elevul
06-06-2009, 20:04
Pechino -- La polizia sudcoreana ha annunciato ieri che funzionari di Seoul e di Washington stanno conducendo un’indagine su un gruppo di spacciatori dollari falsi di alta qualità e i possibili legami con la Corea del Nord.
A novembre dell’anno scorso nella città portuale sudcoreana di Pusan la polizia ha arrestato un gruppo di persone con 9.900 banconote da 100 dollari contraffatte quasi alla perfezione. Il gruppo sostiene di non avere contatti con il Nord Corea, ma di essere andati a Pusan perché c’era un buon tasso di cambio con i won sudcoreani.
L’annuncio, di per sé ambiguo, risolleva la questione delle “superbanconote” i biglietti di 100 dollari falsi prodotti da Pyongyang.
Nel 2005 il Tesoro americano cominciò un’indagine sulla questione che ebbe grande rilievo sulla stampa e che si concluse con il congelamento di un conto di 25 milioni di dollari al Banco Delta Asia di Macao.
Il conto, che pare facesse capo direttamente alla famiglia “regnante” in Nord Corea dei Kim, venne scongelato, attraverso l’intervento di banche russe, solo nel 2007 dopo che Pyongyang accettò di partecipare al piano di disarmo nucleare.
Oltre a quel conto però è probabile che il Tesoro ne avesse individuato altri. Se oggi le autorità americane verificano i rapporti di questo sequestro con il Nord Corea, Washington potrebbe prendere unilateralmente nuove misure contro banche straniere che lavorano con Pyongyang. In teoria si potrebbero bloccare tutti i conti all’estero che hanno relazioni con il Nord Corea.
Di certo da Seoul dicono che anche dopo il 2007 Pyongyang ha continuato a fabbricare e spacciare le sue “superbanconote”.
Per un’economia praticamente in bancarotta come quella nordcoreana, senza un’industria portante e senza alcuna voglia di liberalizzare il mercato, l’idea di fabbricare soldi falsi appare semplicemente una specie di miracolo. Meglio se i soldi in questione sono quelli dell’arcinemico americano.
Il progetto da solo sembra di quelli strategici, di quelli che possono salvare o perdere il Nord Corea. Infatti a capo del progetto “superbanconote” c’è un fedelissimo del leader supremo Kim Jong-il, il generale O Kuk-ryol.
Occhiali scuri, ampia calvizie, una corazza di medaglie sul petto, O era uno dei capi dei servizi segreti militari e ha messo insieme un abile gruppo di falsari che sembra arrivato da una storia a fumetti, dalla trama di un film di 007 contro la fantomatica Spectre.
Per anni O e i suoi hanno selezionato inchiostri, colori e carta, hanno perfezionato le lastre e i modi incisione, con una pazienza e una dedizione che nessun gruppo di falsari al mondo potrebbe permettersi.
La fabbrica dei falsi sarebbe alla stamperia di marchi di Pyongsong, alla periferia di Pyongyang, e funzionerebbe con il coinvolgimento anche del figlio di O, Se-won, visto che in Nord Corea tutto è fatto in famiglia. Un altro parente di O, Lee Il-nam, faceva da corriere dei dollari falsi tra Pyongyang, Pechino e l’Etiopia.
Inoltre, il Nord Corea avrebbe creato aziende schermo per lo spaccio e il riciclaggio del denaro, in paradisi fiscali come le Isole Vergini, ma anche in Cina, Russia e Paesi del sud est asiatico.
Parte dei meccanismi di riciclaggio sarebbe anche il mini casinò aperto a Pyongyang con l’assistenza del barone della scommessa di Macao Stanley Ho. C’è un volo diretto Pyongayng-Macao una volta alla settimana.
Di certo le “superbanconote” nordcoreane sono leggendarie. Sono state ritrovate in relazione a sequestri di droga e di armi di terroristi negli ultimi decenni in mezzo mondo i cui proventi vanno in parte a finanziare il programma nazionale di armamenti in missile e bombe nucleari.
Al mercato nero costano oltre il doppio dei normali falsi e la loro qualità non ha smesso di migliorare negli anni. Oggi alcune macchine per identificare i falsi non riconoscono le superbanconote nordcoreane.
Tra il 2005 e il 2007 la trattativa fu estremamente complicate. Pyongyang voleva discutere dei soldi nell’ambito dei colloqui a sei, Washington diceva che era un problema che non riguardava la diplomazia.
Nei fatti, oggi la minaccia americana e sudcoreana di riaprire il capitolo dei falsi da solo rischia di mettere il cappio al collo alla fragile Nord Corea, che a sua volta minaccia di lanciare nei prossimi giorni un missile balistico verso le Hawaii.
Source: www.lastampa.it (http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplrubriche/giornalisti/grubrica.asp?ID_blog=98&ID_articolo=383&ID_sezione=180&sezione=) (06/06/2009) http://www.clodo.it/host/images/d6ca76cb92219ff3b423102505f4b0e84d496434.png (http://www.isleoftortuga.org/forum/index.php?showtopic=88748)
Ma lol, si sono ridotti a falsificare banconote di altri stati! :sbonk: :sbonk:
A novembre dell’anno scorso nella città portuale sudcoreana di Pusan la polizia ha arrestato un gruppo di persone con 9.900 banconote da 100 dollari contraffatte quasi alla perfezione. Il gruppo sostiene di non avere contatti con il Nord Corea, ma di essere andati a Pusan perché c’era un buon tasso di cambio con i won sudcoreani.
L’annuncio, di per sé ambiguo, risolleva la questione delle “superbanconote” i biglietti di 100 dollari falsi prodotti da Pyongyang.
Nel 2005 il Tesoro americano cominciò un’indagine sulla questione che ebbe grande rilievo sulla stampa e che si concluse con il congelamento di un conto di 25 milioni di dollari al Banco Delta Asia di Macao.
Il conto, che pare facesse capo direttamente alla famiglia “regnante” in Nord Corea dei Kim, venne scongelato, attraverso l’intervento di banche russe, solo nel 2007 dopo che Pyongyang accettò di partecipare al piano di disarmo nucleare.
Oltre a quel conto però è probabile che il Tesoro ne avesse individuato altri. Se oggi le autorità americane verificano i rapporti di questo sequestro con il Nord Corea, Washington potrebbe prendere unilateralmente nuove misure contro banche straniere che lavorano con Pyongyang. In teoria si potrebbero bloccare tutti i conti all’estero che hanno relazioni con il Nord Corea.
Di certo da Seoul dicono che anche dopo il 2007 Pyongyang ha continuato a fabbricare e spacciare le sue “superbanconote”.
Per un’economia praticamente in bancarotta come quella nordcoreana, senza un’industria portante e senza alcuna voglia di liberalizzare il mercato, l’idea di fabbricare soldi falsi appare semplicemente una specie di miracolo. Meglio se i soldi in questione sono quelli dell’arcinemico americano.
Il progetto da solo sembra di quelli strategici, di quelli che possono salvare o perdere il Nord Corea. Infatti a capo del progetto “superbanconote” c’è un fedelissimo del leader supremo Kim Jong-il, il generale O Kuk-ryol.
Occhiali scuri, ampia calvizie, una corazza di medaglie sul petto, O era uno dei capi dei servizi segreti militari e ha messo insieme un abile gruppo di falsari che sembra arrivato da una storia a fumetti, dalla trama di un film di 007 contro la fantomatica Spectre.
Per anni O e i suoi hanno selezionato inchiostri, colori e carta, hanno perfezionato le lastre e i modi incisione, con una pazienza e una dedizione che nessun gruppo di falsari al mondo potrebbe permettersi.
La fabbrica dei falsi sarebbe alla stamperia di marchi di Pyongsong, alla periferia di Pyongyang, e funzionerebbe con il coinvolgimento anche del figlio di O, Se-won, visto che in Nord Corea tutto è fatto in famiglia. Un altro parente di O, Lee Il-nam, faceva da corriere dei dollari falsi tra Pyongyang, Pechino e l’Etiopia.
Inoltre, il Nord Corea avrebbe creato aziende schermo per lo spaccio e il riciclaggio del denaro, in paradisi fiscali come le Isole Vergini, ma anche in Cina, Russia e Paesi del sud est asiatico.
Parte dei meccanismi di riciclaggio sarebbe anche il mini casinò aperto a Pyongyang con l’assistenza del barone della scommessa di Macao Stanley Ho. C’è un volo diretto Pyongayng-Macao una volta alla settimana.
Di certo le “superbanconote” nordcoreane sono leggendarie. Sono state ritrovate in relazione a sequestri di droga e di armi di terroristi negli ultimi decenni in mezzo mondo i cui proventi vanno in parte a finanziare il programma nazionale di armamenti in missile e bombe nucleari.
Al mercato nero costano oltre il doppio dei normali falsi e la loro qualità non ha smesso di migliorare negli anni. Oggi alcune macchine per identificare i falsi non riconoscono le superbanconote nordcoreane.
Tra il 2005 e il 2007 la trattativa fu estremamente complicate. Pyongyang voleva discutere dei soldi nell’ambito dei colloqui a sei, Washington diceva che era un problema che non riguardava la diplomazia.
Nei fatti, oggi la minaccia americana e sudcoreana di riaprire il capitolo dei falsi da solo rischia di mettere il cappio al collo alla fragile Nord Corea, che a sua volta minaccia di lanciare nei prossimi giorni un missile balistico verso le Hawaii.
Source: www.lastampa.it (http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplrubriche/giornalisti/grubrica.asp?ID_blog=98&ID_articolo=383&ID_sezione=180&sezione=) (06/06/2009) http://www.clodo.it/host/images/d6ca76cb92219ff3b423102505f4b0e84d496434.png (http://www.isleoftortuga.org/forum/index.php?showtopic=88748)
Ma lol, si sono ridotti a falsificare banconote di altri stati! :sbonk: :sbonk: