View Full Version : [Thread uniti] Il giudizio di L'Economist sull'Italia
Stupendomi di non aver trovato stamattina già aperta una discussione sull'argiomento, ecco che la apro io.
http://www.corriere.it/Primo_Piano/Economia/2005/11_Novembre/25/economist1.shtml
Bocciatura preventiva per l’Unione Dall’Economist voti bassi al governo Tra i ministri salvati Moratti, Martino e La Malfa. «Pannella uno dei pochi liberali»
MILANO - L’Italia resta in una fase di «lungo e lento declino». Le cose da fare sono ancora molte. In cinque anni per The Economist è cambiato poco. «Avevamo detto che Berlusconi era inadeguato per guidare il Paese, e oggi lo confermiamo. Le cose non sono molto diverse». Il giudizio del settimanale britannico sullo stato di salute dell’economia del Paese è impietoso, e non lascia spazio all’ottimismo.
«Addio, Dolce Vita», così l’Economist ha titolato l’analisi sull’Italia, in cui mette in luce le troppe lacune del governo nella gestione della finanza pubblica, nelle riforme, nel processo di liberalizzazione del mercato. Ritardi che non hanno giustificazione: «Tremonti - scrive l’ Economist - aveva dato la colpa della debolezza dell’economia all’11 settembre. Adesso che è tornato a guidare il ministero dell’Economia la colpa è dell’euro e della Cina». Il settimanale non se la prende solo con il governo Berlusconi. Anche Romano Prodi potrebbe risultare «unfitted» per guidare l’Italia. «Se riuscirà a vincere - spiega John Peet, responsabile delle analisi sull’Europa e autore del survey -, Prodi troverà difficile introdurre riforme. La sua coalizione abbraccia nove partiti, alcuni dei quali ostacoleranno ogni cambiamento».
La verità per Peet è che nessuno dei due grandi raggruppamenti della politica «offre molte speranze a quelli che credono che il Paese abbia bisogno di grandi e dolorose riforme».
E allora l’Italia rischia di fare la fine di Venezia, «rimasta seduta troppo a lungo sui successi del passato, e oggi è poco più che un’attrazione turistica».
L’Economist riconosce tuttavia che alcune cose positive sono state fatte. Il governo, scrive, è stato «coraggioso» nella riforma delle pensioni e del mercato del lavoro. Anche università e ricerca hanno fatto passi avanti. In politica estera, aggiunge, l’opera del governo può essere considerata come un successo. Salva dunque Roberto Maroni (al quale però non risparmia critiche per aver proposto l’uscita dell’Italia dall’euro), Letizia Moratti e soprattutto Gianfranco Fini: «Un uomo da tenere d’occhio».
Il ministro degli Esteri, per l’ Economist , è il più probabile successore di Berlusconi se il centrodestra dovesse perdere le elezioni: «Casini è un candidato possibile ma per la leadership è più plausibile Fini».
L’unico leader più popolare del presidente di An, riconosce Peet nella sua analisi, è Walter Veltroni, «figura di rilievo nazionale» e «sindaco di successo a Roma».
Al di là dei progressi fatti, resta comunque il nodo delle mancate riforme. Peet ha notato positivamente l’impegno di «Giorgio La Malfa con il piano di Lisbona» per rilanciare l’economia e accelerare le liberalizzazioni. A La Malfa riconosce inoltre di essere alla guida di uno dei pochi partiti liberali, sebbene molto piccolo. Ci sono anche i Radicali di Pannella, prosegue l’ Economist , segnalando tuttavia che non sono presenti in Parlamento. Per ripartire «serve un accordo di programma tra le coalizioni» ha suggerito l’ex commissario Ue Mario Monti, intervenuto ieri alla presentazione del survey .
La foto dell’Economist , ha riconosciuto il presidente di Telecom, Marco Tronchetti Provera, «è corretta. Ma ora guardiamo avanti. L’Italia sta recuperando credibilità all’estero e sul fronte delle riforme vedo segnali incoraggianti». Credibilità che, tuttavia, secondo Peet ha avuto una decisa battuta d’arresto per le vicende delle Opa bancarie: «Fazio ha fatto a pezzi la credibilità di Bankitalia, una delle poche istituzioni affidabili del Paese». Anche se, ha fatto notare ieri il presidente del San Paolo Imi, Enrico Salza «l’ Economist riconosce un’evoluzione positiva del sistema bancario».
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Federico De Rosa
25 novembre 2005
Di seguito una intervista a Mario Monti, presente alla presentazione del "survey":
http://www.corriere.it/Primo_Piano/Economia/2005/11_Novembre/25/taino.shtml
Monti difende i leader: Berlusconi e Prodi restano ancora i più forti «Pur contestati dagli alleati sono rimasti alla guida» «Ho dubbi sulle capacità riformatrici delle coalizioni»
In termini di riforme, il centrodestra non ha funzionato e ci sono buone probabilità che il centrosinistra non funzioni: problema serio, per l'Italia, dice l'analisi del settimanale Economist in edicola oggi.
Il presidente dell'università Bocconi, Mario Monti, che di queste riforme è un sostenitore antico, in buona parte condivide le opinioni del giornale e, infatti, ieri ha partecipato a un dibattito indetto sull'argomento; su altre, invece, è scettico.
Per esempio, non pensa che Prodi sia contrario alle riforme; ha trovato eccessivo per un giornale come l'Economist l'accanimento investigativo del passato su Berlusconi; e, mentre il settimanale inglese vede bene Gianfranco Fini e Walter Veltroni, dice che, se sono ancora qui a combattersi dieci anni dopo, «si vede che Berlusconi e Prodi sono i più forti».
Professor Monti, l'Economist dice che è finita la Dolce Vita. C'è di che essere tristi.
«L'importante è che ci sia vitalità nell'economia e nella società italiane. Se poi non sarà una Dolce Vita, intesa come un ritorno ai modi di fare del passato, meglio. Fare tesoro dell'analisi dell'Economist potrebbe aiutare l'Italia ad approdare dalla Dolce Vita del passato a una nuova vitalità economica».
Certo che il giornale inglese è diventato un giudice di ferro degli affari italiani. Proprio mentre la pressione a essere virtuosi e dinamici alla quale ci hanno sottoposti in passato l'Unione Europea e i mercati finanziari si è molto ridotta. È un nuovo tipo di vincolo estero a mezzo stampa.
«È vero che i mercati oggi svolgono quella funzione in misura minore. E lo stesso si può dire delle organizzazioni internazionali. È dunque utile che vi siano analisi autorevoli, da non mitizzare e non demonizzare, che si fanno carico di svolgere quel ruolo. Va però detto che sì, è vero che oggi il vincolo estero morde meno, ma la decisione della Banca centrale europea di dare un peso maggiore ai rating emessi dalle agenzie internazionali sul debito pubblico dei diversi Stati è una scelta destinata a ridare un certo mordente all'Europa».
L'Economist, però, non vede probabile che si arrivi a riforme significative. Del centrodestra disse che Berlusconi non era adatto a governare e del centrosinistra dice oggi che difficilmente riuscirà a produrre un vero cambiamento.
«Trovo più pertinente a un giornale come l'Economist l'analisi fatta in questa occasione che non il giornalismo investigativo che ha fatto in passato su una persona, sul capo del governo di un Paese. Come trovai eccessivo allora quell'episodio, trovo ottimo che oggi si analizzino in profondità i problemi dell'Italia. È positivo che un giornale fondato nel 1843, 18 anni prima dell'unità d'Italia, esprima un'opinione che ha un'eco negli ambienti internazionali».
Dice l'Economist di non aspettarsi nulla chiunque vinca.
«Da una parte dà un giudizio severo sull'operato di quattro anni e mezzo di questa maggioranza. Anche se è interessante notare che ha giudicato positivamente il piano italiano per il raggiungimento degli obiettivi di Lisbona (liberalizzazioni e investimenti infrastrutturali, ndr) presentato di recente dal ministro Giorgio La Malfa, pur aggiungendo che sarebbe stato meglio farlo quattro anni fa. Dall'altra parte è scettico sulla possibilità che il centrosinistra, una volta al governo, abbia la possibilità di effettuare riforme strutturali effettive».
Lei ha lavorato per cinque anni con Romano Prodi a Bruxelles. È proprio difficile, come dice il settimanale inglese, definirlo «un liberale o un riformista»?
«Nei cinque anni durante i quali ho avuto il compito di fare avanzare e applicare la concorrenza in Europa, in ogni caso ho avuto l'appoggio di Prodi, anche quando si è trattato di intervenire in situazioni scomode che vedevano le forti resistenze di grandi imprese, di lobbies o di importanti governi. Su questo non avrei dubbi. Piuttosto mi interrogo anch'io, come l'Economist, sulla capacità della coalizione di Prodi, così come per altro di quella di Berlusconi, di fare davvero queste riforme».
Anche perché il dibattito interno al centrosinistra sembra un po' schizofrenico, quando si viene ai contenuti.
«Si notano forti eterogeneità sia da una parte che dall'altra. E ci sono cartine di tornasole significative: per esempio le divergenze profonde, tra i partiti del centrosinistra italiano, che si sono registrate nel Parlamento europeo sulla direttiva riguardante la liberalizzazione dei servizi. È un'eterogeneità che può costituire un problema».
L'Economist dice anche che sarebbe bene svecchiare la politica e critica il fatto che, dieci anni dopo, il duello elettorale è sempre tra Berlusconi e Prodi.
«Nel sistema politico italiano la concorrenza c'è, certo più che in molti settori dell'economia. Dunque, si vede che Berlusconi e Prodi sono i più forti. Che siano sempre loro dieci anni dopo è forse una cosa curiosa rispetto ad altri Paesi ma non si può dire che nelle loro rispettive coalizioni non abbiano dovuto affrontare contestazioni. Che alla fine hanno superato».
Danilo Taino
25 novembre 2005
Il commento di Beppe Severgnini, sempre dalle pagine del Corriere:
http://www.corriere.it/Primo_Piano/Economia/2005/11_Novembre/25/severgnini.shtml
Un giornale senza pregiudizi che non farà sconti a nessuno
Se sapete l'inglese, e volete arrabbiarvi, leggete il «survey» dell'Economist sull'Italia, che esce oggi. Vi arrabbierete se siete patriottici, perché il giudizio sullo stato di salute del Paese è impietoso. Vi arrabbierete se siete critici con l'Italia, perché troverete confermati i vostri peggiori sospetti. Vi arrabbierete se siete di centrodestra, perché Silvio Berlusconi e il suo lungo governo escono con le ossa rotte. Vi arrabbierete se siete di centrosinistra, perché una vittoria dell'Unione nel 2006 non viene giudicata una panacea. Anzi.
Copio, incollo e traduco: «Anche se vince, Mr Prodi troverà difficile introdurre le riforme di cui l'Italia ha bisogno — anche perché la sua coalizione abbraccia non meno di nove partiti, parecchi dei quali saranno d'ostacolo al cambiamento». Qualche pagina dopo: «In verità, nessuno dei due maggiori raggruppamenti della politica italiana offre molte speranze a quanti sono convinti che il Paese abbia bisogno di radicali (e dolorose) riforme».
Che dire? Questo, forse. La migliore stampa estera non fa politica in Italia: la guarda (e poi, di solito, scuote la testa). I nostri rappresentanti sostengono il contrario, e liquidano le opinioni dei giornalisti stranieri come irrilevanti e faziose. Salvo poi usare commenti, articoli, paragrafi e singole affermazioni per colpire l'avversario.
Ecco perché questo «survey» non piacerà a nessuno: perché non si presta a essere usato selettivamente.
La dirigenza politica — tutta quanta — viene descritta rassegnata o complice.
Queste le parole del primo sommario: «Con tutte le sue attrattive, l'Italia è avviata verso lungo, lento declino. Invertire questa tendenza richiede più coraggio di quanto ne abbiano i leader attuali».
I «surveys» sono gli unici pezzi dell'Economist a essere firmati. All'Italia si sono dedicati John Andrews (1993), Matthew Bishop (1997), Xan Smiley (2001) e — quest'anno — John Peet. Prima, durante e dopo i miei di corrispondenza dall'Italia per il settimanale, ho cercato di dar loro una mano. Vi posso assicurare che quei colleghi arrivano senza tesi predefinite — anche se alcuni, in Italia, sono convinti del contrario — e ripartono dopo un paio di mesi con lo stesso preoccupato giudizio: il Paese ha grande possibilità, ma scarse prospettive, a meno che accetti cambiamenti radicali e dolorosi. Ma, come sappiamo, non ne ha alcuna intenzione.
L'opinione sui due leader che s'affronteranno nel 2006 non è più incoraggiante.
Silvio Berlusconi, giudicato «inadatto a guidare l'Italia» in una celebre copertina del 2001, resta, agli occhi dell'Economist, inadatto, e per di più irresponsabile: «Quando un primo ministro attacca i magistrati del suo Paese come cospiratori di sinistra, approva leggi che aiutano i suoi interessi e concede ripetuti condoni a persone che evadono le tasse e ignorano le norme urbanistiche, manda un messaggio al cittadino medio: fregatene delle regole».
E Romano Prodi? Il giudizio è meno duro, ma non trasuda ottimismo: «L'attuale opposizione rappresenterebbe un miglioramento? Di certo incoraggerebbe la gente a essere più rispettosa della legge, sebbene anche Mr Prodi sia stato sfiorato dagli scandali. Certo c'è qualcosa di scoraggiante nel fatto che gli italiani in aprile si ritroveranno la stessa scelta di dieci anni prima, tra due candidati che hanno quasi settant'anni. Mr Prodi dice molte cose giuste sulla necessità di introdurre concorrenza e liberalizzazione, ma è dura chiamarlo un liberale e un riformista. Oltretutto, come Mr Berlusconi, sarà ostaggio di altri partiti della sua coalizione».
Conclusione del «survey»: «Nel breve periodo ci sono buone ragioni per essere ansiosi per l'Italia». Vien da dire: se si preoccupa l'Economist, che è inglese, figuriamoci noi.
25 novembre 2005
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mi viene da piangere... e queste cose le sai solo tramite internet.. col cavolo che giornali televisivi o cartacei ne parlano...
questo si che fa capire quanto siamo messi male
sempreio
25-11-2005, 09:09
Il commento di Beppe Severgnini, sempre dalle pagine del Corriere:
http://www.corriere.it/Primo_Piano/Economia/2005/11_Novembre/25/severgnini.shtml
Un giornale senza pregiudizi che non farà sconti a nessuno
Se sapete l'inglese, e volete arrabbiarvi, leggete il «survey» dell'Economist sull'Italia, che esce oggi. Vi arrabbierete se siete patriottici, perché il giudizio sullo stato di salute del Paese è impietoso. Vi arrabbierete se siete critici con l'Italia, perché troverete confermati i vostri peggiori sospetti. Vi arrabbierete se siete di centrodestra, perché Silvio Berlusconi e il suo lungo governo escono con le ossa rotte. Vi arrabbierete se siete di centrosinistra, perché una vittoria dell'Unione nel 2006 non viene giudicata una panacea. Anzi.
Copio, incollo e traduco: «Anche se vince, Mr Prodi troverà difficile introdurre le riforme di cui l'Italia ha bisogno — anche perché la sua coalizione abbraccia non meno di nove partiti, parecchi dei quali saranno d'ostacolo al cambiamento». Qualche pagina dopo: «In verità, nessuno dei due maggiori raggruppamenti della politica italiana offre molte speranze a quanti sono convinti che il Paese abbia bisogno di radicali (e dolorose) riforme».
Che dire? Questo, forse. La migliore stampa estera non fa politica in Italia: la guarda (e poi, di solito, scuote la testa). I nostri rappresentanti sostengono il contrario, e liquidano le opinioni dei giornalisti stranieri come irrilevanti e faziose. Salvo poi usare commenti, articoli, paragrafi e singole affermazioni per colpire l'avversario.
Ecco perché questo «survey» non piacerà a nessuno: perché non si presta a essere usato selettivamente.
La dirigenza politica — tutta quanta — viene descritta rassegnata o complice.
Queste le parole del primo sommario: «Con tutte le sue attrattive, l'Italia è avviata verso lungo, lento declino. Invertire questa tendenza richiede più coraggio di quanto ne abbiano i leader attuali».
I «surveys» sono gli unici pezzi dell'Economist a essere firmati. All'Italia si sono dedicati John Andrews (1993), Matthew Bishop (1997), Xan Smiley (2001) e — quest'anno — John Peet. Prima, durante e dopo i miei di corrispondenza dall'Italia per il settimanale, ho cercato di dar loro una mano. Vi posso assicurare che quei colleghi arrivano senza tesi predefinite — anche se alcuni, in Italia, sono convinti del contrario — e ripartono dopo un paio di mesi con lo stesso preoccupato giudizio: il Paese ha grande possibilità, ma scarse prospettive, a meno che accetti cambiamenti radicali e dolorosi. Ma, come sappiamo, non ne ha alcuna intenzione.
L'opinione sui due leader che s'affronteranno nel 2006 non è più incoraggiante.
Silvio Berlusconi, giudicato «inadatto a guidare l'Italia» in una celebre copertina del 2001, resta, agli occhi dell'Economist, inadatto, e per di più irresponsabile: «Quando un primo ministro attacca i magistrati del suo Paese come cospiratori di sinistra, approva leggi che aiutano i suoi interessi e concede ripetuti condoni a persone che evadono le tasse e ignorano le norme urbanistiche, manda un messaggio al cittadino medio: fregatene delle regole».
E Romano Prodi? Il giudizio è meno duro, ma non trasuda ottimismo: «L'attuale opposizione rappresenterebbe un miglioramento? Di certo incoraggerebbe la gente a essere più rispettosa della legge, sebbene anche Mr Prodi sia stato sfiorato dagli scandali. Certo c'è qualcosa di scoraggiante nel fatto che gli italiani in aprile si ritroveranno la stessa scelta di dieci anni prima, tra due candidati che hanno quasi settant'anni. Mr Prodi dice molte cose giuste sulla necessità di introdurre concorrenza e liberalizzazione, ma è dura chiamarlo un liberale e un riformista. Oltretutto, come Mr Berlusconi, sarà ostaggio di altri partiti della sua coalizione».
Conclusione del «survey»: «Nel breve periodo ci sono buone ragioni per essere ansiosi per l'Italia». Vien da dire: se si preoccupa l'Economist, che è inglese, figuriamoci noi.
25 novembre 2005
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grz per la traduzione anche se adesso con l' inglese me la cavo parcchio bene, comunque sarebbe buona regola come d' altronde hai iniziato a fare tu tradurre o perlomeno fare un breve riassuntino dei testi che si posano in una lingua diversa dalla nostra, in fin dei conti siamo italiani.
HenryTheFirst
25-11-2005, 09:17
Più si avvicinano le elezioni del 2006 e più mi prende lo sconforto :(
mi viene da piangere... e queste cose le sai solo tramite internet.. col cavolo che giornali televisivi o cartacei ne parlano...
questo si che fa capire quanto siamo messi male
beh dai...purtroppo per rendersi conto di certe cose non serviva l' economist....:/
:sob:
ALBIZZIE
25-11-2005, 09:27
grz per la traduzione anche se adesso con l' inglese me la cavo parcchio bene, comunque sarebbe buona regola come d' altronde hai iniziato a fare tu tradurre o perlomeno fare un breve riassuntino dei testi che si posano in una lingua diversa dalla nostra, in fin dei conti siamo italiani.
flisi71 è in realtà beppe severgnini??? :eek:
mi viene da piangere... e queste cose le sai solo tramite internet.. col cavolo che giornali televisivi o cartacei ne parlano...
questo si che fa capire quanto siamo messi male
??
Ma che dici ? :p
Hai visto il link di Flisi?
E' del corriere....giornale italianissimo :D
ALBIZZIE
25-11-2005, 09:30
??
Ma che dici ? :p
Hai visto il link di Flisi?
E' del corriere....giornale italianissimo :D
non è che il sito web del corriere sia alla portata di tutti.
però, se l'articolo di anni fa su berlusca fu abbastanza pubblicizzato su giornali e tv, vedremo se questo lo sarà altrettanto
Ancora dal Corriere, un commento di Aldo cazzullo, incentrato su Fini & Veltroni
http://www.corriere.it/Primo_Piano/Economia/2005/11_Novembre/25/cazzullo.shtml
Fini e Veltroni, l'investitura inglese ai due «uomini del futuro» Provenienti dai partiti figli dei totalitarismi, sono riusciti a liberarsi dai legami con gli antenati
E così i «leader futuri», come scrive l'Economist voce del liberalismo anglosassone, sono loro due: Fini e Veltroni, entrati sin dall'adolescenza nei due partiti figli dei totalitarismi del ‘900 e arrivati a guidarli, sia pure con nomi e idee rinnovati.
Se però un giorno dovessero davvero affrontarsi per la guida del Paese, sarà perché nessuno dei due è considerato un ex. L'hanno anche teorizzato nei rispettivi congressi (Fiuggi 1995, Torino 1999): «Costruire un partito che non sia ex di nulla». Il partito forse lo è ancora; loro, non più.
Grazie a due scatti: il primo che li ha liberati dai legami con gli antenati, il secondo che li ha portati, nella percezione pubblica, a rappresentare identità nuove.
La visita di due anni fa in Israele non è stata per Fini solo la metafora del lungo viaggio attraverso il neo e il post fascismo. Più che un approdo, ha segnato un punto di partenza; non ha chiuso ma aperto un processo, proseguito con la proposta del voto agli immigrati, i tre sì al referendum sulla fecondazione assistita, l'apertura ai diritti per le coppie omosessuali. Il gruppo dirigente di An è rimasto indietro, e infatti nessuno tranne Fini sembra aver maturato il profilo necessario alla leadership di un partito e di una coalizione moderata: non Storace che dopo il viaggio in Israele convocò all'Hilton Tremaglia e gli irriducibili, non La Russa che a «Porta a Porta» gridò il suo «orgoglio per i combattenti di Salò»; senza però turbare più di tanto il capo, anzi, finendo con il sottolineare la rapidità della sua evoluzione.
In realtà, né Fini né Veltroni hanno davvero pronunciato le abiure loro attribuite.
Quando ha parlato di male assoluto, Fini non si riferiva al fascismo ma alla persecuzione degli ebrei; rinunciò a precisare perché ormai il dado era tratto, il rischio di perdere qualche pezzo per strada (ma alla fine se ne andò solo la Mussolini; più dolorosa la diaspora cattolica, da Fiori a Rebecchini) messo in conto e giudicato consono all'obiettivo finale. «Come diceva Pirandello, gli esami non finiscono mai» commentò al termine di quella durissima giornata, ritirandosi nella stanza dell'hotel King David; era De Filippo, ma rendeva l'idea.
Neppure Veltroni ha mai detto testualmente di «non essere mai stato comunista». «Non nel senso di credere alla dittatura del proletariato o alla collettivizzazione delle terre», aveva precisato, concedendo: «Però sono stato del Pci». Difficile negarlo, per chi a 15 anni era nella Fgci, a 20 segretario dei giovani comunisti romani, a 22 consigliere comunale, e ora a 50 è già «statista», come ha detto in pubblico il suo fedele rivale D'Alema. L'unico ex comunista a diventare presidente del Consiglio, per giunta da sostenitore della prima guerra della Nato e di tesi liberali in economia, ma più legato per formazione e per immagine ai tempi del segretario generale Berlinguer (cui anche Veltroni ha dedicato un libro, affiancato però da una biografia di Bob Kennedy).
Se c'è un altro ds per cui potrebbe valere la profezia dell'Economist, è Piero Fassino. Anche lui ha avuto i suoi equilibrismi dialettici, quando ha spiegato di essere entrato nel Pci in quanto socialista. Eppure, citando Craxi nel congresso del febbraio scorso, appariva convinto di riunire non solo la storia della sinistra italiana ma pure quella della sua famiglia: socialista il padre Eugenio, comandante partigiano, socialista il nonno Cesare, tra i fondatori del partito. Un percorso che ha portato Fassino alla foiba di Basovizza e, già prima della caduta del Muro, a Parigi per rappresentare il Pci alla commemorazione di Nagy (in albergo gli aveva telefonato Pajetta: «Se tu domani vai al Père Lachaise, io vado sulla tomba di Kadar»). E se solo ora l'ex allievo dei gesuiti rivendica in pubblico la fede cattolica, da sempre Fassino è nella sinistra tra i più vicini a Israele; al punto da generare, come ha raccontato lui stesso, «la leggenda di antenati ebrei, mai esistiti».
Vicino alla comunità ebraica romana è pure Veltroni. Che da sindaco si è spinto oltre sia nel rifiuto delle radici comuniste — «nel '68 stavo con Ian Palach, i leader sovietici mi facevano pena» ha detto un anno fa, anche lui a Basovizza —, sia soprattutto nella costruzione di quel sincretismo veltroniano, di quella fede eclettica che nel primo giorno da segretario ds l'aveva portato sulla tomba di Dossetti e a casa di Bobbio. Si spiegano così le vie dedicate ai ragazzi neri degli Anni 70, la ricerca di una «memoria se non condivisa, almeno intera», il culto dei morti da Sordi ai naufraghi africani — «Tenete i vostri defunti lontano dal Campidoglio» titolò perfido Il Foglio — che non è motivato solo dal rimpianto per un padre mai conosciuto.
Se Fini è quasi imbattibile nell'uno contro uno, Veltroni è forse più bravo nella comunicazione apolitica, nell'arrivare a chi non segue i talk-show e tantomeno i congressi, attraverso percorsi popolari e colti, una serata di beneficenza con Totti e il saggio dolente su Luca Flores jazzista suicida dopo la morte della madre, la figurina di Pizzaballa allegata all'Unità e i racconti ispirati al graffito di un padre in cerca del figlio desaparecido; a rischio di incorrere in qualche errore (nel saggio sul cinema «Certi piccoli amori» Mauro Della Porta Raffo arrivò a contarne 21). Ma la caratteristica dei «leader futuri» è che gli si perdona molto, quasi tutto: a Fini è stato condonato il valzer sulla legge elettorale — dal proporzionale al maggioritario e ritorno —, la rinuncia al centralismo e a Fisichella per la devolution, la conversione europeista dal no missino a Maastricht al ruolo sfiorato di padre costituente, l'autorevisione nel giudizio sul Duce e su Di Pietro, sul regime e su Mani Pulite. Entrambi sono stati vicepremier, come presto potrebbe essere Fassino.
Se poi uno di loro dovesse entrare a Palazzo Chigi non per una manovra di Palazzo ma per un voto popolare, allora la transizione e forse anche il '900 italiano saranno finiti davvero
Aldo Cazzullo
25 novembre 2005
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flisi71 è in realtà beppe severgnini??? :eek:
In effetti quando ho letto il commento di sempreio ho avuto la netta sensazione che mi attribuisse meriti non miei.
Ciao
Federico
P.S. per AL BIZZIE: anche questa me la segno, verrà il giorno della resa dei conti; una volta affermasti che c'era coincidenza fra i miei pensieri e quelli di Gasparri, adesso che sono Severgnini in incognito.... :cry: :eek: (nota l'ordine delle faccine)
sempreio
25-11-2005, 09:44
In effetti quando ho letto il commento di sempreio ho avuto la netta sensazione che mi attribuisse meriti non miei.
Ciao
Federico
P.S. per AL BIZZIE: anche questa me la segno, verrà il giorno della resa dei conti; una volta affermasti che c'era coincidenza fra i miei pensieri e quelli di Gasparri, adesso che sono Severgnini in incognito.... :cry: :eek: (nota l'ordine delle faccine)
mi riprendo i complimenti che ti ho fatto :O
Alessandro Bordin
25-11-2005, 09:45
Sono convinto anche io che siamo messi male in quanto ad alternative politiche. Così come condivido il parere che l'Italia campi molto di rendita in quanto a "prestigio", ricordando per esempio Leonardo come concittadino illustre, ma l'impressione è che tale rendita sia finita da tempo, mettendo a nudo tutti i difetti del nostro Paese.
Ometto di aggiungere pareri sulla politica nazionale degli ultimi anni per non sparare sulla croce rossa.
Il problema è che guardando avanti non vedo grandi cambiamenti nell'immediato futuro. Servirebbe un maggiore senso civico, questo secondo me è la chiave di tutto, non solo per la politica. Come se ne esce altrimenti? :(
Una maggiore responsabilità e rispetto potrebbe portare ad una onesta e mai ttardiva autocritica, per trovare soluzioni e un futuro ad un Paese che attualmente è messo davvero male e visto sempre peggio dall'estero.
Alla fine l'Economist non ha fatto altro che mettere a nudo la verità che ognuno di noi conosce, ma fa finta di non sapere e cioè che la nostra classe politica DI QUALSIASI COLORE non è in grado di governare il paese, i motivi possono essere molteplici, ma alla fine sono tutti riconducibili ad una impossibilità di portare a termine una qualsiasi riforma SENZA incontrare resistenze ad oltranza (vedi scioperi generali vari ecc.) da parte dell'opposizione, dei sindacati, dei comitati, delle associazioni, dei preti, dei laici, dei gay e chi più ne ha più ne metta.
In realtà come ha detto Bordin, quello che manca è il senso civico, si vorrebbero le riforme, ma si vorrebbe che il prezzo da pagare lo pagassero sempre gli altri, quindi nessuno vuole accettare di sacrificarsi per il bene comune e così si va avanti a suon di provedimenti temporanei senza intervenire a fondo con riforme strutturali che all'inizio sono costose e portano benefici in futuro.
Non ci resta che rassegnarci e sperare nel miracolo.
PS - scrivendo governo e opposizione, non faccio riferimento a nessuno schieramento politico, solo alla situazione di governo senza importanza di colore.
FastFreddy
25-11-2005, 10:02
mi viene da piangere... e queste cose le sai solo tramite internet.. col cavolo che giornali televisivi o cartacei ne parlano...
L'articolo c'era sul corriere e ne hanno parlato anche al giornale radio Rai in tutte le edizioni di ieri....
jumpermax
25-11-2005, 10:11
Scusate ragazzi ma io non riesco a capire che vuol dire la frase "l'università e la ricerca hanno fatto passi avanti" era ironica? Perchè in tal caso si è dimenticato di specificare che davanti c'era un burrone... :D
Scusate ragazzi ma io non riesco a capire che vuol dire la frase "l'università e la ricerca hanno fatto passi avanti" era ironica? Perchè in tal caso si è dimenticato di specificare che davanti c'era un burrone... :D
Infatti... :sofico:
Alcuni giudizi (quelli positivi purtroppo) del survey non sono poi molto condivisibili.
Diciamo che ho letto articoli più interessanti sull'economist.
Questo non ha fatto altro che ribadire concetti ormai assimilati e difficilmente confutabili.
Spectrum7glr
25-11-2005, 10:48
Scusate ragazzi ma io non riesco a capire che vuol dire la frase "l'università e la ricerca hanno fatto passi avanti" era ironica? Perchè in tal caso si è dimenticato di specificare che davanti c'era un burrone... :D
senza entrare nel merito della questione mi limito a constatare che avete sempre il pessimo difetto di voler sentire (e credere) solo quello che volete/vi fa comodo...se partiamo dal presupposto che l'articolo dell'Economist esprime un giudizio attendibile allora lo dobbiamo accettare tutto (critiche positive comprese) altrimenti lo rigettiamo in blocco: positive e negative e lo bollliamo come fuffa.
Delle due l'una: diversamente è un insulto al buon senso ed alla logica Arisotelica senza se e senza ma.
Infatti... :sofico:
Alcuni giudizi (quelli positivi purtroppo) del survey non sono poi molto condivisibili.
Diciamo che ho letto articoli più interessanti sull'economist.
Questo non ha fatto altro che ribadire concetti ormai assimilati e difficilmente confutabili.
cioè sono interessanti solo gli articoli che collimano al 100% con la tua visione? allora cosa ti informi a fare? sai già tutto e non hi bisogno delle opinioni degli altri...meno che meno di quelle di un giornale Inglese.
Secondo me l'articolo è un ottimo spunto di riflessione e di dibattito, ma non un testo contenente la verità rivelata, anche perchè non credo affatto all'infallibilità degli uomini.
Se invece propendessi per quest'ultima tesi, avrei aperto la discussione in modo differente, magari con un titolo del tipo: "leggete, o ignoranti !!" o qualcos'altro dello stesso tenore.
;)
Ciao
Federico
Spectrum7glr
25-11-2005, 11:10
Secondo me l'articolo è un ottimo spunto di riflessione e di dibattito, ma non un testo contenente la verità rivelata, anche perchè non credo affatto all'infallibilità degli uomini.
Se invece credessi a quest'ultima tesi, avrei aperto la discussione in modo differente, magari con un titolo del tipo: "leggete, o ignoranti !!" o qualcos'altro dello stesso tenore.
;)
Ciao
Federico
Il fatto è che quelli che sono intervenuti (immagino travisando la tua intenzione vista la fonte citata e le sottolineature bipartizan) lo hanno fatto spesso con questo spirito: "ecco quello che pensano di noi gli Inglesi: vedete che non è solo la gente che scende in piazza a dire certe cose?"...se si parte con questo spirito allora sono logicamente autorizzato a rispondere " bè si è sceso in piazza soprattutto per Pensioni ed Università che invece nel mare magnum delle disgrazie sono tra i pochi punti positivi che gli Inglesi sottolineano".
...se partiamo dal presupposto che l'articolo dell'Economist esprime un giudizio attendibile allora lo dobbiamo accettare tutto (critiche positive comprese) altrimenti lo rigettiamo in blocco: positive e negative e lo bollliamo come fuffa.
Tu sei liberissimo di limitarti a giudizi sommari, bocciando o approvando un articolo in toto.
Io e molti altri invece preferiamo analizzarlo in modo analitico decidendo se condividerne tutti gli spunti o solo una parte.
Che l'Economist sia una rivista auterevolissima siamo tutti d'accordo, questo però non significa che chi ci scrive abbia il dono dell'infallibilità.
senza entrare nel merito della questione mi limito a constatare che avete sempre il pessimo difetto di voler sentire (e credere) solo quello che volete/vi fa comodo...
Constata pur quel che vuoi, io al mio senso critico non ci rinuncio.
x Spectrum7glr: adesso ho capito il tuo commento, e mi fa piacere che tu comprenda la mia posizione; ti dirò che spesso qui sul forum sono in sintonia con Proteus che appartiene ad uno schieramento politico differente dal mio, ma di fronte alla tristezza della realtà dei fatti non c'è tifo politico che tenga.
:(
Ciao
Federico
Vero o meno, condivisibile o meno.......io lezioni dagli inglesi non ne accetto.
Noi saremo nel guano fino al collo ma non è che i maestri d'oltremanica navighino nell'oro, che guardino nelle loro mutande.
Noi con DC, socialisti, comunisti, centro dx, centro sx siamo sempre andati avanti e per quanto la situazione sembri catastrofica continueremo a resistere sia con il Berlusca sia con Prodi.
Se andremo veramente a rotoli faremo sempre in tempo a chiamare a governarci un figlio della perfida Albione maestra di civiltà.
Spectrum7glr
25-11-2005, 11:29
x Spectrum7glr: adesso ho capito il tuo commento, e mi fa piacere che tu comprenda la mia posizione; ti dirò che spesso qui sul forum sono in sintonia con Proteus che appartiene ad uno schieramento politico differente dal mio, ma di fronte alla tristezza della realtà dei fatti non c'è tifo politico che tenga.
:(
Ciao
Federico
Bene ci siamo capiti :) ...quello che a me dispiace è l'utilizzo distorto di spunti di riflessione: si prende quello che si vuole sentire e si cestina acriticamente il resto...insomma qui sul forum in relazione a questa polemica mi sembra che si ripetano le stupidaggini che abbiamo già sentito nel teatrino della politica ieri sera: tutti e due gli schieramenti che cercano di tirare dalla propria parte l' "autorevole giudizio della stampa estera" quando la realtà dell'articolo in questione è un'analisi con luci (poche) ed ombre (molte) e che non vede vincitori nè la destra (giudicado l'azione largamente inefficace al di là di quanto fatto per Pensioni, mondo del lavoro e Scuola che curiosamente sono tasti su cui la sinistra stessa aveva spinto) nè la sinistra (giudicata incapace di dare una svolta perchè prigioniera di partiti che non daranno mai l'assenso a riforme che vengono giudicate necessarie).
^TiGeRShArK^
25-11-2005, 11:36
Scusate ragazzi ma io non riesco a capire che vuol dire la frase "l'università e la ricerca hanno fatto passi avanti" era ironica? Perchè in tal caso si è dimenticato di specificare che davanti c'era un burrone... :D
quoto :O
zerothehero
25-11-2005, 11:43
mi viene da piangere... e queste cose le sai solo tramite internet.. col cavolo che giornali televisivi o cartacei ne parlano...
questo si che fa capire quanto siamo messi male
Non è vero..basta leggersi il corriere per essere informati sul giudizio dell'economist..oggi dovrebbe uscire in edicola l'articolo dell'economist..ci dò un occhiata. :)
Cmq loro erano messi peggio di noi prima della "cura" thatcher.
Per tutti gli anni 60-70 e inizi 80 siamo cresciuti più degli inglesi.
Cmq loro erano messi peggio di noi prima della "cura" thatcher.
Per tutti gli anni 60-70 e inizi 80 siamo cresciuti più degli inglesi.
Quindi rispetto a loro siamo in ritardo di 20 anni.
Un plauso a loro che hanno saputo risollevarsi, tocca a noi ora però.
jumpermax
25-11-2005, 12:02
senza entrare nel merito della questione mi limito a constatare che avete sempre il pessimo difetto di voler sentire (e credere) solo quello che volete/vi fa comodo...se partiamo dal presupposto che l'articolo dell'Economist esprime un giudizio attendibile allora lo dobbiamo accettare tutto (critiche positive comprese) altrimenti lo rigettiamo in blocco: positive e negative e lo bollliamo come fuffa.
Delle due l'una: diversamente è un insulto al buon senso ed alla logica Arisotelica senza se e senza ma.
Questo è un curioso modo di ragionare: partiamo dal presupposto che l'articolo sia verità rivelata e interpretiamo la realtà in modo che vi si adatti :D (e viceversa ovviamente)
Personalmente poi l'idea di accettare o rigettare in blocco un articolo non mi piace, la trovo un tantino troppo manichea. Certe parti dell'articolo le convido altre meno, la frase che secondo me è davvero ineccepibile è questa
La verità per Peet è che nessuno dei due grandi raggruppamenti della politica «offre molte speranze a quelli che credono che il Paese abbia bisogno di grandi e dolorose riforme».
visto che mi ci identifico in pieno. Di riforme qua nessuno parla. Chi ha assistito alla querelle Prodi- Il Giornale sulla questione energetica ed un minimo è informato sul problema credo si sia messo le mani nei capelli. Un paese dove non si riesce a decidere nulla, si tira a campare e non c'è il coraggio di sfidare l'opinione pubblica con scelte coraggiose ed impopolari, quando sono necessarie. Non vedo niente di buono all'orizzonte, ne in quelli che siedono al governo, ne in quelli all'opposizione ne in quelli che vanno nelle piazze. A chi mi rivolgo a questo punto? :help:
.....
Certe parti dell'articolo le convido altre meno, la frase che secondo me è davvero ineccepibile è questa
La verità per Peet è che nessuno dei due grandi raggruppamenti della politica «offre molte speranze a quelli che credono che il Paese abbia bisogno di grandi e dolorose riforme».
visto che mi ci identifico in pieno.
...
facile vero, dopo che te l'ho evidenziata con carattere più grande!
:read:
Ciao
Federico
:D
dantes76
25-11-2005, 12:17
La cosa triste, e che anche dalla nostra parte(Sx) non si vede niente di nuovo;
l italia piu che unatantum, avrebbe bisogno di cambiamenti radicali, ma siamo in Italia.. e la cosa non cambiera' indifferentemente il colore politico, e' propio questione di pensiero, di mentalita', del pensiero dell accomodo; e non solo nella classe politica, ma anche e principalemte quella imprenditoriale, del tutto assente, e' quando ci sta e come se non ci fosse; e dopo ma non per ultimo, anche quella dei cittadini, troppo ITAtonti, esempio palpabile? una legge recente sul sequestro della moto se non metti il casco: si preoccupano piu della moto(se la tolgono) che della loro vita(se la perdono)
italian better... :muro:
andreasperelli
25-11-2005, 15:38
Vero o meno, condivisibile o meno.......io lezioni dagli inglesi non ne accetto.
Noi saremo nel guano fino al collo ma non è che i maestri d'oltremanica navighino nell'oro, che guardino nelle loro mutande.
Noi con DC, socialisti, comunisti, centro dx, centro sx siamo sempre andati avanti e per quanto la situazione sembri catastrofica continueremo a resistere sia con il Berlusca sia con Prodi.
Se andremo veramente a rotoli faremo sempre in tempo a chiamare a governarci un figlio della perfida Albione maestra di civiltà.
Ma il tuo è un commento ironico,vero? ;)
Scusate ragazzi ma io non riesco a capire che vuol dire la frase "l'università e la ricerca hanno fatto passi avanti" era ironica? Perchè in tal caso si è dimenticato di specificare che davanti c'era un burrone... :D
infatti, secondo loro con la Moratti sono stati fatti passi in avanti nella ricerca e nell'università. Assurdo!
In politica estera, poi, l’opera del governo può essere considerata come un successo. Già, infatti siamo loro complici in una guerra costruita solo su menzogne ed interessi!
-kurgan-
25-11-2005, 17:16
la cosa tragica è che per qualsiasi osservatore straniero servono "riforme", e noi siamo ovviamente d'accordo.
poi su quali siano queste riforme tutti hanno un'idea differente :D
io partirei da un sistema giudiziario meno pachidermico e con una scuola davvero funzionante.. con fondi investiti nella ricerca.
altri hanno altre priorità, io inizierei da lì. Si sa per caso da dove vorrebbero iniziare gli osservatori dell'economist?
Ma il tuo è un commento ironico,vero? ;)
in che senso...penso veramente che gli inglesi non debbano permettersi di darci lezioni....... :confused:
[A+R]MaVro
25-11-2005, 17:48
[cut]Si sa per caso da dove vorrebbero iniziare gli osservatori dell'economist?
Liberalizzazioni
Pensioni
Mercato del lavoro
cosa che mi trova piuttosto d'accrodo. A ruota ci metterei la scuola e la ricerca e poi solo dopo altre 500 riforme che non mi vengono in mente la giustizia.
mi viene da piangere... e queste cose le sai solo tramite internet.. col cavolo che giornali televisivi o cartacei ne parlano...
I tre articoli postati erano sul Corriere della Sera di questa mattina.
zerothehero
25-11-2005, 20:41
Quindi rispetto a loro siamo in ritardo di 20 anni.
Un plauso a loro che hanno saputo risollevarsi, tocca a noi ora però.
No..loro hanno avuto la Thatcher che ha riformato il paese e l'ha svecchiato (i benefici poi li ha raccolti Blair che ha avuto il lavoro a metà fatto)...noi negli anni 90 (quando iniziò a palesarsi il declino) non abbiamo avuto una classe politica in grado di fare riforme strutturali "pesanti".
Il dibattito politico italiano è piuttosto desolante...vì è uno scontro d'altri tempi tra laici e cattolici per questioni secondarie quando c'è una legge sul risparmio che è bloccata in parlamento da più di un anno...
In compenso abbiamo una legge proporzionale che mette un limite ridicolo per i partiti coalizzati (2%), limite che aumenterà la frammentazione intra-coalizione.
Abbiamo un debito del 105% sul pil, un gdp dello 0,5%, competitività in caduta libera, crescita demografica sotto 0, impossibilità di svalutare per recuperare competitività visto la linea rigorista della bce (modellata sulla bundesbank), capitalismo familiare che sta entrando in crisi etc etc..insomma TUTTI sanno cosa bisogna fare e quali sono le debolezze e le cause del declino italiano..ma non vedo nè forza nè volontà da parte della classe politica a cambiare il tutto....
Prodi ogni volta che parla mi fa arrabbiare per il suo scarso coraggio, anche nella materia energetica..i suoi governatori bloccano l'eolico e i gassificatori nonchè riplubblicizzare l'acquedotto...
In più la coalizione di centrosinistra è davvero troppo frammentata per fare qualsiasi riforma....al massimo possono vivacchiare e amministrare con uno stile più sobrio rispetto a quello berlusconiano, ma nel concreto nutro poche speranze...il sistema è bloccato..chi ha il potere economico/politico sta nelle rendite...chi accede adesso è castrato....
Non a caso Berlusconi ha proposta la casa per tutti...è sintomatico del fatto che ci cerca di garantire una rendita, una forma di sicurezza per minimizzare la tempesta...non si investe..si cerca di garantire e ridurre il danno. :fagiano:
L'analisi dell'economist è giusta....i dati parlano da soli....peccato che nulla di quello che è scritto in quelle pagine mi suscita delle sorprese...sono cose che tutti sanno e conoscono...insomma 4.60 euro un pò sprecate.. :D
zerothehero
25-11-2005, 21:01
in che senso...penso veramente che gli inglesi non debbano permettersi di darci lezioni....... :confused:
Vivi in una realtà internazionale...quello che scrive l'economist è condiviso da moltissimi analisti economici/finanziari..non sono solo dagli " inglesi"...loro il declino l'hanno in buona parte superato agli inizi degli anni '80 e sono diventati un grande mercato finanziario e fortemente dinamico.
Nel merito quello che ho letto dell'articolo è tragicamente vero e largamente condivisibile...sono i dati macroeconomici che parlano anche prima delle opinioni del giornalista.
In claris non fit interpretatio...produttività in caduta libera, sistema creditizio nano, industriali che si sono rifugiati nelle rendite (autostrade, assicurazioni, ex-monopoli etc.), pil a 0, deficit/pil di ritorno al 105-107%, crescita demografica sotto 0, sistema politico frammentato e pervaso da immagini di regime catto-comuniste NON-riformiste, tasso di occupazione tra i più bassi d'europa, 0.7 di investimento sulla ricerca, volume delle esportazioni in calo rispetto al 2000 (quando gli altri sono cresciuti nella stessa congiuntura dal 20 al 30%)...se gli inglesi non possono farci lezione non lo so...quello che è certo è che NOI non possiamo dare lezioni ad altri in materia di vision strategica e di gestione di uno stato.. :fagiano:
No..loro hanno avuto la Thatcher che ha riformato il paese e l'ha svecchiato (i benefici poi li ha raccolti Blair che ha avuto il lavoro a metà fatto)...noi negli anni 90 (quando iniziò a palesarsi il declino) non abbiamo avuto una classe politica in grado di fare riforme strutturali "pesanti".
Il dibattito politico italiano è piuttosto desolante...vì è uno scontro d'altri tempi tra laici e cattolici per questioni secondarie quando c'è una legge sul risparmio che è bloccata in parlamento da più di un anno...
In compenso abbiamo una legge proporzionale che mette un limite ridicolo per i partiti coalizzati (2%), limite che aumenterà la frammentazione intra-coalizione.
Abbiamo un debito del 105% sul pil, un gdp dello 0,5%, competitività in caduta libera, crescita demografica sotto 0, impossibilità di svalutare per recuperare competitività visto la linea rigorista della bce (modellata sulla bundesbank), capitalismo familiare che sta entrando in crisi etc etc..insomma TUTTI sanno cosa bisogna fare e quali sono le debolezze e le cause del declino italiano..ma non vedo nè forza nè volontà da parte della classe politica a cambiare il tutto....
Prodi ogni volta che parla mi fa arrabbiare per il suo scarso coraggio, anche nella materia energetica..i suoi governatori bloccano l'eolico e i gassificatori nonchè riplubblicizzare l'acquedotto...
In più la coalizione di centrosinistra è davvero troppo frammentata per fare qualsiasi riforma....al massimo possono vivacchiare e amministrare con uno stile più sobrio rispetto a quello berlusconiano, ma nel concreto nutro poche speranze...il sistema è bloccato..chi ha il potere economico/politico sta nelle rendite...chi accede adesso è castrato....
Non a caso Berlusconi ha proposta la casa per tutti...è sintomatico del fatto che ci cerca di garantire una rendita, una forma di sicurezza per minimizzare la tempesta...non si investe..si cerca di garantire e ridurre il danno. :fagiano:
L'analisi dell'economist è giusta....i dati parlano da soli....peccato che nulla di quello che è scritto in quelle pagine mi suscita delle sorprese...sono cose che tutti sanno e conoscono...insomma 4.60 euro un pò sprecate.. :D
Il mio era un modo estremo per dire che loro la crisi l'hanno superata, noi siamo invece nell'occhio del ciclone.
Per il resto è difficile non condividere quanto espresso sopra.
Rimane il fatto che l'Economist non ha detto nulla di nuovo.
Silver_1982
26-11-2005, 02:46
Scusate ragazzi ma io non riesco a capire che vuol dire la frase "l'università e la ricerca hanno fatto passi avanti" era ironica? Perchè in tal caso si è dimenticato di specificare che davanti c'era un burrone... :D
dovreste ricordare che la riforma in questione, prese un ottimo proprio dalla commissione presieduta da romano prodi.....probabilmente in europa valgono alcuni criteri,... in italia altri!
andreasperelli
27-11-2005, 10:25
L'economist è assai poco attendibile riguardo certi argomenti, rammento che una certa banca coinvolta in operazioni in italia, è parte ragguardevole della proprietà di detta testata e pertanto........
Ciao
ho dato un'occhiata al sito dell'economist e dell'editore pearson al ritgurdo ma non ho trovato nulla... mi dài tu qualche link?
MSciglio
27-11-2005, 19:26
L'economist è assai poco attendibile riguardo certi argomenti, rammento che una certa banca coinvolta in operazioni in italia, è parte ragguardevole della proprietà di detta testata e pertanto........
Ciao
Hai letto tutte e 15 pagine di survey prima di giudicare? A me sono sembrati tutti dati estremamente precisi e imparziali.
andreasperelli
27-11-2005, 22:11
Hai letto tutte e 15 pagine di survey prima di giudicare? A me sono sembrati tutti dati estremamente precisi e imparziali.
quoto, ho letto il survey e mi sembrava decisamente imparziale.
L'economist è assai poco attendibile riguardo certi argomenti, rammento che una certa banca coinvolta in operazioni in italia, è parte ragguardevole della proprietà di detta testata e pertanto........
Ciao
Figuriamoci, è solo una delle più autorevoli, se non la più autorevole, testata economica d'Europa. Il corrispettivo del Financial Times, per intenderci.
-kurgan-
28-11-2005, 09:49
P.S. Il giorno in cui smetteremo di credere e ci chiederemo sempre e comunque "cui prodest" forse si aprirà la porta per accedere ad un mondo più libero ma fino ad allora le classifiche sulla "libertà di stampa" faranno solo ridere i polli.
bel modo per assolvere il silvietto nazionale.
andreasperelli
28-11-2005, 09:58
E secondo la tua opinione se una banca controlla parte del pacchetto azionario non è possibile che ne influenzi a suo vantaggio la politica editoriale oppure pensi che solo Berlusconi "indulgerebbe in simili "amenità" ?. La verità che non volete accettare, difficile rinunciare alle proprie "certezze" illusorie, è che tutti i media sono controllati ed influenzati da potentati economici e che quanto scrivono deve essere asservito ai loro interessi, il resto è sogno ad occhi aperti.
Ciao
P.S. Il giorno in cui smetteremo di credere e ci chiederemo sempre e comunque "cui prodest" forse si aprirà la porta per accedere ad un mondo più libero ma fino ad allora le classifiche sulla "libertà di stampa" faranno solo ridere i polli.
Andiamo sullo specifico. Quali elementi dell'articolo trovi di parte?
bel modo per assolvere il silvietto nazionale.
Beh insomma..non mi sembrava fosse proprio questo il messaggio di Proteus.
Il suo è più che altro un invito a riservare lo stesso senso critico che mostriamo verso Berlusconi anche a tutte le altre vicende politico/economiche.
Non mi pareva una assoluzione.
-kurgan-
28-11-2005, 10:01
Vedo che non hai le idee molto chiare, scambiare una condanna del sistema con l'assoluzione di un personaggio parte dell'ossatura del sistema è una evidente prova di confusione.
Se condanno il sistema condanno anche in toto chi se ne serve senza esclusioni di sorta.
Ciao
Beh insomma..non mi sembrava fosse proprio questo il messaggio di Proteus.
Il suo è più che altro un invito a riservare lo stesso senso critico che mostriamo verso Berlusconi anche a tutte le altre vicende politico/economiche.
Non mi pareva una assoluzione.
il problema della libertà di stampa in italia riguarda la concentrazione di gran parte della stampa e delle tv nelle mani di un'unica persona, espressione di una sola parte politica.
ovviamente ogni editore cerca di condizionare i propri giornalisti, però se l'editore è uno solo i risultati sono ben prevedibili.
il problema della libertà di stampa in italia riguarda la concentrazione di gran parte della stampa e delle tv nelle mani di un'unica persona, espressione di una sola parte politica.
ovviamente ogni editore cerca di condizionare i propri giornalisti, però se l'editore è uno solo i risultati sono ben prevedibili.
Su questo siamo tutti d'accordissimo.
Ma Berlusconi non è l'unico in grado di influenzare l'informazione e i mass media (certo nella situazione in cui si trova lo può fare più agevolmente).
Molte lobby e multinazionali hanno potere mass mediatico perfino superiore.
-kurgan-
28-11-2005, 10:14
E se anche fossero tanti ma appartenenti alla stessa lobby o al medesimo ring, cartello segreto, cosa cambierebbe ?. Non basta il pluralismo di facciata, occorre il pluralismo effettivo che secondo mia espoerienza o non è mai esistito oppure è morto da tempo e proprio per nostra colpa perchè ci siamo abituati al calduccio dell'utero costituito dalle "comuni certezze" e costruito appositamente per tenerci buoni buoni.
Ciao
non è detto che tanti diversi facciano una lobby, è un'idea tua. L'ingerenza politica derivante dall'attuale monopolio invece è un fatto.
non è detto che tanti diversi facciano una lobby, è un'idea tua. L'ingerenza politica derivante dall'attuale monopolio invece è un fatto.
Tu kurgan non credi che lobby e multinazionali con immenso potere economico/politico (che vadano a braccetto è indiscutibile vero?) abbiano anche grande influenza sui mezzi di informazione?
-kurgan-
28-11-2005, 10:17
Su questo siamo tutti d'accordissimo.
Ma Berlusconi non è l'unico in grado di influenzare l'informazione e i mass media (certo nella situazione in cui si trova lo può fare più agevolmente).
questo no, ma spiega la famosa classifica sulla libertà di stampa.. questa libertà attualmente non c'è, l'editore è uno e chi lavora per lui si regola di conseguenza ;)
Molte lobby e multinazionali hanno potere mass mediatico perfino superiore.
hai ragione, però qui si va su un terreno minato.. rischiamo di aprire un forum apposta per discuterne :D
-kurgan-
28-11-2005, 10:19
Tu kurgan non credi che lobby e multinazionali con immenso potere economico/politico (che vadano a braccetto è indiscutibile vero?) abbiano anche grande influenza sui mezzi di informazione?
ne sono convinto, ma in italia questa lobby non esiste.. o meglio, è una sola.. come ti ho scritto sopra.
certamente ognuno ha il suo interesse, ma tanti interessi per me possono annullare i loro effetti, se non coincidono.
Oh...mica vorrai farmi passare per un Berlusconiano? :D
La situazione italiana è assolutamente anomale e inaccettabile, sono il primo a pensarlo.
Però B. non è l'unico attore in grado di influenzare i mass m.
Tutto qui quello che volevo sottolineare (banale e vedo infatti che condividi :p ).
zerothehero
28-11-2005, 12:52
I fatti, proprio loro, ti contraddicono, il Berluska è giornalmente attaccato da giornali e televisioni esclusa rete4 e italia1 che godono di ascolti risibili, come lo inquadriamo questo ?. Non potrebbe essere che il Berluska sta tentando di costituire una lobby italiana per controbattere le lobby straniere che interferiscono nel nostro paese e che, a quanto sembrerebbe, hanno in Prodi il loro alfiere e quinta colonna ?.
Ciao.
P.S. IMHO Sbagli, i grandi interessi non si scannano mai tra loro, come due eserciti troppo potenti guidati da generali accorti che facendosi guerra si distruggerebbero tra loro a vantaggio di altri, trovano punti di accordo ed equilibrio mandando il conto ai cittadini e quindi quanto tu affermi è ipotetico se non velleitario. Oppure si applica solo ai piccoli interessi locali che non sarebbero in grado di influire in modo vasto e quindi inutile.
Secondo me sbagli...l'economist non può essere considerato una lobby..in quanto le lobby "serie" agiscono a livello di prossimità con le istituzioni politico-parlamentari e non a livello di publicistico...se l'economist è una lobby sarebbe una lobby piuttosto risibile e inefficace.
Inoltre l'economist non è affatto organico a Prodi, anzi..è stato un giornale fortemente critico nei confronti della presidenza di Mr Prodi..di + ..è considerato un giornale euroscettico...inoltre nell'articolo Prodi non viene affatto trattato con i guanti gialli..si dice chiaramente che la forte eterogeità della coalizione renderà difficile ogni riforma.
Leggendo l'articolo dell'economist cmq alcuni punti di merito vengono attribuiti a Berlusconi..la legge 30, la riforma moratti e la riforma delle pensioni.
Ci sono sicuramente dei motivi per cui Berlusconi a prescindere dei molti demeriti è attaccato (era un outsider, per la civic colture anglosassone è inconcepibile non dimettersi di fronte ad un processo, conflitto di interessi etc, etc), ma ci sono anche fatti incontestabili che vengono sollevati dal giornale (dati macroeconomici) che inchiodano alle responsabilità il governo, oltre alla congiuntura.
L'altra cosa evidente è che quanto detto dall'economist non costituisce sorpresa o sconcerto..da almeno 10 anni ci sono gli stessi problemi (aggravati dal 2001 in poi per la congiuntura economica) evidenziati dall'articolista...se si vuole accusare l'economist di qualcosa lo si può fare in termini di "banalità" e di "scontato".
P.S. Gli interessi non sono mai organici ma sempre confliggenti...
andreasperelli
28-11-2005, 13:20
Cmq l'oggetto di questo post è lo speciale dell'economist, non Berlusconi ;)
Ho appena finito di leggerlo tutto, e, secondo me, è drammaticamente vero.
E' sicuramente contro berlusconi ma è anche negativo verso Prodi,l'articolo chiede riforme antipopolari non importa fatte da chi.
Tra l'altro parla bene di Fini e vi identifica un futuro protagonista, insieme a veltroni, della politica italiana.
Leggetevi almeno la parte iniziale dello speciale sull'Italia:
SURVEY: ITALY
Addio, Dolce Vita
Nov 24th 2005
For all its attractions, Italy is caught in a long, slow decline. Reversing it will take more courage than its present political leaders seem able to muster, says John Peet Alamy
AT FIRST blush, life in Italy still seems sweet enough. The countryside is stunning, the historic cities beautiful, the cultural treasures amazing, and the food and wine more wonderful than ever. By most standards, Italians are wealthy, they live for a long time and their families stick impressively together. The boorish drunkenness that makes town centres in many other countries unpleasant is mercifully rare in Italy. The traffic may be bad, and places such as Venice and Florence are overrun by tourists, but if you go off-season—or merely off the beaten track—you can have a more enjoyable time in Italy than practically anywhere else.
Yet beneath this sweet surface, many things seem to have turned sour. The economic miracle after the second world war, culminating in the famous 1987 sorpasso (when Italy officially announced that its GDP had overtaken Britain's), is well and truly over. Italy's average economic growth over the past 15 years has been the slowest in the European Union, lagging behind even France's and Germany's (see chart 1). Its economy is now only about 80% the size of Britain's. Earlier this year Italy briefly tipped into recession; for 2005 as a whole, its economy is likely to be the only one in the EU to shrink. Growth next year is expected to be anaemic at best.
Italian companies, especially the small, family-owned firms that have been the backbone of the economy, are under ever-increasing pressure. Costs have risen, but productivity has remained flat or even declined. Membership of the euro, Europe's single currency, now rules out devaluation, which for many years acted as a safety-valve for Italian business. Italy's competitiveness is deteriorating fast, and its shares of world exports and foreign direct investment are very low. The World Economic Forum in its annual competitiveness league table recently ranked the country a humiliating 47th, just above Botswana. The economy has also proved highly vulnerable to Asian competition, because so many small Italian firms specialise in such areas as textiles, shoes, furniture and white goods, which are taking the brunt of China's export assault.
Down at heel
The effects of decline are starting to show. Increasing numbers of Italians are finding their living standards stagnating or even falling. The cost of living is widely believed to have risen sharply since euro notes and coins replaced lire in January 2002. Property prices have certainly shot out of reach for many first-time buyers in Rome, Milan and even Naples. Many Italians are cutting back on their annual holidays, or even going without. Others are putting off buying new cars or even new suits, a real deprivation for such design-conscious people. Supermarkets report that spending now falls in the fourth week of every month before the next pay cheque arrives, a sure sign that families are struggling to make ends meet.
A lacklustre economy is causing broader problems too. Italy's infrastructure is creaking: roads, railways and airports are falling below the standards of the rest of Europe, and public and private buildings are looking ever shabbier. Educational standards have slipped: the country comes out badly in the OECD's PISA cross-national comparisons, and no Italian university now makes it into the world's top 90. Spending on research and development is low by international standards.
Italy has also suffered more than its fair share of corporate scandals, notably the bond default by Cirio and the collapse of Parmalat. And the public finances are in a shambles. Respectable estimates put the underlying budget deficit for next year, ignoring one-off measures, at 5% of GDP, way above the 3% ceiling set by the euro area's stability and growth pact. The public debt stands at over 120% of GDP and is no longer falling.
Even Italy's social fabric is coming under strain. The family remains strong and divorce rates are relatively low. But the fact that 40% of Italians aged 30-34 are reportedly living with their parents is not just a happy sign of family harmony or attachment to mamma's cooking. Many young Italians stay at home because they cannot find work or because they do not earn enough to afford a place of their own.
Social trust, a concept that is admittedly hard to measure, seems unusually low in Italy—one reason, perhaps, why family firms have always played such a big part in the economy. And respect for the rules, and even the law, never high, appears to have fallen further in recent years. Both tax evasion and illegal building, encouraged by repeated amnesties, seem to be on the rise. Organised crime and corruption remain entrenched, especially in the south.
To cap it all, Italy's demographics look terrible. The country has one of the lowest birth rates in western Europe, at an average of 1.3 children per woman, and the population is now shrinking; yet Italians are living ever longer, so it is also ageing rapidly. The economic consequences—too many pensioners, not enough workers to maintain them—are worrying enough on their own. What makes them worse is Italians' low rate of participation in work. Only 57% of those in the 15-64 age range are in employment, the smallest proportion in western Europe. Germany, by comparison, has an employment rate of 66%, and Britain one of 73%. Although overall unemployment in Italy is not too bad by west European standards, it is disturbingly high among the young and in the south.
Berlusconi's legacy
What has gone wrong with the Italian economy, and how can it be put right? These are the main questions this survey will seek to answer. But it will do so in the context of Italy's unruly political scene. Silvio Berlusconi's centre-right government, elected in May 2001, seems likely to manage the rare feat of staying in office for a full term (ending next spring)—a first for a post-war government in Italy. Mr Berlusconi is immensely proud of this. But he has much less to be proud of when it comes to the economy. In his 2001 election campaign, he promised to apply the business acumen that had helped him to become Italy's richest man to make all Italians richer. This he has conspicuously failed to do.
The Economist's view of Mr Berlusconi is well known. We declared in April 2001 that he was unfit to lead Italy, because of the morass of legal cases brought against him at various stages of his business career and because of the conflicts of interest inherent in his ownership of Italy's three main private television channels. Almost five years on, he still faces legal problems (of which more later), and he has done little to resolve his conflicts of interest: indeed, because the government owns RAI, the state broadcaster, Mr Berlusconi now controls or influences some 90% of Italian terrestrial television (which does not stop him complaining about his critics on TV). Our verdict of April 2001 stands.
Yet, as we acknowledged at the time, in 2001 there was nevertheless a case to be made for electing Mr Berlusconi's centre-right coalition. Italy badly needed a dose of pro-market reforms, liberalisation, privatisation, deregulation and a shake-up of the public administration, all of which Mr Berlusconi had promised. He even pledged to cut taxes. A majority of Italian voters, backed by much of Italian business, were willing to overlook both his legal entanglements and his conflicts of interest and give him a chance to reform the country. But as the next election approaches, very little of what he promised has been delivered, so many of his erstwhile supporters are feeling disillusioned.
Even the apparent political stability that Mr Berlusconi has fostered is deceptive. His six-party centre-right coalition has come close to collapse more than once, usually thanks to squabbling between Umberto Bossi's Northern League and Gianfranco Fini's National Alliance. Last April a row with a smaller ally, the Union of Centre and Christian Democrats, forced Mr Berlusconi to resign and form a new government.
On current form the centre-left opposition under Romano Prodi looks the likeliest victor in the election planned for April 9th 2006. But even if he manages to win, Mr Prodi will find it hard to introduce reforms—not least because his coalition embraces no fewer than nine parties, several of which will obstruct change. It was an ally of Mr Prodi's, Fausto Bertinotti, and his unreconstructed Communists that pushed him out of office in 1998. In truth, neither of the two main groupings in Italian politics offers much hope to those who believe that the country needs radical (and painful) reform.
Yet Italy is approaching a crunch. Rather like Venice in the 18th century, it has coasted for too long on the back of its past success. Again like Venice, it has lost many of the economic advantages which underpinned that success. For Venice, it was a near-monopoly on trade with the East that paid for the creation of its beautiful palaces and churches; today's Italy has benefited hugely from a combination of low-cost labour and a switch of workers away from low-productivity farming (and the south) into manufacturing (mostly in the north). But such good things invariably come to an end.
That is what happened to La Serenissima at the end of the 18th century. Venice was contemptuously swept away by Napoleon, and the last doge voted himself out of office. The serene republic is now little more than a tourist attraction, however beguiling. Could this become the fate of Italy as a whole?
e la chiusura:
Italy is not about to be overtaken by Spain. But if it is to stay ahead for long, it needs bolder political leaders who are prepared to override opposition to reform even in the absence of an immediate crisis. At the end of “I Pagliacci”, Leoncavallo's verismo opera about Sicily in the 1870s, Canio the clown, who has just stabbed his wife and her lover to death, concludes: “La commedia è finita.” It is time for Italy, too, to get serious.
~ZeRO sTrEsS~
30-11-2005, 14:34
nella sua scalata alla fama, ormai lo conoscono in lungo e largo :doh: :doh:
come si dice i panni sporchi si lavano in famiglia?
http://www.economist.com/surveys/displaystory.cfm?story_id=5164061
:rolleyes:
sempreio
30-11-2005, 14:39
nella sua scalata alla fama, ormai lo conoscono in lungo e largo :doh: :doh:
come si dice i panni sporchi si lavano in famiglia?
http://www.economist.com/surveys/displaystory.cfm?story_id=5164061
:rolleyes:
ma in olanda le notizie vi arrivano col piccione viaggiatore? :rolleyes:
lunaticgate
30-11-2005, 14:41
ma in olanda le notizie vi arrivano col piccione viaggiatore? :rolleyes:
:asd:
nella sua scalata alla fama, ormai lo conoscono in lungo e largo :doh: :doh:
come si dice i panni sporchi si lavano in famiglia?
http://www.economist.com/surveys/displaystory.cfm?story_id=5164061
:rolleyes:
Se ne è già parlato.
Ce ne è per tutti: da Berlusconi a Prodi.
Qual è la novità ?
~ZeRO sTrEsS~
30-11-2005, 15:26
ma in olanda le notizie vi arrivano col piccione viaggiatore? :rolleyes:
no e' che qui di politi non si discute tanto infatti i giornali hanno pochissima politica diciamo max 2 pagine perche' ciunque va al potere destra o sinistra fa gli interessi della gente... ogni tanto discuto con qualcuno sulle differenze fra italia e olanda e gli olandesi mi guardano sempre cosi :eek: e mi dicono ma sicuro che e' una democrazia e non una dittatura che si passano per mano?
no e' che qui di politi non si discute tanto infatti i giornali hanno pochissima politica diciamo max 2 pagine perche' ciunque va al potere destra o sinistra fa gli interessi della gente... ogni tanto discuto con qualcuno sulle differenze fra italia e olanda e gli olandesi mi guardano sempre cosi :eek: e mi dicono ma sicuro che e' una democrazia e non una dittatura che si passano per mano?
LOL
Ma se nessuno si interessa come fai a sapere che "fanno gli interessi della gente" ?
E poi "quale gente" ?
Ci sono interessi diversi tra la gente sai ?
La politica dovrebbe mediare....e chi controlla la mediazione?
Ovvero : come fai ad essere sicuro che si stia facendo tutto il possibile se non controlli ?
Ovviamente non puoi saperlo.
Ed allora come puoi parlar male dell'Italia ?
Mi pare tanto :mc:
sempreio
30-11-2005, 16:05
no e' che qui di politi non si discute tanto infatti i giornali hanno pochissima politica diciamo max 2 pagine perche' ciunque va al potere destra o sinistra fa gli interessi della gente... ogni tanto discuto con qualcuno sulle differenze fra italia e olanda e gli olandesi mi guardano sempre cosi :eek: e mi dicono ma sicuro che e' una democrazia e non una dittatura che si passano per mano?
gli italiani in 50anni non lo hanno ancora capito, un olandese l' ha capito in 2 frasi..... :rolleyes: il vero punto è che l' italiano medio è deficente che ama essere guidato, non è culturalmente preparato ad affrontare il mondo liberale che ci aspetta e cerca di mettersi sotto l' ala protettrice dello stato..
FastFreddy
30-11-2005, 16:09
Noi italiani siamo chiacchieroni, negli altri paesi ci sono gli stessi intrallazzi e interessi che ci sono da noi, solo che i media non ne parlano oppure i politici sono più bravi a tenerli nascosti...
Noi italiani siamo chiacchieroni, negli altri paesi ci sono gli stessi intrallazzi e interessi che ci sono da noi, solo che i media non ne parlano oppure i politici sono più bravi a tenerli nascosti...
Bah, io dico solamente che dei vari dibattiti politici televisivi, che in teoria dovrebbero porre in discussione dei problemi per trovarne i rimedi, non è mai seguito a memoria mia, nessun provvedimento o rimedio. Ci si va tanto per chiaccherare. Negli altri paesi non va proprio così.
Potranno anche esserci degli intrallazzi, ma se arrivano all'opinione pubblica, "l'intrallazzatore" o va in tv a scusarsi pubblicamente o viene inesorabilmente segato. Da noi si nega anche l'evidenza, e quando non si riesce a fare neanche questo, l'opposto schieramento politico invita, sempre in modo molto pacato, il soggetto a dimettersi. Penso non serva neanche fare nomi visto i recenti episodi.
A proposito di stranieri che ci guardano così :eek: , questa è stata proprio la faccia di un mio parente francese quando mio padre gli aveva detto che stava aspettando da oltre 5 anni il via libera del comune per poter ristrutturare la casa dei suoi genitori. Questo mio parente era incazzato nero con l'amministrazione del suo paese perchè doveva fare una cosa simile pure lui, da sei mesi aveva fatto la domanda e ancora non si era sbloccato nulla, al che mio padre si è messo a ridere e gli ha detto da quanto aspettava lui e quanti giri burocratici aveva fatto fino a quel momento. Esattamente questa è stata la sua faccia :eek:
Noi italiani siamo chiacchieroni, negli altri paesi ci sono gli stessi intrallazzi e interessi che ci sono da noi, solo che i media non ne parlano oppure i politici sono più bravi a tenerli nascosti...
Io non ne sono così convinto.
E' che siamo così abituati a essere governeti da politici irresponsabili e incompetenti (non tutti, ovvio) che il solo pensare a uno scenario diverso, meno pessimistico, ci sembra fantascienza.
Dobbiamo convincerci che in altri paesi la res pubblica è gestita molto meglio e soprattutto con maggiore senso di responsabilità.
Basta pensare al Giappone.....
Amu_rg550
30-11-2005, 17:54
discussioni unite :fiufiu:
zerothehero
30-11-2005, 18:30
Ma è mai possibile che un discorso ad ampio spettro lo vogliate per forza applicare ad un contesto ristretto ?. Per forza poi non combacia mai alla perfezione, per applicarlo in tal modo sarebbe necessario conoscere retroscena che a noi mai saranno rivelati.
Ciao
P.S. Lo sono per gli affaristi diu scarso valore, quelli seri sanno benissimo che è meglio un accordo che scarica i costi su altri e dividere la torta al lasciar mangiare la torta ad altri.
Rispondevo a tue precise obiezioni con altrettante precise confutazioni..altrimenti parliamo di aria fritta, capisci.
Nel merito quali sono gli appunti e le contestazioni che vuoi fare all'articolo dell'economist?
L'ho letto direttamente in inglese..magari ho capito male io.
zerothehero
30-11-2005, 18:33
no e' che qui di politi non si discute tanto infatti i giornali hanno pochissima politica diciamo max 2 pagine perche' ciunque va al potere destra o sinistra fa gli interessi della gente... ogni tanto discuto con qualcuno sulle differenze fra italia e olanda e gli olandesi mi guardano sempre cosi :eek: e mi dicono ma sicuro che e' una democrazia e non una dittatura che si passano per mano?
L'olanda non è tutta rose e fiori, basti pensare al disastro multiculturale che devono e dovranno affrontare in futuro... gli olandesi che parlano di dittatura guardando l'italia evidentemente sono un "filino" disinformati o magari sono passati prima in un coffee shop a farsi qualche tortino... :sofico:
andreasperelli
30-11-2005, 22:23
Non hai capito male, sommariamente non dice cose sbagliate ma mi preoccupa il motivo per cui le dice. Non vorrei fare il dietrologo ma quando vedo giornali legati per un verso od un'altro a lobbies finanziarie pubblicare articoli molto vicini alla realtà dei fatti sento subito, potrebbe anche essere che io sia troppo sospettoso, odore di bruciato.
Ciao
preferisco un giornale fazioso che dice cose giuste ad uno fazioso che dice cose sbagliate. ;)
Resta il fatto che sicuramente l'Economist è una delle fonti meno faziose che si possano leggere per comprendere la nostra politica... altrimenti che ci resta? Repubblica? l'Espresso? Il foglio? etc. etc. :D
:D :D :D :D
http://www.corriere.it/Primo_Piano/Politica/2005/11_Novembre/30/berlu.shtml
zerothehero
01-12-2005, 13:02
Non hai capito male, sommariamente non dice cose sbagliate ma mi preoccupa il motivo per cui le dice. Non vorrei fare il dietrologo ma quando vedo giornali legati per un verso od un'altro a lobbies finanziarie pubblicare articoli molto vicini alla realtà dei fatti sento subito, potrebbe anche essere che io sia troppo sospettoso, odore di bruciato.
Ciao
E' solo un survey che un giornale economico ha fatto sull'italia e che *qualsiasi economista*, almeno nelle linee generali condivide.
Non lo fanno solo con l'italia ma anche nei confronti di altri paesi europei (il prossimo è la spagna ad es.).
andreasperelli
01-12-2005, 13:17
Bisogna sempre vedere a che prò vengono dette le cose "giuste". A volte, spessissimo ndr, l'uso che si può fare della verità origina guai molto peggiori di quelli procurabili da qualsiasi menzogna.
Non ci resta nulla, la verità viene usata come arma per colpire chi intralcia e non per informare. Le uniche realtà rimangono, purtroppo, gli interessi di gruppo o di corporazione.
Ciao
scusa Proteus... io non capisco le tue risposte... non rispondi sullo specifico del topic ma con considerazioni di carattere generale.
I punti sono semplici:
- l'Economist è certamente più autorevole e imparziale di molti altri giornali italiani.
- l'Articolo dice cose giuste, probabilmente banali nella loro verità... ma magari fossero banali per tutti :muro:
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