c.m.g
16-01-2008, 07:46
mercoledì 16 gennaio 2008
Roma - Che fine ha fatto il warez? Questo il dirompente interrogativo che si pongono i redattori del celeberrimo 2600: The Hacker Quarterly, secondo cui nella scena underground la passione è stata sostituita dal profitto, e i craccatori sono per la gran parte passati al "lato oscuro" del business a scrocco.
Il mondo del warez (http://punto-informatico.it/cerca.asp?s=tag%3Awarez&o=0&t=0&c=Cerca), temuto dall'industria del software come la peggiore minaccia alla vendita di prodotti originali e ben noto a quanti siano perennemente a caccia di "crack" e software sprotetti, sarebbe in realtà al tracollo a causa della perdita dello spirito originario, ovvero il cracking fatto per il puro piacere di farlo e per distribuire all'intera community il frutto del proprio operato.
A dirlo non sono esperti di sicurezza troppo sicuri di sé, reporter informatici in cerca di scoop o editor privi di fantasia. A dirlo come accennato è una delle più celebri pubblicazioni della scena hacker: 2600: The Hacker Quarterly (http://www.2600.com/).
"Il warez non è più quello di una volta" si afferma nel numero invernale (http://www.2600.com/news/view/article/8019) del magazine americano appena distribuito nelle edicole. La pubblicazione, accanto alla trattazione (http://store.2600.com/winter20072008.html) di argomenti quali le darknet (http://punto-informatico.it/cerca.asp?s=darknet&B=CERCA&t=4), mette in luce l'attuale struttura dei siti di accesso al materiale warez e ai codici "liberati" da protezioni e restrizioni alla copia, composta principalmente da amministratori di sistema e webmaster la cui unica passione è il denaro, e che non si fanno scrupolo di usare le donazioni degli utenti per il proprio tornaconto o per fare la bella vita.
"C'è troppa quantità e troppa poca qualità warez in circolazione in questi giorni" riporta (http://www.crunchgear.com/2008/01/14/latest-2600-magazine-asks-what-happened-to-the-warez-scene/) CrunchGear. 2600, nonostante sia esponente del movimento "Grey hat" che professa la neutralità dell'hacking rispetto a chi lo considera come una pratica di natura morale da usare per fare del bene (White hat) e a chi usa le proprie conoscenze "proibite" per motivazioni malvagie, personali o di mero profitto (Black hat), si lamenta del fatto che in sostanza oggi gli hacker siano diventati tutti, chi più chi meno, Black hat dal portafogli gonfi e dalla carriera piratesca dai rischi minimi.
La denuncia del magazine non svela, a conti fatti, uno stato di cose poi così nuovo: l'uscita di scena del collettivo della celebre crew internazionale DrinkOrDie (http://punto-informatico.it/cerca.asp?s=DrinkOrDie&o=0&t=0&c=Cerca), falcidiata a colpi di processi e condanne da scontare in prigione, non ha fatto altro che accelerare il già avviato processo di trasformazione del settore.
Da territorio inesplorato da attraversare con attenzione e procedendo a tentoni, il warez è diventato una vera e propria industria, in cui chi è disposto a pagare un modico prezzo può ottenere il tanto agognato software pirata e magari anche altro. È lo stesso processo degenerativo evolutivo che tra l'altro colpisce la scena dei virus writer (http://www.megalab.it/news.php?id=1948), in cui l'approccio amatoriale ha lasciato il posto al business dei trojan, worm e botnet che sferzano la moderna rete telematica con tempeste periodiche e oltremodo dannose per utenti e aziende.
Alfonso Maruccia
fonte: Punto Informatico (http://punto-informatico.it/p.aspx?i=2160660)
Roma - Che fine ha fatto il warez? Questo il dirompente interrogativo che si pongono i redattori del celeberrimo 2600: The Hacker Quarterly, secondo cui nella scena underground la passione è stata sostituita dal profitto, e i craccatori sono per la gran parte passati al "lato oscuro" del business a scrocco.
Il mondo del warez (http://punto-informatico.it/cerca.asp?s=tag%3Awarez&o=0&t=0&c=Cerca), temuto dall'industria del software come la peggiore minaccia alla vendita di prodotti originali e ben noto a quanti siano perennemente a caccia di "crack" e software sprotetti, sarebbe in realtà al tracollo a causa della perdita dello spirito originario, ovvero il cracking fatto per il puro piacere di farlo e per distribuire all'intera community il frutto del proprio operato.
A dirlo non sono esperti di sicurezza troppo sicuri di sé, reporter informatici in cerca di scoop o editor privi di fantasia. A dirlo come accennato è una delle più celebri pubblicazioni della scena hacker: 2600: The Hacker Quarterly (http://www.2600.com/).
"Il warez non è più quello di una volta" si afferma nel numero invernale (http://www.2600.com/news/view/article/8019) del magazine americano appena distribuito nelle edicole. La pubblicazione, accanto alla trattazione (http://store.2600.com/winter20072008.html) di argomenti quali le darknet (http://punto-informatico.it/cerca.asp?s=darknet&B=CERCA&t=4), mette in luce l'attuale struttura dei siti di accesso al materiale warez e ai codici "liberati" da protezioni e restrizioni alla copia, composta principalmente da amministratori di sistema e webmaster la cui unica passione è il denaro, e che non si fanno scrupolo di usare le donazioni degli utenti per il proprio tornaconto o per fare la bella vita.
"C'è troppa quantità e troppa poca qualità warez in circolazione in questi giorni" riporta (http://www.crunchgear.com/2008/01/14/latest-2600-magazine-asks-what-happened-to-the-warez-scene/) CrunchGear. 2600, nonostante sia esponente del movimento "Grey hat" che professa la neutralità dell'hacking rispetto a chi lo considera come una pratica di natura morale da usare per fare del bene (White hat) e a chi usa le proprie conoscenze "proibite" per motivazioni malvagie, personali o di mero profitto (Black hat), si lamenta del fatto che in sostanza oggi gli hacker siano diventati tutti, chi più chi meno, Black hat dal portafogli gonfi e dalla carriera piratesca dai rischi minimi.
La denuncia del magazine non svela, a conti fatti, uno stato di cose poi così nuovo: l'uscita di scena del collettivo della celebre crew internazionale DrinkOrDie (http://punto-informatico.it/cerca.asp?s=DrinkOrDie&o=0&t=0&c=Cerca), falcidiata a colpi di processi e condanne da scontare in prigione, non ha fatto altro che accelerare il già avviato processo di trasformazione del settore.
Da territorio inesplorato da attraversare con attenzione e procedendo a tentoni, il warez è diventato una vera e propria industria, in cui chi è disposto a pagare un modico prezzo può ottenere il tanto agognato software pirata e magari anche altro. È lo stesso processo degenerativo evolutivo che tra l'altro colpisce la scena dei virus writer (http://www.megalab.it/news.php?id=1948), in cui l'approccio amatoriale ha lasciato il posto al business dei trojan, worm e botnet che sferzano la moderna rete telematica con tempeste periodiche e oltremodo dannose per utenti e aziende.
Alfonso Maruccia
fonte: Punto Informatico (http://punto-informatico.it/p.aspx?i=2160660)