Ewigen
29-12-2005, 13:42
Missione 2006: fermare il deserto
Il prossimo anno è stato dedicato dall’Onu alla lotta contro la desertificazione: le zone aride del Pianeta occupano un terzo della superficie terrestre, ma soprattutto avanzano
Di Luigi Dell'Aglio
(Avvenire) Duecentocinquanta milioni di esseri umani lottano ogni giorno disperatamente per sopravvivere in 50 milioni di chilometri quadrati di deserti. Ma le zone aride del pianeta minacciano salute e condizioni di vita di oltre un miliardo di persone. Sono dodici i grandi deserti. Occupano un terzo della superficie di tutti i continenti messi insieme, e un settimo dell'intero globo. E, soprattutto, avanzano. Ormai la perdita di produzione alimentare dovuta a questo allarmante fenomeno ammonta a 24 miliardi di dollari all'anno. A coloro che tengono testa ai venti accecanti e alla siccità più desolante, l'Assemblea generale delle Nazioni Unite ha dedicato l'anno che sta per cominciare. Il 2006 sarà l'anno della battaglia contro la desertificazione (che, in forme subdole, opera anche in Europa, come nell'Italia meridionale). E il segreto che i deserti insegnano al genere umano è fin troppo chiaro: l'uomo può sopportare anche le condizioni estreme, gli sbalzi di temperatura tra giorno e notte che superano i 60 gradi, ma a patto che le comunità che vivono nel deserto uniscano le loro risorse ed energie. Nel deserto le specie non si evolvono ma co-evolvono; bisogna cooperare per sopravvivere, non distruggersi a vicenda, afferma una ricerca dell'Unesco, condotta dal professor Pietro Laureano, del Politecnico di Bari, e descritta nel saggio La piramide rovesciata. Perciò, dice l'Onu, è il momento di impiegare in sinergia, contro l'avanzata dei deserti, sia le tecnologie d'avanguardia sia l'antica sapienza delle popolazioni che vivono su distese di sabbia, fra le dune, oppure su pianure di roccia o ghiaccio. E un sostegno speciale viene chiesto per le donne, il 70% della manodopera agricola nelle oasi. Dipende da loro il futuro di queste zone.
Da millenni gli abitanti delle zone aride hanno imparato a resistere, difendendo con la massima cura e abnegazione le oasi in cui si sono rifugiati. Si preleva acqua dalle falde profonde, si utilizza una straordinaria re te di canali sotterranei, che nel Sahara (7 milioni 800 mila chilometri quadrati) sono chiamati "foggara". Questa tecnica, nella sostanza, si trova applicata in tutta la fascia che va dall'America Latina alla Spagna fino all'Iran e alla Cina. In Spagna i "foggara" si chiamavano "madjirat" e da questa parola deriva il nome di Madrid.
Per sancire l'alleanza mondiale contro la desertificazione, un grande meeting di capi di Stato si terrà ad Algeri nel mese di giugno, per varare la Carta dei Deserti. Il progetto è stato approfondito a Viterbo nell'ottobre scorso, con la partecipazione di premi Nobel (tra cui il chimico Paul Crutzen), del segretario generale della Fao Jacques Diouf e di rappresentanti delle Nazioni Unite e dell'Unesco. Il ministro algerino dell'Ambiente, Cherif Rahamani, testimonial dell'Onu, ha ricordato che tra gli obiettivi del suo governo c'è un efficace ripristino delle "foggara", e dei palmeti. Questi rimedi, tramandati di padre in figlio, hanno funzionato per i popoli del Sahara. E ora vanno integrati con l'hi-tech. Gli ingegneri debbono chinare il capo davanti ai fenomeni con cui la vita reagisce all'attacco del deserto. Le gazzelle si sono sempre dissetate leccando sulle pietre l'acqua della rugiada notturna. Perchè i salti di temperatura producono una condensazione di notte. Al clima aggressivo del deserto, la vita risponde con le "precipitazioni occulte". Se sfruttate con perizia, riescono a creare importanti riserve idriche, rileva l'indagine Unesco. Il vapore acqueo dell'atmosfera viene raccolto e conservato nel sottosuolo, prima che il nuovo giorno lo faccia sparire. Durante la notte del deserto, è possibile ottenere anche quattro litri d'acqua da una superficie di un solo metro quadrato. Il matematico al-Karagi compilò, all'inizio dell'XI secolo dopo Cristo, il manuale L'arte di far sgorgare le acque nascoste.
Il prossimo anno è stato dedicato dall’Onu alla lotta contro la desertificazione: le zone aride del Pianeta occupano un terzo della superficie terrestre, ma soprattutto avanzano
Di Luigi Dell'Aglio
(Avvenire) Duecentocinquanta milioni di esseri umani lottano ogni giorno disperatamente per sopravvivere in 50 milioni di chilometri quadrati di deserti. Ma le zone aride del pianeta minacciano salute e condizioni di vita di oltre un miliardo di persone. Sono dodici i grandi deserti. Occupano un terzo della superficie di tutti i continenti messi insieme, e un settimo dell'intero globo. E, soprattutto, avanzano. Ormai la perdita di produzione alimentare dovuta a questo allarmante fenomeno ammonta a 24 miliardi di dollari all'anno. A coloro che tengono testa ai venti accecanti e alla siccità più desolante, l'Assemblea generale delle Nazioni Unite ha dedicato l'anno che sta per cominciare. Il 2006 sarà l'anno della battaglia contro la desertificazione (che, in forme subdole, opera anche in Europa, come nell'Italia meridionale). E il segreto che i deserti insegnano al genere umano è fin troppo chiaro: l'uomo può sopportare anche le condizioni estreme, gli sbalzi di temperatura tra giorno e notte che superano i 60 gradi, ma a patto che le comunità che vivono nel deserto uniscano le loro risorse ed energie. Nel deserto le specie non si evolvono ma co-evolvono; bisogna cooperare per sopravvivere, non distruggersi a vicenda, afferma una ricerca dell'Unesco, condotta dal professor Pietro Laureano, del Politecnico di Bari, e descritta nel saggio La piramide rovesciata. Perciò, dice l'Onu, è il momento di impiegare in sinergia, contro l'avanzata dei deserti, sia le tecnologie d'avanguardia sia l'antica sapienza delle popolazioni che vivono su distese di sabbia, fra le dune, oppure su pianure di roccia o ghiaccio. E un sostegno speciale viene chiesto per le donne, il 70% della manodopera agricola nelle oasi. Dipende da loro il futuro di queste zone.
Da millenni gli abitanti delle zone aride hanno imparato a resistere, difendendo con la massima cura e abnegazione le oasi in cui si sono rifugiati. Si preleva acqua dalle falde profonde, si utilizza una straordinaria re te di canali sotterranei, che nel Sahara (7 milioni 800 mila chilometri quadrati) sono chiamati "foggara". Questa tecnica, nella sostanza, si trova applicata in tutta la fascia che va dall'America Latina alla Spagna fino all'Iran e alla Cina. In Spagna i "foggara" si chiamavano "madjirat" e da questa parola deriva il nome di Madrid.
Per sancire l'alleanza mondiale contro la desertificazione, un grande meeting di capi di Stato si terrà ad Algeri nel mese di giugno, per varare la Carta dei Deserti. Il progetto è stato approfondito a Viterbo nell'ottobre scorso, con la partecipazione di premi Nobel (tra cui il chimico Paul Crutzen), del segretario generale della Fao Jacques Diouf e di rappresentanti delle Nazioni Unite e dell'Unesco. Il ministro algerino dell'Ambiente, Cherif Rahamani, testimonial dell'Onu, ha ricordato che tra gli obiettivi del suo governo c'è un efficace ripristino delle "foggara", e dei palmeti. Questi rimedi, tramandati di padre in figlio, hanno funzionato per i popoli del Sahara. E ora vanno integrati con l'hi-tech. Gli ingegneri debbono chinare il capo davanti ai fenomeni con cui la vita reagisce all'attacco del deserto. Le gazzelle si sono sempre dissetate leccando sulle pietre l'acqua della rugiada notturna. Perchè i salti di temperatura producono una condensazione di notte. Al clima aggressivo del deserto, la vita risponde con le "precipitazioni occulte". Se sfruttate con perizia, riescono a creare importanti riserve idriche, rileva l'indagine Unesco. Il vapore acqueo dell'atmosfera viene raccolto e conservato nel sottosuolo, prima che il nuovo giorno lo faccia sparire. Durante la notte del deserto, è possibile ottenere anche quattro litri d'acqua da una superficie di un solo metro quadrato. Il matematico al-Karagi compilò, all'inizio dell'XI secolo dopo Cristo, il manuale L'arte di far sgorgare le acque nascoste.