easyand
29-03-2006, 19:53
Subito dopo la caduta di Baghdad s'iniziò a parlare di attacco aereo ai siti nucleari iraniani. Il terremoto che in Iran, nel dicembre del 2003, causò la morte di oltre 20 mila persone, impedì probabilmente la realizzazione dell'attacco nel momento militare più favorevole, ma politicamente sconsigliabile in quanto maramaldo.
Il presidente Ahmadinejad deve probabilmente la sua fortuna politica proprio alla contrapposizione con gli Usa che, all'interno dell'Iran, ha reso più forti le posizioni dei radicali, come appunto Ahmadinejad, e indebolito gli inclini al negoziato. Uno dei primi ordini di Ahmadinejad alle forze armate iraniane ed all'aviazione in particolare, fu di proteggere a qualunque costo i siti nucleari da qualunque tipo di attacco. Per le truppe di terra questo ha comportato un impegno gravoso, ma per l'aviazione ciò ha significato rimanere sul piede di guerra quasi ininterrottamente per circa tre anni.
Una tale condizione avrebbe dovuto consentire agli Usa di acquisire, in un lasso di tempo da due a sei mesi, una serie d'informazioni molto utili in quanto a procedure e vulnerabilità dei dispositivi di difesa aerea iraniana. In tal modo le procedure di attacco si affinano e recano il massimo danno con il minimo rischio.
Nello stesso tempo, il logorio della macchina di difesa iraniana avrebbe consentito di capitalizzare il tempo trascorso. Non è stato così per una serie di ragioni politiche connesse al poco incoraggiante sviluppo delle operazioni in Iraq e, successivamente, alla necessità di non radicalizzare le posizioni in vista delle elezioni politiche nei Territori palestinesi, inutilmente, come si sa.
La difesa aerea iraniana si è inoltre giovata di consistenti forniture russe e questo ha complicato ulteriormente il quadro per gli Usa. La proverbiale prudenza israeliana accompagnata dalla tradizionale tendenza a garantirsi autonomamente la propria sicurezza, ha indotto Tel Aviv, sin dal 1999, ad un vasto programma di potenziamento dell'aviazione, delle telecomunicazioni e dei sistemi radar. Subito dopo le elezioni americane del novembre 2004 gli Usa hanno fornito ad Israele 500 testate Blu-109, da 2000 libbre, governate da un sistema Gps, in grado di penetrare e distruggere uno spessore di cinque metri di calcestruzzo armato. A queste si aggiunge la disponibilità di testate Guided Bomb Unit-28 (Gbu-28), in grado di penetrare in trenta metri di terreno compatto oppure sette metri di cemento armato.
La serie "Gbu" è ancora più ricca, ma non occorre dilungarsi oltre per osservare che al momento attuale non sono i mezzi tecnici che mancano per la distruzione dei siti nucleari iraniani, con accuratezza e risultati ben maggiori di quelli che furono reputati eccezionali quando Israele distrusse il reattore nucleare dell'Iraq, alla periferia di Baghdad, nel marzo del 1981.
Il regime iraniano ha radicalizzato la sua sfida agli Usa e all'Onu quando, a circa tre anni dagli avvertimenti statunitensi, nessuna azione militare concreta si è manifestata, testimoniando da un lato la non volontà statunitense di operare unilateralmente e, nello stesso tempo, l'incapacità di aggregare consenso internazionale. Gli attentati a Londra vanno visti, secondo taluni, anche in quest'ottica, tesi cioè ad accreditare la "punishment strategy" che implacabilmente Teheran rivolgerebbe contro coloro che sostenessero qualunque azione militare degli Usa e d'Israele.
A questo punto tuttavia, l'oggettiva condizione di pericolo per Israele - che sarebbe il primo obiettivo di un attacco missilistico terra-terra portato dall'Iran con le tecnologie nord-coreane già acquisite - laddove la situazione nei territori non trovasse uno sbocco positivo, a causa delle pretese di Hamas, direttamente collegata a Teheran, renderebbe l'azione preventiva di Tel Aviv sempre più necessaria e dunque verosimile.
Resta da capire se Washington intenda aspettare che sia Israele a muoversi, sulla base delle sue specifiche esigenze di sicurezza, oppure se voglia passare all'azione senza curarsi delle inevitabili e consuete critiche di unilateralismo. In ogni caso è da tenere conto che l'Iran ha la tecnologia nucleare, ben presto avrà gli ordigni nucleari e già dispone dei vettori per lanciare le testate distruttive. Entro breve termine quindi la situazione sarà senza ritorno, profondamente critica e dagli esiti non prevedibili.
analisi difesa
Il presidente Ahmadinejad deve probabilmente la sua fortuna politica proprio alla contrapposizione con gli Usa che, all'interno dell'Iran, ha reso più forti le posizioni dei radicali, come appunto Ahmadinejad, e indebolito gli inclini al negoziato. Uno dei primi ordini di Ahmadinejad alle forze armate iraniane ed all'aviazione in particolare, fu di proteggere a qualunque costo i siti nucleari da qualunque tipo di attacco. Per le truppe di terra questo ha comportato un impegno gravoso, ma per l'aviazione ciò ha significato rimanere sul piede di guerra quasi ininterrottamente per circa tre anni.
Una tale condizione avrebbe dovuto consentire agli Usa di acquisire, in un lasso di tempo da due a sei mesi, una serie d'informazioni molto utili in quanto a procedure e vulnerabilità dei dispositivi di difesa aerea iraniana. In tal modo le procedure di attacco si affinano e recano il massimo danno con il minimo rischio.
Nello stesso tempo, il logorio della macchina di difesa iraniana avrebbe consentito di capitalizzare il tempo trascorso. Non è stato così per una serie di ragioni politiche connesse al poco incoraggiante sviluppo delle operazioni in Iraq e, successivamente, alla necessità di non radicalizzare le posizioni in vista delle elezioni politiche nei Territori palestinesi, inutilmente, come si sa.
La difesa aerea iraniana si è inoltre giovata di consistenti forniture russe e questo ha complicato ulteriormente il quadro per gli Usa. La proverbiale prudenza israeliana accompagnata dalla tradizionale tendenza a garantirsi autonomamente la propria sicurezza, ha indotto Tel Aviv, sin dal 1999, ad un vasto programma di potenziamento dell'aviazione, delle telecomunicazioni e dei sistemi radar. Subito dopo le elezioni americane del novembre 2004 gli Usa hanno fornito ad Israele 500 testate Blu-109, da 2000 libbre, governate da un sistema Gps, in grado di penetrare e distruggere uno spessore di cinque metri di calcestruzzo armato. A queste si aggiunge la disponibilità di testate Guided Bomb Unit-28 (Gbu-28), in grado di penetrare in trenta metri di terreno compatto oppure sette metri di cemento armato.
La serie "Gbu" è ancora più ricca, ma non occorre dilungarsi oltre per osservare che al momento attuale non sono i mezzi tecnici che mancano per la distruzione dei siti nucleari iraniani, con accuratezza e risultati ben maggiori di quelli che furono reputati eccezionali quando Israele distrusse il reattore nucleare dell'Iraq, alla periferia di Baghdad, nel marzo del 1981.
Il regime iraniano ha radicalizzato la sua sfida agli Usa e all'Onu quando, a circa tre anni dagli avvertimenti statunitensi, nessuna azione militare concreta si è manifestata, testimoniando da un lato la non volontà statunitense di operare unilateralmente e, nello stesso tempo, l'incapacità di aggregare consenso internazionale. Gli attentati a Londra vanno visti, secondo taluni, anche in quest'ottica, tesi cioè ad accreditare la "punishment strategy" che implacabilmente Teheran rivolgerebbe contro coloro che sostenessero qualunque azione militare degli Usa e d'Israele.
A questo punto tuttavia, l'oggettiva condizione di pericolo per Israele - che sarebbe il primo obiettivo di un attacco missilistico terra-terra portato dall'Iran con le tecnologie nord-coreane già acquisite - laddove la situazione nei territori non trovasse uno sbocco positivo, a causa delle pretese di Hamas, direttamente collegata a Teheran, renderebbe l'azione preventiva di Tel Aviv sempre più necessaria e dunque verosimile.
Resta da capire se Washington intenda aspettare che sia Israele a muoversi, sulla base delle sue specifiche esigenze di sicurezza, oppure se voglia passare all'azione senza curarsi delle inevitabili e consuete critiche di unilateralismo. In ogni caso è da tenere conto che l'Iran ha la tecnologia nucleare, ben presto avrà gli ordigni nucleari e già dispone dei vettori per lanciare le testate distruttive. Entro breve termine quindi la situazione sarà senza ritorno, profondamente critica e dagli esiti non prevedibili.
analisi difesa