View Full Version : Fini:da noi flessibilita' e' precarieta'
Fini:da noi flessibilita' e' precarieta'
Mercato flessibile che garantisca possibilita' futuro
(ANSA) - ROMA, 11 MAG - 'C'e' una flessibilita' che significa permanente stato di precarieta', anche in contraddizione con l'Europa': lo afferma Gianfranco Fini. E cita la Germania: 'li' ci sono contratti a termine, ma con salari piu' alti. Da noi il precariato ha salari bassi, spesso al di sotto del minimo indispensabile'. Serve, sostiene Fini, 'un mercato del lavoro piu' flessibile ma che garantisca una possibilita' di futuro'.
Sulla politica economica e' necessario, sostiene, 'un attento controllo della spesa'.
http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/topnews/2010/05/11/visualizza_new.html_1791200360.html
Ma allora qualcuno che se ne rende conto c'è... :wtf:
Fini:da noi flessibilita' e' precarieta'
Mercato flessibile che garantisca possibilita' futuro
(ANSA) - ROMA, 11 MAG - 'C'e' una flessibilita' che significa permanente stato di precarieta', anche in contraddizione con l'Europa': lo afferma Gianfranco Fini. E cita la Germania: 'li' ci sono contratti a termine, ma con salari piu' alti. Da noi il precariato ha salari bassi, spesso al di sotto del minimo indispensabile'. Serve, sostiene Fini, 'un mercato del lavoro piu' flessibile ma che garantisca una possibilita' di futuro'.
Sulla politica economica e' necessario, sostiene, 'un attento controllo della spesa'.
http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/topnews/2010/05/11/visualizza_new.html_1791200360.html
Ma allora qualcuno che se ne rende conto c'è... :wtf:
La diceva anche Grillo sta cosa.
Che chi ha un contratto a tempo determinato dovrebbe avere un salario ben piu' alto , proprio per compensare la precarieta' del suo lavoro...
C;.,a;.z;.a;.
La diceva anche Grillo sta cosa.
Che chi ha un contratto a tempo determinato dovrebbe avere un salario ben piu' alto , proprio per compensare la precarieta' del suo lavoro...
Potrebbe essere uno di quei rari casi in cui Grillo non ha detto la sua cazzata quotidiana :asd:
In ogni caso, basta un po' di cervello e guardarsi un po' attorno per rendersene conto.
Ha anche incontrato Saviano, oggi, offrendogli tutta la sua solidarietà come istituzione :asd:
Praticamente ora è l'anticristo pidiellino :sofico:
LuVi
Potrebbe essere uno di quei rari casi in cui Grillo non ha detto la sua cazzata quotidiana :asd:
In ogni caso, basta un po' di cervello e guardarsi un po' attorno per rendersene conto.
Lo sanno bene i nostri politici che la precarietà è tutta a discapito del lavoratore...solo che non vogliono/sanno proporre alternative...
ConteZero
11-05-2010, 18:13
Certo che il vizietto non gli passa:
"Serve un mercato del lavoro PIU'flessibile..."
Ancora ? Facciamo a chiamate orarie ?
Poi capisco indorare la pillola dicendo "alziamo gli stipendi" (tanto non spetta a lui deciderli, quindi promettere costa ZERO) ma qui si prende un po'TROPPO per il sedere la gente.
PS: Mi raccomando, applauditelo pure...
PS: Mi raccomando, applauditelo pure...
Beh, le alternative che si sentono in giro o sono rimaste al rapporto operaio-padrone di inizio novecento o prevendono il ripristino della schiavitú... per cui, si può anche applaudire...
ConteZero
11-05-2010, 19:47
Beh, le alternative che si sentono in giro o sono rimaste al rapporto operaio-padrone di inizio novecento o prevendono il ripristino della schiavitú... per cui, si può anche applaudire...
Ma anche no. Specie se si comincia con un "serve più flessibilità".
anonimizzato
11-05-2010, 20:01
Beh, le alternative che si sentono in giro o sono rimaste al rapporto operaio-padrone di inizio novecento o prevendono il ripristino della schiavitú... per cui, si può anche applaudire...
Della serie: per fortuna che ho preso nel culo solo una mazza da baseball e non una quercia intera.
trallallero
11-05-2010, 20:07
'li' ci sono contratti a termine, ma con salari piu' alti. Da noi il precariato ha salari bassi, spesso al di sotto del minimo indispensabile'.
Lì ci sono progetti !!! :muro:
Non serve modificare il mercato del lavoro se non c'é del lavoro che faccia girare parecchi soldi!
Ma anche no. Specie se si comincia con un "serve più flessibilità".
Ti posso portare la mia esperienza all'estero: qui io ho un contratto a tempo indeterminato e se vogliono in 15gg sono a casa. Però (o proprio per questo) fanno i tempo indeterminato.
Altro caso concreto: qui hanno i contratti a progetto e se resti in un posto per più di quattro anni sono costretti ad assumerti regolarmente. Conosco di persona uno che ha fatto causa ad un ente statale e il tribunale ha obbligato l'istituto a mettere fuori un posto regolare per questa persona.
Ed è la Spagna, voglio dire...
Della serie: per fortuna che ho preso nel culo solo una mazza da baseball e non una quercia intera.
Sí, fondamentalmente è questo. Però è innegabilmente una fortuna :D
Freeskis
11-05-2010, 20:49
Ha anche incontrato Saviano, oggi, offrendogli tutta la sua solidarietà come istituzione :asd:
Praticamente ora è l'anticristo pidiellino :sofico:
LuVi
.... porca troia va a finire che mi tocca essere d'accordo con fini ...
Della serie: per fortuna che ho preso nel culo solo una mazza da baseball e non una quercia intera.
La quercia aromatizza :O :sofico:
jumpermax
11-05-2010, 21:40
Certo che il vizietto non gli passa:
"Serve un mercato del lavoro PIU'flessibile..."
Ancora ? Facciamo a chiamate orarie ?
Poi capisco indorare la pillola dicendo "alziamo gli stipendi" (tanto non spetta a lui deciderli, quindi promettere costa ZERO) ma qui si prende un po'TROPPO per il sedere la gente.
PS: Mi raccomando, applauditelo pure...
beh cmq il problema vero è proprio questo. Se per un lavoro a tempo indeterminato lo stipendio è sui 1200€ netti + 13° + ferie + malattia, per l'analogo "flessibile" l'azienda dovrebbe pagare almeno 1800€.
Invece di norma li pagano pure meno.
Questi ruoli andrebbero contrattualizzati assieme agli altri.
Questi ruoli andrebbero contrattualizzati assieme agli altri.
E così perderebbero di interesse per chi ne approfitta.....la scusa sarebbe "Eh ma allora non sono più tanto flessibili" :D
Finalmente un thread degno di nota.
'un mercato del lavoro piu' flessibile ma che garantisca una possibilita' di futuro'.
Il signor Fini forse quel giorno in parlamento era distratto quando hanno preso solo la parte più conveniente (per governo e imprenditori) escludendo a priori tutte quelle anomalie e il welfare relativo? Magari era distratto anche quel focoso giorno di giugno, quando hanno con la legge 133/2008 reintroddo lo schifo della 30/2003. Vi invito a leggere qualcosa qui:
http://it.wikipedia.org/wiki/Legge_133/2008
http://it.wikipedia.org/wiki/Legge_Biagi
zerothehero
11-05-2010, 22:22
beh cmq il problema vero è proprio questo. Se per un lavoro a tempo indeterminato lo stipendio è sui 1200€ netti + 13° + ferie + malattia, per l'analogo "flessibile" l'azienda dovrebbe pagare almeno 1800€.
Invece di norma li pagano pure meno.
Questi ruoli andrebbero contrattualizzati assieme agli altri.
Ma se anche lo Stato italiano risparmia con i T.D. (e lo stato non ha il rischio d'impresa, non ha bisogno di "flessibilità") aggirando la regola dei 36 mesi, imponendo delle vere e proprie discriminazioni (vediti ad es. la normativa sui co-co-pro statali), come si fa a pretendere che le aziende assumano a T.I. ? :fagiano:
Se conviene assumere a tempo determinato per quale motivo io dovrei assumere a tempo indeterminato?
Mica gli imprenditori sono dei padri di famiglia..è il parlamento/governo (come tu stesso dici) che dovrebbe riformare il mercato del lavoro.
L'impressione però è che in fin dai conti una riforma organica del mercato del lavoro non interessa: la flessibilità è scaricata sui giovani, i salari vengono moderati (per garantire una certa competitività all'estero, già dal 92) abbandonando il mercato (asfittico) domestico.
il mercato del lavoro è diviso in comparti separati con regole proprie..dal nero fino al ruolo a tempo indet. ipertututelato, con varie sfumature tra i due estremi.
Mica gli imprenditori sono dei padri di famiglia..è il parlamento/governo (come tu stesso dici) che dovrebbe riformare il mercato del lavoro.
Esatto, e come lo si riforma se non usando le uniche armi che abbiamo a disposizione per costringerli a cambiare la situazione?
Vedendo la nuova generazione, di cui purtroppo faccio parte, credo che sia la peggiore mai esistita, l'unica lotta che compiono ogni giorno è per comprare alcol e droghe per disinteressarsi del mondo in cui vivono.
zerothehero
11-05-2010, 22:31
Finalmente un thread degno di nota.
Il signor Fini forse quel giorno in parlamento era distratto quando hanno preso solo la parte più conveniente (per governo e imprenditori) escludendo a priori tutte quelle anomalie e il welfare relativo? Magari era distratto anche quel focoso giorno di giugno, quando hanno con la legge 133/2008 reintroddo lo schifo della 30/2003. Vi invito a leggere qualcosa qui:
http://it.wikipedia.org/wiki/Legge_133/2008
http://it.wikipedia.org/wiki/Legge_Biagi
Provocazione: è la legge biagi che crea la "precarietà" o è la nostra crescita asfittica e la struttura stessa della nostra economia a crearla?
Voglio dire (anche rischiando di sembrare contradditorio): bastano le "leggi" (cioè: carta)?..perchè se le leggi sono avulse dalla realtà "effettuale" si rischia di vederle completamente disapplicate (un pò come alcuni articoli liberaldemocratici in Afghanistan :asd: ).
Perchè ad es. in Italia abbiamo un numero abnorme di autonomi e di partite iva?
jumpermax
11-05-2010, 22:43
Ma se anche lo Stato italiano risparmia con i T.D. (e lo stato non ha il rischio d'impresa, non ha bisogno di "flessibilità") aggirando la regola dei 36 mesi, imponendo delle vere e proprie discriminazioni (vediti ad es. la normativa sui co-co-pro statali), come si fa a pretendere che le aziende assumano a T.I. ? :fagiano:
Se conviene assumere a tempo determinato per quale motivo io dovrei assumere a tempo indeterminato?
Mica gli imprenditori sono dei padri di famiglia..è il parlamento/governo (come tu stesso dici) che dovrebbe riformare il mercato del lavoro.
L'impressione però è che in fin dai conti una riforma organica del mercato del lavoro non interessa: la flessibilità è scaricata sui giovani, i salari vengono moderati (per garantire una certa competitività all'estero, già dal 92) abbandonando il mercato (asfittico) domestico.
il mercato del lavoro è diviso in comparti separati con regole proprie..dal nero fino al ruolo a tempo indet. ipertututelato, con varie sfumature tra i due estremi.
Appunto, il meccanismo dovrebbe essere quello di obbligare le imprese a pagare più il lavoro precario di quello a tempo indeterminato.
Per ovvi motivi i precari sono quelli che hanno meno potere sindacale, i loro diritti quindi dovrebbero essere modellati sulla base dei lavoratori fissi, che invece strumenti per far riconoscere i loro diritti li hanno.
In questo modo è l'azienda ad essere incentivata ad assumerti (e sei tu che invece non ne vuoi sapere visto che un 30% in più in busta per lo stesso lavoro può fare molto comodo)
Di cui il 25% dovrai metterlo magari in pensieni integrative o assicurazioni perchè "non si sa mai cosa potrebbe capitarmi col lavoro".
Alla fine non cambia molto, a parte lo "slancio emotivo" dato dai $$$ scritti in busta paga.
MA quanto durano questi slanci emotivi?
Non è che poi il meccanismo si inceppa perchè la frustrazione del cambio continuo di lavoro ha il suo costo non quantificabile in $$$ ?
jumpermax
11-05-2010, 22:53
Di cui il 25% dovrai metterlo magari in pensieni integrative o assicurazioni perchè "non si sa mai cosa potrebbe capitarmi col lavoro".
Alla fine non cambia molto, a parte lo "slancio emotivo" dato dai $$$ scritti in busta paga.
MA quanto durano questi slanci emotivi?
Non è che poi il meccanismo si inceppa perchè la frustrazione del cambio continuo di lavoro ha il suo costo non quantificabile in $$$ ?
Se nel mercato si crea il giusto equilibrio tra lavoro precario e fisso a questo punto resta una scelta individuale.
Non fosse un periodo difficile, io per uno stipendio più alto col rischio di dover cambiare ogni sei mesi ci farei la firma oggi... un domani con mutuo e famiglia sicuramente no
Provocazione: è la legge biagi che crea la "precarietà" o è la nostra crescita asfittica e la struttura stessa della nostra economia a crearla?
La legge tutela i datori di lavoro senza scrupolo. Penso che basti come risposta.
Nella sensata proposta di jumpermax, aggiungendo parità di diritti e welfare serio ed esistente, in barba ai vari procami di partito, non esisterebbero aziende che rinnovano due, tre, quattro volte gente valida di cui ha bisogno per rimpiazzarla con altra.
Voglio dire (anche rischiando di sembrare contradditorio): bastano le "leggi" (cioè: carta)?..perchè se le leggi sono avulse dalla realtà "effettuale" si rischia di vederle completamente disapplicate (un pò come alcuni articoli liberaldemocratici in Afghanistan :asd: ).
Perchè ad es. in Italia abbiamo un numero abnorme di autonomi e di partite iva?
Si basterebbe nelle zone ove c'è maggior offerta, e non cambierebbe nulla in quelle ove si svolge lavoro nero a go go, così come lo si è sempre fatto.
Io so già che sarò poco popolare con quello che sto per dire, ma è il pensiero e per tanto lo faccio pubblico: bisognerebbe far si che un tempo indeterminato cessi di essere come un brillante (per sempre, vista la difficoltà di dimostrare la giusta causa), e obbligare tutti i datori di lavoro ad assumere con quest'ultima modalità quando l'attività lavorativa prevede continuità, o per lo meno dopo il periodo di prova.
Il numero abnorme di partite iva indica anche questo brutto fenomeno. E' palese che un tizio che emette 12 fatture l'anno verso la stessa azienda non sia un lavoratore autonomo, piuttosto un povero cristo tenuto sotto ricatto.
Spero che con la stanchezza non abbia scritto baggianate. In tal caso domani provvederò a rettificare, ora non ho proprio la forza di rileggere quanto scritto. Notte :)
Se nel mercato si crea il giusto equilibrio tra lavoro precario e fisso a questo punto resta una scelta individuale.
Non fosse un periodo difficile, io per uno stipendio più alto col rischio di dover cambiare ogni sei mesi ci farei la firma oggi... un domani con mutuo e famiglia sicuramente no
Vedo questa cosa più sensata negli scambi di ricercatori fra università che come lavoratori in aziende dove si fa progettazione.....in 6 mesi non hai un orizzonte temporale significativo che ti stimoli IMHO a dare il meglio di te, pensi già che dopo 6 mesi non sarai più lì.
Ovviamente io parlo per ingegneria e affini.
Anche perchè altrove.....la vedo dura che gli stipendi dei precari secondo il modello "ovvio" descritto prima possano salire a 1800 euro (netti magari), se non magari per mansioni come l'operaio specializzato.....ma come cavolo lo "garantisci specializzato" se la sua esperienza è sempre stata finestrata e mutevole?
jumpermax
11-05-2010, 23:30
Vedo questa cosa più sensata negli scambi di ricercatori fra università che come lavoratori in aziende dove si fa progettazione.....in 6 mesi non hai un orizzonte temporale significativo che ti stimoli IMHO a dare il meglio di te, pensi già che dopo 6 mesi non sarai più lì.
Ovviamente io parlo per ingegneria e affini.
Anche perchè altrove.....la vedo dura che gli stipendi dei precari secondo il modello "ovvio" descritto prima possano salire a 1800 euro (netti magari), se non magari per mansioni come l'operaio specializzato.....ma come cavolo lo "garantisci specializzato" se la sua esperienza è sempre stata finestrata e mutevole?
Tutto dipende dal ruolo e dalla mansione.
Ci sono figure che per l'azienda sono necessarie solo in periodi di tempo limitati (esempio l'avvio di un nuovo progetto) altre invece devono essere presenti a ciclo continuo.
Ci sono figure che per l'azienda sono necessarie solo in periodi di tempo limitati (esempio l'avvio di un nuovo progetto)
Detto così sembrano quasi più consulenti che dipendenti.....non mi stupisco che questi formino a loro volta aziende a parte o consorzi.
August@1
12-05-2010, 07:56
magari frà 20 anni diranno pure che privatizzare tutto è stato uno sbaglio :asd:
CoreDump
12-05-2010, 09:04
Al di la di quello che dici il signor fini in italia il lavoro flessibile e solo un comodo modo per le aziende di risparmiare e
per qualcuno di speculare, non ci sono le strutture per gestire il lavoro flessibile in maniera corretta in italia e tutti gli
oneri ricadono spesso sul lavoratore, lo stipendio e sempre piu basso, spesso non ci sono garanzie sui progetti / tempistiche,
non ci sono enti che garantiscano un minimo di collocazione rapida ( l'uffico di collocamento non e nemmeno da prendere in
considerazione ) in caso di fine rapporto di lavoro, le banche non ti si filano proprio in caso di richiesta mutui e via dicendo
e molto altro ancora, inoltre spesso dietro a un lavoratore a tempo determinato come ad esempio un consulente
esterno si cela un giro di soldi sotto forma di mazzette non possibili con un lavoratore a tempo indeterminato, basta vedere
quante aziende hanno nel proprio organico consulenti che sono li da anni e sottolineo anni ;)
CoreDump
12-05-2010, 09:06
Tutto dipende dal ruolo e dalla mansione.
Ci sono figure che per l'azienda sono necessarie solo in periodi di tempo limitati (esempio l'avvio di un nuovo progetto) altre invece devono essere presenti a ciclo continuo.
Dipende anche da chi ci guadagna sopra, conosco consulenti ( campo informatico ) che sono li da 8 anni e passa
e costano all'azienda quattro volte il costo di un dipendente ;)
Fini:da noi flessibilita' e' precarieta'
Mercato flessibile che garantisca possibilita' futuro
(ANSA) - ROMA, 11 MAG - 'C'e' una flessibilita' che significa permanente stato di precarieta', anche in contraddizione con l'Europa': lo afferma Gianfranco Fini. E cita la Germania: 'li' ci sono contratti a termine, ma con salari piu' alti. Da noi il precariato ha salari bassi, spesso al di sotto del minimo indispensabile'. Serve, sostiene Fini, 'un mercato del lavoro piu' flessibile ma che garantisca una possibilita' di futuro'.
Sulla politica economica e' necessario, sostiene, 'un attento controllo della spesa'.
http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/topnews/2010/05/11/visualizza_new.html_1791200360.html
Ma allora qualcuno che se ne rende conto c'è... :wtf:Finche restano chiacchiere...
trallallero
12-05-2010, 09:50
No dico, visto che Fini ha citato la Germania, guardate 2 ricerche su un sito di lavoro in campo IT:
C++ - Frankfurt - Contract (http://www.itjobboard.de/index.php?SearchTerms=C%2B%2B&LocationSearchTerms=FRANKFURT&JobTypeFilter=1&DatePostedFilter=0&Search.x=48&Search.y=13&Search=Search&lang=en&Mode=AdvertSearch&nocache=1273653273&IsNewSearch=1)
2 risultati
C++ - Frankfurt - Permanent (http://www.itjobboard.de/index.php?SearchTerms=C%2B%2B&LocationSearchTerms=FRANKFURT&JobTypeFilter=2&DatePostedFilter=0&Search.x=49&Search.y=15&Search=Search&lang=en&Mode=AdvertSearch&nocache=1273653261&IsNewSearch=1)
33 risultati
Cerchiamo le differenze con l'Italia ? :asd:
Dipende anche da chi ci guadagna sopra, conosco consulenti ( campo informatico ) che sono li da 8 anni e passa
e costano all'azienda quattro volte il costo di un dipendente ;)
Tranquillo che alla società, nonostante un consulente costi migliaia di € al mese (nel 2000 io costavo alla società 12.000.000 lire al mese ed ero junior infatti prendevo 1.200.000 dal primo mese e 2.400.000 dal secondo, il resto andava tutto in tasca a chi mi affittava), conviene così ;)
Nel momento di crisi manda tutti i consulenti a casa senza problemi (è successo più volte alle società dove stavo io un paio di mesi prima, ovvero me ne sono quasi sempre andato poco prima che la società mandasse tutti a casa).
CoreDump
12-05-2010, 09:54
--cut--
Tranquillo che alla società, nonostante un consulente costi migliaia di € al mese (nel 2000 io costavo alla società 12.000.000 lire al mese ed ero junior infatti prendevo 1.200.000 dal primo mese e 2.400.000 dal secondo, il resto andava tutto in tasca a chi mi affittava), conviene così ;)
Nel momento di crisi manda tutti i consulenti a casa senza problemi (è successo più volte alle società dove stavo io un paio di mesi prima, ovvero me ne sono quasi sempre andato poco prima che la società mandasse tutti a casa).
I prezzi sono un po aggiornati, parlo di 30/40k al mese e per quanto riguarda mandare a casa, credimi non e un problema
in nessun caso ;)
trallallero
12-05-2010, 09:58
I prezzi sono un po aggiornati, parlo di 30/40k al mese e per quanto riguarda mandare a casa, credimi non e un problema
in nessun caso ;)
Beh si, l'ultima tariffa che avevo era di 235€ + iva al giorno, in una banca che, appunto, 3 mesi dopo che me ne sono andato ha mandato tutti i consulenti a casa.
Ma solo i consulenti, chi è assunto non può essere mandato a casa.
CoreDump
12-05-2010, 10:10
Beh si, l'ultima tariffa che avevo era di 235€ + iva al giorno, in una banca che, appunto, 3 mesi dopo che me ne sono andato ha mandato tutti i consulenti a casa.
Ma solo i consulenti, chi è assunto non può essere mandato a casa.
Le grandi aziende ( ci lavoro dentro ) si avvalgono della cessione del ramo di azienda, fanno fuori centinaia se non migliaia di operai
buttandoli in aziende alla canna del gas, ormai e prassi quotidiana ;)
trallallero
12-05-2010, 10:24
Le grandi aziende ( ci lavoro dentro ) si avvalgono della cessione del ramo di azienda, fanno fuori centinaia se non migliaia di operai
buttandoli in aziende alla canna del gas, ormai e prassi quotidiana ;)
Beh si, c'è anche quella possibilità, ma in quel caso devono veramente tagliare il ramo.
Se invece devono solo risparmiare un po', mandare a casa i consulenti basta e avanza.
Comunque, per rimanere IT con quello che ha detto Fini, ripeto che se ci fossero grossi progetti come quelli che ci sono stati nel '99-'01 (parlo del settore IT), soldi per i precari ce ne sarebbero tanti.
Se invece alle aziende serve il precario per sistemare qualche tabella sql, è ovvio che con 800€ al mese di gente ne trovi quanta ne vuoi.progetti
Se non servono specialisti CORBA, senjor CISCO o programmatori Java/C++ per sistemi Hedge Funds che 800€ all'estero li prendono in 1 giorno, massimo 2, il problema non è nelle leggi del mercato del lavoro, ma nella mancanza di progetti.
Dovrebbero facilitare la creazione di lavoro non cambiare di nuovo qualche leggina facilmente raggirabile.
Beh si, c'è anche quella possibilità, ma in quel caso devono veramente tagliare il ramo.
Se invece devono solo risparmiare un po', mandare a casa i consulenti basta e avanza.
Comunque, per rimanere IT con quello che ha detto Fini, ripeto che se ci fossero grossi progetti come quelli che ci sono stati nel '99-'01 (parlo del settore IT), soldi per i precari ce ne sarebbero tanti.
Se invece alle aziende serve il precario per sistemare qualche tabella sql, è ovvio che con 800€ al mese di gente ne trovi quanta ne vuoi.
Se non servono specialisti CORBA, senjor CISCO o programmatori Java/C++ per sistemi Hedge Funds che 800€ all'estero li prendono in 1 giorno, massimo 2, il problema non è nelle leggi del mercato del lavoro, ma nella mancanza di progetti.
Dovrebbe facilitare la creazione di lavoro non cambiare di nuovo qualche leggina facilmente raggirabile.
Non tagliano il ramo, creano un ramo d'azienda, ci trasferiscono gli esuberi dei vari settori e poi chiudono il ramo creato.
trallallero
12-05-2010, 10:28
Non tagliano il ramo, creano un ramo d'azienda, ci trasferiscono gli esuberi dei vari settori e poi chiudono il ramo creato.
Ah ecco, bellissimo.
Ah ecco, bellissimo.
Sai quanti ne fanno fuori cosi' mentre i telegiornali parlano del ritardo del marchese dell'ennesima velina?
trallallero
12-05-2010, 10:31
Sai quanti ne fanno fuori cosi' mentre i telegiornali parlano del ritardo del marchese dell'ennesima velina?
E tu come fai a saperlo se il tg parla di cicli mestruali ?
E tu come fai a saperlo se il tg parla di cicli mestruali ?
Magari ne sono stato vittima. Facile no?
CoreDump
12-05-2010, 10:35
Non tagliano il ramo, creano un ramo d'azienda, ci trasferiscono gli esuberi dei vari settori e poi chiudono il ramo creato.
Esattamente e ormai l'ho visto fare un po troppo spesso, e non servono grandi quantita di persone, la scusa per farlo si trova
e i sindacati sbraitano qui e li, la gente si incazza ma alla fine le aziende fanno come gli pare lo stesso :rolleyes:
Tutto dipende dal ruolo e dalla mansione.
Ci sono figure che per l'azienda sono necessarie solo in periodi di tempo limitati (esempio l'avvio di un nuovo progetto) altre invece devono essere presenti a ciclo continuo.
Per quel tipo di figure si rivolgono all'esterno, restano figure estranee all'azienda (consulenti)
Esattamente e ormai l'ho visto fare un po troppo spesso, e non servono grandi quantita di persone, la scusa per farlo si trova
e i sindacati sbraitano qui e li, la gente si incazza ma alla fine le aziende fanno come gli pare lo stesso :rolleyes:
L'hanno fatto dove lavoravo prima. 50 persone messe in una azienda a parte, con 2 anni di contratti assicurati con l'azineda stessa (il massimo ottenuto dai sindacati) . Ovviamente dopo i 2 anni sono morti, e la gente a spasso.
CoreDump
12-05-2010, 10:40
Beh si, c'è anche quella possibilità, ma in quel caso devono veramente tagliare il ramo.
Se invece devono solo risparmiare un po', mandare a casa i consulenti basta e avanza.
Comunque, per rimanere IT con quello che ha detto Fini, ripeto che se ci fossero grossi progetti come quelli che ci sono stati nel '99-'01 (parlo del settore IT), soldi per i precari ce ne sarebbero tanti.
Se invece alle aziende serve il precario per sistemare qualche tabella sql, è ovvio che con 800€ al mese di gente ne trovi quanta ne vuoi.progetti
Se non servono specialisti CORBA, senjor CISCO o programmatori Java/C++ per sistemi Hedge Funds che 800€ all'estero li prendono in 1 giorno, massimo 2, il problema non è nelle leggi del mercato del lavoro, ma nella mancanza di progetti.
Dovrebbero facilitare la creazione di lavoro non cambiare di nuovo qualche leggina facilmente raggirabile.
Guarda dipende, non credo che anche in questo campo si possa fare di tutta un erba un fascio, io ovviamente parlo per
esperienza personale :), il consulente esterno va bene in alcuni casi in altri meno, in altri assolutamente no, ora il problema
e che quando prendi in azienda consulenti esterni che te li tieni anni a lavorare su progetti vari e che quindi accumulano
esperienza, non ha senso a mio parere pagarli il quadruplo di un dipendente e non avere quella risorsa interna, infatti il motivo
principale per cui si fa e per il giro di soldi che ce sopra, una volta era anche per la facilità di farli fuori quando non servivano piu
ma oggi come detto non e che ci sia tutta sta difficolta anche per i dipendenti a tempo indeterminato ;)
trallallero
12-05-2010, 10:40
Magari ne sono stato vittima. Facile no?
Nel caso mi dispiace per te, ma non vorrebbe dire che sia una pratica usatissima oggi perchè sarebbe un tuo singolo caso.
CoreDump
12-05-2010, 10:41
L'hanno fatto dove lavoravo prima. 50 persone messe in una azienda a parte, con 2 anni di contratti assicurati con l'azineda stessa (il massimo ottenuto dai sindacati) . Ovviamente dopo i 2 anni sono morti, e la gente a spasso.
Infatti funziona cosi, quello che si riesce ad ottenere ( per legge ) e una continuita fittizzia, uno o due anni poi tutti a casa,
ho visto blocchi di centinaia e migliaia di persone finire in aziende/ramo con milioni di debiti sul groppone e con il destino gia segnato,
ognuno poi tragga le sue conclusioni ;)
Nel caso mi dispiace per te, ma non vorrebbe dire che sia una pratica usatissima oggi perchè sarebbe un tuo singolo caso.
E' usata, eccome. A parte che eravamo in 50, io sono scappato prima della liquidazione della societa' creata ad hoc, cosa da fare immediatamente, trovare un nuovo lavoro e' molto piu' difficile se ti presenti come disoccupato.
trallallero
12-05-2010, 10:48
"Bene", questo quindi dimostra che tutte 'ste leggine sul lavoro non servano poi a molto visto che so trova sempre il modo per bypassarle.
CoreDump
12-05-2010, 10:48
Nel caso mi dispiace per te, ma non vorrebbe dire che sia una pratica usatissima oggi perchè sarebbe un tuo singolo caso.
Singolo caso? possiamo parlare dei 6800 esuberi del nuovo piano industriale telecom ad esempio, o al limite degli oltre
cinquantamila in buona parte fatti fuori alla stessa maniera dal 2000 a oggi ;)
http://www.liquida.it/licenziamenti-telecom-italia/
trallallero
12-05-2010, 10:51
E' usata, eccome. A parte che eravamo in 50, io sono scappato prima della liquidazione della societa' creata ad hoc, cosa da fare immediatamente, trovare un nuovo lavoro e' molto piu' difficile se ti presenti come disoccupato.
Ok, ok, visto che siente in tanti a dirlo ci credo.
Infatti funziona cosi, quello che si riesce ad ottenere ( per legge ) e una continuita fittizzia, uno o due anni poi tutti a casa,
ho visto blocchi di centinaia e migliaia di persone finire in aziende/ramo con milioni di debiti sul groppone e con il destino gia segnato,
ognuno poi tragga le sue conclusioni ;)
In un caso del genere, non dovrebbero esserci ripercussioni gravi per le aziende che esternalizzano in SRL create ad hoc?
CoreDump
12-05-2010, 11:59
In un caso del genere, non dovrebbero esserci ripercussioni gravi per le aziende che esternalizzano in SRL create ad hoc?
Personalmente parlando le ripercussioni le ho viste solo sui dipendenti, in alcuni casi ( pochi ) ci sono stati dei risvolti, tipo riassunzioni ma
con contratti magari part-time ( vedi poste e solo su una parte dei dipendenti ) ma la maggior parte dei casi finisce nell'oblio e
nel silenzio generale di tutti, un mio amico sta da quattro anni i causa con una azienda che lo ha fatto fuori insieme ad altre persone
perche l'altra azienda non l'ha ri-assunto, e il giudici in prima istanza gli ha pure dato torto :rolleyes: ora non so a che grado
di appello stiano ma alla fine te le devi cavare da solo, perche di certo non ti aiuta nessuno, la tutela per i lavoratori e finita da un
bel pezzo in itaGlia ;) per questo spesso sei ricattabile, visto che se non lavori non mangi sei costretto ad adattarti, sia come lavoro
che come diritti / contratto.
"Bene", questo quindi dimostra che tutte 'ste leggine sul lavoro non servano poi a molto visto che so trova sempre il modo per bypassarle.
Creare un ramo d'azienda, cederlo ecc. ecc. non sono operazioni che fai come bere un bicchier d'acqua.
La "leggina" il lavoratore singolo più o meno lo difende. Però se l'azienda decide di muoversi on grande in un senso, riesce a farlo.
fabry1981
12-05-2010, 12:11
Ma se anche lo Stato italiano risparmia con i T.D. (e lo stato non ha il rischio d'impresa, non ha bisogno di "flessibilità") aggirando la regola dei 36 mesi, imponendo delle vere e proprie discriminazioni (vediti ad es. la normativa sui co-co-pro statali), come si fa a pretendere che le aziende assumano a T.I. ? :fagiano:
Se conviene assumere a tempo determinato per quale motivo io dovrei assumere a tempo indeterminato?
Riporto sempre il mio caso a titolo di esempio: Idoneo (sesto in graduatoria) in concorso a tempo INDETERMINATO (lontano 2006) presso Ente Locale ligure...
Effetti del Patto di stabilità?! Nr 11 diversi contratti in 23 mesi continuativi... e si parla pur sempre di Pubblica Amministrazione.
Naturalmente contratto non rinnovato al raggiungimento del 35° mese complessivo (considerati altri periodi pari mansioni presso differenti amministrazioni locali) per evitare eventuali ricorsi al "Giudice del Lavoro"... :rolleyes:
trallallero
12-05-2010, 12:12
Creare un ramo d'azienda, cederlo ecc. ecc. non sono operazioni che fai come bere un bicchier d'acqua.
La "leggina" il lavoratore singolo più o meno lo difende. Però se l'azienda decide di muoversi on grande in un senso, riesce a farlo.
Beh si, sicuramente la società che ha 50-100 dipendenti non si mette a creare un ramo per poi potarlo, infatti cerca in tutti i modi di assumere il meno possibile.
CoreDump
12-05-2010, 12:17
Non e perfettamente inerente all'argomento, ma visto che si parla del mondo del lavoro, di contratti, licenziamenti, bisogna anche
capire il perche si e andati verso questa strada e questo filmato che posto sull'intervento di grillo all'assemblea telecom di pochi
giorni fa puo aiutare a capire il perche, in mano a chi siamo e parlo di un po tutte le aziende in itaGlia ;)
http://www.youtube.com/watch?v=PtkFWzPyQyE&feature=player_embedded#!
zerothehero
12-05-2010, 13:20
La legge tutela i datori di lavoro senza scrupolo. Penso che basti come risposta.
)
Se già il datore di lavoro italiano per eccellenza (cioè lo Stato) produce le leggi salvo poi aggirarle, che si deve fare?
Addirittura abbiamo qui un esempio di un utente che ha vinto un concorso pubblico a tempo indeterminato per poi avere un contratto a termine. :asd:
fabry1981
12-05-2010, 13:37
Se già il datore di lavoro italiano per eccellenza (cioè lo Stato) produce le leggi salvo poi aggirarle, che si deve fare?
Addirittura abbiamo qui un esempio di un utente che ha vinto un concorso pubblico a tempo indeterminato per poi avere un contratto a termine. :asd:
Grazie della vicinanza, ma adesso non esageriamo... :D
Io ero IDONEO, non vincitore... :cry: Nel senso che il concorso era per soli due posti (240 domande, mi sembra) di cui uno riservato ad ex-militari...
Io sono risultato sesto in graduatoria e i primi 4 sono stati assunti nell'arco di due anni... la quinta ha vinto un concorso presso un'altro ente locale e solo da me in poi, si è rimasti con il cerino in mano... :rolleyes:
Ma la volontà dell'ente, almeno a parole, sarebbe stata anche quella di assumermi.. Il problema è stato il famigerato "Patto di stabilità" per cui, anche se l'ente aveva i conti perfettamente in ordine (anzi in discreto attivo), la spesa per il personale (in particolare a tempo indeterminato) non poteva in alcun modo superare determinati limiti..
Fini:da noi flessibilita' e' precarieta'
Mercato flessibile che garantisca possibilita' futuro
(ANSA) - ROMA, 11 MAG - 'C'e' una flessibilita' che significa permanente stato di precarieta', anche in contraddizione con l'Europa': lo afferma Gianfranco Fini. E cita la Germania: 'li' ci sono contratti a termine, ma con salari piu' alti. Da noi il precariato ha salari bassi, spesso al di sotto del minimo indispensabile'. Serve, sostiene Fini, 'un mercato del lavoro piu' flessibile ma che garantisca una possibilita' di futuro'.
Sulla politica economica e' necessario, sostiene, 'un attento controllo della spesa'.
http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/topnews/2010/05/11/visualizza_new.html_1791200360.html
Ma allora qualcuno che se ne rende conto c'è... :wtf:
Solo per farsi notare, la metamatica non è un opinione e i conti sono questi; precariato e controlo della spesa sono contradittori se vuoi il posto garantito devi abbracciare la filosofia della Grecia prima del crack finanziario.
fabry1981
12-05-2010, 21:31
Solo per farsi notare, la metamatica non è un opinione e i conti sono questi; precariato e controlo della spesa sono contradittori se vuoi il posto garantito devi abbracciare la filosofia della Grecia prima del crack finanziario.
E invece no, la panzana sta proprio qui...
Posto fisso non significa posto a vita...
Facciamo come negli altri Paesi, rendiamo un po' (ma poco) più elastiche le possibilità di licenziamento, magari anche per bassissima produttività, etc
e al contempo lasciamo che i giovani abbiano comunque accesso a contratti a tempo indeterminato, oppure incentiviamo i tempo determinato con una retribuzione superiore, com'era nell'impianto originale della legge Biagi...
Invece no, complici i sindacati, ci troviamo nella situazione in cui il prezzo della precarietà lo stanno pagando UNICAMENTE le nuove generazioni, mentre il 50enne può starsene in ufficio a non muovere un dito, perché tanto non lo si può licenziare..
E questa a me sembra discriminazione bella e buona..
Neanche io vorrei ritrovare padri di famiglia in mezzo a una strada..
Ma nemmeno voglio farmi il sedere triplo (e con meta contributi e senza scatti di anzianità) mentre qualcuno aspetta la pensione rigirandosi i pollici alla faccia mia...
E questa, spiace dirlo, ma è in gran parte responsabilità dei sindacati, più attenti ai presenti e futuri pensionati, che non ai futuri lavoratori!!!!
E invece no, la panzana sta proprio qui...
Posto fisso non significa posto a vita...
Facciamo come negli altri Paesi, rendiamo un po' (ma poco) più elastiche le possibilità di licenziamento, magari anche per bassissima produttività, etc
e al contempo lasciamo che i giovani abbiano comunque accesso a contratti a tempo indeterminato, oppure incentiviamo i tempo determinato con una retribuzione superiore, com'era nell'impianto originale della legge Biagi...
Invece no, complici i sindacati, ci troviamo nella situazione in cui il prezzo della precarietà lo stanno pagando UNICAMENTE le nuove generazioni, mentre il 50enne può starsene in ufficio a non muovere un dito, perché tanto non lo si può licenziare..
E questa a me sembra discriminazione bella e buona..
Neanche io vorrei ritrovare padri di famiglia in mezzo a una strada..
Ma nemmeno voglio farmi il sedere triplo (e con meta contributi e senza scatti di anzianità) mentre qualcuno aspetta la pensione rigirandosi i pollici alla faccia mia...
E questa, spiace dirlo, ma è in gran parte responsabilità dei sindacati, più attenti ai presenti e futuri pensionati, che non ai futuri lavoratori!!!!
Negli altri paesi a 50 anni non sei considerato un relitto se perdi il posto. In Italia sei costretto a tenerlo perche' non hai piu' mercato ma non gioirne troppo, sei dell'81 e per gli standar italiani del mondo gggiovane stai diventando vecchio pure tu.
fabry1981
12-05-2010, 21:47
Negli altri paesi a 50 anni non sei considerato un relitto se perdi il posto. In Italia sei costretto a tenerlo perche' non hai piu' mercato ma non gioirne troppo, sei dell'81 e per gli standar italiani del mondo gggiovane stai diventando vecchio pure tu.
hihihi, purtroppo hai ragione, ed è proprio con questa paura che vado avanti..
Dopo undici anni di precarietà (e quattro diversi settori lavorativi) comincio ad averne abbastanza e a tremare all'idea di quello che mi aspetta..
Sono passato dai call center, al pubblico impiego, all'essere imbarcato su navi da crociera, all'assistenza di volo, poi di nuovo nel pubblico... Il curriculum fa tanta impressione, ma lo stipendio è sempre al minimo, e se si può le aziende privilegiano gli apprendisti...
Tutto ciò dovrebbe starmi bene?
hihihi, purtroppo hai ragione, ed è proprio con questa paura che vado avanti..
Dopo undici anni di precarietà (e quattro diversi settori lavorativi) comincio ad averne abbastanza e a tremare all'idea di quello che mi aspetta..
Sono passato dai call center, al pubblico impiego, all'essere imbarcato su navi da crociera, all'assistenza di volo, poi di nuovo nel pubblico... Il curriculum fa tanta impressione, ma lo stipendio è sempre al minimo, e se si può le aziende privilegiano gli apprendisti...
Tutto ciò dovrebbe starmi bene?
Per niente, i fancazzisti dovrebbero essere cacciati ma ricorda che tanti 50enni devono difendere con le unghie e con i denti il loro posto perche sono (siamo) considerati vecchissimi per i lavoro e giovanissimi per la pensione.
Si usano vecchie leggi per tenersi il posto, magari sballottati in giro per l'Italia per farti cedere, perche' si lotta per la vita non per il lavoro.
Devo dire che per voi va ancora peggio perche' noi almeno un po' di vita serena siamo riusciti a farla e mi dispiace vedere colleghi giovani che fanno il mio lavoro, probabilmente meglio di me, pagati pochissimo e senza futuro.
trallallero
12-05-2010, 21:57
hihihi, purtroppo hai ragione, ed è proprio con questa paura che vado avanti..
Dopo undici anni di precarietà (e quattro diversi settori lavorativi) comincio ad averne abbastanza e a tremare all'idea di quello che mi aspetta..
Sono passato dai call center, al pubblico impiego, all'essere imbarcato su navi da crociera, all'assistenza di volo, poi di nuovo nel pubblico... Il curriculum fa tanta impressione, ma lo stipendio è sempre al minimo, e se si può le aziende privilegiano gli apprendisti...
Tutto ciò dovrebbe starmi bene?
Se anche tu sei arrivato al punto in cui sei precario e il tuo CV non ti permette di trovare lavoro perchè "non più da junior", ti consiglio di emigrare.
fabry1981
12-05-2010, 22:03
Per niente, i fancazzisti dovrebbero essere cacciati ma ricorda che tanti 50enni devono difendere con le unghie e con i denti il loro posto perche sono (siamo) considerati vecchissimi per i lavoro e giovanissimi per la pensione.
Si usano vecchie leggi per tenersi il posto, magari sballottati in giro per l'Italia per farti cedere, perche' si lotta per la vita non per il lavoro.
Ma naturalmente non volevo generalizzare, e mi scuso se ho dato questa impressione...
Condivido in toto il tuo punto di vista... In effetti in Italia finire in mezzo a una strada nell'età di mezzo è la cosa peggiore che possa capitare..
Ma almeno esistono dei paracadute, la cassa integrazione, qualche ammortizzatore sociale...
Co.co.pro et similia (non li invidio) si scordano anche quella!
Pensa al caos Alitalia, dove tutti parlavano dei 12 mesi e più di sussidi, ma per i quattromila precari non esisteva nulla...
E dopo qualche anno, tra me e i miei coetanei, ne vedo così tante di persone che occupano un posto che non meritano, solo per essere nati con dieci anni di anticipo...
Pensa alla sanità o all'istruzione, dove spesso lavora gente demotivata, ma con posizioni dovute all'anzianitá, mentre ragazzi molto più validi sono costretti a tirare avanti tra una supplenza e l'altra, e spesso ingoiando pure qualche vagonata di cacca..
Ma naturalmente non volevo generalizzare, e mi scuso se ho dato questa impressione...
Condivido in toto il tuo punto di vista... In effetti in Italia finire in mezzo a una strada nell'età di mezzo è la cosa peggiore che possa capitare..
Ma almeno esistono dei paracadute, la cassa integrazione, qualche ammortizzatore sociale...
Co.co.pro et similia (non li invidio) si scordano anche quella!
Pensa al caos Alitalia, dove tutti parlavano dei 12 mesi e più di sussidi, ma per i quattromila precari non esisteva nulla...
E dopo qualche anno, tra me e i miei coetanei, ne vedo così tante di persone che occupano un posto che non meritano, solo per essere nati con dieci anni di anticipo...
Pensa alla sanità o all'istruzione, dove spesso lavora gente demotivata, ma con posizioni dovute all'anzianitá, mentre ragazzi molto più validi sono costretti a tirare avanti tra una supplenza e l'altra, e spesso ingoiando pure qualche vagonata di cacca..
Purtroppo e' vero.
E invece no, la panzana sta proprio qui...
Posto fisso non significa posto a vita...
Nel privato no , nel pubblico si. Quello che dici dopo è fuori da ogni logica.
fabry1981
12-05-2010, 23:02
Nel privato no , nel pubblico si. Quello che dici dopo è fuori da ogni logica.
Cioé, potresti evidenziarmi la parte fuori da ogni logica? Quella sul superamento del nostrano Art. 18, avvicinando le possibilità di interruzione del rapporto di lavoro a quelle vigenti nel resto d'Europa? o quella sull'applicare l'impianto originale della Legge Biagi (che prevedeva ben altri ammortizzatori sociali o incentivi per i contratti a termine) invece di quello schifo di legge 30 che fu approvata sull'onda dell'indignazione per la sua scomparsa, con il generale plauso di Confindustria?
Per la cronaca c'è stata una puntata assolutamente ben fatta di "Report" sull'argomento... Mi sembra meno di tre settimane fa...
Nel privato no , nel pubblico si. Quello che dici dopo è fuori da ogni logica.
Se magari motivi, perché il suo è un discorso condivisibile e reale.
invece di quello schifo di legge 30 che fu approvata sull'onda dell'indignazione per la sua scomparsa, con il generale plauso di Confindustria?
Per la cronaca c'è stata una puntata assolutamente ben fatta di "Report" sull'argomento... Mi sembra meno di tre settimane fa...
Se vai sulla mia firma, trovi il link per lo streaming ;)
AlexGatti
13-05-2010, 09:49
Negli altri paesi a 50 anni non sei considerato un relitto se perdi il posto. In Italia sei costretto a tenerlo perche' non hai piu' mercato ma non gioirne troppo, sei dell'81 e per gli standar italiani del mondo gggiovane stai diventando vecchio pure tu.
In italia sei considerato un relitto a 50 anni perchè sanno che un 50enne non accetta il contratto a progetto da 900 euro al mese, e se l'accetta appena potrà rompera le palle per avere piu diritti.
Se avessimo tutti lo stesso contratto (il contratto unico è un disegno di legge che ristagna in parlamento) probabilmente vedrebbero anche il 50enne disoccupato (anche) come un lavoratore già esperto che necessita di pochissima formazione per diventare subito produttivo.
In italia sei considerato un relitto a 50 anni perchè sanno che un 50enne non accetta il contratto a progetto da 900 euro al mese, e se l'accetta appena potrà rompera le palle per avere piu diritti.
Se avessimo tutti lo stesso contratto (il contratto unico è un disegno di legge che ristagna in parlamento) probabilmente vedrebbero anche il 50enne disoccupato (anche) come un lavoratore già esperto che necessita di pochissima formazione per diventare subito produttivo.
Lo facessero anche i giovani invece di aspettare che i Padroni si commuovano non accadrebbe a loro quel che gli capita.
Se magari motivi, perché il suo è un discorso condivisibile e reale.
C'è poco da motivare, sono capaci tutti a fare i froci con il culo degli altri ribaltando la realtà attuale.
fabry1981
13-05-2010, 12:22
C'è poco da motivare, sono capaci tutti a fare i froci con il culo degli altri ribaltando la realtà attuale.
Ah, capisco.. Cerca di perdonarmi, allora..
Non era mia intenzione attentare alle "chiappe" di nessuno, né tantomeno ribaltare la "realtà attuale"... :rolleyes:
Ti chiedevo chiarimenti, supponendo che avessi qualcosa di costruttivo da aggiungere alla discussione..
Non mi ero accorto si trattasse di una semplice "trollata"..
The Pein
13-05-2010, 14:05
Per cambiare il mercato di lavoro ci vogliono 2 anni almeno... ;)
Per cambiare il mercato di lavoro ci vogliono 2 anni almeno... ;)
Ottimista.
blamecanada
14-05-2010, 21:15
Non esiste una “flessibilità buona” ed una “flessibilità cattiva”, la flessibilità è flessibilità e basta.
Per l'azienda è (almeno nell'immediato) vantaggiosa, perché può licenziare quando vuole.
Per il lavoratore invece è sempre svantaggiosa: se uno vuole cambiare lavoro può farlo anche con un contratto a tempo indeterminato, mentre il contrario (mantenere il lavoro se si ha un contratto precario) non è possibile.
Riporto due articoli dell'anno scorso al riguardo.
Le illusioni della Flexsecurity
Guglielmo Forges Davanzati - 15 Novembre 2009
L’Italia è, al tempo stesso, il Paese che – in Europa - ha dato maggiore impulso alle politiche di precarizzazione del lavoro e minore sicurezza a chi perde lavoro. Sul piano normativo, è opportuno ricordare che il nostro ordinamento prevede, in caso di licenziamento, il ricorso alla Cassa Integrazione Guadagni ordinaria o strutturale (a seconda che si tratti di difficoltà aziendali di natura congiunturale o strutturale) e il ricorso alla mobilità nei casi di difficoltà aziendali irreversibili. L’ammontare del sussidio è stabilito in fase di programmazione economica ed è quantificato nella Legge Finanziaria. Vi è poi la possibilità di accedere all’indennità di disoccupazione con requisiti ridotti per i lavoratori in stato di disoccupazione involontaria, con almeno due anni di assicurazione, che abbiano prestato almeno 78 giornate di lavoro con regolare contribuzione. Nel suo ultimo rapporto, l’OCSE, prevedendo il rischio di una disoccupazione a due cifre in Italia nel 2010, certifica che, al momento, i lavoratori più colpiti dalla crisi sono i giovani e i precari: in un anno l’Italia ha perso 261.000 posti di lavoro temporanei o con contratti atipici (inclusi i collaboratori coordinati e continuativi e occasionali). Il tasso di disoccupazione della fascia di età compresa tra i 15 e i 24 anni è cresciuto di 5 punti percentuali in Italia nell’ultimo anno ed è ora pari al 26,3%. Vi è quindi, a maggior ragione nel contesto recessivo attuale, la necessità e l’urgenza almeno di garantire un reddito di sussistenza alle fasce più deboli della forza-lavoro, espulse dal processo produttivo.
A fronte delle riserve del Governo motivate dalla scarsità di risorse dalle quali attingere, si registra – nel corso degli ultimi mesi – un sostegno deciso da parte di autorevoli economisti e giuslavoristi di orientamento liberista (nonché dall’Unione europea) a politiche che – ispirate all’esperienza danese della flexsecurity – coniughino la flessibilità contrattuale con una presunta ‘sicurezza’ da offrire ai lavoratori nel caso in cui vengano licenziati, secondo un modello noto come flexsecurity[1]. Va detto che, sul fronte liberista, si tratta di una svolta piuttosto significativa rispetto agli orientamenti dominanti nei primi anni Duemila; svolta che può essere spiegata in due modi. Si può ritenere, in primo luogo, che si sia preso atto del fallimento delle politiche di flessibilità del lavoro avviate, in Italia, dalla metà degli anni novanta – con il “Pacchetto Treu” - e che hanno subito una significativa accelerazione con la legge 30/3003 (la cosiddetta Legge Biagi). In effetti, vi è ampia evidenza empirica del fatto che, laddove i lavoratori sono meno protetti, sono minori i salari e, di norma, è minore l’occupazione[2]. In secondo luogo, è possibile che il cambiamento di vedute non sia motivato dalla constatazione del fatto che quelle politiche non hanno generato gli effetti voluti, ma da considerazioni che attengono o all’impopolarità crescente delle politiche di precarizzazione del lavoro o direttamente all’attuale fase congiunturale. In altri termini, appare ragionevole ritenere che coloro che oggi spingono il Governo verso l’attuazione di politiche di flexsecurity – intellettuali comunque di orientamento neoliberista – si siano convinti che il principale problema delle imprese italiane nella crisi attuale è un problema di sbocchi e che, dunque, occorre in qualche modo provare a sostenere la domanda interna. In prima approssimazione, sembrerebbe trattarsi di una politica che avvantaggia sia le imprese, sia i lavoratori.
Si può ritenere, infatti, che l’erogazione di sussidi, accrescendo la domanda aggregata, per il tramite dei consumi, aumenti la produzione e, per questa via, accresca la disponibilità di beni a favore dei lavoratori, occupati e disoccupati. Va, tuttavia, segnalato il rischio che questo effetto non si verifichi, e che la logica che ne è a fondamento sia ribaltata, in contesti nei quali le imprese hanno la possibilità di decidere autonomamente quanto e cosa produrre, indipendentemente dall’andamento della domanda[3]. In una condizione di ‘sovranità del produttore’[4], le imprese hanno potere di fissazione dei prezzi, e i prezzi vengono determinati aggiungendo un margine di profitto considerato normale ai costi di produzione. L’entità del margine di profitto dipende dal grado di concentrazione industriale e, dunque, è tanto maggiore quanto meno i mercati hanno una configurazione concorrenziale[5]. In tali circostanze, l’erogazione di sussidi in moneta rischia di generare effetti perversi, per le seguenti ragioni. I sussidi, accrescendo il valore monetario della domanda globale, accrescono i profitti e, di conseguenza, i margini di profitto. L’aumento dei margini di profitto – a parità di costi di produzione – si traduce in più alti prezzi di vendita dei beni e servizi, con la conseguenza che non solo il reddito reale dei disoccupati subisce una decurtazione derivante dal potenziale aumento del tasso di inflazione, ma gli stessi lavoratori occupati possono veder ridursi i loro salari reali. L’Eurostat certifica, a riguardo, che – nel confronto fra Italia e Danimarca – pure a fronte della più alta spesa pubblica nel mercato del lavoro nel Paese scandinavo nel corso dell’ultimo decennio fra i Paese europei (il 2.6% del PIL a fronte dello 0.6 italiano nel 2007), non si sono registrate significative differenze nell’andamento della quota del reddito da lavoro dipendente sul PIL (il labour share), che ha fatto registrare un modesto aumento dello 0.01% in Danimarca[6]. A ciò va aggiunto che le pressioni inflazionistiche derivanti dall’erogazione monetaria di sussidi possono essere di entità diversa in ragione delle forme di mercato prevalenti nelle diverse aree geografiche e nei diversi settori produttivi. In particolare, e con riferimento al dualismo italiano, poiché le imprese meridionali operano in mercati più prossimi alla concorrenza rispetto alle imprese del Nord, vi è motivo di attendersi che un’estensione generalizzata degli ammortizzatori sociali accresca i prezzi dei prodotti del Nord più di quanto li accresca nel Mezzogiorno. Da ciò segue che i consumatori meridionali si troveranno ad acquistare beni dal Nord a prezzi più alti rispetto ai prezzi che le imprese meridionali potranno praticare, in ciò accentuando il dualismo territoriale[7]. Vi è di più. Se si ammette che l’erogazione di sussidi possa generare effetti inflazionistici, per l’aumento dei margini di profitto, il conflitto distributivo che può seguirne non attiene soltanto al danno generato ai percettori di redditi fissi, ma anche al sistema bancario, dal momento che i tassi di interesse in termini reali risulteranno anch’essi ridotti. Da ciò può seguirne un’ulteriore contrazione del credito, imputabile alla riduzione dei profitti bancari, e, dunque, un’ulteriore compressione della produzione, dell’occupazione e dei salari, configurando un circolo vizioso dal quale possono ottenere al più benefici di breve periodo le sole imprese, e in particolare le imprese di più grandi dimensioni che operano in mercati oligopolistici.
L’effetto ridistribuivo dei sussidi può essere controbilanciato o attenuato da un meccanismo collaterale. Gli economisti, quantomeno quelli poco attenti alla Storia della propria disciplina, hanno dedicato ben poca attenzione sugli effetti che le politiche fiscali espansive esercitano sulla produttività. E’ ben noto, da Adam Smith in poi, che la produttività del lavoro dipende in modo cruciale dalla divisione del lavoro all’interno dell’impresa, e che la divisione del lavoro è tanto più accentuata quanto maggiore è la domanda. La ratio di questa tesi sta nella convinzione secondo la quale l’aumento della domanda incentiva le imprese ad accrescere la produzione. Ciò può tradursi in un aumento dell’occupazione e/o in una maggiore specializzazione dei lavoratori occupati, la quale – a sua volta – si ottiene mediante una più accentuata frammentazione delle mansioni. Il nesso individuato da Smith presuppone che vi sia una tendenza spontanea, in economie di mercato deregolamentate, a mantenere elevata la domanda o a determinarne la costante crescita. Se ciò può riflettere il contesto storico nel quale l’economista scozzese elaborava queste tesi, rinviando l’aumento della domanda all’urbanizzazione e al miglioramento dei sistemi di trasporto (fenomeni tipici della prima rivoluzione industriale e della ‘nascita’ del capitalismo), è meno ragionevole ritenere che il capitalismo contemporaneo disponga di meccanismi endogeni tali da produrre spontaneamente incrementi di domanda. Ciò accade per due ragioni. In primo luogo, nessuna impresa ha convenienza ad accrescere i salari, essendo il salario, per la singola impresa, solo un costo di produzione. E tuttavia, per l’economia nel suo complesso, la compressione dei salari genera compressione dei consumi, della domanda aggregata e dell’occupazione. In secondo luogo, poiché gli investimenti – anch’essi componenti della domanda – dipendono in modo rilevante dalle aspettative imprenditoriali, non vi è nessun meccanismo automatico che assicuri una crescita permanente degli investimenti. Nella congiuntura attuale, è semmai vero che – data l’elevata incertezza - i progetti di investimento tendono a essere posticipati o non realizzati e che i salari, anche per effetto delle politiche di deregolamentazione del mercato del lavoro, tendono a ridursi.
Seguendo una prospettiva keynesiana, per l’obiettivo di tenere alta la domanda e l’occupazione, è necessaria una politica fiscale espansiva, sotto forma di maggiore spesa pubblica e/o di minore tassazione, soprattutto a beneficio dei percettori di redditi bassi. L’aumento della spesa pubblica, alla luce di quanto si è detto, può avere significativi effetti di accelerazione della produttività del lavoro. Poiché, infatti, le variazioni di quest’ultima sono in ultima istanza determinate dalle variazioni della domanda, l’aumento della spesa pubblica – nella misura in cui accresce la domanda aggregata – stimola le imprese ad accrescere la produzione oltre che attraverso maggiore occupazione, anche mediante la maggiore specializzazione del lavoro e, dunque, mediante una più accentuata divisione dello stesso. Va tuttavia sottolineato che questo meccanismo può agire sotto la condizione che le imprese possano accrescere il grado di divisione tecnica del lavoro, e ciò è possibile, di norma, quando le dimensioni aziendali sono sufficientemente grandi. Non è questo il caso italiano e, dunque, vi è motivo di ritenere che l’aumento della produttività, conseguente all’aumento della spesa pubblica, non riesca a controbilanciare l’aumento dei margini di profitto e, dunque, che i programmi di flexsecurity siano destinati a ridistribuire reddito a danno del lavoro dipendente.
Stando così le cose, è legittimo chiedersi se non sia più efficace una politica che sia indirizzata alla fornitura diretta di beni e servizi ai lavoratori, con assetti proprietari pubblici, e dunque con tariffe minime o con accesso gratuito. Evidentemente un indirizzo di questo tipo implica anche maggiore occupazione nei settori che producono beni pubblici, dando luogo a una condizione nella quale è lo Stato a svolgere la funzione di employer of last resort. Ed è qui che si può rintracciare l’aspetto sottaciuto dei programmi di flexsecurity. Propagandate come misure di protezione delle fasce deboli, e in particolare dei precari che perdono il posto di lavoro, esse assomigliano piuttosto a tentativi surrettizi di mantenere alta la domanda, chiedendo allo Stato di farsene carico, in una condizione nella quale ciò rischia di tradursi in un impoverimento dei medesimi soggetti che quei programmi dichiarano di voler tutelare.
[1] Va ricordato che in Danimarca sussistono contestualmente i più bassi costi di licenziamento e il più generoso sistema di assistenza ai disoccupati. Questi ultimi ricevono dallo Stato circa il 90% della media dello stipendio delle ultime 12 settimane. A tali benefici si ha diritto per un massimo di quattro anni e vengono forniti anche quando il lavoratore è prossimo al pensionamento. Il requisito per percepire i benefici consiste nell’aver prestato lavoro per cinquantadue settimane nei tre anni precedenti; inoltre, per accedervi, i disoccupati danesi devono frequentare programmi di formazione e devono accettare qualsiasi condizione lavorativa offerta dai centri per l’impiego. Il diritto all’indennità viene perso nel momento in cui si rifiuta una qualunque offerta di posto di lavoro. Si ritiene che questo modello di relazioni industriali sia la principale causa del fatto che la Danimarca registra un tasso di disoccupazione pari al 5,4%, il più basso d’Europa
[2] Per un approfondimento di questi aspetti si rinvia al mio contributo La precarietà come freno alla crescita su questa rivista.
[3] Lo schema teorico che è a fondamento delle argomentazioni che seguono è derivato dalle opere di Kalecki, dove si delinea un modello macroeconomico nel quale i) le imprese decidono autonomamente l’ammontare degli investimenti, assunti esogeni, in relazione agli ‘animal spirits’ imprenditoriali, ii) si determina, conseguentemente, l’ammontare della domanda e iii) le imprese fissano il livello dei prezzi che consente loro di ottenere un margine di profitto ‘normale’. Da ciò segue che ogni iniezione ‘esterna’ di liquidità (ed è il caso qui trattato) si risolve in un aumento dei profitti monetari. Sul tema si rinvia a M. Kalecki, Selected essays on the dynamics of the capitalist system. Cambridge, Cambridge University Press, 1971.
[4] Intendendo con questa espressione l’esatto contrario del postulato neoclassico della ‘sovranità del consumatore’, quest’ultimo riferito alla convinzione secondo la quale sono le preferenze (esogene) dei consumatori a orientare le scelte delle imprese in ordine alla scala e alla composizione merceologica della produzione.
[5] Per una trattazione divulgativa del modo in cui si determina il mark-up (ovvero il ricarico del saggio di profitto sui costi di produzione), si rinvia a M.Lavoie, Introduction to Post-Keynesian Economics, New York, Palgrave, 2006, pp.44-53.
[6] Si veda http://ec.europa.eu/economy_finance/publications/publication15147_en.pdf.
[7] Su questi aspetti, si rinvia al mio contributo su questa rivista L’unità nazionale e le gabbie salariali e alle considerazioni svolte, nella stessa sede, da Rosario Patalano e Riccardo Realfonzo (Salari meridionali in gabbia).
Fonte: Economia e politica (http://www.economiaepolitica.it/index.php/primo-piano/le-illusioni-della-flexsecurity/)
La precarietà come freno alla crescita
Guglielmo Forges Davanzati - 14 Luglio 2009
La crisi del pensiero liberista si manifesta, al momento, come riconoscimento della necessità di un maggior intervento pubblico in economia, quanto più possibile temporaneo, e preferibilmente limitato alla sola regolamentazione dei mercati finanziari. Nulla si dice sulla deregolamentazione del mercato del lavoro, ben poco se ne dibatte, e si stenta a riconoscere che, nella gran parte dei casi, si è trattato di un clamoroso fallimento per gli obiettivi espliciti che si proponeva: così che la ‘flessibilità’ del lavoro resta, anche in regime di crisi, un totem. E’ opportuno premettere che, ad oggi, in Italia, non si dispone di una stima esatta del numero di lavoratori precari: il che, in larga misura, riflette le numerose tipologie contrattuali previste dalla legge 30, alcune delle quali censibili come forme di lavoro autonomo. L’Istat individua 3 milioni e 400 mila posizioni di lavoro precarie, a fronte dei 4 milioni di lavoratori precari censiti dall’Isfol[1].
Gli apologeti della flessibilità prevedevano, già dagli anni ottanta, che la rimozione dei vincoli posti alle imprese dallo Statuto dei lavoratori in ordine alla libertà di assunzione e licenziamento avrebbe accresciuto l’occupazione, e dato impulso a una maggiore mobilità sociale, tale da portare anche alla crescita delle retribuzioni medie. Dal 2003, anno di entrata in vigore della legge 30 (la cosiddetta Legge Biagi), che ha impresso la più significativa accelerazione alla destrutturazione del mercato del lavoro in Italia, il tasso di occupazione in Italia non è aumentato, e nei tempi più recenti è aumentata semmai la disoccupazione, anche al netto della crisi in atto. Può essere sufficiente ricordare che, come certificato dall’Istat, nel 2008, il tasso di disoccupazione è passato al 6,7%, dal 6,1% dell’anno precedente[2]. Per quanto riguarda i salari, nel rapporto OCSE del maggio 2009 si legge che con un salario netto di 21.374 dollari, l’Italia si colloca al ventitreesimo posto della classifica dei 30 Paesi più industrializzati, e che – nel corso dell’ultimo decennio – è il Paese che ha dato maggiore impulso alle politiche di deregolamentazione del mercato del lavoro[3].
Vi sono due ordini di ragioni per le quali le politiche di flessibilità riducono l’occupazione e i salari:
1) La precarietà disincentiva le innovazioni. Ciò accade perché se un’impresa può ottenere profitti mediante l’uso ‘flessibile’ della forza-lavoro, e, dunque, comprimendo i salari e i costi connessi alla tutela dei diritti dei lavoratori, non ha alcuna convenienza a utilizzare risorse per finanziare attività di ricerca e sviluppo. Le quali, peraltro, danno risultati di lungo periodo, difficilmente compatibili con ritmi di competizione – su scala globale – sempre più accelerati. La compressione delle innovazioni riduce il tasso di crescita e, di conseguenza, l’ammontare di prodotto sociale destinabile al lavoro dipendente[4].
2) La precarietà riduce la propensione al consumo. La somministrazione di contratti a tempo determinato accresce, infatti, l’incertezza dei lavoratori in ordine al reddito futuro. Al fine di mantenere un profilo di consumi nel tempo quanto più possibile inalterato – ovvero al fine di non impoverirsi nel caso di mancato rinnovo del contratto – è ragionevole attendersi un aumento dei risparmi oggi per far fronte all’eventualità di dover consumare domani senza reddito da lavoro. Contestualmente, per l’operare di ciò che viene definito ‘effetto di disciplina’, la minaccia di licenziamento accresce l’intensità del lavoro. Il corollario è duplice: da un lato, le imprese fronteggiano una domanda di beni di consumo in calo; dall’altro, possono produrre quantità maggiori di beni e servizi con un numero inferiore di lavoratori. L’esito inevitabile è il licenziamento o la non assunzione[5].
A ciò si può aggiungere un’ulteriore considerazione. La compressione della domanda, conseguente alla riduzione dei salari e dunque dei consumi derivante dalle politiche di precarizzazione, incentiva le imprese a ridurre gli investimenti produttivi – dal momento che la produzione di merci non troverebbe sbocchi - e a dirottare quote crescenti del proprio capitale monetario in attività finanziarie[6]. Si tratta di un fenomeno noto come “divenire rendita del profitto”, che è alla base dei recenti processi di ‘finanziarizzazione’, e che è accentuato dall’accelerazione dei tempi necessari di produzione e vendita per far fronte alla concorrenza su scala globale. Si calcola, a riguardo, e con riferimento agli Stati Uniti (e l’economia italiana non ne è esente), che l’emissione netta di azioni da parte delle imprese non agricole e non finanziarie è diventata permanentemente negativa nel periodo compreso fra il 1994 e il 2007[7]. Ciò significa che l’acquisizione di profitti mediante la speculazione nei mercati finanziari è stata la strategia prevalente negli ultimi dieci anni, e preferita dalla gran parte delle imprese (soprattutto di grandi dimensioni) rispetto alla produzione “reale”, ovvero nella produzione di beni e servizi. Il processo ha dato luogo progressivamente a effetti di retroazione: la precarizzazione del lavoro, comprimendo la domanda, ha indotto le imprese a usare le proprie risorse in usi improduttivi, ovvero nella finanza ultra-speculativa, che dà rendimenti elevati e in tempi rapidi mediante il solo scambio di moneta contro moneta. Il che ha determinato un’ulteriore compressione della produzione e, dunque, dell’occupazione e dei salari. Letta in quest’ottica, la precarizzazione è stata - ed è - causa e, al tempo stesso, effetto della finanziarizzazione. Essa ha contribuito al venir meno di quel “patto implicito” sul quale, secondo Keynes, poteva reggersi la riproduzione capitalistica: consentire ai capitalisti di appropriarsi della “parte migliore della torta”, ma solo a condizione di farne investimenti produttivi per farla diventare più grande[8].
[1] Con la precisazione – non irrilevante - che la precarietà riguarda prevalentemente le donne, che già costituiscono il segmento dell’offerta di lavoro meno presente nel mercato del lavoro italiano.
[2] Va considerato che nel periodo che intercorre fra il c.d. pacchetto Treu e il 2006 si è registrato, in Italia, un aumento dell’occupazione, imputato in ambito neoliberista, proprio alle politiche di deregolamentazione del mercato del lavoro. Tuttavia, come mostrato in particolare da Antonella Stirati, la crescita dell’occupazione si è avuta nei settori nei quali sono meno diffusi i contratti atipici, così che la crescita dell’occupazione nel periodo considerato deve essere attribuita ad altre variabili. Si veda A.Stirati, La flessibilità del mercato del lavoro e il mito del conflitto tra generazioni, in P.Leon e R.Realfonzo (a cura di), L’economia della precarietà. Roma: Manifestolibri 2008, pp.181-191.�
[3] Le premesse ideologiche di queste politiche sono state efficacemente individuate da Angelo Salento, su questa rivista. Per un’analisi degli aspetti economico-giuridici delle politiche di deregolamentazione del mercato del lavoro si rinvia all’intervento di Luigi Cavallaio del 9 dicembre 2008 su questa rivista.
[4] Si rinvia, su questi aspetti, a G. Forges Davanzati and A. Pacella, Minimum wage, credit rationing and unemployment in a monetary economy, “European Journal of Economic and Social System”, 2009, vol.XXII, n.1. Per un inquadramento più generale del problema, sotto il profilo teorico ed empirico, si veda anche P.Leon e R.Realfonzo (a cura di), L’economia della precarietà, Roma: Manifestolibri, 2008.
[5] Per una trattazione analitica di questa tesi, si veda G. Forges Davanzati and R. Realfonzo, Labour market deregulation and unemployment in a monetary economy, in R. Arena and N. Salvadori (eds.), Money, credit and the role of the State, Aldershot: Ashgate, 2004, pp.65-74.
[6] In tal senso, risulta non recepibile la tesi secondo la quale la ‘finanziarizzazione’ dipenderebbe da una modifica delle preferenze degli operatori finanziari, che avrebbero assunto maggiore propensione al rischio. Sul tema, v. A.Graziani, La teoria monetaria della produzione, Arezzo: Banca Popolare dell’Etruria e del Lazio, 1994, pp.155-156.�
[7] Si veda K.H. Roth, Crisi globale, proletarizzazione globale, contro-prospettive. Prime ipotesi di ricerca, in A. Fumagalli e S.Mezzadra (a cura di), Crisi dell’economia globale, Verona: Ombrecorte 2009, pp.175-208.
[8] Si può incidentalmente osservare che ciò che può sembrare, in prima battuta, un luogo comune - i precari non possono permettersi di fare figli - è, a ben vedere, assolutamente vero. L’Eurispes registra che la scelta della maternità è strettamente legata alle condizioni economico-sociali delle donne e, in particolare, alla precarietà lavorativa. Circa i due terzi degli intervistati si dichiara impossibilitato a progettare un ampliamento del proprio nucleo familiare, imputando questa scelta alla ‘flessibilità’ del proprio contratto di lavoro. L’Istat certifica che, al 2008, l’Italia è tra i paesi al mondo col più basso indice di natalità, con una media di 1,30 figli per donna, il che innanzitutto non consente il cosiddetto “ricambio delle generazioni”, e il tasso di natalità degli italiani è in costante calo da almeno un decennio. Si può indurre che gran parte del fenomeno – che ovviamente attiene anche a modificazioni di ordine sociale e culturale – è imputabile alla straordinaria diffusione di contratti a termine, e ha un risvolto di lungo termine (etico ed economico) che è totalmente trascurato, se non altro perché la riduzione del tasso di natalità - al netto delle immigrazioni - implica una futura riduzione dell’offerta di lavoro e del PIL potenziale futuro.
Fonte: Economia e politica. (http://www.economiaepolitica.it/index.php/primo-piano/la-precarieta-come-freno-alla-crescita/)
zerothehero
14-05-2010, 22:03
C'è poco da motivare, sono capaci tutti a fare i froci con il culo degli altri ribaltando la realtà attuale.
Devi anche considerare l'immensa distruzione di produttività provocata dal precariato.
Nel comparto scuola ad es. , costringere i docenti e il personale amministrativo quasi ogni anno a cambiare sede comporta enormi problemi per la didattica (mancanza di continuità didattica) e grossi problemi di funzionamento amministrativo (ogni anno cambiano mansioni e sede)..inoltre paradossalmente i temporanei (con incarico annuale) sono quelli che tendono ad essere più assenteisti proprio perchè "demotivati".
Abbiamo poi un altro bel problemino: scarso monte contributivo di moltissimi lavoratori a tempo determinato..senza contributi (dovuti a continue interruzioni di contratto) la pensione sarà bassissima (e i vari fondi integrativi sono solo un palliativo)...insomma così si sega tutto il sistema in una spirale viziosa di bassa crescita, bassa produttività, salari ridicoli, disoccupazione (ordinaria e ridotta) che grava sulla collettività, pochi contributi, scarsi investimenti e compagnia bella.
Se poi il nostro paese deve azzerare la domanda interna e produrre solo per l'export che lo si dica...perchè l'attuale "regime" di compressione salariale ha un "senso" solo in quell'ottica.
zerothehero
14-05-2010, 22:11
Per cambiare il mercato di lavoro ci vogliono 2 anni almeno... ;)
Non c'è la volontà di cambiare un corno.
Chi è ipergarantito ha interesse che le cose non cambino, chi non è garantito non ha sufficiente forza contrattuale per farsi sentire. :fagiano:
Chi è ipergarantito ha interesse che le cose non cambino, chi non è garantito non ha sufficiente forza contrattuale per farsi sentire. :fagiano:
Chi ha un lavoro TI è garantito mentre TD no semplicemente perchè ha un contratto a termine.. sempre stato così e non si chiama licenziamento ma termine del contratto.
fabry1981
14-05-2010, 22:57
Non c'è la volontà di cambiare un corno.
Chi è ipergarantito ha interesse che le cose non cambino, chi non è garantito non ha sufficiente forza contrattuale per farsi sentire. :fagiano:
*
blamecanada
14-05-2010, 23:00
Chi ha un contratto stabile non ha interesse nel fatto che gli altri siano precari.
Certo, se si pretende di abbassare i suoi diritti sarà contrario, ma non vedo perché dovrebbe essere contrario ad aumentare i diritti degli altri.
Chi ha un contratto stabile non ha interesse nel fatto che gli altri siano precari.
Mi pare ovvio.
Certo, se si pretende di abbassare i suoi diritti sarà contrario,
http://www.hwupgrade.it/forum/showpost.php?p=31952236&postcount=63
fabry1981
14-05-2010, 23:40
Chi ha un contratto stabile non ha interesse nel fatto che gli altri siano precari.
Certo, se si pretende di abbassare i suoi diritti sarà contrario, ma non vedo perché dovrebbe essere contrario ad aumentare i diritti degli altri.
I due articoli che hai postato erano assolutamente interessanti, in particolare il secondo, più comprensibile per le mie scarse conoscenze in tema di politiche del lavoro..
Ma qui pecchi un po di ingenuità..
Almeno sul versante psicologico, siamo già all'estrema diffidenza e lotta di classe..
I miei colleghi a tempo indeterminato, in effetti, in faccia non lo ammetterebbero, ma non avrebbero assolutamente gradito una stabilizzazione mia e dei miei colleghi a tempo determinato... :rolleyes:
avrebbe significato dividere con altre 4 persone i già magri proventi del progetto estivo, altre quattro persone che si sarebbero inserite per possibili progressioni orizzontali, altre 4 persone con cui dividere i fondi della previdenza integrativa ai sensi della 208 (dalla quale eravamo stati, illegittimamente credo, tenuti fuori), meno ricattabilità nelle mansioni, altri 4 ai corsi di aggiornamento, etc...
Naaa, a tempo determinato eravamo molto più comodi ed economici..
Perché dividere certe risorse in 12, quando puoi dividerle per 8?
vBulletin® v3.6.4, Copyright ©2000-2025, Jelsoft Enterprises Ltd.