View Full Version : inquinamento e clima
per non mandare ot la discussione sul disastro metereologico in usa, postiamo quì i pareri di chi è convinto che l'inquinamento causi disastri di questo tipo e chi non lo è.
Il Resto del Carlino.it
E' CALDO. PIOVE TROPPO. UN CLIMA DA DISASTRO
Tratto da Il Resto del Carlino.it
L'Organizzazione metereologica mondiale ha diffuso i dati sul tempo registrato nel 2000
23 GENNAIO - Più caldo del normale, più piovoso del solito. Secondo i più accreditati centri mondiali di ricerca sul clima l'anno che sta per concludersi è stato il sesto più caldo mai misurato negli ultimi 140 anni, piazzandosi subito dopo il 1998, il 1997, il 1995, il 1990 e il 1999. Ad affermarlo, sulla base dei dati delle reti di monitoraggio del Met Office inglese e dell'università dell'East Anglia, è l'organizzazione metereologica mondiale (WMO) che non ha reso noto un rapporto preliminare sul clima del 2000.
"Il 2000 - ha detto il segretario generale del Wmo, Godwin Obasi - è il ventiduesimo anno consecutivo con tempertura al di sopra della media del periodo 1961-1990 e si piazza su livelli simili a quelli del 1999 nonostante il persistente effetto raffreddante rappresentato dalla corrente marina tropicale del Pacifico denominata El Nino. Se a questo si aggiunge il fatto che i dieci anni più caldi si sono tutti registrati dopo il 1983 e che sette di essi fanno parte degli anni 90 si può dire che il trend in atto è compatibile con il riscaldamento globale del quale si parla e questo dovrebbe quindi spingerci ad un taglio delle emissioni di quei gas che accentuano l'effetto serra".
Un appello non nuovo per Obasi, ma che sinora lo stallo dei negoziati sul clima ha lasciato cadere nel vuoto. Il mancato accordo alla conferenza delle parti svoltasi all'Aia lo scorso novembre e il dissenso che si è registrato anche nel successivo incontro informale di Ottawa non lasciano infatti ben sperare per gli appuntamenti successivi già fissati per giugnoo a Bonn e ad ottobre in Marocco.
I dati del Wmo sono confermati al millmetro da quelli della Noaa, l'agenzia governativa statunitense che si occupa di atmosfera e oceani. Il loro rapporto definitivo sul 2000 conferma la stima di sesto anno più caldo almeno dal 1880 ad oggi. Il 2000 è stato 0.59 gradi al di sopra delle medie. La Noaa aggiunge che a nord del ventesimo parallelo - cioè in gran parte dell'emisfero settentrionale - le temperature sono state ancora più calde risultando le terze mai misurate.
"Temperature più alte di 1-2 gradi rispetto alle medie 1960-1990 - prosegue la Noaa - sono state registrate in gran parte del Canada, in Scandinavia e nella maggior parte dell'Europa dell'est e dei Balcani. Una prolungata onda di calore ha interessato la maggior parte dell'Europa meridionale durante giugno e luglio con temperature anomale che hanno anche superato i 43 gradi e che hanno interessato Turchia, Gracia, Italia, Romania e Bulgaria. La sola vasta erea con temperature al di sotto della media è stata l'Australia".
La Noaa fornisce dati molto interessanti anche relativamente alla piovosità. "Nonostante molte regioni del globo abbiano sperimentato nel 2000 una devastante siccità - si osserva nel rapporto - le stime indicano che globalmente il 2000 è stato il terzo anno più piovoso mai misurato, con un aumento del 2,9% rispetto alle medie".
Il dato non sorprende visto che il Inghilterra e Galles il 2000 è stato l'anno più piovoso dal 1872 e che alluvioni e piogge record si sono avute in Italia, Svizzera, Indonesia, Pacifico occidentale, Bangladesh, Colombia, Cambogia, Thailandia, India, Guatemala, Nicaragua.
Tutto questo nonostante la siccità che ha interessato soprattutto Europa meridionale, Bulgaria, Medio Oriente, Asia Centrale fino alla Cina settentrionale e parte di Messico e Stati Uniti. E le previsioni per il 2.001 non sono confortanti. "A nostro avviso - osserva Alan Thorpe, direttore dell'Headley center dell'ufficio tereologico britannico - il 2001 sarà più caldo del 2000, e potrebbe essere il secondo più caldo di sempre, anche se molto dipenderà dallo sviluppo di El Nino".
http://spazioinwind.libero.it/gpscienze/Terra/Atmosfera/ciclotropico.htm
I cicloni tropicali
I cicloni tropicali sono potenti depressioni che si formano nelle regioni tropicali. A seconda delle zone vengono chiamati con nomi diversi: willy-willy in Australia, ciclone nell’Oceano Indiano; nell’Oceano Pacifico si usa il termine tifone dal cinese "tai fung" che significa grande vento; nell’Oceano Atlantico, infine, il termine in uso è uragano, dal nome indio Hundrakan, la divinità dei temporali.
Il ciclone tropicale è una profonda depressione di limitata estensione che si origina sopra gli oceani tra gli 8° e i 15° di latitudine nord e sud dove è significativa la forza di Coriolis. Questi cicloni non si formano nei pressi dell’equatore, dove è minima la forza di Coriolis.
Le depressioni che, a causa dell'intensa evaporazione e della risalita per convezione si formano in queste zone, ruotano in senso antiorario nell'emisfero nord e in senso orario nell'emisfero sud. Una depressione si trasforma in ciclone se viene mantenuta attiva dalla presenza in quota di venti rotanti che aspirano parte dell'aria ascendente.
Un ciclone tropicale è una perturbazione quasi perfettamente circolare che viene rappresentata su una carta meteorologica come una serie di isobare concentriche e fitte, al cui centro, detto occhio, la pressione atmosferica scende fino a meno di 950 mb. L’intero sistema ha un diametro che va da 200 a 1.000 km ed è attivo da 3 a 15 giorni; essendo più piccolo di un ciclone delle medie latitudini, ruota più velocemente.
Le condizioni di partenza perché si sviluppi un uragano sono una temperatura delle acque superficiali dell’oceano di almeno 26 gradi, bassa pressione al livello del mare e alta pressione in quota.
Tra la base e la sommità di questa vera e propria macchina termica possono esserci differenze di temperatura anche di 100 gradi (da +25° a -75°).
Nel centro del ciclone, che ha un diametro di circa 25-30 chilometri, l’aria scende mantenendo temperature alte e scarsa umidità; il cielo si mantiene limpido, con solo qualche cirro e si hanno condizioni di calma di vento. Intorno all’occhio sale velocemente, con moto rotatorio, una colonna convettiva di aria calda e umida proveniente dalla superficie oceanica. La colonna convettiva ascendente può raggiungere l’altezza di 15 chilometri dove, trovando la strada bloccata dall’alta pressione, si allarga a ventaglio e produce una parete torreggiante di cumulonembi dai quali possono cadere fino a 5 cm di pioggia in un’ora. La condensazione e la precipitazione liberano massicce quantità di calore latente.
I venti raggiungono velocità superiori ai 120 km all’ora, che rendono il mare agitato per centinaia di chilometri dall’occhio del ciclone e causano mareggiate in grado di sommergere tratti di costa. La violenza dei venti è massima nelle zone periferiche, dove la loro forza distruttrice, accompagnata da nubifragi, può investire aree di grande vastità causando danni spaventosi.
Muovendosi il ciclone incontra acqua più fredda che riduce l’apporto di vapore ed energia. Vapore ed energia diminuiscono ulteriormente quando il ciclone si sposta sulla terra dove aumentano anche le perdite per attrito. Alla fine il ciclone svanisce o si trasforma in un ciclone extratropicale di medie latitudini se incontra aria fredda umida. Il mare fornisce l’energia necessaria a mettere in moto il fenomeno, sotto forma di calore. Il flusso di calore dal mare può raggiungere i 60.000 miliardi di calorie al secondo. Questa cessione di calore provoca un abbassamento della temperatura della superficie del mare, riducendo la possibilità che altri fenomeni dello stesso tipo si possano ripetere entro breve tempo. Questi cicloni interessano esclusivamente sei regioni oceaniche tropicali e subtropicali: Golfo del Messico e Mar dei Caraibi, Mare Cinese e Pacifico nord-occidentale, Golfo Persico e del Bengala, coste occidentali del Messico e dell’America Centrale, Oceano Indiano meridionale e Pacifico sud-occidentale.
In genere, i cicloni si spostano a velocità non molto elevata, compresa tra i 20 e i 100 km/h. Il loro sviluppo e il percorso sono oggi seguiti da satelliti; in questo modo gli uffici meteorologici sono in grado di preavvisare tempestivamente le località interessate.
jumpermax
19-09-2003, 10:58
da il foglio del 19 settembre 2003
Il catastrofismo scientifico è ormai un'epidemia
Infuria nella comunità scientifica il dibattito
su quanto paga il catastrofismo. Sull’ultimo
numero di Science, in un articolo
intitolato “Falsi allarmi sui falsi allarmi
ambientali”, S.W. Pacala e S.A. Levin, del dipartimento
di Ecologia e Biologia evolutiva
dell’Università di Princeton, e altri economisti
sostengono che è meglio esagerare negli
allarmismi, anche forzando le prove
scientifiche, che viceversa. Danno per scontato
che molte previsioni catastrofiche “finiranno
per rivelarsi sbagliate”, che molti
disastri annunciati hanno una probabilità
bassissima di verificarsi, ma argomentano
che “data la possibilità di salvare milioni di
vite, non è il caso di abbassare la sensibilità
dei nostri allarmi ambientali”. Non è una
tesi del tutto nuova. Giustifica sul piano economico
(calcolano che ogni vita salvata “valga”
da 3 a 5 milioni) quel che il biologo
Stephen Schneider, della Stanford University,
aveva sostenuto nel 1989 sulla rivista
Discover: che “per catturare l’immaginazione
del pubblico dobbiamo saper offrire scenari
spaventosi, fare dichiarazioni drammatiche
semplificatrici, sottacendo gli eventuali
dubbi. Ciascuno di noi deve trovare un
giusto equilibrio tra l’essere efficaci e l’essere
onesti”. Iain Murray, commentatore
britannico che vive a Washington, uno che
non perde occasione di bacchettare gli eccessi
ambientalisti, è intervenuto sul Financial
Times per dargli addosso, ricordandogli,
sull’onda della vecchia saggia favola
dell’“al lupo, al lupo”, che, etica della scienza
a parte, in genere “il pubblico non la
prende bene a essere preso per i fondelli,
anche se con la migliore delle intenzioni”.
Mentre quest’estate l’Europa cuoceva, in
America faceva molto più fresco del solito.
La stagione atipica, la pioggia e le nuvole
pare spingessero i newyorchesi (o almeno
quelli che se lo potevano permettere) a
“prenotare disperatamente viaggi ai Caraibi,
in Florida e in Europa”.
Ora 100.000 persone sono in fuga dal ciclone
Isabel, che sta per abbattersi sulla
West coast. Gli assicuratori, che di queste
cose se ne intendono, prevedono danni come
non se n’erano visti da un decennio (l’uragano
Andrew nel 1992 era costato 26 miliardi
di dollari). Ma Isabel potrebbe anche
sgonfiarsi. Nuove tecniche matematiche
permettono di studiare, in base ai dati disponibili
sul passato, la frequenza di “eventi
estremi”, anche così estremi da non avere
precedenti. Non solo cicloni o terremoti,
quindi, ma anche epidemie tipo Sars, recessioni
economiche e atti di terrorismo.
Ma in questi casi forse è meglio pentirsi per
aver preso troppe precauzioni anziché troppo
poche. Caldo anomalo e turbolenze anomale
sono considerate facce della stessa
medaglia. Ma il problema è che a certi eventi
non ci sono soluzioni, o quelle che vengono
proposte possono provocare più danni di
quelli che si vorrebbero evitare. Come
esempio di risultati disastrosi, o comunque
non convenienti, di iniziative politiche assunte
sull’onda di eventi terribili, l’ultimo
numero dell’Economist portava il caso dei
450 miliardi spesi in attrezzature frangifuoco
nel metrò di Londra, dopo l’incendio che
nel ’98 aveva fatto 31 vittime, miliardi che lo
stesso esperto allora incaricato dell’inchiesta,
Sir Bernard Crossland, ora dice che sarebbe
stato meglio investire in rilevatori di
fumo nelle case, dove gli incendi fanno 500
vittime all’anno; il caso dell’incidente ferroviario
del 2000, che aveva fatto 4 vittime, e
dopo il quale erano stati imposti limiti di
velocità e altre misure che hanno finito per
scoraggiare l’uso del treno e hanno convinto
più gente ad andare in auto, aumentando
di conseguenza gli incidenti stradali.
L’Economist parlava anche del caso delle
costosissime operazioni di pulizia post-incidente
della Exxon Valdez al largo dell’Alaska, che “si ritiene abbiano danneggiato
l’ambiente più della perdita originale di
greggio”. “Qualcosa (non) s’ha da fare”, la
conclusione del settimanale. Troppo allarme
può anche spingere all’incuria e alla
rassegnazione (tipo: se si sciolgono già il 90
per cento dei ghiacciai al mondo, che differenza
fa se riciclo o meno la spazzatura?).
Troppe catastrofi annunciate e poi non verificatesi
possono produrre assuefazione, lasciare
impreparati quando arriva davvero il
lupo. Dall’ambiente alla popolazione all’economia
alle guerre, si potrebbero riempire
volumi col solo elenco delle catastrofi
che non ci sono state. E delle conseguenze
impreviste. Un caso di catastrofe non prevista
(ma non imprevedibile) era stato l’11 settembre.
Ma se i rimedi siano stati adeguati
è ancora oggetto di discussione.
Il catastrofismo quindi è sempre e comunque
fuorviante e pericoloso? Non sempre.
In fin dei conti Cassandra aveva avuto
ragione. Il secolo scorso ci aveva fornito
esempi straordinari di catastrofi annunciate
che non si sono verificate: dalla macchina
del tempo di H. G. Wells, in cui il viaggiatore
nel tempo ritrova dopo 800.000 anni
solo due classi sociali, i discendenti degradati
della classe operaia e di quelle dominanti,
alla denuncia della tecnologia da parte
di Aldous Huxley nel suo “Brave New
World”, fino a “1984” di George Orwell, col
Grande fratello mezzo Stalin-mezzo Hitler.
Per fortuna non è andata così. Come non è
detto che si vada all’estinzione imminente
della razza umana su cui si incentra “Oryx
and Crake”, l’ultimo romanzo di Margaret
Atwood. Forse quelle profezie avevano contribuito
a scongiurare l’avverarsi delle profezie.
O forse no. Ma la cosa principale è che
non si facevano passare per “scienza”.
Siegmund Ginzberg
lnessuno
19-09-2003, 11:24
ma post per cui non sia necessario prendere ferie per leggerli no eh? :D
magari sabato lo leggo e domenica rispondo va :D
Originariamente inviato da jumpermax
ma poi sono autorizzato a postare altre cose su altri argomenti, di SIEGMUND GINZBERG?:D
seriamente, i miei link facevano riferimento al sito dell'aereonautica e all'Organizzazione metereologica mondiale, un giornale come il foglio e giornalisti come GINZBERG e Murray...imho :blah:
Iain Murray del Financial si ricorda che il “pubblico non la
prende bene a essere preso per i fondelli,
anche se con la migliore delle intenzioni” solo per gli allarmi ambientali invece di preoccuparsi di balle ancor più grandi scritte anche sul suo giornale su fantomatiche adm a 40 min da Londra... :rolleyes:
che ci siano correlazioni con i disastri non lo dò per scontato, ma che dalla rivoluzione industriale in poi la temperatura stia crescendo in modo preoccupante e che l'effetto serra influisca su di essa si.
Sulla gravità cito una ricerca dell'onu che prevede la desertificazione di alcune zone della penisola italica per il 2040.
(in sardegna ci sono già delle zone semidesertiche)
Che la temperatura media sia aumentata dalla rivoluzione industriale significa poco e nulla... Infatti il 1800 è stato il secolo in cui c'è stata una piccola era glaciale, quindi inevitabilmente le temperature sono più alte di allora adesso, fa parte di un ciclo...
L'uomo non è ancora in grado di modificare il clima globale, influenza al max il mircoclima delle grandi città...
Infatti la quantità di co2 che immette l'uomo nell'atmosfera non è delle stesse dimensioni di quelle che ne immettono gli organismi terrestri (nella fattispecie alberi e alghe)...
Ecco un esempio di parere opposto, del Direttore di ricerca all'Inserm (Institut national de la santé et de la recherche médicale) e consigliere scientifico al Centre international de l'enfance et de la famille (Cidef), Parigi.
Mi lascia perplesso in qualche punto, ma lo posto come esempio di parere "estremo".
Appena o tempo ne cerco uno che dica il contrario, giuro.;)
di Dominique Frommel*
Dicembre 1999
LE RESPONSABILITà UMANE NELL'EFFETTO SERRA
Un pianeta troppo caldo
I costruttori di automobili non si danno certo molto da fare per costruire automobili "pulite". Eppure, l'aumento importante e in costante crescita delle emissioni di gas carbonico, legate al trasporto, alla produzione di energia e all'industria, aumenta abnormemente l'effetto serra, con rischi di sconvolgimenti climatici e di catastrofi sanitarie. Al vertice delle Nazioni unite sul cambiamento del clima, tenutosi all'inizio di novembre a Bonn, oltre 60 stati hanno accettato di ratificare, prima del 2002, il protocollo di Kyoto, firmato nel 1997, che impegna i paesi industrializzati a ridurre le emissioni di gas a effetto serra. Ma il senato americano continua a opporsi alla sua ratifica da parte degli Stati uniti che, già a Kyoto, stavano per far fallire i negoziati.
Questo secolo sarà stato segnato da uno sconvolgimento notevole del ciclo naturale del clima. A causa dell'accumulo di gas a effetto serra nell'atmosfera terrestre, la crescita della temperatura media globale del pianeta durante gli ultimi cento anni è stata pari a quella verificatasi nel corso dei diecimila anni precedenti. L'effetto serra è tuttavia un fenomeno necessario, senza il quale la temperatura della superficie del globo cadrebbe sotto lo 0&oord C. E' dovuto alla presenza nell'atmosfera di vapore acqueo e di alcuni gas come il diossido di carbonio (gas carbonico o CO2) e il metano. Questi gas formano un filtro permeabile ad alcuni raggi luminosi e nello stesso tempo sono in grado di trattenere parte dell'irradiazione solare riflessa dalla superficie della terra. E' grazie a questo schermo che il pianeta offre una temperatura favorevole alla vita. Non c'è più nessuno che contesti seriamente la responsabilità dell'uomo nell'anormale aumento della temperatura terrestre.
Sappiamo infatti che, a causa della combustione di energia fossile che implicano, l'espansione demografica e l'industria sono all'origine dell'aumentata percentuale di gas carbonico nell'atmosfera (1). Se la politica del "lasciar fare" in materia di immissione di gas a effetto serra dovesse perdurare nel prossimo secolo, la temperatura potrebbe aumentare da 1,0&oordC circa a 3,5&oord C, contro 0,5&oordC circa nel XX secolo. Dai tempi della prima conferenza mondiale sull'ambiente nel 1972, le preoccupazioni ecologiche si sono affermate in modo crescente nella coscienza collettiva. Da lusso riservato ai paesi ricchi, la prevenzione del rischio climatico è diventata una delle sfide maggiori dello sviluppo sostenibile. Tuttavia la questione dell'"effetto serra", per quanto mediatizzata, rimane confusa e misconosciuta. Su questo problema essenziale, che lo riguarda direttamente, il cittadino comune ritiene di non avere alcuna competenza e delega il dibattito pubblico e la responsabilità decisionale in materia agli esperti e ai politici.
Per partecipare al dibattito, basta tenere in mente due o tre questioni essenziali: quali sono le conseguenze dell'aumento della temperatura sugli ecosistemi e sulla salute? Esistono strumenti in grado di ridurne l'impatto e, in caso di risposta positiva, quali sono? Gli scienziati non sono ancora in grado di anticipare con precisione l'eventualità e l'intensità dei cambiamenti climatici in questa o in quella parte del mondo. Ciò significa che sussistono incertezze per quanto riguarda l'entità del riscaldamento nel corso del XXI secolo. Ma si può fin d'ora affermare, senza rischio di sbagliare, che gli sconvolgimenti non saranno uniformi nel pianeta. Si tradurranno essenzialmente in una esasperazione delle condizioni climatiche estreme e, pur colpendo per prime le popolazioni più vulnerabili, non risparmieranno nessuno. Di fronte alla crescente produzione di CO2, lo scenario più probabile si immagina facilmente: accentuazione dell'effetto serra, aumento della temperatura del globo, accelerazione del ciclo dell'acqua, aumento dell'evaporazione e della percentuale di vapore acqueo nell'atmosfera. Si accentuerà l'effetto schermo mentre si intensificheranno le piogge su tutti i continenti.
L'innalzamento del livello del mare, alimentato dallo scioglimento dei ghiacci polari, renderà fragili i litorali, provocherà la salinizzazione dei delta e l'allagamento delle terre litoranee e degli arcipelaghi. Ricorrenti periodi di siccità ridurranno l'estensione e la varietà degli spazi vegetali e aggraveranno la penuria di acqua potabile. A tutti questi squilibri si aggiungerà una maggiore frequenza delle catastrofi naturali: cicloni, inondazioni, incendi di foreste e smottamenti di terreni (2). Abbiamo visto che, nel 1997-1998, il fenomeno El Niûo ha scatenato nella cintura dell'Oceano Pacifico perturbazioni e danni di una intensità mai vista prima. Certo, alcuni ecosistemi possono adattarsi ai cambiamenti climatici ma al prezzo di modificazioni radicali che comportano di per sé pesanti conseguenze. Grazie alla sua azione fertilizzante, il CO2 in elevata concentrazione favorisce la crescita delle specie vegetali più resistenti, a scapito di quelle più deboli. Ne deriva una minore diversità biologica (3). Quanto all'impatto delle variazioni della temperatura sulla salute dell'uomo, nonostante le numerose analisi prospettive e multidisciplinari svolte al riguardo, a prima vista le conclusioni sono poco significative tanto è alta la capacità di adattamento dell'essere umano. Certo, le ondate di caldo e di freddo sono seguite da picchi di mortalità e i paesi del Sud pagano duramente cicloni, inondazioni ed eruzioni vulcaniche.
Sappiamo inoltre che l'aumento del flusso dei raggi ultravioletti accresce notevolmente i rischi di tumori della pelle e altera il sistema immunitario (4). Peraltro, le particelle in sospensione aerosol liberate dalla combustione fossile fragilizzano l'apparato respiratorio e sono all'origine di malattie invalidanti. Dal 1964 al 1990, la percentuale di casi di asma rispetto alla popolazione è raddoppiata sia in Gran Bretagna e in Australia che in Africa orientale. Tuttavia il pericolo principale sta altrove, nella dipendenza dell'uomo dal suo ambiente. Le migrazioni, l'iperconcentrazione umana nelle città, l'impoverimento delle riserve acquifere, l'inquinamento e la povertà hanno da sempre generato condizioni propizie alla diffusione di microrganismi infettivi. Ma la capacità riproduttiva e infettiva di numerosi insetti e roditori, vettori di parassiti o di virus, è legata alla temperatura e all'umidità ambientali. In altre parole, un aumento della temperatura, anche modesto, lascia la porta aperta all'espansione di numerosi agenti patogeni per l'uomo e per l'animale. Questo spiega l'aumento, negli ultimi anni, di malattie parassitarie come la malaria, le schistosomiasi e la malattia del sonno, o di certe infezioni virali come la dengue, e di alcune encefaliti e febbri emorragiche. Sia che esse siano riapparse in zone dalle quali erano scomparse, sia che colpiscano regioni finora risparmiate. Nel corso degli ultimi dieci anni, la malaria ha superato la quota dei 1.800 metri in Africa orientale e a Madagascar, un'altitudine che in passato non oltrepassavano. Le proiezioni per l'anno 2050 mostrano che a quella data la malaria minaccerà tre miliardi di esseri umani.
Altro motivo di preoccupazione: dal 1955 al 1970, i paesi colpiti dalle arbovirosi, malattie trasmesse principalmente dalle zanzare, erano soltanto nove. Nel 1996 se ne contavano 28 in più. Parimenti, si moltiplica il numero di malattie trasmesse dall'acqua. Il riscaldamento delle acque dolci agevola la proliferazione dei batteri. Quello delle acque saline soprattutto quando sono arricchite da effluenti umani permette ai fitoplancton, veri e propri vivai di bacilli del colera, di riprodursi a una cadenza accelerata. Praticamente scomparso in America latina a partire dal 1960, il colera ha fatto 1.368.053 vittime dal 1991 al 1996. Parallelamente, nuove infezioni sorgono o superano largamente le nicchie ecologiche nelle quali erano finora rimaste confinate (5). Recenti esempi hanno mostrato quanto disarmata sia la medicina, nonostante i progressi compiuti, di fronte all'esplosione di molte patologie insospettate. Nel XXI secolo, l'epidemiologia delle malattie infettive ancora oggi responsabili di quasi un terzo dei decessi nel mondo potrebbe assumere volti nuovi, in particolare dopo l'espansione delle zoonosi, infezioni trasmissibili dall'animale vertebrato all'uomo e viceversa. Segnale rivelatore: gli americani che sono raramente in ritardo di una strategia hanno già lanciato una nuova rivista medica intitolata Emerging Infectious Diseases (6). Certi paesi, così come varie agenzie dell'Onu in particolare l'Oms (Organizzazione mondiale della sanità) e l'Omm (Organizzazione meteorologica mondiale) sono consapevoli di questa minaccia (7). Così finanziano ricerche in climatologia, riuniscono regolarmente areopaghi di esperti e hanno permesso la messa in opera di convenzioni che limitano le emissioni di gas a effetto serra. Ma il problema supera quello della regolazione e del trasferimento del "diritto di inquinare" (8). Gli impegni presi nel 1997 alla conferenza di Kyoto un accordo che riduce del 5,2%, entro il 2012, l'emissione dei principali gas a effetto serra da parte dei paesi industrializzati sono stati peraltro sospesi alla conferenza di Buenos Aires sul clima, del 1998, per la loro insufficienza a circoscrivere il pericolo. La conferenza successiva, conclusasi a Bonn il 5 novembre scorso, ha prodotto anch'essa un risultato modesto. Certo, oltre 60 stati, fra cui quelli dell'Unione europea, il Giappone e la Nuova Zelanda (un gruppo che rappresenta da solo il 41% delle emissioni di gas a effetto serra dei paesi industrializzati), si sono impegnati a ratificare il protocollo di Kyoto in tempo perché entri in vigore prima del 2002 (9). Ma, una volta di più, i paesi petrolieri hanno tentato di bloccare la convenzione e gli Stati uniti il paese del mondo che emette la più alta quantità di gas a effetto serra si fanno pregare, condizionando la ratifica agli esiti della prossima conferenza che si terrà all'Aja nel novembre 2000 (10). Da alcuni anni, certi economisti si associano alle preoccupazioni degli ecologisti. Calcolano il valore degli ecosistemi o "attivi naturali", valutano il prezzo del loro degrado, il sovrapprezzo dei ritardi nella messa in opera di provvedimenti di riduzione dell'inquinamento, nonché i potenziali benefici derivanti dal ricorso a nuove tecnologie.
Insomma, illustrano agli industriali quali profitti essi potrebbero trarre dalla salvaguardia delle risorse naturali.
Tuttavia, il nuovo concetto di "redditività della lotta all'inquinamento" non è sufficiente e, in una economia che si esprime esclusivamente in termini di scambio, non esiste una mano invisibile che guidi il mercato verso il bene più grande per tutti. Per questa ragione alcuni obbiettivi apparentemente modesti, presi a livello individuale e locale, potrebbero rivelarsi convincenti. Di fronte alla minaccia che grava sulla nostra salute, e più ancora su quella dei nostri figli e nipoti, bisogna imperativamente invocare anzitutto il principio di precauzione. Applicare questo principio significa ammettere le nostre incertezze e la nostra ignoranza, ma senza brandire la nostra impotenza come alibi per l'inazione. Un altro merito del principio di precauzione è di costringere il promotore non l'avversario di un progetto, industriale o altro, a dimostrare l'innocuità ecologica e sanitaria dell'operazione progettata. Sarebbe probabilmente ancora più efficace l'introduzione, fin dalla scuola materna, di una "educazione ambientalista" e dell'insegnamento di una geografia fisica e umana rinnovata. Per aprire ogni individuo a una consapevolezza planetaria, questa educazione dovrebbe sottolineare l'interdipendenza dell'uomo e della terra e insistere sulla co-evoluzione degli ecosistemi e della vita umana. Riassumendo, sarebbe opportuno sensibilizzare e responsabilizzare ogni singolo individuo molto prima che raggiungesse l'età adulta.
note:
* Direttore di ricerca all'Inserm (Institut national de la santé et de la recherche médicale) e consigliere scientifico al Centre international de l'enfance et de la famille (Cidef), Parigi.
(1) L'espansione demografica sarà responsabile, da qui al 2020, del 50% circa dell'aumento del diossido di carbonio nella troposfera.
(2) Leggere la serie di Jean-Paul Besset, "La terre se réchauffe", Le Monde, 26, 27, 28 novembre 1997 e S.H. Schneider, Où va le climat? Que connaissons-nous du changement climatique?, ed. Silence, Loriol, 1996.
(3) Leggere Ignacio Ramonet, "Un pianeta da salvare"e Alain Zecchini, "La natura appesa a un filo", Le Monde diplomatique/Il manifesto, rispettivamente novembre 1997 e ottobre 1998.
(4) M. R. Sear, "Descriptive epidemiology of asthma", The Lancet, Londra, ottobre 1997.
(5) M. E. Wilson, "Infectious diseases: an ecological perspective", British Medical Journal, 23 dicembre 1995. J. A.
Patz, P.R. Epstein, T.A. Burke, M. Balbus, "Global climate change and emerging infectious diseases", Journal of the American Medical Association, 17 gennaio 1996. Si veda inoltre: L. Garrett, The Coming Plague, Farrar, Straus and Giroux, New York, 1994.
(6) Pubblicata dal National Center for Infectious Diseases, GA 30333, Atlanta, Usa.
(7) In una riunione ministeriale tenutasi a Londra, il 16 e 17 giugno 1999 su iniziativa dell'Oms, 50 paesi europei hanno adottato una dichiarazione nella quale affermano la propria volontà di prendere misure concrete per ridurre gli effetti nefasti del degrado ambientale sulla salute.
(8) Leggere Monique Chemillier-Gendreau, "Les enjeux de la conférence de Kyoto. Marchandisation de la survie planétaire", Le Monde diplomatique, gennaio 1998. Questo articolo si trova anche nel Cd rom "Capire la globalizzazione" realizzato da Le Monde diplomatique e dal manifesto.
(9) Per entrare in vigore, il protocollo deve esser ratificato da 55 paesi che rappresentano il 55% delle emissioni di gas a effetto serra . Cfr. "La ratifica del protocollo di Kyoto finalmente in vista, una speranza per limitare i cambiamenti di clima", Greenpeace, Bonn, 3 novembre 1999.
(10) Il senato americano si oppone alla ratifica finché non saranno soddisfatte due condizioni: gli impegni di riduzione devono poter essere mantenuti ricorrendo senza limitazione al meccanismo del mercato, e grandi paesi in via di sviluppo, come l'India e la Cina, devono impegnarsi a limitare le proprie emissioni (attualmente, soltanto 14 di essi hanno ratificato il protocollo di Kyoto)
jumpermax
19-09-2003, 12:53
Originariamente inviato da ni.jo
ma poi sono autorizzato a postare altre cose su altri argomenti, di SIEGMUND GINZBERG?:D
seriamente, i miei link facevano riferimento al sito dell'aereonautica e all'Organizzazione metereologica mondiale, un giornale come il foglio e giornalisti come GINZBERG e Murray...imho :blah:
Iain Murray del Financial si ricorda che il “pubblico non la
prende bene a essere preso per i fondelli,
anche se con la migliore delle intenzioni” solo per gli allarmi ambientali invece di preoccuparsi di balle ancor più grandi scritte anche sul suo giornale su fantomatiche adm a 40 min da Londra... :rolleyes:
che ci siano correlazioni con i disastri non lo dò per scontato, ma che dalla rivoluzione industriale in poi la temperatura stia crescendo in modo preoccupante e che l'effetto serra influisca su di essa si.
Sulla gravità cito una ricerca dell'onu che prevede la desertificazione di alcune zone della penisola italica per il 2040.
(in sardegna ci sono già delle zone semidesertiche)
beh.... quando non si riesce a controbattere certe affermazioni nel merito si tenta di screditarne le fonti.... :D Per quanto mi riguarda potrebbe averlo scritto anche il mio cuginetto che fa le elementari, ma questo non sposta di un pelo le mie considerazioni su quanto riportato. Che ci sia un eccessivo catastrofismo in certe previsioni mi sembra un'affermazione abbastanza condivisibile.
Se davvero dovessimo considerare tutti i possibili rischi in per ogni nostra azione probabilmente non faremmo nulla. Una certa dose di rischio è insita in ogni cosa sono più 5000 anni che l'uomo modifica in modo profondo l'ecosistema in cui vive. Non ne possiamo fare a meno, perché non possiamo sopravvivere altrimenti, fin dal primo fuoco acceso in qualche lontana notte preistorica abbiamo iniziato ad inquinare.
Certo oggi il potere che abbiamo nelle nostre mani e immenso e questo richiede una cautela adeguata ai rischi connessi. Ma non si può certo agire tenendo in considerazione solo l'aspetto ambientale come fanno certuni...
Originariamente inviato da jumpermax
beh.... quando non si riesce a controbattere certe affermazioni nel merito si tenta di screditarne le fonti.... :D Per quanto mi riguarda potrebbe averlo scritto anche il mio cuginetto che fa le elementari, ma questo non sposta di un pelo le mie considerazioni su quanto riportato. Che ci sia un eccessivo catastrofismo in certe previsioni mi sembra un'affermazione abbastanza condivisibile.
Se davvero dovessimo considerare tutti i possibili rischi in per ogni nostra azione probabilmente non faremmo nulla. Una certa dose di rischio è insita in ogni cosa sono più 5000 anni che l'uomo modifica in modo profondo l'ecosistema in cui vive. Non ne possiamo fare a meno, perché non possiamo sopravvivere altrimenti, fin dal primo fuoco acceso in qualche lontana notte preistorica abbiamo iniziato ad inquinare.
Certo oggi il potere che abbiamo nelle nostre mani e immenso e questo richiede una cautela adeguata ai rischi connessi. Ma non si può certo agire tenendo in considerazione solo l'aspetto ambientale come fanno certuni...
beh, controbatterà qualche scienziato, in quel senso blah, ma non volevo screditare la fonte, anzi se viene approvata ha scritto delle cosette interessanti...insomma non scrive solo sul "foglio"!
Sul resto sono completamente in sintonia con l'ultima parte del tuo discorso :cincin:
Originariamente inviato da ni.jo
che ci siano correlazioni con i disastri non lo dò per scontato, ma che dalla rivoluzione industriale in poi la temperatura stia crescendo in modo preoccupante e che l'effetto serra influisca su di essa si.
Sulla gravità cito una ricerca dell'onu che prevede la desertificazione di alcune zone della penisola italica per il 2040.
(in sardegna ci sono già delle zone semidesertiche)
Adesso mi leggo i papiri che avete postato :D ma prima vorrei dire qualcosa su questo che ho quotato che reputo un perfetto esempio di come si possa fuorviare la discussione :p
Sull'aumento della superficie desertica e sul ritiro di alcuni ghiacciai delle nostre montagne non ci sono dubbi, ci sono le foto a documentare
MA
e questo ma bisognerebbe raddoppiarlo ancora di grandezza, non esistono prove scientifiche della relazione tra l'inquinamento e ciò!
Purtroppo l'uomo è tanto superbo da pensare che senza di lui, nulla muterebbe.. non è così! Il clima sulla terra cambia ciclicamente da molti milioni di anni. Se l'uomo si estinguesse domani e cessasse qualsiasi attività, il clima sulla terra non rimarrebbe "eterno ed immutabile" allo stato attuale. Continuerebbe a evolversi come fa da milioni di anni, in modo tendenzialmente ciclico.
Questo non è chiaro alla gente. E infatti molti (anche involontariamente magari, sapendo che non è così) tracciano la relazione:
il clima si sta riscaldando => la causa è l'uomo => la causa è l'inquinamento
Paradossalmente se fossimo in una fase (come quelle che la Terra ha già incontrato tante e tante volte) di generale raffreddamento, potremmo assistere ad un aumento dell'inquinamento e contemporaneamente ad un raffreddamento del clima.
Sono fenomeni di cui al momento non esiste prova scientifica di una relazione.
Comunque, sono tendenzialmente poco incline a partecipare a questa discussione. Ho già visto più volte in passato come, in mancanza di argomenti migliori a sostegno delle proprie tesi :rolleyes:, chi sostiene le tesi "catastrofiste" ha gioco facile nel bollare come sostenitore dell'inquinamento e nemico dell'ambiente chi non la pensa come lui.
Io sono contrario alle balle, non al rispetto dell'ambiente, quindi mi irrito facilmente se qualcuno per sostenere le sue tesi (a mio avviso sbagliate) si appropria di principi (che sono anche i miei) e mi etichetta quale non sono.. per questo sono scettico sulla possibilità di sostenere le mie idee in questo thread a meno di non dover fare precisazioni su precisazioni ad ogni frase anche lontanamente interpretabile..:O
jumpermax
19-09-2003, 13:24
Quello che mi chiedo è come realmente si pensi di fare per ridurre le emissioni inquinanti. L'idea delle targhe alterne mi sembra buona solo come incentivo a comprare vetture più pulite, ma certo non possono essere un sistema valido, attualmente solo i limiti sulle emissioni per le vetture nuove sono efficaci. Certo se poi continuano a girare autobus vecchi di 10 anni inquinanti quanto un migliaio di vetture nuove... a Bologna ho visto che negli utimi tempi si sono rivisti i filobus e per le linee non elettrificate hanno introdotto gli autobus a metano. Interessante mi sembrano le leggi californiane che prevedono fascie di veicoli e quote minime di veicoli non inquinanti da vendere, in sostanza se vendi un pick up 5000 devi vendere tot veicoli a basso inquinamento...
Originariamente inviato da SaMu
Adesso mi leggo i papiri che avete postato :D ma prima vorrei dire qualcosa su questo che ho quotato che reputo un perfetto esempio di come si possa fuorviare la discussione :p
Sull'aumento della superficie desertica e sul ritiro di alcuni ghiacciai delle nostre montagne non ci sono dubbi, ci sono le foto a documentare
MA
e questo ma bisognerebbe raddoppiarlo ancora di grandezza, non esistono prove scientifiche della relazione tra l'inquinamento e ciò!
Purtroppo l'uomo è tanto superbo da pensare che senza di lui, nulla muterebbe.. non è così! Il clima sulla terra cambia ciclicamente da molti milioni di anni. Se l'uomo si estinguesse domani e cessasse qualsiasi attività, il clima sulla terra non rimarrebbe "eterno ed immutabile" allo stato attuale. Continuerebbe a evolversi come fa da milioni di anni, in modo tendenzialmente ciclico.
Questo non è chiaro alla gente. E infatti molti (anche involontariamente magari, sapendo che non è così) tracciano la relazione:
il clima si sta riscaldando => la causa è l'uomo => la causa è l'inquinamento
Paradossalmente se fossimo in una fase (come quelle che la Terra ha già incontrato tante e tante volte) di generale raffreddamento, potremmo assistere ad un aumento dell'inquinamento e contemporaneamente ad un raffreddamento del clima.
Sono fenomeni di cui al momento non esiste prova scientifica di una relazione.
Comunque, sono tendenzialmente poco incline a partecipare a questa discussione. Ho già visto più volte in passato come, in mancanza di argomenti migliori a sostegno delle proprie tesi :rolleyes:, chi sostiene le tesi "catastrofiste" ha gioco facile nel bollare come sostenitore dell'inquinamento e nemico dell'ambiente chi non la pensa come lui.
Io sono contrario alle balle, non al rispetto dell'ambiente, quindi mi irrito facilmente se qualcuno per sostenere le sue tesi (a mio avviso sbagliate) si appropria di principi (che sono anche i miei) e mi etichetta quale non sono.. per questo sono scettico sulla possibilità di sostenere le mie idee in questo thread a meno di non dover fare precisazioni su precisazioni ad ogni frase anche lontanamente interpretabile..:O
per ora non mi pare stia accadendo, se qualcuno ti accusa di essere uno zozzone ti difendo io. :nonsifa: :boxe: :D
jumpermax
19-09-2003, 13:26
Originariamente inviato da SaMu
Adesso mi leggo i papiri che avete postato :D ma prima vorrei dire qualcosa su questo che ho quotato che reputo un perfetto esempio di come si possa fuorviare la discussione :p
Sull'aumento della superficie desertica e sul ritiro di alcuni ghiacciai delle nostre montagne non ci sono dubbi, ci sono le foto a documentare
MA
e questo ma bisognerebbe raddoppiarlo ancora di grandezza, non esistono prove scientifiche della relazione tra l'inquinamento e ciò!
Purtroppo l'uomo è tanto superbo da pensare che senza di lui, nulla muterebbe.. non è così! Il clima sulla terra cambia ciclicamente da molti milioni di anni. Se l'uomo si estinguesse domani e cessasse qualsiasi attività, il clima sulla terra non rimarrebbe "eterno ed immutabile" allo stato attuale. Continuerebbe a evolversi come fa da milioni di anni, in modo tendenzialmente ciclico.
Questo non è chiaro alla gente. E infatti molti (anche involontariamente magari, sapendo che non è così) tracciano la relazione:
il clima si sta riscaldando => la causa è l'uomo => la causa è l'inquinamento
Paradossalmente se fossimo in una fase (come quelle che la Terra ha già incontrato tante e tante volte) di generale raffreddamento, potremmo assistere ad un aumento dell'inquinamento e contemporaneamente ad un raffreddamento del clima.
Sono fenomeni di cui al momento non esiste prova scientifica di una relazione.
Comunque, sono tendenzialmente poco incline a partecipare a questa discussione. Ho già visto più volte in passato come, in mancanza di argomenti migliori a sostegno delle proprie tesi :rolleyes:, chi sostiene le tesi "catastrofiste" ha gioco facile nel bollare come sostenitore dell'inquinamento e nemico dell'ambiente chi non la pensa come lui.
Io sono contrario alle balle, non al rispetto dell'ambiente, quindi mi irrito facilmente se qualcuno per sostenere le sue tesi (a mio avviso sbagliate) si appropria di principi (che sono anche i miei) e mi etichetta quale non sono.. per questo sono scettico sulla possibilità di sostenere le mie idee in questo thread a meno di non dover fare precisazioni su precisazioni ad ogni frase anche lontanamente interpretabile..:O
appunto come dice ni.jo... fasciarsi la testa prima di romperla non serve a nulla. ;) Di la tua senza farti problemi!
Originariamente inviato da jumpermax
Quello che mi chiedo è come realmente si pensi di fare per ridurre le emissioni inquinanti. L'idea delle targhe alterne mi sembra buona solo come incentivo a comprare vetture più pulite, ma certo non possono essere un sistema valido, attualmente solo i limiti sulle emissioni per le vetture nuove sono efficaci. Certo se poi continuano a girare autobus vecchi di 10 anni inquinanti quanto un migliaio di vetture nuove... a Bologna ho visto che negli utimi tempi si sono rivisti i filobus e per le linee non elettrificate hanno introdotto gli autobus a metano. Interessante mi sembrano le leggi californiane che prevedono fascie di veicoli e quote minime di veicoli non inquinanti da vendere, in sostanza se vendi un pick up 5000 devi vendere tot veicoli a basso inquinamento...
Questo è un altro discorso, non c'entra con il clima ma con la tutela della qualità dell'aria che si respira nelle grandi città.
Originariamente inviato da ni.jo
...che ci siano correlazioni con i disastri non lo dò per scontato, ma che dalla rivoluzione industriale in poi la temperatura stia crescendo in modo preoccupante e che l'effetto serra influisca su di essa si.
Sulla gravità cito una ricerca dell'onu che prevede la desertificazione di alcune zone della penisola italica per il 2040.
(in sardegna ci sono già delle zone semidesertiche)...
che ci vedi di fuorviante, SaMu?
Non si può assolutamente mettere in relazione l'aumento delle temperature con l'effetto serra?
Non si fà altro da decenni...lo fanno a scuola...lo fanno scienziati di tutto il mondo tacciati or ora di catastrofismo...all'improvviso è un ciclo naturale sfortunato (come la congiuntura economica :sofico: ) e l'uomo non influisce in modo sensibile perche è una pulce...:confused:
Ok accetto l'invito.. e la protezione :D
Originariamente inviato da jumpermax
Quello che mi chiedo è come realmente si pensi di fare per ridurre le emissioni inquinanti.
Ci sono molte vie, alcune "sottovalutate" altre "trascurate" altre più note ma di impatto quantitativo molto meno rilevante.
Il primo e inesorabile metodo per ridurre l'inquinamento, è ridurre la sua più grossa causa (cito sempre Giovanni Sartori :)): gli uomini!
La gente non ha piena consapevolezza del fatto che, se fossimo gli stessi di inizio secolo, le emissioni inquinanti sarebbero meno della metà! Avete capito bene.. meno della metà delle emissioni, pur con la maggiore industrializzazione.. e questo, grazie al progresso tecnico che ha ridotto le emissioni unitarie di quasi tutte le produzioni.
La principale causa delle emissioni e dell'inquinamento in generale è l'aumento della popolazione. La misura antiinquinamento più efficace, ma forse impopolare e poco "politically correct", sarebbe frenare le nascite.
Il progresso tecnico fa e farà tantissimo. Non ho qui i dati (magari ve li posto stasera, sono sul libro di Fisica tecnica) ma sono impressionanti. Il confronto tra le emissioni inquinanti e il rendimento energetico di processi come produzione dell'energia in impianti a vapore, motori termici, produzione dell'acciaio, produzione del cemento, è impressionante. I rendimenti sono aumentati moltissimo, le emissioni inquinanti diminuite, e sono in continua diminuzione. E qui si ritorna al punto precedente: ogni kilowatt prodotto spreca meno energia ed ha minori emissioni, ma dato che siamo in 6 miliardi e continuiamo a crescere, servono sempre più kilowatt e il valore assoluto delle emissioni invece di diminuire cresce, o rimane stabile.
Paradossalmente però i produttori automobilistici e i produttori di energia sono considerati "grandi inquinatori", mentre dovrebbero essere lodati e la qualfica di "grandi inquinatrici" andare alle mamme di tutto il mondo che continuano a sfornare figli. :D
Tornando ad argomenti più seri ;), una panoramica degli incredibili miglioramenti tecnici realizzati nella produzione di energia (e non solo) si può trovare ad esempio sul sito dell'Enel:
http://www.enel.it/ambiente/progetto/index_it.shtm
http://www.enel.it/ambiente/
Originariamente inviato da SaMu
Ok accetto l'invito.. e la protezione :D
...
La gente non ha piena consapevolezza del fatto che, se fossimo gli stessi di inizio secolo, le emissioni inquinanti sarebbero meno della metà! Avete capito bene.. meno della metà delle emissioni, pur con la maggiore industrializzazione.. e questo, grazie al progresso tecnico che ha ridotto le emissioni unitarie di quasi tutte le produzioni.
...
c'è una cosa che non capisco, nel tuo aderire all'accantonamento di Kyoto* e nel il tuo evidente apprezzamento per il calo delle emissioni inquinanti grazie alle nuove tecnologie.
Le industrie seguono sopratutto il fatturato, se non ci fossero vincoli di legge pochissime investirebbero nell'abbattimento delle emissioni inquinanti; non dico che tutti siano ecoterroristi, ci mancherebbe...anzi i progressi che tu hai elencato li riconosco...
ma (sento U.Eco che ride) ricordo bene un discorso alla nazione di Bush che anteponeva il benessere economico della sua nazione ai vincoli e alle scadenze di Kyoto...non l'ho sognato...non parlava mica di nazioni poco virtuose, diceva che i vincoli erano troppo rigidi e irrealizzabili...che tuttosommato a lui interessava insomma il benessere a breve, il PIL per fare 'na battuta sull'altro 3d, piuttosto che il benessere futuro...il chè ci riporta al detto "..nel lungo periodo saremo tutti morti..."
a domani ciao!
*con la giustificazione che "...paesi che non firmano fanno meglio e altri che han firmato sono virtuosi ma magari inquinano anche di più..." primo perchè allora la stessa cosa varrebbe per tutti i protocolli compresi quelli sui diritti umani (in effetti in dicofficoltà anch'essi ultimamente...) secondo perchè un protocollo serio oltre a scadenze e obbiettivi (proprio quelli su cui si è incagliata la retifica) dovrebbe avere sanzioni...magari economiche così si toccano anche quei cattivoni di Cinesi]
Originariamente inviato da ni.jo
che ci vedi di fuorviante, SaMu?
Non si può assolutamente mettere in relazione l'aumento delle temperature con l'effetto serra?
Non si fà altro da decenni...lo fanno a scuola...lo fanno scienziati di tutto il mondo tacciati or ora di catastrofismo...all'improvviso è un ciclo naturale sfortunato (come la congiuntura economica :sofico: ) e l'uomo non influisce in modo sensibile perche è una pulce...:confused:
Noneee, l'aumento della temp rispetto all'1800, lo ripeto, sembra elevato solo perchè nel 1800 c'è stata una piccola epoca glaciale, per molti ghiacciavano molti fiumi, come il "caldo" tamigi; quindi si puo solo dire che da quel trend climatico glaciale si è passato a questo più temperato, e comunque il clima terrestre ha vissuto periodi molto ma molto più caldi di quello attuale...
Nel medioevo faceva molto più caldo di ora, si coltivava la vite in inghilterra, quindi parlare di catastrofismi è sbagliato; ma quando non prescinde dal fatto che l'impatto dell'uomo sulla natura è sicuramente negativo.
Originariamente inviato da ni.jo
c'è una cosa che non capisco, nel tuo aderire all'accantonamento di Kyoto* e nel il tuo evidente apprezzamento per il calo delle emissioni inquinanti grazie alle nuove tecnologie.
Le industrie seguono sopratutto il fatturato, se non ci fossero vincoli di legge pochissime investirebbero nell'abbattimento delle emissioni inquinanti; non dico che tutti siano ecoterroristi, ci mancherebbe...anzi i progressi che tu hai elencato li riconosco...
ma (sento U.Eco che ride) ricordo bene un discorso alla nazione di Bush che anteponeva il benessere economico della sua nazione ai vincoli e alle scadenze di Kyoto...non l'ho sognato...non parlava mica di nazioni poco virtuose, diceva che i vincoli erano troppo rigidi e irrealizzabili...che tuttosommato a lui interessava insomma il benessere a breve, il PIL per fare 'na battuta sull'altro 3d, piuttosto che il benessere futuro...il chè ci riporta al detto "..nel lungo periodo saremo tutti morti..."
a domani ciao!
Certo che è così.. e fai bene a ricordarlo.. pochi hanno chiaro che "ambientalismo" ed "economia" sono fratelli siamesi..
Le emissioni potremmo ridurle anche domani: chiudere tutte le aziende.. perchè non lo facciamo? Non per criteri di "equità sociale" o per paura di offendere gli imprenditori.. ma perchè le imprese producono quello di cui noi viviamo, ci riscaldiamo, mangiamo.. limitare l'inquinamento è un'esigenza, anche quelle lo sono, qualsiasi stato con le sue leggi cerca un trade-off, un equilibrio virtuoso tra le 2..
Vincoli rigidi e irrealizzabili non significa "tecnicamente impossibili".. ad esempio, si potrebbero ridurre le emissioni chiudendo tutte le centrali con rendimento inferiore alle migliori oggi prodotte.. però questo ha un costo..
Alcuni pensano che questo "costo" sia solo una tassa sulle imprese e cazzi loro.. il fatto è che l'imprenditore non è una dote naturale, non è una caratteristica genetica.. se per nuove norme antiinquinamento certe produzioni diventano antieconomiche, l'impresa chiude.. liquida.. e si da' ad altre attività.. capisci?
Il costo economico di una misura antiinquinamento non è un ghiribizzo, o una rivalsa verso qualcuno.. è un vincolo implicito alla sua realizzazione.. in un mondo a risorse infinite, guideremmo già tutti oggi macchine a idrogeno.. in un mondo a risorse finite, mancano i soldi perchè tutti possano acquistare delle BMW 745 Hidro..
Per questo una misura antiinquinamento deve confrontarsi da una parte con lo stato della tecnica, dall'altra con l'economia.. sono 2 vincoli imprescindibili.. possiamo persino rinunciare a parte dello sviluppo economico è chiaro.. ma dev'essere chiaro a tutti che non è un'operazione a costo zero.. o a costi per qualcun altro e basta... non è così.. :)
Originariamente inviato da SaMu
Certo che è così.. e fai bene a ricordarlo.. pochi hanno chiaro che "ambientalismo" ed "economia" sono fratelli siamesi..
Le emissioni potremmo ridurle anche domani: chiudere tutte le aziende.. perchè non lo facciamo? Non per criteri di "equità sociale" o per paura di offendere gli imprenditori.. ma perchè le imprese producono quello di cui noi viviamo, ci riscaldiamo, mangiamo.. limitare l'inquinamento è un'esigenza, anche quelle lo sono, qualsiasi stato con le sue leggi cerca un trade-off, un equilibrio virtuoso tra le 2..
Vincoli rigidi e irrealizzabili non significa "tecnicamente impossibili".. ad esempio, si potrebbero ridurre le emissioni chiudendo tutte le centrali con rendimento inferiore alle migliori oggi prodotte.. però questo ha un costo..
Alcuni pensano che questo "costo" sia solo una tassa sulle imprese e cazzi loro.. il fatto è che l'imprenditore non è una dote naturale, non è una caratteristica genetica.. se per nuove norme antiinquinamento certe produzioni diventano antieconomiche, l'impresa chiude.. liquida.. e si da' ad altre attività.. capisci?
Il costo economico di una misura antiinquinamento non è un ghiribizzo, o una rivalsa verso qualcuno.. è un vincolo implicito alla sua realizzazione.. in un mondo a risorse infinite, guideremmo già tutti oggi macchine a idrogeno.. in un mondo a risorse finite, mancano i soldi perchè tutti possano acquistare delle BMW 745 Hidro..
Per questo una misura antiinquinamento deve confrontarsi da una parte con lo stato della tecnica, dall'altra con l'economia .. sono 2 vincoli imprescindibili.. possiamo persino rinunciare a parte dello sviluppo economico è chiaro.. ma dev'essere chiaro a tutti che non è un'operazione a costo zero.. o a costi per qualcun altro e basta... non è così.. :)
evidentemente per qualcuno quel costo è indispensabile per altri no, e attenzione, "altri no" sono pure tutti quei paesi che continuano a tagliare la ricerca, campando di reddita come fà l'Italia, ad esempio, chi le esporta in Cina (che mi pare non rispetti Kyoto) per abbassare il costo del lavoro, del "traffico di emissioni" europeo o del rifiuto di un protocollo che (tenendo conto "dello stato della tecnica, dall'altra con l'economia") ne regoli gli aspetti?
In altre parole, da quello che dici, non si capisce chi dovrebbe convincere le aziende (che nessuno vuole chiudere) a regolare le emissioni (e assieme alle aziende le "casalinghe" e gli automobilisti ecc..): da soli io penso che non ci si regoli affatto.
Infine su chi debba pesare il costo, è pacifico che ricadrà sulla comunità...anche se si decidesse di appioppare le spese di adeguamento alle aziende i costi ricadrebbero comunque sulla comunità sottoforma di aumenti di prezzo...mi chiedo però perchè non penalizzare il profitto delle aziende più inquinanti (o premiare con gli incentivi già esistenti solo quelle più virtuose).
scappo, cià.
senza entrare troppo nel merito .. posto solamente un paio di documentini :D :
qui:
http://themes.eea.eu.int/Environmental_issues/climate/reports
http://www.wupperinst.org/Sites/wp.html
Originariamente inviato da bonsaka
Noneee, l'aumento della temp rispetto all'1800, lo ripeto, sembra elevato solo perchè nel 1800 c'è stata una piccola epoca glaciale, per molti ghiacciavano molti fiumi, come il "caldo" tamigi; quindi si puo solo dire che da quel trend climatico glaciale si è passato a questo più temperato, e comunque il clima terrestre ha vissuto periodi molto ma molto più caldi di quello attuale...
Nel medioevo faceva molto più caldo di ora, si coltivava la vite in inghilterra, quindi parlare di catastrofismi è sbagliato; ma quando non prescinde dal fatto che l'impatto dell'uomo sulla natura è sicuramente negativo.
è però molto difficile stabilire quale sia, oggi, il contributo umano rispetto al passato .... voglio dire che negli ultimi due secoli si sono avute trasformazioni (epoca industriale in poi) molto veloci e con contributi totalmente diversi dal passato ...
Originariamente inviato da bonsaka
Noneee, l'aumento della temp rispetto all'1800, lo ripeto, sembra elevato solo perchè nel 1800 c'è stata una piccola epoca glaciale, per molti ghiacciavano molti fiumi, come il "caldo" tamigi; quindi si puo solo dire che da quel trend climatico glaciale si è passato a questo più temperato, e comunque il clima terrestre ha vissuto periodi molto ma molto più caldi di quello attuale...
Nel medioevo faceva molto più caldo di ora, si coltivava la vite in inghilterra, quindi parlare di catastrofismi è sbagliato; ma quando non prescinde dal fatto che l'impatto dell'uomo sulla natura è sicuramente negativo.
Non è un aumento da medioevo, si parla di crescita continua in una ventina d'anni, e lo dice l'organizzazione metereologica mondiale (WMO), mica un predicatore dell'apocalisse...:)
Sugli effetti dell'inalzamento della temperatura che tu minimizzi, per restare in Italia, vorrei che tu realizzassi i km di costa sommersi con le conseguenze anche solo per il turismo, (che nel medioevo non era così sviluppato) per venezia (idem), per la siccità in sardegna e nel meridione, o per gli ecosistemi già provati dal nostro sfruttamento...
se non è una catastrofe è quantomeno una grossa seccatura...:D
dell'organizzazione metereologica mondiale (WMO)
"Il 2000 - ha detto il segretario generale del Wmo, Godwin Obasi - è il ventiduesimo anno consecutivo con tempertura al di sopra della media del periodo 1961-1990 e si piazza su livelli simili a quelli del 1999 nonostante il persistente effetto raffreddante rappresentato dalla corrente marina tropicale del Pacifico denominata El Nino . Se a questo si aggiunge il fatto che i dieci anni più caldi si sono tutti registrati dopo il 1983 e che sette di essi fanno parte degli anni 90 si può dire che il trend in atto è compatibile con il riscaldamento globale del quale si parla e questo dovrebbe quindi spingerci ad un taglio delle emissioni di quei gas che accentuano l'effetto serra".
Jaguar64bit
20-09-2003, 09:32
Originariamente inviato da Max2
è però molto difficile stabilire quale sia, oggi, il contributo umano rispetto al passato .... voglio dire che negli ultimi due secoli si sono avute trasformazioni (epoca industriale in poi) molto veloci e con contributi totalmente diversi dal passato ...
Il clima e' mutato negli ultimi 20 anni..........a vista d'occhio...., penso che negli ultimi 80 anni l'uomo abbia contribuito in negativo.....a far mutare il clima in maniera...innaturale e drastica , viste le migliaia di complessi industriali , scarichi di automezzi.........centrali elittriche....che sono alimentate col petrolio......ecc ecc...insomma le solite cose che sanno tutti..................e' l'arretratezza tecnologica e gli interessi dei paesi che hanno le mani sul petrolio e non hanno alcun interesse a sfruttare fonti di energia meno inquinanti che porta ad una situazione del genere............
Tra i guru dell'apocalisse pare ci sia anche l'Onu
dall' onu (http://www.onuitalia.it/aggiornamenti/ponte52.html )
Combattere l'Innalzamento delle Temperature Mondiali:
L'Assemblea sui Cambiamenti Climatici Approfondimenti
Nel 1898, lo scienziato svedese Svante Ahrrenius avvertì che le emissioni di biossido di carbonio avrebbero potuto portare ad un innalzamento delle temperature mondiali.
Tuttavia, fu solo negli anni'70 che la crescente conoscenza da parte degli scienziati circa il funzionamento del sistema atmosferico terrestre fece aumentare l'attenzione riservata a questo ramo scientifico, in precedenza oscuro.
Per consentire ai politici ed all'opinione pubblica di avere una migliore comprensione di quanto i ricercatori avevano scoperto, nel 1988 il Programma sull'Ambiente delle Nazioni Unite (United Nations Environment Programme - UNEP) e l'Organizzazione Meteorologica Mondiale (World Meteorological Organization - WMO), hanno costituito la Commissione Intergovernativa sui Cambiamenti Climatici (Intergovernmental Panel on Clamate Change - IPCC). L'IPCC ha ricevuto mandato per stabilire lo stato delle conoscenze attuali sul sistema climatico e sui cambiamenti del clima; gli impatti ambientali, economici e sociali dei cambiamenti climatici; e le possibili strategie di risposta.
L'IPCC ha pubblicato il suo Primo Rapporto di Valutazione nel 1990. Approvato da centinaia di importanti scienziati ed esperti dopo un coscienzioso processo di revisione, il Rapporto confermava i fondamenti scientifici per il cambiamento climatico. Esso aveva un effetto potente tanto sul mondo politico quanto sull'opinione pubblica ed influenzava in maniera considerevole i negoziati sulla Convenzione sul Cambiamento Climatico.
Questo è quanto l'IPCC ha rilevato:
le emissioni di gas responsabili dell'effetto serra sono verosimilmente colpevoli per il rapido cambiamento climatico. Il biossido di carbonio è prodotto della combustione di combustibili fossili, ed i suoi effetti si intensificano nel momento in cui le foreste, che lo assorbono, vengono tagliate. Il metano e protossido d'azoto vengono rilasciati nell'atmosfera a seguito delle attività agricole, del cambiamento della destinazione d'uso dei terreni e di altre cause. I clorofluorocarburi (CFC) ed altri gas giocano a loro volta un ruolo importante nel trattenere il calore nell'atmosfera. Ispessendo la "coperta" atmosferica dei gas responsabili dell'effetto serra, le emissioni dell'umanità stanno sconvolgendo i flussi energetici che dirigono il sistema climatico;
che è nè più nè meno quello che ho imparato a scuola
i modelli climatici prevedono che entro l'anno 2010 la temperatura del pianeta si alzerà in una misura compresa in un intervallo variabile tra 1 e 3,5 centigradi. Tale proiezione è basata sull'attuale andamento delle emissioni e non contiene molte certezze, particolarmente per quanto concerne il livello regionale. Dal momento che il clima non reagisce immediatamente alle emissioni di gas che contribuiscono all'effetto serra, esso continuerà a cambiare ancora per centinaia di anni dopo che le concentrazioni di gas nell'atmosfera si saranno stabilizzate. Nel frattempo, non possono essere esclusi rapidi ed inaspettati cambiamenti climatici. Ci sono segnali in base ai quali il cambiamento del clima potrebbe già essere iniziato;
il che ci riporta agli effetti osservabili oggidì (sempre che lo siano)
il cambiamento climatico avrà effetti rilevanti sull'ambiente globale. In generale, più rapidi sono i cambiamenti climatici, maggiori sono i rischi di danni che ne derivano. Si prevede che, se continueranno le tendenze attuali, entro l'anno 2100 il livello medio dei mari crescerà in una misura compresa tra i 15 ed i 95 centimetri, causando inondazioni ed altri danni . Le fasce climatiche (e perciò gli ecosistemi e le cinture agricole) potrebbero spostarsi verso i poli in un raggio di 150-550 chilometri nelle regioni di media latitudine. Foreste, deserti, l'insieme delle terre ed altri ecosistemi non gestiti potrebbero divenire più umidi, più secchi, più caldi o più freddi. Come conseguenza, molti di essi andranno incontro ad un declino o ad una frammentazione, mentre specie caratteristiche si estingueranno;
la società umana dovrà affrontare nuovi rischi e nuove pressioni. La sicurezza alimentare globale non è verosimilmente minacciata, ma alcune regioni potrebbero sperimentare una carenza di cibo e la fame. Le risorse idriche verranno intaccate giacché le precipitazioni ed i modelli di evaporazione verranno modificati in tutto il pianeta. I sistemi infrastrutturali subiranno dei danni, specialmente a causa dell'innalzamento del livello dei mari e di eventi eccezionali, che in alcune regioni potrebbero aumentare per frequenza ed intensità. Le attività economiche, gli insediamenti umani e la salute dell'umanità subiranno numerose conseguenze, dirette ed indirette. Ed i poveri sono i più vulnerabili agli effetti negativi del cambiamento climatico;
popolazioni ed ecosistemi avranno bisogno di adattarsi al futuro regime climatico. Le emissioni passate e presenti hanno gianno già fatto sì che nel 21o secolo, si verifichi un cambiamento climatico di un certo grado. L'adattamento a queste conseguenze richiederà una buona conoscenza dei sistemi socio-economici e naturali, della loro sensibilità al cambiamento climatico, e della loro intrinseca abilità all'adattamento. A tale proposito sono numerose le strategie per promuovere l'adattamento;
stabilizzare le concentrazioni atmosferiche dei gas responsabili dell'effetto serra fatto richiederà uno sforzo notevole. Rispetto all'epoca pre-industriale, sulla base delle attuali tendenze, entro l'anno 2030 la crescita delle emissioni di biossido di carbonio e degli altri gas responsabili dell'effetto serra dovrebbe risultare pari al doppio della concentrazione di anidride carbonica presente nell'atmosfera, per poi triplicare entro l'anno 2100. Se vogliamo che entro il ventiduesimo secolo la concentrazione delle emissioni si stabilizzi ad un livello di anidride carbonica che sia solo doppio rispetto all'attuale, i livelli correnti dovrebbero alla fine calare a meno del 30 per cento rispetto a quelli attuali. Questi tagli dovrebbero essere effettuati nonostante la crescita della popolazione e l'espansione dell'economia mondiale.
questa era per SaMu, che però non credo apprezzi le NU...:D
sempre dall' onu (http://www.onuitalia.it/aggiornamenti/ponte52.html )
La Convenzione delle Nazioni Unite Contro la Desertificazione:
una Nuova Risposta ad un Vecchio Problema Approfondimenti
Secondo le stime del Programma per l'Ambiente delle Nazioni Unite (United Nations Environment Programme - UNEP), un quarto delle terre del pianeta è minacciato dalla desertificazione. Le esistenze di più di un miliardo di persone in oltre 100 nazioni sono a propria volta messe a rischio dalla desertificazione, dal momento che la coltivazione e il pascolo divengono meno produttivi.
Desertificazione non vuol dire che i deserti stanno avanzando costantemente o prendendo il possesso delle terre vicine. In base alla definizione della Convenzione ONU, la desertificazione è un processo di "degrado dei terreni coltivabili in aree aride, semi-aride e asciutte sub-umide in conseguenza di numerosi fattori, comprese variazioni climatiche e attività umane". Chiazze di terreno degradato possono trovarsi a centinaia di chilometri dal deserto più vicino. Ma esse possono espandersi ed unirsi l'una con l'altra, creando delle condizioni simili a quelle desertiche.
La desertificazione contribuisce a creare altre crisi ambientali, quali la perdita della biodiversità ed il riscaldamento della temperatura su scala planetaria.
La maggior parte delle regioni che rischiano di tramutarsi in terre aride si trovano in prossimità delle cinque principali aree desertiche mondiali; si tratta de:
il Deserto di Sonora nel Messico nord-occidentale e la sua continuazione nella parte sud-occidentale degli Stati Uniti;
il Deserto di Atacama, una sottile striscia costiera in Sud America tra le Ande e l'Oceano Pacifico;
una larga area desertica che dall'Oceano Atlantico corre verso oriente in direzione della Cina e che comprende il Deserto del Sahara, Il Deserto Arabico, i deserti dell'Iran e dell'ex-Unione Sovietica, il Gran Deserto Indiano (Thar) nel Rajasthan ed infine i deserti del Takla-makan e del Gobi, che si trovano rispettivamente in Cina ed in Mongolia;
il Deserto del Kalahari in Sud Africa;
Gran parte dell'Australia.
Vi sono poi altre aree che debbono essere attentamente considerate:
in Africa, il 66 per cento di tutti i terreni è arido o semi arido; nel Nord America, invece, questa percentuale è del 34 per cento.
l'Ufficio per la Gestione dei Terreni USA considera vulnerabile a fenomeni di desertificazione circa il 40 per cento del territorio continentale degli Stati Uniti. Almeno il 40 per cento dei terreni da pascolo del Texas è già troppo arido per poter essere utilizzato.
le terre emerse coprono oltre un terzo di tutta la superficie terrestre, di queste i deserti rappresentano circa il 7 per cento. Le attività per contrastare la desertificazione si concentrano sul prevenire la creazione di "condizioni simili a quelle desertiche" nelle terre emerse.
il granaio dell'Impero Romano in Nord Africa, che un tempo aveva ospitato 600 città è oggi ridotto ad un deserto.
La desertificazione spesso deriva dalla siccità, ma spesso le ragioni più significative per tale fenomeno sono rappresentate dalle attività umane. Le coltivazioni intensive esauriscono il suolo. L'allevamento del bestiame elimina la vegetazione, utile a difendere il suolo da fenomeni erosivi. Gli alberi che trattengono il manto superficiale del terreno vengono tagliati per essere utilizzati come legname da costruzione o come legna da ardere per riscaldare e cucinare. L'attività irrigua effettuata con canali e tubazioni scadenti rende salmastre le terre coltivate, desertificando 500.000 ettari all'anno, più o meno la stessa estensione di terreno che viene irrigata ex novo ogni anno.
Le cause che stanno dietro a questo fenomeno sono numerose e comprendono fattori economici e sociali nei paesi in via di sviluppo quali la povertà, gli elevati tassi di crescita della popolazione, l'ineguale distribuzione delle proprietà terriere, l'afflusso di rifugiati, la modernizzazione che fa abbandonare le tradizionali tecniche di coltivazione e le politiche governative che incoraggiano le colture commerciali al servizio del debito estero svolte sulle terre marginali.
La vita sulla terra si basa su quello strato superficiale del terreno che fornisce i nutrienti necessari alle piante, alle colture, alle foreste, agli animali ed alle persone. Senza di esso, in definitiva, nessuno potrebbe sopravvivere. Sebbene questo strato abbia bisogno di lungo tempo per svilupparsi, se non viene curato in maniera appropriata, esso può scomparire in poche stagioni a causa dell'erosione che deriva dall'attività del vento e dell'acqua.
Altro studio molto approfondito dal SEMINARIO CIRTEN 2001 I COSTI DELL’ENERGIA
quì (http://www.google.it/search?q=cache:MszgLvq-VPwJ:www.cirten.it/acrobat/chap6.pdf+%22%2Bwww.cirten.it/acrobat/chap6.pdf.%22&hl=it&ie=UTF-8)
Le cause delle variazioni avvenute sono sconosciute nella maggior parte dei casi, e sono certamente di origine naturale. Le misure delle quantità dei gas serraindicano che, dall’inizio dell’era industriale, alcune di essi sono notevolmenteaumentate. Anche le temperature sembrano mostrare una tendenza all’aumento,come si vedrà meglio più avanti.
...
L'equilibrio dovuto all'irraggiamento termico ed all'assorbimento da parte deicomponenti "serra" determina quindi la temperatura effettiva della Terra. ....
L'acqua è il componente che assorbe lamaggior parte della radiazione infrarossa, quindi contribuisce in misura maggioreall’effetto serra.
...
La capacità dell’atmosfera di assorbire il calore radiante dipende quindi daisuoi componenti e in particolar modo dalle molecole di gas poliatomico
....
La responsabilità dell’aumento delle temperature viene attribuita ai gas serrae principalmente all’anidride carbonica la cui concentrazione è passata da 280 ppm del XVIII secolo ad oltre 360 ppm attuali.
il resto lo leggo a casa.
Cosa c'entra l'arretamento delle coste?
Non c'entra nulla col clima, le coste arretrano per colpa delle dighe dell'uomo, per colpa della cementificazione dei fiumi, per colpa del prelevamento della ghiaia dal fondo dei fiumi, per colpa della distruzione delle dune naturali lungo le coste... Come vedi c'entra l'uomo, ma non il clima (forse tu intendevi che si fosse alzato il livello marino, niente affatto)..
Non intendevo un amento delle temp dal medioevo ma dal 1800, il medioevo l'ho nominato per dire che allora le temperature medie erano più elevate di oggi...
;)
Originariamente inviato da ni.jo
Non è un aumento da medioevo, si parla di crescita continua in una ventina d'anni, e lo dice l'organizzazione metereologica mondiale (WMO), mica un predicatore dell'apocalisse...:)
Sugli effetti dell'inalzamento della temperatura che tu minimizzi, per restare in Italia, vorrei che tu realizzassi i km di costa sommersi con le conseguenze anche solo per il turismo, (che nel medioevo non era così sviluppato) per venezia (idem), per la siccità in sardegna e nel meridione, o per gli ecosistemi già provati dal nostro sfruttamento...
se non è una catastrofe è quantomeno una grossa seccatura...:D
Originariamente inviato da bonsaka
Cosa c'entra l'arretamento delle coste?
Non c'entra nulla col clima, le coste arretrano per colpa delle dighe dell'uomo, per colpa della cementificazione dei fiumi, per colpa del prelevamento della ghiaia dal fondo dei fiumi, per colpa della distruzione delle dune naturali lungo le coste... Come vedi c'entra l'uomo, ma non il clima (forse tu intendevi che si fosse alzato il livello marino, niente affatto)..
Non intendevo un amento delle temp dal medioevo ma dal 1800, il medioevo l'ho nominato per dire che allora le temperature medie erano più elevate di oggi...
;)
come non c'entra nulla, la temperatura sale (e sale...da quando di preciso non lo sò ma in proporzione negli ultimi vent'anni sale di più sempre di più) i ghiacci si sciolgono l'acqua sale (sempre fonti ONU "entro l'anno 2100 il livello medio dei mari crescerà in una misura compresa tra i 15 ed i 95 centimetri, causando inondazioni ed altri danni") ergo la costa sparisce (stà già sparendo).
E Venezia affonda, per dirne una.
Ma a parte questo nel medievo non c'erano così tanti "gingillini" da perdere come oggi (agricoltura, industrie, turismo, e tanta gente in più)
Al limite essendo più progrediti si spera si abbiano pià armi per difendersi.:)
jumpermax
20-09-2003, 13:46
Originariamente inviato da ni.jo
come non c'entra nulla, la temperatura sale (e sale...da quando di preciso non lo sò ma in proporzione negli ultimi vent'anni sale di più sempre di più) i ghiacci si sciolgono l'acqua sale (sempre fonti ONU "entro l'anno 2100 il livello medio dei mari crescerà in una misura compresa tra i 15 ed i 95 centimetri, causando inondazioni ed altri danni") ergo la costa sparisce (stà già sparendo).
E Venezia affonda, per dirne una.
Ma a parte questo nel medievo non c'erano così tanti "gingillini" da perdere come oggi (agricoltura, industrie, turismo, e tanta gente in più)
Al limite essendo più progrediti si spera si abbiano pià armi per difendersi.:)
anche su questa misura sono un tantinello scettico... quanti Km cubi di acqua sono congelati nelle calotte?
Originariamente inviato da jumpermax
anche su questa misura sono un tantinello scettico... quanti Km cubi di acqua sono congelati nelle calotte?
tanti
Originariamente inviato da ni.jo
tanti
...ma sempre meno.:sofico:
Originariamente inviato da ni.jo
come non c'entra nulla, la temperatura sale (e sale...da quando di preciso non lo sò ma in proporzione negli ultimi vent'anni sale di più sempre di più) i ghiacci si sciolgono l'acqua sale (sempre fonti ONU "entro l'anno 2100 il livello medio dei mari crescerà in una misura compresa tra i 15 ed i 95 centimetri, causando inondazioni ed altri danni") ergo la costa sparisce (stà già sparendo).
E Venezia affonda, per dirne una.
Ma a parte questo nel medievo non c'erano così tanti "gingillini" da perdere come oggi (agricoltura, industrie, turismo, e tanta gente in più)
Al limite essendo più progrediti si spera si abbiano pià armi per difendersi.:)
Aaa, ma tu stai parlando di ipotesi...
Originariamente inviato da bonsaka
Aaa, ma tu stai parlando di ipotesi...
sino ad un certo punto, perchè queste ipotesi sono proiezioni di eventi e osservazioni misurate oggi.
(...sempre dalla ricerca onu "Le emissioni passate e presenti hanno gianno già fatto sì che nel 21o secolo, si verifichi un cambiamento climatico di un certo grado")
Ora 100.000 persone sono in fuga dal ciclone
Isabel, che sta per abbattersi sulla
West coast. Gli assicuratori, che di queste
cose se ne intendono, prevedono danni come
non se n’erano visti da un decennio (l’uragano
Andrew nel 1992 era costato 26 miliardi
di dollari). Ma Isabel potrebbe anche
sgonfiarsi.
in effetti alla fine si è sgonfiato.
corriere.it (http://www.corriere.it/Primo_Piano/Esteri/2003/09_Settembre/20/uragano.shtml)
ESTERI
L'uragano degradato a tempesta tropicale
Isabel lascia 25 morti e si esaurisce in Canada
Bush ha dichiarato anche il Maryland «zona disastrata». Due milioni e mezzo di persone ancora senza corrente elettrica
Il percorso di Isabel dei prossimi giorni in Canada (da Noaa)
NEW YORK - È salito a 25 il numero delle vittime provocate dall'uragano Isabel, che ora ha perso parte della sua forza ed è stato «degradato» a tempesta tropicale. La perturbazione ora si è spostata all'interno degli Stati Uniti nella zona dei Grandi Laghi ed è già arrivata in Canada nella Provincia dell'Ontario. Secondo le previsioni nella notte tra domenica e lunedì ciò che rimane di Isabel arriverà addirittura nel nord canadese a 60° di latitudine nella penisola di Ungawa che chiude a est la baia di Hudson.
L'uragano Isabel clicca su una foto per andare alla galleria
ORA SUL CANADA - Due milioni e mezzo di persone sulla costa atlantica sono ancora senza energia elettrica. Secondo le autorità, ci vorranno almeno due settimane per ripristinare la normalità. Il presidente americano George W. Bush ha dichiarato anche il Maryland «zona disastrata» dopo il passaggio dell’uragano, garantendo allo Stato gli aiuti federali. Provvedimento simile era stato già preso per Virginia e la Carolina del Nord. A Baltimora, dove il centro è allagata, 200 persone sono state salvate con le barche. Nella baia di Chesapeake le strade sono state sommerse in alcuni punti da due metri d'acqua.
Isabel ha intanto lasciato gli Stati Uniti. In Canada 27 mila case nel sud dell’Ontario, poi scese a 15 mila venerdì pomeriggio, sono rimaste prive di energia elettrica. Le scuole e gli uffici hanno osservato i normali orari di lavoro, mentre le autorità aeroportuali di Toronto hanno comunicato che il traffico aereo non ha subito molti cambiamenti, a parte la cancellazione di alcuni voli.
è un pò lungo, ma ci sono parechie cose interessanti:
In sintesi quello che mi ha colpito di più è:
Che la raccolta delle registrazioni strumentali eseguita nel corso del ventesimo secolo indica che vi è stato un innalzamento di temperatura compreso fra i valori di 0.4 °C e 0.8 °C
La responsabilità dell’aumento delle temperature viene attribuita ai gas serra e principalmente all’anidride carbonica la cui concentrazione è passata da 280 ppm
del XVIII secolo ad oltre 360 ppm attuali.
C'è un aumento di alcuni gas serra in maniera notevole dall'inizio della rivoluzione industriale
La concentrazione atmosferica di CO 2 è passata da 280 ppm nel 1750 a 367 ppm nel 1999 che corrisponde ad un aumento di circa il 30%.
Questo aumento è dovuto principalmente all'uso di combustibili fossili ed alla deforestazione
L'anidride carbonica è il gas serra il cui aumento è principalmente dovuto all'azione umana.Il suo contributo costituisce il 60% del totale dovuto all'insieme dei gas serra.
Le emissioni di metano hanno origine naturale ed antropogenica,
ma attualmente più del doppio delle quantità emesse nell'atmosfera hanno origine antropogenica e rappresenta il 20% del totale dovuto ai gas serra.
Gli alocarboni contenenti cloro o bromo come clorofluorocarboni (CFC), provocano la distruzione dell'ozono stratosferico.
Per la maggior parte di essi, l'origine è esclusivamente dovuta ad attività umane. La riduzione dello strato di ozono avvenuta negli ultimi venti anni nella stratosfera ha provocato un forcing radiativo negativo di circa 0.15 w/m 2. Il forcing termico radiativo dovuto all'ozono troposferico è cresciuto dall'epoca preindustriale fino a circa 0.35 w/m 2, per cui l’ozono troposferico è il terzo gas serra per incidenza sul forcing termico
La deforestazione sembra produrre un forcing termico negativo
In positivo c'è che il confronto con i dati del 1990 mostra una riduzione delle emissioni nel settore energetico (calore ed elettricità).
Tale riduzione è da attribuirsi principalmente alla
migrazione dal carbone verso il gas (principalmente in Gran Bretagna dove la produzione di energia era per il 64% a carbone nel 1990 e ad una maggiore efficienza nella produzione (Germania). Un altro motivo della riduzione delle emissioni di CO 2 nel settore energetico è l’uso di generatori eolici. hanno avuto una riduzione: Lussemburgo (58%), Germania (16%) e Regno Unito (10%). Il maggiore incremento relativo si è avuto in Irlanda (19%), Portogallo (18%), Spagna (19%) e
Grecia (15%). Il maggiore incremento in quantità assoluta si è avuto in Spagna (59Tg) e Italia (24 Tg).
:muro:
quì si parla di ricerca sulla comunità europea, sarei curioso di vedere i dati usa e cinesi.
L'emissione di gas serra è strettamente
correlato con i consumi energetici è e con le necessità di riscaldamento dovute a basse temperature
Per quanto riguarda le osservazioni di SaMu sul costo da pagare per la riduzione dei gas, è interessante che il Prodotto Interno Lordo, nel 1998 il PIL (GDP) sia cresciuto del 2.5% in Europa,
nello stesso periodo si è avuta una riduzione del 1.4% delle emissioni di gas serra.
• Maggiore riscaldamento delle terre rispetto agli oceani in inverno.
• Massimo riscaldamento alle latitudini nord nel tardo autunno e inverni
con copertura nevosa ridotta e riduzione della superficie ghiacciata dei
mari.
• Riscaldamento delle zone artiche in estate.
• Riduzione dell’escursione termica diurna terrestre in molte regioni.
• Aumento degli eventi di temperatura eccezionalmente alta e diminuzione degli eventi di temperatura eccezionalmente bassa.
• Incremento delle precipitazioni invernali alle alte latitudini.
• Aumento degli eventi di precipitazioni intense in molte regioni.
SEMINARIO CIRTEN 2001 I COSTI DELL’ ENERGIA
G. Tropiano – Effetto Serra
EFFETTO SERRA
Girolamo Tropiano
1. Bilancio termico
Grazie al sistema atmosferico ed oceanico e grazie all’effetto serra, si hanno
sulla Terra, temperature intorno ai 15 °C con variazioni fra massimi e minimi tali da
consentire la vita nelle forme conosciute.
(cut)
La temperatura della Terra da circa 11000 anni, cioè dalla fine dell'ultima
glaciazione è piuttosto stabile (periodo Olocene), vi sono state piccole variazioni
anche recenti, per esempio un riscaldamento intorno all'anno mille, oppure un
abbassamento delle temperature nel XVI secolo.
Le cause delle variazioni avvenute sono sconosciute nella maggior parte dei
casi, e sono certamente di origine naturale. Le misure delle quantità dei gas serra
indicano che, dall’inizio dell’era industriale, alcune di essi sono notevolmente
aumentate.
(cut)
L'equilibrio dovuto all'irraggiamento termico ed all'assorbimento da parte dei
componenti "serra" determina quindi la temperatura effettiva della Terra. Uno
spostamento da tale equilibrio che tende a fare aumentare la temperatura è detto
forcing termico positivo. Se la variazione tende invece ad abbassare le temperature,
si parla di forcing termico negativo.
L'acqua è il componente che assorbe la maggior parte della radiazione infrarossa, quindi contribuisce
in misura maggiore all’effetto serra.
La responsabilità dell’aumento delle temperature viene attribuita ai gas serra
e principalmente all’anidride carbonica la cui concentrazione è passata da 280 ppm
del XVIII secolo ad oltre 360 ppm attuali.
Ma se la percentuale di CO 2 presente è in ogni caso bassa rispetto agli altri
agenti che regolano la temperatura terrestre, perché viene attribuita così grande
importanza ad essa?
Il motivo sta nel fatto che il sistema climatico è un sistema complesso e
quindi vi sono molti fattori che sono fra loro intercorrelati. Per esempio il vapore
acqueo che è il principale assorbitore di radiazione infrarossa, è presente in quantità
variabile e questa quantità aumenta con la temperatura. Anche le nuvole dipendono
da questa quantità e dalla temperatura ed esse contribuiscono a riflettere nello spazio
la radiazione proveniente dal Sole.
(cut)
Il carbonio si trasferisce continuamente dall'uno all'altro dei serbatoi naturali
costituiti da terra, oceani e atmosfera. Nell'atmosfera si trova principalmente sotto
forma di anidride carbonica. Sulla terraferma si trova negli organismi viventi e nel
materiale organico in decomposizione. Negli oceani si trova come CO 2
disciolto e nei piccoli organismi come il plankton. Le rispettive quantità contenute sono: 2.000
Gt sulla terraferma, 750 Gt nell'atmosfera, 40.000 Gt nell'oceano profondo, 550 Gt
nell'oceano sovrastante. Terra, atmosfera e superfici oceaniche sono strettamente
legati e lo scambio del carbonio avviene rapidamente, mentre lo scambio fra questo
sistema (più rapido) e il profondo oceano impiega tempi dell'ordine delle centinaia di
anni.
La concentrazione atmosferica di CO 2 è passata da 280 ppm nel 1750 a 367
ppm nel 1999 che corrisponde ad un aumento di circa il 30%. Questo aumento è
dovuto principalmente all'uso di combustibili fossili ed alla deforestazione.
L'anidride carbonica è il gas serra il cui aumento è principalmente dovuto all'azione
umana. Il forcing radiativo attuale è di 1.46 w/m 2 e costituisce il 60% del totale
dovuto all'insieme dei gas serra. Rimangono incertezze legate alle stime delle emissioni di CO2 dovute all'uso
agricolo delle terre.
Metano
La concentrazione atmosferica del metano è aumentata di circa il 150% a
partire dal 1750. Le emissioni di metano hanno origine naturale ed antropogenica,
ma attualmente più del doppio delle quantità emesse nell'atmosfera hanno origine
antropogenica. Il forcing radiativo diretto dovuto al metano è attualmente di 0.48w/m 2
e rappresenta il 20% del totale dovuto ai gas serra. L'incremento annuale di
questo gas non è costante ed è stato altamente variabile negli anni novanta. (nel 1992
si è annullato). I motivi di tale variabilità non sono ancora chiari.
Ossido di azoto
Attualmente la concentrazione di ossido di azoto è 16% più elevata che nel
1750. Anche per questo gas le emissioni hanno duplice origine: antropogenica e
naturale. A partire dal 1993 l'aumento della concentrazione è tornata ai valori vicini a
quelli degli anni ottanta. Fra i motivi di tale diminuzione del tasso di crescita vi è la
riduzione dell'uso di fertilizzanti basati sull'azoto. Il forcing radiativo è di 0.15 w/m
2 (6% sul totale dei gas serra).
Alocarburi
Sono composti del carbonio che contengono alogeni: fluoro, cloro, bromo o
iodio. Per la maggior parte di essi, l'origine è esclusivamente dovuta ad attività
umane. Gli alocarboni contenenti cloro o bromo come clorofluorocarboni (CFC),
provocano la distruzione dell'ozono stratosferico. Il loro uso e produzione è regolato
dal protocollo di Montreal (1987 e successive revisioni del 1990 e 1992).
L'abbondanza di questi gas è in leggera diminuzione dal 1994.
Il forcing radiativo è di 0.34 w/m 2 (14% del totale).
L'abbondanza dei sostituti dei CFC, alcuni dei quali sono gas serra, è in
aumento.
Ozono
Questo gas è presente nella stratosfera e nella troposfera, il suo ruolo nel
bilancio radiativo dipende fortemente dall'altitudine alla quale avviene la sua
variazione di abbondanza. L'ozono non è un gas emesso direttamente, esso si forma
con processi fotochimici nell'atmosfera e i precursori delle reazioni sono di origine
naturale ed antropogenica.
La riduzione dello strato di ozono avvenuta negli ultimi venti anni nella
stratosfera ha provocato un forcing radiativo negativo di circa 0.15 w/m 2 .
Inoltre la maggiore quantità di radiazione ultravioletta che penetra nella troposfera provoca un
aumento della velocità nella riduzione di alcuni gas serra come per esempio il
metano. Il forcing termico radiativo dovuto all'ozono troposferico è cresciuto
dall'epoca preindustriale fino a circa 0.35 w/m 2, per cui l’ozono troposferico è il
terzo gas serra per incidenza sul forcing termico. L’ozono si forma tramite reazioni
fotochimiche, le quantità che saranno presenti in futuro dipendono quindi da
emissioni di altre sostanze, fra cui quelle di metano e di altri inquinanti.
Altri agenti di forcing termico
La deforestazione sembra produrre un forcing termico negativo (− 0.2 ± 0.2
w/m 2 ), l’effetto è maggiormente sensibile alle alte latitudini a causa del maggiore
albedo (rapporto fra luce riflessa e luce incidente) che hanno le distese di neve con
bassa vegetazione, rispetto alle foreste innevate.
Le variazioni dell’attività solare hanno provocato dal 1750 ad oggi un forcing
termico positivo valutato intorno a 0.3 w/m 2. La maggior parte della variazione è
avvenuta nella prima metà del ventesimo secolo. Le rilevazioni da satellite mostrano
una variazione sugli ultimi due cicli solari undecennali dell’1%, questo comporta un
forcing termico di 0.2 w/m2
Nel diagramma di figura 3 è sintetizzato il contributo dei principali agenti che
determinano forcing termico, dalla figura risulta evidente il peso dell’anidride
carbonica.
3. Modelli e simulazioni
(cut)
I modelli climatici che considerano la totalità dell’atmosfera terrestre (modelli
planetari), sono denominati GCM (General Circulation Model), quelli in cui le
componenti atmosferiche e oceaniche sono accoppiate, sono detti AOGCM
(Atmosphere-Ocean General Circulation Model)
(cut)
I modelli esistenti al momento (2001) riescono a riprodurre alcune delle variabili di questa
seconda categoria, mentre danno risultati non realistici per varie altre.
Il sistema climatico terrestre è un sistema caotico, la sua evoluzione è quindi
sensibile a piccole variazioni nelle condizioni iniziali. Questa sensibilità limita la
predicibilità della dettagliata evoluzione delle condizioni del tempo a circa due
settimane. La predicibilità del sistema climatico globale ha una scala temporale più
grande a causa delle sistematiche influenze delle componenti a variazione lenta del
sistema.
Per valutare le informazioni disponibili sul cambiamento del clima alcuni
membri dell'Organizzazione Meteorologica Mondiale e del Programma Ambiente
dell'ONU fondarono nel 1988 l'Intergovernmental Panel of Climate Change (IPCC)
che si suddivise in tre comitati: il primo per valutare l'attendibilità del previsto
cambiamento climatico, il secondo per prevederne gli effetti ed il terzo per suggerire
eventuali rimedi. Molti centri di ricerca partecipano allo scambio di dati con l'IPCC,
qui di seguito sono indicati alcuni fra i principali e i rispettivi modelli climatici
sviluppati.
Fattori di incertezza
Vapore acqueo
Uno dei più vistosi effetti dovuto all'aumento di temperatura globale previsto
è l'aumento della capacità di contenere acqua da parte dell'atmosfera. Negli strati
inferiori dell'atmosfera (fino a 1 ÷ 2 km di altezza) la quantità di vapore acqueo
aumenta all'aumentare della temperatura. Nella restante zona della troposfera, dove
le variazioni sono maggiormente importanti per l'effetto serra, è difficile
quantificarne gli effetti. I modelli forniscono un raddoppio del riscaldamento rispetto
a quello ottenuto con un valore fisso di vapore. I maggiori progressi nella
modellizzazione degli ultimi anni sono dovuti proprio all'inclusione del feedback
dovuto al vapore acqueo.
Copertura nuvolosa
L'interazione fra nuvole e radiazione è una delle maggiori fonti di incertezza
della modellizzazione atmosferica. Le nuvole possono infatti assorbire e riflettere la
radiazione solare, fornendo così un forcing termico negativo, ma anche assorbire ed
emettere radiazione termica contribuendo quindi ad un forcing termico positivo.
L'equilibrio fra i due effetti dipende dall'altezza delle nuvole, dal loro spessore e
dalle loro proprietà radiative. Queste ultime dipendono dalla distribuzione del vapore
acqueo con l'altezza, dalla formazione di goccioline d'acqua, da particelle di
ghiaccio, dagli aerosol presenti in atmosfera e anche dallo spessore della nuvola.
Oltre al valore quantitativo del contributo delle nuvole al forcing termico, è incerto
anche il suo segno.
Altro
Vi sono anche altri fattori che contribuiscono al riscaldamento globale come
la fuliggine, la polvere minerale, gli aerosol biogenici. Fra questi fattori, la fuliggine
ha forcing termico positivo, gli aerosol negativo, il segno della polvere minerale è
incerto. Sebbene esistano stime dell’attuale livello di questi effetti, essi non sono ben
conosciuti e gli scenari del SRES non forniscono stime sulle future emissioni di
queste sostanze.
Altri fattori non inclusi nei modelli sono i cambiamenti della superficie delle
terre, le variazioni dell’attività solare e le eruzioni vulcaniche.
4. Il quadro europeo
Emissioni di gas serra
Le sorgenti di gas serra possono essere classificate secondo il metodo indicato
dall’IPCC (IPCC Tier 1). L’Agenzia Europea per l’Ambiente ha identificato, fra
quelle previste, 18 categorie che coprono il 96% del totale delle emissioni dei gas
serra nella comunità europea.
(cut)
Il confronto con i dati del 1990 mostra una riduzione delle emissioni nel settore
energetico (calore ed elettricità). Tale riduzione è da attribuirsi principalmente alla
migrazione dal carbone verso il gas (principalmente in Gran Bretagna dove la
produzione di energia era per il 64% a carbone nel 1990, mentre nel 1998 era scesa al
34%, nello stesso periodo l’energia proveniente da generatori a gas era passata
dall’1% al 32%) e ad una maggiore efficienza nella produzione (Germania). Un altro
motivo della riduzione delle emissioni di CO 2 nel settore energetico è l’uso di
generatori eolici.
In Danimarca si è avuto il maggiore incremento di energia eolica (+
7%), la Germania (38%), la Danimarca (23%) e la Spagna (18%) sono i maggiori
produttori europei. La riduzione delle emissioni di NO 2 è dovuta principalmente a specifiche misure
adottate nell’industria chimica di Francia, Germania e Gran Bretagna.
L’aumento delle emissioni di CO 2 nel settore trasporti è dovuto all’aumento dei trasporti su gomma
in quasi tutta Europa ma principalmente in Irlanda, Spagna,
Portogallo e Grecia. L’aumento delle emissioni di NO 2 ha la stessa origine e in
aggiunta alle emissioni provenienti dalle marmitte catalitiche che riducono le
emissioni inquinanti, ma producono NO2 come sottoprodotto.
Analizzando le emissioni di gas serra suddivise per stati membri dell’Unione
si può vedere come soltanto tre stati hanno avuto una
riduzione: Lussemburgo (58%), Germania (16%) e Regno Unito (10%). Il maggiore
incremento relativo si è avuto in Irlanda (19%), Portogallo (18%), Spagna (19%) e
Grecia (15%). Il maggiore incremento in quantità assoluta si è avuto in Spagna (59
Tg) e Italia (24 Tg).
Forze motrici
L’Agenzia Europea per l’Ambiente ha individuato un sistema di indicatori
(forze motrici) che descrive lo sviluppo sociale, demografico ed economico nella
società ed i corrispondenti cambiamenti negli stili di vita, nei modelli di consumo e
di produzione. Attraverso questi cambiamenti nei consumi e nella produzione, le
forze motrici esercitano influenza sull’ambiente.
(cut)
Dalla figura 5 si può vedere come l’emissione di gas serra è strettamente
correlato con i consumi energetici e con le necessità di riscaldamento dovute a basse
temperature (heating degree days). Per quanto riguarda il Prodotto Interno Lordo, si
può osservare che mentre nel 1998 il PIL (GDP) è cresciuto del 2.5% in Europa,
nello stesso periodo si è avuta una riduzione del 1.4% delle emissioni di gas serra.
5. Andamenti e previsioni
La raccolta delle registrazioni strumentali [3] eseguita nel corso del ventesimo
secolo indica che vi è stato un innalzamento di temperatura compreso fra i valori di
0.4 °C e 0.8 °C. Le previsioni sui cambiamenti climatici richiedono delle ipotesi sulle
emissioni future di CO 2 dovute all'uso di combustibili fossili ed alle attività agricole.
I Modelli di Circolazione Generale forniscono previsioni sugli effetti di un
aumento della quantità di anidride carbonica presente nell'atmosfera principalmente
in due modi: L'anidride carbonica aumenta istantaneamente e in seguito il sistema tende
verso un equilibrio. Questo tipo viene detto modello di equilibrio
La CO 2 aumenta gradualmente fino a raggiungere il valore finale (modello
transiente Le simulazioni in cui si prevede un raddoppio della quantità di CO
2 nell'atmosfera, ottenute con modelli di tipo transiente, forniscono valori dell'aumento
di temperatura sensibilmente inferiori 1 ÷ 2 °C contro 2 ÷ 5 °C forniti dai modelli di
equilibrio.
Da quanto si è visto, i fattori che contribuiscono al forcing termico sono
molti. Le previsioni devono quindi basarsi sui possibili andamenti dei loro valori e
sulle loro reciproche interazioni.
L’IPCC ha definito nel Rapporto Speciale sugli Scenari di Emissione (SRES)
un certo numero di possibili “scenari” del clima, si tratta di rappresentazioni
plausibili del futuro compatibili con le future emissioni di gas serra e di altri
inquinanti, inoltre essi sono coerenti con le conoscenze che abbiamo sugli effetti
dell’aumento delle concentrazioni di tali gas o sostanze sul clima globale. Gli scenari
sono inoltre caratterizzati da alcune ipotesi sui consumi energetici, sullo sviluppo
tecnologico, sull’andamento dell’economia, sull’uso delle terre e altro ancora.
Gli scenari previsti, che sono dettagliatamente descritti nello SRES, si
possono riassumere nelle seguenti quattro grandi categorie o “famiglie”:
A1 La famiglia di scenari A1 descrive un futuro di forte crescita economica,
una popolazione mondiale con un massimo intorno alla metà del secolo e successiva
diminuzione, una rapida introduzione di tecnologie nuove e più efficienti. Altri temi
principali sono una convergenza fra regioni del pianeta, capacità di costruzione ed
accrescimento delle interazioni culturali e sociali con sostanziale riduzione del
reddito pro capite regionale. Il gruppo A1 si suddivide in tre gruppi che descrivono
direzioni alternative dei cambiamenti nello sviluppo delle tecnologie di produzione
dell'energia. I tre sottogruppi A1 si distinguono per l'enfasi data allo sviluppo
tecnologico: fossile intensivo (A1FI), sorgenti di energia non fossile (A1T), oppure
bilanciamento fra tutte le sorgenti (A1B) dove per bilanciamento si intende una
utilizzazione non basata in modo pesante su una particolare fonte di energia e inoltre
si intende che le altre tecnologie per lo sfruttamento delle fonti energetiche e per il
loro uso finale abbiano fatto progressi similari.
A2 Questa famiglia di scenari rappresenta un mondo molto eterogeneo. Il
tema dominante è l’autosostentamento e la preservazione delle identità locali. La
popolazione ha un aumento lento e continuo. Lo sviluppo economico è
fondamentalmente orientato in modo regionale, il reddito pro capite, la crescita
economica e gli sviluppi tecnologici cambiano in modo più lento e frammentato che
negli altri profili.
B1 In questo gruppo di scenari viene descritto un mondo convergente con lo
stesso andamento della popolazione globale visto in A1, ma con rapidi cambiamenti
nelle strutture economiche verso un’economia di servizi e di informatizzazione, con
l’introduzione di tecnologie pulite e ad alta efficienza energetica. In questo quadro
assumono importanza le soluzioni economiche globali, la sostenibilità sociale ed
ambientale, in particolare una maggiore equità, non sono invece previste iniziative
verso i cambiamenti climatici.
B2 In questo quadro, le soluzioni ai problemi economici, sociali e ambientali,
sono cercate a livello locale. Si tratta di un mondo con una popolazione
continuamente in crescita ma con velocità minore che in A2, livelli intermedi di
sviluppo economico, miglioramenti tecnologici meno rapidi che in B1 e in A1. Vi è
un orientamento verso la protezione ambientale e l’equità sociale focalizzati a livello
locale e regionale.
Nessuno di questi scenari prevede iniziative volte alla preservazione del
clima. Nelle figure seguenti (figure 6 e 7 da ref [3]) è rappresentato l’aumento di CO 2 e di NH4
previsto in relazione agli scenari adottati.
degli scenari adottati
Risultati delle simulazioni
Principali conseguenze delle variazioni climatiche previste dai modelli
• Maggiore riscaldamento delle terre rispetto agli oceani in inverno.
• Massimo riscaldamento alle latitudini nord nel tardo autunno e inverni
con copertura nevosa ridotta e riduzione della superficie ghiacciata dei
mari.
• Riscaldamento delle zone artiche in estate.
• Riduzione dell’escursione termica diurna terrestre in molte regioni.
• Aumento degli eventi di temperatura eccezionalmente alta e diminuzione
degli eventi di temperatura eccezionalmente bassa.
• Incremento delle precipitazioni invernali alle alte latitudini.
• Aumento degli eventi di precipitazioni intense in molte regioni.
Nella figura 8 qui in basso è rappresentato l’andamento delle previsioni
dell’aumento medio della temperatura globale previsto da varie simulazioni.
[1]
"Physical Chemistry", P.W. Atkins, University Press, Oxford 1979
[2]
“Climate Change Science, an Analysis of Some Key Questions”, Committee
on the Science of Climate Change Division on Earth and Life Studies,
National Research Council, National Academy Press, Washington, giugno
2001
[3]
"IPCC Third Assessment Report " Technical Summary, IPCC Working Group
I , 2000
[4]
"Special Report on Emissions Scenarios", IPCC Working Group III, 2000,
IPCC. ISBN: 92-9169-113-5
[5]
"Anthropogenic climate change for 1860 to 2100 simulated with the HadCM3
model under updated emissions scenarios", T.C. Johns, J.M. Gregory, W.J.
Ingram, C.E. Johnson, A. Jones, J.A. Lowe, J.F.B. Mitchell, D.L. Roberts,
D.M.H. Sexton, D.S. Stevenson, S.F.B. Tett, and M.J. Woodage. Met Office,
Hadley Centre for Climate Prediction and Research, London Road, Bracknell,
Hadley Centre Technical Note No. 22, 24 Gennaio 2001
[6]
"Projection for Canada Climate Future", Henry G. Hengeveld,
Meteorological Service of Canada Environment, 2000
[7]
"An Overview of Results from the Coupled Model Intercomparison Project
(CMIP)", Curt Covey e altri, In fase di pubblicazione su 'Global and
Planetary Change' Elsevier, ottobre 2001.
[8]
"Guidelines on the use of Scenario Data for Climate Impact and Adaptation
Assessment", IPCC, Dicembre 1999.
[9]
"European Community and Member States greenhouse gas emission trends
1990-99", European Environment Agency, Topic report 10/2001, agosto
2001.
[10]
"European Community and Member States greenhouse gas emission trends
1990-98", European Environment Agency, Topic report 6/2000, luglio 2000.
[11]
" Environmental signals 2002, Benchmarking the millennium", European
Environment Agency, Environmental assessment report n.9/2002, 2002.
altri (lunghi purtroppo) interventi sull'argomento, il grassetto è mio.
"Il clima che cambia
genera uragani-mostri"
www.repubblica.it/online/fatti/mitch/mitch1/mitch1.html
di ANTONIO CIANCIULLO
" Di anno in anno gli uragani si fanno più frequenti e più devastanti: la forza del vento cresce, i danni aumentano, il numero delle vittime sale. Le cifre che danno la misura della progressione del disastro sono contenute in un rapporto della Noaa (National Oceanic and Atmospheric Administration) degli Stati Uniti distribuito alla Conferenza sul riscaldamento globale che si svolge a Buenos Aires. L'istituto americano ha censito 37 catastrofi climatiche da almeno un miliardo di dollari di danni avvenute a partire dal 1980. Ebbene, 31 di questi 37 flagelli si sono concentrati nel decennio '88- '98, il decennio più caldo dal 1880."
"Questa concentrazione di eventi è in linea con le previsioni dell'Intergovernamental Panel on Climate Change delle Nazioni Unite: nel processo di mutamento climatico ci si aspetta di trovarsi di fronte a fatti del genere", risponde Alex Alusa, responsabile del settore atmosfera dell'Unep, il programma ambiente dell'Onu. "Tuttavia il periodo preso in considerazione è troppo breve. Non possiamo affermare con certezza scientifica che Mitch sia una conseguenza dei processi fisici causati dall'uomo bruciando combustibili fossili e deforestando il pianeta. Anche se i sospetti continuano a crescere".
E il '98 ha ripetuto il canovaccio dell'anno precedente rincarando la dose. E' stato un succedersi ininterrotto di alluvioni (50 mila senzatetto in Russia, 80 mila in Corea, 2 mila morti in Cina), siccità (180 milioni di dollari di danni a Cuba, il 90 per cento delle riserve di riso distrutto nelle Filippine), incendi (centinaia di migliaia di ettari di foresta bruciati in Borneo, 10 mila focolai in Messico), uragani (oltre un miliardo i dollari di danni in Perù).
http://www.cremonaonline.it/societa/contenuti/indexxhtml/art_20478/pag_1
7/7/2003 Cambia il clima
Temperature torride in Europa, quasi 600 uragani negli Stati Uniti nel solo mese di maggio, 1.400 morti in India per l'ondata di caldo e piogge torrenziali nello Sri Lanka: «nel mondo intero - afferma l'Organizzazione meteorologica mondiale (Omm) - i fenomeni meteorologici raggiungono livelli da record». E forse siamo solo all'inizio. «Le ultime stime scientifiche inducono a ritenere che il rialzo generale delle temperature dovuto al cambiamento climatico potrebbe provocare un aumento della frequenza e dell'intensità di tali fenomeni estremi», afferma l'Omm in un documento reso noto a Ginevra. La temperatura media alla superficie del globo (terre emerse ed oceani inclusi) registrata nel maggio scorso occupa il secondo posto delle temperature più alte mai osservate dal 1880, data dell'avvio delle misurazioni delle temperature. In giugno, le temperature record segnalate nel sud della Francia ad esempio (oltre 40 gradi centigradi) sono state di 5-7 gradi centigradi superiori alla media. Negli Stati Uniti, 562 uragani sono stati registrati nel solo mese di maggio ed hanno causato la morte di 41 persone. Il record precedente era di 399 uragani del giugno 1992. In India l'ondata di caldo che ha preceduto il monsone è stata quest'anno caratterizzata da temperature altissime oscillanti tra i 45 e i 49 gradi.«Queste temperature hanno causato la morte di almeno 1.400 persone», scrive l'Omm.
cut
Fenomeni estremi si verificano da sempre, ma il «numero di tali fenomeni non ha cessato di aumentare negli ultimi anni», ammonisce l'OmmSecondo le ultime analisi (in base a dati indiretti relativi all'emisfero Nord), l'aumento delle temperature registrate nel XX secolo sarebbe senza equivalenti da mille anni. . Sembra inoltre che, nell'emisfero Nord, gli anni novanta siano stati il decennio più caldo e che il 1998 sia stato l'anno più caldo, scrive l'Omm. L'Organizzazione meteorologica mondiale, nata nel 1951 con l'obiettivo principale di favorire lo scambio di informazioni meteo tra paesi membri, osserva infine che se la tendenza al rialzo della temperatura media alla superficie del globo è stata un pò irregolare nel secolo scorso, «l'evoluzione osservata dal 1976 è stata tre volte più rapida di quella corrispondente agli ultimi 100 anni nel loro insieme». L'Omm precisa che l'influenza del fenomeno climatico anomalo El Nino-La Nina su tali eventi estremi non è ancora ben conosciuta.
Alluvioni, clima e temperatura.
Il clima può attendere
di Andrea Pinchera
http://www.enel.it/magazine/boiler/arretrati/boiler96/html/articoli/terra09.asp
GLI UNDICIMILA ABITANTI di Tuvalu, un piccolo Stato del Pacifico meridionale, hanno investito gran parte dei soldi guadagnati dalla vendita del suffisso internet .tv per acquistare un'isola nell'arcipelago delle Figi, dove eventualmente emigrare.
gli isolani, infatti, si sentono minacciati dal riscaldamento globale, che, facendo aumentare il livello degli oceani, potrebbe sommergere i nove atolli che costituiscono l'arcipelago, ognuno dei quali non più alto di cinque metri sul livello del mare.
Nel giro di pochi anni, gli abitanti di questo e altri arcipelaghi dell’Oceano Pacifico hanno visto scomparire decine di isolette la cui superficie piatta e verdeggiante s’innalzava di poco sopra le onde. Ma mano che il mare sale(lo fa anche a causa dell’espansione termica: l’acqua calda occupa più spazio)
---cut---
oscurati dalla battaglia attorno alla ratifica del Protocollo di Kyoto – suscitata dalla decisione del presidente americano George W. Bush di denunciare il trattato raggiunto nel 1997 nella città giapponese –, alcune recenti ricerche hanno aggiunto nuovi particolari al quadro che si sta delineando dei cambiamenti climatici.satellite franco americano TOPEX/Poseidon, per esempio, ha scoperto che la corrente oceanica atlantica – la famosa Corrente del Golfo – sta cambiando la sua velocità. Questo potrebbe aver influenzato in questi anni il clima dell'emisfero settentrionale, in particolare le estati europee. Le cause sono per ora sconosciute, ma i ricercatori del centro Goddard Institute for Space Studies <http://www.giss.nasa.gov/> della Nasa – in un articolo pubblicato sul Journal of Geophysical Research <http://library.iem.ac.ru/j-geophys/index.html> – non escludono una relazione con il riscaldamento globale. In effetti, l'acqua che arriva dal Golfo del Messico stenta a raffreddarsi (o perché giunge in quantità maggiore o perché è più calda) e tende a sprofondare prima di quanto non facesse in passato. Come per altri presunti effetti del riscaldamento globale, anche nel caso della Corrente del Golfo è difficile stabilire con certezza se tali anomalie od oscillazioni rientrino nella variabilità naturale o siano una conseguenza di mutazioni indotte dall’uomo. Discorso simile per uragani e tempeste, che secondo la teoria dei cambiamenti climatici dovrebbero aumentare per frequenza e potenza in un mondo più caldo. Una ricerca condotta da Stanley Goldenberg della Noaa <http://www.noaa.gov/>, l'ente americano che studia la meteorologia, e pubblicata su Science <http://www.sciencemag.org/>, suggerische che l'alto numero di uragani che colpisce in questi ultimi anni la costa atlantica degli Stati Uniti e i Caraibi sarebbe dovuto a una vera e propria tendenza di fondo. Goldenberg ha analizzato i dati registrati fin dai primi anni del Diciannovesimo secolo sulle due principali condizioni climatiche all'origine degli uragani, la temperatura della superficie del mare e il vento. E conclude affermando che poiché nell’Oceano Atlantico si è recentemente stabilita una fase “calda”, tempeste tropicali di grande intensità saranno molto più probabili nei prossimi venti-trent’anni di quanto non lo siano state tra il 1970 e il 1994. Un’ulteriore effetto del riscaldamento globale? Gli esperti invitano alla cautela. Lo stesso Lennart Bengtsson, docente al Max Planck Institute di Amburgo e responsabile di uno dei più raffinati modelli climatici oggi in circolazione (che costituisce uno dei principali indizi a favore della teoria dei cambiamenti climatici indotti dall’uomo), avverte che i dati raccolti ed elaborati da Goldenberg non permettono conclusioni definitive. «Le registrazioni, per quanto risalenti al Diciannovesimo secolo, coprono un periodo di tempo troppo breve», spiega il climatologo tedesco, «per cui è difficile affermare con certezza che l'aumento dell'intensità degli uragani dipenda da un preciso modello di comportamento climatico, piuttosto che da fenomeni casuali»
----cut----
Ma quando si parla di correre ai ripari, tuttavia, queste considerazioni lasciano spazio ad altre valutazioni, di respiro più corto. È questo l’insegnamento della recente conferenza di Bonn, durante la quale i paesi che aderiscono alla Convenzioni sui cambiamenti climatici hanno provato a ricucire lo strappo sul Protocollo di Kyoto apertosi all’Aja lo scorso novembre e allargato a dismisura da Bush, a marzo. Invano, o quasi. Quello che sono stati capaci di ottenere, infatti, è stato un documento, firmato da 178 nazioni – con la sola eccellente esclusione degli Usa – che del trattato siglato nella città giapponese (che prevedeva la riduzione del 5,2 delle emissioni di gas serra dei principali paesi industrializzati entro il 2012) è una versione decisamente “soft”. E questo per venire incontro al Giappone – la seconda economia mondiale – senza la cui adesione nessun accordo avrebbe raggiunto il consenso necessario, visto il defilarsi degli Stati Uniti. D’altra parte, è bene sottolineare che la firma del trattato a Bonn mantiene in vita un processo che gli americani avevano deliberatamente l’intenzione di “uccidere”. Così, 38 nazioni industrializzate (che sono allo stato attuale le maggiori responsabili delle emissioni accusate di alterare gli equilibri atmosferici) potranno ridurre la produzione di gas serra, e in particolare di anidride carbonica, con una maggiore flessibilità rispetto a quanto richiesto dalla prima versione del Protocollo. Ricorrendo, per esempio, al commercio delle emissioni con altre nazioni, magari povere, che non hanno vincoli di riduzione. Oppure, utilizzando la leva delle foreste per “sequestrare” l’anidride carbonica dall’atmosfera e raggiungere quindi i propri obiettivi. Grazie a questi “pozzi di carbonio” e ai “meccanismi flessibili”, i tagli diretti alle emissioni che le nazioni dovrano effettuare saranno molto minori di quanto previsto a Kyoto: il Giappone, per esempio, dovrebbe passare dal 6 al 2 per cento. L’Unione Europea, invece, è riuscita a mantenere le proprie posizioni su un paio di punti: un sistema di sanzioni per le nazioni che non raggiungono i propri obiettivi e il “no” al nucleare come opzione per ridurre le emissioni di gas serra. Ma la questione fondamentale è sempre una: cosa faranno gli Stati Uniti, principale economia mondiale e massimo produttore di anidride carbonica? A Bonn, i negoziatori americani non hanno presentato quel piano alternativo a Kyoto che pure da alcuni settori (anche italiani) era stato indicato come probabile. Né, le possibilità che gli Usa aderiscano in tempi brevi a questa nuova versione dell’accordo sembrano molte, anche se in realtà l’amministrazione Bush – al di là di alcune affermazioni di principio – non sembra avere le idee molto chiare a proposito del riscaldamento globale e degli strumenti per combatterlo. Così, come avviene ormai a ogni conferenza, bisognerà aspettare il prossimo appuntamento – a Marrakesh, in Marocco, il prossimo autunno – per capirne di più. Intanto, è partita la discussione a proposito della convenienza di aderire al Protocollo. Sul Wall Street Journal, la bibbia del capitalismo americano, si sono letti giudizi agli antipodi. Il 24 luglio, per esempio, James Glassman scriveva che il trattato («l’ultimo inganno della sinistra europea autoritaria») non sarà mai attivo perché gli europei non vorranno fornire un simile vantaggio competitivo agli Usa. Ma il giorno dopo, sempre nel WSJ, si poteva leggere un articolo nel quale si suggeriva come la mancata adesione potrebbe tramutarsi nel lungo termine in uno svantaggio per gli Stati Uniti, se l’economia americana dovesse diventare meno efficiente da un punto di vista energetico rispetto a quella europea. Quanto alla efficacia dell’accordo raggiunto a Bonn nell’attenuare il riscaldamento globale e nel mitigare i suoi effetti, potenzialmente devsatanti, questo – ormai lo abbiamo imparato – è tutto un altro paio di maniche. Buona estate.
e buonanotte.
http://www.focus.it/notizie/7544_2_1_19.asp
Il pianeta registra l'effetto serra
I dubbi sul fenomeno del riscaldamento globale ci sono sempre stati, e finora nessuno era riuscito a fugarli. Due amplissimi studi pubblicati sulla rivista Nature potranno forse convincere gli scettici. Il primo prende in esame la vita e la biologia di ben 1700 specie animali e vegetali, e cerca di seguirne i cambiamenti che potrebbero essere influenzati dal riscaldamento globale. Ovviamente i ricercatori, Camille Parmesan e Gary Yohe, hanno anche cercato di "pulire" i dati dalle influenze diverse dall'effetto serra, per essere certi che solo l'aumento dei gas che riscaldano l'atmosfera potesse essere considerato colpevole dei fenomeni osservati.
I risultati sono stati inequivocabili: piante e animali si sono spostati verso il Polo nord alla velocità di 6,1 chilometri ogni dieci anni (e di 6,1 metri verso le quote più elevate), e per molti animali la primavera è arrivata con un anticipo di 2,3 giorni per decennio. I cambiamenti hanno colpito sia gli animali terrestri sia quelli marini, e anche questi ultimi si sono spostati verso nord.
Animali e mezze stagioni. A loro volta le specie polari (sia piante sia animali) hanno visto il loro territorio contrarsi per l'arrivo di invasori da sud e lo scioglimento del ghiaccio. L'altro studio ha preso in esame, con criteri ancora più rigidi, 143 articoli che dimostrano come alcune specie sono state "spostate" dal riscaldamento globale. L'analisi statistica, indispensabile nel caso di grandi ricerche, dimostra che la percentuale di specie che cambiano il loro ambiente nella direzione prevista è di circa l'81 per cento.
Anche questo studio ha dimostrato che la primavera, per molti animali, arriva prima di circa 5,1 giorni ogni dieci anni. Per l'uria comune (Uria aalge) addirittura la stagione della riproduzione è anticipata di 24 giorni; quasi un intero mese. Gli autori di quest'ultimo studio mettono anche in guardia da futuri e radicali cambiamenti degli ecosistemi, che potrebbero portare a estinzioni in massa di specie animali e vegetali.
(Notizia aggiornata al 3 gennaio 2003)
Nei fine settimana le temperature sono più variabili. Colpa dell'uomo? Sembrerebbe di sì.
La nuvola di Fantozzi è una realtà. Al contrario
Uno studio che ha coinvolto moltissime stazioni meteorologiche praticamente in tutto il mondo ha dimostrato che la differenza tra massima e minima è molto più alta nei giorni di week-end che nelle altre giornate della settimana. Cioè che la temperatura è più costante nei giorni che vanno da martedì a venerdì che di sabato, domenica e lunedì. La ricerca è stata effettuata da due ricercatori dell'università di Reading, in Gran Bretagna, e i dati provengono da circa 10.000 stazioni meteorologiche sparse in tutto il mondo, anche se la maggior parte sono ovviamente negli Stai Uniti.
Studiando e analizzando statisticamente le migliaia di osservazioni (che provengono da oltre 40 anni di dati) i ricercatori si sono resi conto che la massima e la minima della domenica e dei lunedì sono molto lontane, mentre le stesse temperature nei giorni lavorativi sono molto più vicine.
E la causa? Dopo aver escluso cause naturali, come la luna e quelle legate ai cicli agricoli, ai ricercatori non è restato che rivolgersi verso altri effetti dell'attività umana, come il traffico, senz'altro più intenso e concentrato nei giorni lavorativi. In particolare in questi cambiamenti di temperature massime e minime (che i meteorologi autori dello studio chiamano effetto week-end) sarebbero implicati gli aerosol e altri gas prodotti dall'uomo, come le cosiddette polveri sottili generate dal traffico. Queste interagirebbero con la copertura nuvolosa, aumentandola o diminuendola secondo la percentuale di aerosol nell'aria.
Queste osservazioni dimostrano senza dubbio che le attività umane non interessano solo le grandi modifiche dell'atmosfera della durata di centinaia di anni, come l'aumento di temperatura causato dall'effetto serra e le variazioni nella copertura di ghiaccio, ma anche le variazioni settimanali nella temperatura stessa. Che vanno poi a modificare anche i nostri week-end.
(Notizia aggiornata al 23 settembre 2003)
questo conferma che anticamente c'è stato in effetti lo stesso problemna per cause non umane:
23.09.2003
I gas serra nel passato
Lo studio di un antico fossile conferma le teorie sull'atmosfera primordiale
http://www.lescienze.it/
Miliardi di anni fa, attorno alla Terra erano presenti molti più gas serra di oggi. Per fortuna: se non fosse stato così, infatti, il nostro pianeta sarebbe diventato una sfera ghiacciata e disabitata a causa del poco calore proveniente dal sole.
Nel 1993, un modello di Jim Kasting della Pennsylvania State University aveva stimato che, per compensare il sole più giovane e debole, i livelli di biossido di carbonio (CO2) nell'atmosfera primordiale fossero stati da 10 a 10.000 volte superiori a quelli di oggi. Ora, grazie a un nuovo strumento, una misura basata su registrazioni fossili ha confermato una parte di quel modello: il livello di CO2 atmosferico, 1,4 miliardi di anni fa, era almeno da dieci a duecento volte maggiore di quello odierno.
La scoperta è descritta in un articolo dei geologi Alan Jay Kaufman dell'Università del Maryland e Shuhai Xiao della Virginia Polytechnic Institute pubblicato sul numero del 18 settembre 2003 della rivista "Nature". I ricercatori hanno determinato il livello di CO2 usando la microsonda a ioni di carbonio situata al Carnegie Institute di Washington. Gli studi sono stati condotti sul microscopico fossile Dictyosphaera delicata proveniente da scisti proterozoici nel nord della Cina.
"Si trattava di un fotosintetizzatore eucariotico, - spiega Xiao - che produceva materia organica a partire da CO2. Aveva la capacità di restare in letargo a lungo, formando una parete robusta per proteggersi. Proprio la parete è ciò che si è preservato nel fossile".
jumpermax
26-09-2003, 11:48
Ma le estinzioni di massa non sono tipiche del nostro ecosistema? E' proprio grazie ad uno di questi repentini cambiamenti che i mammiferi sono usciti dalla loro nicchia...
E poi insomma... qua bisogna cercare di individuare i fenomeni macroscpici, ok traffico, inquinamento... ma un bosco che brucia quanta CO2 butta fuori? (e questa tra l'altro non viene conteggiata come produzione di CO2 perché considerata naturale) Quanto influenza il clima un'eruzione vulcanica? E via dicendo....
E
Originariamente inviato da jumpermax
Ma le estinzioni di massa non sono tipiche del nostro ecosistema? E' proprio grazie ad uno di questi repentini cambiamenti che i mammiferi sono usciti dalla loro nicchia...
E poi insomma... qua bisogna cercare di individuare i fenomeni macroscpici, ok traffico, inquinamento... ma un bosco che brucia quanta CO2 butta fuori? (e questa tra l'altro non viene conteggiata come produzione di CO2 perché considerata naturale) Quanto influenza il clima un'eruzione vulcanica? E via dicendo....
E
Fossi un tecnodroide auspicherei qualche cataclisma.... ma essendo umano mi stà bene così...
Oddìo, jumpermax sei per caso un droide?:sofico:
o cazzo :eekk:
J.U.M.P.E.R.M.A.X.: Journeying Upgraded Machine Programmed for Exploration/Robotic Mechanical Assassination Xenomorph
:D
:D
cnn italia
Uova di rana piovono dal cielo
Ultimo aggiornamento 7 ottobre 2003, 11:41 ora italiana (09:41 GMT)
Primo d'Agata mostra un barattolo contenente le uova piovute dal cielo
BERLIN, Connecticut (CNN) -- L'uragano Isabel è stato caratterizzato da spaventose raffiche di vento e piogge torrenziali. Ma ha anche rovesciato sul Connecticut qualcosa di quasi biblico.
Primo D'Agata ha subito pensato alla grandine quando, il 19 settembre ha sentito ticchettare qualcosa sul portico di casa. Ma dopo essere uscito a vedere ha scoperto che quelli lasciati dalla "coda" di Isabel non erano chicchi di ghiaccio ma piccole uova gelatinose con una macchia scura al centro.
D'Agata ne ha raccolte alcune in un barattolo e, dopo che il veterinario locale non è riuscito ad identificare esattamente che cosa fosse piovuto, il reperto è stato inviato ad un laboratorio specializzato.
Nicolas Diaz, insegnante e naturalista del New Britain Youth Museum di Hungerford Park, dopo aver esaminato il materiale, ha stabilito che si trattasse di uova di un qualche tipo di anfibio. Apparentemente erano piovute rane.
Dal momento che in Connecticut le rane non depongono uova in questa stagione, scienziati e naturalisti hanno ipotizzato che esse possano essere arrivate dalla Carolina del Nord o da un altro luogo caldo, trasportate dai venti di Isabel.
D'Agata sta incubando alcune delle uova in due bocce: da alcune di loro sarebbe già spuntata una codina.
"Voglio proprio vedere cosa ne verrà fuori", ha dichiarato alcuni giorni fa.
ao' ni.jo! che t'han fatto per postare papiri simili? hanno ammassato i cassonetti sotto casa tua? :D
Originariamente inviato da Bet
ao' ni.jo! che t'han fatto per postare papiri simili? hanno ammassato i cassonetti sotto casa tua? :D
Bof, l'ultimo contvibuto sono solo quattvo vighette, n'evvero, alquanto umoristiche con una venatura di plebea citazione filmica (Magnolia)...ad ogni modo no, nulla cassonetti, pev cavita!:son Primo Officiante della Setta dei Logorroici et Arconte della prolissità.
Tengo solo fede alle mie caviche !:D :sofico:
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