Fides Brasier
12-01-2009, 09:25
http://generazionep.blog.lastampa.it/generazione_p/2009/01/intervista-a-fe.html
INTERVISTA A FEDERICO MELLO
Riporto di seguito l’intervista che ho fatto a Federico Mello autore del sito www.generazioneblog.it e del libro – saggio di successo “L’Italia spiegata a mio nonno” pubblicato dalla casa editrice Mondadori www.mondadori.com
L’intervista affronta il tema del precariato giovanile impreziosendo questo spazio di un’ulteriore testimonianza e riflessioni su questo tema. Precariato che spesso in Italia viene “spacciato per flessibilità” e dove i precari svolgono un scomodo “ruolo di cuscinetto”, come afferma Federico Mello. Ma non vi anticipo altro e vi invito a leggere l’intervista sperando che possa soprattutto far riprendere la vista e l’udito di chi fino adesso e rimasto cieco e sordo di fronte a questo “cancro” che sta repentinamente sfigurando il tessuto economico e sociale del mio paese.
Che cosa pensi del precariato giovanile?
Tutto il male possibile. Il precariato è una truffa. Il nostro paese ha mille problemi: un’economia che annaspa ormai da anni, mancate riforme, uno stato che funziona poco e male. Se negli ultimi anni questo paese non è andato a carte quarantotto, è perché i precari hanno fatto da cuscinetto, i problemi del paese sono scaricati tutti su di loro, sul loro futuro perennemente rimandato. Il precariato in Italia è questo: una realtà sempre più difficile per i lavoratori più deboli, a favore della sopravvivenza dello status quo.
Pensi che un giovane possa progettare la propria vita pur in una condizione professionale di costante precarietà oppure tutto rischia di essere rimandato, per cosi dire di scivolare via?
E’ questo il problema di fondo: farsi una propria vita. È un problema delle singole persone, dei singoli lavoratori, ma è anche un problema sociale: c’è una fascia di persone che non ha pieni diritti sul lavoro e, di riflesso, non ha pieni diritti di cittadinanza. La gerontocrazia nel nostro paese, la mancanza di ricambio, la totale mancanza di un’alternativa alle attuali inadeguate classi dirigenti, dipende anche da questo.
Il precariato può frenare il talento e la creatività di un giovane ? oppure può essere uno stimolo a migliorarsi e a crescere?
Il precariato non frena il talento di certo. Il precariato è una modalità di contratto, tra lavoratore e datore di lavoro, tutto a favore di quest’ultimo. Altra cosa è la flessibilità, tipica di professionisti con alto valore contrattuale sul mercato. In Italia quella è che precarietà viene spacciata per flessibilità. Ma la verità è che il lavoratore atipico è solo: nulla fa lo stato per i precari, quelli che nell’ottica della flessibilità, avrebbero più bisogno d’aiuto.
In Italia si parla spesso di interventi a favore dell’occupazione giovanile, ma i giovani sono davvero il centro di interesse delle politiche pubbliche?
I giovani in Italia non sono rappresentati da nessuno. Non sono nei partiti, nei giornali, nei cda delle aziende, nella classe dirigente. Se ci sono è solo in quanto figli del potente di turno. Questo comporta che, nei fatti, dei giovani non interessa niente a nessuno. Politiche pubbliche per chi ha trentacinque anni, o meno, per la maternità, per l’affitto, per la salute, per la carriera, semplicemente non esistono.
Secondo te quale sarebbe per cosi dire la “ricetta ideale” per una flessibilità dal volto più umano?
Welfare welfare welfare. Servono sussidi di disoccupazione, aiuti sociali per i single e le famiglia, supporto per uscire di casa, per non dipendere dalla famiglia. E poi ci vorrebbe un cambiamento culturale nel nostro paese. Far funzionare il merito al posto delle parentele, il talento al posto del leccaculismo. Solo così potrebbe essere flessibilità. Ma per la classe dirigente tutto ciò è solo fumo negli occhi: per loro vorrebbe dire essere messi in discussione. Quindi, non aspettiamoci nulla dall’alto. Finchè giovani, precari e sfigati in generale, non si mettono in testa di reclamare seriamente futuro, sarà difficile che le cose cambino.
INTERVISTA A FEDERICO MELLO
Riporto di seguito l’intervista che ho fatto a Federico Mello autore del sito www.generazioneblog.it e del libro – saggio di successo “L’Italia spiegata a mio nonno” pubblicato dalla casa editrice Mondadori www.mondadori.com
L’intervista affronta il tema del precariato giovanile impreziosendo questo spazio di un’ulteriore testimonianza e riflessioni su questo tema. Precariato che spesso in Italia viene “spacciato per flessibilità” e dove i precari svolgono un scomodo “ruolo di cuscinetto”, come afferma Federico Mello. Ma non vi anticipo altro e vi invito a leggere l’intervista sperando che possa soprattutto far riprendere la vista e l’udito di chi fino adesso e rimasto cieco e sordo di fronte a questo “cancro” che sta repentinamente sfigurando il tessuto economico e sociale del mio paese.
Che cosa pensi del precariato giovanile?
Tutto il male possibile. Il precariato è una truffa. Il nostro paese ha mille problemi: un’economia che annaspa ormai da anni, mancate riforme, uno stato che funziona poco e male. Se negli ultimi anni questo paese non è andato a carte quarantotto, è perché i precari hanno fatto da cuscinetto, i problemi del paese sono scaricati tutti su di loro, sul loro futuro perennemente rimandato. Il precariato in Italia è questo: una realtà sempre più difficile per i lavoratori più deboli, a favore della sopravvivenza dello status quo.
Pensi che un giovane possa progettare la propria vita pur in una condizione professionale di costante precarietà oppure tutto rischia di essere rimandato, per cosi dire di scivolare via?
E’ questo il problema di fondo: farsi una propria vita. È un problema delle singole persone, dei singoli lavoratori, ma è anche un problema sociale: c’è una fascia di persone che non ha pieni diritti sul lavoro e, di riflesso, non ha pieni diritti di cittadinanza. La gerontocrazia nel nostro paese, la mancanza di ricambio, la totale mancanza di un’alternativa alle attuali inadeguate classi dirigenti, dipende anche da questo.
Il precariato può frenare il talento e la creatività di un giovane ? oppure può essere uno stimolo a migliorarsi e a crescere?
Il precariato non frena il talento di certo. Il precariato è una modalità di contratto, tra lavoratore e datore di lavoro, tutto a favore di quest’ultimo. Altra cosa è la flessibilità, tipica di professionisti con alto valore contrattuale sul mercato. In Italia quella è che precarietà viene spacciata per flessibilità. Ma la verità è che il lavoratore atipico è solo: nulla fa lo stato per i precari, quelli che nell’ottica della flessibilità, avrebbero più bisogno d’aiuto.
In Italia si parla spesso di interventi a favore dell’occupazione giovanile, ma i giovani sono davvero il centro di interesse delle politiche pubbliche?
I giovani in Italia non sono rappresentati da nessuno. Non sono nei partiti, nei giornali, nei cda delle aziende, nella classe dirigente. Se ci sono è solo in quanto figli del potente di turno. Questo comporta che, nei fatti, dei giovani non interessa niente a nessuno. Politiche pubbliche per chi ha trentacinque anni, o meno, per la maternità, per l’affitto, per la salute, per la carriera, semplicemente non esistono.
Secondo te quale sarebbe per cosi dire la “ricetta ideale” per una flessibilità dal volto più umano?
Welfare welfare welfare. Servono sussidi di disoccupazione, aiuti sociali per i single e le famiglia, supporto per uscire di casa, per non dipendere dalla famiglia. E poi ci vorrebbe un cambiamento culturale nel nostro paese. Far funzionare il merito al posto delle parentele, il talento al posto del leccaculismo. Solo così potrebbe essere flessibilità. Ma per la classe dirigente tutto ciò è solo fumo negli occhi: per loro vorrebbe dire essere messi in discussione. Quindi, non aspettiamoci nulla dall’alto. Finchè giovani, precari e sfigati in generale, non si mettono in testa di reclamare seriamente futuro, sarà difficile che le cose cambino.