Dj Ruck
23-01-2007, 08:45
BESTIARIO
Dolce il sampietrino del maledetto 77
di Giampaolo Pansa
A sinistra c'è ancora chi flirta con gli irriducibili eredi di quel movimento che aggredì Luciano Lama all'università
Servono gli anniversari? Il trentennale del 1977 è servito a Lucia Annunziata per pubblicare da Einaudi un libro di memoria su quell'anno orrendo. S'intitola '1977. L'ultima foto di famiglia'. Quel che ho capito dall'anticipazione della 'Stampa', il giornale di Lucia, mi fa pensare che sia un lavoro senza reticenze, neppure sul conto dell'autrice. E sulla sua antica militanza in una sinistra che oggi non esiste più. Se non in un pulviscolo di piccoli gruppi, presenti un po' dovunque in Italia: cellule di esaltati, capaci di gesti prepotenti, per fortuna lontani mille miglia dalla geometrica potenza dei loro gemelli di un trentennio fa.
http://data.kataweb.it/kpm2eolx/field/foto/foto/1484069 In quel tempo Lucia non era più una ragazzina. Aveva 27 anni e lavorava al 'manifesto'. Il 17 febbraio stava all'università di Roma, nella truppa che aggredì Luciano Lama, andato all'ateneo per un comizio e cacciato dagli autonomi armati di spranghe e di sampietrini, i blocchetti di pietra usati per selciare le strade della capitale. E pure Lucia scagliò il suo bravo sampietrino contro l'odiato Lama. Oggi scrive: "Nell'aria volava di tutto, lanciai il mio, che fece un percorso breve e andò ad atterrare chissà dove". Cacciato Lama, Lucia tornò al 'manifesto'. Nella borsa a tracolla nascondeva un altro blocchetto, ne accarezzava il lato liscio, se lo coccolava: "Ero molto orgogliosa di quella pietra. Aveva avuto il coraggio di volare contro quelli del Pci". Cominciò a mostrarlo ai compagni. Poi intervenne Rossana Rossanda che, infastidita, le sibilò: "Mettilo via!".
Mi ha colpito questo feticismo per il sampietrino. E da vecchio scettico mi sono detto: grazie al cielo, non era una rivoltella, la magica P38. Poi quel passo di Lucia e la sua conclusione ("A me, di Luciano Lama, non fregava assolutamente nulla"), mi hanno spinto a cercare fra le mie carte il racconto che, dieci anni dopo, mi offrì il leader della Cgil. Ripercorrendo con me il tempo delle pietre e delle pistole, in più di un colloquio e poi in un mio libro-intervista pubblicato da Laterza: l'altra faccia della luna rispetto al libro di Lucia.
"Non parlarmi del Settantasette!", mi ripeteva Lama, con una smorfia di disgusto che scheggiava la sua bella faccia da eterno ragazzo, impetuoso e sereno. "Quello fu un anno miserabile, coperto di sangue". Il giovedì 17 febbraio lui era andato all'università per una manifestazione sindacale sulla riforma degli atenei e la disoccupazione giovanile. E lì venne accolto nel modo barbaro che sappiamo. Ma di quella giornata balorda non s'era pentito. A differenza di qualcuno del vertice Pci.
"All'università c'ero andato di mia iniziativa", mi raccontò Lama. "Però nessuno dentro la Cgil e il Pci mi aveva sconsigliato. Anzi, Enrico Berlinguer mi aveva detto di farlo, perché era preoccupato quanto me del disordine e della violenza che dilagavano nelle aule della Sapienza. Poi, quando successe tutto, i miei compagni un po' mi mollarono. Qualcuno mi accusò di aver compiuto un passo falso. Giancarlo Pajetta mi spiegò che m'ero mostrato incauto e che la mossa era stata avventata. Ho avvertito del gelo e mi ha fatto male. Berlinguer mi chiese com'erano andate le cose, mi ascoltò in silenzio, poi replicò: 'Va bene' e nient'altro. Enrico era un tipo schivo, talvolta freddo. Ma quando ti dava una prova d'affetto si capiva che era sincera. Quel giorno non mi diede niente".
A proposito del terrorismo che devastava l'Italia in quell'anno, Lama aggiunse: "Troppi nella Cgil e nel Pci pensavano che il movimento del 77 fosse più o meno simile a quello del 68. Ma non era così. Stava emergendo un grumo di disperazione, d'impotenza, di violenza fine a se stessa". Non vedere e non capire: la sinistra di allora celava dentro di sé questo virus micidiale, capace di stroncare dieci partiti. Con la testa stava ancora negli anni Quaranta. E pensava al fascismo. Alla fine del 1977, nel convocare a Torino una manifestazione per la morte di Carlo Casalegno, ucciso dalle Brigate rosse, la Cgil, la Cisl e la Uil scrivevano sui volantini che s'era trattato di 'terrorismo di stampo fascista'.
http://espresso.repubblica.it/dettaglio/Dolce-il-sampietrino-del-maledetto-77/1484047/1&ref=hpsp
articolo molto interessante, che dimostra, ancora una volta, che uomini e donne, che hanno militato in certi rami dell'estrema sinistra, siano in giro senza alcun ripensamento, e che siano addirittura in tv o al parlamento.
e come al solito, la sinistra, ha attribuito questo attentato al fascismo :doh:
bel modo di essere coerenti con la storia...anzi...di essere coerenti lo sono...
Dolce il sampietrino del maledetto 77
di Giampaolo Pansa
A sinistra c'è ancora chi flirta con gli irriducibili eredi di quel movimento che aggredì Luciano Lama all'università
Servono gli anniversari? Il trentennale del 1977 è servito a Lucia Annunziata per pubblicare da Einaudi un libro di memoria su quell'anno orrendo. S'intitola '1977. L'ultima foto di famiglia'. Quel che ho capito dall'anticipazione della 'Stampa', il giornale di Lucia, mi fa pensare che sia un lavoro senza reticenze, neppure sul conto dell'autrice. E sulla sua antica militanza in una sinistra che oggi non esiste più. Se non in un pulviscolo di piccoli gruppi, presenti un po' dovunque in Italia: cellule di esaltati, capaci di gesti prepotenti, per fortuna lontani mille miglia dalla geometrica potenza dei loro gemelli di un trentennio fa.
http://data.kataweb.it/kpm2eolx/field/foto/foto/1484069 In quel tempo Lucia non era più una ragazzina. Aveva 27 anni e lavorava al 'manifesto'. Il 17 febbraio stava all'università di Roma, nella truppa che aggredì Luciano Lama, andato all'ateneo per un comizio e cacciato dagli autonomi armati di spranghe e di sampietrini, i blocchetti di pietra usati per selciare le strade della capitale. E pure Lucia scagliò il suo bravo sampietrino contro l'odiato Lama. Oggi scrive: "Nell'aria volava di tutto, lanciai il mio, che fece un percorso breve e andò ad atterrare chissà dove". Cacciato Lama, Lucia tornò al 'manifesto'. Nella borsa a tracolla nascondeva un altro blocchetto, ne accarezzava il lato liscio, se lo coccolava: "Ero molto orgogliosa di quella pietra. Aveva avuto il coraggio di volare contro quelli del Pci". Cominciò a mostrarlo ai compagni. Poi intervenne Rossana Rossanda che, infastidita, le sibilò: "Mettilo via!".
Mi ha colpito questo feticismo per il sampietrino. E da vecchio scettico mi sono detto: grazie al cielo, non era una rivoltella, la magica P38. Poi quel passo di Lucia e la sua conclusione ("A me, di Luciano Lama, non fregava assolutamente nulla"), mi hanno spinto a cercare fra le mie carte il racconto che, dieci anni dopo, mi offrì il leader della Cgil. Ripercorrendo con me il tempo delle pietre e delle pistole, in più di un colloquio e poi in un mio libro-intervista pubblicato da Laterza: l'altra faccia della luna rispetto al libro di Lucia.
"Non parlarmi del Settantasette!", mi ripeteva Lama, con una smorfia di disgusto che scheggiava la sua bella faccia da eterno ragazzo, impetuoso e sereno. "Quello fu un anno miserabile, coperto di sangue". Il giovedì 17 febbraio lui era andato all'università per una manifestazione sindacale sulla riforma degli atenei e la disoccupazione giovanile. E lì venne accolto nel modo barbaro che sappiamo. Ma di quella giornata balorda non s'era pentito. A differenza di qualcuno del vertice Pci.
"All'università c'ero andato di mia iniziativa", mi raccontò Lama. "Però nessuno dentro la Cgil e il Pci mi aveva sconsigliato. Anzi, Enrico Berlinguer mi aveva detto di farlo, perché era preoccupato quanto me del disordine e della violenza che dilagavano nelle aule della Sapienza. Poi, quando successe tutto, i miei compagni un po' mi mollarono. Qualcuno mi accusò di aver compiuto un passo falso. Giancarlo Pajetta mi spiegò che m'ero mostrato incauto e che la mossa era stata avventata. Ho avvertito del gelo e mi ha fatto male. Berlinguer mi chiese com'erano andate le cose, mi ascoltò in silenzio, poi replicò: 'Va bene' e nient'altro. Enrico era un tipo schivo, talvolta freddo. Ma quando ti dava una prova d'affetto si capiva che era sincera. Quel giorno non mi diede niente".
A proposito del terrorismo che devastava l'Italia in quell'anno, Lama aggiunse: "Troppi nella Cgil e nel Pci pensavano che il movimento del 77 fosse più o meno simile a quello del 68. Ma non era così. Stava emergendo un grumo di disperazione, d'impotenza, di violenza fine a se stessa". Non vedere e non capire: la sinistra di allora celava dentro di sé questo virus micidiale, capace di stroncare dieci partiti. Con la testa stava ancora negli anni Quaranta. E pensava al fascismo. Alla fine del 1977, nel convocare a Torino una manifestazione per la morte di Carlo Casalegno, ucciso dalle Brigate rosse, la Cgil, la Cisl e la Uil scrivevano sui volantini che s'era trattato di 'terrorismo di stampo fascista'.
http://espresso.repubblica.it/dettaglio/Dolce-il-sampietrino-del-maledetto-77/1484047/1&ref=hpsp
articolo molto interessante, che dimostra, ancora una volta, che uomini e donne, che hanno militato in certi rami dell'estrema sinistra, siano in giro senza alcun ripensamento, e che siano addirittura in tv o al parlamento.
e come al solito, la sinistra, ha attribuito questo attentato al fascismo :doh:
bel modo di essere coerenti con la storia...anzi...di essere coerenti lo sono...