View Full Version : La ripresa perde colpi!
L'economia italiana, deludendo parzialmente le attese, ha mostrato un significativo rallentamento del Pil nel terzo trimestre 2006, dopo il sensibile recupero (+0,8% e +0,6% congiunturale, rivisti al rilazo) nella prima metà di quest'anno, in un contesto di moderata ripresa della produzione industriale, che sconta peraltro il freno della perdita di competitività e della domanda interna per consumi che continua a essere debole. E' quanto mettono in evidenza i più recenti dati congiunturali, a cominciare dalla stima preliminare del Pil per il terzo trimestre 2006, resa nota dall'Istat il 14 novembre, mentre i dati completi nel dettaglio delle loro componenti arriveranno il prossimo 7 dicembre. I valori destagionalizzati e corretti con il numero di giorni lavorativi indicano una crescita del Pil pari a +0,3% sul periodo precedente, che si conferma a +1,7% in termini annui; il dato tendenziale dei primi tre quarti del 2006 segna così un sostanziale progresso rispetto alla pressoché impercettibile dinamica dei singoli trimestri del 2005. I primi nove mesi di quest'anno si sono delineati, nel loro complesso, un periodo favorevole per la nostra economia, che sembra avere finalmente imboccato la strada della ripresa. L'attività produttiva è, infatti, uscita dalla lunga stagnazione che l'ha caratterizzata per ben un quinquennio, mostrando chiari spunti di risveglio. L'effetto di trascinamento dei primi tre trimestri sull'intero 2006 è, inoltre, rilevante ed è pari a +1,7%; esso rappresenta, in altre parole, la variazione che si otterrebbe nella media dell'anno se il livello del Pil restasse fermo nel quarto trimestre. Nei primi tre quarti del 2006 si registra, in particolare, un contributo moderatamente favorevole del commercio estero (esportazioni nette), ma anche la conferma del recupero della domanda interna, nonostante la persistente debolezza dei consumi; nello stesso tempo, si verifica un certo decumulo di scorte, che dovrebbe influenzare positivamente l'andamento della produzione industriale (e del Pil) nell'ultima parte dell'anno. Questa evoluzione dovrebbe portare a un aumento del Pil intorno all'1,7% (1,8% corretto per i giorni lavorativi) nella media del 2006.
Con la crescita zero del 2005, così come nel 2003 e a fronte dell'1,1% nel 2004, l'economia italiana ha fatto segnare il peggior risultato dal 1993 (-0,9%) e si è confermata il fanalino di coda dell'area euro, dove il Pil è invece aumentato dell'1,3% nel suo complesso. Se si tiene conto dei giorni lavorativi in meno (quattro) rispetto a un anno prima, la variazione è pari a +0,1%, ma resta pur sempre impercettibile. E' quanto hanno messo in evidenza i conti economici nazionali 2001-2005, resi noti dall'Istat il 1° marzo, nella periodica revisione generale realizzata secondo le regole dell'Unione europea, che ha visto il passaggio al nuovo sistema dei conti Sec 2000. La stima monetaria del Pil, in particolare, è stata rivalutata del 2,5-2,8% nel quinquennio, grazie al miglioramento dei metodi e delle fonti statistiche utilizzate; i servizi di intermediazione finanziaria indirettamente misurati (Sifim) sono stati, a loro volta, allocati nei settori utilizzatori finali, innalzando il livello dei consumi privati e pubblici, così come delle esportazioni e importazioni. Il ritocco in aumento del calcolo del Pil ha, inoltre, lievemente ridimensionato l'incidenza dei principali aggregati del bilancio pubblico (spese, pressione fiscale, debito), rendendo un po' meno pesanti i relativi parametri, a cominciare dal rapporto debito/Pil. Ma la tendenza al deterioramento degli ultimi anni non cambia, trattandosi di un recupero solo apparente.
Nello scenario di una buona tenuta della ripresa nell'economia internazionale, trainata dai paesi emergenti dell'Asia (Cina e India in testa), a cui si è di recente aggiunto il Giappone, ma con un minore contributo degli Stati Uniti, Eurolandia registra a sua volta qualche perdita di colpi: il Pil, nel terzo trimestre 2006, ha un po' rallentato la velocità di espansione, mettendo a segno lo 0,5% in termini congiunturali e il 2,6% in quelli tendenziali (+0,9% e +2,7% rispettivamente nel secondo trimestre). L'aumento medio annuo previsto per il 2006 è, inoltre, pari al 2,5-2,7% nel complesso dell'eurozona. Considerando, in particolare, i maggiori paesi, il quadro non è, tuttavia, privo di ombre: permangono i dubbi, infatti, sullo stato di salute italiano e francese; l'economia tedesca manifesta diffusi spunti di ripresa, anche se con una situazione in chiaroscuro, mentre le economie spagnola e britannica (quest'ultima fuori dall'eurozona) si presentano ben impostate. Il cambio più forte, per contro, da un lato può rallentare la dinamica dei prezzi in Europa, ma dall'altro crea problemi alla competitività delle imprese, frenando la crescita delle esportazioni.
La difficile evoluzione congiunturale della nostra economia è confermata dal risultato a consuntivo del 2005, che sconta l'effetto frenante nella prima parte dell'apprezzamento dell'euro sulla domanda estera, le continue impennate del petrolio e la sempre diffusa incertezza nella fiducia (e nei comportamenti di spesa) delle famiglie e delle imprese sul fronte interno. Nei dati complessivi dell'anno, la produzione industriale è stata caratterizzata da una perdurante fase di ristagno; e il suo andamento tendenzialmente stazionario trova riscontro nella mancata svolta ciclica favorevole, che ha interessato la maggioranza dei comparti manifatturieri. Segnali di difficoltà, sia pure episodici e intermittenti, sono arrivati inoltre dai settori dei servizi. Nei primi tre quarti del 2006, la domanda mondiale sempre vivace e il graduale rafforzamento di quella interna (investimenti) sono tornate a dare un certo vigore alla dinamica del Pil, bilanciando così l'influenza negativa del tasso di cambio. Prospettive più favorevoli per la congiuntura italiana sono delineate, infine, dagli indicatori anticipatori dell'attività economica - come quelli elaborati dall'Isae e dalla Banca d'Italia - che mostrano un profilo ciclico orientato a una moderata ripresa, dopo aver fatto segnare un significativo rialzo già nell'ultima parte del 2005.
Il quadriennio 2002-2005 si è svolto, in particolare, per l'economia italiana nel segno della più completa stagnazione: la crescita del Pil è stata di appena lo 0,3% medio annuo e per trovare un valore più basso occorre tornare a dieci anni prima (1993). Una performance così mediocre ha collocato il nostro paese nelle posizioni di coda nell'area dell'euro, cresciuta in media dell'1,3% nello stesso periodo (+0,9% nel 2002, +0,8% nel 2003, +2,0% nel 2004 e +1,3% nel 2005); solo la Germania (+0,5%) ha fatto meglio di poco dell'Italia. La fase di ristagno è da ricondurre a una serie di fattori negativi, dalla persistente debolezza della domanda interna alle difficoltà delle esportazioni per il rafforzamento del cambio e la crisi di competitività nei grandi mercati di sbocco. Nonostante il miglioramento rispetto agli ultimi anni, l'Italia continua ad avere performance non certo brillanti nei confronti dei principali partner europei. Il divario di crescita con il resto di Eurolandia rimane ampio anche nel 2006 e si conferma intorno al punto percentuale (che non è poco). Sull'onda della sensibile frenata della congiuntura internazionale, l'economia italiana - com'era, del resto, nelle attese - aveva fatto segnare già nel 2001 un netto rallentamento del suo ritmo di sviluppo. Dopo il buon risultato del primo trimestre, il Pil non aveva infatti registrato ulteriori aumenti nei successivi periodi, andando così a chiudere l'anno su un incremento medio dell'1,8% (dal 3,6% messo a segno nel 2000), ma solo grazie al trascinamento dell'ultimo quarto del 2000 e del trimestre iniziale del 2001. La battuta d'arresto è stata, soprattutto, l'effetto dello sfavorevole andamento dell'industria manifatturiera, mentre i servizi e le costruzioni hanno messo in evidenza una sostanziale tenuta, anche se con una dinamica in progressiva frenata.
Dal lato della domanda interna, la perdita di colpi della crescita ha risentito del ristagno dei consumi privati e della caduta degli investimenti. Per quanto concerne la spesa delle famiglie, hanno influito sia l'erosione del potere d'acquisto, indotta dal risveglio dell'inflazione nella prima metà del 2001 e successivamente dall'effetto changeover dell'euro, sia le negative conseguenze del crollo della fiducia. Sulla frenata degli investimenti si è fatto sentire, invece, l'effetto altalenante della recente legge di incentivazione fiscale (Tremonti bis), insieme all'incertezza sulle prospettive della domanda nel contesto di un rallentamento della congiuntura interazionale. Se la domanda estera netta ha fornito nel 2002-2003 e nel 2005 un contributo negativo alla crescita, anche su quella interna i problemi non sono, dunque, mancati: la compressione del reddito disponibile delle famiglie, con un potere d’acquisto in crescita zero tra moderazione salariale, inflazione sempre significativa ed elevata pressione fiscale, ha determinato un’evoluzione dei consumi privati che è proceduta con il freno tirato, rendendo così ancora deboli i sintomi di ripresa dell’economia. Questa crescita dal passo lento e incerto ha portato a un consuntivo di aumento del Pil per il periodo 2001-2005 pari ad appena lo 0,6% in media.
http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Speciali/osservatorio_economia_italiana/prodotto_interno_lordo/img/01.gif
Link! (http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Speciali/osservatorio_economia_italiana/prodotto_interno_lordo/prodotto_interno_lordo.shtml?uuid=966cd51c-7561-11d8-81c6-000e25108c01&DocRulesView=Libero)
Bene, avanti così! :)
Per quanto concerne la spesa delle famiglie, hanno influito sia l'erosione del potere d'acquisto, indotta dal risveglio dell'inflazione nella prima metà del 2001 e successivamente dall'effetto changeover dell'euro
e questo di chi é colpa :muro:
e questo di chi é colpa :muro:
BERLUSCONI! :O :read: :eek:
:stordita: :mbe: :boh: :what: :mc:
BERLUSCONI! :O :read: :eek:
:stordita: :mbe: :boh: :what: :mc:
scusa é che c'é scritto nel testo che hai quotato e ogni volta che ci penso :muro:
scusa é che c'é scritto nel testo che hai quotato e ogni volta che ci penso :muro:
Berlusconi ha tante colpe ma non credo proprio questa...
scusa é che c'é scritto nel testo che hai quotato e ogni volta che ci penso :muro:
Allora c'ho azzeccato! :yeah:
tdi150cv
15-11-2006, 16:54
e' tutta colpa del nostro Silvio ...
anche le nuove 60 tasse ... in realta' e' lòui che le suggerisce a Prodi !
:O
mauriz83
15-11-2006, 17:06
BERLUSCONI! :O :read: :eek:
:stordita: :mbe: :boh: :what: :mc:
esatto è colpa sua e del suo governo se non hanno saputo gestire e punire chi speculava sui prezzi.
Nel 2001 il PIL viaggiava al 1.7% nel 2005 si è chiuso secondo Confindustria e altri enti al 0.2% ... è chiaramente colpa di Prodi :O :O
esatto è colpa sua e del suo governo se non hanno saputo gestire e punire chi speculava sui prezzi.
LOL! Te pareva! Di questo passo fra 6 anni ci direte che è colpa di Berlusconi che non ha regalato decoder e biglietti dello stadio a tutti! :asd: :rotfl:
scusate nè...ma dov'è sta ripresa? :D :confused:
Quella che vi dice l'istat? :mbe:
sempreio
15-11-2006, 17:27
esatto è colpa sua e del suo governo se non hanno saputo gestire e punire chi speculava sui prezzi.
ma dai in tutta l' eurpa è successa la stessa cosa, il vero problema dell' europa è che nessuno vuole più rimetterla in careggiato i troppi sacrifici allo stato sociale o per meglio dire assistenziale scoraggia ogni governo
Agli altri non è successo lo stesso Spagna, Francia, Germania e UK sono cresciuti molto più di noi, il PIL Francese nel 2005 era all'1.5%, quello Spagnolo al 3%, il nostro è stato poco sopra lo 0.2%.
Guardiamo però che è successo negli ultimi due trimestri... il titolo dell'articolo del sole 24 ore riguarda proprio gli ultimi sei mesi: per il periodo precedente abbiam parlato anche troppo!
Penso che bisogni attendere il via libera alla finanziaria e verificare a fine 2007 com'è il PIL per vedere cosa combina sto governo :)
Penso che bisogni attendere il via libera alla finanziaria e verificare a fine 2007 com'è il PIL per vedere cosa combina sto governo :)
Ah... allora è ancora colpa di Silvio! :cry:
Però... che non mi veniate a dire che, se nell'ultimo trimestre centriamo un +qualcosadibuono, è merito di Prodi allora! :read:
tdi150cv
15-11-2006, 18:00
esatto è colpa sua e del suo governo se non hanno saputo gestire e punire chi speculava sui prezzi.
ci mancherebbe ... fu proprio Silvio a gestire l'euro in maniera SCANDALOSA ...
E il ripetersi degli scandali ... oggi 2006 ... ne e' la riprova ...
:O
DonaldDuck
15-11-2006, 18:08
esatto è colpa sua e del suo governo se non hanno saputo gestire e punire chi speculava sui prezzi.
A si? E perchè l'euro è stato negoziato al cambio 1.936,27 lire?
http://www.ilgiulivo.com/blog/?page_id=13
Le incredibili leggerezze delle “illuminate” sinistre-Ulivo
La truffa dell’euro a 1936 lire ha dimezzato stipendi e pensioni: per gli italiani, tranne per Prodi, il cambio giusto era a 1000 lire.
di Gaetano Saglimbeni
Continuano a sparare ad alzo zero, i pifferai della grancassa propagandistica delle sinistre-Ulivo, contro il governo Berlusconi ed i commercianti che non avrebbero fatto nulla per impedire il dissennato aumento dei prezzi in coincidenza con il passaggio dalla lira all’euro. E la cosa strana è che delle due grandi associazioni dei commercianti, una di centrodestra (la Confcommercio, guidata da Sergio Billè) e l’altra delle sinistre (la Confesercenti, guidata da Marco Venturi), quella che si tira addosso gli strali dei super-critici di sinistra è la Confcommercio di centrodestra: l’altra non viene mai chiamata in causa, come se al momento del cambio della moneta si fosse trovata ad operare, che so, sulla Luna o su Marte, anziché sul pianeta Terra. Per il Tg3 ed i giornali votati più all’indottrinamento del popolo che ad una seria informazione, sono queste le regole della obiettività.
Non è mio compito indottrinare o difendere alcuno. Sull’aumento non sempre giustificato dei prezzi ho espresso anch’io le mie critiche, con molta serenità e severità, all’indirizzo sia degli uomini di governo che avevano competenza specifica in questo campo sia delle associazioni di categoria (senza far differenza tra Confcommercio di centrodestra e Confesercenti di sinistra). Ma il compito del giornalista non è soltanto di criticare quello che non va: deve pure spiegarlo perché certe cose non vanno, senza infingimenti o strizzatine d’occhio alla propaganda in favore di questa o quella parte politica.
Nel caso in ispecie, penso sia doveroso spiegare bene alla gente, giustamente esasperata, quello che è accaduto. Ma non soltanto quello che abbiamo visto e toccato con mano tutti al momento dell’entrata in vigore dell’euro: soprattutto, quello che era accaduto prima, quando erano stati decisi i cambi ufficiali della moneta unica con quelle dei Paesi aderenti alla Unione europea. Ed è proprio su questo punto, di assoluta rilevanza, che i pifferai dell’indottrinamento politico hanno sorprendentemente smesso di suonare: per non mettere in imbarazzo i leader della “illuminata” sinistra italiana, chiaramente.
Sì, perché a provocare tanti guai all’Italia, come ormai tutti sappiamo e soltanto Prodi ed i suoi amici fingono di non sapere, non sono stati tanto o soltanto i prezzi cresciuti in maniera indiscriminata (per colpa di Billè, del governo o di altri), quanto e soprattutto il disastroso cambio dell’euro che l’Unione europea ha imposto all’Italia ed i nostri dirigenti hanno con molta leggerezza e superficialità (c’è chi parla di irresponsabilità) accettato.
Economisti seri (e naturalmente inascoltati dai “padreterni” della politica e della economia che sedevano a Palazzo Chigi e dintorni) hanno sostenuto a suo tempo e sostengono ancora oggi (nel silenzio assoluto dei giornali di parte) che il cambio “giusto, realistico ed onesto” per l’Italia non era, non poteva e non doveva essere di “un euro contro 1936,27 lire”, come imponeva l’Unione europea dominata allora da Germania e Francia, ma di “un euro contro 1000 lire”, e cioè il cambio che sarà poi stabilito dal mercato (sempre giudice supremo, in questi casi). Legittimo a me pare il sospetto che i vertici europei, con un cambio che si prospettava sin da allora “disastroso per l’economia italiana”, intendessero favorire in qualche modo gli interessi dei due nostri grandi concorrenti d’oltralpe.
E’ arrivato il disastro per l’Italia, purtroppo, prima ancora che i prezzi schizzassero verso l’alto. Chi percepiva uno stipendio o pensione di 2 milioni di lire al mese, avrebbe dovuto percepire, per essere in regola con un cambio “giusto, realistico ed onesto”, quasi 2000 euro, e ne ha avuti invece soltanto 1000, esattamente la metà. Un colpo durissimo, che ha messo in ginocchio, dall’oggi al domani, milioni di famiglie e fatto crollare d’un colpo (era inevitabile) l’economia italiana.
Tutti contro Berlusconi ed il suo governo, naturalmente, politici e pifferai delle sinistre-Ulivo. “E’ lui, il pluri-miliardario di Arcore, il vero e unico responsabile”, tuonava il prof. Prodi dalla sua poltrona di presidente della Commissione europea da 55 milioni delle vecchie lire al mese (per la quale, è il caso di ricordarlo, era stato indicato dal D’Alema che gli aveva sottratto la poltronissima di presidente del Consiglio dopo la “pugnalata” di Bertinotti). Ed aveva certamente buon gioco, il professore, nella drammatica situazione in cui l’Italia era crollata d’un colpo, strumentalizzata dalle mistificazioni di una stampa fin troppo compiacente. Nessuno che accennasse alle vere cause di quel disastro. Colpe e responsabilità erano (dovevano essere, perché così avevano deciso Prodi ed i suoi amici) di Berlusconi, e soltanto sue, come se mezzo stipendio e mezza pensione li avesse tolti lui, dall’oggi al domani, alle famiglie italiane, non i manovratori dell’euro-truffa.
Che cosa è successo, nella realtà? E’ successo che gli “illuminati” ministri delle sinistre di casa nostra, rimasti “orfani” del Prodi cacciato da Palazzo Chigi e passato poi alla presidenza della Commissione europea, anziché fare la voce grossa contro i vertici europei e dunque anche contro il loro ex presidente del Consiglio (come hanno fatto Germania, Francia ed altri Paesi dell’Unione per cercare di ottenere cambi più favorevoli e soprattutto realistici), hanno accettato senza fiatare le imposizioni di Bruxelles, ignorando i preziosissimi suggerimenti di autorevoli economisti non di parte, ed il patatrac è stato inevitabile.
Certo, le speculazioni sui prezzi ci sono state (e ci sono ancora, purtroppo). Ma è fin troppo chiaro che, senza quella “rapina” di metà stipendio o pensione, anche l’aumento dei prezzi sarebbe stato accettato dalle famiglie italiane: non dico senza affanni, ma certamente con minori preoccupazioni. Una cosa è affrontare le spese di un mese con 2000 euro in tasca ed altra cosa (mi pare una ovvietà del Catalano di “Quelli della notte”) con soli 1000 euro. Più che comprensibile, dunque, la esasperazione della gente, di fronte ad una situazione così spaventosa e drammatica.
Qualche esempio può far capire meglio, ai pifferai della falsa informazione, come stanno realmente le cose. Le 600 mila lire che un impiegato statale tirava fuori per comprare un vestito, prima dell’avvento dell’euro, rappresentavano all’incirca un terzo dello stipendio; mentre oggi, per comprare con l’euro lo stesso vestito, deve consegnare al venditore non meno di due terzi dello stipendio. Le proporzioni sono queste, purtroppo. La pizza costava 7 mila lire quando l’impiegato statale incassava 2 milioni di lire al mese; ed oggi costa 7 euro, quasi 14 mila delle vecchie lire, a chi incassa solo 1000 euro, e cioè la metà di quello che incassava allora. Così per il latte, il pane, la carne, la frutta, il biglietto del cinema o del tram: un euro, sul mercato, equivale a 1000 lire, non alle 1936,27 lire del cambio truffaldino che l’Unione europea ci ha imposto. Più disastro di così?
Continuano a dirci, i signori delle sinistre, che “i prezzi alti ci hanno divorato e divorano stipendi e pensione degli italiani”. Ma sono i prezzi alti a divorarli o l’euro-truffa imposto al nostro Paese dalle dissennate decisioni dell’Unione europea ed accettato con tanta superficialità dai nostri governanti di allora? Dobbiamo dirlo con estrema chiarezza, amici lettori: il disastro, più che dalla crescita a dismisura dei prezzi, è stato provocato dalla scandalosa “rapina” che è stata perpetrata ai nostri danni, nella assoluta indifferenza dei grandi economisti delle sinistre-Ulivo che sedevano al governo.
E di queste cose dovrebbero scrivere i giornali italiani: spiegar bene a milioni di famiglie come sono andate le cose, non cercare capri espiatori per mascherare negligenze e responsabilità. Dov’erano i Bertinotti, Fassino, Diliberto, D’Alema, Rutelli, Pecoraro Scanio, grandi alleati di ieri e di oggi del professore, quando il super-carrozzone europeo imponeva all’Italia quel dissennato e vergognoso cambio-capestro? Nessuno che si preoccupasse delle povera gente, nel governo delle sinistre-Ulivo: delle pensioni e degli stipendi che, con quel rovinoso cambio euro-lira, si sarebbero drammaticamente dimezzati. Possibile che nessuno, con tanti illustri economisti al governo, fosse in grado di capire che si andava incontro al disastro? Che, scomparendo dall’oggi al domani nelle famiglie italiane metà degli stipendi e pensioni. i consumi si sarebbero ridotti al lumicino, le aziende sarebbero state costrette a ridurre la produzione e il prodotto interno lordo sarebbe crollato? Era un disastro annunciato, quello che si profilava, e non soltanto per il povero lavoratore.
Paghiamo tutti, purtroppo, per colpa di chi avrebbe dovuto far valere le ragioni italiane e non l’ha fatto. Per leggerezza, negligenza, incapacità o altro, non sta a noi dirlo. Perché il presidente Ciampi, sempre premuroso e partecipe delle ansie dei cittadini, non lo spiega come sono andate realmente le cose? Lui era ministro del Tesoro, con Prodi presidente del Consiglio. E dovrebbe saperlo chi è stato ad infiocchettare quel bellissimo “pacco-truffa” destinato all’Italia.
Abbiamo sentito il professore ripetere più volte che si sente “particolarmente orgoglioso di averci portato in Europa, di averci regalato l’euro, di averci salvato con l’euro”. Ce lo dica, il presidente Ciampi, se dobbiamo essere grati o no, al suo grande amico Prodi, per quello che ha fatto. Gli italiani sanno per adesso una cosa sola: che con l’euro le loro pensioni e i loro stipendi si sono ridotti della metà e nessuno, purtroppo, sarà mai in grado di restituir loro quello che hanno perduto. In omaggio a chi ed a che cosa, questo incredibile sacrificio di un popolo che sacrifici ne ha fatti tanti e molto spesso per nulla, i pifferai della grancassa propagandistica delle sinistre non ce l’hanno ancora spiegato.
Gaetano Saglimbeni
sempreio
15-11-2006, 18:24
A si? E perchè l'euro è stato negoziato al cambio 1.936,27 lire?
http://www.ilgiulivo.com/blog/?page_id=13
scusa tanto ma quello che ha scritto quest' articolo è un ignorante assoluto! se il cambio fosse realmente stato a mille come dice lui saremo andati in bancarotta dopo domani, visto che nessuno avrebbe mai comprato i nostri prodotti, casomai il cambio si doveva fare 3000-4000lire
mauriz83
15-11-2006, 18:30
ancora con sto euro=1000 lire?non si può mica decidere arbitrariamente il cambio,il cambio si fa rispetto alle monete che circolavano in europa all'epoca,c'era il franco e c'era il marco,la lira è stata prima confrontata con quelle due monete e poi è stato deciso il cambio con l'euro,non è che uno si alza la mattina è dice : ohibò facciamo l'euro=1000 lire,chissenefrega di quanto vale il marco e il franco.
Meglio se restavamo alla lira eh?aivoglia a pagare dazi doganali e cambi sfavorevoli dopo.
Pur comprendendo il gioco a cui stanno giocando le banche per guadagnare sempre più soldi mettendo in crisi la gente,i veri colpevoli sono quelli che hanno speculato sui prezzi.
Primo,si potevano tenere i doppi prezzi ancora per molto altro tempo,secondo,nessuno si è preoccupato di vigilare sugli speculatori,non mi dite che è bugia perchè è accaduto proprio questo così come il governo che arrotondava sempre più in alto le imposte,bolli e quant'altro.Era così difficile multare chi alzava ingiustificatamente i prezzi?
Mio suocero,dentista,mi raccontava come un prodotto che loro comprano(comprano solo da una azienda del nord perchè al sud sono degli imbecilli) abitualmente,il mese prima stava 40 milalire,il mese dopo 40 euro,nessuno poteva fare niente nè denunciarli?Perchè?Libero mercato. :mc:
DonaldDuck
15-11-2006, 18:45
scusa tanto ma quello che ha scritto quest' articolo è un ignorante assoluto! se il cambio fosse realmente stato a mille come dice lui saremo andati in bancarotta dopo domani, visto che nessuno avrebbe mai comprato i nostri prodotti, casomai il cambio si doveva fare 3000-4000lire
Questo è stato il ragionamento di Prodi, con tutte le conseguenze sul mercato interno.
DonaldDuck
15-11-2006, 18:59
ancora con sto euro=1000 lire?non si può mica decidere arbitrariamente il cambio,il cambio si fa rispetto alle monete che circolavano in europa all'epoca,c'era il franco e c'era il marco,la lira è stata prima confrontata con quelle due monete e poi è stato deciso il cambio con l'euro,non è che uno si alza la mattina è dice : ohibò facciamo l'euro=1000 lire,chissenefrega di quanto vale il marco e il franco.
Infatti c'è stata la contrattazione dei cambi.
dantes76
15-11-2006, 19:08
A si? E perchè l'euro è stato negoziato al cambio 1.936,27 lire?
http://www.ilgiulivo.com/blog/?page_id=13
http://www.antoniodecurtis.com/4b.jpg
Qualche verità sul cambio lira-euro
1. Chi predica che il prezzo di 1 Euro avrebbe dovuto essere fissato a 1500 lire dimentica che ciò avrebbe comportato una rivalutazione della lira di proporzioni insostenibili. Pur assumendo che partners commerciali importanti come Germania e Francia avessero fissato lo stesso cambio ora in vigore, le nostre esportazioni verso quei mercati sarebbero crollate in modo vertiginoso. E’ quasi superfluo aggiungere che cosa questo avrebbe comportato per la già comunque asfittica dinamica del Pil italiano.
2. Si aggiunga, che dopo la svalutazione della Lira del 1992, e l’uscita dallo SME, entrare nella moneta unica era già stato un mezzo miracolo per l’Italia. Si dimentica spesso che uno dei requisiti per l’ingresso nell’Euro era che il cambio della valuta (rispetto al paniere di riferimento europeo denominato Ecu) fosse rimasto, negli ultimi due anni precedenti l’ingresso, stabile entro le bande di fluttuazione previste dallo SME (e riviste dopo il reingresso della lira per riflettere la svalutazione del 1992). Perciò la lira arrivava alla prova di Maastricht con una parità di riferimento sancita dai mercati, ed è questa che è valsa per la fissazione della parità con l’euro. Fissare una parità largamente diversa avrebbe comportato una fortissima pressione all’ apprezzamento delle nostre ragioni di scambio verso i partners commerciali.
3. In generale, però, sfugge quale sia il legame tra parità iniziale euro-lira e dinamica dell’inflazione in Italia nella fase post-euro. La confusione del dibattito corrente dimentica una serie di fatti sull’inflazione italiana. Vale la pena chiarirli:
(i) Tipicamente si tende a confondere aumenti una tantum del livello dei prezzi con aumenti generalizzati dell’inflazione, cioè del loro tasso di crescita. Per chiarire, supponiamo che il livello dei prezzi sia stabile e pari a 100 prima dell’euro. In tal caso l’inflazione è zero. Se a cavallo del changeover il livello dei prezzi sale a 102 e poi rimane stabile, l’inflazione ha solo una fiammata temporanea del due per cento, e poi torna a zero, come prima. Non a caso, in Italia, l’Istat ha più volte ripetuto che l’inflazione è rimasta abbastanza stabile dopo il Gennaio 2002.
(ii) Analizzando meglio le statistiche si scopre che l’aumento dei prezzi in Italia si è osservato soprattutto in alcuni settori (i servizi) e molto poco in altri (computer e software, per esempio, in cui i prezzi sono persino diminuiti). Tra i piccoli servizi spiccano i ristoranti, per i quali certamente la percezione della gente non sbaglia. In Italia, rincari si sono avuti anche in servizi di tipo più tradizionale, come le lavanderie e i piccoli alimentari, e soprattutto nelle aree geografiche con meno concorrenza.
(iii) Tutto ciò si spiega solo per la volontà speculativa di molti commercianti? In realtà le spiegazioni esistono. Le attività sopra citate si distinguono per tre caratteristiche. Primo, hanno cosiddetti menu costs. Cambiare la denominazione dei prezzi nei menu dei ristoranti è un costo fisso. Se un ristorante pensava già da qualche mese prima del Gennaio 2002 di aumentare i prezzi, avrà probabilmente atteso la data del changeover per farlo. Secondo, lavanderie e ristoranti usano molto di più il denaro liquido rispetto ad altri esercizi. Perciò, con il passaggio all’Euro, hanno fronteggiato costi di transazione più alti rispetto a settori che usano principalmente le transazioni elettroniche. Terzo, lavanderie e ristoranti basano molto la loro attività su relazioni personali e stabili con la clientela. Perciò, variazioni troppo frequenti dei prezzi sono mal percepite e soprattutto facilmente individuate dalla clientela affezionata. Il passaggio all’Euro ha funzionato così da “scusa” per giustificare gli aumenti agli occhi dei clienti più frequenti. Ma si tratta di aumenti che probabilmente volevano essere introdotti da tempo. Per chiarirci, la stessa cosa sarebbe avvenuta se si fosse chiesto a tutte le lavanderie in Italia di riportare il nome di ogni capo in inglese invece che in italiano. In quel caso avremmo dovuto considerare l’ ”Inglese” responsabile del maggior costo della vita?
I rialzi dei prezzi si sono quindi osservati principalmente in alcuni servizi poco (o per nulla) esposti alla concorrenza internazionale e legati ad un contatto diretto e quotidiano con la clientela. Prendiamo una lavanderia: se il cambio euro lira fosse stato fissato a 1500 lire, e quindi il costo in euro di importare dalla Germania fosse stato più basso, quanto di questo avrebbe inciso sulla dinamica dei costi della lavanderia stessa? Presumo molto poco.
http://www.lavoce.info/news/view.php?SEARCH=euro+cambio&AUTHOR=&DATE=all&RECORD_PAGE=20&ACTION=search&BUTTON=T+r+o+v+a&id=3&cms_pk=2053&from=index&id=3&cms_pk=2053&n_page=3
26-04-2006
Perché non diremo addio all' euro
Tito Boeri
Riccardo Faini
L’Italia è condannata a uscire dall’ euro? Lo suggeriscono due scenari proposti dal Financial Times. Nel primo, delineato da Wolfgang Munchau il 17 aprile, un governo italiano populista decide unilateralmente di abbandonare l’ euro. Nel secondo scenario, dipinto nella Lex Column del 20 aprile, sono i mercati a costringere l’Italia a uscire dalla moneta unica. Meritano una risposta. Lo facciamo qui e, speriamo, presto anche sulle colonne del Financial Times. La probabilità che uno di questi scenari si realizzi e' molto, molto bassa, sia nel medio che nel lungo periodo.
L’opzione che non c’è
Innanzitutto, l’opzione di un semplice abbandono dell’ euro non esiste. Non è stata concordata con l’Italia nessuna clausola in proposito, ma anche se una simile deroga potesse essere negoziata, i nostri principali partner commerciali – Germania, Francia e Spagna – non ci permetterebbero mai di rimanere nell’Unione europea e allo stesso tempo di perseguire una politica di “svalutazioni competitive”. E nessun governo italiano, neanche il più populista, potrebbe prendere in considerazione l’idea di abbandonare del tutto l’Unione europea, per le conseguenze devastanti che ciò avrebbe sull’economia italiana: i populisti possono essere stupidi, ma aspirano a essere rieletti.
È invece possibile che i mercati possano costringere un Governo italiano ad abbandonare l’ euro, come sostiene la Lex Column? Può accadere se i mercati si convincono che le condizioni di finanza pubblica dell’Italia non sono sostenibili e si profila il pericolo di un ripudio del debito. In effetti la combinazione di debito in aumento, economia piatta e tassi di cambio fissi puo' evocare ad osservatori esteri preoccupanti paralleli con l’Argentina. Ma si tratta di situazioni molto diverse tra di loro.
È vero che il debito italiano è in crescita – per la prima volta dal 1994 – e che questo può aver provocato qualche brivido tra i nostri partner europei o finanziari. Tuttavia, i correttivi necessari per tornare a ridurre il debito sono relativamente contenuti. Anche se il tasso nominale medio di crescita è stato del 3 per cento (il che significa crescita reale al di sotto del potenziale) e il costo medio del debito è salito del 5 per cento, un avanzo primario del 2 per cento sarebbe sufficiente per stabilizzare il rapporto debito/Pil. Aggiustando per il ciclo, ma escludendo le manovre una tantum, l’avanzo primario nel 2005 è stato dell’1 per cento. Perché il debito torni a calare è dunque sufficiente un piccolo aggiustamento. Se il Governo della IV legislatura non avesse sperperato il surplus ereditato dalla legislatura precedente (3,2 per cento), l’Italia non si troverebbe ad affrontare questo problema.
La consapevolezza del declino
Altrettanto rassicurante è il fatto che per ridare forza a competitività e crescita non si deve necessariamente passare per una svalutazione. L' euro ha solo messo a nudo una tendenza di lungo periodo alla perdita di competitivita' del nostro paese. L’export italiano ha perso quote di mercato sia negli anni in cui l’ euro si deprezzava verso il dollaro sia quando l’ euro si è rafforzato.
Il programma della coalizione che ha vinto le elezioni mostra consapevolezza del fatto che la competitività dell’Italia è indebolita da profondi e antichi problemi strutturali, che si possono risolvere solo attraverso una politica di liberalizzazione dei mercati e riforme strutturali. E prevede anche misure, come il taglio del cuneo fiscale, per rilanciare la competitività delle esportazioni italiane immediatamente, in attesa che gli effetti delle riforme strutturali si facciano sentire sulla produttività.
Certo, la risicata maggioranza di cui disporrà il Governo Prodi, potrebbe rendere tutto più difficile. Ma chi sostiene questa tesi, dimentica che strette fiscali e importanti riforme strutturali sono state avviate proprio in periodi di turbolenza politica, nel 1992-93 prima e nel 1995-97 poi. Ancora più importante, la coalizione uscita vincente dalle urne ha già pagato un pesante prezzo in termini di consenso elettorale per il suo esplicito impegno ad alzare le tasse, se ciò dovesse essere necessario dalla condizione di finanza pubblica.
E nel lungo periodo? I pessimisti potrebbero controbattere che l’Italia ha problemi di invecchiamento molto più acuti rispetto alla maggior parte degli altri paesi, eccetto forse il Giappone. Hanno ragione, ma non dovrebbero dimenticare che le riforme previdenziali realizzate in Italia sono molto più lungimiranti di quelle della media dei paesi dell’Unione europea. Come è ben documentato dall’Ecofin, per il 2050 l’aumento di spesa pubblica dovuto all’invecchiamento è stimato per l’Italia intorno allo 0,5 per cento del Pil contro un oltre 4 per cento degli altri paesi dell’ eurozona. Le pensioni sono in Italia un problema di medio periodo, legato al processo di avvicinamento, certo troppo lento, al sistema sostenibile introdotto dalla riforma previdenziale del 1996. Nel lungo periodo, l’Italia ha minori problemi di sostenibilità dei conti pubblici.
Ciò non toglie che restano enormi le sfide che l’Italia deve affrontare. Ci sono alcuni segnali incoraggianti sul versante della ristrutturazione industriale, dove è in atto un processo di “distruzione creativa”.
Il rischio di profezie che si autoalimentano
Tuttavia, i mercati potrebbero rivedere al ribasso le loro valutazioni sull’Italia e rendere così più difficile il lavoro del Governo. È fin troppo noto che le percezioni dei mercati possono cambiare rapidamente e spostare un’economia da un percorso sostenibile a uno non sostenibile: se tutti i correntisti si aspettano il fallimento di una banca, quella banca finisce inevitabilmente per fallire. Proprio per questo motivo, la situazione della finanza pubblica in Italia deve essere valutata solo dopo una attenta e profonda analisi. In passato, molti commentatori, compreso il Financial Times, avevano predetto che l’Italia non sarebbe riuscita a entrare nell’ euro: ci sono molte buone ragioni per credere che abbiano torto anche questa volta.
http://www.lavoce.info/news/view.php?SEARCH=euro&AUTHOR=&DATE=all&RECORD_PAGE=20&ACTION=search&BUTTON=T+r+o+v+a&id=27&cms_pk=2137&from=index
DonaldDuck
15-11-2006, 20:02
http://www.antoniodecurtis.com/4b.jpg
http://www.epizefiri.it/file/euro.htm
Calcola il cambio dell'Euro.
Inserisci un valore e clicca sull'altro campo.
Meglio se restavamo alla lira eh?aivoglia a pagare dazi doganali e cambi sfavorevoli dopo.
Vedi Gran Bretagna :read: :read: :read:
dantes76
15-11-2006, 20:09
http://www.epizefiri.it/file/euro.htm
http://www.antoniodecurtis.com/4b.jpg
L’aumento dei prezzi che poteva essere frenato[PDF]
http://www.nens.it/rivista_e_libro_PDF/RIVISTA_14/08%20L%27aumento%20dei%20prezzi%20che%20poteva%20essere%20fermato.pdf
.....
Invece abbiamo avuto soltanto la politica degli annunci propagandistici per interventi
mai realizzatisi; un modo di fare che è stato devastante e disorientante per i
consumatori.
Sulla vicenda dell’aumento dei prezzi si è passati dal dire, per mesi, che l’inflazione
era sotto controllo per poi annunciare in televisione l’invio degli ispettori nei negozi e
mercati – mentre il Premier invitava i cittadini a fare acquisti - fino alla grottesca
ammissione di Berlusconi dell’aumento dei prezzi per la diffusa prassi di considerare
1.000 lire pari ad 1 euro e al tentativo di scaricare le responsabilità sia sul valore di
conversione della nuova moneta, sia sui commercianti sprovvisti di computer.
Per la verità, il primo e clamoroso esempio negativo del rapporto di conversione, che
si è poi affermato nella percezione degli operatori commerciali e dei cittadini, è
venuto dal Governo, quando dal 1 gennaio 2002 ha modificato il prezzo della giocata
minima del lotto da 1.000 lire a 1 euro (pari ad un aumento del 93,6%).
Di fronte alle critiche sull’aumento effettivo dei prezzi, l’allora Ministro delle attività
produttive, Antonio Marzano, aveva promesso un tavolo di lavoro con Istat per
analizzare e migliorare i metodi di rilevazione dei prezzi al consumo e del calcolo
dell’inflazione per i redditi più bassi, ma non si è avuto alcun esito concreto. Così
come in pochi si sono accorti del Comitato tecnico per il monitoraggio dei prezzi e
dei beni di largo e generale consumo – costituito di tutta fretta nel 2003 con esperti di tutte le istituzioni interessate, le imprese e i consumatori –
che una volta superato il periodo di massima attenzione degli organi di informazione sul tema del carovita,
è andato a rilento tanto da arrivare al 2005: è infatti del 10 marzo l’inaugurazione
dell’Osservatorio attraverso il lancio del sito www.maposserva.it che al suo debutto,
con la diffusione dei primi dati, è stato costretto a chiedere scusa per il gravissimo
errore sull’aumento del 50% del prezzo delle colombe pasquali. Inoltre, ad un certo
punto, dapprima Marzano interviene sull’operato dei comuni, auspicando il loro
immediato intervento al fine di verificare –mediante la polizia annonaria- i prezzi e i
listini di bar, negozi ed esercizi commerciali, successivamente Tremonti, con fare
demagogico e minaccioso verso la categoria dei commercianti, invoca l’intervento
della Guardia di Finanza per intensificare i controlli fiscali contro gli speculatori e i
responsabili dell’aumento dei prezzi. La diatriba si è poi conclusa con due
disposizioni inserite nella Manovra di finanza pubblica bis del 2003 (decreto-legge
del 30 settembre 2003, n.269) che prevedono, da un lato, un velleitario collegamento
tra i controlli operati dalla Guardia di finanza mirati a rilevare i prezzi al consumo e
la revisione degli studi di settore – con riferimento particolare ai settori in cui si sono
manifestate, o sono in atto, abnormi dinamiche di aumento dei prezzi – e, dall’altro,
al fine di incentivare la realizzazione di offerte di prodotti di consumo a prezzo
conveniente, l’istituzione di un apposito fondo destinato a finanziare le iniziative
attivate dai Comuni e dalle Camere di commercio.
.....
Il valore dell’euro
Va innanzitutto ricordato che alcuni aumenti e arrotondamenti, in funzione della
prevista conversione in euro, erano intervenuti a “luci spente”, cioè nei mesi che
vanno da settembre a dicembre del 2001: basta ricordare, come esempio, il prezzo dei
quotidiani, passato da 1500 a 1700 lire (con un incremento del 13,3%).
Successivamente, soltanto in Italia, il cambio della moneta nazionale con quella
europea ha creato problemi diversi rispetto a quelli di natura tecnica nell’esposizione
dei prezzi che erano stati ben studiati e previsti. Qui da noi, l’occasione è stata
fautrice di un perverso processo che ha indotto a considerare (o ad accettare) l’euro al
valore di mille lire: quello che prima era “tutto a 10.000 lire” è divenuto “tutto a 10
euro”.
Probabilmente all’inizio vi sono state singole azioni di tipo speculativo – che sono
state messe in moto a partire dalla fine del periodo della doppia circolazione lira/euro
(aprile 2002), cioè dopo che si erano incautamente spenti i riflettori sul rapporto di
cambio – ma successivamente si è sviluppata una più generale percezione circa la
modifica dell’effettivo valore dei prezzi dei prodotti. Un processo che si è affermato
anche a causa dell’inesistente azione di pressing e di moral suasion da parte del
Governo. L’informazione si è rivelata controproducente, mentre le fonti governative,
compreso l’Istat, continuavano a trasmettere messaggi rassicuranti circa l’inesistenza
di aumenti generalizzati dei prezzi di beni e servizi.
Appare evidente che né l’adozione dell’euro, in quanto tale, né le 1.936,27 lire del
valore della conversione sono state la causa della crescita del livello dei prezzi nel
nostro Paese, piuttosto le responsabilità sono di altra natura. Anzi si potrebbe dire di
più in difesa dell’euro: se non avessimo avuto in questi frangenti la stabilità
monetaria e una moneta così forte nei confronti del dollaro avremmo patito oggi
un’inflazione (da importazione) molto più elevata a causa del maggior costo delle
materie prime pagate in dollari, a cominciare dal petrolio. E come non considerare i
risparmi di famiglie, imprese e Stato che l’euro forte e stabile ha determinato facendo
abbassare i tassi di interesse.
Sarebbe stato necessario un tempestivo richiamo al senso di responsabilità delle
imprese per il perseguimento di un interesse generale del Paese, quale il
mantenimento di un basso tasso di inflazione: un’attenzione politica al problema dei
prezzi al massimo livello di autorevolezza. D’altro canto, proprio negli ultimi mesi la
comunicazione istituzionale sulla familiarizzazione e l’uso della nuova moneta,
promossa a suon di milioni di euro dal Governo su giornali e televisioni, si è rilevata
inadeguata e carente sotto questo punto di vista.
il resto lo trovi nel link, buona lettura
dantes76
15-11-2006, 20:10
Vedi Gran Bretagna :read: :read: :read:
stessa economia
stessa lingua
stessi politici..
stessa legge
guarda che i ministri in Uk, si dimettono per non aver versato i contributi della colf..
DonaldDuck
15-11-2006, 20:15
il resto lo trovi nel link, buona lettura
http://www.mybestlife.com/ita_misc/convertitore_lire_euro.html
Covertitore lire/euro - euro/lire
dantes76
15-11-2006, 20:20
http://www.mybestlife.com/ita_misc/convertitore_lire_euro.html
si si ok ok...
DonaldDuck
15-11-2006, 20:23
guarda che i ministri in Uk, si dimettono per non aver versato i contributi della colf..
E quì invece...
http://it.wikipedia.org/wiki/Romano_Prodi
Procedimenti giudiziari e accuse nei suoi confronti
Romano Prodi è stato coinvolto in alcuni procedimenti giudiziari, in ciascuno di essi è stato riconosciuto non colpevole dalle accuse e non si è andati oltre le udienze preliminari: in alcuni casi è stata disposta l'archiviazione, in un caso si è prodotta sentenza, dichiarando il «non luogo a procedere» perché «il fatto non sussiste».
Il caso Moro
Il 10 giugno 1981, prim'ancora di affermarsi come politico, Romano Prodi fu chiamato a testimoniare davanti alla Commissione Moro perché aveva dichiarato di aver partecipato per gioco, il 2 aprile 1978, ad una seduta spiritica durante un pranzo familiare in una casa di campagna di alcuni amici (tra cui Mario Baldassarri e Alberto Clò, quest'ultimo propositore del gioco e proprietario della casa dove erano ospiti, oltre ai suddetti, il fratello di Clò, le relative fidanzate, e i figli piccoli dei commensali). I commensali raccontarono agli inquirenti che nel corso della seduta iniziata per gioco, alla domanda dove è tenuto prigioniero Aldo Moro?, il piattino utilizzato avrebbe composto varie parole: prima alcune senza senso, poi Viterbo, Bolsena e Gradoli. Aldo Moro, rapito 17 giorni prima, il 16 marzo 1978, era al momento tenuto prigioniero dalle Brigate Rosse. Il professor Prodi, in seguito alla seduta, si recò a Roma il 4 aprile, e raccontò dell'indicazione al proprio conoscente Umberto Cavina, capo ufficio stampa dell'on. Benigno Zaccagnini.
Ecco le parole di Prodi, dai verbali della testimonianza:
«Era un giorno di pioggia, facevamo il gioco del piattino, termine che conosco poco perché era la prima volta che vedevo cose del genere. Uscirono Bolsena, Viterbo e Gradoli. Nessuno ci ha badato: poi in un atlante abbiamo visto che esiste il paese di Gradoli. Abbiamo chiesto se qualcuno sapeva qualcosa e visto che nessuno ne sapeva niente, ho ritenuto mio dovere, anche a costo di sembrare ridicolo, come mi sento in questo momento, di riferire la cosa. Se non ci fosse stato quel nome sulla carta geografica, oppure se fosse stata Mantova o New York, nessuno avrebbe riferito. Il fatto è che il nome era sconosciuto e allora ho riferito.».
L'informazione fu ritenuta attendibile, al punto che quattro giorni dopo, il 6 aprile, la questura di Viterbo, su ordine del Viminale, organizzò un blitz armato nel borgo medievale di Gradoli, vicino Viterbo, alla ricerca della prigione di Moro. Tuttavia, fu trascurata un'altra indicazione che la moglie dell'onorevole Moro avrebbe ripetutamente fornito, relativa all'esistenza a Roma di una "via Gradoli" (Francesco Cossiga, all'epoca Ministro dell'interno, in seguito smentì energicamente la signora Moro). Fallito il blitz conseguente alla seduta spiritica, il 18 aprile i vigili del fuoco, a causa di una perdita d'acqua, scoprirono a Roma, in via Gradoli 96, un covo delle Brigate Rosse da poco abbandonato, che si sarebbe rivelato come la base operativa del capo della colonna romana delle BR, Mario Moretti, il quale aveva preso parte all'agguato di via Fani.
Il caso venne riaperto nel 1998 dalla Commissione parlamentare d'inchiesta sul terrorismo e le stragi, dalle parole del Presidente di Commissione se ne evincono i motivi:
«Non è assolutamente credibile che il nome Gradoli sia venuto fuori in una seduta spiritica in cui sarebbe stato evocato lo spirito dell'onorevole La Pira, affinché rivelasse il luogo in cui Moro era tenuto prigioniero. Ho dovuto invece ritenere che il nome Gradoli fosse filtrato nell'ambiente dell'Autonomia bolognese, e che il riferimento alla seduta spiritica, fosse un singolare, quanto trasparente espediente di copertura della fonte informativa».
Il fine della Commissione era perciò accertare se la vicenda della seduta spiritica fosse in realtà un'architettura per celare la vera fonte del nome "Gradoli" (per esempio un informatore vicino alle BR) e anche cercare di capire se il nome "Gradoli" fosse stato comunicato con tanta celerità alle forze dell'ordine con lo scopo di salvare Moro. L'allora presidente del consiglio Prodi, dati gli impegni politici di poco precedenti alla caduta del suo governo nell'ottobre 1998, si disse indisponibile per ripetere l'audizione, si dissero disponibili Mario Baldassarri (esponente di AN e viceministro per l'Economia e le Finanze dei governi Berlusconi II e Berlusconi III, al tempo del rapimento di Moro docente presso l'Università di Bologna, vedasi audizione relativa) ed Alberto Clò (economista ed esperto di politiche energetiche, ministro dell'Industria nel governo Dini e proprietario della casa di campagna dove avvenne la seduta spiritica, al tempo del rapimento di Moro assistente e poi docente di economia all'Università di Modena, vedasi audizione relativa), anche loro presenti alla seduta spiritica: entrambi, pur ammetendo di non credere allo spiritismo e di non aver più effettuato sedute spiritiche dopo quella, confermarono la genuinità del risultato della seduta (alla critica sul fatto che qualcuno avebbe potuto guidare il piattino Clò sostenne che la parola "Gradoli", così come "Bolsena" e "Viterbo", si erano formate più volte e con partecipanti diversi) e dichiararono che né loro, né, per quanto ne sapevano, nessuno dei presenti (partecipanti al gioco del piattino o meno) aveva conoscenze nell'ambiente dell'Autonomia bolognese o negli ambienti vicini alle BR.
Presidenza dell'IRI e vendita della SME
Le vicende riguardanti la vendita, risalente al 1993, da parte dell'IRI delle proprie società alimentari, facenti capo principalmente alla finanziaria SME, è stata oggetto d'indagini da parte della magistratura, quindi Romano Prodi, in quanto presidente dell'IRI durante la privatizzazione, è stato oggetto d'investigazione, insieme al consiglio d'amministrazione dell'IRI.
L'IRI, durante il primo mandato di Prodi, nel 1985 fallì nell'intento di cedere la SME a privati. Dopo aver ottenuto per l'intero assetto della società solo l'offerta d'acquisto della Buitoni di Carlo De Benedetti, con essa siglò una intesa preliminare, da far approvare dal proprio Cda e dal governo. L'accordo prevedeva la vendita dell'intera partecipazione dell'IRI, pari al 64% del capitale, della SME e la cessione della Sidalm, a un prezzo in linea con quanto stabilito dalle perizie effettuate su richiesta dell'ente pubblico a soggetti terzi[1]. Tale accordo non portò però ai suoi effetti. Nonostante l'approvazione all'unanimità del consiglio dell'IRI, fermamente intenzionata ad uscrire dal settore alimentare, decisione appoggiata anche dal Comitato interministeriale per la Politica Industriale (CIPI), quanto stabilito saltò perché, alla fine, venne meno l'appoggio del governo, presieduto allora da Bettino Craxi, che vedeva come ministro per le Partecipazioni statali Clelio Darida, con cui il presidente dell'IRI aveva fino alla stipula dell'accordo relazionato sulla vicenda. Vi fu così un primo rinvio della decisione, causato dall'arrivo di una offerta anonima superiore del 10% di quella di De Benedetti poco prima dei termini a disposizione, seguita da una ulteriore offerta, da parte di Barilla, Berlusconi e Ferrero, davanti un'altra scadenza e da quelle di altri imprenditori. De Benedetti volle portare la questione con l'IRI in tribunale perché si sentì discriminato e pensò di poter far valere come contratto l'accordo firmato con Prodi. Dalla sentenza di primo grado, che diede torto alla Buitoni, scaturì il Processo SME, che vede imputati Silvio Berlusconi e altri per corruzione di giudici. Ciò nonostante, la sentenza in appello venne confermata, seppur criticandone le motivazioni addotte[2], e così anche in cassazione.
Toccata da problematiche giudiziarie, da dispute politiche e senza un esplicito assenso governativo, la questione della privatizzazione della SME venne nei successivi anni messa completamente da parte, nel 1988 un nuovo intervento del CIPI riconsiderò strategico il mantenimento del gruppo.
A distanza di molto tempo Berlusconi, nel corso del suo processo per corruzione di magistrati, durante il suo mandato di presidente del Consiglio, è intervenuto in sua difesa con delle dichiarazioni spontanee che hanno richiamato l'attenzione di Prodi. Qui ha sostenuto di aver fatto un'opera meritoria con il suo intervento, risparmiando allo Stato un cattivo affare, introducendo dubbi sulla correttezza della cessione a De Benedetti e al valore reale della partita. Ciò ha portato a una reazione di Prodi, allora presidente della Commissione, con la pubblicazione di comunicati stampa e documentazione in difesa del suo operato [2].
La vendita della SME avvenne solo tra il 1993 e il 1996, senza essere venduta per intero, ma suddivisa in varie parti. I procedimenti giudiziari che hanno coinvolto Prodi sono stati quattro, in tre è presente l'ipotesi di reato d'abuso d'ufficio. Il primo è iniziato dalle denunce contro ignoti di Giovanni Fimiani, un imprenditore condannato per bancarotta, che ha attribuito il fallimento delle proprie imprese al comportamento assunto dall'IRI. Richiamante l'intesa preliminare del 1985 per la cessione della SME dall'IRI alla Buitoni, venne archiviato nel 1997, ritenendo i magistrati privi di attendibilità le accuse di complotto ai suoi danni e i motivi avanzati dal denunciante sottostanti al fallimento delle proprie aziende. Per la vendita della Italgel alla Nestlé i magistrati convengono nell'archiviazione (1999), il reato ipotizzato viene escluso e si riconosce che il prezzo pagato dal compratore sia stato determinato secondo le procedure richieste.
Gli ultimi due casi riguardono la cessione della Cirio-Bertolli-De Rica e di parte di questa dalla Fisvi all'Unilever, che portò a una sentenza d'assoluzione nell'udienza preliminare, e delle consulenze che Prodi avrebbe svolto per Goldman Sachs e General Electric durante il mandato all'IRI, indagini seguite in conseguenza di un articolo della stampa, che parlava anche di evasione fiscale, di cui la magistratura conviene nel disporre l'archiviazione nel 2002.
Il caso Cirio
Nell'ambito delle indagini per la vendita della Cirio-Bertolli-De Rica, Romano Prodi era indagato per abuso d'ufficio. Prodi era stato nel 1990 advisory director della Unilever NV (Rotterdam) e della Unilever PLC (Londra), gruppo che secondo le indagini aveva gestito la trattativa attraverso la Fisvi. Secondo l'accusa quindi Prodi avrebbe favorito la Fisvi, sebbene questa non avesse i mezzi finanziari per acquistare la Cirio-Bertolli-De Rica, in modo da agevolare indirettamente l'Unilever, aggirando così l'obbligo di conseguimento del miglior prezzo previsto dalle direttive CIPE.
L'inchiesta fu nota dal 23 febbraio 1996 e portò a una sentenza di non luogo a procedere nell'udienza preliminare il 22 dicembre 1997, con la più ampia formula di proscioglimento «perché il fatto non sussiste». Il GUP Eduardo Landi citò nelle motivazioni anche la riforma dell'abuso d'ufficio, varata pochi mesi prima (il 10 luglio) su iniziativa dell'Ulivo e votata anche dalla coalizione avversaria.
La riforma dell'abuso di ufficio era prevista nei programmi di tutte le forze politiche presentatesi alle elezioni del 1996. Il lavoro su questo argomento era già stato avviato da diversi gruppi parlamentari e dal Governo Dini fino alle elezioni dell'aprile '96. Il provvedimento nasceva quindi non per iniziativa governativa ma per iniziativa parlamentare. La riforma, fu, fin dal maggio del '96, oggetto di un confronto con i sindaci di tutti gli orientamenti politici che sollecitavano provvedimenti tesi a far superare difficoltà, resistenze e ostacoli che appesantivano il lavoro delle amministrazioni locali.
L'abuso di ufficio, così com'era allora configurato, conferiva ai giudici un ampio potere discrezionale di giudizio nei confronti delle scelte degli amministratori locali, determinando sovente rallentamenti anche molto rilevanti delle attività delle amministrazioni, per questo la necessità di provvedere a questa riforma raccoglieva il consenso unanime degli amministratori locali sia di centrodestra sia di centrosinistra.
Il giudice pronunciò una sentenza di non luogo a procedere con la più ampia formula di proscioglimento (il fatto non sussiste) e con l'acquisizione di una perizia d'ufficio che accertò la congruità del prezzo di vendita della parte della SME ceduta. La sentenza confermò la regolarità del procedimento seguito per la vendita ed il Giudice ha inoltre accertato che Prodi non aveva avuto rapporti con Unilever e aveva comunque già cessato il proprio rapporto con Goldman Sachs nel periodo in cui è avvenuta la cessione di CBD a favore di Fisvi, cui è seguita quella parziale per il settore "olio" in favore di Unilever.
Alcuni hanno criticato tale riforma e la sua relazione con l'indagine su Prodi. I giornalisti Peter Gomez e Marco Travaglio definiscono «per certi versi imbarazzante[3]» il fatto che tra le motivazioni ci sia un riferimento alla legge varata dall'Ulivo, ma riconoscono che tale riferimento «non fu affatto decisivo per quella sentenza»[4] in quanto Prodi fu prosciolto perché il fatto non sussisteva. Secondo Silvio Berlusconi invece «Prodi s'è salvato grazie all'amnistia e alla modifica dell'abuso d'ufficio. Quelle sì che furono leggi ad personam, quando lui doveva rispondere davanti ad un GIP dei finanziamenti che le sue partecipazioni statali davano alla DC» (21 gennaio 2006). Tuttavia Romano Prodi non ha usufruito dell'amnistia e non è stato indagato per finanziamento illecito.
Telekom Serbia
Durante il governo Prodi I nel 1997, Telecom Italia (al tempo ancora in buona parte di proprietà pubblica) acquistò il 29% di Telekom Serbia, l'operatore nazionale serbo di telefonia fissa, ad un prezzo pattuito di circa 893 milioni di marchi (pari a 878 miliardi di lire).
Sebbene l'accordo fosse avvenuto all'interno di un piano di espansione che aveva portato Telecom ad acquisizioni in diverse nazioni, in seguito all'elezione di una nuova maggioranza di governo la vicenda e il suo relativo sviluppo suscitarono l'interesse del Parlamento. La coalizione guidata da Silvio Berlusconi, infatti, decise di istituire una Commissione d'inchiesta dedicata al caso[5]. Il centrosinistra rinnegò sempre la liceità della commissione, definendola uno strumento di propaganda, fino ad abbandonarne i lavori.
Secondo quanto regolavano le procedure in vigore fra le società a partecipazione statale e il ministero del Tesoro, la Telecom non aveva bisogno d'informare o di attendere autorizzazioni e poteva stabilire simili accordi di compravendita in autonomia, il che escluderebbe un ruolo di Romano Prodi nella vicenda. Questo sistema era stato predisposto dal ministro del Tesoro Carlo Azeglio Ciampi in vista delle privatizzazioni che il governo aveva programmato, per meglio garantire i mercati da interferenze di tipo politico. Dopo pochi mesi dall'accordo in Serbia, per la Telecom iniziò il processo di collocamento nel mercato di gran parte delle quote pubbliche.
La svalutazione delle quote di Telekom Serbia succedutasi nel tempo è una delle accuse che vennero mosse ai responsabili dell'operazione, dato che questo avrebbe comportato una perdita per lo Stato stimabile nella differenza fra l'acquisizione del 1997 e la vendita effettuata nel 2003 (per un importo di 193 milioni di euro). L'accusa più pesante, tuttavia, fu quella di aver ricevuto tangenti dal presidente serbo Slobodan Milosevic per finanziare la ricostruzione del Paese. Dalle dichiarazioni del faccendiere svizzero Igor Marini la commissione parlamentare incaricata ricostruì una vicenda di tangenti pagate a Prodi, Piero Fassino, Lamberto Dini, Francesco Rutelli e altri. Le notizie vennero fortemente rilanciate da una parte dei media e dallo stesso Berlusconi, secondo il quale «La vicenda Telecom Serbia è tutta una tangente[6]». Il teste venne in seguito dimostrato essere non credibile, le sue dichiarazioni si rivelarono delle calunnie e vennero completamente smentite dalla magistratura. La prove chiave delle sue accuse, due ordini di versamento, si rivelano dei falsi, come mostrato dal settimanale L'Espresso[7] e dal quotidiano La Repubblica. La commissione parlamentare nel suo resoconto finale non formulò alcuna accusa diretta. Il 21 aprile 2006, Maurizio De Simone, Giovanni Romanazzi e Antonio Volpe, tre dei testimoni chiave che avevano procurato alla commisione di inchiesta alcuni documenti relativi, tra le altre cose, ad una supposta tangente di 125 mila dollari versata a Prodi e Dini, vengono rinviati a giudizio per calunnia aggravata con l'accusa di aver fabbricato delle prove false.
Consulenze Nomisma
In seguito alla sua prima elezione alla presidenza IRI nel 1982, a Prodi venne contestato di non aver abbandonato il ruolo di dirigente in Nomisma, configurando un potenziale conflitto di interessi.
Negli anni successivi l'IRI stipulò alcuni contratti di consulenza con la società, che portarono a dubitare sulla trasparenza dell'operazione: in un primo processo, concluso nel 1988, Romano Prodi venne assolto con formula piena in quanto alla luce delle indagini non si configurava reato nel suo comportamento.
Il giudice Francesco Paolo Casavola che lo assolse dichiarò::«L'idea che le commesse siano state affidate perché a richiederle erano il presidente dell'Iri e il suo assistente alle società collegate è verosimile, ma non assume gli estremi di reato».
Una seconda questione venne sollevata riguardo ad alcune consulenze nel settore Alta Velocità svolte da Nomisma tra il 1992 e il 1993. Prodi era stato scelto a partire dal 16 gennaio 1992 come "Garante del Sistema Alta Velocità" dai vertici delle Ferrovie dello Stato, con il compito di effettuare le valutazioni di impatto economico e ambientale legate alla costruzione della nuova rete TAV italiana. Una seconda commissione ("Comitato Nodi") composta dal professor Carlo Maria Guerci, da Giuseppe De Rita e dall'architetto Renzo Piano e presieduta da Susanna Agnelli, venne incaricata di elaborare un piano di riqualificazione delle strutture e dei servizi delle Ferrovie.
Prodi lasciò l'incarico di Garante il 20 maggio 1993 per tornare alla presidenza dell'IRI su richiesta dell'allora Presidente del Consiglio Carlo Azeglio Ciampi. Nel 1996 un'inchiesta sulla questione portò a una serie di 40 perquisizioni della Guardia di Finanza e al sequestro di numerosi documenti riguardanti la TAV, operazione disposta dal PM di Roma Giuseppa Geremia, e ad un'imputazione per concorso in abuso d'ufficio verso Ercole Incalza (ex amministratore della TAV) ed Emilio Maraini (ex-dirigente Italfer). Prodi non venne coinvolto direttamente in questa seconda inchiesta.
In seguito ad un articolo polemico [3] apparso sul Daily Telegraph in data 4 maggio 1999, a firma Ambrose Evans-Pritchard, l'Unione Europea ritenne di dover precisare la posizione di Prodi sulla questione [4], dichiarando che
Il Sig. Prodi non ebbe ruolo decisionale nell'assegnazione dei contratti a Nomisma. Inoltre, il Sig. Prodi non aveva alcun interesse, finanziario o altro, in Nomisma. Non era azionista e non copriva alcun ruolo operativo o decisionale nella compagnia. Era semplicemente il presidente del comitato scientifico della compagnia.
dantes76
15-11-2006, 20:30
E quì invece...
http://it.wikipedia.org/wiki/Romano_Prodi
grazie per avermele ricordate, ma mai dimenticate, invece rinfresco la memoria, non con Silvio, ne ha piu di quanti capelli e peli su tutto il corpo,
ma con un altro e in particolare con una vicenda:
http://it.wikipedia.org/wiki/Marcello_dell%27Utri#False_fatture_e_frode_fiscale
Tentata estorsione
È stato condannato in primo grado a Milano a due anni di reclusione per tentata estorsione ai danni di Vincenzo Garraffa (imprenditore trapanese), con la complicità del boss Vincenzo Virga (trapanese anche lui).
http://brunik.altervista.org/foto/dellutri.jpg
DonaldDuck
15-11-2006, 21:00
Un vero peccato...
http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=54138
Fassino a Consorte: aspetta a denunciare - di Gianluigi Nuzzi -
Il segretario Ds al manager: «Prima portiamo a casa tutto. Tu che operazione fai dopo questa? Hai già lanciato l’Opa obbligatoria?»
Gianluigi Nuzzi
da Milano
Per portare Unipol e le coop rosse al comando di Bnl, nei momenti decisivi della scalata Gianni Consorte potè contare su «coperture politiche», salde alleanze con i vertici dei Ds, assai interessati ai destini della banca e quindi partecipi. Lo si capisce dalla telefonata intercettata tra Consorte e Piero Fassino, segretario dei Ds, anticipata sabato scorso da Il Giornale e di cui oggi siamo in grado di fornire ulteriori elementi. Ma lo si evince anche dal brogliaccio delle intercettazioni, come quella del 18 luglio con il vice direttore de L'Unità Rinaldo Gianola. Ecco il sunto dal brogliaccio: «Gianni dice che lui ha la maggioranza (di Bnl, ndr), dice di non aver fatto una mossa senza preavvertire la Consob. Rinaldo chiede se Abete ha fatto ”delle porcate“ a favore di Della Valle e degli altri, Gianni dice che si troveranno dei grandi scheletri. Gianni dice che intanto lui inizia a far partire le denunce verso chi l'ha calunniato. Rinaldo chiede se sul fronte politico, Fassino e gli altri, lui sia coperto. Gianni dice sì».
La liaison con gli esponenti dei Ds, le coperture emergono in tutta la loro consistenza anche dagli appuntamenti o dalle telefonate intercettate dell'allora presidente di Unipol con esponenti di primo piano della Quercia: D'Alema, Fassino, il tesoriere Sposetti. In particolare, i colloqui registrati sul telefonino di Consorte con Fassino sono cinque per oltre venti minuti complessivi di dialogo. La telefonata della svolta dovrebbe essere quella del 18 luglio. In mattinata, alle 12, Unipol comunica al mercato che, sciolto il cosiddetto contropatto degli immobiliaristi, si prepara a lanciare un'Opa obbligatoria su Bnl in contanti a 2,7 euro. L'Ansa lancia la notizia alle 12.21. Dopo un'ora Consorte si dedica ai suoi rapporti politici. Prima si sente tre volte con il senatore dei Ds Latorre, già assistente di Massimo D'Alema, poi chiama Fassino, che tra l'altro aveva sentito proprio la sera prima alle 23.30. Entrambi sembrano soddisfatti con un Fassino insolitamente diretto: «E allora siamo padroni di una banca?», si lascia scappare e Consorte: «È chiusa, sì, è fatta». Il segretario dei Ds mostra un attimo d'esitazione. Capisce di essersi mostrato troppo euforico al telefono e allora preferisce correggersi: «Siete voi i padroni della banca, io non c'entro niente». Consorte: «Sì, sì è fatta, è stata una vicenda, credimi, davvero durissima... però sai... (parola incomprensibile, ndr)». E Fassino che conviene: «Già, ormai è proprio fatta». FASSINO, BNL E LE COOP
Il segretario dei Ds vuol però capire bene come verrà gestito il passaggio di quote dal contropatto agli alleati di Unipol. E se c'è certezza del controllo della banca. A Consorte chiede il quadro della situazione: «Alla fine emerge - spiega Consorte - che abbiamo diciamo quattro coop...». Fassino: «E quanto prendono?» Consorte: «Quattro cooperative il 4 per cento». Fassino ancora non conosce i dettagli delle quote che verranno cedute e chiede se il 4 per cento sia per ciascuna cooperativa. Consorte: «No, no, no. L'uno per cento l'una». E Fassino ripete: «Uno per cento per quattro». Consorte: «Proprio così». Fassino: «Queste cooperative che poi sono Adriatica, Liguria, Piemonte e Modena». Consorte: «Poi ci sono quattro istituti di credito italiani che sono al 12%. Infine banche estere come Nomura, Credit Suisse e Deutsche Bank che hanno l'un per cento, l'altra circa il 14,5». E Fassino attento che ripete: «14 e mezzo». Consorte: «Sì, poi c'è anche Gnutti e Hopa. .. il 4,99%. Marcellino Gavio e Pascotto... all'1 e mezzo». Fassino sembra come prendere nota: «Insieme?». Consorte: «Certo, e poi Unipol chiude al 15%».
«IMMOBILIARISTI FUORI»
C'è da festeggiare. Consorte indicati i prossimi soci, elenca le conquiste portate a casa. Primo: «Gli immobiliaristi sono totalmente fuori». Ma Fassino interrompe, pensa al futuro: «Tu ora che operazione fai dopo questo?». E Consorte annuncia il lancio dell'Opa, all'epoca previsto per settembre. Fassino sorpreso: «Hai già lanciato l'Opa obbligatoria?». Consorte: «Già, proprio al medesimo prezzo delle cessioni delle azioni degli immobiliaristi». Fassino: «2,7 euro?». Consorte: «Via ogni speculazione, sono trattati tutti uguali. Per legge potevamo fare a 2,55». Fassino: «Bbva cosa offre?» Consorte. «2,52 in azioni, noi offriamo in instant cash». Fassino: «Cazzo». Poi Consorte svela il piano: «In realtà noi abbiamo già in mano il 51%», ovvero la maggioranza ancor prima del lancio dell'Opa. Fassino vuol capire meglio e chiede: «Noi abbiamo il 15 più 4 delle Coop fa il 19 a noi, e come arrivi al 51 tu?». Consorte lo tranquillizza: «Con le banche più...». E il segretario: «Ah sì, questa somma qui, fa il 51 certo». Consorte si mostra ancor più chiaro: «Quelle aziende ci hanno rilasciato un diritto a comprare i loro titoli dietro nostra semplice richiesta se dall'Opa non dovessero arrivare azioni». Fassino: «Ho capito». Consorte: «Quindi noi come Unipol prendiamo comunque il 51». Fassino. «Ho capito». Consorte: «Se invece dall'Opa ci arrivano le azioni, quelli se le tengono». Fassino: «Se tu arrivi al 51 in altro modo loro si tengono quello». Unipol ha già conquistato Bnl: basta lanciare l'Opa con l'ok di Bankitalia. Un bel colpo dell'ingegnere, un'operazione «che nessuno aveva né immaginato né pensato».
I COMPAGNI PARVENU
Ma bloccare la strada agli spagnoli può esser letto come un'azione a difesa degli interessi italiani. Nessun problema: «Abbiamo zittito i parvenu - gongola Consorte - quelli che sostenevano che era un'azione nazionalistica. Eh... ci sono tre banche internazionali: Nomura, quarta nel mondo, Suisse è tra le prime in Europa». Anche qui Fassino guarda più i profili concreti e chiede: «Possibili ricorsi in sede giudiziaria?» temendo magari la via crucis dei lodigiani nella scalata Antonveneta. Consorte ancora tranquillizza: «Noi ad oggi non ne vediamo neanche uno...». Il segretario Ds non si convince, teme qualche ricorso: «Cioè il fatto - riflette - che contestualmente siano avvenute tutte queste cessioni. ..». Ma Consorte si mostra strasicuro: «Questo è il concerto fra gli alleati con le quote già in mano. Poi l'Opa senza penalizzare nessuno». E Fassino «Bene, bene».
L'ORA DELLA RIVINCITA
Con il 51% già in tasca Consorte vuole qualche rivincita e medita di «denunciare uno per uno» tutti quelli che l'hanno osteggiato con accuse per lui infondate. Ma Fassino pragmatico gli dà consigli, gli indica come muoversi. Lo frena pensando agli obiettivi più importanti da raggiungere: «Prima di denunciare - lo esorta - aspetta. Prima portiamo a casa tutto». Poi con Bnl sotto l'ombrello Unipol se ne riparlerà. Anche perché siamo solo agli inizi. Per Fassino gli imprenditori che sostengono il Bbva «ora si scateneranno ancora di più. Ieri hai visto il... No, ieri non l'hai visto, hai lavorato tutto il giorno. Ieri il Sole ha fatto un'intera pagina contro di me». Per Consorte al foglio della Confindustria guardano la scalata di Unipol in chiave solamente politica: «Questi dicono: cazzo, adesso i Ds, oltre ad avere il mondo delle coop, Unipol, oltre ad avere il Monte dei Paschi, che non è così, hanno anche la banca Bnl. Il ragionamento demenziale che fanno è questo qui».
«COMPORTATEVI BENE»
A Fassino pare importare poco. Insiste invece perché Consorte rimanga concentrato sugli obiettivi. Bisogna portare a casa tutto. E lo stimola: «Va bene e intanto noi lavoriamo, ma perché poi demenziale?». Consorte: «No, noi sosterremo che è demenziale». Fassino ritiene più importante indicare la propria linea politica, e suggerisce come «comunicare» la svolta: «Voi avete fatto un'operazione di mercato, quello che ho sempre sostenuto io. Industriale». Consorte recepisce al volo: «Industriale e di mercato». Fassino: «Esatto, ora dovete comportarvi bene. Preoccupatevi bene di come comunicate in positivo il piano industriale». Il segretario esita tra il «noi» e il «voi»: «Perché il problema adesso è dimostrare che noi abbiamo... che voi avete un piano industriale». Consorte: «No, ma noi l'abbiamo veramente! ». E Fassino laconico: «Eh lo so, bisogna farlo».
SALVARE L'IMMAGINE
Serve concordare un piano di comunicazione su questa operazione. Da diffondere come «di mercato e industriale». Allontanando ogni illazione su interessi politici. Fassino: «Fino adesso stanno utilizzando l'idea che era soltanto un problema di accaparrarsi la banca e poi però non sanno cosa farne, non è così». Consorte invece, suggerisce una linea più aggressiva: «Noi invece sosterremo questa tesi: che loro la banca la stavano svendendo». Il segretario è d'accordo. «E anche - incalza l'allora presidente di Unipol - che l'hanno gestita coi piedi deve finire. Lo dirò fra quattro o cinque mesi quando avrò visto dentro. Io adesso dico che era un'operazione che stava svendendo, visti i valori proposti dalla Bbva, la banca agli spagnoli, svuotandola di contenuti perché come tutte le banche, avrebbe portato via tutte le attività qualificate a Madrid e avrebbero ridotto la Bnl a una rete. Con noi invece la banca rimarrà a Roma, gli portiamo un milione di clienti, poi facciamo diventare Unipol una delle prime quattro banche italiane». Fassino non ha nulla da obiettare: «Bene». Il manager: «E dopo ci confrontiamo». Fassino di nuovo: «Bene». E Consorte è rincuorato: «Bene, ero sicuro che si poteva parlare. Grazie». Fassino: «Bene, vediamoci presto ti chiamo per fissare in settimana».
zerothehero
15-11-2006, 21:10
scusate nè...ma dov'è sta ripresa? :D :confused:
Quella che vi dice l'istat? :mbe:
Non siamo più in stagnazione dall'inizio dell'anno, se non te ne sei accorto.. :D
Stiamo viaggiando all'1.6% http://ilrestodelcarlino.quotidiano.net/notiziari/notizia.php?id=189120&tipo=1&sez=ECONOMIA, la Germania e Francia sono ripartiti http://finanza.espressonline.it/scripts/cligipsw.dll?app=KWF&tpl=kwfinanza%5Cdettaglio_news.tpl&del=20061113&fonte=LFN&codnews=49061
http://finanza.espressonline.it/scripts/cligipsw.dll?app=KWF&tpl=kwfinanza%5Cdettaglio_news.tpl&del=20061114&fonte=AGI&codnews=149878
..se riparte la Germania (un pò azzoppata dall'aumento dell'IVA) riparte anche l'Italia, visto che noi esportiamo moltissimo nell'area ue...il problema è che da 16 anni l'Italia cresce sempre meno della media europea.
Ora si spera che l'aumento delle tasse non vada a deprimere i consumi, altrimenti sò cazzi acidi...perchè se il pil dovesse ritornare allo 0.5-0.7 % (poco probabile cmq) non c'è alcuna possibilità di tenere i conti in ordine.
Quello che rischia di inchiappettarci è l'aumento dei tassi di interesse, visto che abbiamo un debito molto elevato.
zerothehero
15-11-2006, 21:15
e' tutta colpa del nostro Silvio ...
anche le nuove 60 tasse ... in realta' e' lòui che le suggerisce a Prodi !
:O
In realtà la finanziaria non è entrata ancora a regime, quindi io aspetterei prima di vedere gli effetti (positivi o negativi) sul pil della finanziaria..certo che il rallentamento non è una buona notizia per il governo.
zerothehero
15-11-2006, 21:18
esatto è colpa sua e del suo governo se non hanno saputo gestire e punire chi speculava sui prezzi.
In un'economia di libero mercato i prezzi sono liberi... :p .
tdi150cv
15-11-2006, 21:24
In realtà la finanziaria non è entrata ancora a regime, quindi io aspetterei prima di vedere gli effetti (positivi o negativi) sul pil della finanziaria..certo che il rallentamento non è una buona notizia per il governo.
;)
Swisström
15-11-2006, 21:47
il cambio sarebbe anche potuto essere 1000lire per 1 euro... se solo qualcuno non avesse continuamente svalutato la lira per favorire le esportazioni (in particolare di una dittarella chiamata FIAT) :stordita:
DonaldDuck
15-11-2006, 22:22
CUT
Ora si spera che l'aumento delle tasse non vada a deprimere i consumi, altrimenti sò cazzi acidi...
CUT
Dalle mie parti, nonostante i prezzi relativamente competitivi, c'è l'Ipercoop che inizia a risentire dell'imminente stangata. I consumatori probabilmente si stanno già ponendo sulla difensiva. Farò un giro anche negli altri magazzini di pari categoria.
DonaldDuck
15-11-2006, 22:25
In un'economia di libero mercato i prezzi sono liberi... :p .
Non sarò un esperto di economia ma non vedo con quali strumenti si sarebbe potuto calmierare se il problema era a monte.
DonaldDuck
15-11-2006, 22:26
il cambio sarebbe anche potuto essere 1000lire per 1 euro... se solo qualcuno non avesse continuamente svalutato la lira per favorire le esportazioni (in particolare di una dittarella chiamata FIAT) :stordita:
;)
Non siamo più in stagnazione dall'inizio dell'anno, se non te ne sei accorto.. :D
Stiamo viaggiando all'1.6% http://ilrestodelcarlino.quotidiano.net/notiziari/notizia.php?id=189120&tipo=1&sez=ECONOMIA, la Germania e Francia sono ripartiti http://finanza.espressonline.it/scripts/cligipsw.dll?app=KWF&tpl=kwfinanza%5Cdettaglio_news.tpl&del=20061113&fonte=LFN&codnews=49061
http://finanza.espressonline.it/scripts/cligipsw.dll?app=KWF&tpl=kwfinanza%5Cdettaglio_news.tpl&del=20061114&fonte=AGI&codnews=149878
..se riparte la Germania (un pò azzoppata dall'aumento dell'IVA) riparte anche l'Italia, visto che noi esportiamo moltissimo nell'area ue...il problema è che da 16 anni l'Italia cresce sempre meno della media europea.
Ora si spera che l'aumento delle tasse non vada a deprimere i consumi, altrimenti sò cazzi acidi...perchè se il pil dovesse ritornare allo 0.5-0.7 % (poco probabile cmq) non c'è alcuna possibilità di tenere i conti in ordine.
Quello che rischia di inchiappettarci è l'aumento dei tassi di interesse, visto che abbiamo un debito molto elevato.
La tendenza degli ultimi 3 trimestri pare andar proprio verso il ritorno alla ristagnazione... :muro:
ancora con sto euro=1000 lire?non si può mica decidere arbitrariamente il cambio,il cambio si fa rispetto alle monete che circolavano in europa all'epoca,c'era il franco e c'era il marco,la lira è stata prima confrontata con quelle due monete e poi è stato deciso il cambio con l'euro,non è che uno si alza la mattina è dice : ohibò facciamo l'euro=1000 lire,chissenefrega di quanto vale il marco e il franco.
Meglio se restavamo alla lira eh?aivoglia a pagare dazi doganali e cambi sfavorevoli dopo.
Pur comprendendo il gioco a cui stanno giocando le banche per guadagnare sempre più soldi mettendo in crisi la gente,i veri colpevoli sono quelli che hanno speculato sui prezzi.
Primo,si potevano tenere i doppi prezzi ancora per molto altro tempo,secondo,nessuno si è preoccupato di vigilare sugli speculatori,non mi dite che è bugia perchè è accaduto proprio questo così come il governo che arrotondava sempre più in alto le imposte,bolli e quant'altro.Era così difficile multare chi alzava ingiustificatamente i prezzi?
Mio suocero,dentista,mi raccontava come un prodotto che loro comprano(comprano solo da una azienda del nord perchè al sud sono degli imbecilli) abitualmente,il mese prima stava 40 milalire,il mese dopo 40 euro,nessuno poteva fare niente nè denunciarli?Perchè?Libero mercato. :mc:
Beh, però in Danimarca e in Svezia (mi pare... o è la Finlandia? :what: ), non c'è l'euro ed il cambio mi pare che non è neache fisso (nel 2003 andai a Copenhagen ed i vari prelievi di 200 corone mi furono conteggiati leggermente differente anche se lo sportello era lo stesso, probabilmente per il cambio variabile), eppure loro sono in Europa e non ci sono dogane... ;)
Non siamo più in stagnazione dall'inizio dell'anno, se non te ne sei accorto.. :D
Stiamo viaggiando all'1.6% http://ilrestodelcarlino.quotidiano.net/notiziari/notizia.php?id=189120&tipo=1&sez=ECONOMIA, la Germania e Francia sono ripartiti http://finanza.espressonline.it/scripts/cligipsw.dll?app=KWF&tpl=kwfinanza%5Cdettaglio_news.tpl&del=20061113&fonte=LFN&codnews=49061
http://finanza.espressonline.it/scripts/cligipsw.dll?app=KWF&tpl=kwfinanza%5Cdettaglio_news.tpl&del=20061114&fonte=AGI&codnews=149878
..se riparte la Germania (un pò azzoppata dall'aumento dell'IVA) riparte anche l'Italia, visto che noi esportiamo moltissimo nell'area ue...il problema è che da 16 anni l'Italia cresce sempre meno della media europea.
Ora si spera che l'aumento delle tasse non vada a deprimere i consumi, altrimenti sò cazzi acidi...perchè se il pil dovesse ritornare allo 0.5-0.7 % (poco probabile cmq) non c'è alcuna possibilità di tenere i conti in ordine.
Quello che rischia di inchiappettarci è l'aumento dei tassi di interesse, visto che abbiamo un debito molto elevato.
Ma abbiamo vinto i mondiali, cribbio! :O Questo ci da un bonus sul PIL dello 0,7%! :O Quindi le tasse possono essere aumentate senza tema di recessione! :O :D :rolleyes:
esatto è colpa sua e del suo governo se non hanno saputo gestire e punire chi speculava sui prezzi.
:muro: :muro:
Ancora girano queste idee ??
Non esistono strumenti per cui un governo nazionale può colpire (perchè poi ?) qualcuno che aumenta i prezzi.
Su decisioni sovranazionali come il cambio di moneta ci deve (dovrebbe?) essere una strategia economica di fondo che impedisca azioni scellerate come quelle avvenute che si dimostrano disastrose per le economie interne più deboli del gruppo (Italia,Portogallo,Grecia etc..)
dantes76
16-11-2006, 09:46
Non sarò un esperto di economia ma non vedo con quali strumenti si sarebbe potuto calmierare se il problema era a monte.
mi fa piacere che hai letto, tutto , pero' l'importante e giocare con un cambia valute, chiamami, la proxvolta che ti regalo un gamewathc..cosi lo ripeti meglio non sono un esperto di economia,,,,
dantes76
16-11-2006, 09:48
Un vero peccato...
http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=54138
vedi , quando fassino fu indagato, l prima cosa che dissi fu, : un Pres di partito si deve dimettere, tu invece non l'hai mai scritto...
guarda ti grazio, per evitare il lungo OT che potrebbe iniziare con sindona e la banca rasini, passando dai cavalli da consegnare in un hotel a milano, fino ai giorni d'oggi
dantes76
16-11-2006, 09:56
http://www.antoniodecurtis.com/4b.jpg
L’aumento dei prezzi che poteva essere frenato[PDF]
http://www.nens.it/rivista_e_libro_PDF/RIVISTA_14/08%20L%27aumento%20dei%20prezzi%20che%20poteva%20essere%20fermato.pdf
.....
Invece abbiamo avuto soltanto la politica degli annunci propagandistici per interventi
mai realizzatisi; un modo di fare che è stato devastante e disorientante per i
consumatori.
Sulla vicenda dell’aumento dei prezzi si è passati dal dire, per mesi, che l’inflazione
era sotto controllo per poi annunciare in televisione l’invio degli ispettori nei negozi e
mercati – mentre il Premier invitava i cittadini a fare acquisti - fino alla grottesca
ammissione di Berlusconi dell’aumento dei prezzi per la diffusa prassi di considerare
1.000 lire pari ad 1 euro e al tentativo di scaricare le responsabilità sia sul valore di
conversione della nuova moneta, sia sui commercianti sprovvisti di computer.
Per la verità, il primo e clamoroso esempio negativo del rapporto di conversione, che
si è poi affermato nella percezione degli operatori commerciali e dei cittadini, è
venuto dal Governo, quando dal 1 gennaio 2002 ha modificato il prezzo della giocata
minima del lotto da 1.000 lire a 1 euro (pari ad un aumento del 93,6%).
Di fronte alle critiche sull’aumento effettivo dei prezzi, l’allora Ministro delle attività
produttive, Antonio Marzano, aveva promesso un tavolo di lavoro con Istat per
analizzare e migliorare i metodi di rilevazione dei prezzi al consumo e del calcolo
dell’inflazione per i redditi più bassi, ma non si è avuto alcun esito concreto. Così
come in pochi si sono accorti del Comitato tecnico per il monitoraggio dei prezzi e
dei beni di largo e generale consumo – costituito di tutta fretta nel 2003 con esperti di tutte le istituzioni interessate, le imprese e i consumatori –
che una volta superato il periodo di massima attenzione degli organi di informazione sul tema del carovita,
è andato a rilento tanto da arrivare al 2005: è infatti del 10 marzo l’inaugurazione
dell’Osservatorio attraverso il lancio del sito www.maposserva.it che al suo debutto,
con la diffusione dei primi dati, è stato costretto a chiedere scusa per il gravissimo
errore sull’aumento del 50% del prezzo delle colombe pasquali. Inoltre, ad un certo
punto, dapprima Marzano interviene sull’operato dei comuni, auspicando il loro
immediato intervento al fine di verificare –mediante la polizia annonaria- i prezzi e i
listini di bar, negozi ed esercizi commerciali, successivamente Tremonti, con fare
demagogico e minaccioso verso la categoria dei commercianti, invoca l’intervento
della Guardia di Finanza per intensificare i controlli fiscali contro gli speculatori e i
responsabili dell’aumento dei prezzi. La diatriba si è poi conclusa con due
disposizioni inserite nella Manovra di finanza pubblica bis del 2003 (decreto-legge
del 30 settembre 2003, n.269) che prevedono, da un lato, un velleitario collegamento
tra i controlli operati dalla Guardia di finanza mirati a rilevare i prezzi al consumo e
la revisione degli studi di settore – con riferimento particolare ai settori in cui si sono
manifestate, o sono in atto, abnormi dinamiche di aumento dei prezzi – e, dall’altro,
al fine di incentivare la realizzazione di offerte di prodotti di consumo a prezzo
conveniente, l’istituzione di un apposito fondo destinato a finanziare le iniziative
attivate dai Comuni e dalle Camere di commercio.
.....
Il valore dell’euro
Va innanzitutto ricordato che alcuni aumenti e arrotondamenti, in funzione della
prevista conversione in euro, erano intervenuti a “luci spente”, cioè nei mesi che
vanno da settembre a dicembre del 2001: basta ricordare, come esempio, il prezzo dei
quotidiani, passato da 1500 a 1700 lire (con un incremento del 13,3%).
Successivamente, soltanto in Italia, il cambio della moneta nazionale con quella
europea ha creato problemi diversi rispetto a quelli di natura tecnica nell’esposizione
dei prezzi che erano stati ben studiati e previsti. Qui da noi, l’occasione è stata
fautrice di un perverso processo che ha indotto a considerare (o ad accettare) l’euro al
valore di mille lire: quello che prima era “tutto a 10.000 lire” è divenuto “tutto a 10
euro”.
Probabilmente all’inizio vi sono state singole azioni di tipo speculativo – che sono
state messe in moto a partire dalla fine del periodo della doppia circolazione lira/euro
(aprile 2002), cioè dopo che si erano incautamente spenti i riflettori sul rapporto di
cambio – ma successivamente si è sviluppata una più generale percezione circa la
modifica dell’effettivo valore dei prezzi dei prodotti. Un processo che si è affermato
anche a causa dell’inesistente azione di pressing e di moral suasion da parte del
Governo. L’informazione si è rivelata controproducente, mentre le fonti governative,
compreso l’Istat, continuavano a trasmettere messaggi rassicuranti circa l’inesistenza
di aumenti generalizzati dei prezzi di beni e servizi.
Appare evidente che né l’adozione dell’euro, in quanto tale, né le 1.936,27 lire del
valore della conversione sono state la causa della crescita del livello dei prezzi nel
nostro Paese, piuttosto le responsabilità sono di altra natura. Anzi si potrebbe dire di
più in difesa dell’euro: se non avessimo avuto in questi frangenti la stabilità
monetaria e una moneta così forte nei confronti del dollaro avremmo patito oggi
un’inflazione (da importazione) molto più elevata a causa del maggior costo delle
materie prime pagate in dollari, a cominciare dal petrolio. E come non considerare i
risparmi di famiglie, imprese e Stato che l’euro forte e stabile ha determinato facendo
abbassare i tassi di interesse.
Sarebbe stato necessario un tempestivo richiamo al senso di responsabilità delle
imprese per il perseguimento di un interesse generale del Paese, quale il
mantenimento di un basso tasso di inflazione: un’attenzione politica al problema dei
prezzi al massimo livello di autorevolezza. D’altro canto, proprio negli ultimi mesi la
comunicazione istituzionale sulla familiarizzazione e l’uso della nuova moneta,
promossa a suon di milioni di euro dal Governo su giornali e televisioni, si è rilevata
inadeguata e carente sotto questo punto di vista.
il resto lo trovi nel link, buona lettura
u...p...
dantes76
16-11-2006, 09:57
http://www.antoniodecurtis.com/4b.jpg
Qualche verità sul cambio lira-euro
1. Chi predica che il prezzo di 1 Euro avrebbe dovuto essere fissato a 1500 lire dimentica che ciò avrebbe comportato una rivalutazione della lira di proporzioni insostenibili. Pur assumendo che partners commerciali importanti come Germania e Francia avessero fissato lo stesso cambio ora in vigore, le nostre esportazioni verso quei mercati sarebbero crollate in modo vertiginoso. E’ quasi superfluo aggiungere che cosa questo avrebbe comportato per la già comunque asfittica dinamica del Pil italiano.
2. Si aggiunga, che dopo la svalutazione della Lira del 1992, e l’uscita dallo SME, entrare nella moneta unica era già stato un mezzo miracolo per l’Italia. Si dimentica spesso che uno dei requisiti per l’ingresso nell’Euro era che il cambio della valuta (rispetto al paniere di riferimento europeo denominato Ecu) fosse rimasto, negli ultimi due anni precedenti l’ingresso, stabile entro le bande di fluttuazione previste dallo SME (e riviste dopo il reingresso della lira per riflettere la svalutazione del 1992). Perciò la lira arrivava alla prova di Maastricht con una parità di riferimento sancita dai mercati, ed è questa che è valsa per la fissazione della parità con l’euro. Fissare una parità largamente diversa avrebbe comportato una fortissima pressione all’ apprezzamento delle nostre ragioni di scambio verso i partners commerciali.
3. In generale, però, sfugge quale sia il legame tra parità iniziale euro-lira e dinamica dell’inflazione in Italia nella fase post-euro. La confusione del dibattito corrente dimentica una serie di fatti sull’inflazione italiana. Vale la pena chiarirli:
(i) Tipicamente si tende a confondere aumenti una tantum del livello dei prezzi con aumenti generalizzati dell’inflazione, cioè del loro tasso di crescita. Per chiarire, supponiamo che il livello dei prezzi sia stabile e pari a 100 prima dell’euro. In tal caso l’inflazione è zero. Se a cavallo del changeover il livello dei prezzi sale a 102 e poi rimane stabile, l’inflazione ha solo una fiammata temporanea del due per cento, e poi torna a zero, come prima. Non a caso, in Italia, l’Istat ha più volte ripetuto che l’inflazione è rimasta abbastanza stabile dopo il Gennaio 2002.
(ii) Analizzando meglio le statistiche si scopre che l’aumento dei prezzi in Italia si è osservato soprattutto in alcuni settori (i servizi) e molto poco in altri (computer e software, per esempio, in cui i prezzi sono persino diminuiti). Tra i piccoli servizi spiccano i ristoranti, per i quali certamente la percezione della gente non sbaglia. In Italia, rincari si sono avuti anche in servizi di tipo più tradizionale, come le lavanderie e i piccoli alimentari, e soprattutto nelle aree geografiche con meno concorrenza.
(iii) Tutto ciò si spiega solo per la volontà speculativa di molti commercianti? In realtà le spiegazioni esistono. Le attività sopra citate si distinguono per tre caratteristiche. Primo, hanno cosiddetti menu costs. Cambiare la denominazione dei prezzi nei menu dei ristoranti è un costo fisso. Se un ristorante pensava già da qualche mese prima del Gennaio 2002 di aumentare i prezzi, avrà probabilmente atteso la data del changeover per farlo. Secondo, lavanderie e ristoranti usano molto di più il denaro liquido rispetto ad altri esercizi. Perciò, con il passaggio all’Euro, hanno fronteggiato costi di transazione più alti rispetto a settori che usano principalmente le transazioni elettroniche. Terzo, lavanderie e ristoranti basano molto la loro attività su relazioni personali e stabili con la clientela. Perciò, variazioni troppo frequenti dei prezzi sono mal percepite e soprattutto facilmente individuate dalla clientela affezionata. Il passaggio all’Euro ha funzionato così da “scusa” per giustificare gli aumenti agli occhi dei clienti più frequenti. Ma si tratta di aumenti che probabilmente volevano essere introdotti da tempo. Per chiarirci, la stessa cosa sarebbe avvenuta se si fosse chiesto a tutte le lavanderie in Italia di riportare il nome di ogni capo in inglese invece che in italiano. In quel caso avremmo dovuto considerare l’ ”Inglese” responsabile del maggior costo della vita?
I rialzi dei prezzi si sono quindi osservati principalmente in alcuni servizi poco (o per nulla) esposti alla concorrenza internazionale e legati ad un contatto diretto e quotidiano con la clientela. Prendiamo una lavanderia: se il cambio euro lira fosse stato fissato a 1500 lire, e quindi il costo in euro di importare dalla Germania fosse stato più basso, quanto di questo avrebbe inciso sulla dinamica dei costi della lavanderia stessa? Presumo molto poco.
http://www.lavoce.info/news/view.php?SEARCH=euro+cambio&AUTHOR=&DATE=all&RECORD_PAGE=20&ACTION=search&BUTTON=T+r+o+v+a&id=3&cms_pk=2053&from=index&id=3&cms_pk=2053&n_page=3
26-04-2006
Perché non diremo addio all' euro
Tito Boeri
Riccardo Faini
L’Italia è condannata a uscire dall’ euro? Lo suggeriscono due scenari proposti dal Financial Times. Nel primo, delineato da Wolfgang Munchau il 17 aprile, un governo italiano populista decide unilateralmente di abbandonare l’ euro. Nel secondo scenario, dipinto nella Lex Column del 20 aprile, sono i mercati a costringere l’Italia a uscire dalla moneta unica. Meritano una risposta. Lo facciamo qui e, speriamo, presto anche sulle colonne del Financial Times. La probabilità che uno di questi scenari si realizzi e' molto, molto bassa, sia nel medio che nel lungo periodo.
L’opzione che non c’è
Innanzitutto, l’opzione di un semplice abbandono dell’ euro non esiste. Non è stata concordata con l’Italia nessuna clausola in proposito, ma anche se una simile deroga potesse essere negoziata, i nostri principali partner commerciali – Germania, Francia e Spagna – non ci permetterebbero mai di rimanere nell’Unione europea e allo stesso tempo di perseguire una politica di “svalutazioni competitive”. E nessun governo italiano, neanche il più populista, potrebbe prendere in considerazione l’idea di abbandonare del tutto l’Unione europea, per le conseguenze devastanti che ciò avrebbe sull’economia italiana: i populisti possono essere stupidi, ma aspirano a essere rieletti.
È invece possibile che i mercati possano costringere un Governo italiano ad abbandonare l’ euro, come sostiene la Lex Column? Può accadere se i mercati si convincono che le condizioni di finanza pubblica dell’Italia non sono sostenibili e si profila il pericolo di un ripudio del debito. In effetti la combinazione di debito in aumento, economia piatta e tassi di cambio fissi puo' evocare ad osservatori esteri preoccupanti paralleli con l’Argentina. Ma si tratta di situazioni molto diverse tra di loro.
È vero che il debito italiano è in crescita – per la prima volta dal 1994 – e che questo può aver provocato qualche brivido tra i nostri partner europei o finanziari. Tuttavia, i correttivi necessari per tornare a ridurre il debito sono relativamente contenuti. Anche se il tasso nominale medio di crescita è stato del 3 per cento (il che significa crescita reale al di sotto del potenziale) e il costo medio del debito è salito del 5 per cento, un avanzo primario del 2 per cento sarebbe sufficiente per stabilizzare il rapporto debito/Pil. Aggiustando per il ciclo, ma escludendo le manovre una tantum, l’avanzo primario nel 2005 è stato dell’1 per cento. Perché il debito torni a calare è dunque sufficiente un piccolo aggiustamento. Se il Governo della IV legislatura non avesse sperperato il surplus ereditato dalla legislatura precedente (3,2 per cento), l’Italia non si troverebbe ad affrontare questo problema.
La consapevolezza del declino
Altrettanto rassicurante è il fatto che per ridare forza a competitività e crescita non si deve necessariamente passare per una svalutazione. L' euro ha solo messo a nudo una tendenza di lungo periodo alla perdita di competitivita' del nostro paese. L’export italiano ha perso quote di mercato sia negli anni in cui l’ euro si deprezzava verso il dollaro sia quando l’ euro si è rafforzato.
Il programma della coalizione che ha vinto le elezioni mostra consapevolezza del fatto che la competitività dell’Italia è indebolita da profondi e antichi problemi strutturali, che si possono risolvere solo attraverso una politica di liberalizzazione dei mercati e riforme strutturali. E prevede anche misure, come il taglio del cuneo fiscale, per rilanciare la competitività delle esportazioni italiane immediatamente, in attesa che gli effetti delle riforme strutturali si facciano sentire sulla produttività.
Certo, la risicata maggioranza di cui disporrà il Governo Prodi, potrebbe rendere tutto più difficile. Ma chi sostiene questa tesi, dimentica che strette fiscali e importanti riforme strutturali sono state avviate proprio in periodi di turbolenza politica, nel 1992-93 prima e nel 1995-97 poi. Ancora più importante, la coalizione uscita vincente dalle urne ha già pagato un pesante prezzo in termini di consenso elettorale per il suo esplicito impegno ad alzare le tasse, se ciò dovesse essere necessario dalla condizione di finanza pubblica.
E nel lungo periodo? I pessimisti potrebbero controbattere che l’Italia ha problemi di invecchiamento molto più acuti rispetto alla maggior parte degli altri paesi, eccetto forse il Giappone. Hanno ragione, ma non dovrebbero dimenticare che le riforme previdenziali realizzate in Italia sono molto più lungimiranti di quelle della media dei paesi dell’Unione europea. Come è ben documentato dall’Ecofin, per il 2050 l’aumento di spesa pubblica dovuto all’invecchiamento è stimato per l’Italia intorno allo 0,5 per cento del Pil contro un oltre 4 per cento degli altri paesi dell’ eurozona. Le pensioni sono in Italia un problema di medio periodo, legato al processo di avvicinamento, certo troppo lento, al sistema sostenibile introdotto dalla riforma previdenziale del 1996. Nel lungo periodo, l’Italia ha minori problemi di sostenibilità dei conti pubblici.
Ciò non toglie che restano enormi le sfide che l’Italia deve affrontare. Ci sono alcuni segnali incoraggianti sul versante della ristrutturazione industriale, dove è in atto un processo di “distruzione creativa”.
Il rischio di profezie che si autoalimentano
Tuttavia, i mercati potrebbero rivedere al ribasso le loro valutazioni sull’Italia e rendere così più difficile il lavoro del Governo. È fin troppo noto che le percezioni dei mercati possono cambiare rapidamente e spostare un’economia da un percorso sostenibile a uno non sostenibile: se tutti i correntisti si aspettano il fallimento di una banca, quella banca finisce inevitabilmente per fallire. Proprio per questo motivo, la situazione della finanza pubblica in Italia deve essere valutata solo dopo una attenta e profonda analisi. In passato, molti commentatori, compreso il Financial Times, avevano predetto che l’Italia non sarebbe riuscita a entrare nell’ euro: ci sono molte buone ragioni per credere che abbiano torto anche questa volta.
http://www.lavoce.info/news/view.php?SEARCH=euro&AUTHOR=&DATE=all&RECORD_PAGE=20&ACTION=search&BUTTON=T+r+o+v+a&id=27&cms_pk=2137&from=index
uuuu....cambia val...ppppp
u...p...
Ma ciò che hai postato dimostra proprio che il governo nazionale non ha sostanzialmente strumenti per intervenire contro fiammate di inflazione speculativa.
L'errore stà a monte, da parte di chi ha deciso di fare il passo più lungo della gamba (evitiamo commenti con la teoria della clientela affezionata a lavanderie e ristoranti :D )
dantes76
16-11-2006, 10:16
Ma ciò che hai postato dimostra proprio che il governo nazionale non ha sostanzialmente strumenti per intervenire contro fiammate di inflazione speculativa.
L'errore stà a monte, da parte di chi ha deciso di fare il passo più lungo della gamba (evitiamo commenti con la teoria della clientela affezionata a lavanderie e ristoranti :D )
mi fa piacere che hai letto tutto l'articolo(quello in PDF), con relative tab,
hai letto il quadro che riguarda le accise? e quello sull'Iva? quello delle assicurazioni?... cosa sara' mai il Cipe?
mi fa piacere che hai letto tutto l'articolo(quello in PDF), con relative tab,
hai letto il quadro che riguarda le accise? e quello sull'Iva? quello delle assicurazioni?...
Non fare ironia fuori luogo.
Ho letto le parti che hai postato (e l'ho pure scritto, leggere?) e tutto quello scritto conferma ciò che è stato detto:non c'è "controllo" (?) o "multa" che si può fare al grossita/commerciante/chivuoitu che alza i prezzi sia che lo faccia perchè gli sono aumentati i costi sia che lo faccia perchè la moglie vuole le scarpine di Prada.
DonaldDuck
16-11-2006, 10:27
mi fa piacere che hai letto, tutto , pero' l'importante e giocare con un cambia valute
Quello che è più importante, dopo la tua sana scarica ormonale molti edit ed una galleria fotografica, è aver riportato valutazioni economiche che per il mercato interno hanno rappresentato un disastro completo. Il risultato è ciò che conta. Il cambio andava contrattato meglio tenendo conto, oltre che delle conseguenze sul mercato estero, delle ripercussioni o speculazioni che ne sono derivate. Un economista esperto non avrebbe faticato ad estrapolarle e soppesare vantaggi e svantaggi. Ma evidentemente sono state frutto di speculazioni ( volontariamente o involontariamente, scegli tu) sbagliate. E le conseguenze sono state fatte candidamente ricadere sullla legislatura successiva: Berlusconi non ha fatto nulla per calmierare i prezzi del (libero) mercato. Gli errori sono stati compiuti a monte. Noto che continui ad impastrocchiare questa discussione nel vano tentativo di provocare una energica reazione che, mi spiace per te, non ci sarà. Noto, inoltre, che nonostante tutti i limiti precocemente mostrati dall'attuale maggioranza ancora pendi e difendi i personaggi (ministro in più, ministro in meno) che ci fecero entrare in zona euro. Mi rimane difficile comprendere questa posizione dato che quì http://www.hwupgrade.it/forum/showpost.php?p=14680392&postcount=2937 speri in un miracolo, in una crisi di governo.
Il cambio andava contrattato meglio
Guarda che il cambio non e' stato fissato sul momento tirando numeri a caso..
Esisteva gia.
Sono stati fatti _piccoli_ aggiustamenti, ma certo non era possibile tirarlo a 1500 lire (ammesso e non concesso che sarebbe stato positivo, come cambio). Le 1000 lire poi sono fantascienza pura, ma di quella alla Indipendence Day.
Guarda che il cambio non e' stato fissato sul momento tirando numeri a caso..
Esisteva gia.
Sono stati fatti _piccoli_ aggiustamenti, ma certo non era possibile tirarlo a 1500 lire (ammesso e non concesso che sarebbe stato positivo, come cambio). Le 1000 lire poi sono fantascienza pura, ma di quella alla Indipendence Day.
Ma infatti più che contrattare un diverso cambio si doveva aspettare ad entrare in zona Euro.
I detrattori spesso sostengono che l'Italia non poteva evitare di entrare in zona euro.
Ed hanno ragione.
I sostenitori dicono che non potevamo entrare nell'euro.
Ed hanno ragione.
Il punto è che con l'economia debole come la nostra, con un tessuto economico inefficente costituito per la quasi totalità di PMI, con infrastrutture ridicole e costosissime, con un divario abissale tra aree geografiche diverse, con il mercato interno pronto a cadere al primo soffio di vento....era da pazzi entrare nell'euro.
La buffonata (perdona la parola forte ma ci stà tutta) del "sacrificio per entrare in europa" dell'eurotassa voluta proprio da Prodi è emblematica: invece della sciocchezza di usare questi soldi per una una-tantum capace di far rispettare i parametri per entrare sarebbe stato necessario mettere il motore economico in grado di reggere il confronto (non vincere: solo reggere il confronto) con giganti economici come Francia e Germania.
E' ovvio che questo avrebbe richiesto tempo (non poco) e lacrime (forse di più della tassa stessa) ma avrebbe avuto un senso.
Non stimo Prodi ma una persona laureata in queste materie NON PUO' non sapere che legando rigidamente delle economie così diverse quelle più deboli (Italia, Portogallo etc..) ne escono con le ossa rotte, soprattutto sul mercato interno.
Peraltro anche nell'ipotesi che lui non avesse visto questo pericolo è circondato da uno staff di professionisti strapagati per saperlo.
Non riesco a credere che non sapesse cosa sarebbe successo dopo poco in Italia o non fosse stato avvertito.
Di Berlusconi si può dire peste e corna (e non sono certo io a difenderlo :D ) ma la "colpa" (o "incompetenza" se vuoi) di quello che è successo post-euro è di Prodi
CUTTONE
Solito discorso, 2 scuole di pensiero.
Io sto nell'altra rispetto alla tua, ma ne abbiamo gia parlato troppe volte ;)
mauriz83
16-11-2006, 12:04
:muro: :muro:
Ancora girano queste idee ??
Non esistono strumenti per cui un governo nazionale può colpire (perchè poi ?) qualcuno che aumenta i prezzi.
Su decisioni sovranazionali come il cambio di moneta ci deve (dovrebbe?) essere una strategia economica di fondo che impedisca azioni scellerate come quelle avvenute che si dimostrano disastrose per le economie interne più deboli del gruppo (Italia,Portogallo,Grecia etc..)
esistono eccome,o per lo meno si poteva benissimo fare ,bastava potenziare la GDF dargli la possibilità di fare controlli serrati senza permesso di magistrati e quant'altro, fare un decreto bloccare i prezzi di ogni cosa prodotta sul suolo italiano e chi aumentava veniva multato pesantemente,so che a molti sentire la parola GDF viene in mente il tipo di stato che c'era in Russia nel periodo comunista,oppressore e statalista nel vero senso,ma guarda caso quelli che non vogliono essere controllati dalla GDF sono i primi che fanno carte false per fregare lo stato e il prossimo appena ne hanno occasione.
esistono eccome,o per lo meno si poteva benissimo fare ,bastava potenziare la GDF dargli la possibilità di fare controlli serrati senza permesso di magistrati e quant'altro, fare un decreto bloccare i prezzi di ogni cosa prodotta sul suolo italiano e chi aumentava veniva multato pesantemente,so che a molti sentire la parola GDF viene in mente il tipo di stato che c'era in Russia nel periodo comunista,oppressore e statalista nel vero senso,ma guarda caso quelli che non vogliono essere controllati dalla GDF sono i primi che fanno carte false per fregare lo stato e il prossimo appena ne hanno occasione.
Si, e la marmotta incartava la cioccolata.
Per il SOLO fatto di esser stato garante di una compagnia privata per evitargli la bancarotta (Alitalia) lo stato italiano è stato costretto dall'Europa a pagare una multa da brivido per aver interferito nel libero mercato.
Se il governo fà un decreto per bloccare i prezzi di ogni cosa (azz..manco i beni di prima necessità :asd: ) sarebbe costretto a vendere il colosseo, l'arena di Verona, il Duomo di Milano e la torre di Pisa per pagare :D :D
Mi spiace non funziona come dici.
In nessuna parte del mondo libero
dantes76
16-11-2006, 13:03
Quello che è più importante, dopo la tua sana scarica ormonale molti edit ed una galleria fotografica, è aver riportato valutazioni economiche che per il mercato interno hanno rappresentato un disastro completo. http://www.hwupgrade.it/forum/showpost.php?p=14680392&postcount=2937 speri in un miracolo, in una crisi di governo.
e' spiegato chiaremente la storia del cambio, e anche quella del controlo dei prezzi
detto questo,che io possa sperare in una crisi di governo e' una cosa normale, visto che non mi piace il fare intrapreso, ma questo non significa che io debba fare slup slup, solo perche ho ideali affini con quello schieramento...piccola differenza di fondo fra noi due
dantes76
16-11-2006, 13:04
Si, e la marmotta incartava la cioccolata.
Per il SOLO fatto di esser stato garante di una compagnia privata per evitargli la bancarotta (Alitalia) lo stato italiano è stato costretto dall'Europa a pagare una multa da brivido per aver interferito nel libero mercato.
Se il governo fà un decreto per bloccare i prezzi di ogni cosa (azz..manco i beni di prima necessità :asd: ) sarebbe costretto a vendere il colosseo, l'arena di Verona, il Duomo di Milano e la torre di Pisa per pagare :D :D
Mi spiace non funziona come dici.
In nessuna parte del mondo libero
esiste il Cipe...e solo che andare contro i propi interessi...
esiste il Cipe...e solo che andare contro i propi interessi...
eh ?
Il cipe non può suggerire al governo di bloccare i prezzi di tutti beni!!
Ma scherziamo ?
Un conto sono i monopoli naturali sui quali (forse) l'UE è accondiscendente (ma nemmeno tanto visto che pure l'acqua si fà privatizzare) un conto è il mercato di beni e servizi!
Nè il cipe nè il governo nè nessun altro può decidere il prezzo del pane o della pizza margherita, la politica finanziaria andava pensata PRIMA di agire (male).
dantes76
16-11-2006, 13:20
eh ?
Il cipe non può suggerire al governo di bloccare i prezzi di tutti beni!!
Ma scherziamo ?
Un conto sono i monopoli naturali sui quali (forse) l'UE è accondiscendente (ma nemmeno tanto visto che pure l'acqua si fà privatizzare) un conto è il mercato di beni e servizi!
Nè il cipe nè il governo nè nessun altro può decidere il prezzo del pane o della pizza margherita, la politica finanziaria andava pensata PRIMA di agire (male).
il cipe non blocca i prezzi, controlla e dispone aumenti in base a molti parametri
Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica
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Il CIPE, acronimo di Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica è l'organismo statale creato con Legge 27 febbraio 1967, n. 48, art.16, nella cui enunciazione si può rilevare:
Il Comitato è presieduto dal Presidente del Consiglio dei Ministri ed è costituito in via permanente dal Ministro per il bilancio e per la programmazione economica, che ne è Vice-presidente, e dai Ministri per gli affari esteri, per il tesoro, per le finanze, per l'industria e commercio, per l'agricoltura e foreste, per il commercio con l'estero, per le partecipazioni statali, per i lavori pubblici, per il lavoro e la previdenza sociale, per i trasporti e l'aviazione civile, per la marina mercantile e per il turismo o lo spettacolo nonché dal Ministro per gli interventi straordinari nel Mezzogiorno e nelle zone depresse del Centro-Nord.
e
Il Comitato interministeriale per la programmazione economica predispone gli indirizzi della politica economica nazionale; indica, su relazione del Ministro per il bilancio e la programmazione economica, le linee generali per la elaborazione del programma economico nazionale, su relazione del Ministro per il tesoro, le linee generali per la impostazione dei progetti di bilancio annuali e pluriennali di previsione dello Stato, nonché le direttive generali intese all'attuazione del programma economico nazionale ed a promuovere e coordinare a tale scopo l'attività della pubblica amministrazione e degli enti pubblici; esamina la situazione economica generale ai fini dell'adozione di provvedimenti congiunturali
Da ciò si può evincere l'importanza dell'organismo nella vita dello Stato italiano, anche in confronto alla politica internazionale e comunitaria, infatti sempre nel momento dell'istituzione dell'organismo si è da subito affermato che:
Promuove, altresì, l'azione necessaria per l'armonizzazione della politica economica nazionale con le politiche economiche degli altri Paesi della Comunità europea del carbone e dell'acciaio (C.E.C.A.), della Comunità economica europea (C.E.E.) e della Comunità europea della energia atomica (C.E.E.A.), secondo le disposizioni degli Accordi di Parigi del 18 aprile 1951, ratificati con legge 25 giugno 1952, n. 766, e degli Accordi di Roma del 25 marzo 1957 ratificati con legge 14 ottobre 1957, n. 1203
Nel corso degli anni successivi alla fondazione, oltre alle modifiche intervenute nei vari ministeri partecipanti al comitato, cambiati sia nelle denominazioni che nelle attribuzioni dei poteri, sono state emanate ulteriori leggi a completamento dello statuto originale del CIPE, modificando di fatto alcune particolari attribuzioni iniziali, allargando la sua sfera d'azione in merito agli studi di settore e rimandando ad altre autorità, anche Regionali, alcune delle sue incombenze di carattere fiscale ed economico.
il cipe non blocca i prezzi, controlla e dispone aumenti in base a molti parametri
...
indica, su relazione del Ministro per il bilancio e la programmazione economica, le linee generali per la elaborazione del programma economico nazionale, su relazione del Ministro per il tesoro, le linee generali per la impostazione dei progetti di bilancio annuali e pluriennali di previsione dello Stato, nonché le direttive generali intese all'attuazione del programma economico nazionale ed a promuovere e coordinare a tale scopo l'attività della pubblica amministrazione e degli enti pubblici; esamina la situazione economica generale ai fini dell'adozione di provvedimenti congiunturali
...
allargando la sua sfera d'azione in merito agli studi di settore e rimandando ad altre autorità, anche Regionali, alcune delle sue incombenze di carattere fiscale ed economico
Come vedi NON può in decidere di bloccare prezzi di beni al libero mercato.
Dai, cerchiamo di ragionare nell'ottica del paese libero quale (sulla carta :D ) siamo....lo stato non ha potere di controllo nè di imposizione, non può fare tutto quello che vuole (ma scherziamo? Il solo pensarci dovrebbe far sudare freddo).
Comunque se non mi credi controlla pure:
http://www.cipecomitato.it/ML_Cipe.asp
Il cipe può indicare le linee guida per la politica economica, può monitorare vari parametri (ma a decidere è sempre il governo) ma NON ESISTE NEMMENO che blocchi i prezzi.
Ripeto : l'UE ci ha multato e ci multa per molto, molto meno
dantes76
16-11-2006, 13:33
Come vedi NON può in decidere di bloccare prezzi di beni al libero mercato.
Dai, cerchiamo di ragionare nell'ottica del paese libero quale (sulla carta :D ) siamo....lo stato non ha potere di controllo nè di imposizione, non può fare tutto quello che vuole (ma scherziamo? Il solo pensarci dovrebbe far sudare freddo).
Comunque se non mi credi controlla pure:
http://www.cipecomitato.it/ML_Cipe.asp
Il cipe può indicare le linee guida per la politica economica, può monitorare vari parametri (ma a decidere è sempre il governo) ma NON ESISTE NEMMENO che blocchi i prezzi.
Ripeto : l'UE ci ha multato e ci multa per molto, molto meno
strano, sai.. per esempio quando la compagnia di corriere del mio paese deve aumentare i prezzi del biglietto, deve avere il via libera dalla regione, che a sua volta ha il via libera dal cipe..
strano, sai.. per esempio quando la compagnia di corriere del mio paese deve aumentare i prezzi del biglietto, deve avere il via libera dalla regione, che a sua volta ha il via libera dal cipe..
Chiedi al verduraio se fà la stessa cosa...
Ti giuro che non capisco se sei serio o scherzi....
Se non erro (ma aspetto qualcuno più esperto) i trasporti pubblici sono monopoli in concessione.
Se è così non c'è nulla di strano che ci si rivolga al cipe ma il libero mercato è tutt'altra cosa e fuori dal controllo del cipe o del governo.
dantes76
16-11-2006, 13:46
Chiedi al verduraio se fà la stessa cosa...
Ti giuro che non capisco se sei serio o scherzi....
Se non erro (ma aspetto qualcuno più esperto) i trasporti pubblici sono monopoli in concessione.
Se è così non c'è nulla di strano che ci si rivolga al cipe ma il libero mercato è tutt'altra cosa e fuori dal controllo del cipe o del governo.
il fatto del verduraio e' una questione di regole: farle e applicarle
Ps: la soc di trasporti del mio paese e privata, quella regionale dalla regione Sicilia(AST) quella di Palermo, comunale(Amat)
il fatto del verduraio e' una questione di regole: farle e applicarle
Ps: la soc di trasporti del mio paese e privata, quella regionale dalla regione Sicilia(AST) quella di Palermo, comunale(Amat)
eh ?
Forse ho capito male ma mi spiegheresti come puoi trasformare i beni/servizi in monopoli di stato ?
DonaldDuck
16-11-2006, 17:35
e' spiegato chiaremente la storia del cambio, e anche quella del controlo dei prezzi
Il risultato non cambia. L'effetto della cosiddetta "spiegazione" continuiamo a viverla tutti i giorni. Tutte le famiglie italiane continuano a subirla.
detto questo,che io possa sperare in una crisi di governo e' una cosa normale,
Leggendoti nel complesso non mi pare.
visto che non mi piace il fare intrapreso, ma questo non significa che io debba fare slup slup, solo perche ho ideali affini con quello schieramento...
Rumore che forse ti è familiare? Non so di cosa parli.
piccola differenza di fondo fra noi due
Molto più grande di quello che pensi.
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