EarendilSI
17-07-2007, 22:41
Mario Draghi non ha fatto sconti al governo, a Prodi, tanto meno a Padoa Schioppa.
Non c’è alcun tesoretto da spendere, l’imposizione fiscale è esorbitante, la scelta di dare un’ulteriore accelerata alla spesa pubblica anziché abbassare le tasse è sbagliata, già nella prossima Finanziaria saranno necessari interventi correttivi per 11 miliardi, saranno i giovani a pagare a caro prezzo l’abolizione dello scalone e la controriforma previdenziale.
Per finire, l’annotazione che gli obiettivi di pareggio dei conti dello Stato sono rinviati al 2011, guarda caso “ultimo anno della legislatura”.
Il giudizio del governatore di Bankitalia sul Dpef del governo, pur espresso con il consueto understatement, è duro, tagliente, trasuda delusione per la mancanza di coraggio, è una sostanziale bocciatura degli equilibrismi politici che l’hanno partorito, delle giravolte contabili alle quali si è piegato il superministro dell’Economia. Il quale, nel commento (“Il ministro e la credibilità”) di uno dei più autorevoli economisti del Sole 24 Ore, Alberto Alesina, “dovrebbe trarne l’unica conclusione possibile: dimettersi”.
Tesoretto
Sorride il Governatore, dicono le cronache, pronunciando questa parola. “Il termine stesso è fuorviante. Con il debito che abbiamo, con un disavanzo strutturale al 3%, con gli oneri previdenziali implicati dalla demografia, non esiste un tesoretto da spendere”.
Un quotidiano si diverte a elencare il balletto di questo extragettito, da marzo a oggi: 26 miliardi nella Finanziaria, 10 miliardi per Ferrero, 5 per Padoa Schioppa, 6,1 ancora per Tps, per arrivare allo “0” disponibile di Draghi.
Pensioni
“Garantire la sostenibilità del sistema previdenziale deve essere il primo investimento dello Stato a favore dei giovani e delle generazioni future”.
Fa saltare i nervi a Rifondazione quando sollecita “scelte coraggiose in grado di innalzare l’età media di pensionamento” e, di fronte alle contestazioni, invita a chiedersi quante tasse quei giovani dovranno pagare “da qui ai prossimi 10 anni per finanziare il sistema così com’è”.
Tasse
La pressione fiscale è a livelli insostenibili, è passata dal 40,6 al 42,3% nell’ultimo anno e sarà al 42,8% secondo il Dpef. La ricetta sarebbe “meno spese, meno tasse”. Il governo sceglie la strada opposta.
Draghi, segnalando che sarà necessaria una manovra correttiva per almeno 11 miliardi e annotando la mancanza di coraggio di questo Dpef, non si fa alcuna illusione sulla possibilità di un calo degli appetiti del Fisco.
L’esempio della Germania, che sta riducendo drasticamente le tasse alle imprese, senza penalizzare il welfare né i conti pubblici, è avvilente per il ministro dell’Economia.
Dpef “elettorale”
Draghi non lo chiama espressamente così, ma è come se lo facesse quando sottolinea che “gli interventi correttivi necessari per il pareggio sono rinviati al triennio 2009-2011: in particolare, circa la metà è programmata per il 2011, ultimo anno della legislatura”.
Cioè a dire: spendete subito quel che non avete, lasciate in eredità agli altri i problemi. Almeno il governo Amato aveva approvato la sua Finanziaria elettorale, quella del celebre “buco”, a pochi mesi dalla chiamata alle urne.
Questo governo, sulla cui durata nessuno è pronto a scommettere una vecchia lira, al solo scopo di durare e recuperare consensi confeziona una bomba a orologeria di qui al 2011. Senonchè gli sta scoppiando in mano.
Non c’è alcun tesoretto da spendere, l’imposizione fiscale è esorbitante, la scelta di dare un’ulteriore accelerata alla spesa pubblica anziché abbassare le tasse è sbagliata, già nella prossima Finanziaria saranno necessari interventi correttivi per 11 miliardi, saranno i giovani a pagare a caro prezzo l’abolizione dello scalone e la controriforma previdenziale.
Per finire, l’annotazione che gli obiettivi di pareggio dei conti dello Stato sono rinviati al 2011, guarda caso “ultimo anno della legislatura”.
Il giudizio del governatore di Bankitalia sul Dpef del governo, pur espresso con il consueto understatement, è duro, tagliente, trasuda delusione per la mancanza di coraggio, è una sostanziale bocciatura degli equilibrismi politici che l’hanno partorito, delle giravolte contabili alle quali si è piegato il superministro dell’Economia. Il quale, nel commento (“Il ministro e la credibilità”) di uno dei più autorevoli economisti del Sole 24 Ore, Alberto Alesina, “dovrebbe trarne l’unica conclusione possibile: dimettersi”.
Tesoretto
Sorride il Governatore, dicono le cronache, pronunciando questa parola. “Il termine stesso è fuorviante. Con il debito che abbiamo, con un disavanzo strutturale al 3%, con gli oneri previdenziali implicati dalla demografia, non esiste un tesoretto da spendere”.
Un quotidiano si diverte a elencare il balletto di questo extragettito, da marzo a oggi: 26 miliardi nella Finanziaria, 10 miliardi per Ferrero, 5 per Padoa Schioppa, 6,1 ancora per Tps, per arrivare allo “0” disponibile di Draghi.
Pensioni
“Garantire la sostenibilità del sistema previdenziale deve essere il primo investimento dello Stato a favore dei giovani e delle generazioni future”.
Fa saltare i nervi a Rifondazione quando sollecita “scelte coraggiose in grado di innalzare l’età media di pensionamento” e, di fronte alle contestazioni, invita a chiedersi quante tasse quei giovani dovranno pagare “da qui ai prossimi 10 anni per finanziare il sistema così com’è”.
Tasse
La pressione fiscale è a livelli insostenibili, è passata dal 40,6 al 42,3% nell’ultimo anno e sarà al 42,8% secondo il Dpef. La ricetta sarebbe “meno spese, meno tasse”. Il governo sceglie la strada opposta.
Draghi, segnalando che sarà necessaria una manovra correttiva per almeno 11 miliardi e annotando la mancanza di coraggio di questo Dpef, non si fa alcuna illusione sulla possibilità di un calo degli appetiti del Fisco.
L’esempio della Germania, che sta riducendo drasticamente le tasse alle imprese, senza penalizzare il welfare né i conti pubblici, è avvilente per il ministro dell’Economia.
Dpef “elettorale”
Draghi non lo chiama espressamente così, ma è come se lo facesse quando sottolinea che “gli interventi correttivi necessari per il pareggio sono rinviati al triennio 2009-2011: in particolare, circa la metà è programmata per il 2011, ultimo anno della legislatura”.
Cioè a dire: spendete subito quel che non avete, lasciate in eredità agli altri i problemi. Almeno il governo Amato aveva approvato la sua Finanziaria elettorale, quella del celebre “buco”, a pochi mesi dalla chiamata alle urne.
Questo governo, sulla cui durata nessuno è pronto a scommettere una vecchia lira, al solo scopo di durare e recuperare consensi confeziona una bomba a orologeria di qui al 2011. Senonchè gli sta scoppiando in mano.