View Full Version : Italia: poverta' e disuguaglianza sempre alte
<Straker>
24-05-2006, 15:23
http://www.corriere.it/Primo_Piano/Economia/2006/05_Maggio/24/istat.shtml
Il rapporto annuale sull'economia dell'Istat
Italia: povertà e disuguaglianza sempre alte
I poveri sono 7,6 milioni: 1,5 milioni non arrivano a 800 euro al mese. Il 20% delle famiglie più agiate ha il 40% delle ricchezze
ROMA - In Italia la povertà è ben presente e negli ultimi otto anni non è calata. Inoltre la nazione si trova tra i Paesi europei dove esiste il maggiore divario tra ricchi e poveri: in pratica i redditi sono male distribuiti. Lo segnala l'Istat nel Rapporto annuale 2005 sullo stato dell'economia nazionale. Circa 4,2 milioni di lavoratori guadagna meno di 780 euro al mese.
INDIGENTI - L'ufficio di statistica segnala che gli indigenti in Italia sono 7,6 milioni, pari all'11,7% della popolazione, in pratica 2,6 milioni di famglie. L'emergenza riguarda soprattutto il Sud, dove una famiglia su quattro è povera e dove le persone povere nell'ultimo anno sono aumentate di circa 900 mila unità. La povertà interessa per lo più i nuclei con tre o più figli minori, le famiglie dove il capofamiglia è pensionato o donna, anziana o sola.
REDDITI BASSI - I redditi più bassi riguardano il 28,2% delle donne contro il 12,3% degli uomini; il 36% dei giovani con meno di 25 anni; il 32% di chi ha un basso titolo di studio; il 21% delle persone che lavorano nel settore privato; il 40% dei lavoratori a tempo determinato. Oltre il 50% dei lavoratori a basso reddito opera nell'agricoltura, nella caccia e pesca.
Nel 2003 il reddito medio per famiglia è stato di 24.950 euro, pari a circa 2.080 euro al mese. Ma una famiglia su due ha un reddito mensile netto inferiore a 1.670 euro. Al Sud di solito c'è un solo percettore di reddito, mentre al nord due o più.
DISUGUAGLIANZE - L'indice di concentrazione dei redditi colloca l'Italia, insieme a Portogallo, Spagna, Irlanda e Grecia, tra i Paesi europei a maggiore diseguaglianza tra ricchi e poveri. Il 20% delle famiglie più agiate detengono il 40% delle ricchezze italiane. Inoltre il nostro Paese si colloca tra quelli a minore mobilità sociale. Risulta infatti difficile passare da una classe sociale all'altra. Le donne hanno una probabilità maggiore di quella maschile di permanere nella classe di origine: è il caso delle figlie della classe operaia agricola e della borghesia. L'incidenza sul reddito delle spese per l'abitazione è del 9,2% per le famiglie più ricche e del 30,7% per quelle più povere.
CONSUMI RIDOTTI - Nel 2004 il 25% delle famiglie ha comprato meno pane e pasta mentre oltre il 30% meno carne, frutta e verdura; il 37,2% ha ridotto l'acquisto di pesce; il 41,9% ha speso meno per l'abbigliamento e le scarpe. Il 15% ha optato per alimenti di qualità più bassa. Nel Mezzogiorno il 13,5% delle famiglie (contro una media nazionale del 7%) ha dichiarato di non potersi permettere un pasto adeguato ogni due giorni. Al Sud il 21% delle famiglie non riesce a riscaldare adeguatamente la casa. Un terzo delle famiglie dichiara di arrivare con molta difficoltà a fine mese, il 27,5% non riesce a far fronte a una spesa imprevista di mille euro e solo il 26% è riuscita a mettere da parte dei risparmi nell'ultimo anno.
24 maggio 2006
Master_of_Puppets
24-05-2006, 18:31
Aggiungerei anche
http://www.repubblica.it/2006/05/sezioni/economia/rapporto-istat-2005/rapporto-istat-1/rapporto-istat-1.html
ROMA - Un sistema "eterogeneo e vulnerabile", che nel 2005 ha mostrato in pieno tutte le sue debolezze, non riuscendo ad agganciare la crescita mondiale ma nemmeno quella europea, decisamente più debole. Un sistema che, non andando avanti, si ripiega su se stesso, accentuando disuguaglianze e stagnazione economica e sociale.E' questa l'Italia che emerge dal 'Rapporto Annuale Istat -La situazione del Paese nel 2005', presentato stamane a Montecitorio dal presidente Luigi Biggeri. Per gestire i rischi presenti in una società complessa come quella italiana, ha detto Biggeri, è necessario "rendere il sistema più resiliente, ovvero capace di assorbire a livello sistemico shock non previsti, riducendo così quella vulnerabilità che si manifesta in presenza di equilibri precari".
E tuttavia, nonostante la debolezza del sistema Italia sia data da componenti strutturali che non mostrano alcun segnale di miglioramento, quali i conti pubblici in rosso e il sottodimensionamento delle imprese, nei primi mesi del 2006 sono già visibili dei segni di ripresa, a cominciare dal Pil: la crescita già acquisita, ricorda l'Istat (quella che cioè ci ritroveremmo a fine anno se non ci fosse un ulteriore aumento del Pil dopo quello rilevato nel primo trimestre) è dello 0,9%. Mentre il tasso d'inflazione acquisito al momento è dell'1,7%, ma si temono rialzi data la forte spinta data dall'aumento dei pezzi petroliferi. "A fronte di una economia segnata nel 2005 dal ristagno della domanda e dell'attività - conferma Biggeri - il 2006 è iniziato con forti segnali di ripresa e un rafforzamento dell'attività economica".
Le imprese: sempre troppo piccole. "La struttura dimensionale italiana - si legge nel Rapporto - continua a modificarsi con estrema lentezza: rispetto al 2003, la dimensione media è rimasta ferma a 3,8 addetti per impresa (era 3,7 nel 1999)". Impercettibile anche la variazione del numero di addetti per classe dimensionale: "la quota delle imprese con meno di 10 addetti scende dal 46,7 al 46,6% del totale (47,5% nel 1999) mentre quella delle imprese con 250 addetti e oltre sale dal 20 al 20,1% (contro il 19,7% del 1999). In definitiva, negli ultimi anni dal punto di vista dimensionale non è cambiato nulla.
Piccolo non è bello. Le dimensioni delle imprese italiane rappresentano un fattore di debolezza dal punto di vista della produttività (del 10% inferiore rispetto a quella europea) e sotto il profilo della scarsa capacità di esportazione. La stagnazione della produttività, ricorda l'Istat, prosegue dagli anni '90. Nel periodo 2000-2003 il prodotto per occupato si è ridotto del 2,3% in termini reali, mentre la produttività oraria ha registrato una variazione positiva minima (+0,1%). E le esportazioni italiane di beni e servizi nel periodo 2001-2005 sono diminuite a un ritmo dello 0,6% annuo, mentre per l'Uem e l'Ue sono aumentate, rispettivamente, del 3,5 e 3,6% (il 9,1% per i nuovi Paesi membri).
Il costo del lavoro basso permette di stare sul mercato. Nonostante la bassa produttività e la scarsa capacità di esportazione, tuttavia le imprese italiane riescono a stare sul mercato soprattutto grazie al fatto che "il costo del lavoro per dipendente rimane tra i più bassi" in Europa. Nella manifattura la differenza per dipendente è pari a circa 9.000 euro rispetto alla Francia e a 14.000 euro con la Germania. L'incidenza dei contributi sociali è invece più alta rispetto a quella di Germania, Spagna e Regno Unito.
Le imprese più produttive sono nel Nord-Ovest. La stagnazione della produttività non è tuttavia omogenea. Dall'analisi condotta dall'Istat su un panel di 233.000 società di capitale è risultato che le imprese rimaste stabilmente nella parte superiore della graduatoria di produttività hanno dimensioni medie più che doppie rispetto al complesso delle imprese del campione, hanno un elevato grado di innovazione e sono localizzate per lo più nelle regioni del Nord-Ovest.
La produzione: elementi di debolezza. La specializzazione delle imprese italiane, rileva l'Istat, "è debole proprio nei settori ad alta tecnologia ed elevata intensità di conoscenza, caratterizzata da livelli di produttività più elevati, meno esposti alla concorrenza delle economie emergenti, e dove la domanda è cresciuta più rapidamente". In definitiva, si produce molto nei settori dei servizi alle persone e del cosiddetto Made in Italy, che ormai è però in forte difficoltà per via della concorrenza straniera.
L'occupazione: è cresciuta, ma si sono accentuate le diseguaglianze. L'aumento dell'occupazione in Italia, ricorda l'Istat, ha avuto inizio nel quarto trimestre del 1995, ed è stata caratterizzata da una durata senza precedenti: 41 trimestri, con un aumento complessivo del numero degli occupati di 2,7 milioni di unità rispetto al primo trimestre 1995 (+13,8%). Però l'aumento non è stato omogeneo nè dal punto di vista territoriale nè da quello delle categorie di lavoratori: nel 2005 alla crescita degli occupati nel Nord e nel Centro (rispettivamente dell'1,2 e dello 0,8%) si è contrapposto un nuovo calo nel Mezzogiorno (-0,3%). Il tasso di disoccupazione del Mezzogiorno rimane quasi tre volte più elevato rispetto a quello delle restanti aree del Paese. Inoltre per la prima volta dalla metà degli anni Novanta il contributo delle donne all'aumento dell'occupazione è stato inferiore a quello degli uomini: la quota delle lavoratrici sul totale degli occupati è scesa del 39,2% del 2004 al 39,1% del 2005.
I giovani, poco valorizzati anche se laureati. Nella media dell'Ue25 livelli di istruzione più elevati assicurano ai giovani maggiori probabilità di occupazione. Non in Italia, dove invece il tasso di occupazione dei giovani di età tra i 20 e i 29 anni con un livello di istruzione secondario è pari al 53,3% (tra i più bassi d'Europa) mentre quello dei giovani laureati si riduce al 50,2% (il più basso in assoluto, inferiore di oltre 25 punti percentuali a quello medio dell'Ue25). L'Italia è l'unico Paese europeo nel quale il tasso di occupazione dei laureati tra i 20 e i 29 anni è inferiore a quello dei coetanei con un livello di istruzione inferiore. Inoltre i giovani fino a 35 anni presentano un differenziale retributivo grezzo del 26% rispetto agli adulti.
E fortuna che c'era chi sosteneva che il costo del lavoro in Italia era troppo alto.......rispetto alla Romania, alla Cina o al Vietnam...... :cry: :cry:
per fortuna che studiare serve :rolleyes: :muro:
beppegrillo
24-05-2006, 18:53
per fortuna che studiare serve :rolleyes: :muro:
a pigliartelo in q..o sicuramente ;)
Sigh st'itaglia è uno sfracello :mc:
Mia madre è stata intervistata per l'indagine Istat: è venuto un vigile urbano del paese ed ha iniziato a fare diverse domande tra cui: quale è il suo reddito?
Pensate abbia detto la verità in simili condizioni?
Per questo queste rilevazioni credo siano poco attendibili...
Mia madre è stata intervistata per l'indagine Istat: è venuto un vigile urbano del paese ed ha iniziato a fare diverse domande tra cui: quale è il suo reddito?
Pensate abbia detto la verità in simili condizioni?
Per questo queste rilevazioni credo siano poco attendibili...
No, ma l'analisi di base mi sembra sia corretta.
Già molte volte anche qui nel Forum si è discusso su queste cose: scarsa competitività delle aziende, ricchezza mal distribuita, spesso bassi consumi.
Niente di nuovo sotto il sole, purtroppo :(
akfhalfhadsòkadjasdasd
24-05-2006, 20:49
Mia madre è stata intervistata per l'indagine Istat: è venuto un vigile urbano del paese ed ha iniziato a fare diverse domande tra cui: quale è il suo reddito?
Pensate abbia detto la verità in simili condizioni?
Per questo queste rilevazioni credo siano poco attendibili...
non ti preoccupare che forse tua madre ha fatto alzare la media :D
sull'attendibilità bah, non lo so... sarà la zona mia ma io conosco solo gente (e sono proprio assai) che appena appena riescono a sbarcare il lunario nn permettednosi alcun lusso... tra cui io. (per lusso ormai intendo andare in pizzeria a spendere 15 euro un paio di volte o andare al cinema). ormai paghiamo le bollette con un mese di ritardo se va bene e attualemnte non so nemmeno se risco a raccimolare i soldi per la tassa universitaria. unico lusso mio: 20 euro al mese per il traffico gprs su internet :stordita:
ErbaLibera
24-05-2006, 22:05
E' c'è chi ci diceva che andava tutto bene l'importante erano gli sms,i suv e i televisori al plasma :rolleyes: :rolleyes: :rolleyes:
Se non si da un netto cambio di marcia la situazione non farà altro che peggiorare.
E' c'è chi ci diceva che andava tutto bene l'importante erano gli sms,i suv e i televisori al plasma :rolleyes: :rolleyes: :rolleyes:
Se non si da un netto cambio di marcia la situazione non farà altro che peggiorare.
quello stesso individuo oggi dice che ha sconfitto il precariato :asd:
:muro: :muro:
Engelbert
25-05-2006, 09:35
E' c'è chi ci diceva che andava tutto bene l'importante erano gli sms,i suv e i televisori al plasma :rolleyes: :rolleyes: :rolleyes:
Se non si da un netto cambio di marcia la situazione non farà altro che peggiorare.
Grande!!
Peccato che non trovo più un link al discorso del Silvio...
ErbaLibera
25-05-2006, 09:54
Peccato che non trovo più un link al discorso del Silvio...
Lascia stare devo ancora pranzare e non voglio farmi andare di traverso qualcosa che non ho ancora mangiato.....
Nevermind
25-05-2006, 10:01
per fortuna che studiare serve :rolleyes: :muro:
Si alle casse dello stato.
<Straker>
25-05-2006, 10:05
E' c'è chi ci diceva che andava tutto bene l'importante erano gli sms,i suv e i televisori al plasma :rolleyes: :rolleyes: :rolleyes:
Se non si da un netto cambio di marcia la situazione non farà altro che peggiorare.
Guarda che da un certo punto di vista effettivamente la situazione va tutto bene ;)
Il precariato selvaggio favorito nel corso di questi ultimi anni ad esempio ha favorito molti datori di lavoro: pagano meno i dipendenti, hanno meno costi e meno vincoli, e grazie a questo hanno piu' profitti. Cosi' si possono comprare il suv e la tv al plasma :sofico:
E' un dato di fatto che il governo di dx (come in genere i governi di dx tendono a fare) ha accentuato le differenze tra chi e' ricco e chi e' povero, cosi' come ha ridotto la mobilita' sociale.
ErbaLibera
25-05-2006, 10:08
Aspetto i primi commenti in difesa dell'omino tanto c'è gente capace di dire "sono poveri perchè se lo son voluto" :rolleyes:
edit.
Allora, vi riporto la mia esperienza: ho fatto il rilevatore ISTAT per quasi 3 anni.
- Normalmente le persone sono molto restie a dichiarare a quello che è uno sconosciuto il reddito familiare o quanto risparmiano all'anno. Risultato: o si rifiutano di rispondere o dichiarano volutamente un reddito molto più basso (vedi case in cui sono stato ben ammobiliate, situate al centro della città, con svariati beni di consumo e di lusso, in cui mi hanno dichiarato redditi di 1000€ al mese)
- C'è una rilevazione sui consumi quotidiani. Si basa sull'autocompilazione di un diario giornaliero (x 7 giorni) delle spese (alimentari, giornali, libri, divertimenti, benzina...) sostenute. Risultato: molta gente si scoccia di compilarlo, e così lo riempie in modo frammentario, alcuni giorni non segna proprio niente e anche in questo caso, molti mentono (alcuni non hanno mai segnato di comprare pane e latte, verosimile, ma mi sembra strano).
- C'è un diffuso atteggiamento di rispondere quasi sempre per far risaltare "siamo nella merda", "non ce la facciamo più", "le spese sono troppe", "lo stato ci ruba i soldi" e così via: poi magari alcuni (non tutti) vivono, non dico bene, ma dignitosamente (vedi diffusione di cellulari e altri beni di consumo).
- Per quanto riguarda il discorso imprese, costo del lavoro, disoccupazione, non so dire. Su quello ci sono altri rilevatori, più specializzati, che fanno interviste specifiche alle aziende.
- Ultimo appunto. In queste statistiche si parla di "campioni" di famiglie. Le interviste che facevo io erano su 24 famiglie in un paese di circa 18.000 nuclei familiari. Molte volte ho intervistato persone che costituivano nucleo familiare da sole (vedove, agenti di commercio, etc..)
Detto questo.... "siamo nella merda" :D
nomeutente
25-05-2006, 11:48
Allora, vi riporto la mia esperienza: ho fatto il rilevatore ISTAT per quasi 3 anni.
Francamente mi auguro che gli analisti dell'Istat, ricevuti i dati dai rilevatori, siano in grado di correggere l'errore insito in indagini fatte con questo metodo. Altrimenti possiamo anche smantellare l'istat.
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