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View Full Version : La situazione in Siria e Libano


Adric
24-10-2005, 00:52
Domenica 23 Ottobre 2005

L’ANALISI
di MARCO GUIDI

TEMPI duri per la Siria. Il rapporto dell’Onu sull’omicidio del libanese Rafiq Hariri su cui il presidente Bush ha chiesto una sessione straordinaria delle Nazioni Unite rischia di trasformarsi in una bomba per il regime di Bashar el Assad. Come noto nell’indagine del tedesco Detlev Mehlis vengono messe in luce le responsabilità del vertici siriani e delle loro interfacce libanesi. Da una parte, sebbene segretati in un secondo tempo, ecco i nomi del fratello minore del dittatore di Damasco Maher, noto per il suo carattere focoso e capo delle truppe di sicurezza presidenziali, poi il cognato di Assad, Assef Shawkat, capo dei servizi segreti militari e poi il capo dei servizi siriani in Libano Rustom Ghazali. Dall’altra gli uomini più vicini al presidente-fantoccio libanese Emile Lahoud: Jamil Sayyed e lo stesso capo della guardia presidenziale Mustafa Hamdan. La storia è semplice: questi uomini, coadiuvati da altri ufficiali siriani e libanesi avrebbero deciso di sbarazzarsi del troppo indipendente Hariri e di far cadere la colpa su Al Qaeda o su una fazione filoiraqena.
Nel rapporto non vengono menzionati i nomi di Assad e di Lahoud, ma la domanda è ovvia: è possibile che i due ignorassero quello che si stava preparando? Anche perché il solo a opporsi all’attentato pare sia stato proprio il ministro degli Interni siriano, quel Gazi Kanaan, suicidatosi in modo così opportuno nei giorni scorsi e sepolto in tutta fretta senza nemmeno gli onori militari.
Ora il regime di Assad (che si basa sulla setta alawita, che non supera il 13% della popolazione) ha già molti problemi, tra cui una disastrosa situazione economica e una energetica sempre più preoccupante per sopportare le probabili misure di embargo che gli capiteranno quasi certamente in testa. A questo punto per Damasco si possono prospettare due vie: o cedere alle richieste americane, bloccare cioè l’infiltrazione di terroristi in Iraq dai confini siriani, aprire almeno un po’ alla democrazia, abbandonare il sostegno agli hezbollah libanesi oppure chiudesi a riccio. Così facendo però, il regime diviso tra faide interne (tra il vecchio establishment alawita e i nuovi seguaci di Bashar) si compatterebbe. Ma quanto tempo resisterebbe alle pressioni e all’embargo esterno e all’insoddisfazione interna cavalcata dagli islamisti e dalla borghesia sunnita (i sunniti sono il 70% del Paese, poi ci sono i cristiani e gruppi minori)?
Ora il presidente Bashar el Assad ha definito “lontano dalla verità” il rapporto ma sa che ha poche armi per contrastarlo, perché il rapporto non solo dice la verità, ma dice una verità che in tanti sapevano già.

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La Siria contesta i risultati del rapporto Onu che l’accusa dell’omicidio del presidente libanese

di ERIC SALERNO
L'imbarazzo della leadership siriana di fronte al primo rapporto della commissione d'inchiesta dell'Onu sull'assassinio del presidente libanese Rafik Hariri è scontato e poco aggiunge, per ora, alla vicenda se non la consapevolezza che potrebbe condurre a una ulteriore destabilizzazione mediorientale. Cinque siriani, tra i quali uno dei fratelli del presidente Assad, sono tra gli «implicati» nel delitto politico e Damasco, per bocca di un assistente del ministero degli Esteri, si è limitato a respingere le accuse, a ribadire che l'uccisione di Hariri va «contro gli stessi interessi siriani» e che le modalità dell'inchiesta e soprattutto il modo in cui le sue conclusioni sono trapelate «è un'indicazione della sua politicizzazione». Le «accuse sono pericolose e potranno avere un impatto politico enorme», ha dichiarato il ministro dell'Informazione siriano.
Che la Siria, accusata di favorire la resistenza irachena alle forze della Coalizione, sia nel mirino degli Stati Uniti (i primi a insistere per la convocazione già in settimana di una riunione del Consiglio di sicurezza dell'Onu per esaminare «tutta una serie di opzioni») è cosa nota. E’ altrettanto chiaro, vista la storica volontà siriana di non cedere il suo controllo sul Libano, che ci voleva poco a indicare nella dirigenza di quel paese i mandanti e gli organizzatori dell'assassinio di Hariri eseguito con la complicità, a leggere ora i risultati dell'indagine, di esponenti libanesi di spicco. Un'ombra di sospetto è stata fatta calare sullo stesso presidente filosiriano Emile Lahoud che, secondo l'inchiesta, avrebbe ricevuto una telefonata da uno dei sospettati siriani pochi minuti prima dell'attentato del 14 febbraio.
Lahoud ha subito smentito le affermazioni degli inquirenti. Damasco, dal canto suo, ha sempre negato ogni addebito, ma non gioca a favore della credibilità del regime il fatto che dopo aver promesso di facilitare l'opera del capo degli investigatori dell'Onu, il magistrato tedesco Detlev Mehlis, non soltanto gli è stato dato poco aiuto - si sostiene nel rapporto - ma, in alcuni casi, informazioni importanti sono state nascoste.
Il mandato di Mehlis, esteso al 15 dicembre, è stato commentato positivamente dal secondogenito ed erede politico di Hariri. «Invitiamo la comunità internazionale a rafforzare il suo sostegno alla Commissione d'inchiesta Onu sull'assassinio del premier Hariri per scoprire tutta la verità e far giudicare i colpevoli in un tribunale internazionale», ha detto Saad Hariri. «Il martirio di Rafik Hariri non è stato casuale», ha poi aggiunto affermando che il progetto di suo padre era quello di «riconquistare la libertà e l'indipendenza del Libano, a dispetto dei pericoli che lo circondavano».
L'attenzione della commissione d'inchiesta è incentrata sul ruolo di alcuni esponenti dell'establishment siriano. Il rapporto parla di indizi, offre poche prove e soprattutto lascia pensare che il complotto contro Hariri possa essere stato ordito dai vertici del potere e dai servizi di sicurezza ma non necessariamente con il beneplacito di Bashir Assad. Se fosse così, sarebbe la riprova di gravi contrasti interni e il presidente potrebbe decidere di allontanare dal suo fianco alcuni «fedeli collaboratori» anche per ridurre la pressione americana, per ora soltanto politica ed economica.
Appena due giorni dopo l'assassinio di Hariri, Assad scelse un nuovo capo degli 007 siriani rimuovendo dall'incarico il potente Hassan Khalil, indicato dalla commissione Mehlis come uno dei responsabili del delitto insieme con Bahjat Suleiman, altro capo dei "servizi" e Maher Assad, fratello minore del presidente che guida i reparti della Guardia repubblicana.
Il rapporto di Mehlis è stato accolto con soddisfazione dal governo libanese che lo ha definito «una solida base per rivelare i dettagli del crimine, il che richiederà altro tempo e altri sforzi». Emile Lahoud non ha partecipato alla riunione straordinaria nel corso della quale il premier Siniora ha affermato con abbondanza di diplomazia: «Qualunque cosa accadrà, non danneggerà le fraterne relazioni con la Siria». La polizia di Beirut sostiene di aver scoperto un complotto siriano per destabilizzare il Libano.

(Il Messaggero)

Adric
26-10-2005, 13:57
Lunedì 24 Ottobre 2005

Il dossier Onu sull’omicidio Hariri finirà davanti al Consiglio di sicurezza che deciderà eventuali provvedimenti

Bush e Blair, uniti contro la Siria

Un piano per isolare Assad: blocco diplomatico subito, poi le sanzioni

dal nostro corrispondente
ANNA GUAITA

NEW YORK - Gran Bretagna e Stati Uniti di nuovo uniti contro un nemico arabo. I responsabili della polita estera dei due Paesi, Condoleezza Rice e Jack Straw, hanno espresso ieri pareri identici sulla questione del coinvolgimento siriano nell’uccisione del leader dell’opposizione libanese alla Siria, ed ex-premier, Rafik Hariri. Sia per Rice che per Straw, la faccenda «è molto seria», e «va affrontata». I due ovviamente si preparano a portare la loro lotta davanti al Consiglio di Sicurezza dell’Onu, dove ci si aspetta che il fronte anglo-americano chieda sanzioni severe contro il governo di Damasco. Vari esperti americani sono convinti che l’Amministrazione Bush voglia usare l’inchiesta Onu sul complotto libanese-siriano contro Hariri, per isolare il presidente siriano Bashar al-Assad, un po’ come Washinghton fece contro Gheddafi dopo che la Libia fece esplodere il jumbo della Pan Am, nel dicembre del 1988.
La strategia contro Gheddafi ha però richiesto molto tempo: solo dopo un decennio di pressioni internazionali il capo libico ha accettato di collaborare, di consegnare i sospetti dell’attentato, e di offrire dei risarcimenti alle sue vittime. Bush ha però fretta, e vorrebbe risultati ben più velocemente. Allo stesso tempo, sa di non poter stritolare il governo di Assad, se non altro perché in Siria non ci sono partiti con disposizioni amichevoli verso gli Stati Uniti, né esistono gruppi di esiliati siriani filo-occidentali, come era stato il caso per l’Afghanistan e l’Iraq. Far cadere precipitosamente la presidenza di Bashar al-Assad potrebbe significare spalancare la porta alla “Fratellanza Islamica”, il più forte gruppo di opposizione, che creerebbe un governo religioso e anti-occidentale.
Per il momento dunque, e in attesa che l’inchiesta Onu condotta dall’investigatore tedesco Detlev Mehlis si concluda, il prossimo 15 dicembre, Bush avrebbe preparato un piano “minimalista”, in cui si chiederebbe alla Siria di smettere di intromettersi negli affari dei Paesi circostanti: il Libano in primis, ma anche l’Iraq e i territori palestinesi. Niente più manipolare la politica del governo di Beirut, niente più porte aperte ai ribelli che vogliono andare in Iraq via Siria, niente più invio di armi ai gruppi palestinesi violenti.
Minimalista per quanto sia, il piano dovrà essere approvato dal Consiglio di Sicurezza, dove è presumibile che si voglia prima conoscere la conclusione dell’inchiesta di Mehlis. Nel frattempo però le cose non stanno ferme: il capo druso Walid Jumblatt, che negli anni Ottanta fu uno dei sostenitori del legame politico e militare del Libano con la Siria, ha ieri raccomandato che si faccia pienamente luce sul presunto complotto fra i generali dei due Paesi per l’omicidio di Hariri, e ha proposto l’apertura di un tribunale internazionale, proprio come è stato richiesto anche dal figlio di Hariri al Parlamento libanese.
Il New York Times ha intanto reso noti i particolari dell’attentato dello scorso febbraio, come sono riassunti nel rapporto compilato finora dall’Onu, e che si leggono come un vero giallo: i generali libanesi e siriani che avevano deciso di uccidere Hariri per le sue posizioni antisiriane, avevano comprato un furgone che era stato rubato in Giappone. Il furgone bianco era stato riempito di esplosivi in una base militare siriana e portato fino in Libano da un colonnello. A Beirut era stato consegnato a un kamikaze iracheno, che era stato convinto di essere sul punto di uccidere non Hariri, ma il presidente iracheno Ayad Allawi. Nel frattempo, uno dei generali del complotto aveva preparato il capro espiatorio, il giovane Ahmad Abu Adass, che era stato costretto sotto la minaccia di un fucile, a sostenere in un video di essere un militante di Al Qaeda e di essere pronto a uccidere Hariri. Dove sia finito Adass, nessuno sembra saperlo. Gli investigatori Onu sono convinti che sia stato portato in Siria e ucciso in una prigione lì.
(Il Messaggero)

Ewigen
26-10-2005, 20:37
24 Ottobre 2005
SIRIA – LIBANO – ONU
Fuoco di sbarramento di Damasco contro il rapporto Mehlis
di Jihad Issa

Manifestazioni di piazza e dichiarazioni di politici a favore del regime di Assad, alla vigilia della riunione del Consiglio di sicurezza. Da Beirut Siniora e Joumblatt “consigliano” ad Assad di collaborare. Sempre più delicata la posizione del presidente Lahoud.

Damasco (AsiaNews) - Fuoco di sbarramento di Damasco alla vigilia della presentazione, in programma domani, al Consiglio di sicurezza dell’Onu del rapporto Mehlis sul coinvolgimento del governo siriano nell’assassinio dell’ex primo ministro libanese, Rafic Hariri.

Ma se Usa, Francia e Gran Bretagna sembrano intenzionati a chiedere sanzioni internazionali contro il governo Assad, le conclusioni della Commissione d’inchiesta stanno creando conseguenze anche in Libano, dove l’arresto di Mahamoud Abdel-Al, il libanese che il rapporto Mehlis afferma coinvolto nella strage di San Valentino, rende sempre più delicata la posizione del presidente della Repubblica, il filosiriano Emile Lahoud, le dimissioni del quale sono richieste da voci sempre più pressanti.

Manifestazioni di piazza, oggi a Damasco, contro il raporto Mehlis, accusato dal direttore del giornale governativo “Al Sawra" (La rivoluzione), Fayez El Sayegh, di essere pieno di errori, di aver rovinato l'inchiesta e politicizzato la verità. “La Siria –scrive - non piegherà la testa sul banchetto degli interessi americani, francesi e britannici...",

Ieri lo stesso presidente siriano, Bachar El Assad, in un messaggio rivolto ai capi dei Paesi membri del Consiglio di sicurezza, (ma non a USA, Francia e Gran Bretagna) ha replicato alle accuse “ingiuste e false” contro il suo Paese. Il vice-ministro degli Affari esteri siriano, Walid El Mouallem, che qualche mese prima del ritiro delle truppe siriane dal Libano era stato nominato da Assad responsabile del dossier libanese, ha affermato in una dichiarazione che le accuse riportate contro di lui nel rapporto Mehlis, di aver minacciato di morte Hariri se non avesse accettato il prolungamento del mandato del presidente Lahoud, sono false, perché tra lui e Hariri regnava un clima di amicizia e di rispetto.

Il fronte interno siriano appare formalmente compatto nella difesa del regime. Il gruppo degli otto partiti politici, (Fronte nazionale El Baas) in un comunicato diffuso dalla SANA ha definito il rapporto Mehlis, “distruttore della verità sull'assassinio di Hariri”, perché “basato su testimonianze false di persone ostili alla Siria e non credibili" ed ha affermato che il governo di Damasco ha risposto a tutte le domande fatte dalla commissione internazionale, che ha selezionato le risposte adatte ai suoi scopi. “Tutto questo mostra che la commissione internazionale era stata influenzata dalle forze estere che vogliono intimidire la Siria”.

A livello popolare, a Damasco regna un clima di paura da una parte e di attesa dall'altra. Ieri molte persone si sono recate nei luoghi di culto cristiani e musulmani per pregare Dio di allontanare questa situazione, che minaccia la pace e la tranquillità del Paese”. L'archimandrita Nicolaos Loutfi, nell'antica chiesa di Saydanaia ha rivolto una preghiera perché Dio allontani le sofferenze che colpiscono tutto il popolo. “Vogliamo vivere in pace con Dio, con noi stessi e con i nostri vicini. Noi rifiutiamo l'ingiustizia,e tutti vogliono sapere ed arrivare alla verità”. Cheikh Mouhsen Sakkal, responsabile della moschea di Hasakeh, ha dichiarato ad AsiaNews che tutto il popolo della Siria sta vivendo momenti critici e regna un sentimento di abbandono. Egli si chiede “perché molti hanno dimenticato la Siria” e si e mostrato deluso dall'atteggiamento di molti libanesi “che hanno dimenticato il ruolo della Siria nel ristabilimento della pace molti anni fa”.

Eco positiva delle proteste di Damasco c’è stata, finora, solo a Teheran. Il quotidiano “Al-Qods” riporta oggi le affermazioni di Hussein Roioran, esperto delle questioni siro-lbanesi, che chiede “ai Paese che rispettano i diritti, di rifiutare il rapporto per impedire il deterioramento della situazione nella regione”. Per un altro giornale, “Rissalat”, il rapporto creerà maggiore tensione nella regione e permetterà ad Israele di portare avanti i suoi piani. Per “Syassat Rose”, infine, Stati Uniti ed Israele stanno cercando di creare una crisi tra Siria e Libano.

Nel Paese dei cedri ci sono in effetti reazioni sia sul piano interno che su quello dei rapporti con la Siria. Il presidente del parlamento Nabih Berry ha giudicato “buono” il rapporto, il primo ministro Fouad Sinora e Walid Joumblatt, capo del Psp, hanno “consigliato” il presidente siriano a “collaborare per stabilire la verità” sull’assassinio di Hariri.

“La Siria da domani in stato d’accusa davanti al Consiglio di sicurezza”, titola oggi “L’Orient Le jour”, che evidenzia anche l’infittirsi delle richieste di dimissioni di Lahoud, il presidente della Repubblica generalmente considerato filosiriano e del quale parla anche il rapporto Mehlis. A lui, infatti, Mahamoud Abdel-Al, il libanese che sarebbe coinvolto nell’uccisione di Hariri, avrebbe telefonato 1 minuto prima dell’esplosione che ha ucciso l’ex primo ministro. Fouad Sinora ha ripetuto ieri che “sarebbe meglio che Lahoud prendesse l’iniziativa di dimettersi”. Analogo parere è stato espresso da esponenti politici cristiani di primo piano come Samir Geagea e Michel Aoun.

Ewigen
26-10-2005, 20:42
[prequiel]

21 Ottobre 2005
SIRIA - LIBANO
Rapporto ONU: La Siria “implicata” nell’assassinio di Hariri

Damasco (AsiaNews /Agenzie) – Alcune nazioni occidentali chiederanno al Consiglio di Sicurezza Onu delle sanzioni contro la Siria, ora che il rapporto Mehlis dimostra che essa è implicata nell’assassinio del defunto premier libanese Rafiq Hariri.

Dopo 4 mesi di investigazioni, le Nazioni Unite hanno prodotto un rapporto in cui si afferma che “molte direzioni puntano direttamente a personaggi della sicurezza siriani, coinvolti nell’assassinio” di Hariri lo scorso febbraio.

Il rapporto afferma che l’attacco con auto-bomba è stato pianificato mesi prima e eseguito da un gruppo con grandi risorse e possibilità.

L’inchiesta conclude che l’assassinio non potrebbe essere stato condotto a termine senza la collusione di alte personalità libanesi.

Gli investigatori, guidati dal tedesco Detlev Mehlis, affermano che le autorità siriane hanno cooperato con l’inchiesta solo in minima parte; essi accusano diversi intervistati di “aver tentato di confondere l’inchiesta”. Essi accusano pure il Ministro siriano degli esteri Faruq al-Shara di aver mentito in una lettera inviata alla commissione.

Gli investigatori hanno prove che il maggior generale Asef Shawkat, cognato del presidente siriano Bashar al Assad, ha pianificato l’attentato, costringendo un noto militante, Ahmed Abu Adass, a registrare un video in cui egli si autoaccusa per l’assassinio, diverse settimane prima che avvenisse.

Il rapporto afferma che la decisione di uccidere Hariri “ non avrebbe potuto essere presa senza l’approvazione dei massimi ufficiali della pubblica sicurezza siriana e non avrebbe potuto essere organizzata senza la connivenza della loro controparte nei servizi libanesi della sicurezza”.

Kofi Annan, segretario dell’Onu, ha ricevuto il rapporto Mehlis ieri; in serata egli lo ha trasmesso al Consiglio di Sicurezza e al governo libanese.

Hariri era sempre stato fortemente critico del pluri-decennale dominio siriano sul Libano; molti libanesi hanno subito sospettato un’implicazione delle autorità siriane nell’uccisione di Hariri.

Il suo assassinio, insieme a quello di altre 20 persone in un attacco suicida nelle strade del centro di Beirut, ha scatenato le proteste internazionali e quelle dei libanesi che hanno portato al ritiro dell’esercito siriano dal paese.

La Siria ha sempre negato ogni coinvolgimento nell’assassinio di Hariri. Il Ministro dell’informazione ha subito definito come “politico” il rapporto Mehlis. Il Consiglio di Sicurezza discuterà il rapporto all’inizio della prossima settimana.


21 Ottobre 2005
SIRIA - LIBANO - ONU
Il rapporto Mehlis, un colpo al cuore del regime siriano
di Jihad Issa e Youssef Hourany

Damasco cerca di contestare il documento e chiede ai media arabi di negarne la veridicità, ma anche nelle moschee c’è eco della preoccupazione con la quale si aspetta la riunione del Consiglio di sicurezza.

Damasco (AsiaNews) – Una vera bomba politica che colpisce al cuore il regime siriano: questa la prima valutazione che si dà in Libano alla pubblicazione del rapporto Mehlis, secondo il quale "tutto porta a credere ragionevolmente che la decisione di assassinare Rafic Hariri non ha potuto essere presa senza l’approvazione di alti responsabili della sicurezza siriana e che il crimine non avrebbe potuto essere organizzato senza la complicità dei loro omologhi libanesi".

La prima reazione da parte siriana è venuta dal ministro dell’informazione, Mehdi Dakhlallah, che ha definito il documento "parziale, politicizzato e lontano dalla verità". Si tratta, ha aggiunto, "di un manifesto politico contro la Siria", "basato sulle testimonianze di persone note per la loro ostilità al nostro Paese". In una conversazione telefonica con il nostro corrispondente a Damasco Jihad Issa, il ministro ha criticato duramente il rapporto, contestandone il contenuto soprattutto per ciò che concerne l’affermata stretta collaborazione con l’attentato del genero del presidente Assad, il generale Assaf Chawkat. Il ministro ha annunciato che il governo siriano sta preparando una nota politico-informativa e risponderà all’Onu per via diplomatica. Tutto l'interesse degli Stati Uniti verso il Libano, a suo parere, è dovuto in primo luogo al fallimento della sua politica in Iraq e la causa principale che ha creato tutto questo conflitto con gli americani bisognerebbe cercarla in Iraq e non in Libano. Per migliorare i rapporti tra la Siria e gli Stati Uniti, in definitiva “bisognerebbe fare qualcosa sul piano irakeno”. Damasco intanto sta chiedendo a tutti i mezzi di comunicazione e soprattutto alle televisioni arabe che trasmettono via satellite di dare avvio ad una campagna contro il rapporto. Per impedire una falsa lettura del rapporto si chiede alla comunità internazionale di leggerlo “in modo imparziale”, perché “è molto influenzato dallo stato attuale delle cose che derivano dal peggioramento dei rapporti tra la Siria e la comunità internazionale”.

La replica del ministro libanese del’istruzione, Khaled Qabbani, che ha giudicato il rapporto "altamente tecnico, basato su prove e niente affatto politicizzato" lascia intravedere gli sviluppi, polemici e politici, della questione. Fonti diplomatiche occidentali a Beirut affermano da parte loro che il giudice tedesco ha dato prova di precisione e di serietà nelle investigazioni.

A Damasco come a Beirut c’è attesa per quanto avverrà martedì prossimo, quando il Consiglio di sicurezza dell’Onu si riunirà proprio per affrontare la discussione sul rapporto Mehlis. A sollevare preoccupazione sono anche le implicazioni dell’affermazione del giudice Mehlis, che tocca alla Siria "chiarire una parte considerevole di tutto ciò che non ha trovato risposta".

Oggi intanto, nel primo giorno dopo la diffusione del rapporto i siriani si sono svegliati preoccupati. Le vie delle città si sono riempite di striscioni che inneggiano al presidente Assad: “siamo con te Bachar, leone degli Arabi", "Siamo innocenti! Chiedete agli americani che ha ucciso Hariri!", "America via dall'Iraq e saremo in pace".

Dello stesso tono le loro prediche di questo venerdì del mese di Ramadan nelle moschee, con diffuse accuse di aver falsificato la situazione. "Il nostro problema reale con gli americani - ha detto cheikh Hassan Safi, imam di Homs - non è dovuto alla situazione del Libano, ma bisognerebbe cercarlo nel vicino Iraq". Nelle moschee si segnala un generale clima di frustrazione e di disagio: ci si chiede se è vero ciò ha detto Mehlis, oppure se fa parte di una politica internazionale che vuole piegare i siriani.

Tenebra
26-10-2005, 20:55
“Vogliamo vivere in pace con Dio, con noi stessi e con i nostri vicini. Noi rifiutiamo l'ingiustizia,e tutti vogliono sapere ed arrivare alla verità”. .....
si e mostrato deluso dall'atteggiamento di molti libanesi “che hanno dimenticato il ruolo della Siria nel ristabilimento della pace molti anni fa”.

:mbe:
Sono senza vergogna... vogliono vivere in pace coi vicini e si chiedono come mai i libanesi li odiano, intanto però l'esercito nel paese dei "vicini" l'hanno mantenuto loro...

Il rapporto Mehlis non ha fatto altro che mettere nero su bianco quello che era già evidente e corroborato da tante prove da essere imbarazzante.
Le proteste anti-americane e il tirare in ballo Israele sono solo un modo per cercare di attirarsi le simpatie dei paesi islamici vicini, perchè da qualunque parte si guardi non c'è nè logica nè fondamento nelle loro proteste.

L'azione è stato condotta malissimo (l'assassinio politico, s'intende) e praticamente in flagranza di reato, cosa si aspettavano? Una pacca sulle spalle e un "non è stato nessuno, è esploso così, per autocombustione" ? :rolleyes:

Il problema ora è: appurato che è stato l'estabilishment siriano a commettere l'attentato (come se qualcuno potesse essere convinto del contrario...) cosa può fare la comunità internazionale? Le sanzioni non hanno senso, colpirebbero solo la popolazione e non i mandanti dell'omicidio, ovvero le autorità siriane.
Vedrei meglio aiuti, sia militari che economici, al Libano: non fai soffrire inutilmente la popolazione siriana e metti in condizione i "vicini ingrati" :rolleyes: di evitare ulteriori ingerenze da parte dei loro criminali vicini.

Tenebra
26-10-2005, 21:03
[prequiel]
“è molto influenzato dallo stato attuale delle cose che derivano dal peggioramento dei rapporti tra la Siria e la comunità internazionale”.

Sempre peggio...
Di chi è la colpa del "peggioramento dei rapporti"? Un'improvvisa ondata di sentimenti anti siriani oppure la logica conseguenza del fatto che la Siria continua indefessa a spedire armi e guerriglieri nelle zone calde (ivi compreso l'Iraq che citano proprio loro) avendoli prima indottrinati nelle proprie moschee e addestrati nei propri campi nascosti sul territorio siriano?
Forse c'entra qualcosa anche il fatto che almeno metà dei kamikaze che hanno compiuto attentati negli ultimi mesi, e di cui si è potuta stabilire l'identità, erano passati per la madrasse siriane, come i tristemente famosi kamikaze di Londra?

Bella l'immagine della Siria, col pugnale in mano grondante sangue ma che nega e fa la vittima agitando lo stesso coltello per colpa del quale viene accusata.

Ewigen
29-10-2005, 17:06
29 ottobre 2005 15.34
DAMASCO
HARIRI: SIRIA ANNUNCIA PROPRIA COMMISSIONE D'INCHIESTA

La Siria istituirà una propria commissione d'inchiesta sulla morte di Rafik al-Hariri, l'ex premier libanese e capofila dello schieramento ostile a Damasco, assassinato il 14 febbraio scorso sul lungomare di Beirut con un attentato dinamitardo costato la vita ad altre 21 persone, dietro il quale da più parti è stata denunciata appunto un'orcherazione del potente Paese vicino. Gli inquirenti siriani collaboreranno con quelli delle Nazioni Unite, già all'opera da tempo. Lo ha annunciato l'agenzia di stampa ufficiale "Sana".(Avvenire)

Ewigen
29-10-2005, 17:24
Sempre peggio...
Di chi è la colpa del "peggioramento dei rapporti"? Un'improvvisa ondata di sentimenti anti siriani oppure la logica conseguenza del fatto che la Siria continua indefessa a spedire armi e guerriglieri nelle zone calde (ivi compreso l'Iraq che citano proprio loro) avendoli prima indottrinati nelle proprie moschee e addestrati nei propri campi nascosti sul territorio siriano?
Forse c'entra qualcosa anche il fatto che almeno metà dei kamikaze che hanno compiuto attentati negli ultimi mesi, e di cui si è potuta stabilire l'identità, erano passati per la madrasse siriane, come i tristemente famosi kamikaze di Londra?

Bella l'immagine della Siria, col pugnale in mano grondante sangue ma che nega e fa la vittima agitando lo stesso coltello per colpa del quale viene accusata.


29 ottobre 2005 18.17
DAMASCO
SIRIA NEGA OSPITARE ESPONENTI JIHAD ISLAMICA

La Siria ha negato di ospitare sul proprio territorio esponenti della Jihad Islamica, che solo ieri il Quartetto di Madrid l'aveva sollecitata a espellere; e, in apparente replica alle pressioni dell'organismo internazionale di mediazione, ha puntualizzato che gli uffici di quella e di "altre organizzazioni palestinesi sono stati chiusi ormai da tempo". Citate dall'agenzia di stampa ufficiale 'Sanà, fonti del ministero degli Esteri siriano hanno quindi sottolineato: "Le attività militari e paramilitari sono lanciate dai territori palestinesi occupati, non dal nostro".

Il Quartetto, stando a quanto riferito da un portavoce del Dipartimento di Stato americano, aveva ingiunto a Damasco di "intraprendere immediate iniziative" per impedire a gruppi armati di compiere "attacchi terroristici" approfittando dell'accoglienza suppostamente ricevuta: palese allusione all'attentato suicida di mercoledì a Hadera, nel centro-nord d'Israele, costato la vita a cinque civili nonchè il ferimento di altri venti e rivendicato proprio dalla Jihad.

Ewigen
31-10-2005, 12:57
31 Ottobre 2005
LIBANO
Il Libano vive un momento difficile e guarda al patriarca Sfeir
di Youssef Hourany

Aoun e Geagea si dicono pronti a seguire le indicazioni del cardinale, che parla di “molte strade pericolose” davanti al Paese. Da Joumblatt l’invito all’unità delle forze cristiane per decidere il futuro presidente della Repubblica, che dovrà essere, dice, maronita. Il leader druso ammonisce Assad a non rifiutare la collaborazione con la comunità internazionale.

Beirut (AsiaNews) – E’sempre di più punto di riferimento nazionale, non solo per i cristiani, il patriarca maronita Nasrallah Sfeir. Lo evidenzia il momento difficile che il Libano sta vivendo per le ripercussioni interne del rapporto Mehlis e le discussioni sul futuro del presidente della Repubblica Emile Lahoud.

Ancora ieri, il patriarca, nella sua omelia, ha sottolineato la necessita di un risveglio spirituale basato sui valori della fede nel sacramento dell'Eucaristia ed ha espresso la sua preoccupazione di fronte allo stato delle cose odierne: si assiste ad una "perplessità, che ha raggiunto il massimo nelle mente dei libanesi, che sono al ‘bivio di molte strade’ e tutte le strade sono piene di pericolo”. Il cardinale ha quindi rivolt un appello forte alla “prudenza ed alla saggezza, prima di giudicare le cose e le persone”, insistendo sull'importanza dell'unita nazionale. E’ “l'unica via sicura che ci tiene lontani dalla divisione e dalla disgregazione”; per tale obiettivo, tutti debbono evitare la ricerca dei "beni personali", cercando "il bene di tutti", perché non c'e spazio nel momento presente per le persone "egoiste", che cercano i propri interessi. Il patriarca Sfeir ha infine innalzato la sua preghiera perché Dio Onnipotente, principe della pace, allontani dalla nostra patria i pericoli che la stanno minacciando.

In questo periodo molto critico, Bkerke, dove è la sede del patriarca, è testimone della centralità del ruolo del card. Sfeir. Il patriarca, dopo il suo rientro da Roma, la settimana scorsa, sta ricevendo molte persone, che si dichiarano disposte ad accettare le soluzioni che egli proporrà. Il generale Michel Aoun, che era stato ricevuto dal Patriarca la settimana scorsa, ha affermato che bisognerebbe seguire le direttive del “saggio anziano di Bkerke”, che “non chiede nulla per sé” ed ha aggiunto che “la voce profetica del patriarca è l'unica capace di chiarire ed illuminare la gente”.

Anche il leader delle forze Libanesi, Samir Geagea, che è stato ricevuto per più di un’ora nella tarda serata di ieri, ha detto al nostro corrispondente che “c'è un consenso unanime con il patriarca, che chiede a tutti di ‘trattenere il fiato’ e di non correre troppo”. Geagea ha ribadito “il pieno appoggio delle forze libanesi alle proposte del patriarca”. Il Libano, ha aggiunto, sta vivendo un periodo “transitorio” che non dovrebbe durare molto, prima del passaggio ad un tempo di pace e di stabilita interna, “spero di vedere nell'arco di un paio di mese la rinascita dello Stato giusto,tanto desiderato da tutti”.

Da parte sua, il leader druso Walid Joumblatt, in una intervista alla televisione "Al Arabya" (L'Araba), ha lanciato un appello a tutte “le forze politiche cristiane”, perché si uniscano il più presto possibile sotto l'egida del Patriarca Sfeir, per discutere sul futuro del presidente Lahoud e della presidenza della repubblica, affermando che tutti vogliono eleggere “un presidente cristiano maronita, come è ovvio”, ed ha richiamato l'attenzione di tutti sul pericolo che sta minacciando tutti, prevedendo l'approvazione da parte del Consiglio di sicurezza di “una risoluzione molto forte contro la Siria". Joumblatt ha ammonito il presidente siriano Bachar El Assad sul percolo che corre se rifiuta la piena collaborazione con la comunità internazionale, “nel caso contrario lo aspetta un futuro peggiore di quello di Saddam Hussein”, facendo sua la preoccupazione del patriarca se le cose proseguono nella stessa maniera.

Ewigen
31-10-2005, 14:51
29 Ottobre 2005
SIRIA – EGITTO - ONU
Damasco spera che l’intervento egiziano allontani le sanzioni Onu
di Jihad Issa
Preoccupazione in Siria, anche se le prese di posizione di Russia e Cina contrarie a sanzioni allontanano i peggiori timori

Damasco (AsiaNews) – C’è preoccupazione a Damasco per la riunione di lunedì al Palazzo di vetro, anche se le posizioni annunciate di Russia e Cina, che si sono dette contrarie a sanzioni contro la Siria, e la mediazione offerta dall’Egitto offrono qualche margine di ottimismo.

Particolare valore viene dato in Siria alla improvisa visita, venerdì, del presidente egiziano Hosni Moubarak, a capo di una delegazione ufficiale, composta, fra l’altro, dal ministro degli Esteri, Abou El Ghaitt, e dall'inviato speciale di Moubarak in Arabia Seoudita, Omar Souleiman, di ritorno dalla consegna, il mercoledì, una lettera della massima importanza al re saudita, riguardante gli ultimi sviluppi della situazione dopo la publicazione del rapporto Mehlis e le voci che parlano di una probabile sanzione contro la Siria.

Nell’ambito della visita, c’è stata una riunione a porte chiuse tra i due presidenti, Moubarak e Assad, durata più di un'ora, alla fine della quale l'agenzia SANA ha riaffermato la piena disponibilita della Siria di collaborare con la commissione d'inchiesta internazionale sull'assassinio dell'ex premier libanese Rafic Hariri ed il suo rifiuto categorico di qualsiasi "manipolazione del rapporto a fini politici", orientato in modo da servire alcuni interessi internazionali.

Da parte sua il ministro degli Esteri d'Egitto, Ahmed Abou El Ghaitt ha ribadito la disponibilità del suo governo ed ha dato credito ale affermazioni dei responsabili siriani, rifiutandosi di considerare il problema attuale come risultato "del peggioramento dei rapporti tra il Libano e la Siria". Il ministro egiziano ha anche affermata la necessità di ridare stabilità e pace alla regione Mediorientale.

In Siria viene vista con favore l'iniziativa del presidente egiziano la mediazione del quale viene giudicata "Unico e ultimo rimedio". Eco del clima sulla stampa siriana, secondo la quale la riunione di lunedì all'ONU dei ministri degli Affari Esteri e del Libano non sarà in grado di produrre nessun effetto, “perché ormai tutto il mondo sa cosa vogliono gli Americani con i loro alleati dal Rapporto "politicizzato"e" non definitivo" di Mehlis”, che “mira a rendere servizio ad Israele, Paese protetto dagli Americani".


31 Ottobre 2005
SIRIA-ONU
L’”agonia” di Damasco che attende il verdetto Onu
di Jihad Issa

Il ministro degli Esteri siriano a New York per premere sui Paesi “amici”, ma non si prevedono “veti”.

Damasco (AsiaNews) - La Siria sta vivendo in questi momenti una dura “agonia”, nell’attesa, tra poche ore, della riunione del Consiglio di sicurezza dell’Onu, con la partecipazione di 11 ministri degli Esteri. Ci si aspetta una risoluzione molto dura contro la Siria, malgrado le mosse siriane, a cominciare dal decreto presidenziale che ha formato una commissione nazionale d'inchiesta sull'assassinio del presidente Hariri, con un ampio potere.

A New York è andato il ministro degli esteri siriano Farouk El Chareh, per sostenere la posizione del suo governo con alcuni membri del Consiglio di Sicurezza, ma finora non si sa se Russia o Cina useranno il loro diritto di veto contro il progetto di risoluzione di Usa, Francia e Gran Bretagna. Sembra anzi che ci sarà solo l’astensione di tre Paesi, i due sopraindicati con l'Algeria unico Stato arabo membro del Consiglio di sicurezza.

In Siria l’attesa è grande: quasi tutte le strade principali sono vuote, da una parte per il Ramadan e dall'altra perché c'e una vera paura del futuro, soprattutto dopo le ultime minacce contro la Siria. Si teme il probabile “futuro nero” del regime dopo l'insistenza degli americani e dei loro alleati sulla scarsa collaborazione con la commissione d'inchiesta internazionale di Mehlis.

Nelle chiese anche oggi si prega per la pace e la concordia: iniziative molto apprezzate anche dagli imam musulmani, che si stanno preparando per celebrare la festa della fine del mese di digiuno del Ramadan.

Da parte governativa, il vice-ministro degli Esteri, Walid El Mouallem, che ha incontrato molti responsabili dei Paesi del Golfo, ha ribadito la piena disponibilità della Siria a collaborare con la Commissione del’Onu ed ha ricordato i compiti della commissione d'inchiesta nazionale sull’assassinio di Hariri, voluta dal presidente El Assad, che ha ampia facoltà di interrogare qualsiasi esponente civile o militare.

Il vice ministro,ha ringraziato il presidente Mubarak per la sua mediazione, invitando tutti ad assumere una posizione "giusta e onesta" nei riguardi del suo Paese. La stessa gratitudine è stata espressa per il re di Giordania, che sta giocando in queste ultime ore un ruolo molto importante presso il governo Britannico, Paese membro del Consiglio di sicurezza con diritto di veto. Anche

l'iniziativa del presidente del Pakistan Musharraf sull'urgenza di trovare una soluzione degna e giusta del problema posto dal progettodi risoluzione americano-francese-britannico dopo la pubblicazione del Rapporto di Mehlis è stata molto apprezzata qui in Siria, malgrado le sue critiche contro il regime iraniano.


31 ottobre 2005 14.47
MOSCA
HARIRI, RUSSIA MINACCIA VETO A RISOLUZIONE ONU ANTI-SIRIA

La Russia potrebbe esercitare il diritto di veto, che le compete in qualità di membro permanente, per bloccare un'eventuale risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che minacciasse sanzioni a carico della Siria nel caso in cui quest'ultima non collaborasse pienamente all'inchiesta Onu sull'assassinio di Rafik al-Hariri: l'ex premier libanese ucciso il 14 febbraio scorso a Beirut in un attentato dinamitardo che costò la vita ad altre 21 persone.
Lo ha riferito l'agenzia di stampa indipendente russa "Interfax", che citava fonti riservate della rappresentanza permanente di Mosca presso il Palazzo di Vetro.(Avvenire)

Ewigen
31-10-2005, 16:30
31 ottobre 2005 17.09
NEW YORK
HARIRI, OCCIDENTE OFFRE RINUNCIA SANZIONI ECONOMICHE A SIRIA

Nell'intento di ottenere l'unanimità in seno al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, e di eliminare così il rischio di un'opposizione del veto da parte della Russia, gli Stati Uniti, la Gran Bretagna e la Francia per bocca dei rispettivi ministri degli Esteri si sono detti pronti a rinunciare all'inserimento della minaccia di sanzioni economiche contro la Siria nella bozza di risoluzione in cui s'ingiunge a Damasco piena collaborazione nell'inchiesta internazionale sull'omicidio di Rafik al-Hariri, l'ex premier libanese e capofila del fronte anti-siriano assassinato in febbraio a Beirut. I tre Paesi occidentali sono i promotori della risoluzione da sottoporre al Consiglio di Sicurezza.: la loro disponibilità ad ammorbidirne la portata è stata riferita da fonti diplomatiche riservate al Palazzo di Vetro.

Ewigen
31-10-2005, 16:50
31 ottobre 2005 17.47
NEW YORK
LIBANO, HARIRI: RISOLUZIONE ONU APPROVATA ALL'UNANIMITÀ

Il Consiglio di Sicurezza dell'Onu, riunito oggi a New York a livello dei ministri degli esteri, ha approvato all'unanimità una risoluzione, la 1636, che chiede alla Siria di cooperare all'inchiesta internazionale sull'omicidio dell'ex premier libanese Rafik Hariri.

Tenebra
31-10-2005, 23:24
E' finito tutto a tarallucci e vino, come sempre.
Le risoluzioni Onu che non comportano sanzioni sono carta straccia e come tale sono viste dai paesi che non ne fanno parte, e spesso anche da chi ne fa parte.
La Siria taccerà di "manovra politica" ogni conclusione che la accusi, e dato che ogni rapporto con un minimo di serietà non potrebbe far altro, si arriverà ad un rapporto fumoso, censurato ed inconcludente.
Morale: nessuna giustizia per l'assassinio politico perpetrato dalla Siria, ma nel frattempo le dichiarazioni siriane su Israele assomigliano in maniera sempre più preoccupante a quelle iraniane.
Naturalmente, senza sanzioni. Se fosse stata una nazione europea ad ordire e perpetrare un assassinio politico ai danni di un paese confinante ed a piazzarci l'esercito in pianta stabile, si sarebbe ritrovata in ginocchio dopo due giorni. Idem se avesse fatto dichiarazioni allucinanti sul diritto all'esistenza di un altro stato.

E' l'ennesima riprova che il palazzo di vetro è ormai un palazzo di cartapesta, bloccato dai veti di convenienza. Inutile, a questo punto, continuare a sfornare risoluzioni e dichiarazioni di "indignazione" buone solo a salvarsi la faccia, perchè tutto il mondo si è ormai accorto dell'impotenza derivante dall'impossibilità di accordarsi delle cosiddette potenze.

E non mi piace che uno stato trovi l'unità e si raggruppi attraverso e per mezzo di un'autorità religiosa, anche se una volta tanto di matrice cristiana e non islamica. Questa deriva porterà il Libano solamente ad essere considerato il bersaglio numero due dell'area (dopo, ovviamente, Israele) da parte di TUTTI i vicini, uniformemente accomunati da una religione che vede come unico cristiano buono quello soggiogato o morto.
Complimenti per il coraggio, ma il Libano non ha la potenza militare e d'intelligence di Israele... saranno facile preda, ed il palazzo di cartapesta non potrà far altro che stare a guardare: dopo aver praticamente perdonato un lampante assassinio politico, questo sarà il prevedibile prossimo passo.

von Clausewitz
31-10-2005, 23:43
E' finito tutto a tarallucci e vino, come sempre.
Le risoluzioni Onu che non comportano sanzioni sono carta straccia e come tale sono viste dai paesi che non ne fanno parte, e spesso anche da chi ne fa parte.
La Siria taccerà di "manovra politica" ogni conclusione che la accusi, e dato che ogni rapporto con un minimo di serietà non potrebbe far altro, si arriverà ad un rapporto fumoso, censurato ed inconcludente.
Morale: nessuna giustizia per l'assassinio politico perpetrato dalla Siria, ma nel frattempo le dichiarazioni siriane su Israele assomigliano in maniera sempre più preoccupante a quelle iraniane.
Naturalmente, senza sanzioni. Se fosse stata una nazione europea ad ordire e perpetrare un assassinio politico ai danni di un paese confinante ed a piazzarci l'esercito in pianta stabile, si sarebbe ritrovata in ginocchio dopo due giorni. Idem se avesse fatto dichiarazioni allucinanti sul diritto all'esistenza di un altro stato.

E' l'ennesima riprova che il palazzo di vetro è ormai un palazzo di cartapesta, bloccato dai veti di convenienza. Inutile, a questo punto, continuare a sfornare risoluzioni e dichiarazioni di "indignazione" buone solo a salvarsi la faccia, perchè tutto il mondo si è ormai accorto dell'impotenza derivante dall'impossibilità di accordarsi delle cosiddette potenze.

E non mi piace che uno stato trovi l'unità e si raggruppi attraverso e per mezzo di un'autorità religiosa, anche se una volta tanto di matrice cristiana e non islamica. Questa deriva porterà il Libano solamente ad essere considerato il bersaglio numero due dell'area (dopo, ovviamente, Israele) da parte di TUTTI i vicini, uniformemente accomunati da una religione che vede come unico cristiano buono quello soggiogato o morto.
Complimenti per il coraggio, ma il Libano non ha la potenza militare e d'intelligence di Israele... saranno facile preda, ed il palazzo di cartapesta non potrà far altro che stare a guardare: dopo aver praticamente perdonato un lampante assassinio politico, questo sarà il prevedibile prossimo passo.

ottime e illuminanti considerazioni

Ewigen
02-11-2005, 17:44
2 Novembre 2005
SIRIA – LIBANO - ONU
Tensione in una Siria che si sente “isolata e circondata”
di Jihad Issa

Si contesta la risoluzione 1636 dell’Onu, che chiede di cooperare con la Commissione Mehlis, ma anche il “silenzio” dei Paesi arabi. Manifestazioni a Damasco: giovani tentano di entrare nell’ambasciata Usa.

Damasco (AsiaNews) – Tensione a Damasco, dopo la pubblicazione della risoluzione 1636 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite. I giornali controllati dal governo contestano la decisione delle Nazioni Unite, ripetono che la Siria è pienamente disponibile a collaborare con l’inchiesta dell’Onu, ma evitano di pubblicare il testo della risoluzione, che è stata approvata all’unanimità e contestano “il silenzio” dei Paesi arabi.

Di fronte alle pressioni internazionali, in Siria si sta diffondendo la preoccupazione di un “mare di sangue”, che molti prevedono invitando a guardare la storia recente dell'Iraq e del suo presidente Saddam Hussein. Dietro queste visioni pessimistiche e le quinte del palazzo presidenziale si continua ad affermare la “piena disponibilità di collaborare con la Commissione d'inchiesta internazionale", sostenendo la “ferma volontà del governo siriano di arrivare alla verità sull'assassinio di Hariri”. Si promette di far subire “le pene dovuti ai responsabili di questo crimine feroce”, mentre si continua a criticare l'atteggiamento “ingiusto” dell'Onu nei riguardi della Siria, si sostiene che nessun siriano è complice dell'omicidio di Hariri e si accusa Israele di essere dietro tutti i problemi della regione. La critica alla risoluzione 1636 si estende al fatto che essa è stata votata all'unanimità, perché questo indica che “sono gli americani che comandano all'Onu”. La 1636, si sostiene infine, non ha detto altro che quanto scritto nel rapporto di Mehlis ed essa “macchia il volto dell'ONU".

La stampa siriana scrive di “menzogne” che accusano la Siria “di non aver dato sincera e onesta collaborazione a Mehlis” e continua ad affermare la piena e totale disponibilità delle autorità ad offrire la sua collaborazione “secondo le norme previste dal diritto internazionale”, ma evita di riferire ai lettori il contenuto completo della risoluzione 1636, soprattutto per ciò che si riferisce al capitolo VII della carta delle Nazioni Unite, che può creare problemi interni, alla luce della “Dichiarazione di Damasco" dell’ottobre scorso. La dichiarazione è stata diffusa dal gruppo dei cinque partiti politici proibiti in Siria, che hanno radunato ultimamente un buon numero di persone dei Fratelli musulmani, perseguitati in Siria e chiede il “rovesciamento del Regime guidato dalla famiglia El Assad, a capo del partito Baas dagli inizi del 1960”.

Fayez El Sayegh, direttore del giornale “El Sawra” (La Rivoluzione) nel suo editoriale di oggi continua la sua campagna contro l'ONU, affermando che “non è la prima volta che la Siria subisce delle pressioni forti: anche negli anni passati abbiamo avuto delle difficoltà, che siamo riusciti a superare, e anche questa volta saremo in grado di farlo, malgrado le difficoltà dovute alla coalizione di molti Paesi contro di noi. Anche se siamo consapevoli della pericolosità delle pressioni attuali, siamo sicuri che la Siria supererà queste difficoltà e nessuno sarà in grado di calpestare e mettere in ginocchio il popolo siriano”.

L'altro giornale governativo,"Tichrine"(Ottobre) ha ribadito nella sua edizione odierna la necessita di risvegliare i cittadini sul pericolo di essere “offerti al tavolo delle compromesse internazionali e degli interessi regionali” e critica “il silenzio degli Arabi, che stanno assistendo a un complotto internazionale senza fare una mossa”, con un riferimento al fallimento della missione del vice-ministro degli Esteri siriano, Walid El Mouallem, al rientro da una visita nei Paesi del Golfo.

Continuano anche le manifestazioni ed il "sit in" nelle vicinanze dell'ambasciata americana a Damasco. Nella piazza principale Al Rawdah (Il Paradiso) più di 10.000 manifestanti hanno gridato contro gli americani e le pressioni dell'ONU, con slogan che dicevano: “Non abbiamo nascosto nulla, siamo innocenti”; “America, America la Notte non durerà molto"; "Attaccati dal veleno americano". Delle tende e dei materassi sono stati offerti a tutti dalla Società siriana per le relazioni generali. Molti giovani hanno tentato oggi di entrare nell'ambasciata degli Stati Uniti, ma le forze dell'ordine siriane l'hanno impedito.

In molte province siriane si sono organizzati sit in simili, come protesta contro le pressioni dell'ONU, con la presenza di leader religiosi musulmani e cristiani. L'archimandrita Paulo, rettore della chiesa di S. Anna ha invitato “tutto il popolo siriano a scendere in piazza per difendere e mostrare l'innocenza della Siria e l'ingiustizia degli americani”, l'imam Hassan, responsabile della moschea principale di Homs, ha implorato la misericordia divina, perché, in questo fine mese del Ramadan, allontani dal Paese ogni pericolo, assicurando a tutti che Dio Onnipotente non abbandonerà la Siria e il Libano”.

Ewigen
02-11-2005, 18:19
2 novembre 2005 15.15
DAMASCO
SIRIA, ASSAD ORDINA RILASCIO 190 DETENUTI POLITICI

Il presidente siriano Bashar al-Assad ha ordinato oggi il rilascio di 190 detenuti politici. Lo hanno riferito all'Ansa fonti informate a Damasco.

La decisione del presidente Assad giunge mentre la Siria è sottoposta a crescenti pressioni internazionali, dopo che il Consiglio di sicurezza ha approvato due giorni fa la risoluzione 1636 in cui ha ingiunto a Damasco di "cooperare pienamente" alle indagini Onu sull'uccisione dell'ex premier libanese Rafik Hariri.

Adric
04-11-2005, 22:14
Unificati i due thread.

Ewigen
04-11-2005, 22:17
grazie Adric e scusa per non essermi accorto del thread madre :)

Ewigen
05-11-2005, 18:48
SIRIA 4/11/2005 16.32
OMICIDIO HARIRI, PRESIDENTE EGITTO OTTIMISTA SU COLLABORAZIONE DAMASCO


In un’intervista rilasciata al quotidiano filo-gevernativo del Cairo ‘Al Ahram’, il presidente egiziano Hosni Mubarak ha espresso “fiducia nella saggezza” del suo omologo siriano Bashar al Asad a proposito delle indagini sull’omicidio dell’ex-primo ministro libanese Rafik Hariri, ucciso dall’esplosione di un’autobomba a Beirut lo scorso 14 febbraio. “Ho discusso con Al Asad le formule attraverso le quali la Siria continuerà a collaborare con la missione investigativa dell’Onu, presieduta dal pubblico ministero tedesco Detlev Mehlis, e rispetterà l’ultima risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite” ha detto Mubarak, ricordando il suo recente viaggio a sorpresa a Damasco, che ha contribuito ad allentare la pressione attorno al governo siriano, accusato di non aver collaborato con la missione Onu e di avere avuto responsabilità dirette o indirette nell’assassinio di Hariri. A proposito dell’atteggiamento di Damasco, il presidente egiziano ha infine confermato i prossimi “passi positivi” recentemente annunciati da Damasco, da alcuni anni inserita nella lista Usa dei cosiddetti ‘Stati canaglia’ in quanto considerati schierati a fianco del terrorismo.

Ewigen
10-11-2005, 18:02
10 novembre 2005 11.12
DAMASCO
SIRIA, ASSAD: PREMIER LIBANO SCHIAVO DI UNO SCHIAVO

Il premier libanese Fuad Siniora è "uno schiavo di uno schiavo". Lo ha dichiarato stamani il presidente siriano Bashar al-Assad, in un discorso pronunciato all'Università di Damasco.(Avvenire)





10 Novembre 2005
SIRIA – LIBANO
Delusione e paura in Libano per le aspre parole di Assad
di Youssef Hourany

Preoccupa l’atteggiamento del presidente siriano: disponibile verso la comunità internazionale che teme, duro con i libanesi.

Beirut (AsiaNews) – Dura reazione e profonda delusione da parte del mondo politico libanese al discorso pronunciato da Bashar Assad all’università di Damasco. Intanto le strade di Beirut sono vuote per la paura di ciò che può succedere, date le forte pressioni internazionali contro la Siria.

Il discorso di Assad questo pomeriggio era pieno di slogan del tipo: "Quelli che denunciano la Siria sono nemici degli arabi"; "Quelli che accusano la Siria sulla responsabilità dell'assassinio di Hariri,sono amici d'Israele". Tutto l’impianto era un tentativo di preservare la Siria e il suo governo dalle accuse rivolte dall’Onu di non voler collaborare con la Commissione internazionale Mehlis, la cui inchiesta accusa i servizi segreti siriani e membri della famiglia Assad quali responsabili dell’assassinio dell’ex primo ministro Rafic Hariri. Il presidente siriano da una parte ha promesso di collaborare nell’inchiesta Onu; dall’altra si è detto a più riprese “quasi certo” dell’innocenza della Siria nel delitto Hariri.

Un nutrito gruppo di politici, legati al figlio di Hariri, il deputato Saad, al druso Joumblatt, ai falangisti di Gemayel e alle Forze libanesi di Samir Geagea, definisce il discorso del presidente Assad come “un secondo assassinio di Hariri” perché si aspettavano molte più aperture da Assad che invece parla degli accusatori della Siria come “i commercianti del sangue di Hariri”.

Secondo questi politici libanesi, il discorso di Assad è “cauto verso la comunità internazionale - di cui Assad ha paura – e violento verso il Libano e i libanesi, il paese più debole della regione”.

Essi accusano la Siria di un “nuovo crimine”, che è la difesa degli assassini di Hariri e insistono che durante l’occupazione siriana del Libano, nulla poteva avvenire senza il consenso esplicito o implicito della Siria “principale attore dell’assassinio di Hariri e di tutti gli altri atti terroristi”.

La situazione nel paese è molto tesa: le strade di Beirut sono quasi vuote e fra la gente vi è “angoscia” per l’insicurezza del futuro. Oltre a possibili reazioni violente del vicino siriano, si teme anche un vuoto di potere a Beirut: molti deputati continuano a richiedere le dimissioni del presidente Emile Lahoud, mentre perdura “il silenzio del Patriarca maronita Nasrallah Sfeir”. Negli ultimi tempi il patriarca e i vescovi maroniti hanno chiesto ai libanesi “rispetto per la costituzione e per la carica del presidente”, in quello che molti interpretano come un indiretto sostegno a Lahoud, provocato proprio dalle difficoltà del momento.

Ewigen
12-11-2005, 17:31
12 novembre 2005 15.29
MEDIO ORIENTE
LIBANO: HARIRI, SIRIA CHIEDE
CAIRO COME SEDE INTERROGATORI

Fonti diplomatiche siriane al Cairo hanno confermato oggi la richiesta di Damasco di condurre presso la sede della Lega araba nella capitale egiziana gli interrogatori nell'inchiesta internazionale per l'assassinio dell'ex primo ministro libanese Rafic Hariri.

In precedenza, fonti giornalistiche siriane avevano detto che la Siria ha rifiutato di consentire che sei suoi responsabili della sicurezza, tra i quali il fratello e cognato del presidente Bashar al Assad, vengano ascoltati in Libano dagli investigatori dell'Onu.

Non ci sono al momento reazioni dalla Lega araba.(Avvenire)

Ewigen
12-11-2005, 23:54
LIBANO 12/11/2005 12.28
OMICIDIO HARIRI, INVESTIGATORI ONU INTERROGANO PRESIDENTE

Il presidente della repubblica libanese, il filo-siriano Emile Lahoud, è stato interrogato ieri a Beirut dalla commissione d’inchiesta Onu, guidata dal magistrato tedesco Detlev Mehlis, in qualità di testimone nell’ambito delle indagini per l’attentato del 14 febbraio scorso in cui, nella capitale libanese, morirono l’ex-primo ministro Rafik Hariri e altre 22 persone. Lahoud è stato sentito a proposito delle chiamate telefoniche fatte da Mahmud Abdel Aal - un personaggio che l'inchiesta dell'Onu riterrebbe coinvolto nella strage e per questo da alcune settimane detenuto - al suo numero fisso presso la presidenza della repubblica e al suo telefono cellulare personale nei minuti attorno all'attentato, e in particolare tra le 12:47 e le 12:49 (l’autobomba esplose alle 12:50). Secondo un comunicato diffuso dall’ufficio della presidenza libanese subito dopo la fine dell’interrogatorio, il capo di tato avrebbe informato Mehlis e i suoi collaboratori “del contenuto veritiero e dettagliato delle comunicazioni telefoniche, così come delle indiscrezioni relative a queste chiamate fatte dai mezzi d’informazione”. Mehlis ha potuto incontrare Lahoud ieri per la prima volta, nonostante alcuni tentativi fatti prima della pubblicazione del rapporto dell’Onu, consegnato a Kofi Annan e al Consiglio di sicurezza ormai tre settimane fa. L’interrogatorio di Lahoud è giunto, tra l’altro, il giorno dopo il drastico rifiuto del presidente siriano Bashar al Assad di permettere alla commissione Onu di interrogare sei alti funzionari di Damasco ritenuti coinvolti a vari livelli nell’attentato.

Ewigen
22-11-2005, 20:40
22 Novembre 2005
LIBANO - SIRIA
Nel giorno della festa dell'indipendenza libanese, Mehlis torna a Beirut

I maggiori esponenti politici libanesi insieme alla parata militare, ma divisi subito dopo. Braccio di ferro tra Mehlis e la Siria sul luogo degli interrogatori dei siriani ritenuti informati sull'assassinio di Hariri.

Beirut (AsiaNews/Agenzie) - Oggi, giorno nel quale il Libano festeggia il 62/mo anniversario dell'indipendenza dalla Francia,è tornato a Beirut Detlev Mehlis, capo della commissione d'inchiesta dell'Onu sull'assassinio dell'ex primo minstro libanese Rafic Hariri, in seguito al quale la Siria è stata costretta ad evacuare le sue truppe dal Paese dei cedri.

L'anniversario ha quindi assunto quest'anno un carattere particolarmente festoso, anche se sono state evidenti le divisioni politiche lasciate da 29 anni di occupazione siriana, mentre gli scontri tra esercito israeliano ed hezbollah, nel sud del Paese ricordavano fragorosamente la mancata realizzazione del processo di pace.

Se la consueta parata militare nella piazza dei Martiri, a Beirut, ha visto fianco a fianco le masime autorità dello Stato, dal presidente della Reubblica Emile Lahoud al premier Fuad Siniora e al presidente del Parlamento, Nabih Berri, le divisioni sono emerse subito dopo, con il filosiriano Lahoud nel suo palazzo di Baabda per il tradizionale ricevimento, boicottato da molti ambasciatori, mentre gli altri esponenti politici della maggioranza antisiriana si univano alle migliaia di libanesi raccolti attorno alla tomba di Hariri, vicino alla vicina Grande Moschea. "Spero che per il prossimo anniversario dell'indipendenza avremo scoperto la verità", ha dichiarato Siniora, riferendosi all'inchiesta Onu sull'assassinio di Hariri, di cui era stato uno dei più stretti collaboratori.

L'inchiesta sta vivendo un momento delicato per il braccio di ferro in atto tra Melis e le autorità siriane. Motivo formale del contendere il luogo nel quale il capo della commissione Onu potrà interrogare i 6 ufficiali ed esponenti di Damasco ritenuti "informati" sull'attentato ad Hariri. Tra loro anche il cognato del presidente siriano Bashar al Assad. Mehlis li vorrebbe al quartier generale della commissione, alla periferia di Beirut, (cioè in Libano, dove ha il potere di trattenere i sospetti) ma Assad in persona si è detto contro l'ipotesi che i suoi uomini siano ascoltati in Libano. La Siria ha proposto il quartier generale dell'Onu che è sul Golan, lungo la linea del cessate il fuoco o la sede della Lega araba, al Cairo. Malgrado un incontro tra Mehlis e il consigliere giuridico del Ministero degli esteri di Damasco, svoltosi venerdì a Barcellona, la questione non ha ancora trovato soluzione. Ambienti diplomatici affermano che Mehlis potrebbe tornare davanti al Consiglio di sicurezza prima del 15 dicembre, se la Siria non si deciderà a cooperare.

In proposito il segretario dell'Onu, Kofi Annan, ha dichiarato che i leader dei Paesi mediorientali vorrebbero che Damasco cooperasse con l'Onu, in quanto temono che la Siria possa divenire "un nuovo Iraq".

Ewigen
25-11-2005, 20:11
25 novembre 2005 17.34
SIRIA, HARIRI: DAMASCO ACCETTA INTERROGATORI A VIENNA

La Siria ha accettato stasera di fare interrogare nella sede Onu di Vienna cinque dei suoi responsabili dei servizi di sicurezza, dal capo degli investigatori Onu che indagano sull' assassinio dell' ex premier libanese Rafik Hariri.

Lo hanno riferito all' Ansa fonti informate a Damasco. Le fonti hanno aggiunto che la richiesta è stata invece respinta per un sesto responsabile dei servizi di sicurezza, il capo dell'intelligence militare, Assef Shawqat, cognato del presidente Bashar El Assad.


25 novembre 2005 18.34
NEW YORK
HARIRI: ONU CONFERMA INTESA CON SIRIA SU INTERROGATORI

Il procuratore tedesco Detlev Mehlis, capo della commissione d'inchiesta delle Nazioni Unite sull'omicidio dell'ex premier libanese Rafik al-Hariri, ha effettivamente concluso con la Siria un accordo perchè cinque funzionari di Damasco, sospettati di coinvolgimento nel delitto, siano sottoposti sì a interrogatorio ma presso il quartier generale dell'Onu a Vienna, e non in Libano come originariamente intendeva lo stesso Mehlis.

La conferma del compromesso con le autorità siriane è venuta da una portavoce del Palazzo di Vetro, Marie Okabe: "Il segretario generale Kofi Annan ha parlato con il signor Mehlis, il quale gli ha confermato che è stata trovata un'intesa con le autorità della Siria", ha dichiarato Okabe. In Libano il numero uno della commissione d'inchiesta internazionale avrebbe anche potuto arrestate le persone sottoposte a interrogatorio, tra le quali vi sarebbe lo stesso cognato del leader di Damasco, Nashar al-Assad. L'accordo era stato reso noto per primo dal vice ministro degli Esteri siriano, Walid Mouallem.(Avvenire)

Ewigen
28-11-2005, 18:08
28 Novembre 2005
SIRIA - LIBANO - ONU
Mehlis pronto ad interrogare a Vienna i siriani coinvolti nell'assassinio Hariri

Ma non si sa né quando cominceranno gli interrogatori, né quali saranno le persone sentite dalla Commissione d'inchiesta dell'Onu. Si parla di una mediazione dell'Arabia saudita.

Beirut (AsiaNews/Agenzie) - Tutto è pronto a Vienna per dare inizio agli interrogatori delle 5 personalità siriane che hanno avuto il via libera del governo di Damasco per rispondere alle domande di Detlev Mehlis, capo della Commissione di inchiesta internazionale sull'assassinio dell'ex primo ministro libanese Rafic Hariri. La scelta della sede Onu di Vienna come luogo accettato da Damasco per gli interrogatori chiesti da Mehlis è frutto di un lungo braccio di ferro tra lo stesso capo della Commissione, che voleva avvenissero in Libano, ed il governo siriano che, definendo "offensiva" tale ipotesi, proponeva località nella stessa Siria o in Egitto. Contrasti ci sono anche sui nomi, visto che gli interrogati saranno, almeno per ora, solo 5, rispetto ai 6 chiesti. Nel silenzio dele fonti ufficiali - il portavoce di Mehlis ha rifiutato ieri di dare qualsiasi indicazione - la stampa libanese dà per scontato che dal'elenco sarebbe stato depennato Assef Chawkat, cognato del presidente Bashar al Assad. Gli altri nomi che erano stati avanzati da Mehlis sono quelli di responsabili dei servizi segreti siriani a Damasco e a Beirut. Ma null'altro si sa sui nomi, sulla data di inizio degli interrogatori, né sui contenuti di un incontro, avvenuto ieri, tra lo stesso Mehlis ed il consigliere giuridico del ministero degli esteri siriano Riad Daoudi. Sembra che oggetto dell'incontro sia stata la richiesta di garanzia che gli interrogati non saranno trattenuti e potranno fare ritorno in Siria. Su tutte le questoni ci sono comunque, scrive il libanese L'Orient Le jour, "indicazioni contraddittorie" e "totale mancanza di trasparenza".

I giornali arabi danno invece per certo che il raggiungimento dell'accordo tra la Siria e l'Onu sarebbe frutto di una mediazione condotta dall'Arabia Saudita. Il principe Bandar Bin Sultan, inviato speciale saudita, avrebbe incontrato "per caso" all'aeroporto di Parigi il segretario dell'Onu Kofi Annan, prima di recarsi dal presidente Chirac, che gli avrebbe dato il suo "via libera" per l'accordo. L'agenzia siriana Sana dice che re Abdallah ha inviato, tramite lo stesso principe Bandar, un messaggio ad Assad per "congratularsi" dell'accordo con l'Onu. La stessa fonte parla anche di un precedente colloquio telefonico tra i 2 capi di Stato.

L'intervento saudita non sarebbe l'unico avvenuto in questi giorni: altri Paesi arabi avrebbero fatto discrete pressioni su Damasco.

La stampa siriana ha anche sottolineato la "soddisfazione" con la quale è stata accolta a Damasco la dichiarazione del portavoce del Dipartimento di Stato Usa, Adam Early, al giornale arabo "Al Hayat", nella quale il presidente Assad è detto "piu ragionevole di Saddam Hussein" e vengono auspicate "soluzioni, prima di imporre delle sanzioni internazionali". Prosegue, ciò malgrado, il sit in dei "giovani" di Damasco nella piazza Al Rawdah, vicino all'ambasciata degli Stati Uniti, con slogan che collegano al rifiuto del presidente Assad della "guerra ingiusta in Iraq" l'atteggiamento della comunità internazionale e specialmente degli americani e dei loro alleati.

Dalla Malaysia, dove è in visita, il ministro siriano per l'economia, Abdallah Dardari, ha sostenuto oggi che il contrasto con l'Onu per la vicenda Hariri non ha avuto alcuna influenza sugli investimenti stranieri nel suo Paese, soprattutto di quelli provenienti dai Paesi arabi. "Tra adesso e la fine dell'anno - ha aggiunto - dovremmo avere un miliardo di dollari dai Paesi del Golfo".

Ewigen
17-12-2005, 18:55
16 Dicembre 2005
SIRIA
Timori a Damasco, dopo la risoluzione 1644 dell’Onu
di Jihad Issa

Strade e negozi quasi vuoti. Numerosi i posti di blocco, perché si temono possibili attentati. A Beirut il patriarca Sfeir invita a “seppellire l’odio”.

Damasco (AsiaNews) – La preoccupazione regna a Damasco, dopo l’adozione, da parte del Consiglio di sicurezza dell’Onu, della risoluzione 1644, anche se la stampa di regime dà spazio a considerazioni positive sul fatto che non sono state imposte sanzioni contro il Paese. Nelle strade si sente la tensione. Non si vedono gli alberi giganti del Natale, perché anche il governo è preso da altri interessi, i negozi sono quasi vuoti, qualche macchina si ferma per vedere i prezzi, e dopo riparte. Sono numerosi i posti di blocco di militari e polizia, perché anche qui si temono le auto-bombe, soprattutto il regime non riesce a mantenere e controllare tutto, dopo le ultime dichiarazioni che chiedevano la rimozione del regime di Bachar El Assad. Il clima è comunque pesante, con la gente che guarda con timore alle pressioni internazionali. E’ in crescita il numero di coloro che chiedono un visto per lasciare il Paese, in cerca di destinazioni ove poter crescere con serenità la propria famiglia.

Sui giornali si sottolinea il rifiuto delle Nazioni unite di accogliere tutte le richieste del governo libanese, che rischia la crisi a causa del boicottaggio dei 5 ministri che fanno riferimento ad Hezbollah e ad Amal. Il Libano sta vivendo dei momenti molto critici, dopo le decine di autobomba; molte chiese hanno cancellato le messe di mezzanotte, perché si temono atti terroristici. I giovani del 14 marzo hanno campeggiato nel centro di Beirut, in risposta all'appello di Samir Geagea e di Walid Joumblatt.

Il patriarca maronita, il cardinale Nassrallah Sfeir, che pubblicherà la settimana prossima il suo messaggio per il Natale 2005, si è mostrato molto triste, oggi, ricevendo il rettore dell'università antoniana, padre Antoine Rajeh, con il suo consiglio. Il patriarca ha espresso la sua inquietudine e la sua preoccupazione invitando a lasciare spazio al perdono, indicando che questa "politica della morte" che uccide è una politica anti-umana. Egli ha invitato le università cattoliche ad “assumere il loro dovere nei riguardi della gioventù che può salvare il Libano" e, ricevendo il deputato Nassib Lahoud, ha rivolto un appello perché seguono le parole del padre di Gebran Tueini, Ghassan, "di seppellire l'odio con Gebran".

EugenioCazzidui
17-12-2005, 19:18
Da quanto ne sapevo il rapporto Mehlis è una, tipo, bufala...

Adric
19-12-2005, 22:02
Mehlis accusa direttamente la Siria per l'omicidio Hariri

Sabato, 17 dicembre
Appunti
Dopo averlo adombrato nei suoi due rapporti relativi all'andamento delle indagini, il capo uscente della commissione d'inchiesta dell'Onu sull'omicidio dell'ex premier libanese Rafik al-Hariri ha dichiarato esplicitamente di essere certo che dietro il delitto ci sia la Siria, della cui ingerenza in Libano lo stesso Hariri era uno strenuo oppositore. "Le autorita' siriane sono responsabili", ha dichiarato il numero uno degli inquirenti internazionali, il procuratore tedesco Detlev Mehlis, in un'intervista rilasciata al quotidiano arabo 'Asharq al-Awsat'.

Il giornalista gli aveva chiesto se fosse "perfettamente convinto della responsabilita' siriana nell'assassinio di Hariri": e Mehlis, pur non volendo entrare nei dettagli, ha risposto senza esitare in senso affermativo.
(canisciolti.info)

EugenioCazzidui
19-12-2005, 22:40
[...]
Il nome è quello di Detlev Mehlis, il procuratore tedesco che, al termine dell'inchiesta commissionatagli dall'ONU sull'assassinio del libanese Rafik Hariri, ha accusato la Siria e i suoi servizi dell'attentato.
L'accusa, portata al Consiglio di Sicurezza, è il preliminare per sanzioni o anche azioni militari contro Damasco.
La Siria, ovviamente, nega disperatamente: a che scopo avrebbe ammazzato Hariri, se la reazione internazionale l'ha poi costretta ad abbandonare il Libano?
Ma a Damasco, si sa, nessuno crede: non è un regime terrorista, che appoggia i terroristi in Iraq?
Però qualche dubbio nasce in un settore insospettabile di filo-arabismo.
Il settimanale tedesco Der Spiegel, per esempio.

In una propria inchiesta sull'inchiesta (1), Der Spiegel ha scoperto che
il teste chiave usato da Mehlis per sostenere l'accusa, tale Zuheir al-Siddiq, è un noto truffatore, più volte condannato in Siria per sottrazioni di denaro.
Siddiq ha detto invece di sé, alla Commissione d'inchiesta ONU, di essere un ex agente dei servizi siriani.
Dapprima ha detto di aver lasciato Beirut due mesi prima dell'attentato ad Hariri; poi ha cambiato versione: non solo era a Beirut, ma aveva preso parte alla preparazione dell'assassinio.
Aveva ospitato a casa sua vari agenti siriani venuti per uccidere il capo libanese.
Come mai questa auto-accusa, con relativa e utile chiamata in correità? Der Spiegel ha forti sospetti che Siddiq sia stato pagato per cambiare versione.

I giornalisti hanno intervistato dei familiari e amici di Siddiq che, dicono, hanno ricevuto da lui telefonate esultanti da Parigi, l'estate scorsa: «sono diventato un miliardario», gridava lui tutto allegro.
Spiegel ha scoperto come Mehlis aveva trovato un così utile teste chiave, oggi per sua ammissione miliardario.
Ha scoperto che a raccomandare Siddiq è stato Rifaat al-Assad: uno zio del presidente siriano in carica, fuggiasco dalla Siria per oscure ragioni, e nemico giurato del regime attuale.
Questo Assad si è spesso auto-candidato come «il possibile presidente alternativo della Siria».
Insomma una faida familiare nel clan alawita. [...]


(Maurizio Blondet)

Ewigen
24-12-2005, 10:32
23 Dicembre 2005
LIBANO
Sfeir: la comunità internazionale non lasci il Libano da solo
di Youssef Hourany

Il patriarca maronita è preoccupato per la ripresa del terrorismo e chiede ai libanesi di continuare a credere nel dialogo, unica via per uscire dalla crisi. Saad Hariri accusa la Siria di aver lanciato “una guerra terroristica” contro Beirut e Joumblatt chiede al segretario della Lega araba di fermare Damasco.

Beirut (AsiaNews) – Preoccupato per la ripresa degli atti di terrorismo, il patriarca maronita Nasrallah Sfeir chiede ai libanesi di credere nel dialogo “unica via” per far uscire il Paese dalla crisi ed alla comunità internazionale di non lasciare il Libano da solo e di fare chiarezza sugli ultimi atti di violenza. Ci sono timori e speranza nel messaggio natalizio del card. Sfeir, che invita i cristiani libanesi a “leggere i segni dei tempi” ed esprime fiducia nel risveglio religioso della sua gente. Gli atti terroristici, scrive tra l’altro il Patriarca, “non possono mai essere parte della tradizione libanese, basata sulla comprensione reciproca e sul dialogo, l'unica via necessaria per salvare il Paese dalla crisi attuale”.

Il Patriarca spiega che il Natale è la festa dei modesti e dei poveri, che annuncia a tutti la necessità della conversione come "via sicura, capace di donare alla festa il suo significato". I libanesi, in effetti, si preparano a festeggiare la nascita di Gesù in giornate di freddo tremendo ed in una crisi economica che costringerà molti a non vivere la festa. A tale proposito, il patriarca Sfeir conclude il suo messaggio con un invito ai responsabili perché si prendano cura delle necessità e dei bisogni di molti, assicurando l'appoggio della Chiesa a ogni iniziativa capace di far uscire il Paese della crisi.

Ma mentre il patriarca si preoccupa del problema di ricostruire un’anima del Paese, a Beirut si evidenzia la profondità del contrasto con la Siria. Oggi Saad Hariri, figlio dell'ex premier Rafic Hariri assassinato il 14 febbraio, ha accusato la Siria di aver lanciato "una guerra terroristica per rovesciare la democrazia del Libano". Da parte sua il leader druso Walid Joumblatt ha chiesto al segretario della Lega arba, Amr Moussa, di andare a Damasco per fermare gli omicidi politici in Libano ed ha accusato la Siri di “terrorizzare” i Paesi arabi.

Kars
24-12-2005, 12:32
[...]
Ha scoperto che a raccomandare Siddiq è stato Rifaat al-Assad: uno zio del presidente siriano in carica, fuggiasco dalla Siria per oscure ragioni, e nemico giurato del regime attuale.
Questo Assad si è spesso auto-candidato come «il possibile presidente alternativo della Siria».
Insomma una faida familiare nel clan alawita. [...]
(Maurizio Blondet)

Perche' non lhai citato completamente quell' articolo di Blondet?
Credi che faccia piacere leggere solo le panzanate meravigliosamente quotate che ci rifilano i giornali d'oltreoceano?
Un'altro paese e un'altro popolo sono minacciati di essere distrutti, sterminati e bombardati e non sto' parlando della Libia.
ciao


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Kars2

Ewigen
27-12-2005, 20:38
27 Dicembre 2005
LIBANO
Il card. Sfeir invita Lahoud ad assumersi le sue responsabilità
di Youssef Hourany

Nell’omelia di Natale l’intervento del patriarca nella questione delle dimissioni del capo dello Stato, col quale ha avuto un lungo incontro. I leader religiosi chiedono alla comunità internazionale di non lasciare solo il Paese ed ai libanesi di ritrovare le strade del dialogo.

Beirut /AsiaNews) – Un invito del patriarca maronita Sfeir al presidente della repubblica libanese “ad assumere pienamente le sue responsabilità”, l’appello del metropolita greco-ortodosso Awde alla comunità internazionale a non abbandonare il Paese, l’invito al dialogo dell’'arcivescovo maronita di Beirut, mons Paul Matar hanno scandito il Natale dei libanesi.

Il Libano, che sta vivendo un periodo di crisi, ha fatto una cauta sosta in questi giorni natalizi, nel continuo timore delle auto-bombe, che ormai hanno seminato paura, silenzio e morti.

Il Natale di quest'anno è stato molto diverso dal precedente, perché si nota la crescita da un lato della crisi economica e dall’altra la preoccupazione per gli ultimi sviluppi della situazione. In questo periodo pochi parlano dell'ex-presidente Hariri, assassinato il 14 febbraio scorso, per non dire nessuno, soprattutto dopo la dimissioni del giudice tedesco Detlev Mehlis che guidava la commissione internazionale d’inchiesta e la risoluzione dell'ONU 1644.

Il patriarca maronita, il cardinale Nassrallah Sfeir, che è l'unico punto di riferimento per tutti i libanesi, ha presieduto la messa del giorno di Natale nella sede del patriarcato maronita a Bkerke, presente del presidente libanese Emile Lahhoud, che prima della messa ha anche avuto un incontro con il patriarca, durato più di un'ora.

Il patriarca ha pronunciato una omelia molto significativa, che ha costituito per molti osservatori un passo nuovo, in quanto ha invitato il presidente Lahoud ad assumere la sua piena responsabilità, con riferimento alle voce che chiedono le sue dimissioni ed ha richiamato l'attenzione sulla necessita di rispettare la costituzione senza aver paura di nessuno.

Il metropolita di Beirut, mons Elias Awde, greco-ortodosso, ha lanciato durante la messa un appello alla comunità internazionale perché si assuma le sue responsabilità nei riguardi del Libano e ponga fine alla situazione che colpisce il Paese.

L'arcivescovo maronita di Beirut, mons Paul Matar, che ha presieduto la messa nella cattedrale di S.Giorgio, ricostruita dopo la guerra, nel centro di Beirut, ha rinnovato la sua fiducia nella ricchezza spirituale del Libano, terra di dialogo e tolleranza, chiedendo a tutti di cominciare una conversione capace di ridare a ciascun libanese la sua vera identità.

L'abate Semaan Abou-Abdou, superiore generale dell'Ordine Maronita Mariamita, ha presieduto la messa nella chiesa della Nostra Signora di Lwaize-Zouk Mosbeh, a nord di Beirut, durante la quale ha ripetuto le parole del patriarca che condannavano la violenza e che richiamavano l'attenzione di tutti sulla necessita della solidarietà inter-libanese per poter far uscire il Paese dalla crisi.

I libanesi hanno festeggiato il Natale sotto la neve e un freddo mai visto nella storia recente del Libano; molti hanno preferito passare queste feste nella preghiera e nel silenzio, come un giorno di 2000 anni fa a Betlemme.

Tenebra
28-12-2005, 00:16
Eh no, non cominciamo con l'antiamericanismo e con le trollaggini anche in questo thread, per favore.
Blondet, la fonte delle fonti :rolleyes:

Il rapporto Mehlis è espressione di quell'ONU che TUTTI hanno invocato a gran voce per la guerra in Iraq.
Ora cosa si fa, si rifiuta pure questo approccio perchè incrimina di fatto uno dei paesi già additati degli USA?
Ma la coerenza dov'è?

Per vostra informazione, il rapporto in questione è frutto di un'equilibrismo politico senza precedenti per diminuire quanto più possibile l'impatto di un'incriminazione in piena regola della Siria, sommersa da un'imbarazzante quantità di prove che indicano il locale regime come mandante e (frettoloso nonchè goffo) esecutore di non uno ma più omicidi politici in Libano.
Il rapporto Mehlis e tutte le mascherate di gala che ne seguono, come la "miracolosa" cancellazione del cognato del presidente siriano o la comodissima scelta del luogo degli interrogatori agli indiziati (che hanno in pratica già in mano la certezza di tornare nel proprio paese da uomini liberi anche se trovati colpevoli), è l'ennesima riprova di quale debole e farraginoso pachiderma sia ormai l'ONU.

Di fronte agli assassinii politici più eclatanti degli ultimi vent'anni, adesso mi volete venire a dire che LA SIRIA è perseguitata dagli americani?!?!

Cioè, un Paese confinante CON LE TRUPPE DA ANNI DENTRO AL PAESE VICINO e che l'ha di fatto occupato per lungo tempo, fa saltare per aria i maggiori oppositori all'occupazione e si fa beccare in pieno...

... e piuttosto che essere indignati e sgolarvi per la libertà del Libano, voi ne ricavate l'impressionante teoria che il vero oppresso è il regime siriano, ed oppresso dal solito, immancabile, immarcescibile Bush :mbe:

Non vi passa per la testa che, come più volte dimostrato, al cowboy non servono certo sotterfugi diplomatici così complicati e dall'esito certo per attaccare briga...

...non vi date la pena di guardare dietro al rapporto e capire il senso del teatrino di manovre in atto per farla passare liscia al regime siriano...

...non vi passa nemmeno per l'anticamera del cervello che non serve Sherlock Holmes per capire chi siano gli UNICI in tutto il mondo ad aver avuto una motivazione per questi due omicidi...

...no, tutto quello che ne traete è il solito "USA guerrafondai": non ve ne frega una mazza se i siriani si accorpano il Libano nell'indifferenza generale, l'importante è sputare su tutto quello che va contro ad un QUALUNQUE paese inviso agli USA.

Desolante.

Ewigen
28-12-2005, 17:39
28 Dicembre 2005
LIBANO
Per la prima volta la giustizia libanese arresta un siriano per l’attentato a Tueni

Raid dell’aviazione israeliana a sud di Beirut: 2 feriti in un campo dell’Fplp.

Beirut (AsiaNews/Agenzie) – L’arresto di un siriano ritenuto coinvolto nell’assassinio di Gebran Tueni riempiva questa mattina le prime pagine dei giornali di Beirut, quando gli aerei con la stella di David sono tornati a compiere un raid sui cieli libanesi. A distanza di 18 mesi dall’ultima volta, l’aviazione israeliana ha attaccato, pochi chilometri a sud di Beirut, una base del filosiriano Fronte popolare di liberazione della Palestina, accusato di aver lanciato ieri 7 razzi Katiuscia dal Libano meridionale contro il nord di Israele. I razzi hanno colpito la zona di Kyriat Shmona. "Israele – ha detto un portavoce militare israeliano - ha il diritto di difendere i propri cittadini. Il governo libanese è responsabile per non aver smantellato le organizzazioni terroristiche".

L’attacco sembra aver provocato solo 2 feriti, ma è stato definito da un portavoce del Fplp come “uno strumento” usato da Israele per sollevare la questione del disarmo delle milizie palestinesi in Libano, peraltro previsto dalla risoluzione 1559 dell’Onu.

A tenere banco sulle prime pagine dei giornali libanesi oggi era l’arresto del siriano Abdel-Kader, sospettato di essere coinvolto nell’attentato costato la vita a Gebran Tueni, deputato e direttore di An Nahar, il maggiore quotidiano il lingua araba di Beirut. “E’ la prima volta che la giustizia libanese arresta un sospettato siriano”, sottolinea oggi l’autorevole L’Orient Le jour.

Abdel-Kader, un venditore ambulante di 30 anni, è stato arrestato su mandato del giudice istruttore Rachid Mezher. La mattina dell’attentato di trovava a Mkalles, luogo dell’attentato. A rendere sospetta la sua situazione sono 2 chiamate che ha fatto col suo telefonino, prima e dopo l’esplosione. Con lui sono state interrogate altre 2 persone, anch’esse di nazionalità siriana.

Ewigen
30-12-2005, 16:51
30 Dicembre 2005
Gli sciiti sono la chiave per risolvere la crisi politica libanese
di Youssef Hourany

Un deputato sciita accusa Sinora di cercare una Camp David libanese con Israele, ma per Joumblatt è la Siria ad essere responsabile del peggioramento della situazione. Geagea giudica indispensabile la presenza sciita nel governo. Mehlis ammonisce la Siria a collaborare con l’Onu.

Beirut (AsiaNews) – Non si sblocca la crisi politica che il Libano sta vivendo dopo il congelamento della partecipazione sciita alle riunioni del governo presieduto dal primo ministro Fouad Senioura, considerato il portavoce del deputato Saad Hariri, che vive lontano dal Libano da più di tre mesi, dopo le minacce che ha ricevuto. La questione sciita ed il rapporto con la Siria si confermano al centro delle difficoltà. Il presidente del gruppo parlamentare del partito di Dio (Hezbollah), il deputato sciita Mouhammad Raad, in una dichiarazione alla stampa ha accusato il primo ministro Siniora di essere artefice del progetto di una “Camp-David” libanese con Israele e contro la resistenza sciita nel Sud-Libano.

Raad ha annunciato una probabile riunione con il presidente della Camera dei deputati, Nabih Berri, leader dell'altro movimento sciita Amal, fondato dall'imam scomparso in Libia, Moussa Sadr. Dal canto suo, il capo-carismatico dei musulmani sciiti in Libano, Mouhammad Houssein Fadlallah, in una intervista ha espresso la sua fiducia nel futuro del Libano, ma ha definito "il sistema confessionale libanese come un sistema da rivedere". Egli ha affermato la necessita e l'esigenza di "rendere il dialogo inter-libanese un dialogo più umano, lontano dall'estremismo e dal fondamentalismo" ed ha insistito sul ruolo del Paese nella regione. Mouhammad Houssein Fadlallah ha ribadito la volontà di tutti di vedere un Libano libero e sovrano ed ha indicato in Israele il "nemico del Libano" e dell’intero Medio-Oriente, portando ad esempio il ruolo negativo che sta svolgendo nei riguardi dei palestinesi e della chiesa Greco-ortodossa in Gerusalemme, con il rifiuto di riconoscere l'elezione di un nuovo patriarca, dopo la destituzione del patriarca precedente.

Il leader druso Walid Joumblatt, che pure sta vivendo momenti difficili dopo le minacce che gli sono state rivolte, in una dichiarazione ad Asianews ha accusato il regime siriano di essere l'unico responsabile del peggioramento della situazione nel Sud-Libano ed ha criticato la mancata collaborazione del governo di Damasco con la Commissiuone d'inchiesta internazionale dell'ONU, presieduta dal giudice tedesco Detlev Mehlis. Joumblatt ha anche criticato le pressioni esercitate da Damasco contro Mehlis, ammonendo di non esercitare le stesse pressioni contro il nuovo presidente della Commissione, il giudice belga Serge Bramerts.

Joumblatt ha poi evidenziato negativamente le ultime dichiarazioni del ministro degli Esteri siriano, Farouk Chareh, contro il primo ministro libanese Fouad Sinora e contro l'ex-presidente assassinato il 14 febbraio scorso,Rafic Hariri: “il ministro Chareh – ha detto - è colpevole nel crimine del secolo, ha assassinato Rafic Hariri”.

Il leader delle Forze libanesi, Samir Geagea, parlando con la nostra agenzia, ha sostenuto “la necessita del pieno rispetto degli Accordi di Taeff, firmati in Arabia Saudita nel 1989, che hanno posto fine alla guerra del Libano”, ed ha chiesto di distinguere tra la presenza armata palestinese e quella del partito di Hezbollah, perché i palestinesi sono stranieri, gli aderenti a Hezbollah sono libanesi".

Geagea ha poi espresso "stima nei riguardi dell'ex-presidente della Commissione d'inchiesta dell'ONU, Detlev Mehlis, che è riuscito a giungere alla verità sull'assassinio dell'ex-premier Rafic Hariri, indicando la Siria come responsabile del crimine e degli altri assassini politici seguiti, da Samir Kassir fino a Gebran Tueini". Geagea ha infine indicato ribadito alcuni principi che ritiene essenziali per garantire la stabilita del Libano:

- necessita della presenza dei ministri sciiti, del movimento Amal e di Hezbollah nel governo del primo ministro Seniora e quindi la fine del congelamento della loro partecipazione;

- rifiuto categorico ed assoluto di un nuovo "Accordo del Cairo";

- pieno rispetto degli Accordi di Taeff.

Nel frattempo il giudice tedesco Detleev Mehlis, arrivato in Libano per concludere la sua missione prima dell'arrivo del suo successore, il giudice belga Serge Bramerts, ha insistito sull'importanza della collaborazione del governo di Damasco con la Commissione dell'ONU ed ha auspicato la fine degli atti terroristici in Libano.

Adric
31-12-2005, 15:50
Omicidio Hariri: Khaddam accusa il presidente Assad

Sabato, 31 dicembre
Appunti
L'ex premier libanese Rafiq Hariri, ucciso in un attentato a Beirut il 14 febbraio scorso, fu oggetto di ripetute minaccie da parte del presidente siriano Bashar al-Assad e da altri esponenti del suo entourage. È quanto ha detto ieri sera l'ex vice presidente siriano Abdel Halim Khaddam in una intervista alla tv satellitare al-Arabiya. "Lo stesso Assad ebbe modo di raccomntarmi di avere usato parole molto, molto dure nei confronti di Hariri, gli disse tra l'altro che non avrebbe esitato a schiacciare chiunque osasse disobbedire alla Siria", ha raccontato Khaddam nell'intervista. Secondo un'indagine dell'Onu, diversi esponenti siriani sono implicati nella strage di San Valentino in cui morirono in tutto più di 20 persone.

Khaddam, dimessosi dalla sua carica lo scorso giugno, ha detto di non volere fare illazioni sugli autori del sanguionoso attentato di Beirut ma ha sottolineato che in Siria, in ogni caso, nessun organismo di governo o dei servizi di sicurezza "potrebbe da solo prendere una decisione del genere". "Questa è una operazione importante che dietro di sè ha avuto un certo apparato, di quale apparato si sia trattato lo deve stabilire la commissione d'inchiesta (dell'Onu)", ha aggiunto. Khaddam ha criticato anche il presidente libanese Emile Lahoud e altri uomini politici per avere "aizzato" Assad contro Hariri. L'ex vicepresidente, un esponente della vecchia guardia del partito Baath al potere, ha avuto parole critiche per l'amministrazione Assad ed ha detto che in Libano, paese da cui ha dovuto ritirare le truppe siriane lo scorso aprile, ha commesso parecchi errori. Khaddam ha detto anche che Rustom Ghazali, l'ex capo dei servizi segreti siriani in Libano, proprio in Libano si era comportato come se avesse una autorità assoluta. Nonostante ciò il regime continua a "proteggerlo".
(canisciolti.info)

Ewigen
02-01-2006, 19:11
2 Gennaio 2006
SIRIA-LIBANO-ONU
Minaccia un terremoto la richiesta della Commissione Onu di interrogare Assad

La domanda, legata all’inchiesta sull’assassinio di Hariri, segue alle dichiarazioni dell’ex vicepresidente Kaddam, secondo il quale “nessun servizio segreto poteva agire senza che Assad lo sapesse”. Coinvolto anche il presidente libanese Lahoud.

Damasco (AsiaNews/Agenzie) – La Commissione d’inchiesta dell’Onu che indaga sull’assassinio dell’ex primo ministro libanese Rafic Hariri ha chiesto di poter interrogare “al più presto” il presidente sirano Assad, insieme con il ministro degli esteri di Damasco, Farouk Chareh, ed all’ex vicepresidente Abdel Halim Khaddam. La richiesta, della quale si parlava già da ieri, è stata resa nota ufficialmente oggi dalla portavoce della Commissione, Nasrat Hassa, che ha detto di essere in attesa della risposta di Damasco. All’origine del passo, che prevedibilmente avrà pesanti conseguenze sull’intera regione, ci sono, con ogni evidenza, le dichiarazioni rese venerdì proprio da Kaddam, secondo il quale Assad aveva rivolto esplicite minacce ad Hariri e non poteva ignorare il progetto dell’attentato che il 14 febbraio è costato la vita al leader libanese e ad altre 20 persone. “Nessun servizio segreto – ha spiegato – poteva agire senza che Assad lo sapesse”.

Nella capitale siriana, ieri, Ali Sadrudin Al-Bayouni, capo dei Fratelli musulmani, gruppo a lungo perseguitato dal regime di Assad, ha espresso la convinzione che “la testimonianza di Kaddam romperà il monopolio del potere in Siria” e permetterà un cambio di regime con un’evoluzione verso la democrazia.

Già da tempo le indagini della Commissione stavano puntando il dito contro il regime di Damasco ed ambienti della sicurezza libanese ai tempi dell’occupazione siriana. Una risoluzione dell’Onu, la1644, ha imposto alla Siria di collaborare lealmente con l’inchiesta e ora l’onda di quello che un esponente della esigua opposizione siriana, lo scrittore Akram Al-Beni, ha definito “un terremoto” per il regime di Assad, minaccia di colpire anche Beirut. Lo stesso Kaddam, cha da 6 mesi ha dato le dimissioni e vive in esilio a Parigi, nel corso di un’intervista alla televisione El-Arabia, ha infatti accusato l’attuale presidente libanese Emile Lahoud e l’ex direttore della Sicurezza libanese, Jamil Sayyed, di aver “incitato” Assad ad agire contro Hariri. Contro Lahoud c’erano già in parlamento richieste di dimissioni.

L’ex vicepresidente Kaddam, che quando prese parte ai funerali di Hariri appariva visibilmente colpito, ha sostenuto che qualche tempo prima della morte del leader libanese lo aveva consigliato di “lasciare il Libano, perché a Damasco la sua situazione si stava complicando”.

Nessuna reazione ufficiale è ancora giunta da Damasco, che ha sempre negato qualsiasi coinvolgimento nell’assassinio di Hariri e che per mesi ha tentato di screditare il lavoro della Commissione Onu, guidata dal tedesco Detlev Mehlis. Ma già sabato il partito Baath ha deciso di espellere Kaddam. Lo stesso giorno in parlamento, dominato dai fedeli di Assad, numerosi deputati hanno definito l’ex vicepresidente un traditore. Il portavoce Mahmoud Al-Abrash ha riferito all’assemblea che il centralino era stato sommerso dalle chiamate di cittadini che chiedevano di imputare Kaddam di tradimento. Richiesta peraltro espressa in aula dal deputato Suad Bakkour, che ha chiesto ed ottenuto una mozione perché Kaddam sia portato in tribunale.

Oggi poi il quotidiano ufficiale As-Saoura ha annunciato che il governo “prenderà le decisioni necessarie per far giudicare Kaddam per alto tradimento e per aprire un’inchiesta sul suo coinvolgimento in una serie di affari di corruzione”. Il giornale annuncia un sequestro dei suoi beni.

Ewigen
03-01-2006, 17:54
3 Gennaio 2006
SIRIA-LIBANO-ONU
La Siria non permetterà alla Commissione ONU di interrogare Assad
di Jihad Issa

Damasco afferma la sua disponibilità a cooperare, purché sia fatta salva la dignità del presidente. C’è possibilismo sulla richiesta di interrogare il ministro degli Esteri ed attesa per ciò che uscirà dalla visita di Mubarak in Arabia Saudita.

Damasco (AsiaNews) – La Siria esclude la possibilità di accogliere la richiesta della Commissione d’inchiesta del’Onu di interrogare il presidente Assad a proposito dell’assassinio di Hariri. E’ quanto affermano fonti di Damasco, dove si conferma l’arrivo della richiesta della Commissione di sentire Bachar el-Assad e il miniustro degli Esteri Farouk El Chareh.

"Vogliamo un Medio-Oriente pacificato e riconciliato, malgrado tutte le pressioni nemiche": con questo editoriale pieno di fiducia nel futuro, il giornale governativo "Al Sawra" (La Rivoluzione) si è indirizzato oggi al popolo siriano, sostenendo che "La Siria sarà in grado di calmare la tempesta, perché siamo innocenti". Questa affermazione del giornale di oggi viene dopo la conferma del portavoce della Commissione d'inchiesta dell'ONU, Nasrat Hassan, della richiesta della stessa Commissione sull'assassinio di Hariri di ascoltare Assad e El Chareh. Domanda seguita alle dichiarazioni dell'ex vice-presidente siriano Khaddam alla televisione "Al Arabya", che ha rivelato un ruolo importante del presidente siriano e dei suoi collaboratori nell'assassinio di Hariri, il 14 febbraio scorso.

Fonti siriane ben informate hanno rivelato ad Asianews che il "governo siriano sta leggendo con molta attenzione la richiesta” della Commissione ed hanno ribadito la “piena volontà” del governo di Damasco di collaborare con le richieste dell'ONU, “a condizione di non attaccare la sovranità del Paese e la dignità del presidente, che è il simbolo della sovranità dello Stato". La domanda dell'ONU è stata sottoposta ad un attento studio giuridico da parte di numerosi esperti di diritto internazionale.

Le stesse fonti, che hanno preferito mantenere l'anonimato, hanno comunque escluso l'adesione del governo di Damasco alla richiesta della Commissione dell'ONU, perché "minimizza il ruolo della Siria nella regione e attacca il presidente, che gode di una protezione internazionale, come ogni presidente nel mondo". Non esclusa invece una risposta positiva per il ministro degli Esteri Farouk Chareh, "per chiarire certi punti".

La reazione della gente in Siria non è univoca: molti considerano le accuse di Khaddam come una reazione al suo allontanamento dalla carica di vice-presidente, nel giugno scorso; altri collocano le sue dichiarazioni nel quadro della vendetta per l’offesa alla sua dignità personale, soprattutto perché egli gode di una grande ricchezza. Costoro hanno un atteggiamento critico nei suoi riguardi e considerano le sue posizioni nel quadro anti-siriano, dicendosi convinti della estraneità del governo nell'assassinio di Hariri.

Hassan Abd El Rahman El Azim, portavoce del movimento democratico di protesta, che ha pubblicato molti mesi fa "La dichiarazione di Damasco” che chiese la destituzione del regime del partito Al Baath di Assad, parlando con AsiaNews ha incluso le dichiarazioni di Khaddam "nel quadro di una rivolta che bisognerebbe favorire” ed ha considerato le ultime decisioni del parlamento siriano, che ha chiesto di far giudicare Khaddam dal supremo tribunale, come "una decisione ingiusta che non sarà applicata, perché il regime attuale sarà rovesciato prossimamente”. Egli afferma che le dichiarazioni di Khaddam vanno prese seriamente, perché "faceva parte del regime e conosce tutte i suoi intrighi".

Qui in Siria regna la preoccupazione,ma c'è anche speranza, nella convinzione che il mondo arabo non vuole abbandonarla. C’è attesa per quanto dirà il presidente egiziano Housni Mubarak, che compie oggi una visita in Arabia Saudita, dove avrà un'incontro con il Re Abdallah e con molti responsabili per discutere sugli ultimi sviluppi della situazione tra la Siria ed il Libano, dopo la richiesta della Commissione di ascoltare il presidente Assad e a pochi giorni del rientro probabile dell'ambasciatrice degli Stati Uniti in Siria, previsto per il 6 di questo mese.

Ewigen
04-01-2006, 13:59
4 Gennaio 2006
SIRIA – LIBANO - ONU
Pressing sulla Siria perché ceda alle richieste dell’Onu

Oggi a Damasco un alto esponente saudita, dopo l’incontro tra Mubarak e Abdallah. Anche Chirac chiede alla Siria di essere “più cooperativa”. Attesa per la nuova apparizione televisiva di Kaddam. Toni minacciosi del primo ministro siriano verso Joumblatt.

Damasco (AsiaNews) – Tensione oggi a Damasco: il clima è segnato dall’attesa per l’annunciata seconda apparizione alla tv dell'ex-vice presidente siriano Abd El Halim Khaddam, questa volta su Al Jazira, e per le conclusioni del vertice tra il presidente egiziano Mubarak ed il re saudita Abdallah, che oggi dovrebbero essere illustrate a Damasco da un alto funzionario saudita, probabilmente l'ex ambasciatore negli Usa principe Bandar bin Sultan. La missione, decisa ieri, avrebbe lo scopo di chiedere alla Siria di collaborare con la Commissione dell'Onu incaricata delle indagini sull'assassinio di Hariri. Da Kaddam ci si aspetta poi che ripeta le sue accuse contro il regime di Assad e riveli alcuni dettagli sull'assassinio di Hariri.

Gli umori popolari variano tra coloro che ritengono necessario consentire alla Commissione d'inchiesta di sentire il presidente Bachar El Assad, il suo ministro degli Esteri Farouk El Chareh e altri esponenti, come il generale Asaf Chawkat, capo dei servizi segreti e marito della sorella del presidente, Bouchra, considerata nel primo rapporto di Mehlis complice nella preparazione dell'assassinio di Hariri e chi invece oppone un rifiuto categorico alla richiesta. Tra questi ultimi, coloro che si sentono costretti ad appoggiare il regime della famiglia di Assad perché vedono nella richiesta dell'ONU “uno strumento delle pressioni internazionali per attaccare la stabilità del regime” del partito El Baath, soprattutto dopo le ultime voci che sostengono la necessità di rovesciare il regime, dopo la “dichiarazione di Damasco”.

Una prima espressione delle conclusioni dell’incontro di Ryad è venuta da una dichiarazione del portavoce della presidenza d'Egitto, l'ambasciatore Souleiman Awad. Egli ha affermato la necessita di rafforzare i legami tra i Paesi arabi, sostenendo la ferma volontà dei due leader di svolgere un ruolo per convincere il presidente siriano alla collaborazione con la commissione dell'ONU, perché “il raggiungimento della verità sull'assassinio di Hariri risponde alle aspirazioni della comunità internazionale”. Awad ha anche insistito sulla necessità di mantenere e rispettare i legami storici che legano il Libano alla Siria, evidenziando "l'obbligo di tutti gli arabi di difendere e proteggere la popolazione libanese da tutti i pericoli e le minacce e garantire protezione alla Siria, nel caso della sua totale collaborazione con la Commissione dell'ONU”.

Oggi intanto il presidente Moubarak è in Francia per discutere sugli ultimi sviluppi della situazione in Medio-Oriente con il presidente francese Jacques Chirac, dopo il rifiuto del governo di Damasco di consentire alla Commissione dell'ONU di ascoltare il presidente Assad. Il presidente francese, nel corso di un incontro con la stampa, ha oggi sostenuto che “la Siria dovrebbe essere maggiormente cooperativa con la Commissione internazionale”, aggiungendo la considerazione che “tutto ciò che destabilizza il Libano finirà per rivoltarsi contro la Siria” e che “la situazione è seria e occorrerà fare molta attenzione”.

La stampa siriana continua a lanciare attacchi contro le dichiarazioni di Khaddam, ma ha anche indicato la piena disponibilità dell'ex responsabile dei servizi segreti in Libano, Roustom Ghazale "a dimettersi, se lo chiede il bene della patria", smentendo le voci di un suo probabile suicidio dopo le ultime accuse di Khaddam.

Il primo ministro, Naji el OItari, in una dichiarazione alla stessa televisione "Al Arabiya" che venerdì scorso ha trasmesso le dichiarazioni di Khaddam, ha accusato "Khaddam di essere il responsabile del peggioramento dei rapporti tra il Libano e la Siria, durante questi ultimi trent'anni, perché Khaddam era l'incaricato del dossier libanese sotto la presidenza del presidente Hafez e all'inizio del mandato di Bachar". Il primo ministro siriano ha ribadito la necessità di migliorare i rapporti tra i due Paesi vicini, indicando con toni minacciosi la responsabilità di alcuni leader libanesi in questi ultimi mesi, come Walid Joumblatt, “che cerca di distruggere al posto di costruire". A Beirut, intanto, è atteso per oggi il ministro degli esteri inglese Jack Straw.

Ewigen
07-01-2006, 22:45
7 Gennaio 2006
SIRIA - LIBANO
Khaddam incontra la Commissione Onu sull’assassinio Hariri
di Jihad Issa

L’ex vice-presidente siriano accusa Assad di essere responsabile della morte dello statista libanese. Il governo di Damasco ha confiscato beni della famiglia Khaddam e lo accusa di alto tradimento.

Damasco (AsiaNews) – L’ex vice-presidente siriano Abdel Halim Khaddam ha dichiarato di aver incontrato ieri personalità della commissione Onu che indagano sull’assassinio di Rafic Hariri. L’incontro è avvenuto ieri a Parigi dove Khaddam vive da diversi mesi insieme alla moglie, i figli e i nipoti.

Khaddam, è stato per decenni uno degli artefici della politica siriana in Libano. Da oltre una settimana egli si è lanciato in interviste su media occidentali ed arabi accusando il presidente siriano Bashar Assad di essere implicato nell’uccisione di Rafic Hariri e di averlo personalmente minacciato di morte. Il 5 gennaio egli ha concesso un’intervista alla Rete 3 francese in cui ha di nuovo chiesto la destituzione di Assad, accusato di essere “l’unico responsabile del deterioramento della posizione siriana nel mondo”. Egli ha anche dichiarato che il rovesciamento di Bashar Assad “è questione di poco tempo” e ha chiesto alla comunità internazionale di rafforzare misure di sicurezza per proteggere personalità libanesi antisiriane.

La reazione di Damasco è forte: tutti i beni mobili ed immobili di Khaddam e della sua famiglia sono stati confiscati; il ministero della Giustizia ha istituito un tribunale speciale per giudicare Khaddam incriminato di “offesa e rinnegamento del giuramento di fedeltà al partito e alla patria”.

A Rete 3 Khaddam ha dichiarato che ritornerà in Siria dopo la caduta di Assad.

La “conversione” di Khaddam non convince però la dissidenza siriana. Yasin al-Haji Saleh, ex prigioniero politico sospetta che dietro le dichiarazioni dell’ex vice-presidente vi siano piani in accordo con potenze internazionali. Altri puntano il dito al suo opportunismo. Omar Amirallay, regista dissidente afferma: “’E vero che le sue rivelazioni sono di aiuto alla Siria, perché spingono alla caduta del regime, ma questo non lo scusa in nessun modo per tuttle le malefatte che ha commesso”.

Dopo le accuse di Khaddam, il presidente Assad ha ricevuto messaggi di solidarietà dal libico Gheddafi e dal presidente iraniano Ahmadinejad.

Ewigen
11-01-2006, 18:29
10 Gennaio 2006
SIRIA - ARABIA SAUDITA - EGITTO
Appoggio condizionato ad Assad da Arabia ed Egitto

Chirac incontra il ministro degli Esteri saudita e torna ad ammonire la Siria a collaborare con l’inchiesta dell’Onu sull’assassinio di Hariri. Riyadh e Il Cairo disposti a salvare il regime siriano solo se “darà dei colpevoli”.

Beirut (AsiaNews) - Si intensifica l’azione dei governi arabi per cercare di salvare Assad ed il suo regime, che rischia di essere travolto dall’inchiesta dell’Onu sull’assassinio dell’ex premier libanese Rafic Hariri, mentre continua la pressione occidentale perché la Siria collabori con l’Onu e a Damasco, seppur cautamente, si ode qualche voce di oppositori dell’onnipotente partito Baath.

Oggi il presidente francese Jacques Chirac ha detto che “in Libano il tempo delle interferenze e delle impunità è finito” ed ha ribadito, ricevendo il ministro degli Esteri saudita Saud al Faysal, che la Siria deve "cooperare senza restrizioni" con gli inquirenti dell'Onu che vogliono ascoltare anche il presidente Assad. Sempre oggi, l‘ex vicepresidente della Siria, Abdel Halim Khaddam, le dichiarazioni del quale sono all'origine delle ultime richieste dell'Onu, ha affermato la sua “profonda convinzione” che Assad sia il mandante dell’assassinio di Hariri. Non poteva essere che il presidente Bachar Al-Assad, ha spiegato alla radio francese Europe 1, a dare l’ordine di uccidere Hariri, perché “non esiste un ufficiale della sicurezza che possa prendere una decisione di tali proporzioni”.

Il viaggio del ministro degli esteri saudita a Parigi è, al momento, l’ultima tappa di un tour che vede impegnato il governo di Riad. Lo stesso Saud al Faysal, prima di Parigi, era stato, l’8, a Damasco. Il giorno prima il governo siriano aveva rifiutato la richiesta della commissione Onu di poter interrogare il presidente Assad. Al quale, secondo il Lebanonwire, Faysal aveva presentato “l’ordine” di re Abdullah di andare a Gedda. Lo stesso giorno Assad partiva per l‘Arabia saudita, mentre l'agenzia ufficiale siriana 'Sana' annunciava un vertice incentrato sugli “sviluppi regionali e internazionali, marcatamente in Libano” e per “il rafforzamento dei rapporti fraterni” fra i due Paesi arabi.

Del tutto non annunciato, invece, il vertice del giorno successivo, il 9 gennaio, quando Assad è andato in Egitto per incontrare il presidente Hosni Mubarak. Un'ora di discussioni prima del rientro di Assad in Siria.

Appena una settimana prima, il 3, Mubarak e re Abdullah si erano incontrati a Gedda. Dall’incontro sarebbe scaturita la decisione di non abbandonare Assad ed il suo regime, a condizione che egli desse collaborazione alle richieste dell’Onu per trovare i colpevoli dell’assassinio di Hariri, eventualmente anche tra alti ufficiali siriani. Insomma, secondo informazioni raccolte dal quotidiano libanese L’Orient Le jour, “offrisse dei colpevoli”

A Damasco, tra manifestazioni “spontanee” favorevoli ad Assad ed il martellare della stampa di regime, ha fatto sentire la sua voce anche Hassan Abd El Rahman El Azim, portavoce del movimento democratico di protesta, che ha pubblicato mesi fa "La dichiarazione di Damasco” che chiede la destituzione del regime del partito Al Baath di Assad. Parlando con AsiaNews egli ha incluso le dichiarazioni di Khaddam "nel quadro di una rivolta che bisognerebbe favorire”

Ewigen
16-01-2006, 19:42
16 Gennaio 2006
LIBANO - SIRIA
Sfeir: "Il pericolo è dietro le nostre porte, fermiamo il terrorismo"
di Youssef Hourany
Il patriarca maronita accusa da Bkerke gli "atti terroristici che hanno ravvivato la memoria dei libanesi su avvenimenti già visti in passato”. Ancora in pieno sviluppo la crisi di governo a Beirut, Damasco si prepara ad accogliere Ahmadinejad.

Beirut (AsiaNews) - In una delle sue omelie più significative, pronunciata durante la messa celebrata ieri nella sede del patriarcato maronita a Bkerke, il patriarca maronita, cardinale Nassrallah Sfeir, ha ammonito i responsabili del “pericolo che sta dietro le porte” dopo gli ultimi incidenti della settimana scorsa in Libano.

Esprimendo la sua “forte denuncia” contro “gli atti terroristici che hanno ravvivato la memoria dei libanesi su avvenimenti già visti in passato”, il patriarca ha illustrato l’enciclica del defunto papa Giovanni Paolo II, la Sollicitudo rei socialis. Il card.Sfeir ha indicato la base dell'insegnamento della dottrina sociale della Chiesa, “fondata sulla giustizia, la giusta remunerazione e la diffusione della pace sociale basata sulla vita degna di ogni essere umano”.

Il porporato ha voluto insistere sulle tematiche che “creano dolore nei cuori di molti”, a causa della guerra, della discriminazione sociale e delle divisioni dovute alle differenze etniche e religiose.

Parlando della situazione attuale in Libano, il patriarca non ha potuto nascondere le sue preoccupazioni “dopo gli ultimi incidenti nel Paese”, cominciando da quello fra palestinesi e libanesi della settimana scorsa nella cittadina di El Nahemeh fino alla manifestazione di sabato scorso, che ha causato il ferimento di 11 persone tra militari e civili davanti alla sede del governo durante la visita dell'inviato americano. Sfeir condanna questi atti che “distruggono la figura del Libano ed aumentano le tensioni”.

Il patriarca non ha risparmiato critiche agli ultimi annunci della stampa libanese ed internazionale, che hanno minacciato fra le righe dirigenti politici e religiosi di probabili attentati.

Nel frattempo aumenta in Libano la tensione e si stagliano le ombre di una crisi di governo: gli aderenti al “Partito di Dio” di Hassan Nassrallah e quelli del “Movimento di Amal” del presidente del Parlamento Nabih Berri continuano a schierarsi contro il leader druso Walid Joumblatt e tutti i suoi alleati.

L’ultimo motivo di scontro sono le dichiarazioni di Joumblatt, che continua a chiedere con forza l'applicazione della risoluzione 1559 delle Nazioni Unite e, dalle pagine dei giornali libanesi, un intervento americano militare in Siria. In risposta, i leader filo-siriani hanno confermato il loro proposito di congelare la partecipazione alle riunioni del governo di Beirut.

Da parte sua, la Siria si prepara per accogliere il presidente dell'Iran Mahmoud Ahmadinejad: la visita, prevista per il 20 gennaio, dovrebbe durare due giorni ed ha come scopo lo studio degli ultimi sviluppi della situazione regionale ed internazionale, soprattutto alla luce della posizione delle Nazioni Unite nei confronti dei due regimi.

La stampa siriana oggi riporta le ultime dichiarazioni del presidente Assad, che ha rinnovato la sua posizione contro le accuse dell'ex presidente Khaddam ed ha espresso il suo rancore contro la posizione di alcuni Paesi arabi “che non hanno voluto imparare nulla dall'esperienza dell'invasione americana nell'Iraq”.

Ewigen
17-01-2006, 20:33
17 Gennaio 2006
SIRIA
Assad potrebbe incontrare la commissione Onu
di Jihad Issa

La voce si è diffusa a Damasco dopo l’interrogatorio di due responsabili dei servizi segreti durante l’occupazione del Libano e dovrebbe mostrare un nuovo atteggiamento di cooperazione.

Damasco (AsiaNews) – Il presidente siriano Bashar al Assad potrebbe accettare un incontro con la Commissione dell’Onu che sta indagando sull’assassinio del’ex premier libanese Rafic Hariri, purché venga salvaguardata la sovranità siriana. Questa la voce che si sta diffondendo in una Damasco che si è svegliata oggi più cosciente della necessita di collaborare con la Commissione dell'ONU dopo il rientro dei due ex responsabili dei servizi segreti in Libano durante l'occupazione siriana del paese dei cedri, il generale Roustom Ghazali ed il colonello Samih El Kaschaami, interrogati ieri, lunedì, a Vienna, per la seconda volta.

Anche se nessuna informazione è stata data sul colloquio ed una fonte diplomatica siriana citata dal quotidiano libanese L’Orient Le jour ha parlato di “questioni di pura forma”, l’interrogatorio viene messo in relazione con le ultime dichiarazioni dell'ex vice presidente Khaddam, che ha accusato il regime siriano di essere responsabile del “crimine del secolo”.

Una fonte giornalistica ben informata e molto vicina al regime di Assad ha confermato al corrispondente di Asianews “il cambiamento della posizione siriana nei riguardi della Commissione dell'ONU”, seguita alla nomina del giudice belga Serge Brammerts a capo della Commissione, dopo le dimissioni del giudice tedesco Detlev Mehlis, accusato dai siriani di "aver manipolato la situazione". In un primo momento il governo aveva rifiutato l’ipotesi dell’interrogatorio.

Pressioni sulla Siria sono venute, sul piano diplomatico, da Egitto ed Arabia Saudita. Il ministro degli esteri di Ryad, il principe Saud al-Faisal, in un’intervista al Financial Times di oggi rivela di aver presentato a Libano e Siria un piano per “disinnescare la tensione” tra i due Paesi e di essere in attesa di una risposta.

Secondo la fonte siriana “la nuova linea strategica siriana di collaborazione con la Commissione d'inchiesta dell'ONU si basa sul principio della cooperazione, a condizione di far salva la sovranità e la tranquillità della Siria”. Si mira “a cercare un modo degno e giusto per firmare un protocollo di rispetto reciproco con la Commissione siriana, formata a questo scopo, e rinnovata martedì con la nomina dell'ex ministro della Giustizia, Nabil Khatib”. A Damasco si attribuisce importanza all’atteggiamento della commissione dell'ONU, che ha accettato di cambiare la sede d'indagine, accettando Vienna dopo il rifiuto siriano di Beirut, proposta all’inizio. In Siria si parla anche di “rimozione” di Mehlis e si sottolinea positivamente tale decisione dell’Onu.

La stampa siriana di oggi rivolge anche un appello ai “Cittadini liberi”, perché contribuiscano alla copertura delle spesa della collaborazione della Siria con l'ONU. E’ stato creato un fondo chiamato “Cassa di solidarietà per la dignità del vostro Paese” e si afferma che molti emigrati siriani hanno cominciato a contribuire per il sostegno della moneta siriana dopo il crollo dovuto alla crisi economica che colpisce il Paese da molti mesi.

Ewigen
20-01-2006, 22:00
20 Gennaio 2006
SIRIA - IRAN - LIBANO
Annan annuncia la collaborazione siriana con la commissione su Hariri
di Jihad Issa

A Beirut si dà per certo che la commissione d’inchiesta potrà incontrare Assad. Al secondo giorno del loro vertice, i presidenti di Siria e Iran ostentano unità e reciproco sostegno contro le pressioni internazionali. Appoggio confermato ad Hezbollah.

Damasco (AsiaNews) – Nel giorno stesso dell’arrivo a Beirut di Serge Brammertz, nuovo capo della commissione Onu sull’assassinio di Hariri, ieri, il segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan ha fatto sapere che la Siria ha dichiarato la sua disponibilità ad una “piena cooperazione” al’inchiesta. “Gli ho chiesto – ha detto, riferendo un colloquio con il ministro degli esteri Faruk Shara – una piena collaborazione, senza riserve, ed egli mi ha assicurato che faranno così”. A Beirut si dicono convinti della possibilità che la commissione stessa possa parlare con Assad, pur senza attribuirgli la qualifica di testimone, onde salvaguardarne la dignità.

A Damasco, intanto, Bashar al-Assad e Mahmoud Ahmadinejad, al secondo giorno del loro vertice, ostentano unità, lanciando proclami che reciprocamente sostengono le loro controversie con la comunità internazionale ed insieme confermano appoggio al movimento libanese di Hezbollah, del quale il primo ministro libanese Fouad Siniora vuole il disarmo, secondo le indicazioni dell’Onu. Assad ed Ahmadinajad, oltre ad aver firmato numerosi accordi di cooperazione bilaterale, hanno rinnovato il loro “appoggio incondizionato” alla “resistenza libanese ed alla sua presenza militare ed hanno respinto le pressioni internazionali esercitate contro il Libano e la Siria e qualsiasi progetto di internazionalizzare il problema libanese”.

Il presidente iraniano, in una dichiarazione alla stampa, ha rivolto un appello a “tutte le componenti del tessuto sociale libanese ed a tutte le confessioni religiose e le correnti politiche” chiedendo di abbandonare atteggiamenti che dividono il Paese. Ha poi sostenuto che le tensioni in Libano si riflettono su tutti i Paesi della regione e gli altri Stati, soprattutto USA, Gran Bretagna e Francia debbono lasciare libertà di decisione ai cittadini di questi Paesi “che sono in grado di definire le loro alleanze e di trovare le soluzioni giuste ai loro problemi”.

I due presidenti hanno chiesto il ritiro dell'esercito americano dall'Iraq, hanno confermato il loro appoggio al popolo palestinese “nella sua lotta contro Israele” ed hanno chiesto di “salvaguardare i diritti legittimi del popolo palestinese di rientrare nella loro terra”.

Ahmadinejad ha parlato di “piena intesa sul piano politico” tra i due Paesi, ha annunciato un nuovo vertice il mese prossimo a Teheran ed ha ringraziato il presidente Assad per le sue ultime posizioni favorevoli al diritto dell'Iran di rafforzare la sua tecnologia nucleare, considerato da Assad un diritto naturale per ogni Paese.

Da Beirut intanto, Brammertz ha cominciato il suo lavoro annunciando che la missione della Commissione d'inchiesta sarà allargata “alla collaborazione con le autorità giudiziarie libanesi” per indagare su tutti gli atti terroristici commessi in Libano dal mese di ottobre del 2004, come chiesto del governo di Beirut.

Un responsabile dell'ONU che ha preferito l'anonimato, ha confermato oggi, in merito alle notizie riportate dalla stampa libanese, una probabile visita di alcuni membri della Commissione d'inchiesta in Siria, la settimana prossima, per un incontro “informativo” con il presidente Assad. “Si sta trattando per organizzare una visita di natura ‘protocolare’ con Assad, che rifiuta di essere ascoltato come ‘testimone’ dell'attentato” che è costato la vita all'ex premier libanese Rafic Hariri, il 14 febbraio dell'anno scorso, a Beirut.

Continua intanto nella capitale libanese il braccio di ferro tra il capo del governo, Fouad Siniora, che chiede l’applicazione della risoluzione 1559 dell’Onu, che chiede il disarmo delle milizie, e Hezbollah. Il segretario generale del “Partito di Dio”, che ha “congelato” la partecipazione dei suoi ministri ai lavori del governo, in una intervista televisiva ha chiesto a Siniora di spiegare la sua visione della resistenza sciita.

Il generale Michel Aoun, parlando con AsiaNews, ha rinnovato la sua richiesta che coincide con quella del segretario generale del Partito di Dio, Hassan Nassrallah, sulla “necessità della formazione di un nuovo governo di unità nazionale, in grado di assumere la responsabilità del Paese in questo periodo storico molto difficile” ed ha chiesto di elezioni politiche anticipate.

Ewigen
19-03-2006, 21:39
15 Marzo 2006
LIBANO-SIRIA-ONU
La commissione Onu sull’assassinio di Hariri vedrà Assad

L’annuncio è contenuto nel rapporto che il responsabile dell’inchiesta presenta domani al Consiglio di sicurezza. Il documento omette particolari per non nuocere all’indagine, per la quale si riconosce maggiore collaborazione di Damasco. Ma appaiono confermati gli indizi sulle responsabilità siriane.

Beirut (AsiaNews) - Una migliore cooperazione con la Siria, compresa la possibilità di sentire il presidente Assad, una migliore comprensione dei meccanismi dell’attentato che il 14 febbraio dell’anno scorso costò la vita all’ex premier libanese Rafic Hariri e ad altre 22 persone e “progressi” nell’individuazione dei mandanti, degli esecutori dell’attentato e di coloro che “lo hanno permesso”. Tutti “molto professionali”. Sono questi gli elementi di maggior spicco del rapporto che il responsabile della commissione d’inchiesta dell’Onu, Serge Brammertz, presenterà domani al Consiglio di sicurezza, ampi stralci del quale sono stati resi noti già oggi.

Nelle 25 pagine del “Terzo rapporto della Commissione d’inchiesta”, il giudice belga scrive più volte di non voler rendere noti fatti, nomi e particolari che potrebbero nuocere all’indagine, pur rendendosi conto dei “limiti” che tale atteggiamento potrà porre alle decisioni del Consiglio di sicurezza. Ciò può spiegare i giudizi di parziale delusione emersi dagli ambienti diplomatici libanesi ed il consenso col quale, invece, il documento è stato ufficialmente accolto a Damasco. Il vice ministro degli Esteri Fayssal Mekdad, citato dal quotidiano filo-governativo Al-Thawra, ha infatti definito “realistico” il rapporto, aggiungendo che è stato scritto con molta “professionalità”.

In realtà, a leggere il testo, nulla allontana i sospetti che il predecessore di Brammertz, il tedesco Detlev Mehlis, aveva lanciato su Damasco, a parte il riconoscimento della maggiore disponibilità e l’annuncio che il mese prossimo il capo della Commissione vedrà Bachar el-Assad ed il vicepresidente Farouk el-Chareh. Ma, ad esempio, nega la necessità di un accordo particolare con la Siria per la prosecuzione dell’inchiesta, una delle richieste che la Siria aveva avanzato già a Mehlis. Il rapporto di Brammertz fa poi espresso riferimento ad un esame che continua sul ruolo della setta Ahbache, “gruppo libanese che ha dei legami storici forti con le autorità siriane”, si leggeva nel precedete rapporto Mehlis, che riferiva di telefonate fatte da uno dei membri del gruppo dal luogo dell’attentato e dirette al presidente filosiriano Lahoud ed al capo dei servizi militari libanesi, ora in carcere. Della necessità di approfondire “la questione di alcune conversazioni telefoniche” parla anche il rapporto Brammertz.

La Commissione “è più vicina attualmente alla comprensione globale del modo nel quale l’attentato è stato preparato, come coloro che hanno partecipato al crimine hanno svolto il loro compito, quali erano questi compiti prima, durante e dopo l’attacco ed il modus operandi globale usato da coloro che hanno commesso il delitto”. Si stanno esaminando, e si sono ottenuti “risultati significativi”, sulle comunicazioni avvenute quel giorno, compresa una “apparente interferenza” che capitò proprio nella rete delle telecomunicazioni. “Progressi” la Commissione dice di aver realizzato anche nell’identificazione di coloro che “erano sul campo”, ma non fornisce particolari.

Esiste poi, secondo il rapporto, un gruppo che “ha agito” e che va situato “tra coloro che hanno ordinato l’attentato e coloro che l’hanno portato a termine, cioè color che hanno permesso di commettere il delitto”. Quanto a chi ha ordinato l’attentato, il rapporto parla della necessità di approfondire, tra l’altro, il ruolo della banca libanese al-Madina e di un fondo dell’ex direttore della sicurezza generale.
Al momento, infine, “è troppo presto” per avallare la presunzione secondo la quale i 14 casi di attentati avvenuti negli ultimi tempi in Libano sarebbero legati tra loro o con il caso Hariri.

Ewigen
22-03-2006, 21:42
21 Marzo 2006
LIBANO
L’inviato dell’Onu: settimane cruciali per il Medio Oriente

Roed-Larsen ha avuto colloqui in Egitto, Arabia Saudita e Qatar e con il segretario della Lega araba. Ora è atteso a Beirut. Plauso al dialogo interlibanese, attuare le risoluzioni Onu e gli accordi di Taeff, per i quali le milizie vanno disarmate e sciolte.

Beirut (AsiaNews/Agenzie) - Le prossime settimane “saranno cruciali per il futuro del Medio Oriente, che sta attraversando uno dei momenti più critici della sua storia”, come evidenzia l’attuale situazione in Libano, Siria, Territori palestinesi e Iran. E’ la valutazione espressa da Terje Roed-Larsen, inviato speciale delle Nazioni Unite per il Medio Oriente, al termine di un incontro con il presidente egiziano Hosni Mubarak, che rientra in un tour che il diplomatico sta compiendo nella regione e che lo ha già portato in Arabia Saudita e Qatar (attuale membro del Consiglio di sicurezza) e ad un incontro con il segretario generale della Lega araba, Amr Moussa. Roed-Larsen è ora atteso in Libano, dove arriverà probabilmente giovedì prossimo, 23 marzo.

La missione di Roed-Larsen ha per obiettivo l’elaborazione del rapporto che il segretario generale del’Onu, Kofi Annan, dovrà presentare al Consiglio di sicurezza sull’applicazione della risoluzione 1559 sulla crisi libanese. “Abbiamo discusso – ha detto, al termine dell’incontro con Mubarak – la situazione dell’intero Medio Oriente, che sta vivendo una congiuntura critica della sua storia, che si riflette sulla situazione libanese”. Ogni questione acuta, ha sostenuto, è collegata e si può ripercuotere sul Libano. In proposito egli ha parlato del “Dialogo interlibanese” come di una “iniziativa altamente positiva e lodevole”, sostenendo che il colloquio tra le componenti politiche e religiose deve poter proseguire senza interventi esterni ed ha espresso un giudizio positivo sul fatto che il problema del disarmo delle milizie in Libano, ed in particolare di Hezbollah e dei palestinesi, previsto dalla 1559, venga esaminato in tale quadro, Il diplomatico ha sottolineato la posizione di Annan, secondo il quale la questione va regolata sulla base degli accordi di Taeff e della risoluzione dell’Onu, che prevedono “il disarmo e lo scioglimento delle milizie”.

Il primo ministro libanese Fouad Siniora, intanto, nel corso di una visita a Bruxelles, ha ricevuto il sostegno dell’Unione europea per l’indipendenza e l’unità del Paese. Ieri, lunedì 20, i ministri degli esteri della Ue hanno confermato la necessità di adempiere alle risoluzioni 1644 e 1559 dell’Onu, inclusa la deposizione delle armi da parte delle milizie libanesi e straniere.

Ewigen
01-04-2006, 00:56
30 Marzo 2006
LIBANO - ONU
Via libera dell’Onu ad un tribunale internazionale sull’assassinio Hariri

La decisione presa all’unanimità dal Consiglio di sicurezza. Della corte faranno parte giudici libanesi e internazionali. Per Beirut la risoluzione contribuirà alla pace nella regione.

Beirut (AsiaNews/Agenzie) – Sarà un tribunale internazionale a giudicare i responsabili dell’assassinio dell’ex premier libanese Rafic Hariri. Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha accolto ieri all’unanimità un progetto di risoluzione presentato da Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti che chiede al segretario generale dell’Onu, Kofi Annan, di negoziare con Beirut un accordo per dar vita ad una corte formata da giudici libanesi ed internazionali, che per motivi di sicurezza avrà sede fuori dal Paese dei cedri.

Da tempo il governo libanese aveva avanzato ufficialmente la richiesta di dar vita ad un tribunale “a carattere internazionale” che potesse giudicare le persone coinvolte nell’assassinio di Hariri e che potesse allargare la sua attività anche agli altri attentati politici contro personalità libanesi antisiariane, compiuti dopo l’ottobre 2004.

Di quest’ultimo punto non parla la decisione dell’Onu, che fa seguito ad un rapporto di Annan della settimana scorsa, basato sulle conclusioni del consigliere giuridico delle Nazioni Unite Nicolas Michel, nel quale si affermava la necessità di “studi più approfonditi” sulla questione.

L’effetto positivo che l’unanimità del voto del Consiglio di sicurezza può avere sugli sviluppi della situazione libanese è stato sottolineato dal rappresentante di Beirut all’Onu, Boutros Assaker. “L’impegno e la determinazione” della comunità internazionale, manifestati dal voto, a suo avviso, “dissuaderanno i criminali a nuove azioni e contribuiranno a ristabilire la pace in Libano e nell’intera regione”.

Nella risoluzione, la 1664, adottata ieri, il Consiglio di sicurezza rinnova anche l’appello “per un rigoroso rispetto della sovranità, dell’integrità territoriale, dell’unità e dell’indipendenza politica del Libano, sotto l’autorità unica ed esclusiva del suo governo”.

Ewigen
03-04-2006, 21:13
LIBANO 3/4/2006 11.22
A BEIRUT RIPRENDE IL ‘DIALOGO NAZIONALE’

È ripresa stamani, dopo una pausa di una settimana, la conferenza per il "Dialogo nazionale" che vede i principali esponenti di tutte le 14 diverse correnti del paese (musulmani e cristiani, filo e antisiriani) confrontarsi nel tentativo di risolvere la peggiore crisi politica, vissuta dal paese dalla fine della guerra civile (1975-1990), innescata dall’assassinio dell’ex primo ministro Rafik Hariri il 14 febbraio dello scorso anno. La notizia della ripresa dei colloqui è stata data stamani dai media libanesi, i quali hanno anche precisato che al centro di questa quinta tornata di negoziati (iniziati il 2 marzo) ci sarebbe la richiesta di dimissioni del presidente filosiriano Emile Lahoud, avanzata dalla nuova maggioranza antisiriana vincitrice delle elezioni della scorsa primavera. Lahoud, che gode del sostegno dei movimenti sciiti filosiriani Hezbollah e Amal, ha ripetutamente dichiarato di essere deciso a rimanere in carica fino al novembre 2007, quando scadrà il suo mandato, prorogato di tre anni nell'ottobre 2004, dietro forti pressioni della Siria. L'altro nodo centrale nei colloqui è rappresentato dal disarmo degli Hezbollah che, dopo il ritiro israeliano dal Libano meridionale nel maggio 2000, controllano il confine con lo Stato ebraico.

Ewigen
30-04-2006, 11:35
27 Aprile 2006
LIBANO –SIRIA - IRAN
Ad un anno dal ritiro siriano, continuano le interferenze in Libano di Damasco e Teheran

Il patriarca Sfeir parla di rapporti difficili con la Siria; gli Usa pensano ad una nuova risoluzione dell’Onu, dove per la prima volta Kofi Annan parla di influenza iraniana.

Beirut (AsiaNews) – Mentre si festeggia il primo anniversario del ritiro ufficiale dell’esercito siriano dal Libano, “fra Damasco e Beirut restano rapporti difficili, riluttanza a segnare i confini, debito pubblico ed emigrazione”. E’ il giudizio espresso dal patriarca maronita, Nasrallah Sfeir, secondo il quale la comunità internazionale deve aiutare il Paese dei cedri ad uscire da tali problemi ed i libanesi proseguire nel dialogo nazionale.

“La crescita dei litigi tra i rivali politici libanesi – scrive dal canto suo il Daily Star – ha danneggiato l’anniversario del ritiro”. Il quotidiano parla di “tensione politica montante”, mentre dovrebbe riprendere il Dialogo interlibanese.

Ad un anno dal ritiro, nota invece il Lebanonwire, in Libano c’è certamente maggiore libertà, ma allo stesso tempo “un altro ‘esercito’ controllato da siriani ed iraniani resta nel Paese e blocca il suo progresso”. Nell’articolo, intitolato “Siria ed Iran controllano ancora il Libano”, Walid Phares, studioso americano che ha collaborato alla stesura della risoluzione dell’Onu 1559, evidenzia in particolare alcuni elementi che impediscono il pieno sviluppo libanese. In primo luogo, malgrado le elezioni siano state vinte da una maggioranza antisiriana, gli alleati di Siria e Iran “sono sfortunatamente riusciti nell’intento di bloccare il pieno adempimento della risoluzione 1559, impantanando la rivoluzione dei cedri”. Una campagna terroristica che ha preso l’avvio dal maggio scorso è poi riuscita ad uccidere alcuni politici come George Hawi, giornalisti liberali come Samir Qassir, esponenti democratici come Gebran Tueni. Terzo elemento, Le minacce fatte dal leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah, e dagli altri alleati della Siria “contro ogni tentativo di eliminare i residui dell’occupazione siriana, di disarmare le loro milizie e di schierare l’esercito libanese nel sud del Paese o lungo i confini con la Siria”. Funzionari internazionali, americani ed europei, infine, sono giunti alla conclusione che “personale della sicurezza siriana” è presente lungo i confini ed in territorio libanese.

L’articolo si conclude con l’affermazione che in questi tempi veramente pericolosi, segnati dalla sfida delle ambizioni nucleari di Ahmadinejad alla sicurezza regionale ed internazionale, dal proseguire delle interferenze del regime di Assad nel processo politico iracheno, con il sostegno ai gruppi terroristici, dalla continuazione dell’assistenza data da Hezbollah ai gruppi radicali, come Hamas e il Jihad, “è cruciale rendere la società civile libanese capace di sviluppare una piena democrazia”. Compito che dovrebbe vedere l’impegno della comunità internazionale.

Un passo in tal senso è stato compiuto ieri dagli Stati Uniti, con la proposta avanzata dall’ambasciatore all’Onu, John Bolton, di una nuova risoluzione del Consiglio di sicurezza che denunci il proseguire delle interferenze siriane. La mossa statunitense dovrebbe coincidere con la presentazione del rapporto del segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, nel quale si riafferma che le milizie libanesi, tra le quali Hezbollah, debbono disarmare e per la prima volta si cita il ruolo dell’Iran nella instabilità libanese, invitando Teheran a cooperare al disarmo delle milizie. L'annuncio ha già avuto una risposta negativa della Cina, secondo la quale le gravi tensioni che già colpiscono la regione spingono a non introdurre nuovi elementi di contrasto.

Ewigen
04-05-2006, 23:06
4 Maggio 2006
LIBANO-SIRIA
Torna a crescere la tensione tra Damasco e Beirut
di Youssef Hourany

Posti di blocco siriani in territorio libanese, mandati di cattura di Damasco contro esponenti politici di Beirut, continui rinvii dell’incontro tra il presidente Bachar al-Assad e il premier libanese Fouad Siniora i fattori che alzano la temperatura dei rapporti tra i Paesi.

Beirut (AsiaNews) – Tensione nuovamente crescente tra Siria e Libano, mentre l’Onu si prepara ad esaminare il rapporto sulla esecuzione della risoluzione 1559, nella quale Usa e Francia dovrebbero presentare un progetto che indurisce ulteriormente l’atteggiamento internazionale verso Damasco. Posti di blocco siriani in territorio libanese, mandati di cattura di Damasco contro esponenti politici di Beirut, continui rinvii dell’incontro tra il presidente Bachar al-Assad e il premier libanese Fouad Siniora i fattori che alzano la temperatura dei rapporti tra i Paesi.

Ufficialmente motivati dalla lotta al contrabbando, i blocchi siriani in Libano stanno rendendo molto difficile, se non impedendo il passaggio delle merci tra i due Paesi e verso gli altri Paesi arabi, come l'Iraq. Di fronte poi alla dichiarata attesa da parte del primo ministro libanese Fouad Senioura di incontrare Assad, il segretario del Consiglio superiore di coordinamento libano-siriano Nasri Khoury, ha detto che l’incontro si sta preparando “con cautela, prudenza e studio approfondito, senza nessuna fretta da parte siriana". Ci sono poi le convocazioni giudiziarie, emtro sette giorni, da parte del massimo tribunale siriano di tre responsabili libanesi, il leader druso Walid Joumblatt, il ministro Marwan Hamade ed il giornalista Fares Khachan, ed il proseguire degli attacchi dela stampa siriana contro la politica del governo libanese e il primo ministro Fouad Seniora, considerato “responsabile del peggioramento dei rapporti tra i due Paesi vicini e mercenario del mercato americano”. La stampa, strettamente controllata, indica "la via del dialogo sincero come l'unica capace di far uscire il Libano dalla crisi attuale”, ma parla anche del “rischio che corre il Libano, se prosegue questa politica sbagliata”.

Dei rapporti tra Siria e Libano parlano anche i vescovi maroniti, nel comunicato diffuso al termine della loro riunione mensile, svoltasi ieri, sotto la presidenza del patriarca Nasrallah Sfeir. I presuli chiedono alla comunità internazionale di trovare una soluzione "giusta e permanente del problema palestinese" ed auspicano il rilancio dei rapporti tra Libano e Siria, che devono essere basati sul "rispetto reciproco e sulla sovranità ed indipendenza dei due Paesi”. Il documento critica le ultime misure prese dall'esercito siriano sulle frontiere libanesi, mezzi di pressione che "non devono essere effettuati in questa maniera e che potrebbero essere causa di una nuova tensione che potrebbe peggiorare di più i rapporti".

Quanto alla situazione interna libanese, i vescovi hanno lanciato un nuovo appello a tutti i responsabili, perché rispettino la nobile tradizione del Libano e riprendano la via del dialogo, iniziata il 2 marzo scorso.

Nel comunicato si sottolinea l'urgenza di trovare una soluzione a tutte le crisi sociali, dovute all'aggravarsi della situazione economica, si chiede al governo di elaborare un "progetto capace di aiutare il popolo libanese ad uscire dalla crisi e far fronte alle molte sfide che colpiscono il Libano, si esortano i responsabili a rispettare il "tessuto sociale del paese, per coinvolgere tutti i libanesi nel processo della ricostruzione” e si auspica “il rispetto dei diritti di tutte le comunità religiose presenti in Libano, in modo armonico e giusto".

I vescovi maroniti hanno infine implorato l'intercessione della Madonna, Nostra Signora del Libano, in questo mese di maggio, invitando tutti i libanesi a guardare verso questa madre "unica protettrice del Libano, della sua storia e delle sue comunità religiose".

Ewigen
05-05-2006, 11:46
LIBANO 5/5/2006 11.00
BRACCIO DI FERRO PARLAMENTO-PRESIDENTE SU LEGGI ‘ANTI-SIRIANE’

Il Parlamento di Beirut, composto a maggioranza da politici anti-siriani, ha approvato nelle ultime ore due leggi precedentemente rinviate alle Camere dal presidente della Repubblica, il filo-siriano Emile Lahoud, che aveva rifiutato di promulgare le norme. La prima legge assegna vantaggi alla comunità drusa libanese, mentre la seconda modifica in modo non gradito a Damasco le competenze del Consiglio costituzionale, alto organo giurisdizionale con competenze di legittimità su questioni legislative. Le due leggi sono state approvate in seconda lettura a maggioranza semplice e inviate di nuovo a Lahoud, che dovrà promulgarle, anche contro la sua volontà. Questo ennesimo braccio di ferro tra Parlamento e presidente, secondo gli osservatori nazionali rischia di rendere ancora più incandescente il clima politico tra filo-siriani e anti-siriani in Libano. Fino alla scorsa estate, la Siria ha occupato militarmente per 29 anni il Libano, controllandone territorio, società e servizi segreti.

Ewigen
05-05-2006, 18:52
5 Maggio 2006
LIBANO
Anche riciclaggio e corruzione tra i moventi dell’assassinio di Hariri

Un articolo di Fortune evidenzia responsabilità di personaggi di altissimo livello, siriani e libanesi, che temevano la riapertura del caso del crack della banca al-Madina.

Beirut (AsiaNews) - L’ex primo ministro libanese Rafic Hariri, sarebbe stato ucciso anche per nascondere riciclaggio di denaro, corruzione e affari illegali connessi anche al terrorismo, compiuti attraverso la banca libanese al-Madina, caduta in un crack nel 2003. Lo denuncia l’edizione americana di Fortune, che porta a sostegno anche i rapporti dell’inchiesta dell’Onu sull’assassinio Hariri, secondo la quale nei traffici erano coinvolti anche Saddam Hussein e “le persone più importanti della Siria”.

Proprio la volontà di Hariri di riaprire, una volta che fosse tornato al potere, il dossier al-Madina avrebbe spinto i servizi segreti siriani ad organizzare l’attentato del 14 febbraio 2005, nel quale egli rimase ucciso, insieme ad altre 20 persone.

Fortune sostiene di avere “documenti bancari” che evidenziano l’importanza del coinvolgimento siriano nello scandalo finanziario. Ripercorrendo gli anni ’90, fino al 2003, l’articolo mette in rilievo il vasto traffico “di denaro, beni immobiliari, automobili e gioielli” costituitosi attorno alla banca fallita. Attraverso una gigantesca “macchina di riciclaggio” si era anche reso possibile a “organizzazioni terroristiche, trafficanti di diamanti dell’Africa occidentale, a Saddam Hussein ed alla mafia russa” di reinserire i loro dollari nel circuito bancario internazionale.

A partire dal 2003, però, esponenti di primo piano siriani e libanesi, coinvolti nei traffici, hanno temuto che Hariri decidesse di riaprire l’incartamento della banca. La stessa commissione di inchiesta dell’Onu, in proposito, avanza l’ipotesi che alcune delle organizzazioni coinvolte nell’attentato potevano avere l’obiettivo di nascondere il loro coinvolgimento nell’affare al-Madina. Nel secondo rapporto di Detlev Mehlis si parla di una conversazione telefonica nel corso della quale l’ex capo dei servizi segreti siriani Rustom Ghazale accusava Hariri di aver toccato, in una intervista, la questione della corruzione siriana, violando un accordo su tale questione. Lo stesso Ghazale sarebbe riuscito a prelevare una grande quantità di documenti dalle casseforti della banca, mentre la volontà di Hariri di riaprire la questione è stata confermata da personalità vicine all’ex premier libanese, tra le quali il ministro delle Finanze, Jihad Azour.

“Sicuro” che dietro l’attentato ci sia non solo l’opposizione politica di Hariri alla Siria, ma anche la vicenda al-Madina si dice anche Marwan Hamade, già ministro delle telecomunicazioni e amico dell’ex premier, anch’egli colpito da un’autobomba, alla quale però è sopravvissuto. “E’ stata certamente – ha detto - una delle ragioni. Se fosse stato rieletto, Hariri avrebbe riaperto il caso, che noi sappiamo porta direttamente ad Assad, attraverso il palazzo presidenziale di Baabda”, cioè il presidente della Repubblica libanese, Emile Lahoud.

Ewigen
13-05-2006, 13:10
MEDIO ORIENTE 13/5/2006 2.18
CONSIGLIO SICUREZZA ONU VUOLE RELAZIONI DIPLOMATICHE TRA LIBANO E SIRIA

I rappresentanti presso il Consiglio di sicurezza dell’Onu di Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna hanno presentato un progetto di risoluzione che si propone di mettere fine allo stato di incertezza e crisi tra Libano e Siria, di delimitare con precisione i rispettivi confini territoriali e di instaurare relazioni diplomatiche formali tra i due Paesi. “La risoluzione è un modo per forzare la Siria a riconoscere il Libano come Paese indipendente” ha spiegato il rappresentante Usa al Palazzo di Vetro, John Bolton, precisando che il testo della proposta di risoluzione corrisponde alle richieste sollecitate dal primo ministro libanese Fuad Siniora. Secondo Washington, Parigi e Londra il documento è la continuazione ideale della risoluzione 1.559 del settembre 2004, con la quale si imponeva alla Siria, che occupava da quasi un trentennio il territorio libanese, di ritirare il suo esercito, cosa realmente avvenuta la scorsa primavera (aprile 2005), alcuni mesi dopo l’omicidio dell’ex primo ministro del Libano Rafik Hariri. Nonostante la sicurezza ostentata dai membri permanenti occidentali, Cina e Russia hanno già espresso riserve sul testo della risoluzione, che potrebbe essere votata nei prossimi giorni ma prima potrebbe essere soggetta a un lungo lavoro di cesello per trovare un accordo completo sul testo.

Ewigen
15-05-2006, 22:23
SIRIA 15/5/2006 13.25
DIALOGO CON LIBANO, ARRESTATO OPPOSITORE

Lo scrittore e oppositore politico siriano Michel Kilo è stato arrestato ieri dopo aver firmato una petizione in cui chiedeva una riforma integrale delle relazioni tra Siria e Libano, con il riconoscimento da parte di Damasco della sovranità e dei confini territoriali libanesi. Lo ha reso noto l’Organizzazione nazionale dei diritti dell’uomo in Siria, spiegando che la petizione è stata scritta e firmata “da intellettuali siriani e libanesi”. Kilo è stato arrestato ieri verso l’ora di pranzo mentre si trovava nella sua casa di Damasco; non è noto dove sia stato incarcerato. Lo scrittore aveva già conosciuto il carcere durante il precedente regime di Hafez al Assad, padre dell’attuale presidente siriano. Recentemente il regime ha fatto anche arrestare Fateh Yamus, dirigente del Partito comunista del lavoro, formazione all’opposizione, con l’accusa di aver “contattato gruppi ostili” al regime durante un suo viaggio in Europa. Alla fine della scorsa settimana Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia hanno presentato al Consiglio di sicurezza dell’Onu una risoluzione che chiede proprio un impegno siriano per il riconoscimento dei confini e della sovranità libanesi.

Ewigen
16-05-2006, 19:04
16 Maggio 2006
LIBANO
Sfeir: necessaria, “purtroppo”, una nuova risoluzione dell’Onu sul Libano

Ancora irrisolte questioni come il disarmo di Hezbollah, le frontiere e i rapporti diplomatici con la Siria. Il Paese è diviso in due blocchi che contrappongono anche esponenti cristiani. Il dialogo con l’Islam, secondo l’intuizione di Benedetto XVI, “è possibile sul terreno dell’umano e del sociale”, ma non a livello di dottrina.

Parigi (AsiaNews) - Disarmo di Hezbollah, tracciato della frontiera e stabilimento dei rapporti diplomatici tra Libano e Siria: sono questioni la mancata soluzione delle quali rende “purtroppo” necessaria una nuova risoluzione delle Nazioni Unite sul Libano. Lo sostiene, per la prima volta esplicitamente, il patriarca maronita, card. Nasrallah Sfeir, in una lunga intervista al quotidiano “La Croix”, concessa all’indomani dell’incontro, a Parigi, con il presidente francese Jacques Chirac. Il patriarca parla anche della situazione interna libanese e del “dialogo interlibanese” che riprende oggi, in un Paese “diviso in due blocchi, quello di Hezbollah e di Michel Aoun, che si appoggia alla Siria e all’Iran” e quello detto del “14 marzo”, “guidato da Saad Hariri e sostenuto da Stati Uniti, Europa, Arabia saudita ed Egitto”.

La nuova risoluzione sulla questione libanese che Stati Uniti e Francia si preparano a presentare al Consiglio di sicurezza “è una necessità perché finora le risoluzioni già prese non hanno avuto esito. La 1559 chiedeva che le truppe siriane lasciassero il Libano. L’hanno fatto. Ma altre clausole, come il disarmo di Hezbollah, lo stabilimento di rapporti diplomatici tra Libano e Siria e il tracciato dei confini tra i due Paesi, non sono state applicate”.

Sul disarmo di Hezbollah, al centro di profondi contrasti nelle passate sessioni del “Dialogo interlibanese” e previsto terreno di scontro in quella che si apre oggi, il cardinale sostiene che “bisogna trovare un compromesso. Ciò può realizzarsi forse con il dialogo franco e aperto, oppure con una certa pressione esterna, che non sia violenta”.

Il no del cardinale alla violenza torna nelle affermazioni del cardinale anche su altri due temi scottanti: le divisioni tra i cristiani maroniti e la contestata proroga della presidenza della Repubblica.

“Che si mettano d’accordo”, dice a proposito delle tensioni tra Michel Aoun e Samir Geagea, capo delle Forze libanesi, “finora non l’hanno fatto”, aggiunge ricordano che “le divisioni in passato hanno provocato sconfitte brucianti”.

Quanto al mandato del presidente Emile Lahoud, prorogato di tre anni nel 2004, su pressioni siriane, il card. Sfeir ricorda di essersi opposto alla proroga, “perché in passato una manovra di questo genere non ha mai portato del bene al Paese”. “Ma ora è fatto”. “Alcuni – aggiunge – hanno voluto forzarlo a dimettersi. Io sono stato contrario, perché è pericoloso per il Libano e ci sarebbero nuovamente state delle vittime”.

Il card. Sfeir parla poi delle ripercussioni sul Paese dei cedri delle tensioni dell’intera regione. Che continueranno “finché non ci sarà uno Stato palestinese con buoni rapporti con Israele”.

“Un momento difficile”, infine, è quello dei rapporti tra cristiani e musulmani in Libano. “Tutti i libanesi – afferma - sono coscienti di dover vivere insieme, malgrado le difficoltà, che sono reali. Non si può essere divisi a seconda dell’appartenenza religiosa. Gli stessi musulmani dicono che senza i cristiani il Libano non sarebbe più il Libano. Come disse Giovanni Paolo II, il Libano è un esempio di pluralismo e di democrazia, un Paese nel quale si può vivere insieme e accettarsi. E’ anche un esempio per l’Europa, nella quale i musulmani sono già un po’ dappertutto”. E, a proposito di islam, il patriarca sottolinea la scelta di Benedetto XVI, per il quale “il dialogo tra cristiani e musulmani è possibile sul terreno dell’umano e del sociale. Ma non può avanzare a livello della dottrina, perché ogni religione ha la sua. Siamo tutti credenti, ma i musulmani hanno la loro concezione di Dio e noi la nostra”.

A Beirut, intanto, la ripresa del dialogo, scrive l’autorevole “L’Orient Le jour”, “si terrà come sempre in un’atmosfera di tensione politica quasi generalizzata, anche se gli ultimi tentativi del presidente della Camera, Nabih Berri di calmare le acque, sono in parte riusciti”. All’ordine del giorno, “secondo alcuni per l’ultima volta”, il dossier sulla presidenza della Repubblica, “ma le attese sono praticamente nulle, visto lo scacco di tutte le trattative precedenti”. “Gli sguardi si posano già sulla spinosa questione delle armi di Hezbollah”.

Ewigen
21-05-2006, 20:12
19 Maggio 2006
SIRIA – IRAN – LIBANO
Teheran in soccorso di Damasco contro la nuova risoluzione dell’Onu

Il ministro degli esteri Mottaki va a Damasco e definisce la risoluzione 1680 “un’eresia ed una violazione del diritto internazionale”. Per il governo libanese “è una buona risoluzione”, il patriarca Sfeir è un bene che il Libano aspettava da tempo”.

Beirut (AsiaNews) – L’Iran si è immediatamente schierato a fianco della Siria nel giudizio negativo sulla risoluzione 1680 del Consiglio di sicurezza (che, tra l’altro, chiede alla Siria ed al Libano di delimitare i confini e stabilire rapporti diplomatici), che ha invece trovato eco favorevole da parte del mondo politico libanese (a parte, naturalmente, Hezbollah) e nel patriarca maronita Nasrallah Sfeir.

Siria ed Iran non si sono limitati a definire la 1680 “un’eresia ed una violazione del diritto internazionale”, ma hanno anche chiesto “a certi membri del Consiglio di sicurezza, di assumersi le loro responsabilità, opponendosi a questo tipo di decisioni che finiranno per indebolire l’Onu”. Il riferimento, che sembra un rimprovero a Russia e Cina, è stato fatto dal ministro degli esteri iraniano Manouchehr Mottaki, volato a Damasco immediatamente dopo l’approvazione, ieri, della risoluzione, nel corso di una conferenza stampa congiunta con il suo collega siriano Walid Moallem. Latore di un messaggio del presidente iraniano Ahmadinejad consegnato personalmente al presidente siriano Assad (sul contenuto del quale le fonti dei due Paesi tacciono) Mottaki ha affermato che il suo Paese “sostiene il miglioramento dei rapporti siro-libanesi, ma nel rispetto della volontà politica prevalente nei due Paesi”.

La Siria, che ieri aveva parlato di “ingerenza” e di decisione “senza precedenti”, oggi, per bocca di Moalem ha accusato coloro che hanno voluto la 1680 (Usa, Gran Bretagna e Francia, che hanno avuto il voto favorevole di 13 dei 15 membri del Consiglio e l’astensione di Russia e Cina) di voler “internazionalizzare” i rapporti tra Beirut e Damasco.

Sulla stessa linea, in Libano, Hezbollah, per il quale la 1680 “non serve gli interessi libanesi, ma stranieri”. Il documento delle Nazioni Unite, inoltre, “contraddice gli sforzi puntigliosi, portati avanti a diversi livelli, che mirano ad assicurare lo stabilimento di buoni rapporti tra Libano e Siria”. Il Consiglio di sicurezza, secondo il Partito di Dio, “si è arrogato il diritto di ingerirsi in questioni riguardanti la sovranità di due Paesi indipendenti”.

Opposto il giudizio del primo ministro libanese, Fouad Siniora, secondo il quale la 1680 “è una buona risoluzione, perché incoraggia i due Paesi a cooperare per l’applicazione delle decisioni che sono state prese nel Dialogo interlibanese”. Sulla stessa linea gli esponenti della maggioranza parlamentare.

Dal canto suo, il patriarca Sfeir ha definito la decisione dell’Onu “un bene che il Libano aspettava da tempo. Speriamo che la Siria l’accetti in buona fede”. Libano e Siria, ha aggiunto, “hanno il diritto di essere indipendenti, liberi, con confini ben determinati”.

Ewigen
23-05-2006, 11:35
23 Maggio 2006
SIRIA
La Siria reagisce alle pressioni Onu incarcerando i dissidenti
di Jihad Issa

Nel mirino del regime soprattutto gli attivisti delle organizzazioni per i diritti del’uomo. Polemica del governo con l’Ue che ha chiesto la liberazione dei prigionieri politici.

Damasco (AsiaNews) – Il governo siriano reagisce con restrizioni e repressione all’interno, soprattutto contro gli attivisti delle organizzazioni dei diritti umani, allo "choc" delle pressioni internazionali, accresciute dalla pubblicazione dell'ultima risoluzione del Consiglio di sicurezza, la 1680, che impone il ristabilimento dei rapporti diplomatici con il Libano e chiede la massima collaborazione con la Commissione d'inchiesta internazionale sull'assassinio dell'ex-premier libanese Rafic Hariri.

Se ieri Ammar al-Qorabi, presidente dell’Organizzazione nazionale per i diritti umani in Siria ha annunciato che ieri sono stati liberati tre dei suoi 12 attivisti imprigionati, Khaled Khalifa, Abbas Abbas e Kamal Chekho, la moglie di un altro attivista, Anwar El Banny, ha confermato ad AsiaNews l’arresto di suo marito, avvenuto mercoledì scorso, ed ha chiesto l'intervento della Croce rossa e di altre organizzazioni per aiutare Anwar, che continua uno sciopero della fame. Anwar è accusato di aver mantenuto contatti con dissidenti siriani che vivono in esilio.

L'avvocato Khalil Maatouk, che sta difendendo la causa del dissidente ha rivelato al nostro stesso corrispondente la volontà di “più di 200 avvocati siriani di aiutare questi uomini e donne degni di essere rispettati e difesi, perché sono cittadini liberi”. Egli ha rivelato che la settimana scorsa sono stati arrestati altri tre attivisti dei diritti dell'uomo: Souleiman Tamer, Nidal Darwich e Mouhamad Mahfouz, che sono stati tenuti nel carcere “isolato” di Adra. L’avvocato ha anche criticato la maniera con la quale i giudici compiono le loro indagini, che portano arrestati innocenti a vivere sotto “una pressione psicologica e fisica”.

L'accusa rivolta contro i tre attivisti, sempre secondo Khalil Maatouk, è di essere “gli artefici della dichiarazione di Beirut-Damasco, che ha chiesto la deposizione del regime in Siria”, un’accusa che è stata contestata dagli arrestati, anche se condividono l'idea dei loro colleghi. I giudici Maher Alwan e Raghid Toutonji, che si occupano della vicenda, non sono riusciti finora a provare la cooperazione di questi attivisti con i dissidenti che vivono nell'estero.

Continua anche la prigionia del giornalista Michel Kilo, arrestato la settimana scorsa con l'unica accusa di aver pubblicato un articolo che appoggia la dichiarazione di Damasco, firmata da intellettuali e politici siriani. Ancora in carcere pure il dissidente comunista Fateh Jamous, imprigionato in una cella che misura 6 metri per 2 e costretto a dormire in terra.

Una protesta contro gli arresti “arbitrari” e la richiesta di liberare i prigionieri politici sono state avanzate sabato a Damasco dall’Austria, nella sua qualità di presidente dell’Unione Europea. Il governo siriano ha risposto duramente, accusando l’Ue di ipocrisia per aver criticato la sua gestione dei diritti umani, mentre numerosi Stati membri sono sotto inchiesta per aver probabilmente cooperato con la gestione di prigioni segrete americane. “Paesi che hanno permesso di creare prigioni segrete sul suo territorio e servendosi del loro spazio aereo – ha affermato il Ministero degli esteri - non hanno il diritto di porsi come difensori dei diritti umani o di interferire negli affari interni di altri Stati”.

Ewigen
26-05-2006, 18:39
LIBANO 26/5/2006 11.25
SIDONE, ATTENTATO CONTRO CAPO JIHAD ISLAMICA PALESTINESE

Una bomba avrebbe provocato oggi il ferimento del capo politico della Jihad islamica palestinese in Libano, Mahmoud al-Majzoub, e la morte di suo fratello Nidal, anch’egli funzionario del movimento, nella città meridionale di Sidone. Stando alle prime informazioni, sembra che l’ordigno sia esploso quando l’auto è stata messa in moto; probabilmente era stato collocato in precedenza all’interno della vettura a bordo della quale sono saliti i due esponenti della Jihad. In un primo momento sembrava che anche al-Majzoub, conosciuto come Abu Hamze, fosse morto nell’esplosione, ma fonti del gruppo radicale palestinese hanno precisato che è vivo, anche se si trova in gravissime condizioni. Il portavoce della Jihad, Abu Imad al-Rifai, parlando da Beirut con l’emittente satellitare ‘Al Jazira’ ha detto che si tratta del secondo tentativo di assassinare il capo politico del movimento. La Jihad si è finora rifiutata di osservare la tregua sottoscritta all’inizio del 2005 dai gruppi radicali; finora è stata accusata di attentati suicidi che hanno provocato una trentina di vittime in Israele; l’ultimo è stato a Tel Aviv lo scorso 11 aprile, con 11 morti.

kaioh
26-05-2006, 23:18
LIBANO 26/5/2006 16.19
SIDONE, MORTO CAPO JIHAD ISLAMICA FERITO IN ATTENTATO

È deceduto in ospedale a causa della gravità delle ferite riportate il capo politico della Jihad islamica palestinese in Libano, Mahmoud al-Majzoub, rimasto vittima con il fratello Nidal, anch’egli funzionario del movimento, in un attentato con un’autobomba verificatosi questa mattina nella città di Sidone, nel sud del Libano. Lo ha reso noto l’emittente televisiva ‘Al Manar’, secondo cui gli inquirenti libanesi non sono ancora in grado di stabilire se l’autobomba sia stata fatta esplodere con un comando a distanza o da un kamikaze. Secondo il portavoce della Jihad, Abu Imad al-Rifai, al-Majzoub avrebbe già subito in passato un tentativo di omicidio. La Jihad islamica si è rifiutata negli ultimi tre mesi di aderire alla tregua accettata da alcuni gruppi armati palestinesi e si è resa protagonista di molti attentati nel territorio di Israele. Sconosciuti, almeno per ora, i mandanti dell’attacco.

Ewigen
02-06-2006, 10:28
1 Giugno 2006
LIBANO
Geagea: l’8 giugno cercheremo di risolvere le questioni di Lahoud e Hezbollah
di Youssef Hourany

Il card. Sfeir auspica che la nuova legge elettorale permette un voto più rappresentativo. Secondo anticipazioni di stampa prevederebbe 77 parlamentari eletti col maggioritario e 51 su base proporzionale.

Beirut (AsiaNews) – E’ sempre delicata la situazione politica del Libano che nella prossima tappa del Dialogo interlibanese, l’8 giugno, dovrebbe tornare ad affrontare i cruciali temi del futuro del presidente della Repubblica, Emile Lahoud e del disarmo di Hezbollah. Lo sostiene, parlando con AsiaNews il capo delle Forze libanesi, Samir Geagea, mentre il patriarca maronita, Nasrallah Sfeir, è tornato ad esprimersi a favore di nuove elezioni politiche da tenersi con una nuova legge elettorale, più equa di quella elaborata nel 2000, durante l’occupazione siriana.

Ieri, mercoledì 31 maggio, intanto, il rappresentante del Libano alle Nazioni Unite, Caroline Ziade, ha consegnato al segretario generale, Kofi Annan, una protesta scritta contro “le ultime aggressioni compiute da Israele contro cittadini inermi e pacifici” in diverse località libanesi, che hanno causato morti e gravi danni materiali, con la distruzione di alcune infrastrutture, motivati dagli israeliani con la lotta ai guerriglieri palestinesi. Questi scontri militari hanno spinto alcuni politici libanesi, soprattutto del Movimento del 14 marzo, ad insistere sulla necessità di disarmare i palestinesi e di inserire gli uomini della resistenza libanese, formata dai partigiani del partito di Dio, nell'esercito libanese.

Sarà uno dei temi scottanti del prosieguo del Dialogo interlibanese, come ha sottolineato con AsiaNews il dirigente delle Forze Libanesi, Samir Geagea, secondo il quale “durante il prossimo round del Dialogo, previsto per l’8 giugno, il dirigente del movimento di Amal, Nabih Berri, studierà il futuro della presidenza della Repubblica ed il disarmo del partito di Dio”. Geagea ha anche plaudito al coraggio dei deputati libanesi, che hanno votato contro la richiesta di estradizione presentata dalla Siria verso due deputati libanesi,Walid Joumblatt e Marwan Hamade, ed ha definito il voto in tal senso anche da parte dei deputati del generale Michel Aoun come una "fedeltà alla storia del generale Aoun”.

Parlando del futuro delle Forze libanesi, Geagea ha esortato tutti a seguire il patriarca Sfeir, l'unico “dirigente” che non cerca il suo interesse, ma quelli degli altri.

Dal canto suo, il patriarca maronita ha ribadito la necessità di superare i dolori del passato ed ha auspicato un nuova rilettura della storia della guerra civile che ha distrutto la fisionomia del Libano. Il patriarca ha anche rivolto un appello ai giovani, perché ritornino nel loro Paese e offrano il loro contributo, malgrado tutte le difficoltà.

Il card. Sfeir ha criticato quei politici libanesi che sono avidi del potere, chiedendo ai responsabili di raggiungere un accordo sul futuro della presidenza della Repubblica e di arrivare alla formazione del Consiglio supremo della magistratura. Sulle ultime notizie relative all'approssimarsi della presentazione della nuova legge elettorale, il patriarca Sfeir ha espresso l’auspicio che vengano organizzate elezioni legislative più rappresentative, tornando a criticare la legge del 2000, chiamata "La legge di Ghazi Kanaan", dal nome dell’allora ministro siriano.

Secondo anticipazioni di stampa, la nuova legge prevederebbe un sistema misto per il quale 77 deputati saranno eletti con il sistema maggioritario e 51 su base proporzionale.

Tenebra
03-06-2006, 00:03
Mi tocca quotarmi, sei mesi dopo e nulla è cambiato:

E' finito tutto a tarallucci e vino, come sempre.
Le risoluzioni Onu che non comportano sanzioni sono carta straccia e come tale sono viste dai paesi che non ne fanno parte, e spesso anche da chi ne fa parte.
La Siria taccerà di "manovra politica" ogni conclusione che la accusi, e dato che ogni rapporto con un minimo di serietà non potrebbe far altro, si arriverà ad un rapporto fumoso, censurato ed inconcludente.
Morale: nessuna giustizia per l'assassinio politico perpetrato dalla Siria, ma nel frattempo le dichiarazioni siriane su Israele assomigliano in maniera sempre più preoccupante a quelle iraniane.
Naturalmente, senza sanzioni. Se fosse stata una nazione europea ad ordire e perpetrare un assassinio politico ai danni di un paese confinante ed a piazzarci l'esercito in pianta stabile, si sarebbe ritrovata in ginocchio dopo due giorni. Idem se avesse fatto dichiarazioni allucinanti sul diritto all'esistenza di un altro stato.

E' l'ennesima riprova che il palazzo di vetro è ormai un palazzo di cartapesta, bloccato dai veti di convenienza. Inutile, a questo punto, continuare a sfornare risoluzioni e dichiarazioni di "indignazione" buone solo a salvarsi la faccia, perchè tutto il mondo si è ormai accorto dell'impotenza derivante dall'impossibilità di accordarsi delle cosiddette potenze.

Anzi, è peggio, perchè la nuova "formazione" dell'ONU è tale da mettere ancora più in ridicolo, se possibile, l'istituzione stessa, con l'ormai tristemente famoso e contestatissimo ingresso di nazioni assai dubbie...
Serve ancora qualche altra prova per capire che l'ONU, per come è strutturato ora, ha lo stesso potere di conciliare, intimidire o convincere di un bimbo di due anni?

Ewigen
03-06-2006, 07:13
Mi tocca quotarmi, sei mesi dopo e nulla è cambiato:

Anzi, è peggio, perchè la nuova "formazione" dell'ONU è tale da mettere ancora più in ridicolo, se possibile, l'istituzione stessa, con l'ormai tristemente famoso e contestatissimo ingresso di nazioni assai dubbie...
Serve ancora qualche altra prova per capire che l'ONU, per come è strutturato ora, ha lo stesso potere di conciliare, intimidire o convincere di un bimbo di due anni?

L'ONU ormai sta diventando pari al no globalismo:una cosa che se non esistesse sarebbe un bene per l'umanità che chiede vera GIUSTIZIA.

Ewigen
09-06-2006, 18:20
LIBANO 9/6/2006 18.45
NUOVO RINVIO PER DIALOGO NAZIONALE, ANNAN INSISTE PER ACCORDO BEIRUT-DAMASCO

Si è conclusa con tensioni e con un sostanziale nulla di fatto la nuova fase del cosiddetto dialogo nazionale libanese, che vede gli esponenti delle 14 diverse correnti del Paese tentare di risolvere la crisi politica innescata dall’assassinio dell’ex primo ministro Rafik Hariri, avvenuto nel centro di Beirut il 14 febbraio 2005. Si tratta dell’ennesimo rinvio dallo scorso marzo, allorché la conferenza poté riunirsi per la prima volta. L’unico passo in avanti tra le parti è stato la firma di un ‘patto d’onore’, per porre fine alle continue aggressioni verbali che vedono come ‘campo di battaglia’ soprattutto i mezzi di comunicazione di massa nazionali. I colloqui dovrebbero riaprire il prossimo 29 giugno. Intanto, il segretario generale dell’Onu, Kofi Annan, ha di nuovo proposto a Libano e Siria di sottoscrivere un accordo per stabilire i rispettivi confini territoriale. Secondo Annan, è questa l’unica soluzione per ridurre lo stato di crisi tra i due Paesi e, al contempo, pervenire alla conclusione di un’altra tensione, quella tra Libano, Siria e Israele per la sovranità sulle cosiddette Fattorie di Sceeba, occupate da Tel Aviv nel 1967. Annan ritiene infatti, secondo quanto pubblicato oggi dal quotidiano libanese ‘An Nahar’, che solo la determinazione dei confini siro-libanesi possa permettere di fare “un passo per raggiungere un accordo” sulla zona di Sheeba, unico territorio dal quale Israele non ha richiamato i suoi soldati, nel maggio 2000, quando ha ritirato le sue truppe dal Libano meridionale (dopo 22 anni di occupazione). Tra Libano e Siria è però in corso una grave tensione, provocata sia dall’omicidio di Hariri, che gli anti-siriani di Beirut attribuiscono a Damasco, sia dal fatto che il ritiro dell’esercito siriano – dopo 29 anni di occupazione – non è coinciso con la restituzione di una serie di leve del potere che, a cominciare dalla presidenza della Repubblica e dai servizi di intelligence, continuano a restare nelle mani di forze favorevoli alla presenza di Damasco in Libano.

Ewigen
15-06-2006, 22:29
15 Giugno 2006
LIBANO – ONU - SIRIA
Per Brammertz “legami possibili” tra l’omicidio Hariri ed altri 14 attentati
di Yousef Hourany

Oggi l’Onu decide la proroga di un anno della Commissione d’inchiesta. Il giudice belga si dice soddisfatto dell’atteggiamento siriano.

Beirut (AsiaNews) – Esistono “possibili legami” tra l’assassinio dell’ex primo ministro libanese Rafic Hariri ed “altri 14 attentati” compiuti nel Paese dei cedri dopo l’ottobre 2004. E’ l’opinione espressa ieri sera davanti al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite da Serge Brammertz, capo della Commissione di inchiesta dell’Onu sull’omicidio Hariri, il mandato della quale oggi sarà prorogata di un anno.

Il 43enne giudice belga, in questi primi mesi di lavoro ha acquisito la stima di tutte le parti interessati, soprattutto dopo la presentazione del suo secondo rapporto, definito “scientifico, oggettivo e degno di essere rispettato” dal ministro degli Esteri libanesi, Fawzi Saloukh, ed in modo positivo anche dalle autorità siriane. Fonti diplomatiche prevedono anche la volontà dei membri del Consiglio di Sicurezza di allargare la competenza della commissione dell'ONU a tutti gli atti di violenza compiuti in Libano dall’ottobre 2004 fino all'assassinio del deputato giornalista anti-siriano, Gebran Tueini. L’ipotesi trae origine dalle parole pronunciate dal giudice Brammertz durante la riunione del Consiglio di sicurezza, quando ha sostenuto l'esistenza di un filo che lega l'attentato del 14 febbraio 2005, che è costato la vita a Rafic Hariri a tutti gli altri 14 attentati ed ha chiesto alla comunità internazionale di offrire il suo contributo agli organi giudiziari libanesi per poter chiarire le responsabilità e ristabilire la situazione in Libano, che ormai è stanco del “profumo di sangue”.

Il giudice Brammertz si è anche detto soddisfatto per l’atteggiamento delle autorità siriane, che si sono mostrate molto disponibili ad offrire collaborazione, ed ha definito molto costruttivi gli incontri con il presidente siriano Bachar El Assad e con il suo vice Farouk Chareh. Sono stati 16, ha rivelato il capo della Commissione d’inchiesta, gli interrogatori di responsabili siriani e tutti hanno avuto risultato positivo.

Il Segretario generale del ministero degli Esteri libanese, ambasciatore Boutros Asaker, ha espresso “la sua stima nei riguardi del lavoro compiuto dal giudice Brammertz con oggettività ed alto senso di responsabilità”. Lo steso vice-ministro degli Esteri siriano, Faysal Makdad, che si trova ancora a new York, ha rinnovato “la piena adesione del suo governo alle richieste della commissione d'inchiesta internazionale”.

La stampa siriana di oggi definisce “oggettivo, fatto con alta professionalità”, il rapporto del giudice Bramertz. Vengono criticate invece le dichiarazioni dei “nemici della Siria”, che sono, secondo il giornale "Techrin" (Ottobre) “strumenti nelle mani di Israele”. Il giornale si riferisce alle dichiarazioni dell'ambasciatore americano all'ONU, John Bolton, che ha denunciato “la scarsa collaborazione del governo siriano con il giudice Bramertz” ed ha auspicato il compimento della missione della Commisione in modo capace di rivelare la verità sull'assassinio di Hariri. Techrin ripropone alcuni brani dell'intervista fatta dal vice-ministro Makdad alla televisione "Al Arabiya", nella quale ribadisce la non complicità del suo Paese nell'assassinio di Hariri, che era “l'amico della Siria” ed ha ripetuto le sue critiche contro il metodo seguito dal predecessore di Bramertz, il giudice Tedesco Detlev Mehlis, che “ha rovinato l'indagine ed era partito da un presupposto anti-siriano”.

Ewigen
17-06-2006, 08:37
LIBANO – Il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha approvato una risoluzione che prolunga di un altro anno, fino al luglio 2007, la durata in carica della commissione internazionale d’inchiesta sull’omicidio dell’ex-primo ministro libanese Rafiq Hariri, ucciso con altre 22 persone da una potente autobomba nel centro di Beirut il 14 febbraio 2005. La proroga della scadenza del mandato era stata richiesta dal presidente della commissione, il belga Serge Bremmertz, che ha sostituito all’inizio dell’anno il tedesco Detlev Mehlis.

Ewigen
20-06-2006, 22:40
20 Giugno 2006
SIRIA
Cresce la repressione a Damasco: rimossi 17 alti funzionari statali
di Jihad Issa

Secondo l'Organizzazione per la difesa dei diritti dell'uomo in Siria, il loro licenziamento è dovuto all’appoggio dato alla “Dichiarazione di Damasco-Beirut”, che chiede la normalizzazione dei rapporti tra i due Paesi, e l’averlo fatto inusualmente sapere serve a intimorire altri attivisti dei diritti umani.

Damasco (AsiaNews) – Nuova tappa nella repressione da parte del governo siriano di ogni forma di opposizione: ieri sono stati rimossi dai loro posti 17 alti funzionari statali. La causa dei provvedimenti, spiega l'Organizzazione per la difesa dei diritti dell'uomo in Siria (Adhs), è “l’appoggio da essi dato ad una petizione che chiede la liberazione di due attivisti per i diritti umani, arrestati a maggio”, per aver firmato la “Dichiarazione di Damasco-Beirut”, che chiede la normalizzazione dei rapporti tra i due Paesi.

All’origine del provvedimento, l’aggravarsi della situazione politica e sociale in Siria, a causa della crescita delle pressioni esterne ed interne per rovesciare il regime del partito Baath, che governa il Paese da più di 40 anni, di fronte alle quali il governo del presidente Bachar El Assad cerca di mantenere la sua unità interna. Ne è indice l'annuncio del primo ministro, Mohammad Naji El Otari, della rimozione dei 17 funzionari di alto grado, (otto dal ministero dell'istruzione e dell'insegnamento superiore, gli altri dai ministeri di sanità, energia, finanze, agricoltura, informazione). Questo tipo di decisioni non era mai stato ufficializzato: si prendevano misure simili di nascosto. Il fatto di rendere noto l’allontanamento dei funzionari, spiega ad AsiaNews Mohamad Majzoub, un alto funzionario rimosso dal suo incarico nel ministero dell'istruzione e dell'insegnamento superiore, mira a bloccare le tendenze antigovernative.

L'Organizzazione per la difesa dei diritti dell'uomo in Siria in un comunicato molto critico nei riguardi del governo e dell'ultimo decreto chiede l'intervento immediato da parte degli amici “della libertà" per frenare l'abuso del governo siriano,che “non riesce a distinguere tra la mancanza disciplinare e la libertà di pensiero”, annunciando una campagna contro tutti gli abusi compiuti in questi ultimi mesi e per il risveglio delle coscienze di molti siriani.

Ammar Korabi, presidente dellOrganizzazione nazionale per la difesa dei diritti dell'uomo in Siria, parlando con AsiaNews ha criticato “le ultime aggressioni del governo siriano contro la liberta dei cittadini”, ed ha chiesto l'aiuto di tutti, cristiani e musulmani per “poter bloccare la campagna del governo che mira a calpestare i diritti fondamentali dell'uomo”. Rispondendo a una domanda che riguarda il processo iniziato già contro molti aderenti al movimento patriota, ha riferito che ieri è proseguito il processo contro Kamal Al Libwani, accusato di “aver avuto contatti con gli Stati Uniti", per incitare ad una “aggressione contro la Siria”.

In Siria, secondo alcune fonti, ci sono più di 20mila prigionieri politici.

Ewigen
25-06-2006, 01:19
24 Giugno 2006
SIRIA - LIBANO
Le Siria pone condizioni per cominciare a dialogare con Beirut
di Jihad Hissa

In una conferenza stampa ieri il ministro siriano dell’Informazione spiega: niente mediazione di Usa, Francia o Gran Bretagna; rispetto degli accordi in vigore, termine del dialogo inter-libanese per iniziare a discutere di confini e rapporti diplomatici.

Damasco (AsiaNews) – La Siria elenca le condizioni necessarie per intraprendere colloqui sui rapporti con il Libano, deterioratisi dal 2004 quando, su pressione di Damasco, è stato esteso il mandato al presidente libanese Emile Lahoud, filo siriano.

Ieri, in una conferenza stampa, il ministro dell’Informazione siriano Mohsin Bilal, ha dichiarato che come prima cosa “bisogna attendere la conclusione del dialogo interlibanese” (iniziato a Beirut lo scorso marzo e che procede ad intermittenza). “Conclusi i vostri incontri – ha detto ad una delegazione di giornalisti libanesi, in cui era presente anche AsiaNews - sarete i benvenuti in Siria”.

Bilal ha poi sostenuto la disponibilità del suo governo ad iniziare un dialogo sincero, senza mediazione tra i due Paesi, prima di trattare di questioni pratiche. “Non aspettatevi che la Siria chieda a qualcuno di fare da mediatore con Beirut” ha avvertito sottolineando l’importanza degli accordi in vigore, che “devono essere rispettati”. Questo in risposta alle richieste della coalizione anti-siriana in Libano, che chiede invece una revisione di tutti gli accordi siglati in passato con la Siria.

Il ministro ha chiaramente spiegato che Damasco riceverà chiunque voglia recarsi in Siria, "a condizione di non passare tramite Washington o Parigi”. Il Libano ha chiesto un incontro con funzionari governativi siriani, ma Damasco si è mostrata restia ad invitare il premier Fuad Siniora per colloqui. In senso più ampio il riferimento è alle pressioni internazionali esercitate da Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna, promotrici di una serie di risoluzioni Onu riguardanti il Libano. La più contrastata da Damasco è la risoluzione 1559 del Consiglio di Sicurezza che chiede alla Siria di porre fine alla sua ingerenza negli affari libanesi, definire i confini e stabilire rapporti diplomatici con Beirut. Bilal ha poi chiesto al governo francese “di assumere il suo ruolo storico", allontanandosi dagli Usa, che perseguono solo i “propri interessi” nella regione.

La stampa siriana di oggi riporta che secondo fonti governative, il vertice di ieri tra il presidente siriano Bashar Assad e quello egiziano Hosni Moubarak, mediatore nel conflitto tra Libano e Siria, “non ha portato a nessun risultati positivo”. Anzi con l’occasione Damasco ha ribadito che “per il momento non tratta le questione delle frontiere e dei rapporti diplomatici”.

Già all’inizio della settimana il ministro siriano degli Esteri, Walid Muallem aveva detto che “non è il momento adatto per instaurare rapporti diplomatici” tra Siria e Libano. Più ottimista invece il deputato libanese Saad Hariri. Ieri, da Parigi dove ha incontrato il presidente Chirac, il figlio dell’ex premier Rafic Hariri, assassinato l’anno scorso, ha detto che relazioni diplomatiche con la Siria “sono possibili”.

Ewigen
25-06-2006, 11:04
Le promesse di Assad: un sogno svanito
Di Camille Eid

[Avvenire] È capace la Siria del partito della "rinascita" (questo il significato del termine Baath) di rinascere dal letargo in cui si è chiusa da decenni? L'interrogativo è apparso una prima volta sulla bocca dei siriani quando, nel luglio del 2000, il presidente Bashar al-Assad è succeduto al padre Hafez. Sebbene la successione fosse avvenuta in perfetto stile monarchico attraverso un emendamento alla Costituzione (che fissava a 40 anni l'età minima del titolare della massima carica dello Stato), i siriani avevano confidato ugualmente in un cambiamento. Nel suo discorso di investitura il giovane Bashar (all'epoca 34 anni) aveva lasciato intendere che la strada della liberalizzazione dell'economia, della libertà di stampa e del pluralismo era ormai tracciata. E molti siriani gli hanno creduto. Specie quando alcuni intellettuali si sono messi a creare circoli politici con l'obiettivo di promuovere un dibattito teso a superare il monopolio del partito al potere e a combattere corruzione e censura. Ma nel giro di pochi mesi tutto, o quasi, era tornato come prima. I circoli sono stati chiusi con l'accusa di organizzare incontri sovversivi, mentre alcuni deputati sono stati incarcerati solo perché hanno sollecitato la fine dello stato di emergenza, in vigore dal lontano 1963. Della «primavera di Damasco» è rimasto il ricordo di qualche passo timido, come la liberazione di centinaia di detenuti politici e qualche misura di liberalizzazione in campo economico. Molti allora hanno additato la vecchia guardia del Baath, attaccata alle linee guida tracciate dal «leader eterno» Hafez, come responsabile della mancata introduzione delle riforme. Altri ritenevano Bashar ancora poco esperto e molto preoccupato di non allontanarsi troppo dal percorso tracciato dal padre, più avvezzo a giostrarsi tra gli intrighi politici. Anzi, a questi guai interni si sono aggiunti, a partire dal febbraio 2005, anche guai internazionali. La Siria di Bashar è sospettata di aver ordito l'attentato che ha messo brutalmente fine alla vita dell'ex premier libanese Rafiq Hariri, come pure di altri oppositori libanesi. Le pressioni esercitate da Usa e Francia, per non parlare delle massicce manifestazioni di piazza in Libano, hanno cosi' costretto Damasco a "mollare" un territorio che governava indisturbata da almeno quindici anni. A rafforzare l'isolamento internazionale del regime la recente alleanza politica tra i Fratelli musulmani, principale forza di opposizione, e Abdel-Halim Khaddam, ex numero due del regime. Come risposta a queste minacce Damasco non trova di meglio che incarcerare (come ha fatto con lo scrittore Michel Kilo) chiunque osi reclamare un'apertura in senso democratico.

Ewigen
26-06-2006, 11:36
26 Giugno 2006
SIRIA - LIBANO
Assad smentisce un suo ministro, a Damasco “porte aperte” per Siniora e Hariri

Il card. Sfeir indirettamente dà il suo avallo a quanti chiedono la sostituzione del presidente della Repubblica libanese.

Beirut (AsiaNews) – Si fa sempre più complessa la situazione dei rapporti tra Beirut e Damasco e tra filo-siriani ed antisiriani in Libano. Oggi, infatti, il presidente Assad, contraddicendo il suo ministro dell’informazione, si dice pronto ad accogliere il primo ministro libanese Fouad Siniora ed esponenti della maggioranza antisiriana del parlamento di Beirut, come Saad Hariri; ieri il patriarca maronita Nasrallah Sfeir ha di fatto avallato le posizioni di quanti chiedono l’elezione di un nuovo presidente della Repubblica, al posto del filosiriano Lahoud.

L’intervento del patriarca maronita è avvenuto nel corso della messa celebrata a Bkerke: nel corso dell’omelia, dedicata ad ambiente ed inquinamento. Il card. Sfeir ha si è occupato della polemica scoppiata per il mancato invito del presidente libanese Emile Lahoud al vertice dei Paesi francofoni di Bucarest, dedicato agli stessi temi della sua riflessione per la messa. Il patriarca ha apertamente parlato di “una polemica sterile” verso Paesi le posizioni dei quali “sono conformi alle risoluzioni internazionali”, e che è causata da una vicenda che “non può mettere in discussione le amicizie storiche che abbiamo nel mondo”. Il riferimento del card. Sfeir è alla risoluzione 1559 del Consiglio di sicurezza dell’Onu che, tra l’altro, prevede elezioni libere del presidente della Repubblica, alle quali Lahoud si è finora opposto ed all’atteggiamento favorevoli al rinnovamento, assunto dal presidente francese Jacques Chirac.

L’elezione del nuovo capo dello Stato, peraltro, è uno dei temi dei quali discutono, finora invano, i 14 partiti partecipanti al “dialogo interlibanese”.

Dal fronte siriano arriva invece una intervista “difensiva” del presidente siriano Bachar Al-Assad al quotidiano Al-Hayat, nella quale egli afferma che il suo Paese è pronto ad accogliere il primo minstro libanese, Siniora, “anche senza ordine del giorno”. “Ma – aggiunge - è lui che non è venuto”. La frase si riferisce ad un’altra polemica che ha opposto Beirut e Damasco, proprio sul mancato invito a Siniora che si era detto pronto ad andare a parlare con Assad.

Il presidente siriano appare peraltro in netto contrasto con quanto, venerdì 23, aveva sostenuto il ministro dell’Informazione siriano Mohsin Bilal, secondo il quale “bisogna attendere la conclusione del dialogo interlibanese” (iniziato a Beirut lo scorso marzo e che procede ad intermittenza). “Conclusi i vostri incontri – ha detto ad una delegazione di giornalisti libanesi, della quale faceva parte anche AsiaNews - sarete i benvenuti in Siria”.

“Le porte – dice invece Assad - restano aperte” per Siniora, Saad Hariri e Michel Aoun. Di quest’ultimo, oggi accusato di posizioni filo-siriane ed candidatosi alla presidenza della Repubblica, Assad ricorda che in passato “hanno avuto rapporti difficili, ma ora lui ha smesso di attaccare la Siria e su alcuni punti la difende”.

Su un'altra questione al centro di polemiche, quella dei rapporti diplomatici tra Libano e Siria, che l’Onu chiede vengano istituiti, ma che Damasco ha finora “rinviato”, Assad ora dice di aver proposto “da lungo tempo” di stabilire relazioni diplomatiche.

Da registrare, infine, una critica all’Occidente, accusato di aver smesso di esercitare pressioni sul regime siriano. Da Londra Ali Bayaouni, leader di un’opposizione che raccoglie laici e gruppi curdi, sostiene che a fermare le pressioni occidentali è il timore che un collasso del regime di Damasco farebbe riprodurre in Siria quanto sta accadendo in Iraq.

Ewigen
26-06-2006, 18:36
LIBANO – La polizia libanese ha arrestato una persona sospettata di aver collocato una bomba negli studi dell’emittente televisiva ‘Future Tv’, appartenente alla famiglia dell’ex primo ministro Rafik Hariri, assassinato con un’autobomba a Beirut il 14 febbraio 2005. Non è stato reso noto il nome del fermato né è stato spiegato dalle autorità se si tratti di un elemento considerato ‘filo-siriano’.

Ewigen
28-06-2006, 21:55
28/6/2006 21.07
SIRIA "RISPONDE" A SORVOLO AEREI DA GUERRA ISRAELIANI

Forze della difesa aerea di Damasco avrebbero risposto con non meglio precisati “tiri” contro due aerei israeliani che hanno sorvolato le coste della Siria, costringendolo ad “abbandonare” la rotta. Lo ha detto stasera la televisione di stato, secondo cui l’episodio sarebbe accaduto stamani all’alba. L’emittente non ha tuttavia precisato cosa quali “forze di difesa aerea” siano intervenute contro la presunta violazione dello spazio aereo siriano da parte dei caccia israeliani. L’episodio è stato definito dalla televisione come “un atto aggressivo e una provocazione inaccettabile”. Un portavoce delle forze israeliane ha confermato poi che due aerei militari dello Stato ebraico hanno sorvolato in mattinata il palazzo del presidente siriano Bachar al-Assad nel nord della Siria, aggiungendo che l’operazione sarebbe motivata dal “sostegno” del governo di Damasco al governo palestinese guidato da Hamas.

Ewigen
04-07-2006, 18:38
LIBANO – Secondo il leader libanese druso Walid Jumblat il regime siriano di Bashar al-Assad vuole trasformare il Libano in un nuovo Iraq, inviando miliziani di al-Qaida nel paese. “Quando Assad dice che caccerà elementi di al-Qaida dalla Siria probabilmente questi si dirigeranno verso il Libano, e questo potrebbe essere pericoloso”, ha detto Joumblatt in una conferenza stampa.

Ewigen
04-07-2006, 18:39
4 Luglio 2006
LIBANO - USA
Card. Sfeir: “obbligo morale” degli Usa a favorire la pace in Medio Oriente
di Youssef Hourany

In visita negli Stati Uniti, il patriarca afferma che la soluzione del problema palestinese è la chiave della soluzione dei conflitti nella regione. In Libano occorre disarmare Hezbollah, ma “non è facile”, visti i rapporti del Partito di Dio con Siria e Iran.

Beirut (AsiaNews) – E’ urgente che gli Stati Uniti si impegnino per favorire il processo di pace in Medio Oriente, il che comporta trovare una soluzione al problema palestinese, questione chiave della pace nella regione, ed è necessario che il Libano riacquisti la sua piena sovranità, e che quindi sia solo l’esercito a portare le armi. E’ intorno a questi argomenti che si è svolti il primo incontro del patriarca maronita, card. Nasrallah Sfeir, con i giornalisti nel corso della sua visita negli Usa, che potrebbe essere occasione anche di un incontro con il segretario di Stato Condoleezza Rice.

L’inizio della terza visita pastorale del patriarca ai maroniti degli Stai Uniti, cominciata il 29 giugno a Saint Louis, ha avuto il suo momento centrale nella prestigiosa università dei padri gesuiti, dove ha ricevuto dalle mani del suo rettore, il padre Lorenzo Biondi, il dottorato "Honoris Causa", alla presenza delle massime autorità accademiche e civili. Per l'occasione il cardinale Sfeir ha ribadito “la posizione perenne della Chiesa maronita e la sua fedeltà ai principi già vissuti e predicati anche dai suoi predecessori”, insistendo sul ruolo fondamentale dei maroniti nella nascita del Libano “messaggio per l'Oriente e per l'Occidente”.

Il Patriarca Sfeir, durante una conferenza stampa tenuta a Saint Louis prima della sua partenza per Chicago, seconda tappa della sua visita pastorale, ha parlato dell'”urgenza e dell'obbligo morale dei responsabili americani di facilitare il cammino del processo di pace in Medio-Oriente, perché la causa palestinese è la spada permanente che trafigge il cuore della regione, e una volta raggiunta una soluzione del problema palestinese, molti problemi e conflitti nella regione saranno risolti".

Il Patriarca Sfeir ha poi ribadito il suo pieno appoggio al ristabilimento di un Libano sovrano, libero da ogni presenza armata non governativa. Ciò comporta il disarmo del partito di Dio, ma "disarmare gli aderenti a Hezbollah non è mica facile perché essi sono protetti dalla Siria e dall'Iran". Il patriarca ha quindi espresso la sua gratitudine alla comunità internazionale che grazie alle risoluzioni dell’Onu sta proteggendo i diritti dei libanesi già calpestati dai nemici del Paese.

Giunto ieri a Chicago, il card. Sfeir ha presieduto l'incontro annuale dei maroniti degli Stati Uniti (NAN) che coincide quest'anno con la ricorrenza del 40.mo anniversario dell'erezione della prima diocesi maronita negli Stati Uniti e con la nomina del primo arcivescovo, mons Francis El Zayek. Il patriarca ha illustrato ai partecipanti il significato della sua visita negli Stati Uniti, come “applicazione immediata delle decisioni prese durante l'ultimo sinodo maronita sulla necessità di fortificare i legami tra i maroniti del LIbano e quelli della diaspora”, con un “invito forte” a contribuire alla rinascita del Libano, patria comune dei cristiani e dei musulmani.

Fonti del seguito del patriarca Sfeir, hanno rivelato ad AsiaNews il desiderio e l’impegno di esponenti maroniti di ottenere un incontro di natura politica tra il cardinale Nasrallah Sfeir ed il segretario di Stato, Condoleezza Rice, soprattutto dopo l'assegnazione del dossier libanese ad un nuovo ambasciatore, Robert Danin, al posto di Elizabeth Debel.

Ewigen
05-07-2006, 11:33
LIBANO - Almeno una persona ha perso la vita e altre sette sono rimaste ferite in due gravi scontri a fuoco tra gruppi drusi anti e pro-siriani, avvenuti nel sud-est del Libano. Da quando l’ex primo ministro libanese Rafik Hariri è stato ucciso, il 14 febbraio 2005, e l’esercito siriano è stato costretto a ritirarsi, dopo 29 anni di occupazione, nell’aprile successivo, la situazione politica in Libano si è notevolmente complicata, con decine di morti e un tentativo di conciliazione nazionale finora andato a vuoto.

Ewigen
06-07-2006, 17:22
5 Luglio 2006
LIBANO – SIRIA
Sfeir: la Siria ha tolto dal Libano l’esercito, ma ci ha lasciato servizi segreti e “amici”
A proposito di Hezbollah, il patriarca dice che quando nello stesso Paese alcuni sono armati ed altri no, ciò rappresenta “una situazione di ineguaglianza, contraria alla Costituzione”.

Beirut (AsiaNews) – L’esercito siriano ha abbandonato il Libano, ma ci ha lasciato i suoi servizi segreti e nel Paese dispone di “amici”; “la conclusione traetela da soli”. Il patriarca maronita Nasrallah Sfeir ha risposto così ai giornalisti americani che, ieri a Chicago, gli chiedevano spiegazioni sullo sviluppo della situazione libanese dopo l’assassinio dell’ex primo ministro Rafic Hariri, avvenuto il 14 febbraio dell’anno scorso, e l’intervento internazionale per il ritiro dei siriani.

Il cardinale, che sta compiendo una visita pastorale ai maroniti statunitensi, ha nuovamente esposto il suo punto di vista su Hezbollah, in quanto movimento armato, ribadendo che quando nello stesso Paese alcuni sono armati ed altri no, ciò rappresenta “una situazione di ineguaglianza, contraria alla Costituzione”. In ongi caso, il patriarca è tornato ad affermare la sua convinzione che “una pace giusta per i palestinesi” è la chiave di volta dell’intera situazione mediorientale.

Nel corso del suo soggiorno a Chicago, il card. Sfeir ha anche illustrato le conclusioni del sinodo della Chiesa maronita, appena conclusosi a Bkerke, in Libano, per ciò che riguarda il problema della diaspora, il dialogo con gli islamici ed il ruolo della Chiesa nella società. Essa, ha detto a quest’ultimo riguardo, deve essere “la coscienza della società” e per questo prendere posizioni coraggiose di fronte all’autorità, sia essa politica o economica, quano appare corrotta. Quanto al dialogo con gli islamici, esso è al centro della presenza cristiana in Oriente. E la situazione dei cristiani in Libano è legata a quella dell’intero Medio Oriente.

Ewigen
10-07-2006, 11:35
10 Luglio 2006
LIBANO
Sepolto Hrawi, il presidente libanese che chiese il fraterno aiuto siriano
Considerato responsabile dell’avallo dell’occupazione siriana, gli viene comunque riconosciuto l’impegno per la riunificazione del Paese.

Beirut (AsiaNews) – Salutato da 21 colpi di cannone, è stato sepolto ieri nella natia Zahle, nella Bekaa, l’ex presidente libanese Elias Hrawi, morto venerdì. Figura controversa, accusato di aver accolto la dominazione siriana – Assad in un telegramma ne ha lodato “la sincerità” nei rapporti con Damasco - ma del quale il cardinale Nasrallah Sfeir ha detto che seppe riunificare il Paese, “a costo della vita” e pose fine alla guerra civile.

Cristiano maronita, Hrawi, che era nato il 3 settembre 1926 in una famiglia con 19 figli, lui stesso padre di cinque figli, deputato dal 1972, era arrivato alla carica di capo dello Stato dopo l'assassinio del presidente Rene Mouawad, nel 1989, in piena guerra civile. Ci restò fino al 1998. Fautore degli accordi di Taeff, che misero fine alla guerra civile, nel 1990 invocò l’intervento siriano come “forza araba d’aiuto’’ e nel 1991 firmò un “Trattato di fratellanza, coordinamento e collaborazione" con Damasco, di fatto avallando la presenza dell’esercito siriano, rimasto nel Paese dei cedri fino al 2005.

Hrawi è stato ricordato da Ghassan Tueini nell'editoriale di An Nahar, come “Il Presidente della Sfida Repubblicana”. Il padre di Gebran Tueini, il deputato ucciso il 12 luglio dell'anno scorso, definisce Hrawi, “il presidente che è stato eletto senza la presenza di una Repubblica, senza palazzo presidenziale, anche senza una vera Costituzione”, che “di fronte a tale realtà è stato costretto ad inventare dei poteri”. Elias Hrawi “ha ricevuto il pesante incarico da un presidente ucciso e sarà ricordato - conclude Tueini - come il presidente che ha potuto affrontare la sfida dell'assenza della Repubblica con la fondazione di una Repubblica, che ha il suo palazzo presidenziale ristrutturato, un esercito unificato e delle Costituzioni Applicate".

Dal canto suo, il giornalista Abib Chlouk, parlando con AsiaNews della figura del presidente Hrawi sostiene che, malgrado tutto, rimane nella mente e nella storia del Libano. Egli ha anche ricordato che nella sua autobiografia “La coscienza del Libano” lo stesso Hrawi afferma “la necessità di istaurare rapporti veri e mutui tra il Libano e la Siria, per poter ricostruire una pace durevole nei due paesi".

Nella chiesa di San Giorgio, ove si sono svolti i funerali, mons. Youssef Tawk, segretario dell’Assemblea dei vescovi maroniti, ha letto l'orazione funebre del patriarca Sfeir, negli Usa per una visita pastorale. Nell'orazione si ricordano le “circostanze drammatiche” nelle quali avvenne l'elezione di Hrawi alla presidenza della Repubblica, e il fatto positivo che “la sua ossessione era unificare il Libano e lo Stato”.

Al rito, accanto al successore di Hrawi, l’attuale presidente Emile Lahoud, e alle rappresentanze istituzionali e politiche libanesi, numerosi i rappresentanti di capi di Stato. Tra loro il ministro siriano per Affari presidenziali Ghassan al-Lahham, il primo dirigente di Damasco ad entrare in Libano dopo il ritiro delle truppe siriane dell’aprile 2005, che ha espresso il “profondo dolore” del presidente Assad.

Ewigen
12-07-2006, 19:14
12 Luglio 2006
ISRAELE - LIBANO
Hezbollah rapisce due soldati israeliani: scenari di guerra al confine con il Libano

Hezbollah rapisce due militari israeliani e chiede rilascio di detenuti nelle carceri israeliane. Israele risponde con raid aerei, mentre truppe di terra oltrepassano il confine. “Tesissimo” il clima a Gerusalemme.

Gerusalemme (AsiaNews) – Scenari di guerra al confine tra Israele e Libano (Linea blu) dopo il rapimento di due militari israeliani per mano delle milizie sciite Hezbollah. Fonti locali di AsiaNews parlano di una situazione “tesissima” a Gerusalemme, e confermano che l’esercito israeliano ha iniziato a richiamare la riserva nazionale. Un’iniziativa che non lascia molti dubbi sulle intenzioni del governo Olmert per affrontare la crisi.

La situazione è in rapido deterioramento lungo la Linea blu da quando oggi Hezbollah ha annunciato di aver catturato due soldati israeliani, nel corso di un attacco dal Libano a postazioni sul confine dello Stato ebraico e in cui - secondo fonti di AsiaNews - sarebbero stati uccisi tre militari israeliani.

Stando a quanto riferisce la polizia libanese, che ha confermato il sequestro, i due militari sono stati rapiti dopo che si erano ''infiltrati'' oltre il confine, nella cittadina libanese di Aita al-Chaab. In un comunicato il partito di Hezbollah ha fatto sapere che userà i due sequestrati israeliani “per chiedere la liberazione dei detenuti nelle carceri israeliane”.

La risposta di Israele non si è fatta attendere: fonti della sicurezza libanese riferiscono che un bombardamento aereo ha colpito alcune infrastrutture civili nel sud del Libano, tra cui il ponte di Sitt ash-Shabbat, 30 km a nord della frontiera con Israele, provocando la morte di due civili e il ferimento di un soldato libanese. Israele ha mobilitato anche le forze di terra, che hanno oltrepassato il confine con il Libano per cercare i due soldati catturati.

Il ministro israeliano della Difesa, Amir Peretz, ha avvertito che Israele ritiene direttamente responsabile il governo di Beirut per il destino dei due militari sequestrati; mentre l'inviato Onu in Libano, Geir Pedersen, ha chiesto ad Hezbollah il rilascio immediato dei due militari, per evitare una escalation “della già tesa situazione lungo la Linea blu”.

Ewigen
12-07-2006, 20:21
12 Luglio 2006
LIBANO
May Chidiac è tornata a Beirut
Ieri il rientro della giornalista che a settembre era stata vittima di un attentato. Ad accoglierla personalità politiche, giornalisti e parenti di altre vittime di attentati. “Sarò – ha detto – la voce dei disperati, perché la speranza esiste, come prova la mia presenza”.

Beirut (AsiaNews) – E’ tornata in Libano May Chidiac, dopo sette mesi trascorsi in Francia per curare le ferite dell’attentato del quale era stata vittima, il 25 settembre scorso. Scesa sorridente dall’aereo, la giornalista libanese della LBCI (la rete televisiva fondata dalle Forze libanesi nel 1983) è stata accolta ieri pomeriggio all'aeroporto internazionale di Beirut dal ministro dell'informazione Ghazi Aridi, a nome del primo ministro Fouad Siniora, dai ministri Nayla Moawad, Joe Sarkis, Marwan Hamadé et Ahmad Fatfat, dal rappresentante del presidente Lahhoud, il portavoce della presidenza, Rafic Chelala, dal rappresentante del presidente della Camera dei deputati Michel Moussa, e da numerosi parlamentari, giornalisti, religiosi ed amici.

Il direttore generale della LBCI, Pierre Daher, nel dare il benvenuto a May Chidiac, ha promesso “di proseguire la missione della LBCI, che è la difesa della libertà malgrado tutto”, indicando nel tentativo di uccidere la Chidiac “la volontà di calpestare l'area democratica che regna ancora in Libano, grazie ai sacrifici di uomini e donne forti come la Chidiac”, ringraziando Dio e la Madonna del Libano per la sua protezione.

Emozionata, May Chidiac, ringraziando, ha manifestato la sua ferma volontà di continuare la sua missione, dando appuntamento ai telespettatori “molto presto”. La giornalista ha parlato della sua dura prova, ringraziando Dio, senza il quale non avrebbe potuto resistere. “Sarò – ha detto – la voce dei martiri, io che ero un progetto di martirio; la voce dei disperati, perché la speranza esiste, come prova la mia presenza tra voi”.

Direttamente dall'aeroporto, la Chediac ha voluto compiere la sua prima visita in terra libanese al monastero del Santo libanese maronita, Charbel Makhlouf, a Jbeil. Accolta da numerose persone, tra le quali il capo delle Foze libanesi, Samir Geagea, la giornalista ha partecipato ad una messa di ringraziamento celebrata per l'occasione dal superiore del monastero, padre Tannous Nehme.

May Chidiac, 56 anni, nell'esplosione di un auto bomba, a Jounieh,vicino alla sede del patriarcato maronita, ha perso un piede una mano. Quella domenica di settembre, la giornalista aveva intervistato nel suo programma "Buona Giornata" il giornalista anti-siriano Sarkis Naoum, che aveva lanciato dure critiche contro la politica siriana nella regione. L’esplosione la colpì dopo una visita al monastero di San Charbel. Dopo due mesi di cure intensive nell'ospedale dell'università di S.Joseph (Hotel Dieu), è stata trasferita in Francia per proseguire la cura delle ferite e compiere il reimpianto del piede e della mano.

Ewigen
12-07-2006, 21:01
12 luglio 2006 17.13
PARIGI
RICE: LA CATTURA DEI SOLDATI DESTABILIZZA LA REGIONE

[Avvenire] La cattura da parte degli Hezbollah libanesi di due soldati israeliani destabilizza la regione mediorientale. Lo ha detto la segretario di Stato Usa, Condoleezza Rice, a Parigi per un vertice dei ministri degli esteri dei sei grandi sul nucleare iraniano. La Rice ha anche chiesto che la Siria prema per una "soluzione positiva".

Ewigen
12-07-2006, 21:01
12 luglio 2006 16.39
ISRAELE
OLMERT: LA SIRIA HA UN GOVERNO TERRORISTA

[Avvenire] Il premier israeliano Ehud Olmert ha lanciato oggi un duro attacco al governo siriano, in seguito al rapimento di due soldati israeliani da parte di un commando di guerriglieri Hezbollah, che sono sostenuti da Damasco oltre che da Teheran, sul confine israelo-libanese.

«La Siria - ha detto Olmert - ha dimostrato nell'arco di tutto l'ultimo periodo di avere un governo dal carattere terroristico, un governo che appoggia i terroristi, un governo che appoggia e sostiene il terrorismo e che incoraggia le attività omicide sia di elementi terroristici al suo interno sia di elementi che sono da questo appoggiati esternamente».

«È necessaria - ha aggiunto - un'opportuna preparazione per far fronte a questo comportamento del governo siriano».

Ewigen
12-07-2006, 21:25
MEDIO ORIENTE 12/7/2006 22.17
RAID ISRAELIANO A SUD DI BEIRUT, 23 VITTIME A GAZA: LA CRISI SI AGGRAVA

Israele e Libano sembrano sull’orlo della guerra: dopo un raid aereo compiuto stasera da Israele in Libano, 30 chilometri a sud della capitale Beirut – e quelli che già in giornata avevano colpito ponti e strade a Nabatyeh, Tiro e Zahrani, nel sud del paese – il governo di Tel Aviv, al termine di una riunione di emergenza ha approvato le operazioni militari proposte dalle forze armate contro il Libano. Non si ha per ora notizia di vittime provocate dall'incursione aerea che avrebbe avuto come obiettivo un ponte sulla strada costiera che va dal sud verso la capitale. Sono intanto 23 i palestinesi uccisi oggi dalle forze armate israeliane nella Striscia di Gaza; è stata la giornata più letale dal settembre 2004. E’ salito inoltre a otto il numero dei soldati israeliani uccisi nel sud del Libano dagli hezbollah durante gli scontri seguiti all’esplosione della mina che aveva distrutto un carro armato israeliano. Sembrano cadere tutti nel vuoto i ripetuti appelli internazionali per la ricerca di una soluzione pacifica alla crisi in atto tra Territori Palestinesi, Israele e Libano dopo il sequestro di un soldato israeliano il 25 giugno scorso, compiuto a Gaza da militanti palestinesi, e quello di altri due soldati dello stato ebraico compiuto oggi da militanti Hezbollah sul confine tra Libano e Israele. Si susseguono intanto le reazioni del mondo che da una parte condannano i sequestri e dall’altra continuano a invitare le parti alla moderazione, esprimendo crescente preoccupazione per gli sviluppi della situazione. Amr Moussa, segretario generale della Lega araba, sarebbe sul punto di convocare una riunione dei 22 Paesi arabi che ne fanno parte

Ewigen
13-07-2006, 11:29
13 Luglio 2006
ISRAELE – LIBANO
Solo un accordo di pace tra Israele e tutti gli Stati arabi metterà fine alla violenza
di Arieh Cohen

L'attacco di Hezbollah conferma la posizione equivoca del Libano, che nulla fa per fermare l'azione del Partito di Dio, guidato da Teheran.

Tel Aviv (AsiaNews) – Ancora una volta l’innata instabilità del Medio Oriente si è rivelata in modo violento con l’attacco militare condotto contro Israele dal territorio libanese e considerata dallo Stato ebraico un atto di guerra da Beirut."Non è un attacco terroristico – ha sottolineato il premier Ehud Olmert ieri – ma un attacco militare da uno Stato (il Libano) ad un altro (Israele)". Hezbollah, l’organizzazione armata sciita - che ha condotto l’operazione, e sta continuando gli attacchi – fa parte del Parlamento e delle istituzioni libanesi. Lo stesso Stato libanese ha apertamente "affidato" ad Hezbollah il controllo del sud del Paese, rifiutando le richieste dell’Onu e della maggior parte delle potenze mondiali, che volevano quella zona e il confine con Israele sotto il controllo dell’esercito nazionale.

Sulla riposta al rapimento dei suoi due soldati, Israele è unito come non lo era da anni e ritiene che il Libano non abbia scuse. Nella primavera del 2000 Israele si è ritirato completamente da tutto il territorio libanese, rientrando nel confine internazionale, in totale obbedienza al Consiglio di Sicurezza Onu. Le Nazioni Unite lo hanno certificato ufficialmente – e confermato più volte. Tuttavia, Hezbollah e altre organizzazioni armate, approvate e protette da Beirut, da allora hanno più volte lanciato attacchi non solo contro i militari israeliani oltre il confine, ma anche contro la popolazione civile, a volte con risultati mortali. Fino a ieri Israele ha adottato la scelta strategica di non rispondere oppure di farlo solo in modo limitato, confidando per lo più sugli sforzi di Onu, Usa, Francia e altre nazioni di convincere il Libano – e il suo presunto sostenitore, la Siria – di costringere Hezbollah a cessare gli attacchi. Hezbollah non può accettare tale richiesta visto che mantenere in vita la sua (seppur sporadica) guerra ad Israele - si suppone in nome dell’Islam - è la ragione principale della sua "legittimità" in Libano e la condizione per avere l’appoggio iraniano. È infatti l’Iran a finanziare Hezbollah e a rifornirlo di armi e missili attraverso la Siria. Ed è sempre l’Iran, che porta avanti una politica - pubblicamente dichiarata - di totale ostilità verso Israele, di cui ha letteralmente invocato la distruzione.

Ora, dopo un attacco senza precedenti – su un fronte vasto, con uccisioni e cattura di militari israeliani, e il trauma portato al Nord dello Stato ebraico – Israele non può più evitare una risposa massiccia. L’esercito e la stragrande maggioranza dell’opinione pubblica sono uniti nel pensare che non rispondere sarebbe stato molto, ma molto più pericoloso per il Paese di ogni qualsiasi altra conseguenza derivata da una decisa iniziativa militare.

L’attacco dal Libano ha gravemente danneggiato la causa palestinese. Proprio nel momento in cui sembrava che Israele fosse sul punto di voler in qualche modo - anche se forse solo indirettamente – negoziare con il governo Hamas per il rilascio del soldato israeliano rapito e per un cessate-il-fuoco bilaterale dentro e intorno la Striscia di Gaza; proprio nel momento in cui i palestinesi stavano ottenendo una crescente solidarietà internazionale per l’emergenza umanitaria a Gaza…proprio in questo momento l’attacco dal Libano ha cambiato completamento lo scenario. Ha spostato l’attenzione e potrebbe essere un grande aiuto per la propaganda anti-palestinese in Occidente, la quale ritrae le istituzioni palestinesi come un’altra delle componenti della rete mondiale delle organizzazioni terroriste islamiche, di cui Hezbollah è stata componente di spicco per molti anni. Qualsiasi cosa accada nei prossimi giorni, i palestinesi sono di nuovo le maggiori vittime di questi sviluppi.

E il Libano? È sempre stato chiaro che in alcune occasioni il Libano avrebbe dovuto affrontare l’innata contraddizione tra l’immagine di un Paese (pacifico, democratico, prosperoso) che la maggioranza della sua popolazione desidera tanto e il fatto di essere uno Stato, che persevera nell’ospitare e proteggere un’organizzazione terroristica (come pure altre unità terroriste "ufficiali" dall’Iran e altri inaccettabili elementi). Forse oggi i libanesi riusciranno a decidere in modo definitivo e inequivocabile, o forse no…

In un modo o nell’altro, con maggiore o minore spargimento di sangue e distruzione, anche questa particolare crisi passerà. Cosa succederà dopo? Qual è il significato strategico di tutto ciò? La lezione per i politici?

Ancora una volta l’improvviso scoppio della tensione tra Israele e Libano dimostra che l’unica reale soluzione va cercata in una pace a largo respiro tra lo Stato ebraico e tutti i suoi vicini arabi. È un obiettivo ambizioso, certo, ma forse l’unico degno da perseguire e necessario da raggiungere. Questo, infatti, è stato lo scopo della Conferenza di Pace di Madrid nel 1991, organizzata dall’allora presidente Usa, George Bush, e il suo Segretario di Stato, James Baker, con un ampio sostegno internazionale. La Conferenza mirava a far avvicinare Israele e i suoi vicini arabi e studiare un sistema esauriente di trattati di pace e accordi multilaterali; aveva precisi termini di riferimento, specialmente le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza Onu, accettate da tutti. Da allora si sono aggiunte ulteriori premesse formali, compresa la risoluzione del Summit della Lega araba del 2002, che in sostanza chiede la normalizzazione dei rapporti tra le nazioni arabe ed Israele. Abbandonata subito dopo la sua prima sessione, ma mai formalmente sciolta, la Conferenza di Madrid sembra – oggi più che mai – il mezzo più promettente o la struttura portante per un rinnovato e risoluto tentativo di mettere fine alla violenza e inaugurare un futuro diverso per le popolazioni di Israele, Libano, Palestina e Siria (Egitto e Giordania hanno già trattati di pace con Israele). Evidentemente, come ha detto anche Benedetto XVI lo scorso 29 giugno, per realizzare questo obiettivo è necessario il "generoso contributo" della comunità internazionale.

Ewigen
13-07-2006, 21:01
13 Luglio 2006
LIBANO - ISRAELE
La politica cerca di fermare l’escalation militare in Libano
Mentre si intensificano gli atti di guerra e si teme un allargamento alla Siria, numerosi Paesi appoggiano la richiesta di Beirut di una riunione del Consiglio di sicurezza dell’Onu.

Beirut (AsiaNews) - Israele annuncia il “blocco totale” del Libano, i dirigenti del “Quartetto” (Onu, Ue, Usa e Russia) avviano consultazioni per cercare di evitare che la crisi israelo-libanese degeneri in una guerra regionale - come avverrebbe se si avverassero le voci che si rincorrono in Israele di un possibile attacco a Damasco - Kofi Annan chiede la liberazione dei militari israeliani rapiti e la fine delle violenze e la maggioranza parlamentare libanese sembra prepararsi ad una durissima critica nei confronti di Hezbollah, accusandolo di voler decidere la pace e la guerra per conto di tutta la nazione. Si muovono le armi, e la politica cerca di fermarle, sia a livello nazionale che internazionale, per un Libano che dopo aver trascorso la notte più dura da maggio 2000, quando gli israeliani si sono ritirati dal sud del Paese, sta vivendo una giornata segnata dal bombardamento dell’aeroporto di Beirut e dalla distruzione dei ponti nel sud. Secondo alcune fonti, le forze israeliane avrebbero colpito anche la "Houssayneia” di Bouday nei pressi di Baalbeck (nella Bekaa), luogo di culto prestigioso con un centro d'insegnamento della sharia, causando vittime e la semidistruzione del centro.

La situazione appare confusa e preoccupante. Dalla Germania, dove è in visita, in presidente Gorge W. Bush, dopo aver riconosciuto il diritto di Israele a difendersi, rivela di avere suoi inviati nella regione. Il presidente egiziano Hosni Mubarak fa sapere di aver avuto colloqui telefonici con il presidente siriano Bashar al-Assad, con il premier libanese Fuad Siniora, con il re di Giordania Abdallah II e con il segretario generale dell'Onu Kofi Annan. Il ministro degli Esteri egiziano Ahmed Aboul Gheit, lancia un appello a “tutte le parti interessate a mostrare moderazione ed evitare un'ulteriore deterioramento della situazione”. Il primo ministro libanese Fouad Siniora, dal canto suo, ha convocato gli ambasciatori dei Paesi membri del Consiglio di Sicurezza ed ha dato incarico all'incaricato d'affari del Libano all'ONU, Caroline Ziade, di rivolgersi al Consiglio di sicurezza. Siniora ha anche chiesto l’intervento della Lega araba. Che certamente avrà la questione libanese al centro della prossima riunione, sabato, al Cairo. “La cosa principale è di non consentire che il conflitto si trasformi in una guerra totale”, ha dichiarato dal canto suo Serghei Yakovlev, incaricato del ministero degli Esteri Russo per gli affari mediorientali. “La più grande preoccupazione” è stata infine espressa dall'Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza Ue, Javier Solana, che in una dichiarazione spiega di essere “in contatto permanente con le diverse parti e con il segretario generale dell'Onu Kofi Annan” e che “in seguito a questi contatti”, sta pensando di andare nella regione.

In senso opposto le dichiarazioni fatte dal segretario di Hezbollah, Hassan Nassrallah, dopo il bombardamento della sede della rete televisiva Al Manar, controllata dal movimento sciita. Nasrallah ha espresso la sua “piena fiducia nel futuro del partito di Dio”, ha definito un assassino il primo ministro israeliano Olmert ed ha promesso di continuare la lotta fino alla liberazione di tutti i prigionieri del Partito di Dio in Israele. Egli ha assicurato che i due soldati israeliani rapiti ieri si trovano “in un posto sicuro, lontano dai bombardamenti".

Che, secondo il ministero della difesa libanese, hanno finora provocato 47 morti. E’ un bilancio necessariamente provvisorio, visto il proseguire degli attacchi anche da parte di Hezbollah e di altri gruppi sciiti libanesi.

Ewigen
13-07-2006, 21:02
MEDIO ORIENTE 13/7/2006 19.24
UNANIME CONDANNA INTERNAZIONALE CONTRO “SPROPORZIONATA” REAZIONE DI ISRAELE

“Sproporzionata”: così viene considerata dalla quasi totalità dei rappresentanti della diplomazia internazionale l’offensiva militare israeliana in Libano che, secondo le ultime stime provvisorie, ha provocato 52 morti tra i civili e oltre 100 feriti da quando ieri i guerriglieri Hezbollah hanno rapito due soldati israeliani e ne hanno uccisi otto, con bombardamenti sull’aeroporto di Beirut e contro numerose altre infrastrutture. “L’uso sproporzionato della forza da parte di Israele in Libano in risposta agli attacchi degli Hezbollah contro Israele” preoccupa la Finlandia, che detiene la presidenza di turno dell’Unione Europea. “La presidenza deplora la perdita di vite civili e la distruzione di infrastrutture civili. L’imposizione dell’embargo aereo e marittimo al Libano non può essere giustificato” si legge in una nota, che prosegue: “Azioni contrarie alle leggi umanitarie internazionali possono solo aggravare il vizioso circolo di violenze e vendette e non possono essere al servizio degli interessi legittimi di sicurezza di nessuno”. Anche il ministro degli Esteri francese, Philippe Douste-Blazy, ha condannato i bombardamenti israeliani come un “atto sproporzionato di guerra”, invitando a “preservare l’unità, la sovranità e integrità territoriale del Libano”. Di “reazione sproporzionata e pericolosa per le conseguenze che potrà avere” parla anche il capo della diplomazia italiana, Massimo d’Alema. Stesso tono anche in una nota del ministero degli Esteri russo: “Non si può giustificare – si legge – la continuata distruzione delle infrastrutture civili in Libano e nel territorio palestinese da parte di Israele con un uso sproporzionato della forza che colpisce la popolazione civile”. Un invito a "far sì che la situazione torni al punto di partenza e non vi sia una ulteriore escalation delle azioni militari” tra Israele e Libano è stato espresso dal cancelliere tedesco Angela Merkel, nel corso di una conferenza stampa congiunta con il presidente statunitense George W. Bush. Anche in Medio Oriente, si susseguono reazioni di condanna. “Colpire i civili con il pretesto di combattere il terrorismo non è accettabile né giustificato. Le azioni israeliani violano la legge internazionale” ha osservato il ministro degli Esteri egiziano Ahmed Aboul Gheit, mentre il governo giordano in un comunicato ha condannato “l’uso di forza israeliana contro civili disarmati e la perdita di vite umana e la distruzione di istituzioni civili”. Entrambi hanno comunque criticato gli Hezbollah che hanno “esposto la gente palestinese e la loro causa – si legge ancora nel comunicato diffuso ad Amman – il Libano e la sua sovranità a un pericolo inaspettato”. Dicendosi “profondamente allarmato per l’escalation” di violenze in Medio Oriente, il segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, partendo da Roma alla volta di Firenze, ha confermato l’invio nell’area di una delegazione di tre alti funzionari dell’Onu per “invitare le parti alla moderazione e fare il possibile per contenere il conflitto”. A guidarla sarà l’indiano Vijay Nambiar, consigliere speciale politico di Annan, che verrà affiancato dal peruviano Alvaro de Soto, inviato dell’Onu in Medio Oriente, e dal norvegese Terje Roed-Larsen, anch’egli inviato speciale dell’Onu per il Medio Oriente.

Ewigen
13-07-2006, 21:02
MEDIO ORIENTE 13/7/2006 20.49
NUOVI BOMBARDAMENTI ISRAELIANI SU BEIRUT IN RISPOSTA A RAZZI SU HAIFA

L'aviazione israeliana stasera ha bombardato di nuovo la capitale libanese, aprendo il fuoco contro la periferia sud di Beirut e - stando a fonti di agenzia internaizonale - bersagliando depositi di carburante nell’aeroporto internazionale Rafik al-Hariri, già colpito all’alba. In serata Israele aveva minacciato di colpire i quartieri residenziali della capitale se il lancio di razzi katiuscia libanesi contro la città portuale di Haifa, la terza città più grande di Israele a 60 chilometri dal confine con il Libano – confermato da fonti militari israeliane ma smentito dalle milizie sciite Hezbollah – si fosse rivelato vero. L’offensiva israeliana prosegue comunque senza sosta in tutto il Libano. “Dalla scorsa notte – ha riferito il generale israeliano Udi Adam, responsabile del comando settentrionale – sono stati attaccati centinaia di obiettivi in Libano, dal confine fino a Beirut”. Tra questi, due piste aeree, i primi obiettivi militari libanesi colpiti dall’inizio dell’offensiva: la pista di decollo della base aerea di Rayak, nella valle orientale della Bekaa, e la base aerea di Koleat, nel Libano del nord, a una dozzina di chilometri dal confine tra Libano e Siria. Nel pomeriggio invece caccia israeliani avevano colpito un altro ponte – quello di Alman, a est del centro portuale di Sidone dove ne erano stati già distrutti sei – e in serata i dintorni del villaggio di Al-Bayada nella zona meridionale di Nabatyeh. In risposta, secondo fonti militari israeliane, i miliziani Hezbollah avrebbero lanciato decine di razzi katiuscia su Haifa, episodio smentito prontamente dal portavoce della Resistenza armata, braccio armato dei miliziani libanesi. Il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha intanto convocato una riunione d’emergenza per esaminare e votare l’adozione di una risoluzione sulla crisi israelo-libanese proposta dal Qatar che chiede la fine delle operazioni militari israeliani nella Striscia di Gaza e la liberazione del soldato.

Ewigen
13-07-2006, 21:33
Preoccupazione per gli scenari di guerra che si profilano al confine tra Israele e Libano

Il Nunzio apostolico in Israele auspica che “la saggezza predomini”

CITTA’ DEL VATICANO/TEL AVIV, giovedì, 13 luglio 2006 (ZENIT).- Le Nunziature apostoliche in Libano ed Israele seguono con profonda preoccupazione l’escalation di violenza che coinvolge in questi giorni i due Paesi, che ha già provocato numerosi morti.

Gli scontri sono scoppiati dopo il rapimento di due soldati israeliani da parte del movimento sciita libanese di Hezbollah, e l’uccisione di altri soldati sul cui numero le fonti non sono concordi.

Nel commentare questa situazione di crisi, monsignor Antonio Franco, Nunzio in Israele, ha affermato all’agenzia dei Vescovi italiani “SIR” che si auspica “che la saggezza predomini in questo momento”.

“Sono situazioni che non promettono nulla di buono e che si potevano evitare – ha spiegato –. Sono cose folli che non portano nessun risultato concreto in termini di distensione e di soluzione dei problemi”.

Da parte sua monsignor Luigi Gatti, Nunzio apostolico in Libano, ha dichiarato che si tratta di “un conflitto che non vogliamo” ed ha escluso la possibilità “di mediazione all’interno da parte della Chiesa”.

Dopo il sequestro dei due militari e i raid di Hezbollah su Israele, quest’ultimo ha attaccato il sud del Libano ed ha chiuso i confini del Paese, imponendo il blocco aereo, terrestre e marittimo e rendendo inagibile l’aeroporto di Beirut.

Secondo quanto riportato dalla “Radio Vaticana”, nel frattempo, il Presidente libanese Emile Lahud ha rinnovato il suo appoggio alla lotta armata degli Hezbollah contro Israele, affermando che “i Libanesi restano decisi sulla loro posizione nazionale e continuano la loro lotta contro l’aggressione sulla strada della liberazione”.

Il Primo Ministro del Paese Fouad Siniora ha preso le distanze dal movimento dichiarando che i suoi membri “non erano stati in alcun modo autorizzati a violare la frontiera tra i due Paesi e a compiere l'incursione per catturare i due militari”.

In un’intervista rilasciata all’emittente pontificia, padre David Jaeger, esperto di questioni mediorientali, ha affermato che “il Governo libanese viene messo davanti ad una scelta: continuare ad autorizzare gli Hezbollah a controllare il sud del Libano o riprendere coraggio e decidere di riaffermare la sovranità libanese e ‘sopprimere’ gli Hezbollah”.

Se il Libano decidesse di affermare la propria sovranità, “rendendo sicura la frontiera con Israele, allora questa volta il Libano ce la farebbe”, ha osservato, sostenendo che “avrebbe anche il sostegno dell’Occidente, oltre che probabilmente di altri regimi arabi più moderati, e di una opinione pubblica libanese che abbiamo già visto manifestare in massa per il recupero della sovranità nazionale”.

Parlando alla “SIR”, il francescano ha spiegato che “Israele ritiene di essere stato aggredito, non più semplicemente da una organizzazione militante, Hezbollah, ma dallo stesso Stato libanese, ed è deciso di rispondere in base a questa valutazione”.

Secondo il sacerdote, coloro che risentiranno maggiormente della situazione “saranno i palestinesi, perché l'iniziativa bellica di Hezbollah ha distolto l'attenzione dall'emergenza umanitaria a Gaza, e potrebbe aver deragliato i negoziati mezzo-segreti miranti (…) anche ad un cessate-il-fuoco generale nella Striscia di Gaza e dintorni, al rilascio di un numero imprecisato di detenuti palestinesi, e ad un pur modesto spiraglio di tempi alquanto migliori”.

“In ogni caso – ha osservato – anche se, al termine dell'attuale scontro armato su più fronti, si arrivasse al rilascio di detenuti palestinesi in cambio dei soldati israeliani, il merito sarà rivendicato da Hezbollah, e non più dal governo palestinese, che fa capo ad Hamas”.

“L'unica via d'uscita è la pace che richiede, come ha detto il Papa nell’Angelus del 29 giugno, anche il generoso contributo della comunità internazionale”, ha aggiunto.

In una intervista all’agenzia della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, “Fides”, padre Jaeger ha poi invitato a concentrarsi “sulla necessità urgente di raggiungere un trattato di pace fra Israele e Palestina che metta fine al sanguinoso conflitto pluridecennale”.

“E’ importante che la nuova crisi al nord non distolga l'attenzione della fase attuale del conflitto originario, quello tra israeliani e palestinesi, che sta vivendo anch'esso un prolungato momento drammatico, e rispetto al quale non si sente più parlare neppure di 'processo di pace'”, ha concluso.

Ewigen
13-07-2006, 21:37
13 luglio 2006 17.29
ONU
ISRAELE-LIBANO, ANNAN: PROFONDAMENTE ALLARMATO

[Avvenire] Il segretario generale dell'Onu, Kofi Annan, è "profondamente allarmato per l'escalation" in Medio Oriente e conferma l'invio "presto" di una "missione speciale" nell'area. "Condanno tutti gli attacchi contro i civili", ha specificato partendo da Roma per andare a Firenze.

Ewigen
13-07-2006, 21:38
13 luglio 2006 17.20
MEDIO ORIENTE
ISRAELE: HEZBOLLAH BRACCIO DEL REGIME IRANIANO

[Avvenire] Israele è tornato oggi ad accusare l'Iran e la Siria di essere responsabili della spirale di violenza nel Libano sud e ha definito Hezbollah "un braccio del regime jihadista di Teheran". Il movimento sciita libanese "non potrebbe operare in Libano senza il chiaro sostegno della Siria", ha detto tra l'altro un portavoce del ministero degli esteri, Gideon Meir.

Israele teme che Hezbollah voglia trasferire i due soldati israeliani catturati dal Libano alla Siria. Lo ha detto oggi il portavoce del ministero degli esteri Mark Regev. "Temiamo che possano essere portati fuori dal Libano verso l'Iran. Queste preoccupazioni sono motivate", ha affermato il portavoce.

Ewigen
13-07-2006, 21:39
13 luglio 2006 14.52
MEDIO ORIENTE
LIBANO, FARNESINA: ATTIVATE LE MISURE DI PREALLARME

La Farnesina ha approntato le opportune misure di preallarme per il Libano dove, per il momento, non si rende necessario attuare piani di evacuazione. Lo si è appreso alla Farnesina che, in stretto raccordo con la nostra rete diplomatico-consolare nell'area interessata alla crisi, si è attivata per mettere a punto gli interventi di assistenza ai connazionali che dovessero rendersi necessari.

Ewigen
13-07-2006, 21:45
I regimi «giustificano» l'azione

[Avvenire] Siria e Iran hanno giustificato ieri - per bocca del vice presidente siriano, Faruk al-Sharaa, e del segretario del Consiglio supremo di sicurezza nazionale iraniano, Ali Larijani - l'azione degli Hezbollah libanesi. «L'occupazione è la principale ragione e fonte di provocazione contro i palestinesi e i libanesi, e perciò esiste una resistenza palestinese e libanese», ha dichiarato al-Sharaa al termine di colloqui a Damasco con Larijani, che in precedenza era stato ricevuto anche dal presidente siriano, Bashar al-Assad. «Decine di migliaia di bambini, donne e uomini palestinesi sono nelle carceri israeliane. Allora perché tanto rumore per uno o più prigionieri israeliani?», ha dal canto suo affermato Larijani, secondo il quale la cattura dei militari dell'esercito dello Stato ebraico è «qualcosa che di solito accade nei fronti di guerra». Piena giustificazione anche da Hamas a Gaza e dai Fratelli musulmani in Egitto. Il segretario generale della Lega araba, Amr Moussa, sta provando a convocare una riunione dell'organizzazione, ma finora non ha commentato quanto avvenuto ieri.

Ewigen
13-07-2006, 21:46
Tutti i protettori del Partito di Dio

Indebolitosi il legame con Damasco, gli estremisti sono lo «strumento» nelle mani di Teheran che mira alla destabilizzazione

[Avvenire] Si riapre per Israele la vecchia ferita libanese. Gli hezbollah, la resistenza contro l'occupazione israeliana nel sud del Libano terminata nel 2000 con la ritirata delle truppe di Tel Aviv, hanno rapito due soldati israeliani e ne hanno uccisi sette. Il "Partito di Dio" è solo la punta delle dita di una mano che tira le redini dei fili da altre parti. Altri Stati, altri movimenti da anni li sostengono a colpi di armi e di soldi.
Da una parte la Siria i cui legami con gli hezbollah si sono indeboliti dopo il ritiro dei militari dal Libano e l'entrata dell'ala politica degli hezbollah nel Parlamento libanese, diventando la seconda forza politica (35 seggi su 128). E poi, soprattutto l'Iran: loro i fondatori, nel 1982 nella valle della Bekaa, dai Guardiani della Rivoluzione iraniana, i finanziatori, spesso i burattinai.
In pratica gli hezbollah possono rappresentare all'occasione l'ufficioso avamposto di un governo, quello iraniano, che inneggia alla distruzione di Israele e spesso si mostra desideroso di creare il caos nella regione. «Gli israeliani non dovrebbero lasciare che la situazioni sfoci in un'esplosione islamica che non avrà confini geografici» ha detto il presidente iraniano Ahmadinejad.
Ma prima di arrivare agli iraniani, un nemico complicato da affrontare, gli israeliani possono giocare la carta dei Libano, ritenuto responsabile della sicurezza dei due soldati rapiti e contando sulle pressioni arabe dei Paesi circostanti.
«L'occupazione israeliana è una provocazione per palestinesi libanesi», ha detto Faruq al-Shara, vice presidente siriano. La Siria ha già sentito il rombo dei caccia israeliani sorvolare Damasco dove vive il capo di Hamas, Khaled Meshaal, che gli israeliani vogliono morto. Dal canto loro, gli hezbollah al di là di quelli che possono essere gli interessi regionali dell'Iran impegnato anche loro su altri fronti, chiedono la liberazione dei loro prigionieri, detenuti nelle carcere israeliani, risultato di 22 anni di guerra.
«I guerriglieri del movimento sciita libanese Hezbollah possono colpire ancora più a fondo», ha dichiarato lo sceicco Hassan Nasrallah, leader degli hezbollah. «La cattura di due soldati israeliani ha solo lo scopo di uno scambio con prigionieri arabi e palestinesi e non di trascinare il Libano e la regione in una guerra. Ma se scelgono lo scontro, devono aspettarsi sorprese», ha tuttavia aggiunto il leader di hezbollah.

Ewigen
14-07-2006, 17:35
MEDIO ORIENTE 14/7/2006 17.31
BEIRUT, PROSEGUONO BOMBARDAMENTI ISRAELIANI, CIVILI IN FUGA

Reso inutilizzabile l’aeroporto, colpite le più importanti arterie stradali, assediati dalla marina i principali porti: continua l’assedio di Israele al Libano. La televisione libanese ha appena riferito un nuovo bombardamento contro la periferia sud di Beirut, dove si trova la sede del movimento sciita Hezbollah, mentre nel primo pomeriggio l’aviazione e la marina hanno bombardato il cavalcavia di Zaharani, a 50 chilometri a sud di Beirut – dove è situata anche la maggiore centrale elettrica del Libano meridionale – provocando un numero tuttora imprecisato di morti e feriti. Aerei israeliani sono inoltre tornati a colpire l’aeroporto internazionale Rafik al-Hariri di Beirut per la quarta volta in poco più di 24 ore: dopo aver precedentemente preso di mira i depositi di carburante, le piste di decollo e atterraggio e edifici vicini adibiti ad abitazioni civili, stavolta hanno bombardato il terminal dello scalo che finora era stato risparmiato. Volantini sono stati inoltre lanciati per ‘avvertire’ che presto verrà compiuto un attacco contro il tunnel ‘Salim Salam’ che collega i quartieri residenziali della capitale all’aeroporto; intanto viene segnalata la fuga di migliaia di civili da Beirut, nel timore di nuovi attacchi. La marina invece ha colpito la città portuale di Tiro, nel sud del Libano, e l’adiacente campo di profughi palestinesi di Rashidiya, a circa 80 chilometri a sud della capitale. Si tratta della maggiore offensiva dell’aviazione israeliana dall’invasione israeliana nel 1982, hanno osservato funzionari israeliani precisando che l’unica azione militare paragonabile è quella soprannominata ‘Grapes of Wrath’ (Pallottole d’ira) del 1996 anche allora diretta contro gli Hezbollah. Quella volta però le vittime furono 165, tra cui oltre 100 civili, in 17 giorni di combattimenti; stavolta i morti libanesi in appena tre giorni sono già 61, mentre le vittime israeliane sono 10: otto soldati uccisi nel corso del rapimento di due militari israeliani che ha scatenato la risposta israeliana, e due civili morti in alcune città settentrionali a causa dei razzi lanciati dagli Hezbollah. Anche oggi decine di località israeliane sono state raggiunte dai missili libanesi – Safed, Naharya, Kiryat, Schmone – mentre molti considerano imminente un secondo attacco contro Haifa. Israele – ha intanto avvertito il primo ministro Ehud Olmert – fermerà le operazioni solo a tre condizioni: il rilascio dei due soldati rapiti dagli Hezbollah, la sospensione dei lanci di razzi e l’adesione del governo libanese alla risoluzione 1559 del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, che impone il disarmo degli Hezbollah e il dispiegamento dell’esercito libanese nel sud del Paese. Intanto l’offensiva israeliana prosegue anche sul fronte palestinese: un miliziano e cinque civili sono morti ieri in seguito a combattimenti, mentre cinque feriti in diverse incursioni israeliani hanno perso la vita oggi in ospedale.

Ewigen
14-07-2006, 17:35
14 Luglio 2006
LIBANO - ISRAELE
Per fermare l’attacco al Libano, Israele chiede il disarmo di Hezbollah
Il governo libanese sembra voler affrontare il problema e sembra avere l’appoggio dell’Arabia Saudita. Ancora bombardamenti soprattutto a Beirut e nel sud: distrutti 18 ponti.

Beirut (AsiaNews) - Morti e feriti, popolazione in fuga dalla zona sud di Beirut, ove sono gli uffici, vuoti, di Hezbollah, bersaglio di tre raid aerei, l’aeroporto nuovamente bombardato, distrutti 18 ponti e viadotti, anche all’interno della capitale libanese, e l’autostrada per Damasco, colpita dal mare la città di Tiro, nel sud del Paese, e l'adiacente campo profughi palestinese di Rashidiya. I soli danni materiali già ammonterebbero a 40 miliardi di dollari.

Appare crescere di intensità l’attacco contro il Libano da parte di Israele, che per fermarsi chiede la riconsegna dei suoi due soldati catturati ed il disarmo di Hezbollah. Il sud, roccaforte del “Partito di Dio”, e Beirut sembrano le zone più bersagliate: i caccia israeliani hanno colpito anche vicino al villaggio di Msayleh, non lontano dalla residenza estiva del presidente del parlamento libanese, Nabih Berri, leader del gruppo sciita Amal, vicino ad Hezbollah. Bombardamenti sono segnalati anche contro città cristiane come Ain Ebl, (città natale dell'ex patriarca maronita Khoraiche) e contro villaggi come Rmeich e Qlaiha. Fonti locali non verificabili parlano di 220 morti, in maggioranza civili.

Il Dipartimento di Stato ha invitato i diplomatici americani a lasciare Beirut, da dove si stanno precipitosamente allontanando gli stranieri che erano nuovamente tornati ad essere numerosi per le vacanze estive. Il vescovo maronita di Zahle, mons Mansour Houbeika, ha lanciato un appello alle coscienze perché fermino i bombardamenti. I leader religiosi del Sud, cristiani e musulmani, hanno espresso la loro condanna verso tutte le attività militari, sottolineando la pericolosità della situazione ed invitando tutti a svolgere un ruolo costruttivo per frenare l'ondata di violenza. Anche l'arcivescovo maronita di Beirut, mons Paul Matar, ha espresso la sua condanna contro l'ondata di violenza che è costata la vita a molti civili, senza risparmiare i luoghi di culto come la cattedrale di San Michele, distrutta totalmente, che sorge vicino alla sede principale del partito di Dio ed ha lanciato un appello contro il silenzio del mondo.

In Israele, la decisione del governo di attaccare a fondo Hezbollah, ribadita anche oggi, trova finora il sostegno della stragrande maggioranza dell’opinione pubblica e dei partiti, ma preoccupa fortemente il resto del mondo. Alla richiesta libanese di cessate-il-fuoco, il governo israeliano, oggi ha risposto con la portavoce Miri Eisin, ponendo tre condizioni: il rilascio dei due soldati rapiti dagli hezbollah, la fine degli attacchi con i razzi e adesione del governo libanese alla risoluzione 1559 del Consiglio di Sicurezza dell'Onu, che imponeva anche il disarmo di Hezbollah.

Di quest’ultimo punto c’è un possibile riscontro in una dichiarazione odierna del governo libanese il quale, dopo aver condannato “l’aggressione israeliana, che contraddice tutte le decisioni, patti e consuetudini internazionali” e negato che ci si trovi davanti ad un comportamento motivato dalla legittima difesa, sembra alludere alla necessità di un diverso atteggiamento verso Hezbollah. Il disarmo della “resistenza” e lo schieramento dell’esercito lungo il confine israeliano erano stati due degli scogli incontrati dal “Dialogo interlibanese”, interrotto dalle esplosioni di questi giorni. Oggi, il documento del governo, al punto 6 afferma il suo “diritto di estendere la sua autorità sull’insieme del territorio libanese, di esercitare la sua sovranità e di prendere le decisioni nazionali all’interno ed all’estero delle sue frontiere”. La frase, che gli sciiti presenti al governo hanno tentato di eliminare, definendola “una trappola” per Hezbollah, trova una singolare sponda nell’Arabia Saudita. ”Arab News”, in un articolo intitolato “Debbono prevalere più saggi consigli”, citando “una fonte ufficiale” del governo saudita, afferma che il sostegno dato da Ryad alla “legittima resistenza palestinese all’occupazione militare” comprendeva anche “la resistenza libanese, fino alla fine dell’occupazione israeliana del sud del Libano”. “Ma ci deve essere una differenza fra la legittima resistenza ed una irresponsabile avventura provocata da elementi all’interno di uno Stato, senza rinvio ad alcuna legittima autorità statale o consultazione o coordinamento con i Paesi arabi. Le loro azioni in tal modo espongono tutti i Paesi arabi a grave pericolo e le loro realizzazioni alla distruzione”.

Sull’altro fronte, la Siria, sponsor, con l’Iran, di Hezbollah, sulla sua agenzia nazionale, la Sana, dà grande enfasi alla notizia che Assad ha ricevuto una telefonata di Ahmadinejad che “ha sottolineato che l’Iran sta dalla parte della Siria e la sostiene per fronteggiare le ingiuste campagna e pressioni.

Si fa più attiva, infine, l’azione degli organismi internazionali per trovare qualche via per fermare la violenza. Domani arriverà in Medio Oriente Javier Solana, rappresentante esteri dell’Ue, sempre domani, di Libano si parlerà al G8, dopo la decisione russa di inserire la questione nell’ordine del giorno, mentre arriverà al Cairo, ove saranno riuniti i ministri degli esteri della Lega araba, una delegazione dell’Onu, guidata da Vijay Nambiar, consigliere speciale di Kofi Annan per gli affari politici, che ha intenzione di recarsi successivamente in Israele, territori palestinesi, Libano e Siria.

Ewigen
14-07-2006, 17:36
14 Luglio 2006
VATICANO – LIBANO – ISRAELE
Card. Sodano condanna terrorismo e rappresaglia ed invita al “dialogo sincero”
Benedetto XVI segue la situazione mediorientale, dice in una dichiarazione, il cardinale segretario di Stato, che sottolinea la vicinanza della Santa Sede alla popolazione libanese.

Città del Vaticano (AsiaNews) – Condanna del terrorismo, ma anche delle rappresaglie militari, riaffermazione che il “dialogo sincero tra le parti in causa” continua ad essere “l’unica via degna della nostra civiltà”, vicinanza alla popolazione libanese. Sono i punti sottolineati dal cardinale segretario di Stato, Angelo Sodano, in una dichiarazione alla Radio Vaticana sulla situazione mediorientale.

“Le notizie che ci giungono dal Medio Oriente – ha detto - sono certamente preoccupanti. Il Santo Padre Benedetto XVI e tutti i suoi collaboratori – ha aggiunto - seguono con particolare attenzione gli ultimi drammatici episodi che rischiano di degenerare in un conflitto con ripercussioni internazionali”.

“Come in passato – ha proseguito il card. Sodano - anche la Santa Sede condanna sia gli attacchi terroristici degli uni sia le rappresaglie militari degli altri. Infatti, il diritto alla difesa da parte di uno Stato non esime dal rispetto delle norme del diritto internazionale, soprattutto per ciò che riguarda la salvaguardia delle popolazioni civili. In particolare, la Santa Sede deplora ora l’attacco al Libano, una Nazione libera e sovrana, ed assicura la sua vicinanza a quelle popolazioni, che già tanto hanno sofferto per la difesa della propria indipendenza”.

“Ancora una volta – ha concluso - appare evidente come l’unica via degna della nostra civiltà sia quella del dialogo sincero fra le Parti in causa”.

Ewigen
14-07-2006, 17:50
MEDIO ORIENTE 14/7/2006 10.07
ISRAELE MINACCIA CAPO HEZBOLLAH LIBANESI E RITIRA CARRI DA GAZA

Hassan Nasrallah, il capo degli Hezbollah libanesi, “ha deciso da solo il suo destino”: lo ha detto poco fa il ministro dell’Interno israeliano, Ron Bar-On, aggiungendo che “al momento giusto regoleremo i conti con lui”. Tel Aviv, nella terza giornata di bombardamenti contro il Libano, ha deciso così di puntare in alto e di minacciare direttamente il capo supremo di Hezbollah, lanciandogli molto più di un avvertimento, visto che all’alba aerei israeliani hanno attaccato il quartiere meridionale di Beirut in cui ha sede il comando del gruppo integralista sciita.
Sempre nel sud di Beirut l’aviazione israeliana ha inoltre colpito una centrale elettrica durante le incursioni notturne; questa mattina presto un raid aereo ha centrato la base del movimento palestinese pro-siriano Fplp-Cg nella vallata libanese della Bekaa, a est, mentre artiglieria e aerei di Tel Aviv hanno continuato a spazzare il confine israelo-palestinese. Sconosciuto, per il momento, il numero complessivo delle vittime, sebbene si parli di decine di civili uccisi in questi tre giorni di guerra. Un bilancio provvisorio parla di almeno 57 morti libanesi, ai quali vanno aggiunti quelli israeliani, a cominciare dagli otto soldati trucidati lo scorso 12 luglio da Hezbollah.
Il movimento integralista libanese continua intanto a lanciare razzi contro Israele, in particolare contro la città di Haifa. Sul fronte meridionale della crisi, questa mattina i carri armati israeliani si sono ritirati dal centro e dal sud della Striscia di Gaza, dopo che l’aviazione ha compiuto una nuova incursione, colpendo tra l’altro la casa di un deputato di Hamas a Beit Lahya, nel nord della Striscia. Un secondo raid avrebbe provocato la distruzione di un ponte tra il campo profughi di Nousseirat, nel centro della Striscia di Gaza, e un quartiere meridionale della città di Gaza.

Ewigen
14-07-2006, 18:18
Il medio oriente sequestrato a Beirut
Israele colpisce obiettivi in tutto il Libano. Razzi hezbollah su Haifa. L’iraniano Larijani a Damasco

[Il Foglio] Roma. Dopo le prime 24 ore di combattimenti in Libano, dall’analisi delle operazioni militari israeliane emergono sempre più chiaramente gli obiettivi strategici dell’azione ribattezzata “Giusta paga”, abbinata alla pesante offensiva “Pioggia d’estate” contro Hamas nella Striscia di Gaza. Le forze israeliane, di terra, aria e mare stanno colpendo obiettivi sensibili in Libano. Nella notte di mercoledì e ieri hanno lanciato razzi sull’aeroporto di Beirut. Il ministro della Difesa, Amir Peretz, ha annunciato che Israele “non permetterà più agli Hezbollah di dislocarsi in prossimità del confine israeliano”.
L’operazione, che finora ha causato la morte di 52 civili libanesi, sembra tesa a correggere l’errore compiuto nel maggio del 2000 dall’ex premier Ehud Barak che ordinò il ritiro unilaterale dal Libano meridionale nell’illusione di chiudere il lungo e sanguinoso confronto con le milizie sciite e i gruppi palestinesi in Libano, ripiegando sui confini internazionali riconosciuti dall’Onu. La decisione inaugurò la stagione dei ritiri israeliani, culminata l’estate scorsa con l’abbandono di Gaza. Le due operazioni hanno più di un punto in comune e non a caso oggi Tsahal è costretto all’offensiva contemporaneamente su due fronti per salvaguardare la sicurezza nazionale. Il disimpegno dal Libano sei anni fa lasciò in balìa di Hezbollah le milizie cristiane libanesi che avevano aiutato gli israeliani a difendere la fascia di sicurezza istituita a protezione della Galilea. Furono disarmate e smobilitate dai miliziani sciiti che ancora oggi utilizzano le loro armi “made in Israel” per attaccare Tsahal.
L’offensiva israeliana sembra puntare a spazzare via le postazioni di frontiera di Hezbollah eliminando le riserve di razzi che in queste ore colpiscono le città israeliane di confine. Ieri, per la prima volta, due katiuscia hanno colpito Haifa. In altri attacchi (sono stati lanciati più di 80 missili) una persona è stata uccisa, ci sono decine di feriti. Il progetto non ha colto di sorpresa i guerriglieri sciiti, che secondo fonti vicine all’intelligence israeliana avrebbero messo in atto piani d’emergenza con la fuga del leader del gruppo, Hassan Nasrallah, in nascondigli ritenuti sicuri, e lo stoccaggio di depositi di munizioni, razzi e missili nei tunnel in cemento armato di Naama, base a 30 chilometri a sud di Beirut, utilizzata dai palestinesi. Il luogo è stato colpito più volte dagli israeliani. Potrebbe essere investito nei prossimi giorni da un’offensiva terrestre.
Tutto lascia intendere che Tsahal possa anche voler neutralizzare Hezbollah puntando su Beirut, per isolare e setacciare i quartieri sciiti a sud della capitale, zona roccaforte del movimento, non soltanto alla ricerca dei due soldati catturati e dello stesso Nasrallah. Israele ha chiesto ai civili di evacuare il sud. Il piano spiegherebbe il blocco navale posto alle coste libanesi, gli attacchi contro l’aeroporto di Beirut, altri campi di volo militari e la strada per Damasco.

Gli aiuti angloamericani a Fouad Siniora
Ieri, i mass media israeliani parlavano inoltre della possibilità di un trasporto dei due prigionieri in Iran. Tra gli obiettivi strategici vanno intesi anche i raid contro i ripetitori delle emittenti propagandistiche del movimento, come la televisione al Manar, colpita nella mattinata d’ieri, e la radio al Nur. Il capo di stato maggiore israeliano, Dan Halutz, ha confermato che le operazioni sono a vasto raggio e “continueranno fino a quando non sarà ristabilita la calma nel nord di Israele”, ma ha aggiunto l’obiettivo di “spingere il governo libanese ad assumersi le sue responsabilità”.
L’esecutivo di Beirut aveva preso nelle scorse ore le distanze dal rapimento. Ha chiesto al Consiglio di sicurezza di domandare un cessate il fuoco. “Il Libano non è ostaggio di Hezbollah, ma ha un governo che è pronto a prendere decisioni di estrema importanza. Dobbiamo fronteggiare l’aggressione israeliana”, ha detto il ministro dell’Interno. Il premier Fouad Sinora – che ieri ha richiamato l’ambasciatore a Washington che aveva preso posizioni vicine a Hezbollah – è sempre più legato agli angloamericani: ha ottenuto da Londra aiuti militari e d’intelligence per contrastare la minaccia siriana, i gruppi terroristici legati ad al Qaida e le milizie Hezbollah che hanno rifiutato l’ordine di disarmo della risoluzione dell’Onu 1.559. L’offensiva israeliana in Libano consentirà di esercitare nuove pressioni sul regime siriano, pur evidenziando la debolezza di Beirut, schiacciata tra l’impossibilità di difendere il lembo meridionale di territorio nazionale, che di fatto non ha mai controllato, e la presenza delle milizie Hezbollah e palestinesi. Il prolungamento delle operazioni israeliane metterebbe a dura prova il regime siriano e gli alleati iraniani che con Damasco hanno un patto di mutua assistenza militare. Intanto Teheran ha messo in allarme le sue forze missilistiche e la difesa aerea, e il consigliere per la sicurezza nazionale, Ali Larijani, è a Damasco.

kaioh
14-07-2006, 20:21
ITALIA 14/7/2006 20.43
MEDIO ORIENTE: PAPA, PREGHIAMO PER FINE VIOLENZE

“Preghiamo e speriamo che il Signore aiuti. Soprattutto che tutti cessino con la violenza”: lo ha detto Benedetto XVI, rispondendo ai giornalisti che gli hanno chiesto un commento sulla crisi mediorientale e in particolare sul Libano. Il Papa stava rientrando dalla sua prima passeggiata tra le montagne monti della Valle d'Aosta, dove è in vacanza. “Abbiamo detto qualcosa oggi come Santa Sede”, ha detto ancora il Papa ai giornalisti, ricordando la dichiarazione del segretario di Stato uscente Angelo Sodano. Parlando alla Radio Vaticana, il porporato ha espresso condanna sia per “gli attacchi terroristici degli uni sia per le rappresaglie militari degli altri”, ma ha anche aggiunto che la Santa Sede “deplora ora l’attacco al Libano, una Nazione libera e sovrana, ed assicura la sua vicinanza a quelle popolazioni, che già tanto hanno sofferto per la difesa della propria indipendenza”. In giornata il Papa ha fatto visita alle suore del convento delle Carmelitane di Quart, particolarmente coinvolte dai bombardamenti ad Haifa (dove c’è il monte Carmelo). “Sappiamo come oggi l'umanità soffra per la violenza. Soffre molto nella Terra Santa, soffre in Libano e in altri posti nel mondo” ha detto Benedetto XVI. Rivolgendosi alle suore ha poi aggiunto: "Affido alle vostre preghiere queste sofferenze nel Medio Oriente e in altre parti del mondo".

Ewigen
14-07-2006, 20:22
MEDIO ORIENTE 14/7/2006 21.18
FALLITO BOMBARDAMENTO ISRAELIANO CONTRO LEADER HEZBOLLAH

Missili israeliani hanno colpito la casa e l’ufficio del segretario generale di Hezbollah, lo sceicco Hassan Nasrallah, due edifici nel quartiere meridionale residenziale della capitale libanese Beirut; Nasrallah, la sua famiglia e le guardie del corpo sono illesi e salvi. “Volete la guerra aperta? Siamo pronti. Ma vi dico che sarà una guerra totale da Haifa e al di là di Haifa” ha detto il capo di Hezbollah in un messaggio apparentemente preregistrato ad ‘Al-Manara’, la tv del movimento sciita libanese, appena un’ora dopo il fallito attentato. Dopo aver reso onore ai “martiri” caduti negli ultimi tre giorni di combattimenti, ha inoltre osservato che “il confronto non è più per lo scambio di prigionieri”. Intanto il capo di stato maggiore israeliano ha assicurato: “i tre soldati catturati dalla guerriglia palestinese e libanese sono ancora vivi”, riferendosi sia al caporale rapito il 25 giugno nella Striscia di Gaza che ai due soldati catturati al confine col Libano. Esplosioni nella capitale si sono susseguite per tutto il pomeriggio: tra gli obiettivi, oltre all’aeroporto internazionale Rafik al-Hariri, i depositi di carburante di una delle due principali centrali elettriche di Beirut, il cavalcavia di Beer Hasan che collega la periferia sud ai quartieri ovest, il viale Hadi Nasrallah intitolato al figlio del leader di Hezbollah, abitazioni nell’affollato quartiere residenziale meridionale Haret Hreik e la stazione radiofonica ‘Al-Nour’ che tuttavia ha continuato a trasmettere. Altri aerei hanno colpito i ripetitori delle stazioni televisive locali nella Valle orientale di Bekaa e l’autostrada tra Beirut e Damasco – il principale collegamento libanese oltreconfine. Sono saliti a 73 i morti libanesi, quasi tutti civili, di cui cinque uccisi nelle incursioni di oggi. Sul fronte israeliano, le vittime sono 12: otto soldati uccisi nel corso del rapimento che mercoledì mattina ha scatenato l’offensiva israeliana e 4 vittime dei lanci di razzi libanesi, tra cui una nonna e il nipote di 5 anni morti oggi a Nahariya. Sono almeno 50 i razzi lanciati contro sette città e comunità israeliane, tra cui Safed. Uno avrebbe danneggiato una nave israeliana al largo di Beirut. Prosegue intanto l’offensiva israeliana sul fronte palestinese: elicotteri israeliani hanno sparato nei dintorni del muro che segna il confine fra la Striscia di Gaza e l’Egitto – chiuso dal 25 giugno a seguito della crisi israelo-palestinese – oltrepassato oggi da circa 1.500 persone dopo che miliziani palestinesi avevano aperto una breccia nella recinzione.

Ewigen
15-07-2006, 07:19
«Paese in ginocchio: così umiliano la gente»

Il deputato Kanaan: Israele ha già trattato in passato con l’Hezbollah, torni a farlo


[Avvenire] «Le condizioni sociali e umanitarie stanno indubbiamente degenerando, ma ciò rimane una conseguenza della situazione politico-militare. A noi politici spetta perciò, per arrivare a una soluzione definitiva, affrontare la questione alle radici».
L’avvocato Ibrahim Kanaan è da un anno deputato del blocco parlamentare del generale Michel Aoun, la maggiore formazione politica cristiana in Libano ed è elemento di punta della politica “post-siriana”.
Israele ha imposto un embargo aereo e navale al Libano. Quanto può influire questo blocco sulla vita dei cittadini?
Per ora le condizioni sono assai sopportabili, ma potrebbero peggiorare velocemente. La gente non ha la pur minima idea di quanto possano durare le azioni militari e questo la preoccupa tanto. La distruzione da parte di Israele delle infrastrutture civili, ignorando completamente le clausole della Convenzione di Ginevra, significa che ci saranno delle ripercussioni negative proprio sui cittadini.
La soluzione?
Noi sollecitiamo il blocco immediato delle operazioni militari per permettere alla comunità internazionale e alle parti in causa di raggiungere una soluzione. La parola deve passare alla diplomazia. L’opzione militare e l’escalation non porteranno, infatti, lontano. Alla fine, le parti dovranno pur sempre trattare per trovare un compromesso. Tanto vale, a questo punto, cercarlo subito questo compromesso.
Ma Israele non intende trattare con l’Hezbollah...
Eppure l’ha fatto varie volte in passato, anche se indirettamente. Nel 1996, a titolo d’esempio, e dopo un’offensiva militare israeliana, ha addirittura sottoscritto un agreement grazie alla mediazione di Stati Uniti e Francia che ha riconosciuto la legittimità delle azioni dell’Hezbollah nel Sud del Libano contro i suoi soldati.
Il generale Aoun ha sottoscritto nel febbraio scorso un patto con l’Hezbollah. Se n’è pentito?
Più che un patto, abbiamo sottoscritto una Carta volta ad affrontare la questione del disarmo dell’Hezbollah da un’altra angolatura. Non intendevamo affatto scavalcare lo Stato o i cittadini, ma semplicemente presentarla agli altri partiti libanesi per esaminarla e, se necessario, modificarla. Le alternative erano due: o disarmare con la forza gli hezbollah, cosa impossibile, oppure trovare una formula in grado di preservare la sovranità dello Stato sui suoi territori e, nello stesso tempo, l’onore di chi ha resistito e lottato per liberare quei territori.
Voi deputati del Blocco nazionale libero siete gli unici a stare fuori dalla compagine governativa. Come giudicate l’operato del governo?
Il governo ha commesso vari errori strategici e l’abbiamo sempre criticato. Ma in queste difficili circostanze, gli offriamo tutto il nostro appoggio per uscire al più presto da questo tunnel.

Ewigen
15-07-2006, 07:22
«Le violenze dureranno E noi siamo qui bloccati»

«Gli americani troveranno una via d’uscita. Non possono indebolire un governo alleato»

[Avvenire] Dalla sua abitazione sulle verdi colline sovrastanti Beirut, Francis scorge a occhio nudo l’aeroporto. La scorsa notte aveva letteralmente balzato dal letto quando i caccia israeliani hanno centrato la pista bloccando il traffico aereo. «Sono giunto tre giorni fa dall’Italia con la moglie napoletana e i tre figli per passare l’estate in Libano. E ora ci troviamo bloccati, non so fino a quando». «La gente teme che l’escalation possa protrarsi a lungo», dice Jocelyne. «E così, malgrado le rassicurazioni del governo circa la disponibilità di scorte alimentari, hanno preso d’assalto forni e negozi per rifornirsi di pane, farina e latte. Lunghe file di auto si sono anche formate davanti alle stazioni di servizio». «La mia ditta, sita non lontano dalla periferia sud sciita, ha deciso di osservare l’orario part-time, dice Ziad. Ora sto come tanti altri libanesi incollato alla tivù per seguire gli eventi, ma sono perlomeno fiducioso». E perché mai, chiediamo? «Gli americani troveranno una via d’uscita. Non possono indebolire un governo libanese, tutto sommato, alleato». «La fuga dei turisti non è un buon segnale», fa notare invece Doris. «Molti poi hanno cancellato le prenotazioni alberghiere dando un colpo duro alla stagione turistica e di villeggiatura, cioè a un cardine della nostra economia». «Stasera, ad esempio, il festival internazionale di Baalbek doveva inaugurarsi con una commedia di Fairuz, ma il tutto è stato rinviato sine die». Per ora, almeno, il rumore assordante degli alimentatori elettrici non si sente. «Nessuna centrale elettrica è stata finora colpita – dice Rami –, ma gli israeliani l’hanno fatto in passato e potrebbero benissimo rifarlo». «Nei caffè – racconta Fadi al telefono con un tono di rabbia – le discussioni sono accese: il capo degli hezbollah ha chiesto alle madri libanesi di sentirsi come la mamma di Samir Qantar, il detenuto libanese in Israele, e di sopportare l’aggressione». E continua: «Ma siamo matti! Sacrifichiamo decine di vite umane per liberarne una sola? E perché non applicare questo criterio alle mamme che hanno figli detenuti nelle carceri siriane? Andiamo forse a rapire soldati siriani per liberali?».

Ewigen
15-07-2006, 07:23
ISRAELE-LIBANO: NASRALLAH IN TV, ONORE AI MARTIRI

[Avvenire] Il leader di Hezbollah, sheikh Hassan Nasrallah, ha parlato in diretta telefonica ad Al-Manar, la Tv del movimento sciita libanese. Nasrallah ha prima di tutto reso onore ai "martiri" caduti negli ultimi tre giorni nei combattimenti con Israele e ha affermato che "il confronto non è più per lo scambio di prigionieri".

Ewigen
15-07-2006, 11:05
MEDIO ORIENTE 15/7/2006 9.51
OFFENSIVA ISRAELIANA ANCHE CONTRO IL NORD E IL NORDEST DEL LIBANO

Proseguono senza sosta i bombardamenti israeliani su diverse località libanesi: l’ultimo ha colpito il campo di profughi palestinesi di Badawi, a nord di Tripoli, nei pressi del confine con la Siria, ma mancano ancora dettagli su eventuali vittime. Sono invece almeno quattro i morti e 16 i feriti degli attacchi aerei sferrati durante la notte che portano a 77 le vittime libanesi: tre civili sono rimasti uccisi dopo che i caccia israeliani hanno colpito un ponte sul fiume Assi alla periferia di Hermel, presso il confine nordorientale con la Siria a 130 chilometri a nordest da Beirut; un operaio egiziano è morto e altri tre sono stati feriti invece nell’esplosione di una stazione di benzina all’entrata sud di Saïda, principale centro meridionale del paese, mentre almeno altre 14 persone sono state ferite in altri attacchi nel sud del Libano.
In particolare, i caccia israeliani hanno colpito le colline di Msaylih dove si trova la dimora del presidente del parlamento libanese, il filosiriano Nabih Berri, e il ponte di Damour, circa 20 chilometri a sud di Beirut, lungo l’autostrada che collega la capitale al sud del paese.
Per la prima volta l’aviazione israeliana ha sferrato bombardamenti anche nel nord e nel nordest del paese, finora risparmiato, e in particolare contro i dintorni di Tripoli, seconda città del Libano; i collegamenti tra il nordovest del Libano e la Siria, tra cui un ponte sul fiume Oronte; la collina di Terbol dove si trova un campo d’addestramento in disuso dell’esercito libanese. L’autostrada che collega Beirut a Damasco è invece oramai impraticabile. L’aviazione israeliana è inoltre pronta a bombardare il villaggio sciita di Marhwaheen, a est di Tiro, nel sud del paese: volantini sono stati lanciati per consigliare alla popolazione di rifugiarsi in una vicina base dell’Onu.
Intanto, prosegue la reazione libanese: una dozzina di razzi sono stati lanciati dal sud del Libano contro varie località settentrionali israeliane – in particolare Nahariya – senza far vittime. Risultano invece dispersi quattro soldati della marina israeliana dopo che una nave da guerra ormeggiata al largo del Libano attaccata dagli Hezbollah ha preso fuoco. Secondo un portavoce dell’esercito israeliano, anche una nave civile, apparentemente egiziana, sarebbe stata danneggiata nello stesso attacco. L’offensiva israeliana prosegue intanto anche sul fronte palestinese: un diciottenne è stato ucciso e altre otto persone sono state ferite in un attacco al villaggio di Deir al Balah, nel centro della striscia di Gaza, dove è stato pure distrutto un ponte nel villaggio di Al Bureij, mentre a Nord di Gaza City sarebbe stato colpito il ministero palestinese dell’Economia.
Sul fronte diplomatico, il partito siriano Baath ha assicurato il “suo pieno appoggio al popolo libanese e alla sua eroica resistenza nel far fronte all’aggressione barbara di Israele e ai suoi crimini”. Nonostante ciò, il primo ministro israeliano Ehud Olmert ha promesso che l’offensiva proseguirà finché i guerriglieri Hezbollah non perderanno il controllo del sud del Libano al confine con Israele. Anche una mediazione dell’Onu – ha detto Olmert in un colloquio telefonico con il segretario generale Kofi Annan – deve essere vincolata al disarmo degli Hezbollah e al rilascio dei due soldati rapiti mercoledì, il cui sequestro da parte degli Hezbollah ha innescato la crisi israelo-palestinese.

Ewigen
15-07-2006, 11:06
15 Luglio 2006
LIBANO – ISRAELE
Libano, si aggrava la crisi: al G8 nessun accordo

Secondo Al-Hayat, Israele concede tre giorni alla Siria per il disarmo di Hezbollah e la liberazione degli ostaggi: l’alternativa è la guerra. Molto apprezzato l’intervento del Papa, definito dai miliziani “difensore dei diritti dell’uomo e modello di santità”.

Beirut (AsiaNews) – Il governo israeliano ha dato un ultimatum di tre giorni alla Siria per interrompere gli attacchi di Hezbollah, procedere al disarmo della milizia e liberare gli ostaggi rapiti: l’alternativa è la guerra. La notizia viene dal quotidiano pan-arabo edito a Londra Al-Hayat, che nell’articolo cita fonti del Pentagono.

Secondo il giornale, “una fonte militare americana ha avvertito che se il mondo arabo e la comunità internazionale falliranno negli sforzi di convincere la Siria a fare pressioni su Hezbollah per il rilascio dei militari e per fermare l'attuale escalation, Israele potrebbe attaccare obiettivi nel Paese”. “Washington - ha aggiunto la fonte - non può escludere la possibilità di un attacco israeliano in Siria”.

Da parte sua, Damasco “assicura il proprio appoggio al Libano e al movimento degli Hezbollah alla luce degli attacchi che Israele conduce da mercoledì”. Con un comunicato ufficiale del partito governativo Baath, diffuso questa notte, “il popolo siriano e' pronto a estendere il suo pieno appoggio al popolo libanese e alla sua eroica resistenza nel far fronte all'aggressione barbara di Israele e ai suoi crimini”.

Fa breccia invece l’appello di Benedetto XVI alla pace, che persino l'emittente Al Manar, controllata da Hezbollah, ha messo in rilievo: “Il Papa – ha detto lo speaker nell’editoriale quotidiano – è un difensore dei diritti dell'uomo e modello di santità”.

In Libano, il premier Fouad Siniora parla all’emittente Cnn e dice che il governo di Tel Aviv “sta facendo a pezzi il Libano”. “Il governo libanese – spiega nell’intervista - ha detto con chiarezza di non avere alcuna informazione sul sequestro: non abbiamo alcuna responsabilità, anzi sconfessiamo un atto simile”. Rivolgendosi a Israele, Siniora ha poi chiesto “l'immediato cessate il fuoco”, mentre Mouhamad Jawad Khalife, ministro della Sanità sciita, raggiunto telefonicamente da AsiaNews, ha detto: “Ci voleva tutta quest'ondata di violenza per liberare due soldati, quando noi libanesi da molti anni aspettiamo i nostri, di sequestrati?”. Il ministro ha poi rivolto un appello “agli uomini di buona volontà affinché aiutino il Libano ed esercitino la loro pressione contro Israele, che vuole distruggere il Paese".

La diplomazia internazionale sembra inerme: il campo di incontro è Mosca, dove si apre oggi l’incontro del G8, ma una cena fra il presidente americano e quello russo, Vladimir Putin, avvenuta ieri sera conferma l’assenza di una linea comune sull’argomento.

Putin, l'ospite del summit, ha chiesto a Bush di “premere su Israele, il suo più stretto alleato in Medio Oriente, affinché cessi le ostilità”. Bush ha risposto chiedendo a Putin di premere sulla Siria e l'Iran, i Paesi islamici a lui più vicini, affinché inducano i miliziani di Hezbollah a deporre le armi.

Dopo la cena, il portavoce del presidente americano Tony Snow ha confermato la mancata intesa. “Il presidente – ha detto ai cronisti - pensa che Israele debba limitare per quanto possibile il numero delle vittime, ma non desidera prendere decisioni militari in sua vece”. Parlando in prima persona, Putin ha invece detto che “se è inaccettabile la presa di ostaggi, lo è anche una massiccia operazione bellica”.

Bush e Putin torneranno sulla crisi oggi a un incontro bilaterale, questa volta con i loro consiglieri, e in consultazioni separate con altri membri del G8, prima dell'inizio del vertice previsto in serata.

Ewigen
15-07-2006, 11:10
15 luglio 2006 9.28
BEIRUT
ISRAELE-LIBANO, CACCIA ISRAELIANI ATTACCANO CAMPO PROFUGHI

Caccia israeliani hanno attaccato il campo di profughi palestinesi di Badawi, a nord di Tripoli, nel Libano settentrionale. Per ora non si hanno dettagli su eventuali vittime.

Ewigen
15-07-2006, 11:10
15 luglio 2006 9.28
MEDIO ORIENTE
ISRAELE-LIBANO, EVACUATI DA BEIRUT ITALIANI E OCCIDENTALI

Almeno 420 persone, di cui 300 italiani, sono state evacuate con nove pullman dalla capitale libanese. La partenza è avvenuta davanti all'ambasciata di Italia a Babda, sulle colline ad est di Beirut.I mezzi stanno viaggiando verso il nord del Libano.

Tutta l'operazione è stata coordinata dall'ambasciatore italiano Franco Mistretta.

Ewigen
15-07-2006, 11:11
15 luglio 2006 11.18
G8
BUSH: USA E RUSSIA "CONDIVIDONO STESSE PREOCCUPAZIONI SU MEDIO ORIENTE"

[Avvenire] Stati Uniti e Russia nutrono "le medesime preoccupazioni" per la situazione in Medio Oriente, dove le ostilità si inaspriscono sempre di più a causa del confronto tra Israele e i miliziani di Hezbollah in Libano: lo ha dichiarato George W. Bush durante i lavori dell'annuale vertice del G8 apertosi ieri a San Pietroburgo.

"Condividiamo le stesse apprensioni", ha affermato il presidente americano, comparendo in pubblico inasieme al padrone di casa, il leader russo Vladimir Putin. "Siamo preoccupati per la violenza, e angosciati per le perdite di vite innocenti". Putin a sua volta a dichiarato di voler anch'egli un "dialogo pacifico" nella regione.

Ewigen
15-07-2006, 11:12
15 luglio 2006 10.30
BEIRUT
ISRAELE-LIBANO, COLPITA STRADA TRIPOLI-HOMS

[Avvenire] Caccia israeliani hanno bombardato stamani a nord est di Tripoli la strada che conduce alla cittadina siriana di Homs, a ridosso del confine con il Libano. Lo ha riferito la tv libanese Lbc.

La strada è parallela e dista diverse decine di km. da quella che conduce al valico di confine di Al Abbudieh dove sono diretti gli autobus che stanno evacuando dal Libano centinaia di occidentali.

Ewigen
15-07-2006, 11:21
Pensavamo il peggio alle spalle

Libano, mia terra di strazio

[Avvenire] Una madre scende di corsa i gradini di casa portando in braccio un neonato in lacrime. Nel buio del rifugio, scorge i visi pallidi di tanti ragazzini che premono istintivamente le mani sulle orecchie. I loro genitori ripetono che i minacciosi caccia militari che sorvolavano a bassa quota il quartiere si sono da un po' allontanati, ma i ragazzi non hanno voglia di ascoltare. Fuori, in strada, alcuni miliziani intimano a un malcapitato conducente di fermarsi per trasportare in ospedale due feriti gravi. Uno ha la mascella fracassata da una scheggia che gli era entrata nella guancia. Sangue, tanto sangue, ovunque. Sequenze che mi si sono impresse nella mente da tanti anni, da quando in Libano imperversava la guerra, e che nelle ultime ore mi martellano la testa. Quello che allora mi capitò di vivere insieme alla mia generazione, adesso lo stanno vivendo altre generazioni. Giovani nati e cresciuti quando il Paese dei cedri aveva recuperato una parvenza di normalità, pur sotto la «tutela» (non scelta) di un regime geograficamente vicino. Giovani che l'anno scorso, per esempio, avevano offerto il meglio di sé scendendo in piazza insieme, cristiani e musulmani, per rivendicare libertà alla loro terra. Questa generazione - pensai allora - non conoscerà la guerra, perché ha capito che il virus del conflitto sta proprio nella piaga del confessionalismo politico, nella disposizione dei capi delle diverse comunità ad essere docili ed ingenue pedine nelle mani dei burattinai regionali di turno. Ma mi sbagliavo. Non per un eccesso di fiducia nei confronti nella gioventù libanese, ma piuttosto per le condizioni in cui inopinatamente quella gioventù si trova oggi a vivere.
Sara, mia amica milanese, mi diceva ieri che stenta a credere che quelle tre ragazze libanesi, "così simili a noi occidentali", arrivate nella metropoli lombarda per una ricerca sull'interculturalità, fossero partite proprio da quell'aeroporto oggi crivellato di colpi. All'improvviso, queste si trovano bloccate qui, senza alcuna possibilità di rientrare a casa. Ostaggi, al pari del loro Paese, il Libano. «Quanto tempo sono rimaste le truppe straniere sul vostro territorio?», mi ha chiesto poco tempo fa un diplomatico occidentale di stanza a Beirut. Trent'anni, ho risposto. «Allora dovrete sgobbare almeno altri trent'anni per ridiventare un Paese libero». E non è finita, oggi lo sappiamo.
Le mine che vagano nel Libano dell'era «post-siriana» sono molte. C'è un partito armato, Hezbollah, che scavalca il governo legittimo decidendo quando e per conto di chi dichiarare guerra, senza badare ai veri interessi della popolazione. E, sull'altro fronte, uno Stato che muovendosi per tutelare la propria sicurezza colpisce indistintamente obiettivi civili e militari. Il Medio Oriente è sull'orlo del baratro, e il Libano è la valvola di sfogo delle tensioni regionali.
Come non sentire allora il petto schiacciato dalla preoccupazione per parenti e amici? Un po' di conforto viene dalle tante persone che, già negli anni bui, hanno sostenuto la causa del mio popolo. Messaggi di solidarietà che alleviano l'ansia di chi, come me, vive a distanza questo nuovo calvario. «Desidero dirti che ti siamo vicini e seguiamo gli sviluppi con trepidazione». «Mamma mia, che disastro! Ma sono impazziti tutti?». Sono gli sms che per fortuna stanno in queste ore intasando il mio cellulare. C'è tanta gente che ama il Libano, terra di pace che da sé non ha mai mosso guerra a chicchessia. In attesa di ricevere però un messaggio simile a quello inviatomi da Luca, nell'ultimo Capodanno, che era il primo di un Libano tornato - così almeno sembrava - finalmente libero: «Brindiamo - scriveva - agli uomini liberi e fieri, alla pazienza dei forti, a chi sa attendere senza spegnere la fiamma della speranza, al coraggio degli eroi di ogni tempo. Al Libano!».

Ewigen
15-07-2006, 11:29
15 luglio 2006 12.18
MEDIO ORIENTE
ISRAELE-LIBANO, OCCIDENTALI EVACUATI A FRONTIERA SIRIA

I nove autobus con a bordo 420 cittadini occidentali, 300 dei quali italiani, evacuati stamani da Beirut sono giunti al valico di Al-Abbudieyh, alla frontiera con la Siria. Lo hanno riferito all'Ansa alcuni dei passeggeri a bordo degli autobus.

Da Al-Abbudieyh, il convoglio raggiungerà adesso la cittadina costiera siriana di Latakia.

Ewigen
15-07-2006, 11:29
15 luglio 2006 12.22
BEIRUT
ISRAELE-LIBANO, TV: UCCISI 12 CIVILI A MARWAHIN

[Avvenire] Almeno 12 civili libanesi sono stati uccisi stamani in bombardamenti d'artiglieria israeliani contro il villaggio di confine di Marwahin. Lo ha riferito la Tv satellitare araba Al-Arabiya.

Ewigen
15-07-2006, 11:30
ROMA
ISRAELE-LIBANO: MARTEDÌ DIBATTITO CAMERA CON D'ALEMA

La Camera potrà discutere della situazione in Medio Oriente martedì prossimo, con la partecipazione del ministro degli Esteri Massimo D'Alema. L'uso del condizionale è d'obbligo in quanto la decisione spetta alla conferenza dei capigruppo, convocata per lunedì dal presidente della Camera Fausto Bertinotti, ma il ministro degli Esteri ha comunque già dato la sua disponibilità al dibattito.

Ewigen
15-07-2006, 11:38
MEDIO ORIENTE 15/7/2006 11.31
ISRAELE-LIBANO: PAESI ARABI IN RIUNIONE D’EMERGENZA AL CAIRO

I ministri degli Esteri della Lega Araba hanno iniziato una riunione d’emergenza al Cairo per unificare le loro posizioni e discutere il modo di far cessare gli attacchi israeliani contro il Libano e i Territori palestinesi; all’incontro, che si svolge a porte chiuse, partecipano i rappresentanti di 18 dei 22 paesi membri della Lega, inclusi Egitto, Arabia Saudita, Giordania, Siria, Libano e Autorità nazionale palestinese (Anp). Prima dell’avvio dei colloqui, il capo della diplomazia libanese, Fawzi Salloukh, ha deplorato “gli attacchi israeliani per terra, aria e mare contro le infrastrutture del Libano” chiedendo che anche gli altri paesi del blocco “condannino chiaramente questa aggressione”; presentando la bozza di una risoluzione, Salloukh ha anche riaffermato il diritto del Libano a "resistere all'occupazione con ogni mezzo legittimo".
Già ieri, il capo della Lega Araba, Amr Moussa, aveva attribuito ad Israele la responsabilità del deterioramento della situazione nella regione chiedendo l’intervento del Consiglio di sicurezza dell’Onu.
La riunione dovrebbe proseguire per tutta la giornata e concludersi con una richiesta congiunta per la fine dei bombardamenti e una soluzione pacifica alla crisi tra Israele e Hamas e tra Israele e gli Hezbollah; secondo fonti della Lega araba – riporta l’agenzia italiana 'Ansa' - ad esclusione della Siria, i paesi del blocco non daranno appoggio né ad Hamas né a Hezbollah.

Ewigen
15-07-2006, 11:57
15 luglio 2006 12.38
MEDIO ORIENTE
ISRAELE-LIBANO, RIPRESI BOMBARDAMENTI SU BEIRUT

I bombardamenti israeliani su Beirut sono ripresi poco fa, con una forte esplosione nella zona sud della capitale libanese, roccaforte di Hezbollah.

Ewigen
15-07-2006, 11:57
15 luglio 2006 12.42
MEDIO ORIENTE
ISRAELE-LIBANO: RAZZI SU TIBERIADE

Almeno tre razzi sparati dai miliziani libanesi Hezbollah hanno colpito questa mattina per la prima volta la città israeliana di Tiberiade, in Galilea: lo si è appreso da fonti militari israeliani. L'attacco avrebbe provocato feriti.

Andala
15-07-2006, 12:10
M.O.: ARRIVATO IN SIRIA CONVOGLIO ITALIANI CHE LASCIANO IL LIBANO

Beirut, 15 lug. - (Adnkronos/Aki) - E' entrato in Siria il convoglio di cittadini italiani che hanno deciso di lasciare il Libano. Lo ha comunicato poco fa ad AKI- ADNKRONOS INTERNATIONAL uno dei nostri connazionali residenti in Libano evacuati questa mattina da Beirut.
http://www.adnkronos.com/3Level.php?cat=Esteri&loid=1.0.498635410

Andala
15-07-2006, 13:29
M.O.: AL JAZEERA, 23 I MORTI IN RAID ISRAELIANO NEL SUD DEL LIBANO

Beirut, 15 lug. - (Adnkronos) - E' salito a 23 il numero delle vittime, tra cui donne e bambini, di un raid israeliano nel sud del Libano, nella zona di Tiro, dove un missile ha centrato un minibus carico di civili diretto in una base delle Nazioni Unite. Ne da' notizia la televisione Al Jazeera, secondo cui ad aprire il fuoco sono stati elicotteri.
http://www.adnkronos.com/3Level.php?cat=Esteri&loid=1.0.498712283

Ewigen
15-07-2006, 18:28
MEDIO ORIENTE 15/7/2006 16.07
ISRAELE-LIBANO: SALE NUMERO VITTIME CIVILI LIBANESI, 90.000 IN FUGA IN SIRIA

Almeno 30 civili sono stati uccisi e 45 sono stati feriti oggi dai bombardamenti israeliani in Libano, portando a 93 morti e 252 feriti il bilancio parziale delle vittime civili libanesi dall’inizio dell’offensiva dello Stato ebraico seguita mercoledì alla cattura di due soldati israeliani da parte dei guerriglieri sciiti Hezbollah. Venti persone – tra cui anche nove bambini minori di 15 anni – sono morte in un attacco missilistico sferrato da un elicottero israeliano lungo la strada tra Bayada e Shamaa, a poca distanza da Tiro, nel sud del Libano. Le vittime sarebbero arse vive tra i rottami di un’auto e di un minibus a bordo dei quali cercavano di fuggire dal villaggio di Marwahin, al confine tra Libano e Israele. Lo hanno riferito fonti ospedaliere e lo hanno confermato gli osservatori delle Forze ad interim dell’Onu in Libano (Finul). All’inizio della mattina, volantini avevano consigliato ai 5.000 abitanti di abbandonare “entro due ore” il villaggio considerato una delle basi operative dei guerriglieri del movimento lungo il confine comune.
Sarebbero inoltre morti anche gli otto passeggeri di un taxi siriano diretto probabilmente a Damasco centrato da i missili che hanno colpito in otto punti il valico di Masnaa fra Libano e Damasco. Molti i feriti e i morti anche sul ponte di Bar Elias, nella valle della Bekaa. Secondo il ministro delle finanze siriano Mohammad al-Hussein, sono già quasi 90.000 i libanesi che hanno attraversato il confine con la Siria da quando, quattro giorni fa, è iniziata la crisi israelo-libanese.
Proseguono inoltre i cannoneggiamenti della marina e i bombardamenti dell’aviazione israeliana contro Beirut: il palazzo a nove piani nella periferia sud di Haret Hreik che ospitava il quartier generale dello sceicco Hassan Nasrallah, segretario generale di Hezbollah, è stato distrutto totalmente dopo che il ministro israeliano dell’Immigrazione Zeev Boim, vicino al primo ministro Ehud Olmert, aveva dichiarato alla radio pubblica israeliana che Israele avrebbe “liquidato” il capo del movimento sciita libanese “alla prima occasione”. Nel sud del paese, i caccia israeliani hanno bombardato la città di Nabatiyeh, colpendo anche alcune abitazioni civili nel quartiere di Al-Rahibat. A nord est di Tripoli, invece, è stata bombardata la strada che porta alla cittadina siriana di Homs, parallela a quella che conduce al valico di confine di Al Abbudieh dove sono diretti gli autobus che stanno evacuando dal Libano centinaia di occidentali. Nel primo pomeriggio, secondo fonti di stampa, l'aviazione israeliana avrebbe anche sganciato per la prima volta ordigni sulle ‘terre di nessuno’ comprese tra le linee ufficiali di confine di Libano e Siria; ma la tv di Stato siriana ha smentito la notizia.
Gli Hezbollah hanno invece risposto ai bombardamenti lanciando per la prima volta almeno tre razzi a lunga gittata contro Tiberiade, la città della Galilea che sorge in riva all’omonimo lago citato più volte nei Vangeli come luogo delle predicazioni di Gesù; sette i feriti. È stato intanto ritrovato il corpo di uno dei quattro marinai israeliani dispersi dopo l’attacco sferrato precedentemente contro un’altra nave – secondo fonti israeliane – da un missile prodotto in Iran. “Vediamo ciò come un’impronta molto profonda di un coinvolgimento iraniano” ha commentato il generale Ido Behushtan. Secondo fonti dei servizi segreti israeliani, gli Hezbollah starebbero contando sull’assistenza di 100 soldati iraniani, voce smentita dai guerriglieri libanesi. Le vittime israeliane sono 12: otto soldati uccisi nel corso del sequestro che ha scatenato la risposta israeliana, il soldato della marina morto nell’attacco alla nave da guerra e quattro civili morti a causa dei razzi lanciati dagli Hezbollah.
Da San Pietroburgo il consigliere per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti Steve Hadley ha annunciato che “sta maturando” un dichiarazione dei paesi del G-8 che avrebbero già trovato “una buona quantità di accordo” e starebbero lavorando per definire “i passi da fare per uscire dalla crisi”.

Ewigen
15-07-2006, 18:38
Roma, 15 lug. (Adnkronos) - Il ministero della Difesa, "in stretto coordinamento con l'unita' di crisi della Farnesina, segue l'evolvere della situazione al fine di favorire l'evacuazione dei connazionali in Libano. Il ministro Parisi, che segue la situazione attraverso lo Stato Maggiore della Difesa, ha autorizzato la dislocazione in area -si legge in una nota del Ministero-di una unita' maggiore della Marina Militare, il Durand De La Penne, che si trova in acque internazionali al largo del Libano, e l'impegno nell'operazione di due C130 dell'Aeronautica Militare.Naturalmente l'impiego dei mezzi militari ha carattere umanitario", sottolinea il Ministero della Difesa

Ewigen
15-07-2006, 18:39
15 luglio 2006 15.46
MEDIO ORIENTE
ISRAELE-LIBANO, PORTAVOCE NEGA ATTACCO IN SIRIA

Un portavoce militare israeliano ha negato che l' aviazione abbia colpito oggi il territorio siriano. È stato colpito, ha detto, solo il territorio libanese.

Ewigen
15-07-2006, 18:39
15 luglio 2006 18.36
MEDIO ORIENTE
ISRAELE-LIBANO: ATTACCATO RADAR BATRUN, VITTIME

Un raid aereo israeliano ha avuto stasera per obiettivo anche un radar militare nei pressi della cittadina di Batrun, nel nord del Libano. Lo ha riferito la Tv libanese Lbc. Il raid ha provocato un numero ancora imprecisato di vittime tra i soldati della base dell'esercito in cui era collocato il radar.

Ewigen
15-07-2006, 22:52
MEDIO ORIENTE
BEIRUT, DISTRUTTO QUARTIER GENERALE CAPO HEZBOLLAH

[Avvenire] Le forze israeliane hanno distrutto completamente un palazzo di nove piani che costituiva il quartier generale a Beirut dello sceicco Hassan Nasrallah, capo supremo di Hezbollah. Lo ha reso noto l'agenzia di stampa libanese "Ani".

Ieri sera era stata attaccata la residenza di Nasrallah, che era tuttavia riuscito a salvarsi appellandosi poi ai propri miliziani per lanciare una "guerra totale" contro lo Stato ebraico.

Ewigen
16-07-2006, 08:14
A Roma primo volo italiani evacuati

Con loro altri cittadini europei scappati dal Libano -
ROMA, 16 LUG -E' atterrato dopo le 5 all' aeroporto di Fiumicino proveniente da Larnaca (Cipro) il primo dei due aerei con 190 europei evacuati dal Libano. Un Airbus A-321 dell' Alitalia ha portato a Roma gli europei, la maggior parte dei quali italiani, evacuati ieri dal Libano con 9 autobus con i quali hanno attraversato il confine settentrionale con la Siria al valico di Al-Abbudiyeh. A bordo di un secondo aereo dell' AirOne ci sono altri rimpatriati.

Ewigen
16-07-2006, 08:15
Ahmadinejad,Israele come Hitler
'Stessi metodi:quando vogliono attaccare inventano pretesto-

THERAM, 15 LUG - Il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad accusa Israele di usare gli stessi metodi di Hitler nella sua offensiva in Libano. 'I metodi israeliani assomigliano a quelli di Hitler: quando il leader nazista voleva lanciare un attacco - afferma Ahmadinejad - si inventava un pretesto. I sionisti si lamentano di essere state le vittime di Hitler, ma in realta' sono fatti della sua stessa pasta'.

Ewigen
16-07-2006, 08:16
Israele-Libano: missili su Beirut

Ferito Nasrallah, ma Hezbollah smentiscono
L'aviazione israeliana ha lanciato nella notte almeno 10 missili sulla capitale libanese. L'obiettivo era il quartiere di Bir al-Abed.Lo hanno detto fonti della polizia. Caccia israeliani hanno effettuato anche un raid contro una sede Hezbollah a Baalbeck nell'est del Libano. Nell'attacco sarebbe rimasto ferito il capo libanese di Hezbollah Hassan Nasrallah. Lo ha affermato la seconda catena privata della tv israeliana. Nasrallah e' 'sano e salvo', ha detto un responsabile di Hezbollah.

Ewigen
16-07-2006, 08:17
Razzi contro Haifa, otto morti


Hezbollah bombarda la citta' israeliana, stato di vigilanza
TEL AVIV, 16 LUG - Almeno otto israeliani sono morti in un bombardamento di Haifa condotto stamani dai guerriglieri libanesi Hezbollah.Lo riferisce la Stella di Davide Rossa. All'inizio del bombardamento le sirene ululavano per avvertire gli abitanti che dovevano entrare in zone protette. Fonti locali precisano che i razzi - tra 10 e 15 - hanno colpito rioni periferici e anche la vicina citta' di Akko. Uno stato di vigilanza e' stato proclamato da Tel Aviv fino al confine nord di Israele.

Andala
16-07-2006, 08:47
Israeli Jets 'Incinerate' Fleeing Family

From: Agence France-Presse
by Jihad Siqlawi in Tyre

July 16, 2006

ELEVEN children and seven adults were killed overnight in southern Lebanon, their bodies consumed by flames when an Israeli warplane opened fire on the convoy they were in, UN peacekeepers and hospital sources said.
Their charred remains were extracted from the wreckage of the minibus and car they were travelling in and taken to hospital.

A doctor, Ali Zeineddine, said they were burned alive.

"It is very difficult to identify the bodies or to distinguish between girls or boys, as the 18 victims perished from the fire triggered by incendiary shells. They grilled," he said.

They had been among residents fleeing villages close to the Israeli border and were killed when missiles struck a car and a minibus near Shamaa, hospital sources said. The children were aged between 7 and 12.

An officer with the United Nations Interim Force in Lebanon (UNIFIL), who was involved in the evacuation operation, told AFP that his team removed most of the burnt bodies.

"Some of them were thrown on olive trees and even on haystacks," said the officer, who declined to be named.

An AFP correspondent saw the blackened bodies of five of those killed, a father and his four children, at the hospital in Tyre.

The father of two of the other children killed, Mahmoud Ghannam, 55, who was not with the targeted convoy, broke down when he arrived at the hospital.

"My God, my God. I can't make out the faces of my children. They are burnt black... Which ones are my children?" he cried, repeatedly hitting his head with his hands.

"My God, Israel is the enemy of mankind," he wailed.

Ten other people were transported to hospital for treatment for burns and fractures, medics said.

Initial reports had put the number of children killed at nine and said the missiles had been fired by an Israeli helicopter gunship.

One of the survivors, nine-year-old Batoul Aatrissi, said from her hospital bed: "There was a plane over our heads. My father parked on the side of the road. There was an explosion, the car was picked up and knocked over and we were thrown around the place."

Her 13-year-old cousin Sadeq, badly peppered with shrapnel, added: "I remember only one thing, finding myself alone in the car with its wheels in the air. I called out but there was nobody. Then I found myself here."

The deaths of the 18 in the convoy contributed to a total of 30 civilians killed in a series of Israeli raids across Lebanon on Saturday. Another 45 people were wounded.

A Lebanese army soldier was also killed in an Israeli military strike on the coastal city of Batroun, north of Beirut.

At least 92 civilians have been killed and 252 wounded in Lebanon since Israel began its assault on Lebanon after the capture of two soldiers and the killing of eight others by the Syrian-backed militant group Hezbollah early Wednesday.

The Israeli army said it regretted the deaths of civilians, but said Hezbollah militias were to blame for putting their lives in danger.

It said in a statement that it had targeted the area near Tyre because it was "used as launching grounds for missiles fired by Hezbollah terror organisation at Israel".

"The IDF (Israeli Defence Force) regrets civilian casualties while targeting the missile launching area," it said.

"Responsibility for endangering the civilian population rests on the organisation which operates and launches missiles at Israel from populated civilian areas," the army said.

Guerrillas have fired over 100 rockets from Lebanon into northern Israel over the past three days, killing four Israeli civilians.

Three people were also killed in another raid Saturday when Israeli jets struck the road leading to the main crossing of Masnaa between Lebanon and Syria, blocking passage across the border, police said.

And another three civilians were killed when Israeli jets fired missiles near a bridge on the outskirts of the northeastern town of Hermel on the border with Syria.

An Iraqi was killed and three other workers were wounded in an attack at a fuel station near the southern coastal city of Sidon, police said.

Ewigen
16-07-2006, 11:17
Olmert: guerra criminale Hezbollah
Bush, Israele ha diritto a difendersi,Chirac per moderazione

'E' una mattinata molto dura. Gli attacchi omicidi contro Haifa si aggiungono ad una serie di attacchi in altre zone di Israele'.Lo ha detto il premier Olmert aprendo la riunione di governo. 'Hezbollah - ha precisato - conduce una guerra criminale contro il nostro popolo. Lo stato di Israele non puo' e non intende rassegnarsi'. Il presidente Usa Bush ha ripetuto che 'Israele ha diritto a difendersi'. Il presidente francese Chirac chiede a Libano e Israele una 'mostra di moderazione'.

Ewigen
16-07-2006, 11:18
Rice, stop duraturo a violenza

Esistono gia' i quadri di riferimento

Gli Usa e gli altri Paesi del G8 sono alla ricerca di una via per fare cessare le violenze tra Israele e Libano 'in modo duraturo'.Lo ha detto il segretario di Stato Usa Rice, secondo cui esistono gia' i quadri di riferimento: per quanto riguarda il Libano, la risoluzione dell'Onu 1559; e per quanto riguarda i Territori, la Road Map. La Rice ha definito 'molto costruttivi' gli incontri del presidente Usa George W. Bush con il premier britannico Blair e il presidente francese Chirac.

Ewigen
16-07-2006, 13:15
Una guerra che Israele deve vincere
[ICN 16/07/06]

Da un articolo di Sever Plocker
Se Hamas e Hezbollah dovessero vincere la guerra che hanno scatenato, Israele potrebbe avere i giorni contati. Non si tratta di esibizioni muscolari. Si tratta di decisioni fatali. Se questi due movimenti estremisti jihadisti dovessero ottenere anche solo una vittoria simbolica, questa aprirebbe la strada ai nemici d’Israele in tutto il Medio Oriente. È assolutamente necessario che Israele vinca questa guerra. Su questo non possono esservi dubbi.

Hamas e Hezbollah hanno molto in comune. Entrambi non riconoscono né Israele né il diritto degli ebrei di vivere liberi e indipendenti in Medio Oriente; entrambi sono ben installati in aree da cui Israele si è ritirato unilateralmente; entrambi sono guidati da capi carismatici capaci di infiammare le folle; entrambi esibiscono disprezzo per le capacità militari di Israele e per la sua capacità di resistere sotto pressione; ed entrambi hanno preso in ostaggio dei soldati israeliani sequestrandoli all’interno del territorio sovrano israeliano, e li trattengono in territori sotto il loro controllo.

Se i loro leader avranno la meglio in questa guerra, se potranno a buon diritto vantare una vittoria, Israele sarà sull’orlo della fine.
Dunque crediamo tutti al primo ministro israeliano Ehud Olmert quando dice “no”: non scenderemo a patti con la presa in ostaggio di nostri di soldati, non tollereremo attacchi quotidiani con Katushya e missili Qassam, non cederemo ai ricatti. Quando Olmert dice “no”, intende no.
Ma i “no” non definiscono una politica e non indicano una strada. Dopo i “no”, bisogna indicare una prospettiva. Su questo c’è poca chiarezza.
Il nostro obiettivo è combattere una guerra d’attrito persistente per far cadere l’Autorità Palestinese e il governo libanese? È faattibile, ma non è detto che sia auspicabile.

L’obiettivo è colpire entrambe le organizzazioni terroristiche Hamas e Hezbollah fino a far loro chiedere un cessate il fuoco da posizioni di debolezza? Questo sarebbe auspicabile, ma non è detto che sia fattibile. Pesanti attacchi a gruppi terroristici non sempre li indeboliscono. Talvolta addirittura li rafforzano.

Il nostro obiettivo è riconquistare la striscia di Gaza e la fascia di sicurezza nel sud del Libano, tornare nella città libanese di Nabatiya e nel campo palestinese di Deheshiya? C’è davvero qualcuno in Israele che ne sente la mancanza?

Sul piano strategico le cose sono ancora più complicate. Dobbiamo esercitare pressioni sulla popolazione sciita libanese, perché faccia pressione su Beirut, perché faccia pressione su Damasco, perché faccia pressione sugli Hezbollah, perché facciano su Hamas? Israele ha già cercato di innescare simili catene di reazioni negli anni ’90, senza successo.

Contro la propria volontà, il governo Olmert si trova a combattere una guerra su due fronti in un momento in cui la popolarità del governo si stava incrinando e il pubblico perdeva fiducia. Le schermaglie verbali non miglioreranno la sua credibilità, come non ripristineranno la capacità di Israele di dissuadere i suoi nemici dall’attaccare. Più aumenta la distanza fra ciò che si minaccia (“questa volta ve la facciamo pagare cara”) e ciò che si fa realmente, più Israele diventa vulnerabile.

Ewigen
16-07-2006, 13:18
Libano: altri italiani in partenza

Nave della Marina attesa nelle prossime ore a Beirut

Una nave della marina militare italiana e' attesa nelle prossime ore a Beirut, da dove dovrebbe prelevare altri cittadini italiani. Lo ha appreso l'Ansa nella capitale libanese. Ieri il ministro Parisi aveva autorizzat l'impiego a fini umanitari del cacciatorpediniere 'Durand de la Penne', che gia' si trovava nelle acque antistanti il Libano.

Ewigen
16-07-2006, 13:18
Siria: risposta con ogni mezzo

Tv libanese, Israele avrebbe usato sostanze vietate

La Siria ha ammonito Israele che, se attaccata, rispondera' 'immediatamente e con ogni mezzo possibile'. Lo ha riferito la tv Al-Manar.L'emittente di Hezbollah e' tornata a trasmettere dopo una breve interruzione. Intanto la televisione privata libanese New Tv ha affermato che Israele avrebbe usato sostanze internazionalmente vietate nei bombardamenti contro alcuni villaggi nel sud del Libano, nella zona di confine di Kfar Shuba, dove si sarebbe diffuso 'un odore insopportabile'.

Ewigen
16-07-2006, 14:44
Libano: 13 vittime nel Sud

Peretz, 'colpiremo gli hezbollah ovunque si trovino' (ANSA) -

Tredici persone sono state uccise in un attacco, con ogni probabilita' di caccia israeliani, su un edificio a Jebshit nel sud del Libano. Lo ha riferito la tv Al Arabiya. Non e' stato accertato se si trattasse di membri della stessa famiglia o componenti di famiglie diverse raccolti per trovare rifugio dai bombardamenti. Intanto il ministro della difesa israeliano Peretz ha affermato che lo stato ebraico colpira' gli Hezbollah che lanciano razzi contro il suo territorio 'ovunque si trovino'.

Ewigen
16-07-2006, 14:44
Trovati resti 3 marinai israeliani

Dichiarati scomparsi venerdi' dopo attacco contro corvetta

L'esercito israeliano ha ritrovato i resti dei tre marinai dichiarati scomparsi venerdi' dopo un attacco alla loro imbarcazione.Lo si e' appreso da fonti militari israeliane. Una corvetta furtiva era stata colpita da un missile di fabbricazione iraniana sparato dai miliziani Hezbollah al largo di Beirut. Ieri era gia' stato ritrovato il corpo di un quarto soldato dichiarato scomparso. Dall'inizio della guerra contro Hezbollah, mercoledi' scorso, 12 militari israeliani sono morti.

Ewigen
16-07-2006, 16:33
G8 verso dichiarazione su Libano
Foto di rito conclude la sessione di lavori di oggi

I leader del G8 stanno affrontando la questione della crisi tra Israele e Libano: si lavora su una dichiarazione comune. Lo si apprende da fonti diplomatiche italiane. Intanto la sessione di lavoro di oggi si e' conclusa con la foto di rito. I capi di Stato e di governo si sono schierati all'aperto: Putin aveva accanto a se' a destra Chirac e gli altri europei e a sinistra Bush e gli altri non europei.

Ewigen
16-07-2006, 16:33
Libano:Siniora per cessate-il-fuoco
Premier risponde a Peres che offre incontro faccia a faccia

Il Libano ribadisce la richiesta a Israele di un cessate-il-fuoco immediato, come precondizione per qualsiasi ulteriore passo. L'ha detto il premier libanese Siniora alla Cnn. Poco prima il vicepremier israeliano Peres gli aveva mandato a dire: 'Siamo pronti a un incontro senza precondizioni, perche' il Libano non e' nostro nemico'. Ma ha chiesto a Siniora di intervenire su Hezbollah. Intanto, per il presidente egiziano Mubarak Israele 'non uscira' vincente da questa guerra'.

Ewigen
16-07-2006, 19:31
[Avvenire]

Il Libano appare sempre più ostaggio del proprio sistema politico, oltre che dei giochi politici regionali e internazionali. La richiesta israeliana al governo libanese di disarmare Hezbollah per accettare una tregua non potrà essere soddisfatta se non al prezzo di una guerra civile. In un Paese che fonda il proprio sistema politico su una equa rappresentazione delle sue diverse comunità religiose, quella degli sciiti è oggi monopolizzata al Parlamento da due formazioni politiche rimaste fino all'ultimo vicine alla Siria: Hezbollah e Amal. Era praticamente impossibile per la nuova maggioranza anti-siriana uscita dalle ultime elezioni legislative, svoltesi l'anno scorso subito dopo la ritirata dei siriani, indicare dei ministri sciiti non vicini a questi partiti. Un vero inghippo: quattro ministri che, quando non si trovano d'accordo con il resto della squadra, non si dimettono ma intralciano il suo lavoro. Peggio. I due ministri vicini a Hezbollah rappresentano un partito che in pratica, come si è visto in questi giorni, scavalca l'autorità dello Stato e adotta, senza consultarsi con chicchessia, decisioni che mettono a repentaglio la sorte dell'intera nazione.
Quella libanese, insomma, è una democrazia "consensuale" che non tiene conto dei concetti di maggioranza e minoranza, in vigore in Occidente. Per capirne la logica, è necessario mettere a fuoco il tratto caratteristico che ha accompagnato il Libano lungo tutta la sua storia: quello di essere un Paese rifugio. A partire dal VI secolo la comunità maronita lo scelse come sua dimora per essere al riparo prima dalle persecuzioni dei monofisiti e poi dei musulmani. Lo spazio maronita (sottratto alla condizione di dhimmi in cui erano ridotte le altre comunità cristiane in terra islamica) fu uno spazio di libertà. E non a caso in quello spazio vennero a trovare rifugio, nel corso dei secoli, i più diversi gruppi cristiani: dai melchiti ai siri, dagli armeni ai caldei. Non solo, ma in quello spazio anche i musulmani furono condotti a sperimentare quale bene per tutti fosse la convivenza e la collaborazione di gruppi molteplici in un quadro di pari dignità e reciproco rispetto.
Nell'Ottocento cominciano i guai. Arrogandosi il compito di svolgere una missione di protezione dei cristiani che i diretti interessati non avevano mai sollecitato, gli Stati europei se ne approfittano per ingerirsi negli affari dell'Impero ottomano con l'obiettivo di metterlo sotto tutela o di dividerlo. È la famosa «Questione d'Oriente»: la Francia si autopromuove protettrice dei maroniti e dei cattolici in generale, l'Inghilterra dei drusi, una setta dissidente dell'islam sciita, la Russia degli ortodossi e degli armeni, l'Austria dei greco-melchiti. Tutti si servono delle comunità come di pedine per premere sull'«Uomo malato», come veniva definito l'impero ottomano. In questo contesto, le «garanzie» strappate alla Sublime Porta per migliorare lo statuto dei cristiani paiono, agli occhi dei musulmani, come dei diktat e non come il prodotto di una maturazione degli spiriti. Già incline, a torto, a vedere nei cristiani un corpo estraneo, la popolazione musulmana si è convinta che essi siano quasi dei traditori, e comunque un avamposto dell'Occidente.
La rivalità anglo-francese si traduce presto in un conflitto tra drusi e maroniti sul fuoco del quale soffiano anche i turchi. Nel 1860 i drusi sono protagonisti di veri e propri massacri di cristiani che provocano, in soli due mesi, 22 mila morti, 75 mila profughi e la distruzione di decine di villaggi. La carneficina si estende dallo Chouf a Zahle, nella Beqaa, e a Damasco dove solo la magnanimità di un emiro algerino esiliato dai francesi (che salva la vita a 12.000 cristiani) riesce a bloccare l'eccidio.
La natura di "Stato cuscinetto" in cui si rinchiude il Libano lo accompagna anche dopo il 1943, data della sua indipendenza dalla Francia. La variegata articolazione della nazione, cui spesso l'Occidente guarda con un certo fastidio come a fonte di inutili complicazioni, viene espressa in un «Patto nazionale» che prevede una ripartizione concordata delle cariche istituzionali tra tutte le componenti religiose. Ma l'arrivo, nel 1948, dei profughi palestinesi ricorda ai libanesi che non è possibile vivere su un'«isola felice» nel mare agitato del Medio Oriente. Forti del sostegno di vari governi arabi (Siria, Egitto, Libia) i fedayin impongono al governo libanese l'uso militare di alcuni territori del Sud, battezzato Fatahland. Nel 1971, dopo il Settembre Nero, lo stesso quartier generale dell'Olp di Arafat si trasferisce a Beirut. Il Libano diventa ostaggio di decisioni che si prendono in altre capitali arabe. Ovviamente, a ogni azione militare dei fedayin Israele replica bombardando non solo i campi palestinesi situati attorno alle grandi città, ma anche le infrastrutture libanesi. Così avviene nel 1969 quando, in rappresaglia a un attacco palestinese, lo Tsahal (l'esercito con la stella di Davide) distrugge sulla pista dell'aeroporto di Beirut 13 aerei civili libanesi.
Il conflitto «civile» libanese, scoppiato nel 1975, consegna in seguito il Paese dei cedri a nuovi tutori, Siria e Israele, che si contendono a turno il dominio militare. Alla fine, Israele si accontenta di una «fascia di sicurezza» nel Sud che conserva fino al maggio 2000. La Siria, invece, vede la sua influenza cresce a dismisura. Per Damasco, la carta del Libano (e di Hezbollah, espressione locale del nuovo regime khomeinista) diventa una preziosa pedina nei negoziati con Israele o con gli Stati Uniti. Fino all'anno scorso, quando termina d'improvviso «l'era siriana» dopo l'assassinio di Hariri. Per molti libanesi, si trattava di un vero risorgimento. Oggi si scopre che era una chimera.

Ewigen
17-07-2006, 11:21
17 luglio 2006 9.10
BEIRUT
ISRAELE-LIBANO, ATTACCATO ANCHE PORTO TRIPOLI

Un nuovo attacco è stato portato intorno alle ore 07:00 - le 06:00 ora italiana - sul porto di Tripoli contro il quale caccia israeliani hanno sganciato missili.
Anche il porto di Tripoli era stato già attaccato nei giorni scorsi ed anche durante la scorsa notte.

Ewigen
17-07-2006, 11:21
17 luglio 2006 9.59
SAN PIETROBURGO
ISRAELE-LIBANO, ANNAN CHIEDE CESSATE IL FUOCO

Il segretario generale dell'Onu Kofi Annan chiede un 'cessate il fuocò tra Israele e Libano. Annan lo ha detto dopo avere incontrato il premier britannico Tony Blair a San Pietroburgo, a margine del Vertice del G8.

Ewigen
17-07-2006, 11:22
17 luglio 2006 10.27
MEDIO ORIENTE
ISRAELE-LIBANO, NUOVO ATTACCO SU BEIRUT SUD

Due forti esplosioni sono state avvertite verso le 11:15 (10:15 italiane) a Beirut, in un nuovo attacco israeliano su Beirut sud.

Cannonate dal mare o missili lanciati da caccia hanno colpito un'area dei quartieri meridionali già ripetutamente colpite nei cinque giorni precedenti, considerate roccaforti del movimento sciita filoiraniano di Hezbollah.

Ewigen
17-07-2006, 11:23
17 luglio 2006 11.44
BEIRUT
ISRAELE-LIBANO, TRE MORTI PER ATTACCO CAVALCAVIA NORD SIDONE

Tre persone sono rimaste uccise oggi in un raid aereo israeliano che ha colpito un cavalcavia a Rmeile, frazione all'ingresso settentrionale di Sidone, città portuale 40 chilometri a sud di Beirut.

Le tre vittime erano a bordo di un' auto che transitava sotto il cavalcavia quando i missili lo hanno colpito ed è stata travolta dalle macerie.

ATTRACCATA IN PORTO BEIRUT NAVE ITALIANA

Il cacciatorpediniere della Marina militare italiana Durand de la Penne è attraccato al molo del porto di Beirut sul quale sono in attesa 340 Italiani che saranno evacuati dal Libano.

Ewigen
17-07-2006, 11:24
La gente di Haifa: fin dove arriveranno gli hezbollah?

Paura per la capacità di fuoco del gruppo che ha colpito la corvetta della Marina: un morto e tre dispersi

Da Haifa Barbara Schiavulli

[Avvenire] È rientrata nel porto di Haifa la nave da guerra israeliana colpita due sere fa al largo delle coste di Beirut da un missile C-802 di manifattura iraniana. A bordo il corpo di uno dei quattro marinai dati per dispersi, il sergente Tal Amgar di 21 anni. Sulla nave, la corvetta Hanit, una delle tre unità più moderne e avanzate della marina militare israeliana, c'erano 80 militari che avrebbero dovuto controllare la zona circostante la capitale libanese, ma nessuno immaginava che un missile potesse raggiungerli. «Ieri abbiamo festeggiato la circoncisione di mio nipote - ci racconta dalla sua terrazza che sovrasta il porto Meir Hoefler, un noto avvocato della principale città portuale del Paese, riservista nel comando delle forze speciali - alla festa c'era proprio il medico di bordo della nave colpita, che di lì a poco si sarebbe imbarcato sulla nave. Abbiamo passato una notte tremenda in attesa che rientrassero». Sono tutti sorpresi ad Haifa per la disfatta della Marina. «Questa città è stata colpita, ma conosciamo le possibilità dei missili e non abbiamo tanta paura, quello che veramente ci spaventa è quello che non sappiamo degli hezbollah, della tecnologia che sono riusciti ad ottenere in questi sei anni di pace apparente», afferma in un italiano ancora perfetto Ghioran Ilan, in origine Ventura. La nave inghiottita dai metalli e dalle gru del porto deserto, quasi tutte le imbarcazioni sono fuori a difendere la costa, è stata subito messa in riparazione. Il corpo del giovane Amgar si trovava tra i rottami nella parte più danneggiata, colpita più volte dai missili degli hezbollah che hanno sfiorato anche un'imbarcazione civile di bandiera egiziana. «Gli europei devono capire che qui non valgono le regole occidentali, che qui abbiamo a che fare con estremisti con cui non si può trattare, siamo costretti ad andare e sradicarli dal Libano - dice il fratello di Ghioran, il dottor Dani Ilan - e poi deve toccare all'Iran». Destra o sinistra, non c'è più differenza in Israele, anche se la situazione politica è cambiata, la paura e gli echi di un'altra guerra hanno unito il paese intorno al primo ministro Olmert. «La situazione in Israele è cambiata - dice Dani - dopo tutto questo non sappiamo se questo governo reggerà, ma qualunque cosa succeda è impensabile un ritiro dai Territori. Non vogliamo che la storia si ripeti. Non vogliamo che la Cisgiordania si trasformi in Gaza».

Ewigen
17-07-2006, 11:53
Mo:per Ue e Onu ruolo peace keeping
Ministro Tujomioja, 'parte di soluzione a lungo periodo'
Il presidente di turno del consiglio dei ministri esteri Ue ipotizza un ruolo di peace keeping in Medio Oriente di Onu e Unione Europea. Tujomioja ha precisato a Bruxelles che la missione 'deve essere vista come parte di una soluzione a lungo periodo'. Il ministro ha fatto riferimento anche alla situazione dei cittadini europei che risiedono in Libano: 'Ce ne sono migliaia in Libano e la maggior parte di essi stanno cercando di partire senza il pericolo di nuovi attacchi aerei'.

Ewigen
17-07-2006, 22:01
17 luglio 2006 13.53
MEDIO ORIENTE
LIBANO-ISRAELE, PUTIN: IL G8 NON HA STABILITO FORZE DI PACE

I leader del G8 non hanno discusso concretamente della composizione o della dislocazione di una forza di interposizione sul fronte libano-israeliano: lo ha detto il presidente Vladimir Putin in una conferenza stampa. Votare per la creazione della forza di peacekeeping, determinarne il numero e i paesi da cooptare e decidere su quali territori vadano schierati è compito del Consiglio di sicurezza dell'Onu, ha precisato Putin, per poi aggiungere: "ma spero che decida per la formazione della forza"

Ewigen
17-07-2006, 22:02
17 luglio 2006 18.50
MEDIO ORIENTE
ISRAELE, BOMBARDAMENTO DI SIDONE: SOSPETTO DI ARMI CHIMICHE

Nel bombardamento di Sidone, costato la vita a 12 libanesi, secondo una fonte medica locale potrebbe essere stata usata una sostanza o un'arma chimica. I missili dei caccia israeliani hanno colpito in pieno un pulmino con nove persone e provocato la morte di tre persone in un'altra auto. Sei i feriti.

I corpi delle persone uccise, anneriti, sono stati recuperati dai soccorritori e portati in due ospedali di Sidone e di Rmeile. Secondo uno dei medici che li ha visitati, la loro morte sarebbe stata provocata da avvelenamento. "Il missile - ha detto - potrebbe aver diffuso un prodotto chimico che ha causato la morte dei dodici".

Intanto, i corpi di dieci componenti di una stessa famiglia sono stati recuperati dalle macerie di un edificio bombardato ieri nella città di Tiro. La notizia è stata diffusa dalla Croce Rossa e dalla tv di Dubai Al Arabiya.

Ewigen
17-07-2006, 22:02
17 luglio 2006 19.21
MEDIO ORIENTE
LIBANO: L'AEREO ISRAELIANO ABBATTUTO ERA IN REALTA' UN MISSILE IRANIANO

Non era un aereo israeliano quello che si è visto precipitare in fiamme sopra Beirut sugli schermi delle televisioni, ma un missile fabbricato in Iran, tipo Zelzal, che avrebbe dovuto colpire Tel Aviv ed è invece caduto per un malfunzionamento. Lo ha riferito questa sera il primo canale della televisione israeliana.

Gli Zelzal sono missili con un raggio stimato di circa 150 km, dei quali fino ad oggi gli Hezbollah non avevano fatto uso. Se confermata, la notizia paventerebbe un'escalation militare: l'Iran avrebbe autorizzato gli Hezbollah a usare anche questi missili.

Ewigen
17-07-2006, 22:03
17 luglio 2006 19.28
WASHINGTON
LIBANO, DIPARTIMENTO DI STATO USA: IMMINENTE L'EVACUAZIONE

Il Dipartimento di Stato degli Usa conta di poter attivare l'evacuazione dal Libano di centinaia di americani "nell'immediato futuro" e sta facendo piani per un'evacuazione "nell'ordine di migliaia di persone": lo ha detto il portavoce della diplomazia americana, Sean McCormack, in un briefing a Washington.

Ewigen
17-07-2006, 22:03
17 luglio 2006 19.36
WASHINGTON
ISRAELE-LIBANO: VIAGGIO DELLA RICE PER CERCARE "SOLUZIONI DURATURE"

Il segretario di Stato Usa Condoleezza Rice è pronta a compiere un viaggio in Medio Oriente che "ponga le basi per la ricerca di soluzioni durature" al conflitto in corso tra Israele e Libano: lo ha detto il portavoce del Dipartimento di Stato Sean McCormack.
McCormack ha confermato l'intenzione della Rice di recarsi nell'area della crisi, già emersa nel corso del G8 a San Pietroburgo, ma non ha dato indicazioni sui tempi della missione.

Ewigen
17-07-2006, 22:04
17 luglio 2006 19.57
GERUSALEMME
ISRAELE: L'ESERCITO DI BEIRUT NON È OBIETTIVO DELLE OPERAZIONI

L'esercito regolare di Beirut non è un obiettivo delle operazioni militari israeliane in Libano, ma lo è là dove collabora con gli Hezbollah. Lo ha affermato stasera il vice capo di stato maggiore israeliano, generale Moshe Kaplinsky, in una conferenza stampa.

Ewigen
17-07-2006, 22:05
17 Luglio 2006
LIBANO – ISRAELE – G8 - ONU
L’Onu chiede il cessate il fuoco in Libano e propone una forza internazionale di pace
Mentre continuano bombardamenti e lanci di missili e le forze israeliane di terra entrano in Libano, il G8 condanna gli “estremisti” e afferma che la soluzione va trovata con “metodi politici”.

Beirut (AsiaNews) – Una forza internazionale di pace per dividere Libano e Israele: è la proposta lanciata dal segretario dell’Onu Kofi Annan e dal premier inglese Tony Blair per mettere fine al conflitto, mentre il comunicato finale del G8 denuncia “gli atti estremistici compiuti da forze estremiste per destabilizzare la Regione” e afferma che, per risolvere la difficile situazione, la priorità deve essere data ai “metodi politici e diplomatici” con un “ruolo centrale” per l’Onu. L’Iran, invece, in un messaggio del presidente Ahmadinejad ad Assad ha dichiarato il suo totale appoggio alla Siria, in caso di attacco.

Sono le novità politiche di una situazione che per il resto continua a parlare con il linguaggio della guerra: bombardamenti israeliani e lanci di missili da parte di Hezbollah, mentre i Paesi occidentali si organizzano per facilitare la fuga dei loro connazionali da Beirut.

Di ambito militare è anche l’affermazione, che il Jerusalem Post attribuisce ad un alto ufficiale dell’esercito, che l’offensiva israeliana ha tolto ad Hezbollah solo il 25% delle sue capacità operative, senza però riuscire finora a colpirne i capi e che l’esercito ha bisogno di altro tempo, “metà della prossima settimana”, per neutralizzare quel movimento. A tale scopo, oggi anche le forze terrestri di Israele sono entrate nel Libano del sud.

“Israele - scrivono le suore Clarisse di Beirut, in una testimonianza riportata dalla Custodia di Terra Santa - ha iniziato distruggendo le strade, i ponti, le piste dell’aeroporto internazionale di Beirut, e gli aeroporti militari di Rayah e di Kleyat. Vedette israeliane pattugliano il mare, alla caccia di navi mercantili. In breve: tutte le vie di comunicazione sono impraticabili, via terra, aria e mare. Ci resta ancora il telefono, Internet e i cellulari. Per questo vi mando queste poche notizie, nel caso anche questi mezzi vengano soppressi”.

Toni del tutto differenti dall’Iran, dove ieri la Guida Suprema Khamenei in un discorso trasmesso dalla TV ha detto: “Il Libano, lo volevano essere trasformato in un centro di cultura occidentale. Invece, è stato trasformato in un centro di “Jihad” (guerra santa) e di resistenza, cioè precisamente il contrario di quello che i poteri imperialisti occidentali volevano”. “Gli Stati del mondo islamico – ha aggiunto - sono fieri della coraggiosa resistenza di Hezbollah contro gli aggressori sionisti”. E oggi, l’ex Presidente Khatami, promotore dell’idea del dialogo tra le civiltà, ha inviato un messaggio ad Hassan Nasrallah, leader di Hezbollah nel Libano: “Hezbollah – scrive - è come il sole radiante che riscalda tutti i musulmani oppressi, particolarmente quelli che vivono in Palestina e in Libano”. “Quello che succede oggi nel Libano – aggiunge il cosiddetto ayatollah riformista - dimostra la vittoria finale della giustizia sulla falsità, della salute sull’occupazione e della dignità umana sull’umiliazione”.

Si sa che, da anni, i Pasdaran (Guardie della Rivoluzione) iraniani sono presenti in Libano, specialmente tra le comunità sciite. Però, appena due giorni fa, sabato 15 luglio, l’Iran ha negato di far parte delle potenze estere presenti sul territorio del Paese dei cedri. La posizione ufficiale del Governo iraniano è di affermare che l’appoggio di Teheran ai gruppi Hezbollah e Hamas è “di natura spirituale e non militare”.

Ewigen
17-07-2006, 22:06
Olmert: lotta contro asse del male

Ministri Ue per rilascio soldati rapiti e fine ostilita'

Il premier Olmert ha detto che quella che Israele sta conducendo e' una lotta contro "l'asse del male", che sono Siria e Iran.La lotta prosegue anche contro "le organizzazioni terroristiche che sono uno strumento di quest'asse" e continuera' fino a ottenere la restituzione dei soldati rapiti. Il ministri degli Esteri Ue, intanto, accolgono con favore un ruolo attivo del Consiglio di sicurezza e chiedono il rilascio dei soldati rapiti e una "immediata cessazione delle ostilita'".

Ewigen
18-07-2006, 17:52
MEDIO ORIENTE 18/7/2006 9.54
SETTIMO GIORNO DI COMBATTIMENTI, OLTRE 200 LE VITTIME LIBANESI

Cinquanta gli obiettivi libanesi presi di mira dall’aviazione israeliana durante la notte, alla vigilia del settimo giorno di combattimenti che hanno già provocato la morte di almeno 215 libanesi e 24 israeliani. Sono cinque i libanesi morti nell’esplosione di una bomba nel villaggio di Aitaroun nei pressi del confine israeliano, dove già ieri mattina erano rimasti uccisi sette familiari. Stamani i caccia israeliani sono tornati a colpire le roccaforti degli Hezbollah: la periferia meridionale e l’area attorno all’aeroporto internazionale di Beirut e la città orientale di Baalbek. Nella capitale, 10 soldati libanesi hanno perso la vita, mentre almeno 30 uomini sono rimasti feriti.
Obiettivo dei jet anche due caserme dell’esercito libanese a Jahmur e a Kfar Chima, a sud della capitale: secondo alcune fonti, almeno una decine di persone – anche civili – avrebbero perso la vita. Due camion che transitavano lungo l’autostrada a Biblos sono stati distrutti probabilmente perché – secondo il sito web israeliano ‘Ynet news’ – si riteneva che trasportassero missili. La tv libanese invece riporta l’abbattimento di un palazzo di quattro piani nella città di Qana, nel sud del paese. L’esercito israeliano ha inoltre richiamato tre battaglioni di riservisti da circa 300 uomini ciascuno e intimato agli abitanti del villaggio di Aita Ach-Chaab di evacuare: “Avete tempo fino all’alba per partire – avrebbero detto i militari con l’aiuto di un megafono – altrimenti distruggeremo una ad una le vostre abitazioni”. Sul fronte opposto, un razzo lanciato dagli Hezbollah è caduto nella città israeliana di Nahariya, 10 chilometri a sud dal confine, senza esplodere. Il primo ministro israeliano Ehud Olmert intanto ha ribadito che l’offensiva terminerà solo quando i miliziani sciiti Hezbollah si ritireranno dal confine libanese meridionale e rilasceranno i due soldati catturati la scorsa settimana. Israele inoltre si oppone all’ipotesi del dispiegamento di una forza internazionale in Libano avanzata da Gran Bretagna e Nazioni Unite e al rilascio di detenuti libanesi richiesto dagli Hezbollah in cambio della liberazione dei due ostaggi israeliani. Intanto continua l’offensiva anche sul secondo fronte di guerra israeliano: la Striscia di Gaza. Stanotte l’esercito ha compiuto un’incursione nella kasbah di Nablus e vi sono stati scontri tra i militari e i militanti palestinesi.

Ewigen
18-07-2006, 17:52
18 luglio 2006 11.50
BRUXELLES
ISRAELE-LIBANO, ANNAN: FORZA? PRIMA CESSARE LE OSTILITÀ

Prima di prendere in considerazione la possibilità di inviare una forza di stabilizzazione in Libano è necessario che prima "cessino le ostilità". Lo ha affermato oggi a Bruxelles il segretario generale dell'Onu Kofi Annan, aggiungendo che vorrebbe vedere un "mandato differente" per una eventuale forza di stabilizzazione in Libano, che consenta al governo libanese di prepararsi e di gestire il disarmo delle milizie. Annan, ha comunque precisato che il mandato deve essere definito dal consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.

Ewigen
18-07-2006, 17:53
18 luglio 2006 12.00
MEDIO ORIENTE
ISRAELE: SAFED E TIBERIADE SOTTO FUOCO HEZBOLLAH

Safed e Tiberiade (Galilea) si trovano sotto al fuoco dei razzi Hezbollah. Lo ha riferito radio Gerusalemme. Secondo le prime informazioni, alcune persone sono rimaste in stato di shock. Decine di razzi sono stati lanciati stamane dal Libano verso zone diverse della Galilea. L'attacco più consistente è avvenuto nella città di Shlomi.

Ewigen
18-07-2006, 17:53
18 luglio 2006 12.28
MEDIO ORIENTE
LIBANO: COLPITA UN'AMBULANZA DEGLI EMIRATI ARABI UNITI

Un'ambulanza degli Emirati Arabi Uniti è stata colpita stamani in un raid aereo israeliano nei pressi di Dar al-Beidar, a est di Beirut, lungo la strada per la valle orientale della Bekaa. Lo ha riferito la Tv satellitare araba Al-Arabiya, senza parlare di vittime.
L'automezzo faceva parte di un convoglio di una ventina di ambulanze inviate dagli Emirati per un missione di aiuto umanitario in Libano. Le ambulanze erano entrate stamani in territorio libanese, provenienti dalla vicina Siria.

Ewigen
18-07-2006, 17:54
18 luglio 2006 12.36
ISRAELE-LIBANO
HAIFA, MINISTRO DELLA SANITA' SALVO PER MIRACOLO

Il ministro della sanità Yaakov Edri (Kadima) ha detto di essere rimasto incolume per miracolo durante il bombardamento di Haifa da parte dei guerriglieri libanesi Hezbollah. Edri ha raccontato alla televisione commerciale "Canale 10" che aveva appena terminato una visita nel luogo dove due giorni fa un razzo Hezbollah ha provocato morti e feriti quando ha sentito una esplosione molto vicina. "Le sirene hanno suonato in ritardo", si è lamentato.

Complessivamente oggi sono stati lanciati contro Haifa sei razzi. "Prevediamo che ci saranno ulteriori attacchi", ha detto il sindaco Yona Yahav. A Safed un razzo lanciato dagli Hezbollah ha colpito uno stabilimento senza tuttavia esplodere. Artificieri sono impegnati a disinnescarlo.

Ewigen
18-07-2006, 17:56
18 luglio 2006 13.27
GERUSALEMME
ISRAELE: RAZZI HEZBOLLAH IN CALO, MA L'OFFENSIVA RESTA INVARIATA

Secondo i vertici militari israeliani, i lanci di razzi dal Libano meridionale contro lo Stato ebraico da parte dei guerriglieri di Hezbollah hanno cominciato a ridursi numericamente, ma non per questo le forze d'Israele allenteranno l'offensiva in corso contro il Paese confinante.

Ewigen
18-07-2006, 17:57
18 luglio 2006 14.28
TEL AVIV
ISRAELE: OFFENSIVA DI TERRA NON PREVISTA, MA NON ESCLUSA

Il vicecomandante dell'esercito israeliano generale Moshe Kaplinsky non ha escluso oggi una possibile futura offensiva a terra delle forze dello stato ebraico in Libano, sottolineando però che per ora non è prevista.
"Allo stadio attuale non riteniamo di dover attivare forze di terra su larga scala in Libano, ma se diventasse necessario farlo, lo faremo" ha detto Kaplinski alla radio militare israeliana. Nei giorni scorsi alti ufficiali israeliani hanno confermato che piccole unità di commando hanno condotto azioni puntuali nel sud del Libano contro strutture Hezbollah, senza dare altri particolare.

Ewigen
18-07-2006, 17:58
18 luglio 2006 14.50
TEL AVIV
ISRAELE: DOVRA' ESSERE "MOLTO FORTE" LA FORZA INTERNAZIONALE

Il ministro per l'ambiente israeliano Gideon Ezra ha detto alla tv privata "Canale 10" che "il dispiegamento di una forza internazionale molto forte" e "in grado di svolgere sul terreno il ruolo dell'esercito libanese ora assente, non è escluso".

Ewigen
18-07-2006, 17:59
18 luglio 2006 15.15
ISRAELE-LIBANO
OLMERT: LA GUERRA A HEZBOLLAH ANDRA' AVANTI

Il primo ministro israeliano Ehud Olmert ha detto oggi agli inviati dell'Onu che "le operazioni militari israeliane contro gli Hezbollah andranno avanti e che Israele continuerà a colpire questa organizzazione fino a quando non riavrà i soldati rapiti e fino a quando non sarà garantita la sicurezza dei cittadini israeliani".

Olmert ha ribadito inoltre che Israele "esige la piena realizzazione dei principi stabiliti dal G8: la liberazione dei soldati rapiti e il loro ritorno incondizionato in Israele oltre alla piena attuazione della risoluzione dell'Onu 1559, incluso lo spiegamento dell'esercito libanese sul confine con Israele e il disarmo degli Hezbollah".

Ewigen
18-07-2006, 17:59
18 luglio 2006 16.18
DIPLOMAZIA
ISRAELE-LIBANO: TELEFONATA SOLANA-RICE

L'alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza Ue, Javier Solana, ha avuto un colloquio telefonico con il segretario di Stato Usa Condoleezza Rice, alla vigilia della sua nuova missione in Medio Oriente. Lo ha riferito la portavoce di Solana, Cristina Gallach, spiegando che nella conversazione si è fatto il punto della situazione da un punto di vista del lavoro diplomatico internazionale.

Ewigen
18-07-2006, 18:00
18 luglio 2006 16.59
D'ALEMA: DIFFICILE VERIFICARE IL COINVOLGIMENTO DI IRAN E SIRIA

"L'ipotesi di un coinvolgimento dell'Iran e della Siria" nell'attuale crisi che sta incendiando il Medio Oriente "è per noi difficile da verificare". Lo ha detto il vice premier e ministro degli Esteri Massimo D'Alema nel suo intervento alla Camera sulla situazione in Medio Oriente.

Ewigen
18-07-2006, 18:00
18 luglio 2006 17.11
BEIRUT
LIBANO: GIOVEDI' NUOVA EVACUAZIONE DEGLI ITALIANI, L'ULTIMA PREVISTA

Una nuova evacuazione via mare dei cittadini italiani che si trovano ancora in Libano è stata organizzata per dopodomani dal porto di Beirut. Lo ha reso noto oggi l'ambasciata d'Italia a Beirut. L'ambasciata ha precisato che l'evacuazione di giovedì è, per il momento, l'ultima prevista.

Ewigen
18-07-2006, 18:01
18 luglio 2006 17.51
MEDIO ORIENTE
APPELLO DEL PREMIER LIBANESE PER IL CESSATE IL FUOCO

Il primo ministro libanese Fuad Siniora ha rivolto un pressante appello ai Paesi arabi ed alla comunità internazionale affinchè si adoperino per un cessate il fuoco immediato. In un comunicato Siniora ha accusato il governo israeliano di "perpetrare massacri di civili libanesi e di distruggere tutto quello che permette al Libano di restare in vita".

Sottolineando che "la guerra israeliana contro il Libano è nel settimo giorno" il primo ministro libanese ha detto che "l'aggressione barbara dimostra che Israele vuol far tornare il Libano indietro di 50 anni". "Le ultime aggressioni - aggiunge - hanno preso di mira industrie di prodotti alimentari, stazioni di servizio, strade, abitazioni civili e all'alba caserme dell'esercito, alcune delle quali non basi di reparti combattenti".

Ewigen
18-07-2006, 18:27
18 Luglio 2006
LIBANO - ISRAELE
Accoglienza fredda di Israele all’idea di schierare i caschi blu

Olmert: l’attacco continuerà fino a quando non saranno liberati i nostri soldati e non smetterà il lancio di razzi. “Alcune settimane” per il vice-capo di stato maggiore dell’esercito di Tel Aviv.

Tel Aviv (Agenzie) - Accoglienza fredda, anche se non ufficiale, di Israele alla proposta di schierare i caschi blu dell’Onu al confine libanese, mentre il primo ministro Ehud Olmert ha detto ai tre inviati delle Nazioni Unite che stanno lavorando per ottenere un “cessate il fuoco” che l’attacco in Libano continuerà “fino a quando Hezbollah libererà i nostri soldati e fino a quando la sicurezza dei cittadini israeliani non sarà garantita”, ossia fino a che non smetterà il lancio di razzi. Un tempo che il vice-capo di stato maggiore dell'esercito, generale Moshe Kaplinsky ha quantificato in “alcune settimane”.

E notizie sul campo parlano ancora di morti, già 50 solo oggi, e distruzione, l’ultima riguarda l’autostrada tra Beirut e Damasco, principale via di fuga di coloro che tentano di lasciare il Libano, mentre a livello internazionale sembra di assistere ad un momento di esame delle opzioni possibili.

E’ venuta dal numero due del governo di Tel Aviv, Shimon Peres, la prima risposta, negativa alla proposta di schierare un contingente internazionale per dividere i contendenti. “L'esercito libanese – ha detto - ha 70 mila soldati. Non ha bisogno di forze internazionali per garantire la sicurezza al confine. Semplicemente non vogliono combattere”. “Hezbollah - ha aggiunto Peres – non tiene conto deil governo libanese e delle Nazioni Unite. La nostra esperienza con Unifil (i caschi blu nel Sud del Libano) ci insegna che non ha potuto fermare questa organizzazione. Dobbiamo chiedere se c'e' davvero una forza internazionale preparata ad usare le armi per fermare il lancio di 1500 missili in 5 giorni”.

L’esercito israeliano, secondo quanto scrive oggi il Jerusalem Post, sostiene di aver distrutto, ad oggi, il 40-50% della forza di Hezbollah e studia la possibilità di schierare un sistema antimissile a Haifa, per opporsi al lancio dei razzi dal Libano, che sta duramente colpendo quella città e le altre vicino al confine libanese.

Israele potrebbe però dover considerare l'ipotesi di uno scambio di prigionieri, secondo il ministro per la Sicurezza interna Avi Dichter, ex capo dello Shin Bet. “Penso – ha detto oggi alla radio dell'esercito - che alla fine riporteremo i soldati a casa e se una delle strade passerà attraverso un negoziato sui prigionieri libanesi, penso che arriverà il giorno in cui dovremo considerare anche questo”.

Ewigen
18-07-2006, 18:34
Probabilmente il vero obiettivo erano le raffinerie e i depositi petrolchimici. Sfatato il mito della invulnerabilità dei cieli: non era mai successo in passato, neanche ai tempi della prima guerra del Golfo

Haifa, la città dei fantasmi
«È peggio del terrorismo»

Paralizzata la città: porto chiuso, niente mezzi pubbliciUna pioggia di razzi Katyuscia distrugge l’hangar delle ferrovie Uccisi degli operai che avevano iniziato il turno Il raid era stato preannunciato poche ore prima, ma qualcosa non ha funzionato nel sistema di difesa

[Avvenire] All'urlo lancinate delle sirene si è già abituato. Quando ieri pomeriggio per l'ennesima volta, è risuonato l'allarme, il giovane Asael si è rannicchiato in un angolo, ha atteso il botto esploso in lontananza, poi è tornato a prendere posto dietro il bancone dell'Anchor Bar, l'unico locale rimasto aperto sul lungomare. «Non si sa mai, qualche cliente può sempre arrivare, la gente non può restare tappata in casa ancora a lungo», borbotta.
In effetti ieri mattina qualcuno aveva preso coraggio ed era sceso in strada, pensando che il peggio fosse passato dopo che domenica la pioggia dei missili lanciati dagli Hezbollah aveva stroncato la vita di otto persone. E ieri missili hanno colpito l'ospedale Safed.
Ma nel pomeriggio sono ripresi gli attacchi che hanno centrato un condominio di tre piani facendo crollare un'ala dell'edificio. Una decina i feriti ma il timore più grande è che ci siano vittime tra le macerie. A sera un respiro di sollievo, molte famiglie avevano già lasciato il palazzo.
Intanto, però, la terza città d'Israele è tornata ad essere un villaggio fantasma, anche il porto è stato chiuso, le navi allontanate, i mezzi pubblici fermi.
Haifa, il principale centro industriale e commerciale d'Israele, è sotto choc. «Hanno dichiarato guerra alla nostra città» dice il sindaco Yona Yahav rivolgendosi ai compagni di lavoro dei caduti, nell'hangar del deposito ferroviario. Ancora un mausoleo del terrore, come molti altri luoghi colpiti in questi ultimi anni dagli attentati dei kamikaze. Ma non è il vecchio terrorismo, questa è una nuova guerra, ripete il sindaco che invita la popolazione a rimanere in casa, così come prevede lo stato d'emergenza introdotto a seguito del micidiale attacco di domenica mattina.
I missili, almeno una quindicina, hanno squarciato il tetto del capannone e si sono abbattuti sugli operai che stavano lavorando alla manutenzione dei treni facendo una strage. Otto addetti sono stati letteralmente maciullati, una ventina i feri ti. Quando arriviamo sul posto la piattaforma dei binari è un lago di sangue dove galleggiano frammenti di vetro, pezzi di metallo e resti umani sparsi tra gli enormi lampadari bianchi staccatisi dal soffitto.
Yuval Elharar non smette di piangere, ha visto suo fratello Nissim crollare a terra in una nuvola di fumo, l'ha raccolto sanguinante ma non c'è stato nulla da fare. «Erano le nove di mattina, all'inizio del turno - racconta tra i singhiozzi -. Abbiamo sentito le sirene ma non abbiamo fatto a tempo a ripararci».
È una strage che ha il sapore della beffa. Poche ore prima del micidiale attacco il generale Gadi Eisenkot, comandante in capo del Nord Israele, aveva messo in guardia da un possibile lancio di razzi Katyuscia su Haifa. Per questo era stata disposta una batteria di Patriot, i missili anti-missili.
Ma qualcosa non ha funzionato, la superpotenza militare del Medio Oriente non è riuscita a difendere la mitica inviolabilità dei suoi cieli. Non era mai successo, neppure durante la guerra del Golfo quando Saddam Hussein lanciò i suoi Scud sulle città ebraiche (ci fu una sola vittima, morta d'infarto per lo spavento).
Gli artiglieri del «Partito di Dio» guidati da Nashrallah, lo sceicco che ha beffardamente promesso «nuove sorprese» agli israeliani, hanno sparato missili «el-Fajr» di fabbricazione iraniana, più potenti e più precisi dei Katyuscia e con una gittata superiore ai 40 chilometri.
Probabilmente volevano colpire le raffinerie e i depositi petrolchimici che sorgono a poca distanza dagli hangar delle ferrovie. Gli impianti sono in preallarme, le scorte vengono ridotte per evitare una catastrofe che non si vuole nemmeno immaginare. Dall'inizio dell'offensiva, giovedì scorso, gli Hezbollah hanno lanciato oltre mille razzi sul territorio d'Israele. Il capo dell'intelligence militare dello Tsahal ritiene che abbiano accumulato 12 mila missili, e che alcuni di questi potrebbero raggiungere la stessa Tel Aviv, a 120 chilometri dal confine col Libano. L'altra notte alcuni Katyuscia avevano lambito Nazareth e Afula, nella Bassa Galilea, fortunatamente senza provocare vittime.
Scenari inquietanti che alimentano un clima di paura. In Israele si è abituati a vivere nell'insicurezza ma ora è diverso. «I kamikaze colpivano gli autobus, i ristoranti, i luoghi pubblici - dice Eitan Goan, che ha visto il suo negozio semi-distrutto da un Katyuscia -. Ma adesso un razzo ti può raggiungere mentre sei seduto sul divano a casa tua». Anche lui, come la stragrande maggioranza dei suoi connazionali, sostiene decisamente l'offensiva militare scatenata dal governo israeliano contro il Libano. «No ai raid aerei, sì allo scambio di prigionieri» grida Jana Knupova, una ragazza d'origine russa che insieme a quattro amiche innalza cartelli pacifisti davanti all'hangar della morte.
M'invita alla «grande» manifestazione di protesta indetta a Tel Aviv. Ma si sono ritrovati in una cinquantina.

Ewigen
18-07-2006, 18:35
«Guerra senza senso: siamo tutti vittime»

L'ospedale di Nahariya, tra le prime città ad essere colpite dai miliziani, ospita sia arabi che israeliani:da giorni condividono le stesse paure

[Avvenire] La città di Nahariya è un agglomerato di case che si affacciano sul mare. Villette, palazzine, giardinetti e una spiaggia lunga a metà strada tra Haifa e il confine con il Libano ad una sola ventina di chilometri. È stata la prima cittadina colpita da missili arrivati dagli Hezbollah. Da diversi giorni le strade sono deserte, i negozi chiusi, le spiagge vuote. I residenti vivono nelle stanze «sicure», quelle che ogni casa costruita dal 1991 in poi deve avere, e in balia delle sirene che avvertono che un missile è in arrivo.
Nahariya non è una città impreparata, i rifugi restano aperti giorno e notte, la polizia è in massima allerta, ma il gioiello della città e di tutto il Paese è l'ospedale della Galilea Occidentale. Stante lo stato di allerta nel quale si trova la città, tutti i malati che potevano tornare a casa sono stati dimessi, gli altri sono stati trasportati di sotto, tra vicoli e corridoi, in enormi stanzoni separati da pareti leggere sulle quali a pennarello sono segnati i reparti. «Il nostro ospedale serve 150 mila residenti, la metà dei quali sono arabi», ci spiega il dottor Moshe Daniel, vice direttore dell'ospedale.
Arabi e israeliani sotto lo stesso tetto, nelle stanze improvvisate, da una parte una Torah, dall'altra un Corano. Boccoli biondi che ricadono da un viso addormentato e sofferente di una russa e accanto una malata velata circondata dalla numerosa famiglia araba. «Negli ultimi 5 giorni sono giunti in ospedale circa 350 persone, oggi erano 65, ma solo quindici erano fisicamente feriti, gli altri per lo più, erano sotto choc», dice Daniel, chirurgo ortopedico che ha studiato a Pisa. «Siamo l'unico ospedale sotterraneo del Paese, abbiamo 450 letti, di cui 200 pronti in caso di attacco batteriologico, ci sono otto sale operatorie. In due ore l'ospedale underground era pronto con tutti i pazienti trasferiti».
In una sala in terapia intensiva si sta riprendendo lentamente uno dei soldati feriti, (altri tre vennero uccisi, due rapiti), durante l'agguato degli Hezbollah che poi ha innescato l'offensiva israeliana. «Ha subito fratture multiple, delle ustioni, è arrivato in gravi condizioni, ma ce la farà - dice Atzomon Tzur, primario di riabilitazione - . Ha mandato sua moglie e i suoi figli ad Haifa ritenendola più sicura - la situazione è molto difficile per tutti».
Il vicedirettore Daniel, venne decorato nel 1982, per il suo servizio di medico durante la guerra contro il Libano: «Che ne penso della situazione? Penso che questa guerra non abbia senso, è la prima volta che attiviamo questo ospedale sotterraneo e non avremmo voluto doverlo fare mai. Penso che la mia città ora è deserta, che la mia famiglia è in pericolo e soprattutto che la gente soffre, sia gli israeliani che i libanesi».

Ewigen
18-07-2006, 18:36
Il Papa: violenze ingiustificabili

[Avvenire] «Né gli atti terroristici né le rappresaglie, soprattutto quando vi sono tragiche conseguenze per la popolazione civile, possono giustificarsi»: il Papa è tornato a condannare l'estendersi del conflitto in Medio Oriente, esprimendo particolare preoccupazione per «per l'estendersi di azioni belliche anche in Libano, e per le numerose vittime tra la popolazione civile» citando anche la città israeliana di Haifa, «anch'essa ultimamente colpita». «In questi ultimi giorni - ha detto Benedetto XVI dalla Val D'Aosta, dove si trova in vacanza, dopo la recita domenicale dell'Angelus - le notizie dalla Terra Santa sono per tutti motivo di nuove gravi preoccupazioni, in particolare per l'estendersi di azioni belliche anche in Libano, e per le numerose vittime tra la popolazione civile. All'origine di tali spietate contrapposizioni vi sono purtroppo oggettive situazioni di violazione del diritto e della giustizia. Ma né gli atti terroristici né le rappresaglie, soprattutto quando vi sono tragiche conseguenze per la popolazione civile, possono giustificarsi». Il Papa, parlando ad una folla raccolta sui prati di Les Combes, ha poi precisato che «su simili strade, come l'amara esperienza dimostra, non si arriva a risultati positivi». Papa Ratzinger ha poi notato che la scorsa domenica era dedicata «alla Madonna del Carmelo, Monte della Terra Santa che, a pochi chilometri dal Libano, domina la città israeliana di Haifa, anch'essa ultimamente colpita. Preghiamo Maria, Regina della Pace, perché impetri da Dio il fondamentale dono della concordia, riportando i responsabili politici sulla via della ragione ed aprendo nuove possibilità di dialogo e di intesa. In questa prospettiva invito le Chiese locali ad elevare speciali preghiere per la pace in Terra Santa ed in tutto il Medio Oriente».

Ewigen
18-07-2006, 21:51
MEDIO ORIENTE 18/7/2006 22.18
TRA LE BOMBE E LE VITTIME, GLI SFOLLATI E L'EMERGENZA UMANITARIA

I bombardamenti che da una settimana ininterrottamente colpiscono città e villaggi del Libano hanno costretto più di mezzo milione di persone alla fuga , su una popolazione complessiva inferiore ai quattro milioni ”: lo ha detto il rappresentante dell’Unicef a Beirut, Roberto Laurenti, definendo la situazione umanitaria “catastrofica”. Il continuo flusso di fuggitivi dal sud del Libano verso località ritenute più sicure - e che ora sta riempiendo scuole, edifici pubblici e altri accampamenti di fortuna - ha spinto il Programma alimentare mondiale (Wfp/Pam) a inviare una squadra di esperti per valutare le risorse alimentari disponibili e le necessità degli sfollati, tra cui moltissimi bambini, che molto probabilmente dovranno aspettare mesi prima di poter rientrare nelle loro case; il Wfm/Pam ha inoltre espresso preoccupazione per l’approvvigionamento di cibo in generale, soprattutto nelle aree bombardate, poiché importanti collegamenti viari sono stati distrutti. L’Organizzazione mondiale della Sanità (Who/Oms) e il Comitato Internazionale della Croce Rossa (Icrc) hanno sottolineato i problemi sanitari della crisi umanitaria. “La nostra principale preoccupazione è l’accesso dei feriti e dei malati cronici alle cure mediche” si legge in un comunicato del Who/Oms in cui si sottolinea anche la necessità di acqua e servizi sanitari per mantenere la situazione sanitaria sotto controllo. Icrc fa presente il problema del trasporto dei feriti agli ospedali, ricordando a sua volta i danni arrecati negli attacchi alle vie di comunicazione e alle infrastrutture. Mentre la macchina dell’emergenza umanitaria comincia a mettersi in moto, le Nazioni Unite hanno ordinato, per motivi di sicurezza, lo sfollamento del personale non indispensabile da Beirut. Secondo bilanci ricavati da fonti di stampa internazionali, oggi i bombardamenti sul Libano hanno causato almeno 31 vittime per lo più civili, nove appartenenti a una stessa famiglia, ma anche 10 soldati libanesi. Da parte loro gli Hezbollah hanno lanciato almeno cinque razzi in Galilea: una persona è morta e 14 sono rimaste ferite da un missile che ha colpito Nahariya; altri 4 razzi hanno raggiunto l’area di Haifa, Safez e Tiberiade ma senza fare vittime. Dall’inizio della crisi sono almeno 235 le persone sono morte in Libano e 13 in Israele. Save the Children sottolinea che i bambini sono tra le vittime più frequenti, in alcuni attacchi non meno de 50% dei morti e feriti sono bambini. Il primo ministro libanese, Fuad Siniora, in un’intervista alla ‘Bbc’ ha detto che Israele “sta aprendo le porte dell’inferno e della pazzia sul Libano”. Poche ore prima, rivolgendo un accorato appello ai paesi arabi e alla comunità internazionale perché intervengano per ottenere un cessate-il-fuoco, aveva detto che gli ultimi bombardamenti “hanno preso di mira industrie di prodotti alimentari, stazioni di servizio, strade, abitazioni civili e all’alba caserme dell’esercito, alcune delle quali non basi di reparti combattenti”, un comportamento che dimostrerebbe la volontà di Israele di “rimandare il Libano indietro di 50 anni” secondo Siniora.

Ewigen
18-07-2006, 21:54
MO: 500 mila sfollati in Libano
Unicef, situazione umanitaria e' catastrofica

L'offensiva israeliana ha spinto 500.000 persone alla fuga in Libano, dove la situazione umanitaria e' 'catastrofica'. Lo ha detto il rappresentante dell'Unicef a Beirut, Roberto Laurenti. Intanto la Siria ha inviato in Libano un altro convoglio di aiuti umanitari, composti da attrezzature sanitarie, materiali da laboratorio, cibo per bambini e centrifughe per dialisi.

Ewigen
18-07-2006, 21:55
Rice, tregua appena possibile
Segretario Usa, andro' in luoghi guerra quando sara' utile

Tutti noi vogliamo un cessate il fuoco 'appena possibile', 'quando ce ne saranno le condizioni': lo ha detto Condoleezza Rice. Le condizioni, ha spiegato la Rice, devono consentire una tregua duratura che possa creare condizioni per progressi politici duraturi. Dopo un incontro col ministro degli esteri egiziano Gheit, il segretario di Stato Usa commentando la situazione di crisi tra Israele e Libano ha dichiarato che si rechera' nella regione 'quando sara' utile e appropriato'.

Ewigen
18-07-2006, 21:56
Olmert, c'e' Iran dietro rapimenti
Premier, 'negoziato solo su principi del G8'

Dietro il rapimento dei due soldati israeliani sul confine israelo-libanese c'e' l'Iran, ha detto Ehud Olmert. Secondo il premier israeliano il rapimento da parte di un commando degli Hezbollah 'e' stato concordato con l'Iran al fine di distogliere l'attenzione dalla questione' nucleare'. Olmert 'non esclude la possibilita' di un negoziato a condizione che si basi sui principi del G8' e sostenuto che e' presto per parlare di forza internazionale.