View Full Version : femminismo, non è mai morto
18.12.2005
«Il femminismo non è mai morto»
Intervista a Dacia Maraini
a cura di Maria Serena Palier
Roma
Il 29 novembre scorso, alla Camera del Lavoro, a Milano, sotto questa insegna si è svolta un’assemblea di donne di quelle che non si vedevano da un pezzo: tema, la campagna contro la legge 194 sull’aborto e la pillola Ru486.
Negli stessi giorni, a Roma, donne in picchetto davanti alle Camere protestavano contro gli obbrobriosi accenti del dibattito sulle quote rosa. Fin qui, due eventi che nascono in un modo e spontaneamente crescono e si trasformano in qualcos’altro.
Poi un vero appuntamento: il 14 gennaio a Milano per la manifestazione nazionale. E, da qui a quel secondo sabato dell’anno nuovo, una scaletta di incontri preparatori: www.usciamodalsilenzio.org, il sito d’informazione, segnala quelli dei giorni scorsi a Palermo, Bergamo, Vigevano, Mestre, Ferrara, Genova. Ieri a Milano, Bologna, Roma, Firenze, l’Aquila. Da domani a Natale a Ravenna, Varese, Mantova, Pistoia, Torino. Tra i meriti di questo governo annovereremo in futuro anche quello di aver rimesso le donne in movimento? Di aver ridato coraggio all’opinione pubblica femminile? L’attivismo di questi giorni ha qualcosa del fenomeno naturale: come se in una pozza d’acqua silente, stagna, all’improvviso esplodesse un geyser. Perché quanto tempo è - dieci anni? di più? - che non appariva con tanta nitidezza l’obiettivo per cui armarsi d’uno striscione e portarlo per strada. Dacia Maraini è una scrittrice che nell’ultima quindicina d’anni ha raggiunto un successo amplissimo con romanzi come Bagheria o l’ultimo, Colomba. Siccome il movimento neofemminista degli anni Settanta un peccato - grave - l’ha commesso: ha consegnato scarsa o nulla memoria storica di sé, le più giovani possono non sapere che Dacia Maraini è stata anche una colonna, a Roma, di quel movimento. Mentre lei stessa poco pubblicizza l’alacre attività «sul territorio» (si sarebbe detto un tempo) - incontri in scuole, centri culturali, ecc...- con cui accompagna il proprio lavoro di romanziera.
Sembra che si torni in piazza. A lei, Dacia Maraini, in questi anni il movimento delle donne era sembrato morto?
«È tramontata l’ideologia, è finita l’utopia. La presenza attiva no, quella non è mai finita. Io vedo dappertutto luoghi dove le donne si incontrano, tra professioniste come tra lettrici, vedo in molte città centri di accoglienza per donne vittime di maltrattamenti e abusi. Anzi, sotto questo aspetto - l’agire, il rimboccarsi le maniche - secondo me questo è un mondo più vivo oggi di dieci anni fa. A Caserta, per esempio, ho conosciuto un gruppo simpaticissimo di suore agostiniane che raccolgono prostitute minorenni e, nella loro “Casa Ruth”, le avviano a una vita libera».
Suore, ma donne, insomma, che lavorano su un fronte specifico, lo sfruttamento sessuale. E, a quello che capisco, in un’ottica di libertà, non di «redenzione». Trent’anni dopo questo sarebbe uno dei luoghi inaspettati dove il femminismo agisce. Però di grandi eventi collettivi e pubblici non se ne vedono da quella che sembra un’eternità. Se dovesse spiegare a una ragazza, oggi, cosa significava andare in piazza a decine di migliaia, quale esempio le verrebbe in mente?
«A Napoli, nel '73 o '74, ci fu un corteo nazionale enorme, organizzato e caldissimo, sul tema del riconoscimento del lavoro casalingo. Era, ed è, un lavoro tra quattro mura, invisibile, non considerato, lì diventava oggetto di una richiesta politica. Oppure mi ricordo tutt’altro tipo di avvenimento, a Riccione, un incontro nazionale dei gruppi di autocoscienza: in quel caso si parlava del rapporto tra noi e le altre, di invidualità e collettività. Ricordo benissimo la data, il 2 novembre 1975. Perché mi telefonarono, mi dissero che era morto Pasolini, io feci i bagagli e tornai a Roma».
Questa legislatura tra le molte vittime che ha sulla coscienza ha la scomparsa di quel lavoro femminile trasversale tra esponenti di schieramenti opposti, che precedenza aveva prodotto leggi a favore delle donne. La riforma del diritto di famiglia, la 194, la legge sulla violenza sessuale per esempio. Una scomparsa che ha pesato come un macigno sulla questione delle quote rosa.
«Sì, mi sembra che l’ultima volta che in Parlamento si siano viste le deputate protestare insieme sia stato in occasione di quella sentenza pazzesca che riteneva connivente una ragazza stuprata perché indossava jeans troppo difficili da strappare con la violenza...»
È l’argomento della “vis grata puellae” che non muore mai. Noi ci ricordiamo di averlo sentito usare dall’ex presidente Leone, in Senato, nel dibattito sulla legge sulla violenza sessuale. Ecco, lei crede che da donne dovremmo periodicamente fare un’operazione di setaccio e accertare quanto di prestorico riaffiora nel sentire comune?
«Quello è un argomento di una misoginia orribile. Io non ho mai sentito dire, di uno cui abbiano rubato il portafoglio, che era consenziente. Invece ho letto che le compagne di scuola di una delle due ragazzine vittime del brano a Lanciano, il caso di cronaca dei giorni scorsi, commentavano ‘se l’è voluta, girava con l’ombelico di fuori’... Purtroppo sono quindicenni fuori da ogni memoria storica».
La tv ha aiutato in questi anni a cancellarla?
«Sì. Mostra donne che devono parlare solo col linguaggio del corpo, un linguaggio di seduzione volgare, livellato. Se vai da Vespa e ti atteggi in quel modo puoi, poi, dire pure un tuo parere, ma il linguaggio che passa è l’altro, la parola diventa inefficace».
Se ha un sogno, qual è? Cosa vorrebbe che succedesse da qui al 14 gennaio, e quel giorno, e dopo?
«Spero che quel giorno ci siano tante donne. Che le ragazze che considerano, per fortuna, i loro diritti intangibili, comincino a riflettere sul fatto che vanno difesi. Che le altre che ancora non sanno niente riflettano sulla propria autonomia sessuale e la propria libertà. Che nasca un movimento collettivo, con degli ideali, capace di mettere insieme passato e futuro».
(L'Unità)
Lorenzaccia
01-01-2006, 17:13
Il femminismo è ed è sempre stato un'illusione di donne che altro non sono che uomini mancati. La femmina ha una struttura cerebrale differente e se tenta di essere ciò che non è otterra soltanto di distruggere l'ambiente in cui vive perchè i suoi obiettivi sono differenti da quelli maschili, se la donna si comporta come tale, sfruttando il suo appeal sessulale ndr, è un fatto imposto dalla genetica e nessuno può sperare di violarlo a "man salva".
Ciao
Il femminismo è ed è sempre stato molto altro rispetto ai luoghi comuni che hai concentrato nelle quattro righe sopra, e soprattutto non ha mai mirato a distruggere alcun sistema genetico, ma piuttosto una situazione di ingiustizia sociale perpetrata per secoli, a discapito delle donne, sulla base di ruoli costruiti in base a caratteristiche fisiologiche loro proprie (il parto, in particolar modo), in virtù della costituzione di una nuova teoria della giustizia che comprendesse quei soggetti fino a poco prima esclusi. Il movimento delle donne segue la Rivoluzione francese, ma anche la dichiarazione d’indipendenza e la Costituzione federale degli appena costituiti Stati Uniti d’America, non a caso; ed è un fenomeno complesso, temporalmente e spazialmente condizionato, a tal punto che, da tempo, chi si occupa del fenomeno parla di “femminismi” per rendere ragione della varietà delle posizioni assunte. E non poteva essere altrimenti visto che le donne non sono una “categoria”; alcuni teorici comunitaristi e neocomunitaristi nord americani hanno provato a considerare i gruppi sociali come attore principale delle loro teorie, quindi anche “le donne”, ma senza successo, poiché è stato già messo in luce a quali pericolose conseguenze si arriva partendo da questo assunto. Chiediamoci perché non può esistere, e se esistesse non potrebbe durare, un partito politico delle donne (o degli uomini) come categoria sociale.
Detto questo, io ritengo grave che in generale i più (anche le donne) per opportunità o ignoranza identifichino e riducano il femminismo a quello radicale degli anni ’70, che è chiaramente il più scomodo ancorché minoritario, senza peraltro ben comprenderlo. Sottolineo, infatti, che il femminismo radicale non esaurisce il fenomeno femminista, tutt’altro, ma ne costituisce l’ala più estrema, e che, a differenza di tante altre punte estreme (ad es. la direzione presa dal movimento dei diritti civili negli anni ’60, quando Martin Luther King si è accostato alle posizioni radicali di Malcom X), si è attenuato nel giro di qualche anno senza episodi rilevanti di violenza predeterminata. Sul femminismo come corrente storica in generale ci sarebbe molto da dire, in primo luogo riguardo agli obiettivi; sul femminismo degli anni ’70 in particolare bisognerebbe capire come si è esplicato e, cosa più importante, per quale motivo è nato dopo e non con il ’68. Nozioni indispensabili se si vuole affrontare il dibattito in modo serio e senza storpiature.
Riguardo all’articolo in topic: io non impazzisco per la Maraini “romanziera”, ma ha detto due cose che condivido: 1) il neofemminismo degli anni ’70 non ha lasciato memoria storica (quindi figuriamoci quello venuto prima) e su questo ha fatto una buona analisi M. Cacace in “Femminismo e generazioni”, 2004; 2) questo è dovuto soprattutto alla diffusione della televisione, capace di penetrare fino al midollo nelle menti ormai atrofizzate delle persone, e al messaggio e ai modelli di cui è portatrice. E a questo proposito, visto che la stessa Maraini lo cita nell’articolo, suggerisco di rileggere la sempre attuale analisi di Pasolini su progresso e sviluppo.
Infine, è vero che il femminismo come fenomeno di azione sociale si è notevolmente attenuato con la fine degli anni ’70, ma non è mai morta, anzi è più viva che mai, la volontà di creare una società giusta che non prescinda dalle donne, e dal diritto di queste di autodeterminarsi nei vari ambiti del sistema sociale alla pari degli uomini, che poi è l'obiettivo di fondo di tutti i femminismi. (cfr. ad es. anche se è un po' datato: Justice, Gender and the Family ,1989, di Susan M. Okin).
Per quel che mi riguarda poi - ma io non sono una femminista, per cui quel che faccio io in fin dei conti è irrilevante – l’attenzione è da tempo spostata sulle donne che abitano nei paesi in via di sviluppo e neoemergenti, perché in alcuni di essi a rischio sono i diritti umani, quelli fondamentali di ogni individuo; se non vengono fatti salvi questi, non ha senso nemmeno parlare di pari opportunità (che non esistono e non esisteranno mai, checché se ne dica, ma questo è un altro discorso).
ciao
Lorenzaccia
01-01-2006, 20:32
Allora il termine "femminismo" è errato, meglio sarebbe stato definirlo diversamente. Che poi siano, i miei richiami ndr, luoghi comuni ho qualche "piccolissimo" dubbio, mi pare che le "femministe" siano femministe "piuttosto strane" in quanto lo sbandierano quando ne possono trarre un vantaggio e quando fa loro gioco il puntare sull'appeal sessuale lo fanno senza esitazione alcuna e quanto si vede ogni giorno ne è conferma inequivocabile.
Il resto, la distruzione del tessuto sociale ndr, verrà da se col tempo ma io continuo a pensare, nonostante io abbia sempre considerato le femmine diverse ma pari, che il cosidetto femminismo sia patrimonio di quelli che sono solamente invidiose per non essere uomini perchè la mia compagna, ben lungi dall'invidiare i maschi, mai è stata femminista ma ha sempre ottenuto quanto voleva quando voleva e se qualcuno le parla di femminismo sghignazza e lo definisce una ridicolaggine della quale sentono il bisogno quelle che non conoscono ruolo e peso della donna nel mondo. Per risolvere il problema è sufficiente l'istruzione, poi la parità arriverà da se nel rispetto dei diversi ruoli dei due sessi e senza sconfinamenti indebiti poco o nulla auspicabili.
Ciao
C’è un errore di fondo: io non sono intervenuta per confutare le tue legittime opinioni personali, e ancor meno per iniziare un contraddittorio sul femminismo e la storia delle donne – se non altro perché quasi nessuno qui dentro potrebbe seguirmi, almeno credo - ma per correggere equivoci ed errori su fatti e processi storici (oggettivi e documentati), che molti uomini e molte donne non conoscono e tendono anzi a distorcere, filtrandoli con sensazioni, emozioni, auspici personali (soggettivi e non pertinenti). Io credo che su fatti concreti, e non su pregiudizi e verità parziali, vadano formulate opinioni se vogliono avere pretesa di validità. Se poi come ambito citi addirittura “il mondo”, mi pare che siate tu e la tua signora a non conoscere bene lo stato delle cose: è piuttosto noto, se non altro dai rapporti annuali di varie organizzazioni che si battono per i diritti umani, che la condizione delle donne non è proprio rosea in diversi posti fuori dall’occidente. In certe culture il peso e il ruolo della donna è molto inferiore a quello degli uomini, con conseguente assegnazione di funzioni subordinate a quest’ultimo; di fatto la presenza della donna nella vita pubblica è minima, tranne alcune eccezioni, ad es. Benazir Bhutto in Pakistan (ma era la figlia dell’ex leader molto amato dalla popolazione, e questo è stato significativo). Senza dubbio un aumentato livello d’istruzione farà molto: ma quale istruzione e a quali donne? L’istruzione occidentale a immigrate in occidente? Il problema è molto complesso: per queste la formula potrà funzionare (ma metterei anche un condizionale per prudenza, i retaggi culturali sono difficili da cancellare persino dopo generazioni), se si è d’accordo a non adottare il fallimentare modello del multiculturalismo che di fatto porta alla ghettizzazione, e quindi al riprodursi all’interno della comunità delle medesime strutture e delle medesime gerarchie della cultura d’origine. Ma nei paesi d’origine come si può agire? Sarà possibile l’emancipazione per le donne in stati ad es. come le due teocrazie Arabia Saudita (sunnita) e Iran (sciita), dove la condizione d’inferiorità della donna è parte integrante della cultura-religione? A me pare inevitabile un processo di secolarizzazione, che è di reinterpretazione della shari’ah, e quindi in questo senso di disgregazione di una cultura. Per non parlare delle differenze tra islamismo sciita e sunnita. Beninteso: sono tutte domande che mi pongo queste, non pretendo risposta, ammesso ce ne sia una sola.
Quanto all’appeal sessuale, sbagli: la critica che fai è anche il concetto di fondo che la Maraini esprime nell’articolo, e non solo suo per la verità; tieni presente che la critica principale che la quasi totalità delle teoriche femministe fa a molte donne (soprattutto dello spettacolo) dell’epoca post-moderna è proprio questa: la mercificazione, la svendita del proprio corpo dopo che ci sono voluti due secoli per riappropriarsene. E a proposito di questo la Maraini ha parlato di "mancata memoria storica" per le nuove generazioni di donne, che non sono certo definibili femministe, e che spesso ignorano che la libertà di cui stanno godendo, e spesso svilendo e degradando, è stata pagata profumatamente dalle generazioni precedenti.
Per concludere: dici bene nel considerare le donne pari agli uomini seppur le une diverse dagli altri: ed è proprio questo il fine ultimo del femminismo, non la supremazia della donna sull’uomo, tanto ingiusto quanto la supremazia dell'uomo sulla donna, che poi, di fatto, è stato il fine della cultura maschilista e sessista che storicamente ci ha preceduto. Vorrei che fosse chiaro, infatti, che femminismo e maschilismo non sono due facce opposte della stessa medaglia, non sono i due volti di un giano bifronte legati da una dualità continua. Nient’affatto. Il maschilismo nei suoi obiettivi di fondo ha mirato a teorizzare una giustizia da cui sono escluse le donne; viceversa, il femminismo nei suoi obiettivi di fondo ha mirato a costituire una giustizia che comprendesse anche le donne, riscattandole da un assoggettamento socialmente giustificato con riferimento al genere, dove queste potessero avere i medesimi diritti degli uomini, salvaguardando in toto le differenze tra i due sessi. Aggiungo che sul concetto di differenza, e su ciò che da questo concetto deriva, si è incentrata tutta la riflessione delle donne nel corso del '900.
E a questo punto consiglio di approfondire l’argomento con riferimento al secolo scorso: qualche impavido potrebbe rimanere piacevolmente sorpreso. ;)
Il femminismo non contribuisce a questo fine ma crea una sorta di strappo e contrapposizione che la società pagherà a caro prezzo con un decadimento globale ed un ritorno al passato con tutte le conseguenze del caso a danno delle donne ma anche degli uomini.
Ciao
scusa proteus ma mi chiedo se per caso tu abbia un generatore di cazzate casuale :ciapet: , non per altro non mi sembra che il limitato, e lo è sempre di più, potere di questo "movimento" abbia addirittura il potere che tu dici
le donne sono perfettamente in grado di fare tutto quello che fanno gli uomini (ad eccezzione di certe cose :oink: )
discorso diverso è per gli uomini.
Certe cose proprio non riescono agli uomini (anche al di fuori di quelle cose :oink: ).
E non si capisce perchè.
In fondo il ferro da stiro non è un mostro a tre etste, e garantisco che una lavatrice non ah mai mangiato nessuno :stordita:
Il femminismo è fallito, o meglio, è stato interpretato male.
Le veline che mostrano le loro grazie in tivvì, non sono antifemministe, non distruggono quello che le femministe hanno tentato di conquistare (a volte riuscendoci e a volte no).
Le femministe hanno conquistato la libertà di scegliere.
"Semplicemente" questo.
le donne sono perfettamente in grado di fare tutto quello che fanno gli uomini (ad eccezzione di certe cose :oink: )
discorso diverso è per gli uomini.
Certe cose proprio non riescono agli uomini (anche al di fuori di quelle cose :oink: ).
E non si capisce perchè.
In fondo il ferro da stiro non è un mostro a tre etste, e garantisco che una lavatrice non ah mai mangiato nessuno :stordita:
Il femminismo è fallito, o meglio, è stato interpretato male.
Le veline che mostrano le loro grazie in tivvì, non sono antifemministe, non distruggono quello che le femministe hanno tentato di conquistare (a volte riuscendoci e a volte no).
Le femministe hanno conquistato la libertà di scegliere.
"Semplicemente" questo.
ma figurati :D
e' piu' facile vedere un uomo stirare che una donna in fonderia :D
Ciaozzz
ma figurati :D
e' piu' facile vedere un uomo stirare che una donna in fonderia :D
Ciaozzz
semplicemente perchè vige un abnorme regime discriminatorio in taluni ambienti (deve uscire un film che parla appunto di questo).
E non è che per trovare questa discriminazione bisogna spingersi fino alle fonderie.
Basta mettere il naso in un ITIS.
Mia sorella si è sentita dire da un professore che lei non andrà in laboratorio perchè le donne possono entrare solo in un laoratorio d'ecnomia domestica :eek:
E dire che è l'allieva, nella classe, con i migliori voti nella sua materia °_° (e non lo fa per compassione, ci sono altre ragazze e non vanno bene come lei)
P.S. Se hai una vista corta che non è in grado di cogliere probabili evoluzioni causate da certi comportamenti non è mia colpa ma tua.
su su ora dilungati un pochino, quali effetti catastrofici starebbe per avere il femminismo sulla nostra società
Quel professore dice fesserie al pari, anche se dal lato opposto, delle femministe, chi ha talendo deve procedere indipendentemente da cosa porti in mezzo alle gambe senza necessità di lobbysmi sessuali pro o contro.
Ciao
che le femministe abbiano detto anche papali stronzate è indubbio.
semplicemente perchè vige un abnorme regime discriminatorio in taluni ambienti (deve uscire un film che parla appunto di questo).
E non è che per trovare questa discriminazione bisogna spingersi fino alle fonderie.
Basta mettere il naso in un ITIS.
Mia sorella si è sentita dire da un professore che lei non andrà in laboratorio perchè le donne possono entrare solo in un laoratorio d'ecnomia domestica :eek:
E dire che è l'allieva, nella classe, con i migliori voti nella sua materia °_° (e non lo fa per compassione, ci sono altre ragazze e non vanno bene come lei)
maddai su su.
e' che fisicamente non avete la forza di un uomo.. semplice... bisogna anche riconoscere i propri limiti.
se un uomo riesce a sollevare 50kg , mediamente , una donna non ce la fa..itis o non itis...
Ciaozzz
maddai su su.
e' che fisicamente non avete la forza di un uomo.. semplice... bisogna anche riconoscere i propri limiti.
se un uomo riesce a sollevare 50kg , mediamente , una donna non ce la fa..itis o non itis...
Ciaozzz
ma su questo ti do ragione.
Ma una donna se vuole fare quello che fa un uomo ha tutte le carte per farlo.
Anche dal punto di vista fisico (Se non portato agli estremi, su un piano atletico).
Ed è dimostrato dal fatto che ci sono donne che svolgono le stesse mansioni degli uomini.
E comunque una donna normale non riesce a tirare su 50kg, è vero, ma ad esempio, ha una soglia del dolore (fisico e psicologico) che l'uomo vede da lontano, con un binocolo.
ma su questo ti do ragione.
Ma una donna se vuole fare quello che fa un uomo ha tutte le carte per farlo.
Anche dal punto di vista fisico (Se non portato agli estremi, su un piano atletico).
Ed è dimostrato dal fatto che ci sono donne che svolgono le stesse mansioni degli uomini.
E comunque una donna normale non riesce a tirare su 50kg, è vero, ma ad esempio, ha una soglia del dolore (fisico e psicologico) che l'uomo vede da lontano, con un binocolo.
ma tu mi dici che un uomo non sa stirare , lavare ecc ecc ed io conosco uomini , che magari vivono da soli , che sono delle casalinghe perfette.
allora come la mettiamo ? :O
Ciaozzz
ma tu mi dici che un uomo non sa stirare , lavare ecc ecc ed io conosco uomini , che magari vivono da soli , che sono delle casalinghe perfette.
allora come la mettiamo ? :O
Ciaozzz
io ho zii che vivono da smepre da soli e lavano e stirano da soli.
Che ci siano uomini che ci riescono è vero.
Ma se c'è una donna in casa, sempre questi uomini, col piripicchio che lo fanno.
E' questo che non si spiega.
io ho zii che vivono da smepre da soli e lavano e stirano da soli.
Che ci siano uomini che ci riescono è vero.
Ma se c'è una donna in casa, sempre questi uomini, col piripicchio che lo fanno.
E' questo che non si spiega.
ma quello e' ovvio scusa.
perche' faticare se c'e' una persona fatta apposta per quello ?
:O :fagiano:
Ciaozzz
Femminismo da un punto di vista sociale e politico, altrimenti la aprivo in Piazzetta questa discussione.
-kurgan-
02-01-2006, 14:07
io ho zii che vivono da smepre da soli e lavano e stirano da soli.
Che ci siano uomini che ci riescono è vero.
Ma se c'è una donna in casa, sempre questi uomini, col piripicchio che lo fanno.
E' questo che non si spiega.
col piripicchio? :eek: :D
non essere così drastica, i tempi sono cambiati.. i compiti in casa si dividono, basta volerlo.
-kurgan-
02-01-2006, 14:10
se si è d’accordo a non adottare il fallimentare modello del multiculturalismo che di fatto porta alla ghettizzazione, e quindi al riprodursi all’interno della comunità delle medesime strutture e delle medesime gerarchie della cultura d’origine.
non sono minimamente d'accordo con questa tua opinione, il multiculturalismo è un fatto che esiste da sempre, bene o male ci devi convivere. Non è un modello fallimentare, è la realtà che ci circonda.
Ma se c'è una donna in casa, sempre questi uomini, col piripicchio che lo fanno.
Io devo essere in parte uomo, quando c'è il mio ragazzo a casa divento terribilmente pigra. :eek::D
Nei week-end che passiamo insieme, per dire, i piatti li lava sempre lui. :stordita:
Comunque tornando a parlare seriamente dell'argomento: non ho ben capito lo scopo dell'articolo.
Voleva incentrare l'attenzione sul fatto che le donne continuino a cercare di far valere i propri diritti in campo politico e sociale?
Lorenzaccia
02-01-2006, 15:59
Equivoci ?, errori ?, ma tu sai che le femministe ci hanno elargito pagine di sghignazzamenti epici, siamo loro grati per questo, come quella volta, A Bologna ndr, nella quale esse erano riunite in un corteo con tanto di cartelli e striscioni cantando "noi col dito facciam senza marito". Giunte nei pressi della montagnola ove stazionavano abitualmente molti hippies provocarono una risposta che ci fece piangere per il gran ridere con gli hippies che si abbassarono i pantaloni e rispondevano al coro delle femministe con un "ma con sto cazzo è tutto un'altro andazzo". Ti garantisco che è un fatto accaduto di cui sono stato spettatore quando frequentavo l'università nei primi anni 70 e che quando ci ripenso mi ribalto ancora per il gran ridere.
Il femminismo non è una cosa seria come non è serio il maschilismo, buona cosa sarebbe prendere atto delle diverse predisposizioni e del diverso compito sociale dei due sessi senza considerare ne l'uno ne l'altro superiore o inferiore ma semplicemente complementari e, come effettivamente è, di pari importanza e dignità. Il femminismo non contribuisce a questo fine ma crea una sorta di strappo e contrapposizione che la società pagherà a caro prezzo con un decadimento globale ed un ritorno al passato con tutte le conseguenze del caso a danno delle donne ma anche degli uomini.
Ciao
Continui a sottolineare il concetto di pari dignità uomo-donna, ma non è questo il punto. Sottolinei ancora che le donne hanno un diverso compito sociale rispetto agli uomini, ma non è nemmeno questo il punto. Tra l’altro è errato: la diversità della donna sta in altro che nel diverso compito sociale - attenzione alle parole che si usano, il linguaggio è importante - che è invece una costruzione storica che ha portato all’assoggettamento delle donne.
Il punto è che, come per tutte le cose, bisognerebbe parlare quando si conosce, non quando non se ne sa molto o nient’affatto. Quello che non ti è chiaro è che femminismo e maschilismo prescindono dalle tue opinioni personali o dalla tua esperienza in merito: non sono due estremi negativi che si combattono partendo da posizioni autonome e indipendenti, in virtù di un’auspicata posizione mediana di uguaglianza che vede i meritevoli, e non le lobbies, avanzare e ottenere - Che ridere: siamo in Italia e si sbandiera il merito davanti alle richieste delle donne, quando ancor prima della costituzione del regno i politici andavano a braccetto con trasformismo e clientelismo. Se ora possiamo legittimamente appellarci alla meritocrazia come criterio per l’avanzamento sociale e professionale per l’individuo, uomo/donna che sia - è questo di cui si parla e che è rilevante in una società sofisticata e complessa come la nostra, non certo chi ha più forza fisica per vincere a braccio di ferro o sollevare 50 kg – le donne lo devono proprio al femminismo, inteso come complesso movimento che ha le sue radici storiche nel 1791 con la Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina, e che è proseguito nei due secoli successivi. E’ grazie a questo movimento che in occidente si è spostato il baricentro, che prima pendeva marchiatamente dalla parte dell’uomo in riferimento a tutti gli ambiti della vita pubblica, nessuno escluso, e non grazie a forze e processi non meglio identificati. Nel corso di questi due secoli le posizioni sono state tante, spesso discordanti tra loro (com’è normale che sia, visto che le donne sono prima di tutto individui) ma, come ho già detto, l’obiettivo di fondo era il medesimo: uguaglianza di diritti e di possibilità anche per le donne, le quali, non essendo delle incapaci mentali come qualche poveraccio vorrebbe farle passare, non si sono mai sognate di escludere gli uomini da una qualsivoglia teoria della giustizia che avesse la pretesa di definirsi tale.
Finché non si riesce ad accettare questa realtà storica, che evidentemente non piace perché cozza con i propri pregiudizi e solleva paure inconsce, non è possibile continuare il discorso.
Poi c’è stata, come in ogni movimento, anche un’ala radicale - che è coincisa con una parte del neofemminismo degli anni ’70 - e che mirava al rovesciamento della società precostituita, in linea con i movimenti politici rivoluzionari ed estremi di quegli anni, quindi alla disgregazione del sistema statale così com’era stato costruito dagli uomini per gli uomini. Ma questa, se guardiamo il movimento delle donne nell’arco di due secoli, è stata una parte minoritaria.
Minoritaria persino nel contesto degli anni ’70, anche se fece molto scalpore perché nessuno s’immaginava una reazione simile da parte di donne e per questo fu amplificata a dovere dai mass media, già centri di potere. Citi gli episodi della montagnola: "noi col dito facciam senza marito”... Questa posizione radicale è stata insieme provocazione e reazione ad uno status quo - dove, se proprio ci tieni a parlare esplicito, per lungo tempo chi prima di tutto aveva diritto di godere nel rapporto sessuale era l’uomo, che poi godesse anche la donna era irrilevante - quindi da attaccare e contestare; del resto non si chiamavano anni “della contestazione” per tutti i movimenti qualsiasi scopo avessero? Ma cosa è rimasto di tutti i movimenti che si sono formati? Lo slogan centrale del neofemminismo, se si vuole capire il nocciolo della questione, è invece “il personale e politico”, come rivendicazione di un’identità e costruzione del soggetto femminile che sovvertiva i tradizionali confini sfera pubblica e privata. Non te la ricordavi questa? Eppure a Bologna in certe zone la trovo ancora scritta sui muri. E’ grazie a questo concetto che le donne occidentali delle generazioni seguenti possono legittimamente (anche se ancora non del tutto compiutamente) aspirare a ruoli attinenti alla sfera pubblica alla pari degli uomini, dove parità è da intendersi in senso di concrete possibilità di spazio/tempo, non in astratto concetto di meritocrazia che prescinda da ogni contesto.
Ancora: chi erano queste femministe degli anni ‘70? Quelle che avevano il doppio ruolo di militanti di partito e femministe, come ad es. Anna Bravo di LC e amica di Sofri? oppure le donne che prendevano parte ai gruppi di “autocoscienza”, cosiddetti? C’è una differenza abissale, visto che le prime lottavano per obiettivi politici, in linea col partito, e per l’aborto, mentre le seconde operavano al di fuori e indipendentemente dalla politica, e proprio per questo erano di qualsiasi schieramento politico e diversissime le une dalle altre; miravano a prendere coscienza del proprio corpo, usando e interrogandosi esplicitamente su termini attinenti alla sfera sessuale, cosa che non era mai avvenuta in passato, pena essere additate come delle poco di buono. Dalle testimonianze di alcune donne emerge proprio una delle difficoltà del movimento in quegli anni furono i contrasti tra le diverse anime del femminismo.
A me pare invece che troppo spesso si confonda il femminismo con una parte della sinistra (extraparlamentare, non antiparlamentare come è stato detto: mirava infatti ad entrare in parlamento per rivendicare ed ottenere, non a disgregarlo). Ma il femminismo come movimento delle donne non è “di sinistra”, e personalmente sono anzi preoccupata quando si cerca di far coincidere le due cose: la più grande filosofa politica femminista che io conosca, Susan M. Okin, mai abbastanza compianta, è anglosassone e liberale. E correggendo la teoria della giustizia di Rawls (lei si definisce rawlsiana, infatti) ha tracciato la strada per un nuovo sistema sociale che affonda le radici in una famiglia giusta, nel rispetto delle due identità uomo-donna. Il pubblico è stato indagato, lei si è interrogata sul privato, giungendo a considerazioni e soluzioni d’incredibile levatura.
Lorenzaccia
02-01-2006, 16:19
non sono minimamente d'accordo con questa tua opinione, il multiculturalismo è un fatto che esiste da sempre, bene o male ci devi convivere. Non è un modello fallimentare, è la realtà che ci circonda.
kurgan, multiculturalismo non è pluralismo. E il fatto che esista da sempre non ne fa automaticamente cosa buona (da sempre?). Il pluralismo è auspicabile, cmq inevitabile, se lo intendiamo come convivenza di culture diverse che devono rimanere diverse, ma che hanno in comune il rispetto della dignità di tutti gl’individui in linea con la dichiarazione dei diritti dell’uomo del ’48. Questi diritti vanno oltre la tortura e la violenza fisica, ma hanno a che fare anche con la possibilità di autodeterminarsi. I valori comuni a cui fare riferimento per la coabitazione vanno negoziati, ma non si può negoziare su questi diritti dell’individuo in virtù di un non precisato e astratto rispetto per le culture diverse. E’ già stato appurato che il multiculturalismo - che porta al riprodursi integralmente di una cultura all’interno di un paese di cultura diversa – così come l’abbiamo visto e messo in atto in occidente porta invece alla sistematica oppressione di individui interni alla comunità, in virtù del gruppo, quasi sempre gerarchico, in cui esistono individui assoggettati ad altri (soprattutto, ma non solo, le donne: ecco perché ne ho parlato) per il funzionamento ed il mantenimento della cultura stessa. Per non parlare degli scontri ideologici e della violenza che segue la mancata integrazione nel paese ospite.
Il motivo è che i diritti, anziché essere attribuiti alla persona, vengono attribuiti al gruppo, alla comunità, alla “cultura” come struttura sovraordinata. Ti rimando in questo senso al discorso dei comunitaristi. Il creare scuole per appartenenti ad una cultura, perché questa si riproduca in modo del tutto indipendente ed autonomo dalla cultura ospitante, è un suicidio.
-kurgan-
02-01-2006, 16:39
kurgan, multiculturalismo non è pluralismo. E il fatto che esista da sempre non ne fa automaticamente cosa buona (da sempre?).
da sempre.. dai tempi dei romani con gli etruschi, dai tempi delle invasioni barbariche, dei normanni in sicilia, degli austriaci a milano ecc ecc.
non è "cosa buona" e neanche cattiva, è una cosa che capita e che non si può cambiare.
Il pluralismo è auspicabile, cmq inevitabile, se lo intendiamo come convivenza di culture diverse che devono rimanere diverse, ma che hanno in comune il rispetto della dignità di tutti gl’individui in linea con la dichiarazione dei diritti dell’uomo del ’48. Questi diritti vanno oltre la tortura e la violenza fisica, ma hanno a che fare anche con la possibilità di autodeterminarsi. I valori comuni a cui fare riferimento per la coabitazione vanno negoziati, ma non si può negoziare su questi diritti dell’individuo in virtù di un non precisato e astratto rispetto per le culture diverse. E’ già stato appurato che il multiculturalismo - che porta al riprodursi integralmente di una cultura all’interno di un paese di cultura diversa – così come l’abbiamo visto e messo in atto in occidente porta invece alla sistematica oppressione di individui interni alla comunità, in virtù del gruppo, quasi sempre gerarchico, in cui esistono individui assoggettati ad altri (soprattutto, ma non solo, le donne: ecco perché ne ho parlato) per il funzionamento ed il mantenimento della cultura stessa. Per non parlare degli scontri ideologici e della violenza che segue la mancata integrazione nel paese ospite.
Il motivo è che i diritti, anziché essere attribuiti alla persona, vengono attribuiti al gruppo, alla comunità, alla “cultura” come struttura sovraordinata. Ti rimando in questo senso al discorso dei comunitaristi. Il creare scuole per appartenenti ad una cultura, perché questa si riproduca in modo del tutto indipendente ed autonomo dalla cultura d’origine, è un suicidio.
le culture e le tradizioni sono destinate a morire, tutte quante.
che ci piaccia o meno, tra un centinaio d'anni vista la facilità a muoversi, trasferirsi, cambiare vita.. è normale che quello che per noi è tradizione non esisterà più.
Anche l'italiano stesso, come lingua, si sta imbastardendo sempre più con termini inglesi.. quanto tempo ci vorrà prima che tutti parlino direttamente inglese?
Ho amici sparsi per mezzo mondo, ogni volta mi stupisco di quanti interessi e punti in comune ci siano, pur essendo cresciuti in posti molto distanti. Certamente un trasferimento di massa di persone con una singola cultura e tradizioni da un luogo ad un altro, totalmente estraneo, crea dei problemi molto grossi.. violenza, quasi sicuramente, scontri e razzismo di ritorno. Ma l'unica cosa che si può fare è ammorbidire questo processo, non annullarlo.
per intenderci.. conosco ragazze con genitori musulmani che si cambiano in ascensore per mettersi la minigonna, esattamente come le figlie minorenni di alcuni siciliani (non si arrabbino gli abitanti di quella terra che amo, solo bisogna ammettere che sono un pò all'antica :D ): quando cresceranno queste persone che valori trasmetteranno ai figli e alle figlie.. i propri contaminati da una cultura differente o quelli dei propri genitori?
ogni sistema in natura tende all'entropia, pure le culture e le tradizioni.
Lorenzaccia
02-01-2006, 17:01
da sempre.. dai tempi dei romani con gli etruschi, dai tempi delle invasioni barbariche, dei normanni in sicilia, degli austriaci a milano ecc ecc.
non è "cosa buona" e neanche cattiva, è una cosa che capita e che non si può cambiare.
le culture e le tradizioni sono destinate a morire, tutte quante.
che ci piaccia o meno, tra un centinaio d'anni vista la facilità a muoversi, trasferirsi, cambiare vita.. è normale che quello che per noi è tradizione non esisterà più.
Ho amici sparsi per mezzo mondo, ogni volta mi stupisco di quanti interessi e punti in comune ci siano, pur essendo cresciuti in posti molto distanti. Certamente un trasferimento di massa di persone con una singola cultura e tradizioni da un luogo ad un altro, totalmente estraneo, crea dei problemi molto grossi.. violenza, quasi sicuramente, scontri e razzismo di ritorno. Ma l'unica cosa che si può fare è ammorbidire questo processo, non annullarlo.
per intenderci.. conosco ragazze con genitori musulmani che si cambiano in ascensore per mettersi la minigonna, esattamente come le figlie minorenni di alcuni siciliani (non si arrabbino gli abitanti di quella terra che amo, solo bisogna ammettere che sono un pò all'antica :D ): quando cresceranno queste persone che valori trasmetteranno ai figli e alle figlie.. i propri contaminati da una cultura differente o quelli dei propri genitori?
Sono daccordo con quello che dici, ma io ho sollevato un problema contingente e concreto, legato alla questione delle donne, e non di astratto mutamento ideologico-culturale nei secoli. Stringo nella risposta perché è palesemente OT: l'ammorbidimento segue necessariamente la negoziazione, che è accettazione delle regole del paese ospitante da parte di chi è straniero, quand'anche cozzino con la cultura d'origine, quando in discussione sono i diritti e le libertà alla persona, nel mantenimento di tutto il resto, in cambio della cittadinanza.
Le sue figlie seguiranno l'esempio dei genitori perché esse stesse inserite in un contesto più malleabile e flessibile, già smussato nelle linee più dure dalla generazione precedente. (Chiedi però alle figlie se vanno ad una scuola pubblica o coranica).
Questo io preferisco chiamarlo pluralismo, perché con multiculturalismo solitamente s'intende altro, ghettizzazione, ma forse è solo questione di linguaggio.
ogni lavoro può essere svolto con il corpo e con la testa.
uomini e donne avendo entrambi i requisiti possono quindi svolgere gli stessi lavori.
ci sono delle differenze sostanziali poi legate a istinti e capacità innate diverse.
non me lo vedo un uomo fare l' ostetricO...ma anche semplicemente il badante per dei bambini.
allo stesso tempo se nelle facoltà di ingegneria ci sono così poche donne un motivo ci sarà.
la storia della soglia del dolore poi per me è una cazzata colossale (quello psicologico poi...) e mi piacerebbe capire in che modo sarebbe stata dimostrata.
(l' "argomento" del parto lo conosco. e non mi convince per niente)
-kurgan-
02-01-2006, 17:14
Sono daccordo con quello che dici, ma io ho sollevato un problema contingente e concreto, legato alla questione delle donne, e non di astratto mutamento ideologico-culturale nei secoli. Stringo nella risposta perché è palesemente OT: l'ammorbidimento segue necessariamente la negoziazione, che è accettazione delle regole del paese ospitante da parte di chi è straniero, quand'anche cozzino con la cultura d'origine, quando in discussione sono i diritti e le libertà alla persona, nel mantenimento di tutto il resto, in cambio della cittadinanza.
Le sue figlie seguiranno l'esempio dei genitori perché esse stesse inserite in un contesto più malleabile e flessibile, già smussato nelle linee più dure dalla generazione precedente. (Chiedi però alle figlie se vanno ad una scuola pubblica o coranica).
Questo io preferisco chiamarlo pluralismo, perché con multiculturalismo solitamente s'intende altro, ghettizzazione, ma forse è solo questione di linguaggio.
comprendo quello che intendi dire, ma sono convinto che una persona che assaggia la libertà difficilmente poi vuole tornare indietro. Una ragazza che vede determinati diritti che godono le sue coetanee italiane non vorrà mai "tornare indietro" ed avere delle limitazioni. In un certo senso la miglior arma di conquista che ha la cultura "occidentale" è la televisione. E anche internet, ultimamente.. lo sa bene il governo cinese che sta cercando in ogni modo di controllarlo e filtrarlo. A volte la miglior lotta per i diritti delle donne è l'esempio che si può dare da qui.. penso ad esempio alla situazione iraniana, dove pian piano gli studenti universitari stanno dando segno di sempre maggiore insofferenza.
Lorenzaccia
02-01-2006, 17:32
comprendo quello che intendi dire, ma sono convinto che una persona che assaggia la libertà difficilmente poi vuole tornare indietro. Una ragazza che vede determinati diritti che godono le sue coetanee italiane non vorrà mai "tornare indietro" ed avere delle limitazioni.
eh, appunto; secondo te qual'è il motivo che sottende alla richiesta di alcuni esponenti di alcune comunità di veder riprodotta integralmente la cultura d'origine nel paese ospite? Forse perché temono che i membri della medesima comunità, quindi anche femminili, vengano influenzati da modelli non condivisi? Senz'altro poi il processo è irreversibile, e a lungo termine, generazione dopo generazione, si vedranno gli effetti. Ma ti ripeto, il problema che io ho sollevato è concreto e attuale, non di un non precisato futuro - per cui è impossibile darti torto - e vedo nel pluralismo, che fa salve certe libertà e pone certi paletti (per entrambe le culture: ospitante e d'origine), uno strumento migliore del multiculturalismo per raggiungere lo scopo di medio-lungo periodo.
Lorenzaccia
02-01-2006, 17:47
Il femminismo è fallito, o meglio, è stato interpretato male.
Le veline che mostrano le loro grazie in tivvì, non sono antifemministe, non distruggono quello che le femministe hanno tentato di conquistare (a volte riuscendoci e a volte no).
Le femministe hanno conquistato la libertà di scegliere.
"Semplicemente" questo.
M'era sfuggito quest'ottimo commento. Da approfondire. Ma lo lascio a voi perché io ora devo scappare.
Un saluto a Proteus e a tutti gli altri.
Lorenzaccia
03-01-2006, 23:34
Riprendo alcune questioni perché non vorrei che passassero idee malsane e faziose. Il “ruolo sociale” è la costruzione su cui storicamente si è basato l’assoggettamento della donna da parte dell’uomo, e che il femminismo, come movimento che si è snodato nel corso di due secoli, ha mirato a decostruire.“la donna ha un ruolo sociale differente e subordinato rispetto a quello dell’uomo perché biologicamente diversa; la sua specificità riproduttiva la rende inidonea a trascendere il corpo e le passioni e quindi a sviluppare col pensiero un ordine morale razionale”. Il concetto risale ai greci (differenza tra logos-ragione e corpo) ed ha portato per più di 2000 anni alla differenziazione dei ruoli sociali dell’uomo e della donna coerentemente con la seguente separazione: una sfera pubblica, politica ed economica, cioè quella rilevante, riservata agli uomini, ed una sfera privata-femminile, degli affetti e della cura, silenziosa e mai indagabile, strumentale alla prima: teoria delle sfere separate. Quest'assunto è stato ripreso anche dai contrattualisti liberali del '700/800 quando hanno cominciato a parlare di relazioni tra individui “liberi e autonomi”, poiché in realtà si riferivano ad un individuo che fosse maschio, bianco e proprietario. (nel corso del’900 è poi diventato maschio, bianco,inurbato ed eterosessuale).
Il fatto è che non basta levare il termine “subordinato” e sostituirlo con “pari dignità” perché il concetto possa funzionare: è il concetto stesso della divisione sociale dei ruoli giustificata dalla differenza fisiologica ad essere falso; è costruzione storico-culturale a vantaggio dell’uomo e che limita la comprensione della donna come individuo - gli stessi termini “ruolo” e “funzione”, così come ce li insegnano le scienze sociali, indicano una struttura che fagocita l’individuo perché ad esso sovrapposta. Non è iscritto nel dna di ogni donna che queste hanno un ruolo sociale, ma solo nelle leggi e nelle consuetudini degli uomini al fine di escluderle dalla sfera pubblica; è a causa di pre-giudizi spaventosi in tutte le epoche - ultimo in ordine di tempo: l’antropologia fisica dell’800, legata alla craniometria, legava in modo del tutto arbitrario le capacità intellettuali della donna alla dimensione ridotta del cervello attraverso la tautologia "la donna in media è meno intelligente dell’uomo perché il suo cervello è più piccolo, il cervello della donna è più piccolo perché in media meno intelligente dell'uomo”- che le donne sono state confinate per secoli in famiglia e adibite alla cura dei figli e del marito; legate ad un destino di eterna minorata mentale, capace solo di dar figli per la patria.
Nella storia non c’è traccia della donna come individuo autonomo e pensante, perché è risultata per secoli come una categoria, definita in base a stereotipi e cliché così com’è accaduto per i neri, gli ebrei, i gialli; queste immagini e credenze che via via si sono ereditate dal gruppo culturale d’appartenenza, e per esso in qualche modo vantaggiose, non sono mai state messe in discussione prima del ‘900. Stereotipi come ad es. la donna è debole, fragile, emotiva, vanitosa, impulsiva, instabile, passionale, eccetera sono molto radicati e fortemente presenti sia in letteratura che nelle scienze sociali, anche se a ben vedere sono riscontrabili anche nell’uomo, e si trovano tranquillamente ancora oggi.
Storicamente quindi è l’uomo che ha ridotto a inferiorità la differenza femminile, e gli effetti di questa detrazione sono visibili nello sprezzo e nello schifo che, più o meno esplicitamente, molti uomini continuano ad avere nei cfr. dell’omosessuale, considerato appunto effemminato e non un “vero uomo”.
Quando a cavallo del 18-19° secolo sono cominciati a proliferare movimenti, sommosse e rivoluzioni che hanno portato all’istituzione dei diritti prima civili, poi politici ed infine sociali, questi nuovi diritti erano ancora una volta degli uomini, per gli uomini, mediante gli uomini, parafrasando Gettysburg. E questa omissione ha fatto scattare la scintilla che ha poi portato nel corso dell’800 e ‘900 al sorgere di movimenti suffragisti e femministi che agivano in duplice direzione: 1) rivendicare l’uguaglianza delle donne rispetto agli uomini in quanto anch’esse individui; 2) sviluppare un’identità che fosse sì individuale (prima negata) ma anche collettiva sulla base della “differenza sessuale”: la specificità femminile è vista ora come valore positivo anziché come espressione d’inferiorità.
Attenzione quindi: non è mai messo in discussione che l’uomo e la donna, oltre che individui, sono anche fisiologicamente differenti (e questa differenza si deve vedere prima di tutto nella sfera della sessualità e non del pubblico), ma quello che è stato confutato è che da questa differenza fisiologica derivi automaticamente e indiscutibilmente un ruolo sociale precostituito in quanto uomo o donna. La presunta incapacità della donna nella sfera pubblica è destituita di ogni fondamento grazie al movimento femminista che ha ridato alla donna prima di tutto un’identità e la dignità d’individuo e, in quanto tale, le si devono applicare tutti i diritti pensati e istituiti per l’individuo, come il diritto di scegliere di realizzarsi nella sfera pubblica usufruendo delle medesime opportunità dell’uomo.
Tutto quello che è accaduto nel corso del ‘900 per arrivare a questo è storia documentata e facilmente reperibile.
Lorenzaccia
03-01-2006, 23:58
Per rispondere al titolo del thread: il neofemminismo degli anni '70 è riuscito ad ottenere importanti conquiste come le riforme del diritto di famiglia, leggi per la parità salariale, i congedi per la maternità, leggi contro la discriminazione sessuale sul lavoro e la violenza sessuale (prima punita come offesa al buon costume e non come grave violazione contro la persona fisica). Dagli anni ’80 in poi la spinta del movimento è calata, visto anche quello che si era ottenuto, ma non è mai venuta meno la volontà delle donne di partecipare ai processi di trasformazione politica e sociale; in questo senso un po’ ovunque in occidente hanno cominciato ad interessarsi di singole questioni e in particolar modo ad una nuova concezione della “differenza”.
Il movimento delle donne che si è snodato nell’arco di due secoli in modo complesso e differenziato aveva come obiettivo di fondo il recupero di un’identità individuale della donna prima che con riferimento al genere, e in questo senso non ha certo fallito – lo si vede in particolare negli ultimi decenni: la donna che vuole realizzarsi professionalmente può farlo.
Ma come disse giustamente S.De Beauvoir negli anni ’50 “ad una donna per fare carriera manca una moglie”. Quest’acutissima osservazione svela come l’ingresso delle donne nella sfera pubblica impone di rivedere il modello della famiglia così com’è stato tradizionalmente concepito. I problemi che sono emersi negli ultimi decenni sono infatti legati al conseguente declino di un modello di famiglia che ruotava attorno alla donna, la quale, sacrificandosi in virtù del ruolo sociale di madre di famiglia, si prendeva cura del marito e dei figli perché questi prima di tutto si realizzassero professionalmente; in concreto: lavando, stirando, cucinando, sparecchiando, organizzando il menage e la casa; tutte mansioni che richiedono tempo e lavoro (non retribuito) ma indispensabili perché il marito potesse affacciarsi in pubblico lindo e profumato.
nomeutente
04-01-2006, 09:38
le donne sono perfettamente in grado di fare tutto quello che fanno gli uomini (ad eccezzione di certe cose :oink: )
discorso diverso è per gli uomini.
Certe cose proprio non riescono agli uomini (anche al di fuori di quelle cose :oink: ).
E non si capisce perchè.
In fondo il ferro da stiro non è un mostro a tre etste, e garantisco che una lavatrice non ah mai mangiato nessuno :stordita:
Conoscevo una ragazza al liceo che chiacchierava sempre.
Un giorno l'insegnante si è rotto le scatole e le ha detto "adesso ripeti tutto ciò che ho spiegato" e lei senza batter ciglio ha spiegato per filo e per segno l'oggetto della lezione.
Per cui suppongo si stia evolvendo la superdonna: in grado di ascoltare e parlare contemporaneamente per ore. :D
Purtroppo gli uomini non ci riusciranno mai: per noi è già difficile fare le due cose separatamente. :D
l'odio degli insegnanti :D diciamo che era un maleducato :D cmq ora sappiamo che sei pure un genio :D
tdi150cv
05-01-2006, 12:46
le donne sono perfettamente in grado di fare tutto quello che fanno gli uomini (ad eccezzione di certe cose :oink: )
discorso diverso è per gli uomini.
Certe cose proprio non riescono agli uomini (anche al di fuori di quelle cose :oink: ).
E non si capisce perchè.
In fondo il ferro da stiro non è un mostro a tre etste, e garantisco che una lavatrice non ah mai mangiato nessuno :stordita:
Il femminismo è fallito, o meglio, è stato interpretato male.
Le veline che mostrano le loro grazie in tivvì, non sono antifemministe, non distruggono quello che le femministe hanno tentato di conquistare (a volte riuscendoci e a volte no).
Le femministe hanno conquistato la libertà di scegliere.
"Semplicemente" questo.
e qui si potrebbe scrivere un libro di 900 pagine ...
Conosco uomini che vivono soli che lavano , stirano , puliscono casa e preparano da mangiare gran manicaretti senza lamentarsi ... io sono un esempio ...
Conosco donne che lavorando dicono di non avere tempo per nient'altro ... e se si trovano costrette a muove un dito in piu' si lamentano come disperate ...
Quindi il discorso e' ben relativo come del resto il fatto che le donne possono fare tutto quello che fa un uomo ...
Forza fisica non ti dice nulla ? Mestruazioni mensili che in molti casi costringono la donna a letto ? etc. etc. etc. E non diciamo che la forza fisica non sia necessaria in quanto per tutto abbiamo bisogno di forza fisica.
Non volermene ma quel che e' giusto e' giusto ... :)
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