jumpermax
27-03-2004, 16:05
http://www.ilcannocchiale.it/blogs/style/orange/dettaglio.asp?id_blog=385
"Per molti credenti è come se in Italia avessero ucciso il Papa". Achille Occhetto ha così commentato l'uccisione dello sceicco Yassin. "E' un fatto che ci deve preoccupare molto, perché si tratta di un'autorità religiosa. A noi fa meno effetto, ma è come se in Italia avessero ucciso il Papa".
potrei ora scrivere un lungo post di commento come questo
http://www.radicali.it/organi/news.asp?Q=9682&N=N
L'ELIMINAZIONE DI YASSIN, IL PARAGONE FUORILUOGO DI OCCHETTO, LA CONFERENZA DI SANA'A
Articolo pubblicato su L’Avanti! del 25 marzo 2004
di Ciro Sbailò
Con il suo paragone tra il leader storico di Hamas e il Sommo Pontefice – “per molti credenti è come se in Italia avessero ucciso il Papa” –l’on. Occhetto ha dato voce all’opinione di gran parte del popolo della sinistra (e non solo) su due questioni cruciali, come la realtà del mondo islamico e la natura della minaccia terroristica.
Se proprio volessimo fare un paragone, allora dovremmo paragonare l’uccisione di Yassin all’uccisione o all’arresto di un capomafia in una zona (e ce ne sono state) dove la mafia gode di ampio consenso sociale. C’è rabbia, frustrazione, desiderio di vendetta. Non c’è la pietas, non c’è la costernazione. E non c’è neanche la speranza. Può affacciarsi – questa sì – la consapevolezza che certe organizzazioni non sono invincibili.
Nell’ambito islamico, la determinazione della leadership non è affidata, come nel cattolicesimo, a un’investitura proveniente da una gerarchia che custodisce la continuità ecclesiale. Nell’Islam non esistono vere gerarchie perché non esiste la dottrina dell’incarnazione. Il “verbo incarnato”, nell’Islam, è il testo stesso del Corano. La legge è nella lettera, non nello spirito. Per questo il confronto, la disputa e le interpretazioni possono rivelarsi superflui. In questo modo, l’ “autorità” in ambito islamico deve continuamente riaffermarsi e auto-legittimarsi. Questa può essere una garanzia di tolleranza e pluralismo (dovute a sostanziale indifferenza), in alcuni contesti storici. Ma può essere anche – e oggi lo è per lo più – fonte di violenza omicida. Così pure, l’uccisione del “capo” o la morte del kamikaze non hanno nulla a che vedere con il “martirio” cristiano, che è testimonianza resa alla Verità in una serena messa in gioco di se stessi come persona, ovvero come soggetto costitutivamente libero e costitutivamente “responsabile” verso l’Altro (Dio, la comunità, l’uomo, il futuro dell’Umanità). Tale modo di intendere il martirio, per quanto possa sembrare paradossale, è alla base anche delle battaglie libertarie, illuministiche e radicali.
Detto questo, si può considerare eccessiva l’azione israeliana o preoccuparsi per le sue conseguenze. Ma ci pare difficile considerarla illegittima. Nessuno può gioire per l’uccisione di un uomo anziano costretto su una sedia a rotelle. Ma neanche il governo americano gioiva quando tanti civili morivano sotto i bombardamenti di Napoli e Roma. Era la guerra. E anche ora si tratta di guerra. Checché se ne pensi, l’azione israeliana non è equiparabile a un atto di terrorismo: l’obiettivo era ben individuato, meglio ancora individuato di quanto lo fossero gli obiettivi dei bombardieri alleati durante la seconda guerra mondiale. Ma non è equiparabile neanche a un’”esecuzione senza processo”. La decapitazione dell’esercito nemico è un obiettivo militare. E Hamas per gli israeliani è un nemico irriducibile, che non solo vuole cancellare Israele dalla carta geografica, ma promuove la guerra contro gli “ebrei” in quanto tali.
Ci pare inoltre che il paragone dell’on. Occhetto dia voce a un pregiudizio molto diffuso, secondo il quale il terrorismo rappresenta una conseguenza di gravi squilibri socio-economici e geo-politici, ragion per cui per combattere il terrorismo bisogna prima sanare questi squilibri. I fatti, invece, ci dicono che il terrorismo è privo di un obiettivo politico, benché sia abile nella tattica politica (come dimostra la costruzione dell’attentato di Madrid). Il fine del terrorismo è il terrorismo stesso: gli obiettivi politici sono mezzi, non fini. Tale fenomeno sta diventando un elemento strutturale delle società contemporanee e per la sua eliminazione dovremo aspettare un bel po’. Nel frattempo, si può renderlo “anti-economico”, ovvero “svantaggioso”, non per chi lo pratica, quanto per chi lo appoggia, lo sostiene o lo copre. Contestualmente potremmo cercare di liberarci del nostro etno-centrismo, vincere la pigrizia e la paura, ed “esportare” la democrazia, il liberalismo, il riformismo in quelle regioni del mondo arabo-islamico dove ancora la civiltà occidentale rappresenta un nemico irriducibile. Non è impossibile. Ma faticoso, questo sì. Ne sanno qualcosa i radicali: Emma Bonino all’inizio di gennaio ha organizzato insieme al governo yemenita, a San’a, una conferenza su “Democrazia, diritti umani e corte penale internazionale”, con centinaia di delegati dal mondo arabo-islamico. Un grande successo, di cui in Italia s’è parlato poco. Se c’è una soluzione “politica” al terrorismo, è questa; non certo la giustificazione sociologica e politica e meno che mai il cedimento alle richieste dei terroristi.
ma credo che la risposta migliore l'abbia data Ferrara nella rubrica di lettere al direttore di oggi :D
Al direttore - Nel commentare la recente
operazione militare israeliana, Achille Occhetto
ha proposto il paragone tra Yassin e
Giovanni Paolo II. Il fondatore dei Ds – come
D’Alema, Diliberto, i ministri degli Esteri europei
e tante altre persone – dimentica quanto
sia rossa sangue la barba dello “sceicco”,
così come sembra ignorare il confine superato
ad Ashdod, col tentativo dei terroristi palestinesi
di colpire depositi di sostanze chimiche.
Ma con quel paragone Occhetto offende anche
il Papa, un uomo che – scegliendo di volta in
volta iniziative e posizioni più o meno condivisibili
– alla pace ha comunque votato il suo
pontificato. Cordiali saluti
Yasha Reibman, Milano
La guida spirituale di Tony Di Pietro è
ribollita.
"Per molti credenti è come se in Italia avessero ucciso il Papa". Achille Occhetto ha così commentato l'uccisione dello sceicco Yassin. "E' un fatto che ci deve preoccupare molto, perché si tratta di un'autorità religiosa. A noi fa meno effetto, ma è come se in Italia avessero ucciso il Papa".
potrei ora scrivere un lungo post di commento come questo
http://www.radicali.it/organi/news.asp?Q=9682&N=N
L'ELIMINAZIONE DI YASSIN, IL PARAGONE FUORILUOGO DI OCCHETTO, LA CONFERENZA DI SANA'A
Articolo pubblicato su L’Avanti! del 25 marzo 2004
di Ciro Sbailò
Con il suo paragone tra il leader storico di Hamas e il Sommo Pontefice – “per molti credenti è come se in Italia avessero ucciso il Papa” –l’on. Occhetto ha dato voce all’opinione di gran parte del popolo della sinistra (e non solo) su due questioni cruciali, come la realtà del mondo islamico e la natura della minaccia terroristica.
Se proprio volessimo fare un paragone, allora dovremmo paragonare l’uccisione di Yassin all’uccisione o all’arresto di un capomafia in una zona (e ce ne sono state) dove la mafia gode di ampio consenso sociale. C’è rabbia, frustrazione, desiderio di vendetta. Non c’è la pietas, non c’è la costernazione. E non c’è neanche la speranza. Può affacciarsi – questa sì – la consapevolezza che certe organizzazioni non sono invincibili.
Nell’ambito islamico, la determinazione della leadership non è affidata, come nel cattolicesimo, a un’investitura proveniente da una gerarchia che custodisce la continuità ecclesiale. Nell’Islam non esistono vere gerarchie perché non esiste la dottrina dell’incarnazione. Il “verbo incarnato”, nell’Islam, è il testo stesso del Corano. La legge è nella lettera, non nello spirito. Per questo il confronto, la disputa e le interpretazioni possono rivelarsi superflui. In questo modo, l’ “autorità” in ambito islamico deve continuamente riaffermarsi e auto-legittimarsi. Questa può essere una garanzia di tolleranza e pluralismo (dovute a sostanziale indifferenza), in alcuni contesti storici. Ma può essere anche – e oggi lo è per lo più – fonte di violenza omicida. Così pure, l’uccisione del “capo” o la morte del kamikaze non hanno nulla a che vedere con il “martirio” cristiano, che è testimonianza resa alla Verità in una serena messa in gioco di se stessi come persona, ovvero come soggetto costitutivamente libero e costitutivamente “responsabile” verso l’Altro (Dio, la comunità, l’uomo, il futuro dell’Umanità). Tale modo di intendere il martirio, per quanto possa sembrare paradossale, è alla base anche delle battaglie libertarie, illuministiche e radicali.
Detto questo, si può considerare eccessiva l’azione israeliana o preoccuparsi per le sue conseguenze. Ma ci pare difficile considerarla illegittima. Nessuno può gioire per l’uccisione di un uomo anziano costretto su una sedia a rotelle. Ma neanche il governo americano gioiva quando tanti civili morivano sotto i bombardamenti di Napoli e Roma. Era la guerra. E anche ora si tratta di guerra. Checché se ne pensi, l’azione israeliana non è equiparabile a un atto di terrorismo: l’obiettivo era ben individuato, meglio ancora individuato di quanto lo fossero gli obiettivi dei bombardieri alleati durante la seconda guerra mondiale. Ma non è equiparabile neanche a un’”esecuzione senza processo”. La decapitazione dell’esercito nemico è un obiettivo militare. E Hamas per gli israeliani è un nemico irriducibile, che non solo vuole cancellare Israele dalla carta geografica, ma promuove la guerra contro gli “ebrei” in quanto tali.
Ci pare inoltre che il paragone dell’on. Occhetto dia voce a un pregiudizio molto diffuso, secondo il quale il terrorismo rappresenta una conseguenza di gravi squilibri socio-economici e geo-politici, ragion per cui per combattere il terrorismo bisogna prima sanare questi squilibri. I fatti, invece, ci dicono che il terrorismo è privo di un obiettivo politico, benché sia abile nella tattica politica (come dimostra la costruzione dell’attentato di Madrid). Il fine del terrorismo è il terrorismo stesso: gli obiettivi politici sono mezzi, non fini. Tale fenomeno sta diventando un elemento strutturale delle società contemporanee e per la sua eliminazione dovremo aspettare un bel po’. Nel frattempo, si può renderlo “anti-economico”, ovvero “svantaggioso”, non per chi lo pratica, quanto per chi lo appoggia, lo sostiene o lo copre. Contestualmente potremmo cercare di liberarci del nostro etno-centrismo, vincere la pigrizia e la paura, ed “esportare” la democrazia, il liberalismo, il riformismo in quelle regioni del mondo arabo-islamico dove ancora la civiltà occidentale rappresenta un nemico irriducibile. Non è impossibile. Ma faticoso, questo sì. Ne sanno qualcosa i radicali: Emma Bonino all’inizio di gennaio ha organizzato insieme al governo yemenita, a San’a, una conferenza su “Democrazia, diritti umani e corte penale internazionale”, con centinaia di delegati dal mondo arabo-islamico. Un grande successo, di cui in Italia s’è parlato poco. Se c’è una soluzione “politica” al terrorismo, è questa; non certo la giustificazione sociologica e politica e meno che mai il cedimento alle richieste dei terroristi.
ma credo che la risposta migliore l'abbia data Ferrara nella rubrica di lettere al direttore di oggi :D
Al direttore - Nel commentare la recente
operazione militare israeliana, Achille Occhetto
ha proposto il paragone tra Yassin e
Giovanni Paolo II. Il fondatore dei Ds – come
D’Alema, Diliberto, i ministri degli Esteri europei
e tante altre persone – dimentica quanto
sia rossa sangue la barba dello “sceicco”,
così come sembra ignorare il confine superato
ad Ashdod, col tentativo dei terroristi palestinesi
di colpire depositi di sostanze chimiche.
Ma con quel paragone Occhetto offende anche
il Papa, un uomo che – scegliendo di volta in
volta iniziative e posizioni più o meno condivisibili
– alla pace ha comunque votato il suo
pontificato. Cordiali saluti
Yasha Reibman, Milano
La guida spirituale di Tony Di Pietro è
ribollita.