio è il più comune di tutti, quello di essere nati nello stesso paese. È questa l’origine del “nazionalismo”. Inoltre, gli unici che possono fornire una identità alla nazione sono i nemici.Così, alla radice della psicologia Ur-Fascista vi è l’ossessione del complotto, possibilmente internazionale. I seguaci debbono sentirsi assediati. Il modo più facile per far emergere un complotto è quello di fare appello alla xenofobia. Ma il complotto deve venire anche dall’interno: gli ebrei sono di solito l’obiettivo migliore, in quanto presentano il vantaggio di essere al tempo stesso dentro e fuori. In America, l’ultimo esempio dell’ossessione del complotto è rappresentato dal libro The New World di Pat Robertson.
8. I seguaci debbono sentirsi umiliati dalla ricchezza ostentata e dalla forza dei nemici. Quando ero bambino mi insegnavano che gli inglesi erano il “popolo dei cinque pasti”: mangiavano più spesso degli italiani, poveri ma sobri. Gli ebrei sono ricchi e si aiutano l’un l’altro grazie a una rete segreta di mutua assistenza. I seguaci debbono tuttavia essere convinti di poter sconfiggere i nemici. Così, grazie a un continuo spostamento di registro retorico, i nemici sono al tempo stesso troppo forti e troppo deboli. I fascismi sono condannati a perdere le loro guerre, perché sono costituzionalmente incapaci di valutare con obiettività la forza del nemico.
9. Per l’Ur-Fascismo non c’è lotta per la vita, ma piuttosto “vita per la lotta”. Il pacifismo è allora collusione col nemico; il pacifismo è cattivo perché la vita è una guerra permanente. Questa tuttavia porta con sé un complesso di Armageddon: dal momento che i nemici debbono e possono essere sconfitti, ci dovrà essere una battaglia finale, a seguito della quale il movimento avrà il controllo del mondo. Una simile soluzione finale implica una successiva era di pace, un’età dell’Oro che contraddice il principio della guerra permanente. Nessun leader fascista è mai riuscito a risolvere questa contraddizione.
[...]
11. In questa prospettiva, ciascuno è educato per diventare un eroe. In ogni mitologia l’“eroe” è un essere eccezionale, ma nell’ideologia Ur-Fascista l’eroismo è la norma. Questo culto dell’eroismo è strettamente legato al culto della morte: non a caso il motto dei falangisti era: “Viva la muerte!”. Alla gente normale si dice che la morte è spiacevole ma bisogna affrontarla con dignità; ai credenti si dice che è un modo doloroso per raggiungere una felicità soprannaturale. L’eroe Ur-Fascista, invece, aspira alla morte, annunciata come la migliore ricompensa per una via eroica. L’eroe Ur-Fascista è impaziente di morire. Nella sua impazienza, va detto in nota, gli riesce più di frequente far morire gli altri.
12. Dal momento che sia la guerra permanente sia l’eroismo sono giochi difficili da giocare, l’ur-Fascista trasferisce la sua volontà di potenza su questioni sessuali. È questa l’origine del masochismo (che implica disdegno per le donne e una condanna intollerante per abitudini sessuali non conformiste, dalla castità all’omosessualità). Dal momento che anche il sesso è un gioco difficile da giocare, l’eroe Ur-Fascista gioca con le armi, che sono il suo Ersatz fallico: i suoi giochi di guerra sono dovuti a una invidia penis permanente.[...]
jumpermax
23-07-2004, 12:11
mi sfugge la correlazione con quanto ho scritto ma certo è impressionante vedere le analogie che ci sono con i movimenti arabi integralisti.... :eek:
Originariamente inviato da jumpermax
mi sfugge la correlazione con quanto ho scritto ma certo è impressionante vedere le analogie che ci sono con i movimenti arabi integralisti.... :eek:
l'ho notato anch'io!
in effetti molti collegano il fascismo al terrorismo islamico, ma non avevo mai capito il succo del parallelismo...
l'ho postato perché è vero che il tuo contributo sembra voler discutere costruttivamente del movimento pacifista, ma è anche vero che l'avversione che esso scatena in altri contesti può anche rientrare nella descrizione di Eco:
"Il pacifismo è collusione col nemico" perché "la vita è una guerra permanente"
Curioso poi che quando "si vive per la lotta" (lotta è un termine bipartisan, se guardiamo gli estremi), l’impossibilità di vivere senza un nemico, sembra essere una caratteristica che accomuna in egual misura i pacifisti più estremi e buona parte dei suoi critici...
jumpermax
23-07-2004, 14:41
Originariamente inviato da ni.jo
l'ho notato anch'io!
in effetti molti collegano il fascismo al terrorismo islamico, ma non avevo mai capito il succo del parallelismo...
l'ho postato perché è vero che il tuo contributo sembra voler discutere costruttivamente del movimento pacifista, ma è anche vero che l'avversione che esso scatena in altri contesti può anche rientrare nella descrizione di Eco:
"Il pacifismo è collusione col nemico" perché "la vita è una guerra permanente"
Curioso poi che se "si vive per la lotta" (lotta è un termine bipartisan, se guardiamo gli estremi) l’impossibilità di vivere senza un nemico, pare una caratteristica che accomuna in egual misura i pacifisti più estremi e buona parte dei suoi critici.
Ti stupiresti ancor di più se ti dicessi l'autore (Furio Colombo) ma quando ha scritto quelle parole (10 anni fa) gli scenari erano molto diversi da quelli odierni. Comunque che ci sia un senso di "tradimento" nella avversione verso le posizioni pacifiste mi sembra più vero oggi che qualche anno fa. Mentre infatti la guerra nel Kosovo non era percepita come un'operazione di difesa diretta, ma di polizia internazionale, Afghanistan ed Iraq sono la conseguenza di un attentato che nei fatti è stata una dichiarazione di guerra. Per questo è chiaro che un movimento che ha una forte connotazione antiamericana e che spesso sconfina in posizioni filoarabe ambigue (tipo accoglienza a soggetti come Aziz o giudizi sulla "resistenza" )
finisce con l'essere percepito come sostegno per il "nemico".
Un mix di fattori insomma che porta alla condizione attuale. Certo veder dipinti dei capi di stato democraticamente eletti come dei criminali assassini e incensati quelli che stanno dall'altra parte qualche grosso dubbio sulla lucidità di visione da parte di questi movimenti viene. In questo credo sia complice una stampa essenzialmente prona al pensiero dominante e più attenta a ciò che il pubbico vuole piuttosto che alla qualità di quello che gli propina.
Originariamente inviato da jumpermax
Per questo è chiaro che un movimento che ha una forte connotazione antiamericana e che spesso sconfina in posizioni filoarabe ambigue (tipo accoglienza a soggetti come Aziz o giudizi sulla "resistenza" )
Tareq Aziz è stato *accolto* in Italia come ministro degli esteri di una nazione sovrana, e non certo dai "movimenti pacifisti" ma da questo attuale governo, come è stato giusto.
jumpermax
23-07-2004, 14:50
Originariamente inviato da Chromo
Tareq Aziz è stato *accolto* in Italia come ministro degli esteri di una nazione sovrana, e non certo dai "movimenti pacifisti" ma da questo attuale governo, come è stato giusto.
Mi riferisco alla sua presenza ad Assisi e non alla sua visita come rappresentante dello stato irakeno. Non vorrei che qualche riferimento esplicito politico turbasse una discussione che pone l'accento su un aspetto "sociologico" ;)
Originariamente inviato da jumpermax
Ti stupiresti ancor di più se ti dicessi l'autore (Furio Colombo) ma quando ha scritto quelle parole (10 anni fa) gli scenari erano molto diversi da quelli odierni. Comunque che ci sia un senso di "tradimento" nella avversione verso le posizioni pacifiste mi sembra più vero oggi che qualche anno fa. Mentre infatti la guerra nel Kosovo non era percepita come un'operazione di difesa diretta, ma di polizia internazionale, Afghanistan ed Iraq sono la conseguenza di un attentato che nei fatti è stata una dichiarazione di guerra. Per questo è chiaro che un movimento che ha una forte connotazione antiamericana e che spesso sconfina in posizioni filoarabe ambigue (tipo accoglienza a soggetti come Aziz o giudizi sulla "resistenza" )
finisce con l'essere percepito come sostegno per il "nemico".
Un mix di fattori insomma che porta alla condizione attuale. Certo veder dipinti dei capi di stato democraticamente eletti come dei criminali assassini e incensati quelli che stanno dall'altra parte qualche grosso dubbio sulla lucidità di visione da parte di questi movimenti viene. In questo credo sia complice una stampa essenzialmente prona al pensiero dominante e più attenta a ciò che il pubbico vuole piuttosto che alla qualità di quello che gli propina.
no, non mi stupisce, pensavo fosse Bobbio o un altra penna della sinistra, figurati.
La sinistra, concedicelo, è capace di autocritica :asd:
Su Afghanistan ed Iraq "conseguenza di un attentato" il problema è di percezione della realtà: se guardi i fatti con occhi imparziali per lo meno l'intervento guerrafondaio in iraq (costato decine di migliaia di morti) è stato fatto rientrare a forza nel contesto della "difesa" dal terrorismo: la stessa commissione americana 11-9 ha riconosciuto che è stata una forzatura.
C'è chi in questo ci vede l'atto di imperio del criminale-bush e chi (io) un tentativo maldestro malriuscito e malizioso di sistemazione del M.o.
Però vederci un disinteressato aiuto al popolo iracheno o una difesa dal terrorismo, non depone certo "a favore della lucidità della visione" dei critici...;)
jumpermax
23-07-2004, 15:10
Originariamente inviato da ni.jo
no, non mi stupisce, pensavo fosse Bobbio o un altra penna della sinistra, figurati.
La sinistra, concedicelo, è capace di autocritica :asd:
non credo proprio che scriverebbe quelle cose oggi :D
Su Afghanistan ed Iraq "conseguenza di un attentato" il problema è di percezione della realtà: se guardi i fatti con occhi imparziali per lo meno l'intervento guerrafondaio in iraq (costato decine di migliaia di morti) è stato fatto rientrare a forza nel contesto della "difesa" dal terrorismo: la stessa commissione americana 11-9 ha riconosciuto che è stata una forzatura.
C'è chi in questo ci vede l'atto di imperio del criminale-bush e chi (io) un tentativo maldestro malriuscito e malizioso di sistemazione del M.o.
Però vederci un disinteressato aiuto al popolo iracheno o una difesa dal terrorismo, non depone certo "a favore della lucidità della visione" dei critici...;)
Non apriamo il capitolo valutazioni sull'opportunità della guerra che farebbe scardinare il thread, ho tirato il discorso in ballo in risposta alla frase di Eco ma non vorrei soffermarmi troppo sulle questioni recenti. Le ragioni storiche a cui fa riferimento Colombo immagino risalgano alla guerra fredda quando i comunisti appoggiavano questa posizione in chiave antiamericana. Venuto a cadere il muro sarebbero dovute anche cadere certe impostazioni di antagonismo della corrente pacifiste che invece mi sembra continuino ancora oggi.
Un pacifismo come forma di contestazione non corrisponde all'idea che ho in testa di un movimento non violento (anche se non violenza non è una condizione sufficente per parlare di pacifismo mi sembra che sia perlmeno una condizione necessaria) in stile Ghandiano. Tutto questo nuoce alla credibilità e alla trasversalità del movimento, finendo con l'identificarlo con una posizione politica.
Originariamente inviato da jumpermax
non credo proprio che scriverebbe quelle cose oggi :D
bah, c'è chi le scrive.
Chiedi un parere ad Amato o Mieli, senti cosa ti rispondono.
Originariamente inviato da jumpermax
Non apriamo il capitolo valutazioni sull'opportunità della guerra che farebbe scardinare il thread, ho tirato il discorso in ballo in risposta alla frase di Eco ma non vorrei soffermarmi troppo sulle questioni recenti. Le ragioni storiche a cui fa riferimento Colombo immagino risalgano alla guerra fredda quando i comunisti appoggiavano questa posizione in chiave antiamericana. Venuto a cadere il muro sarebbero dovute anche cadere certe impostazioni di antagonismo della corrente pacifiste che invece mi sembra continuino ancora oggi.
Un pacifismo come forma di contestazione non corrisponde all'idea che ho in testa di un movimento non violento (anche se non violenza non è una condizione sufficente per parlare di pacifismo mi sembra che sia perlmeno una condizione necessaria) in stile Ghandiano. Tutto questo nuoce alla credibilità e alla trasversalità del movimento, finendo con l'identificarlo con una posizione politica.
Scusa se insisto, chiudo l'apparente off topic:
Al punto 3 del contributo di Eco, si parla proprio di "sostegno al nemico".
Forse è meno percettibile, ma se ci ragioni sopra sembra quasi che ad un certo punto, come ha scritto un giornalista americano, "Bin laden fosse collegato mentalmente con Bush per indicargli l'azione sbagliata da intraprendere":
è stato forse anche vittima del "culto dell’azione per l’azione".
L’azione "attaccare l'Iraq" è giusta di per sé, e dunque deve essere attuata prima di essere pronti e senza una qualunque riflessione, neanche quella sulla opportunità di aprire un secondo fronte, scartando le informazioni a sfavore e forzando quelle a favore, e quindi mal valutando le conseguenze.
L'azione "attaccare l'Iraq" si è rivelata porgere a Bin Laden l'opportunità di conquistare alle sue farneticazioni una più vasta platea di musulmani, allargare le file dei "martiri" e porgere un opportunità unica di conquistare la regione con la più alta percentuale di risorse non sfruttate, anche per questo vicinissima non solo fisicamente al suo vero obbiettivo, l'Arabia Saudita...questo ha fattivamente annullato la maggior parte delle poche vittorie acquisite nell'azione (compresa quella della speranza di avere un iraq "democratizzato")
La conclusione è che la percezione "aiutare il nemico" è un pò soggettiva.
Per tornare in topic anch'io non capisco l'uso della bandiera arcobaleno come mezzo contundente, ma trovo paradossale scandalizzarsi per la maglietta del "che" e non per un intervento gestito come quello Iracheno o Vietnamita:
mi preoccupa il ritorno alla declamazione delle virtù guerriere della patria senza nessun guardarsi indietro (al nostro passato militare pieno di sbagli) o intorno (alla ricerca di una via più efficace)
Inoltre anche la pratica della non-violenza di Ghandi conteneva in sè una forza tanto forte da essere ritenuta violenza essa stessa: perchè qualsiasi opposizione a qualcosa che si ritiene ingiusto, è comunque una violenza se l'altro la pensa diversamente; forse il paradosso è tutto quì.
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