Originariamente inviato da gpc
Qui però non sono d'accordo. Non è questo che viene detto in quegli articoli. Da nessuna parte...
Beh...tu cosa capisci quando leggi "si brucia tutto, e più c’è da bruciare più il rendimento economico dell’impianto è elevato"?
Comunque, ripeto, basta fare con google una semplice ricerca con "inceneritore brescia", magari anche per sycret_area potrebbe essere una lettura interessante.
Riporto solo un paio di link:
L’Unione europea mette in mora il governo italiano sull’ambiente per l’inceneritore Asm di Brescia:
http://www.inceneritori.org/UEBRESCIA.doc
Inchiesta della procura di Brescia sul termovalorizzatore:
http://www.mail-archive.com/
[email protected]/msg00975.html
http://www.ecceterra.org/doc/soluz.industr.incener.doc
LA SOLUZIONE INDUSTRIALISTA DEL PROBLEMA RIFIUTI
L’INCENERIMENTO
IL FALLIMENTO DELL’ESPERIENZA PILOTA DELL’ASM DI BRESCIA
Chi giunge a Brescia per l’autostrada Venezia-Milano se lo trova improvvisamente davanti: una cattedrale, un castello postmoderno dalle linee avveniristiche, con uno svettante campanile o torre quadrata, azzurro pastello, sfumato sul grigio verso il basso e più intenso in alto, per mimetizzarsi con il colore spento del cielo della pianura padana. Dietro quelle levigate pareti si cela la “megamacchina”, il più grande inceneritore di rifiuti d’Europa, quello dell’Asm, l’azienda dei servizi municipalizzati di Brescia. In questa immagine contradditoria si potrebbe condensare la “doppiezza” dell’inceneritore Asm: la propaganda di un modello “virtuoso” proposto in tutta Italia, spesso anche da settori dell’ambientalismo, da un canto, la realtà di un fallimento clamoroso e senza appello nella gestione dei rifiuti, alla prova dei fatti, dall’altro.
La vicenda dell’inceneritore Asm di Brescia, infatti, è di straordinario interesse proprio perché riporta il dibattito sull’incenerimento come soluzione al problema rifiuti, dalle dispute teoriche e di principio al confronto con i dati della realtà. E dopo cinque anni di funzionamento dell’inceneritore a Brescia si possono tirare fondate e conclusive valutazioni, tutte decisamente negative per i sostenitori dell’incenerimento.
Eppure quando oltre 10 anni fa si decise di installare l’inceneritore (a Brescia, con un ipocrita eufemismo, chiamato termoutilizzatore), si partì con le migliori intenzioni: si proclamò solennemente, mobilitando esperti da tutto il mondo, docenti universitari, ambientalisti di chiara fama, che questo impianto si sarebbe collocato a valle di una raccolta differenziata spinta; che non vi sarebbe stato alcun problema di emissioni inquinanti.
Sono le “verità” che vengono raccontate oggi in varie parti d’Italia, in Campania, a Torino, nel Veneto, a Firenze, a Trento dove l’impianto dell’Asm di Brescia è oggetto di culto da parte degli “inceneritoristi”. Ed in effetti a Brescia dieci anni fa si volle costruire un’esperienza pilota. Per questo l’Asm scomodò un superconsulente, l’ingegner Paolo degli Espinosa, autorevole esperto dell’Enea, ma anche membro del Comitato scientifico di Legambiente, capace quindi di offrire il prestigio della “scienza” insieme al marchio “ambientalista”. Fu lui ad elaborare il cosiddetto “sistema integrato” (formula proposta oggi come una sorta di Vangelo), fondato sul cosiddetto “doppio binario”: da un lato, più del 50% dei rifiuti destinati alla raccolta differenziata, dall’altro il residuo secco “non altrimenti riciclabile” all’incenerimento
Ebbene, dopo cinque anni di funzionamento dell’inceneritore, possiamo verificare, dati alla mano, come sono andate le cose a Brescia.
Innanzitutto l’inceneritore ha prodotto una vera impennata nella produzione dei rifiuti pro capite, collocando Brescia ai vertici della graduatoria delle province “immondezzaie” (kg 1,566 in provincia e addirittura kg 1,821 nel comune capoluogo, un 25 % in più della media nazionale di kg 1,34) ed ha richiamato a Brescia l’importazione di rifiuti da tutta Italia (solo quelli, speciali diretti all’inceneritore, oltre 120.000 tonnellate nel 2001). Questo perché, con una serie di astuzie all’italiana, si è costruito un inceneritore mostruosamente sovradimensionato: previsto nelle delibere autorizzative di 266.000 tonnellate all’anno (più che sufficiente per trattare tutti i rifiuti urbani della provincia di Brescia, a valle di una decente raccolta differenziata) è cresciuto “inaspettatamente” fino a quasi 500.000 tonnellate per attestarsi, oggi, con l’installazione di una terza linea su di un totale di oltre 700.000 tonnellate. Per alimentarlo allora, non solo bisogna aumentare a dismisura la produzione di rifiuti, in clamorosa contraddizione con le priorità del decreto Ronchi, non solo bisogna importare rifiuti da ogni parte d’Italia, bisogna anche scoraggiare il più possibile la raccolta differenziata che sottrae prezioso combustibile alla “megamacchina”. A Brescia questa ingoia già tutta la plastica, che prima si differenziava, ma anche buona parte dei cartoni e della carta di cui non si spinge più come un tempo la differenziazione. Il risultato è che Brescia, da una posizione di primo piano nella raccolta differenziata che occupava meno di un decennio fa, è andata a collocarsi, con un modesto 26,5%, al penultimo posto della graduatoria della Lombardia, che vantava già nel 2000 una media del 32%. Così, a partire dal 1995, il quantitativo globale di rifiuti conferiti non differenziati non solo non è stato scalfito, ma è continuamente aumentato (da 431.497 tonnellate nel 1995 a 470.856 nel 2001). Basterebbe il confronto con il bacino Padova 1, dove si pratica il “porta a porta”, con una riduzione del rifiuto pro capite a solo 1 kg/giorno ed una raccolta differenziata al 60%, per dar conto del fallimento su tutta la linea dell’esperienza bresciana targata Asm.
Certo, l’incenerimento è un formidabile business. E’ un sogno di ogni imprenditore, infatti, disporre di una centrale termoelettrica che opera in regime di monopolio, con un combustibile che non è un costo, ma addirittura un ricavo (già questa voce di entrata ammonta a oltre 2 milioni di euro!), a cui si aggiungono ingenti guadagni dall’energia elettrica e dall’acqua calda e incentivi “impropri” dallo Stato (i rifiuti sarebbero energie rinnovabili!) e dal Conai per gli imballaggi bruciati (!). Insomma una “gallina dalle uova d’oro” che il comune di Brescia ha pensato bene di privatizzare permettendo così l’entrata in forze dell’Hopa di Emilio Gnutti, il noto finanziere d’assalto bresciano, socio privilegiato in affari con la finanza “rossa” (Unipol e Monte dei Paschi).
Ed allora, a Brescia, si può chiudere un occhio sull’impatto ambientale di un simile impianto, nonostante la città abbia “scoperto” recentemente di trovarsi, in una zona adiacente all’inceneritore, con una contaminazione storica da PCB e diossine (qui ha operato l’unica azienda produttrice di PCB in Italia, la Caffaro) superiore a quella registrata a Seveso.
Così l’inceneritore sta funzionando senza che vi sia mai stata una Valutazione di Impatto Ambientale che neppure viene prevista per l’installazione in corso della terza linea (e per questo alcuni gruppi ambientalisti non istituzionali hanno chiesto l’intervento dell’Unione europea).
La rimozione è tale che il rapporto dell’assessorato all’ecologia del Comune di Brescia (dei Verdi!) sulla qualità dell’aria del 2001 non contempla l’inceneritore tra i camini industriali presenti nel comune. Eppure, da quel rapporto, risulta che tutte le altre emissioni dei 58 camini industriali censiti, per quanto riguarda gli ossidi di azoto (NOx), assommano a un totale di 148.754 kg/anno, mentre il solo inceneritore (“stranamente” non considerato!) ne butta fuori esattamente il doppio, circa 300.000 kg/anno.
Ma anche per quanto riguarda i PCB, parenti stretti delle diossine e di cui Brescia soffre una contaminazione da Guinness dei primati, stanno emergendo dati inquietanti. L’Arpa recentemente ha indagato i PCB presenti nelle polveri dell’aria di Brescia (ma analogo discorso si può ipotizzare anche per le diossine): innanzitutto si nota che le concentrazioni medie di PCB nelle polveri della città sono almeno 100 volte più elevate di quelle di controllo di tre località non industriali della provincia; è quindi più di un’ipotesi che un contributo a questo inquinamento da PCB dell’aria della città venga proprio dall’inceneritore, se i PCB rilevati mediamente nell’aria di una zona della stessa risultano essere 75 pg/Nm3 (picogrammi per metro cubo di aria), mentre dall’inceneritore escono, secondo la media delle rilevazioni fatte dall’Istituto Negri nell’aprile e nel giugno 2002, ben 8.250 pg/Nm3 di PCB, cioè circa 100 volte di più. Ma quelle emissioni di PCB (come pure quelle delle diossine pari a circa 8 pg/Nm3) vanno moltiplicate per oltre 3 miliardi di Nm3 all’anno in uscita dal camino dell’inceneritore per dare l’idea di quanto se ne accumuli ogni anno nell’ambiente.
E pensare che Asm non ha temuto il ridicolo dichiarando spesso che l’inceneritore pulirebbe l’aria di Brescia!
Ripeto, non voglio assolutamente prendere per oro colato tutto ciò che si legge in questi ed in tutti gli altri link che ho trovato su google. Anzi, la mia speranza è che qualcuno mi segnali qualche link in cui si controbatte, dati alla mano, a quanto viene affermato in essi.