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View Full Version : Corte costituzionale vs matrimoni gay


חוה
14-04-2010, 13:51
rigettati i ricorsi

http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/cronaca/2010/04/14/visualizza_new.html_1762518419.html

whistler
14-04-2010, 13:58
talebani.

dantes76
14-04-2010, 14:00
sentenza non condivisibile, ma le motivazioni non sono sbagliate.

CecioCecio
14-04-2010, 14:00
Che peccato :(

trallallero
14-04-2010, 14:06
sentenza non condivisibile, ma le motivazioni non sono sbagliate.

:mbe:

Le motivazioni della decisione si conosceranno nei prossimi giorni e saranno scritte dal giudice costituzionale Alessandro Criscuolo.

dantes76
14-04-2010, 14:08
:mbe:
:mbe:

nelle motivazioni della decisione presa stamane in camera di consiglio dovrebbero puntualizzare che compete alla discrezionalità del legislatore la regolamentazione dei matrimoni gay.

aeterna
14-04-2010, 14:10
talebani.


se è vero quanto ipotizzato, ossia che il rifiuto sia dovuto al fatto che:

"non è sua competenza stabilire le modalità più opportune per regolamentare le relazioni tra persone dello stesso sesso"

l'accusa di talebanisemo è insensata

trallallero
14-04-2010, 14:15
:mbe:

:fagiano:

Toyo
14-04-2010, 14:18
Pur essendo dell'opinione che le coppie gay meritino un riconoscimento civile (per questioni legate all'eredità, ai diritti/doveri, alla pensione etc) (che lo si chiami "matrimonio" o "papparoppopù" non mi cambia niente), ha ragione la corte costituzionale: spetta al legislatore legiferare in merito. Il fatto che l'attuale governo non lo farà mai è un altro discorso:doh:

nomeutente
14-04-2010, 14:20
se è vero quanto ipotizzato, ossia che il rifiuto sia dovuto al fatto che:

"non è sua competenza stabilire le modalità più opportune per regolamentare le relazioni tra persone dello stesso sesso"

l'accusa di talebanisemo è insensata

Concordo sul fatto che non si possano definire talebani, ma senz'altro il dubbio che sia un atteggiamento pilatesco rimarrà almeno fino a quando non verranno chiarite le sentenze.
La risposta "spetta al legislatore chiarire se..." ha senso solo se esistono due norme incompatibili (come era ad esempio nel caso dell'adulterio che era considerato diversamente se a compierlo era la moglie o il marito) e la CC si esprime sulla fondatezza della questione (cioè afferma che la norma è incostituzionale) lasciando al parlamento la facoltà di decidere quale norma andrà applicata (ovvero: l'adulterio deve essere sempre considerato uguale, ma si può decidere se applicare le norme previste per il marito o quelle per la moglie).
In questo caso la domanda era precisa: "gli articoli del codice civile sono incostituzionali?" e la CC avrebbe dovuto rispondere "sì" oppure "no". Non può limitarsi a dire "forse" e lasciare la questione alla discrezionalità politica, perché la certezza del diritto non è soggetta a discrezionalità, altrimenti cessa di essere tale.

Varilion
14-04-2010, 14:32
a me non sembra esserci nessun forse. La corte ha risposto: No.


La Corte Costituzionale - ha successivamente reso noto Palazzo della Consulta - ha rigettato i ricorsi sui matrimoni gay dichiarando inammissibili le questioni sollevate dai Tribunale di Venezia e dalla Corte di Appello di Trento in relazione all'ipotizzata violazione degli articoli 2 (diritti inviolabili dell'uomo) e 117 primo comma (ordinamento comunitario e obblighi internazionali) della Costituzione. I ricorsi sono stati invece dichiarati infondati in relazione agli articoli 3 (principio di uguaglianza) e 29 (diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio). Le motivazioni della decisione si conosceranno nei prossimi giorni e saranno scritte dal giudice costituzionale Alessandro Criscuolo.

Ziosilvio
14-04-2010, 14:41
Da utente, e a quanto ho capito dall'articolo sul sito dell'Ansa:
a me non sembra esserci nessun forse. La corte ha risposto: No.
Nel senso che i ricorsi basati sugli articoli 3 e 29 della Costituzione sono stati giudicati infondati.
Quei ricorsi che invece erano basati sugli articoli 2 e 117, sono stati giudicati inammissibili.

banryu79
14-04-2010, 17:00
Da utente, e a quanto ho capito dall'articolo sul sito dell'Ansa:

Nel senso che i ricorsi basati sugli articoli 3 e 29 della Costituzione sono stati giudicati infondati.
Quei ricorsi che invece erano basati sugli articoli 2 e 117, sono stati giudicati inammissibili.
Dirò una banalità, ma forse è meglio precisare: il termine "inammissibile" e "infondato", nel contesto di cui sopra, è un termine tecnico giuridico, non va interpretato con il significato usuale del linguaggio parlato.

Ziosilvio
14-04-2010, 17:02
Da utente:
Dirò una banalità, a beneficio di coloro per i quali la cosa non è scontata: il termine "inammissibile" e "infondato", nel contesto di cui sopra, è un termine tecnico giuridico, non va interpretato con il significato usuale del linguaggio parlato.
Ecco, queste precisazioni invece sono tra quelle cose che non ce n'è mai abbastanza.
Immagino il significato sia "non ammissibile ad un esame giuridico" e "non fondato su basi giuridiche solide". È così?
EDIT: in effetti, la mia replica era una precisazione non al contenuto giuridico delle sentenze, ma all'italiano orrendo dell'articolo.

P.S.: però firma su 3 righe e non su 4 ;)

zerothehero
14-04-2010, 17:09
In questo caso la domanda era precisa: "gli articoli del codice civile sono incostituzionali?" e la CC avrebbe dovuto rispondere "sì" oppure "no". Non può limitarsi a dire "forse" e lasciare la questione alla discrezionalità politica, perché la certezza del diritto non è soggetta a discrezionalità, altrimenti cessa di essere tale.

Se la consulta ha rigettato il ricorso vuol dire che il matrimonio civile non è in contrasto con la fonte primaria del diritto (cioè la costituzione) o un regolamento comunitario (direttamente applicabile).
Non c'è alcun forse...se così non fosse stato la consulta avrebbe DOVUTO dichiarare anticostituzionale la norma che nella gerarchia delle fonti è di grado inferiore E non avrebbe neanche potuto dire "spetta alla politica" (dalle anticipazioni sulle motivazioni), visto che (ripeto) quello che "conta" è per l'appunto la costituzione (le fonti secondarie decadono se in contrasto con una fonte primaria).
Quindi la risposta che ha dato la consulta è : NO, per il matrimonio gay ci vuole una modifica delle leggi "ordinarie".

iuccio
14-04-2010, 17:14
Concordo sul fatto che non si possano definire talebani, ma senz'altro il dubbio che sia un atteggiamento pilatesco rimarrà almeno fino a quando non verranno chiarite le sentenze.
La risposta "spetta al legislatore chiarire se..." ha senso solo se esistono due norme incompatibili (come era ad esempio nel caso dell'adulterio che era considerato diversamente se a compierlo era la moglie o il marito) e la CC si esprime sulla fondatezza della questione (cioè afferma che la norma è incostituzionale) lasciando al parlamento la facoltà di decidere quale norma andrà applicata (ovvero: l'adulterio deve essere sempre considerato uguale, ma si può decidere se applicare le norme previste per il marito o quelle per la moglie).
In questo caso la domanda era precisa: "gli articoli del codice civile sono incostituzionali?" e la CC avrebbe dovuto rispondere "sì" oppure "no". Non può limitarsi a dire "forse" e lasciare la questione alla discrezionalità politica, perché la certezza del diritto non è soggetta a discrezionalità, altrimenti cessa di essere tale.

Io leggo la sentenza così: "La legge non prevede il caso, ma piuttosto che A) chiudere la porta in faccia per sempre fino a necessità di modifica costituzionale (pesante come prospettiva eh) o B) stabilire l'uguaglianza piena tra matrimonio standard e matrimonio omosessuale di pieno diritto (e quindi togliendo la possibilità di legiferare in materia, nuovamente a meno di modifica costituzionale), preferisco lasciare la porta aperta a modifiche legislative standard in un clima politico il più sereno possibile" (immagina che putiferio sarebbe esploso, le decisioni sarebbero state prese senza ragionarci un secondo e senza negoziare alcunchè)

Tutto sommato mi sembra una sentenza sensata (politicamente parlando)

gourmet
14-04-2010, 17:35
Il fatto che per alcuni articoli della costituzione la corte abbia dichiarato infondato il ricorso, e per altri inammissibile, significa probabilmente che per questi ultimi, il ricorso non è infondato, quindi il divieto di matrimonio omosessuale potrebbe risultare in contrasto con gli articoli 2 e 117 della Costituzione, ma la Corte si dichiara incompetente a regolamentare la materia, perchè vi sono margini di discrezionalità legislativa che la corte non si sente di usurpare. Se è così, in futuro, di fronte ad una eventuale e prolungata inerzia del legislatore anche nell'introdurre una qualche forma di unione civile per le coppie omosessuali, la corte potrebbe ritornare sui suoi passi (come è già successo in passato su altre materie) e pronunciare una sentenza di illegittimità costituzionale del codice civile.

ConteZero
14-04-2010, 18:15
Io leggo la sentenza così: "La legge non prevede il caso, ma piuttosto che A) chiudere la porta in faccia per sempre fino a necessità di modifica costituzionale (pesante come prospettiva eh) o B) stabilire l'uguaglianza piena tra matrimonio standard e matrimonio omosessuale di pieno diritto (e quindi togliendo la possibilità di legiferare in materia, nuovamente a meno di modifica costituzionale), preferisco lasciare la porta aperta a modifiche legislative standard in un clima politico il più sereno possibile" (immagina che putiferio sarebbe esploso, le decisioni sarebbero state prese senza ragionarci un secondo e senza negoziare alcunchè)

Tutto sommato mi sembra una sentenza sensata (politicamente parlando)

La corte costituzionale non fa politica.

nomeutente
14-04-2010, 18:39
a me non sembra esserci nessun forse. La corte ha risposto: No.

Io mi baso su quanto letto nell'articolo, che mi pare un po' confuso...


Ecco, queste precisazioni invece sono tra quelle cose che non ce n'è mai abbastanza.
Immagino il significato sia "non ammissibile ad un esame giuridico" e "non fondato su basi giuridiche solide". È così?


Penso (e non credo di sbagliarmi) che la pronuncia di inammissibilità derivi dal fatto che la cc. si è più volte dichiarata incompetente a vagliare la corrispondenza fra le ns. leggi e l'ordinamento internazionale, rinviando pertanto la questione ai tribunali competenti.
La pronuncia di infondatezza invece non significa "è giusto che non esista matrimonio gay", ma semplicemente "la questione, così come è posta, non è fondata", in virtù del principio di corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato.


Se la consulta ha rigettato il ricorso vuol dire che il matrimonio civile non è in contrasto con la fonte primaria del diritto (cioè la costituzione) o un regolamento comunitario (direttamente applicabile).
Non c'è alcun forse...se così non fosse stato la consulta avrebbe DOVUTO dichiarare anticostituzionale la norma che nella gerarchia delle fonti è di grado inferiore E non avrebbe neanche potuto dire "spetta alla politica" (dalle anticipazioni sulle motivazioni), visto che (ripeto) quello che "conta" è per l'appunto la costituzione (le fonti secondarie decadono se in contrasto con una fonte primaria).
Quindi la risposta che ha dato la consulta è : NO, per il matrimonio gay ci vuole una modifica delle leggi "ordinarie".


Ok, ma non ha senso che la cc ""solleciti"" un intervento legislativo se davvero la questione non è fondata.
Ha senso che la cc dica "la questione è infondata punto". Se aggiunge in coda che però potrebbe essere previsto per legge il matrimonio gay ammette implicitamente che la legge potrebbe accordare ai gay gli stessi diritti degli etero a contrarre matrimonio e quindi smentisce la propria stessa sentenza.
Mi spiego meglio.
Marco vuole sposare Pippo e si rivolge alla corte dicendo: "La legge mi considera diverso da Maria che può sposare Pippo, quindi viola la costituzione ecc." La corte può rispondere che la legge considera Maria diversa da Marco perché sono diversi e quindi è rispettato il principio di ragionevolezza che è una declinazione del principio di eguaglianza: Marco non è uguale a Maria ma è uguale a Pippo, quindi Marco può sposare Maria esattamente come Pippo ma non può sposare Pippo a differenza di Maria.
Se la cc. però dice che potrebbe essere determinato per legge il diritto di Marco di sposare Pippo, allora ammette implicitamente che la differenza di trattamento non risponde ad un principio di ragionevolezza, in quanto non possono essere ragionevoli una cosa e il suo contrario.

Facciamo un caso concreto. Uno chiede alla corte di abrogare le leggi che accordano agli invalidi dei posti nelle pubbliche amministrazioni. La cc dichiara infondata la questione in quanto gli invalidi e i sani sono diversi, per cui è ragionevole prevedere trattamenti diversi. Non può nel contempo dire "però il parlamento potrebbe legiferare ed eliminare i posti riservati agli invalidi". Non ha senso: o la differenza di trattamento è ragionevole e quindi coerente con i principi costituzioni oppure non lo è e quindi è contraria ai principi costituzionali. Non può essere al contempo costituzionale una legge che preveda "i sani e i malati sono uguali" e una legge che preveda "i sani e i malati sono diversi": una delle due è contraria al principio di eguaglianza, bisogna solo chiarire quale.

Io leggo la sentenza così: "La legge non prevede il caso, ma piuttosto che A) chiudere la porta in faccia per sempre fino a necessità di modifica costituzionale (pesante come prospettiva eh) o B) stabilire l'uguaglianza piena tra matrimonio standard e matrimonio omosessuale di pieno diritto (e quindi togliendo la possibilità di legiferare in materia, nuovamente a meno di modifica costituzionale), preferisco lasciare la porta aperta a modifiche legislative standard in un clima politico il più sereno possibile" (immagina che putiferio sarebbe esploso, le decisioni sarebbero state prese senza ragionarci un secondo e senza negoziare alcunchè)

Tutto sommato mi sembra una sentenza sensata (politicamente parlando)


Ma la cc non deve fare politica. Deve solo dire se il divieto di Marco a sposare Pippo viola il principio di eguaglianza oppure no. Caducando la legge avrebbe imposto al parlamento di legiferare in materia, mentre dichiarando infondata la questione rimane tutto così com'è.

gourmet
14-04-2010, 18:45
Facciamo un caso concreto. Uno chiede alla corte di abrogare le leggi che accordano agli invalidi dei posti nelle pubbliche amministrazioni. La cc dichiara infondata la questione in quanto gli invalidi e i sani sono diversi, per cui è ragionevole prevedere trattamenti diversi. Non può nel contempo dire "però il parlamento potrebbe legiferare ed eliminare i posti riservati agli invalidi". Non ha senso: o la differenza di trattamento è ragionevole e quindi coerente con i principi costituzioni oppure non lo è e quindi è contraria ai principi costituzionali. Non può essere al contempo costituzionale una legge che preveda "i sani e i malati sono uguali" e una legge che preveda "i sani e i malati sono diversi": una delle due è contraria al principio di eguaglianza, bisogna solo chiarire quale.


Il fatto che abbia dichiarato infondata la questione relativa all'articolo 3, significa che ha giudicato che il divieto di matrimonio omosessuale non viola il principio di uguaglianza, probabilmente perchè una coppia etero e una coppia omosessuale sono state giudicate appartenere a due situazioni diverse. Però la corte ha dichiarato inammissibile, e non infondata, la questione relativa all'art.2, che riguarda i diritti inviolabili dell'uomo, questo significa secondo me che, in mancanza di un qualunque riconoscimento giuridico delle coppie omosessuali, si potrebbe configurare per questi cittadini, una violazione dei diritti dell'uomo "nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità". Però secondo me, la corte in questa fase almeno, non si può spingere, per sanare questa violazione, ad estendere il matrimonio anche agli omosessuali, ritenendo che rientri nei compiti del legislatore fornire un riconoscimento giuridico a queste coppie. E' capitato però che, per altre materie, per esempio riguardanti la televisione (legge Mammì e legge Gasparri), la Corte abbia prima esortato il legislatore ad intervenire, avendo rilevato una violazione della costituzione, e dopo qualche tempo, in mancanza di azioni da parte del Parlamento nella direzione richiesta, sia intervenuta con una sentenza di illegittimità costituzionale. In questo caso potremmo essere in una situazione analoga.

iuccio
14-04-2010, 19:35
La corte costituzionale non fa politica.

AHAHAH no, seriamente, dai :D

Ma la cc non deve fare politica. Deve solo dire se il divieto di Marco a sposare Pippo viola il principio di eguaglianza oppure no. Caducando la legge avrebbe imposto al parlamento di legiferare in materia, mentre dichiarando infondata la questione rimane tutto così com'è.

Ecco, non "deve" fare politica mi suona già meglio. Meglio ancora non "dovrebbe".

Comunque non intendevo che la sentenza è politica ma solamente che è politicamente sensata (o se preferite, da un punto di vista politico è sensata)

Il fatto che per alcuni articoli della costituzione la corte abbia dichiarato infondato il ricorso, e per altri inammissibile, significa probabilmente che per questi ultimi, il ricorso non è infondato, quindi il divieto di matrimonio omosessuale potrebbe risultare in contrasto con gli articoli 2 e 117 della Costituzione, ma la Corte si dichiara incompetente a regolamentare la materia, perchè vi sono margini di discrezionalità legislativa che la corte non si sente di usurpare. Se è così, in futuro, di fronte ad una eventuale e prolungata inerzia del legislatore anche nell'introdurre una qualche forma di unione civile per le coppie omosessuali, la corte potrebbe ritornare sui suoi passi (come è già successo in passato su altre materie) e pronunciare una sentenza di illegittimità costituzionale del codice civile.

Il fatto che abbia dichiarato infondata la questione relativa all'articolo 3, significa che ha giudicato che il divieto di matrimonio omosessuale non viola il principio di uguaglianza, probabilmente perchè una coppia etero e una coppia omosessuale sono state giudicate appartenere a due situazioni diverse. Però la corte ha dichiarato inammissibile, e non infondata, la questione relativa all'art.2, che riguarda i diritti inviolabili dell'uomo, questo significa secondo me che, in mancanza di un qualunque riconoscimento giuridico delle coppie omosessuali, si potrebbe configurare per questi cittadini, una violazione dei diritti dell'uomo "nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità". Però secondo me, la corte in questa fase almeno, non si può spingere, per sanare questa violazione, ad estendere il matrimonio anche agli omosessuali, ritenendo che rientri nei compiti del legislatore fornire un riconoscimento giuridico a queste coppie. E' capitato però che, per altre materie, per esempio riguardanti la televisione (legge Mammì e legge Gasparri), la Corte abbia prima esortato il legislatore ad intervenire, avendo rilevato una violazione della costituzione, e dopo qualche tempo, in mancanza di azioni da parte del Parlamento nella direzione richiesta, sia intervenuta con una sentenza di illegittimità costituzionale. In questo caso potremmo essere in una situazione analoga.

Sono molto propenso a essere d'accordo con te per l'analisi legale della sentenza.

ConteZero
14-04-2010, 19:41
AHAHAH no, seriamente, dai :D



Ecco, non "deve" fare politica mi suona già meglio. Meglio ancora non "dovrebbe".

Comunque non intendevo che la sentenza è politica ma solamente che è politicamente sensata (o se preferite, da un punto di vista politico è sensata)





Sono molto propenso a essere d'accordo con te per l'analisi legale della sentenza.

La corte costituzionale non è una corte politica e non svolge ruoli politici.
Se anziché fare il suo lavoro (difendere e restituire il vero significato della costituzione) si mette a far "politica" siamo finiti.

Dream_River
14-04-2010, 19:49
Ovviamente triste per una tale sentenza, ma più per motivo personali (Dovrò lasciare il mio paese per potermi costruire il futuro a cui aspiro) che per l'atteggiamento della consulta, che in tutti i casi è stato serio e per quanto mi sia amara, è probabilmente la scelta migliore

Questo non significa che gli omosessuali italiani e tutte le persone sensibili alle problematiche che l'essere omosessuale in Italia comporta debbano arrendersi, ma dovrebbe anzi questa sentenza essere un istigazione ad una maggiore partecipazione politica, consapevoli che non possiamo aspettarci regali da nessuno, nella speranza che in un futuro, per quanto la battaglia sarà lunga e costerà molta fatica, l'orientamento sessuale non sia più un criterio per valutare la dignità di un cittadino

indelebile
14-04-2010, 20:08
ci vorranno 30 anni per le unioni omosessuali "moderne"

però non bisogna abbatersi ma bisogna insistere

iuccio
15-04-2010, 09:16
La corte costituzionale non è una corte politica e non svolge ruoli politici.
Se anziché fare il suo lavoro (difendere e restituire il vero significato della costituzione) si mette a far "politica" siamo finiti.

Ti darei ragione se fossero robot... vuoi davvero dire che secondo te non si fanno influenzare nemmeno un po' da considerazioni di ordine politico?

MadJackal
15-04-2010, 09:21
Sono molto propenso a essere d'accordo con te per l'analisi legale della sentenza.

Concordo anche io con l'analisi.

gourmet
16-04-2010, 04:43
Ecco le motivazioni, ci avevo abbastanza azzeccato :O

La questione, sollevata dalle due ordinanze di rimessione, in riferimento all’art. 2 Cost., deve essere dichiarata inammissibile, perché diretta ad ottenere una pronunzia additiva non costituzionalmente obbligata (ex plurimis: ordinanze n. 243 del 2009, n. 316 del 2008, n. 185 del 2007, n. 463 del 2002).

6. - Le dette ordinanze muovono entrambe dal presupposto che l’istituto del matrimonio civile, come previsto nel vigente ordinamento italiano, si riferisce soltanto all’unione stabile tra un uomo e una donna. Questo dato emerge non soltanto dalle norme censurate, ma anche dalla disciplina della filiazione legittima (artt. 231 e ss. cod. civ. e, con particolare riguardo all’azione di disconoscimento, artt. 235, 244 e ss. dello stesso codice), e da altre norme, tra le quali, a titolo di esempio, si può menzionare l’art. 5, primo e secondo comma, della legge 1 dicembre 1970, n. 898 (Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio), nonché dalla normativa in materia di ordinamento dello stato civile.

In sostanza, l’intera disciplina dell’istituto, contenuta nel codice civile e nella legislazione speciale, postula la diversità di sesso dei coniugi, nel quadro di «una consolidata ed ultramillenaria nozione di matrimonio», come rileva l’ordinanza del Tribunale veneziano.

Nello stesso senso è la dottrina, in maggioranza orientata a ritenere che l’identità di sesso sia causa d’inesistenza del matrimonio, anche se una parte parla di invalidità. La rara giurisprudenza di legittimità, che (peraltro, come obiter dicta) si è occupata della questione, ha considerato la diversità di sesso dei coniugi tra i requisiti minimi indispensabili per ravvisare l’esistenza del matrimonio (Corte di cassazione, sentenze n. 7877 del 2000, n. 1304 del 1990 e n. 1808 del 1976).

7. - Ferme le considerazioni che precedono, si deve dunque stabilire se il parametro costituzionale evocato dai rimettenti imponga di pervenire ad una declaratoria d’illegittimità della normativa censurata (con eventuale applicazione dell’art. 27, ultima parte, della legge 11 marzo 1953, n. 87 – Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), estendendo alle unioni omosessuali la disciplina del matrimonio civile, in guisa da colmare il vuoto conseguente al fatto che il legislatore non si è posto il problema del matrimonio omosessuale.

8. - L’art. 2 Cost. dispone che la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.

Orbene, per formazione sociale deve intendersi ogni forma di comunità, semplice o complessa, idonea a consentire e favorire il libero sviluppo della persona nella vita di relazione, nel contesto di una valorizzazione del modello pluralistico. In tale nozione è da annoverare anche l’unione omosessuale, intesa come stabile convivenza tra due persone dello stesso sesso, cui spetta il diritto fondamentale di vivere liberamente una condizione di coppia, ottenendone – nei tempi, nei modi e nei limiti stabiliti dalla legge – il riconoscimento giuridico con i connessi diritti e doveri.

Si deve escludere, tuttavia, che l’aspirazione a tale riconoscimento – che necessariamente postula una disciplina di carattere generale, finalizzata a regolare diritti e doveri dei componenti della coppia – possa essere realizzata soltanto attraverso una equiparazione delle unioni omosessuali al matrimonio. È sufficiente l’esame, anche non esaustivo, delle legislazioni dei Paesi che finora hanno riconosciuto le unioni suddette per verificare la diversità delle scelte operate.

Ne deriva, dunque, che, nell’ambito applicativo dell’art. 2 Cost., spetta al Parlamento, nell’esercizio della sua piena discrezionalità, individuare le forme di garanzia e di riconoscimento per le unioni suddette, restando riservata alla Corte costituzionale la possibilità d’intervenire a tutela di specifiche situazioni (come è avvenuto per le convivenze more uxorio: sentenze n. 559 del 1989 e n. 404 del 1988). Può accadere, infatti, che, in relazione ad ipotesi particolari, sia riscontrabile la necessità di un trattamento omogeneo tra la condizione della coppia coniugata e quella della coppia omosessuale, trattamento che questa Corte può garantire con il controllo di ragionevolezza.

9. - La questione sollevata con riferimento ai parametri individuati negli artt. 3 e 29 Cost. non è fondata.

Occorre prendere le mosse, per ragioni di ordine logico, da quest’ultima disposizione. Essa stabilisce, nel primo comma, che «La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio», e nel secondo comma aggiunge che «Il matrimonio è ordinato sulla eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell’unità familiare».

La norma, che ha dato luogo ad un vivace confronto dottrinale tuttora aperto, pone il matrimonio a fondamento della famiglia legittima, definita “società naturale” (con tale espressione, come si desume dai lavori preparatori dell’Assemblea costituente, si volle sottolineare che la famiglia contemplata dalla norma aveva dei diritti originari e preesistenti allo Stato, che questo doveva riconoscere).

Ciò posto, è vero che i concetti di famiglia e di matrimonio non si possono ritenere “cristallizzati” con riferimento all’epoca in cui la Costituzione entrò in vigore, perché sono dotati della duttilità propria dei princìpi costituzionali e, quindi, vanno interpretati tenendo conto non soltanto delle trasformazioni dell’ordinamento, ma anche dell’evoluzione della società e dei costumi. Detta interpretazione, però, non può spingersi fino al punto d’incidere sul nucleo della norma, modificandola in modo tale da includere in essa fenomeni e problematiche non considerati in alcun modo quando fu emanata.

Infatti, come risulta dai citati lavori preparatori, la questione delle unioni omosessuali rimase del tutto estranea al dibattito svoltosi in sede di Assemblea, benché la condizione omosessuale non fosse certo sconosciuta. I costituenti, elaborando l’art. 29 Cost., discussero di un istituto che aveva una precisa conformazione ed un’articolata disciplina nell’ordinamento civile. Pertanto, in assenza di diversi riferimenti, è inevitabile concludere che essi tennero presente la nozione di matrimonio definita dal codice civile entrato in vigore nel 1942, che, come sopra si è visto, stabiliva (e tuttora stabilisce) che i coniugi dovessero essere persone di sesso diverso. In tal senso orienta anche il secondo comma della disposizione che, affermando il principio dell’eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, ebbe riguardo proprio alla posizione della donna cui intendeva attribuire pari dignità e diritti nel rapporto coniugale.

Questo significato del precetto costituzionale non può essere superato per via ermeneutica, perché non si tratterebbe di una semplice rilettura del sistema o di abbandonare una mera prassi interpretativa, bensì di procedere ad un’interpretazione creativa.

Si deve ribadire, dunque, che la norma non prese in considerazione le unioni omosessuali, bensì intese riferirsi al matrimonio nel significato tradizionale di detto istituto.

Non è casuale, del resto, che la Carta costituzionale, dopo aver trattato del matrimonio, abbia ritenuto necessario occuparsi della tutela dei figli (art. 30), assicurando parità di trattamento anche a quelli nati fuori dal matrimonio, sia pur compatibilmente con i membri della famiglia legittima. La giusta e doverosa tutela, garantita ai figli naturali, nulla toglie al rilievo costituzionale attribuito alla famiglia legittima ed alla (potenziale) finalità procreativa del matrimonio che vale a differenziarlo dall’unione omosessuale.

In questo quadro, con riferimento all’art. 3 Cost., la censurata normativa del codice civile che, per quanto sopra detto, contempla esclusivamente il matrimonio tra uomo e donna, non può considerarsi illegittima sul piano costituzionale. Ciò sia perché essa trova fondamento nel citato art. 29 Cost., sia perché la normativa medesima non dà luogo ad una irragionevole discriminazione, in quanto le unioni omosessuali non possono essere ritenute omogenee al matrimonio.

Il richiamo, contenuto nell’ordinanza di rimessione del Tribunale di Venezia, alla legge 14 aprile 1982, n. 164 (Norme in materia di rettificazione di attribuzione di sesso), non è pertinente.

La normativa ora citata – sottoposta a scrutinio da questa Corte che, con sentenza n. 161 del 1985, dichiarò inammissibili o non fondate le questioni di legittimità costituzionale all’epoca promosse – prevede la rettificazione dell’attribuzione di sesso in forza di sentenza del tribunale, passata in giudicato, che attribuisca ad una persona un sesso diverso da quello enunciato dall’atto di nascita, a seguito di intervenute modificazioni dei suoi caratteri sessuali (art. 1).

Come si vede, si tratta di una condizione del tutto differente da quella omosessuale e, perciò, inidonea a fungere da tertium comparationis. Nel transessuale, infatti, l’esigenza fondamentale da soddisfare è quella di far coincidere il soma con la psiche ed a questo effetto è indispensabile, di regola, l’intervento chirurgico che, con la conseguente rettificazione anagrafica, riesce in genere a realizzare tale coincidenza (sentenza n. 161 del 1985, punto tre del Considerato in diritto). La persona è ammessa al matrimonio per l’avvenuto intervento di modificazione del sesso, autorizzato dal tribunale. Il riconoscimento del diritto di sposarsi a coloro che hanno cambiato sesso, quindi, costituisce semmai un argomento per confermare il carattere eterosessuale del matrimonio, quale previsto nel vigente ordinamento.

banryu79
16-04-2010, 09:43
Grazie, interessante.
Questioni affatto banali e semplici.

Leggendo le motivazioni bisogna tenere presente che i termini usati, compreso quello di "matrimonio", vanno sempre interpretati secondo il loro significato tecnico-giuridico. Non nel senso personale che uno attribuisce al lemma.