dario2
18-03-2008, 16:51
Per richiesta par condicio apro il thread :asd: buon flame (ehm discussione :stordita: )
Se qualche tempo fa vi avevamo parlato del progetto di BMW che ha previsto l’inizio della produzione in Cina di alcuni modelli, ora sempre a riguardo del marchio tedesco ci troviamo a parlare di fatti ben più gravi.
BMW ha infatti operato un licenziamento di ben 8100 dipendenti, e se in un primo momento si credeva che il licenziamento della casa Bavarese riguardasse solamente il settore auto (cosi come affermato dalla rivista Francese Autos), nuove fonti dicono che una parte dei licenziamenti riguarderà anche il settore moto, questo nonostante il successo di vendite.
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Per la branchia Motorrad si parla solo del 3% del totale (quindi “solo” una sessantina di persone), ma questo nulla toglie alla questione. E che ovviamente è strettamente legata con la futura produzione delle G450X e G650X in Cina cosi come, probabilmente, altre monocilindriche di Bmw.
Ma la cosa non finisce qui, visto che la casa dell’elica ha già anche annunciato che nel caso l’Euro continuerà la sua marcia sopra al valore di 1,50$ continuerà con la sua riduzione del personale. Ringraziamo il nostro lettore papillon per la segnalazione.
BMW: in vista 8.000 licenziamenti
pubblicato: sabato 22 dicembre 2007 da Fabio Sciarra in: Varie BMW
Già in due occasioni ci siamo trovati a parlare della bassa redditività di BMW: a fine settembre in occasione di una conferenza stampa in cui si esponevano i piani di tagli per 6 miliardi di euro entro il 2012, (quando Credit Suisse, nella persona di un suo analista di punta lanciò il campanello d’allarme sui bassi profitti) e ad inizio novembre, quando alla pubblicazione del dato sul terzo trimestre 2007 (ma anche per le difficoltà nel pagamento dei dividendi agli azionisti) il titolo fece un tonfo in borsa perdendo circa il 5% in una sola giornata.
Oggi il Financial Times parla in anteprima delle contromisure della casa bavarese che, spinta dall’impellente necessità di avvicinare Daimler AG sul terreno della redditività, starebbe programmando un taglio di 8.000 posti di lavoro. I tagli inizieranno con l’anno nuovo e si concentreranno soprattutto sugli stabilimenti tedeschi, riguardando nella maggioranza dei casi i contratti full-time.
Il dato assume ancora più spessore se si considera che mai BMW era ricorsa ad una simile misura, e si spiega con la pressione che i grandi azionisti -prima fra tutti la famiglia Quandt, shareholder di riferimento- starebbero esercitando sul Gruppo. Il ramo auto produrrebbe un ritorno del solo 5,4%, quasi la metà del 9,5% che mette a segno Mercedes.
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Ma le grane per Monaco non sono tutte qui: in Germania si sta già riaccendendo l’annoso dibattito sull’opportunità e sul diritto delle grandi industrie di mandare a casa dall’oggi al domani migliaia di lavoratori solo per compiacere il volere di un gruppo di azionisti.
BMW ha tenuto a sottolineare come i licenziamenti saranno messi in atto solo dopo una consultazione con le parti sociali. Ernst Baumann, resposabile delle politiche del personale ha ribadito questo concetto nella giornata di venerdì.
Gli impianti di Spartanburg e quelli cinesi hanno poco da temere da tutta questa faccenda, anzi usciranno rafforzati in prospettiva, dato che è previsto che molti modelli della prossima generazione, precedentemente assemblati in Germania, verranno prodotti in USA e Cina. “E’ la globalizzazione -ha spiegato un membro del management- e noi dobbiamo portare la produzione vicina alla domanda”.
Il piano di BMW segue di due anni quello -molto simile- attuato da Mercedes-Benz per rispondere alla prima annata negativa in oltre dieci anni. Ogni appassionato di auto conosce bene la storica rivalità tra Mercedes e BMW, ma forse non sa che è uno dei duelli più sentiti e combattuti dell’intera industria mondiale.
Il ritrovato vigore finanziario di Mercedes, seguito alla cessione della disastrata Chrysler, ha contribuito parecchio al risentimento del management bavarese, e le parole di uno dei supervisory board member BMW ne sono la testimonianza più schietta:”Quando vediamo dove è Mercedes oggi ci chiediamo: perchè non possiamo stare lì anche noi?”
Crollo delle azioni BMW: i profitti continuano a non crescere
pubblicato: mercoledì 07 novembre 2007 da Fabio Sciarra in: Varie BMW
Non basta registrare buoni risultati nelle vendite per un costruttore d’auto, ed il caso BMW ne è forse la testimonianza più eloquente. Il campanello d’allarme era stato lanciato da Credit Suisse all’immediata vigilia della grossa conferenza stampa indetta dalla Casa a Monaco a fine settembre: in quell’occasione l’istituto di credito, nella persona di un suo autorevole analista, sottolineò gli scarsi ritorni sul capitale investito e i bassi profitti provenienti dalle vendite, che già da qualche anno mettono in difficoltà il marchio bavarese nel pagamento dei dividendi agli azionisti, problema che si sta trasformando in una vera spada di Damocle alla luce di quanto accaduto ieri.
Alla lettura del comunicato riguardante i profitti del terzo trimestre 2007, c’è stata infatti l’ennesima amara sorpresa: dopo il secco -4,3% del precedente trimestre, ancora una volta non sono stati raggiunti gli obiettivi, e molti risparmiatori hanno venduto le proprie quote, facendo scendere il titolo, nella sola giornata di ieri, di quasi il 5%.
Gli analisti attribuiscono questi allarmanti risultati finanziari alla “visione poco ambiziosa” dell’amministratore delegato Reithofer, nonostante questi abbia parlato proprio in settembre dell’obiettivo di vendere 1.800.000 BMW nel 2012. Il diretto interessato ha risposto alle critiche con un nuovo proclama, ancora più audace, per non dire velleitario: “Per quello che riguarda i volumi di vendita, non solo abbiamo l’obiettivo degli 1,8 milioni per il 2012, ma intendiamo raggiungere i 2 milioni nel 2020 e diventare i leader di ogni segmento in cui siamo presenti.”
Se qualche tempo fa vi avevamo parlato del progetto di BMW che ha previsto l’inizio della produzione in Cina di alcuni modelli, ora sempre a riguardo del marchio tedesco ci troviamo a parlare di fatti ben più gravi.
BMW ha infatti operato un licenziamento di ben 8100 dipendenti, e se in un primo momento si credeva che il licenziamento della casa Bavarese riguardasse solamente il settore auto (cosi come affermato dalla rivista Francese Autos), nuove fonti dicono che una parte dei licenziamenti riguarderà anche il settore moto, questo nonostante il successo di vendite.
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Per la branchia Motorrad si parla solo del 3% del totale (quindi “solo” una sessantina di persone), ma questo nulla toglie alla questione. E che ovviamente è strettamente legata con la futura produzione delle G450X e G650X in Cina cosi come, probabilmente, altre monocilindriche di Bmw.
Ma la cosa non finisce qui, visto che la casa dell’elica ha già anche annunciato che nel caso l’Euro continuerà la sua marcia sopra al valore di 1,50$ continuerà con la sua riduzione del personale. Ringraziamo il nostro lettore papillon per la segnalazione.
BMW: in vista 8.000 licenziamenti
pubblicato: sabato 22 dicembre 2007 da Fabio Sciarra in: Varie BMW
Già in due occasioni ci siamo trovati a parlare della bassa redditività di BMW: a fine settembre in occasione di una conferenza stampa in cui si esponevano i piani di tagli per 6 miliardi di euro entro il 2012, (quando Credit Suisse, nella persona di un suo analista di punta lanciò il campanello d’allarme sui bassi profitti) e ad inizio novembre, quando alla pubblicazione del dato sul terzo trimestre 2007 (ma anche per le difficoltà nel pagamento dei dividendi agli azionisti) il titolo fece un tonfo in borsa perdendo circa il 5% in una sola giornata.
Oggi il Financial Times parla in anteprima delle contromisure della casa bavarese che, spinta dall’impellente necessità di avvicinare Daimler AG sul terreno della redditività, starebbe programmando un taglio di 8.000 posti di lavoro. I tagli inizieranno con l’anno nuovo e si concentreranno soprattutto sugli stabilimenti tedeschi, riguardando nella maggioranza dei casi i contratti full-time.
Il dato assume ancora più spessore se si considera che mai BMW era ricorsa ad una simile misura, e si spiega con la pressione che i grandi azionisti -prima fra tutti la famiglia Quandt, shareholder di riferimento- starebbero esercitando sul Gruppo. Il ramo auto produrrebbe un ritorno del solo 5,4%, quasi la metà del 9,5% che mette a segno Mercedes.
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Ma le grane per Monaco non sono tutte qui: in Germania si sta già riaccendendo l’annoso dibattito sull’opportunità e sul diritto delle grandi industrie di mandare a casa dall’oggi al domani migliaia di lavoratori solo per compiacere il volere di un gruppo di azionisti.
BMW ha tenuto a sottolineare come i licenziamenti saranno messi in atto solo dopo una consultazione con le parti sociali. Ernst Baumann, resposabile delle politiche del personale ha ribadito questo concetto nella giornata di venerdì.
Gli impianti di Spartanburg e quelli cinesi hanno poco da temere da tutta questa faccenda, anzi usciranno rafforzati in prospettiva, dato che è previsto che molti modelli della prossima generazione, precedentemente assemblati in Germania, verranno prodotti in USA e Cina. “E’ la globalizzazione -ha spiegato un membro del management- e noi dobbiamo portare la produzione vicina alla domanda”.
Il piano di BMW segue di due anni quello -molto simile- attuato da Mercedes-Benz per rispondere alla prima annata negativa in oltre dieci anni. Ogni appassionato di auto conosce bene la storica rivalità tra Mercedes e BMW, ma forse non sa che è uno dei duelli più sentiti e combattuti dell’intera industria mondiale.
Il ritrovato vigore finanziario di Mercedes, seguito alla cessione della disastrata Chrysler, ha contribuito parecchio al risentimento del management bavarese, e le parole di uno dei supervisory board member BMW ne sono la testimonianza più schietta:”Quando vediamo dove è Mercedes oggi ci chiediamo: perchè non possiamo stare lì anche noi?”
Crollo delle azioni BMW: i profitti continuano a non crescere
pubblicato: mercoledì 07 novembre 2007 da Fabio Sciarra in: Varie BMW
Non basta registrare buoni risultati nelle vendite per un costruttore d’auto, ed il caso BMW ne è forse la testimonianza più eloquente. Il campanello d’allarme era stato lanciato da Credit Suisse all’immediata vigilia della grossa conferenza stampa indetta dalla Casa a Monaco a fine settembre: in quell’occasione l’istituto di credito, nella persona di un suo autorevole analista, sottolineò gli scarsi ritorni sul capitale investito e i bassi profitti provenienti dalle vendite, che già da qualche anno mettono in difficoltà il marchio bavarese nel pagamento dei dividendi agli azionisti, problema che si sta trasformando in una vera spada di Damocle alla luce di quanto accaduto ieri.
Alla lettura del comunicato riguardante i profitti del terzo trimestre 2007, c’è stata infatti l’ennesima amara sorpresa: dopo il secco -4,3% del precedente trimestre, ancora una volta non sono stati raggiunti gli obiettivi, e molti risparmiatori hanno venduto le proprie quote, facendo scendere il titolo, nella sola giornata di ieri, di quasi il 5%.
Gli analisti attribuiscono questi allarmanti risultati finanziari alla “visione poco ambiziosa” dell’amministratore delegato Reithofer, nonostante questi abbia parlato proprio in settembre dell’obiettivo di vendere 1.800.000 BMW nel 2012. Il diretto interessato ha risposto alle critiche con un nuovo proclama, ancora più audace, per non dire velleitario: “Per quello che riguarda i volumi di vendita, non solo abbiamo l’obiettivo degli 1,8 milioni per il 2012, ma intendiamo raggiungere i 2 milioni nel 2020 e diventare i leader di ogni segmento in cui siamo presenti.”