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View Full Version : Birmania; prigioneri politici, minoranze etniche perseguitate e disboscamento cinese


Adric
08-10-2005, 16:45
Birmania: 1.100 i prigionieri politici

Inviato da Ornella Sinigaglia
sabato, 01 ottobre 2005 18:33

Sono circa 1.100 i prigionieri politici del regime di Yangon. A rivelarlo, mercoledì scorso, è stato un funzionario delle Nazioni Unite di ritorno dal Paese. Paulo Sergio Pinheiro ha documentato le gravi violazioni dei diritti umani, perpetrate soprattutto a spese delle minoranze etniche.

Lavoro forzato, stupro e altre violenze sessuali, estorsione e appropriazioni indebite da parte delle forze governative sono le principali accuse a carico del regime.

Nonostante la liberazione di 249 prigionieri politici lo scorso 6 luglio, tra i 1.100 ancora in carcere ci sono monaci, avvocati, insegnanti, giornalisti, contadini, politici, studenti contestatori, scrittori e poeti. Una livella che si è abbattuta quindi su tutte le classi sociali. U Win Tin, editore e poeta di 75 anni, è agli arresti da 16 anni. Gli era stata promessa la liberazione nel corso della scarcerazione di luglio, ma è tuttora in carcere.

Il perpetrarsi delle detenzioni a sfondo ideologico-politico va contro lo spirito della "road map" sottoscritta nel 2003 dalla giunta militare. E' più volte slittata di mesi la stesura di una nuova costituzione democratica, così come la liberazione della leader del partito democratico Aung San Suu Kyi e dei suoi collaboratori. Tutti gli uffici della Lega nazionale per la democrazia, il partito della Suu Kyi, sono stati chiusi a eccezione di quelli nella capitale, e «i membri del partito sono obiettivo principale delle persecuzioni e degli arresti», ha spiegato il funzionario Onu.

Pinheiro ha espresso anche la sua preoccupazione per il ricorso frequente e sistematico della tortura e dei maltrattamenti da parte dele autorità anche prima dei processi; nel rapporto ha citato quattro casi di persone decedute proprio in conseguenza delle tortura prima di essere condotti di fronte a un giudice.

Pinheiro, cui era stato impedito l'ingresso nel Paese dal novembre 2003, dice di aver raccolto le testimonianze di prigionieri che racconano di lunghe privazioni di sonno, acqua e cibo prima degli interrogatori, che possono durare svariati giorni. (O.S.)

(www.warnews.it)

Ewigen
09-10-2005, 10:05
Birmania - Václav Havel e Desmond Tutu all'ONU: Il Consiglio di Sicurezza prenda la situazione in mano al più presto

[ICN-News 03/10/05, 10:20]

Václav Havel e Desmond Tutu:

“Il nostro interesse per la Birmania va indietro di molti anni, da quando abbiamo iniziato a seguire la sua lotta per la pace e la riconciliazione nazionale. I riflettori sono puntati di nuovo sulla Birmania per una serie di ragioni, fra queste quella del 60° compleanno, lo scorso 20 giugno, di Aung San Suu Kym, l'unico premio Nobel al mondo privato della libertà di movimento. Ha trascorso infatti gran parte degli ultimi 16 anni agli arresti domiciliari. Negli ultimi anni è diventato chiaro che i conflitti interni della Birmania stanno causando problemi seri con conseguenze probabilmente permanenti che vanno di là delle violazioni dei diritti umani. La Birmania è ormai diventata un vero problema per la regione ed anche per la comunità internazionale.

Abbiamo incaricato lo studio legale DLA Piper Rudnick Gray Cary, che opera a livello mondiale, perché approntasse un dossier obiettivo ed autorevole sulla minaccia rappresentata dal governo birmano sia al suo popolo sia alla sicurezza ed alla pace di quella regione. L'evidenza ed i fatti contenuti nel rapporto indicano in maniera più che convincente che il Consiglio di Sicurezza dell'ONU deve occuparsi della questione Birmania al più presto possibile. Per questa ragione, il rapporto stilato prende anche in esame i criteri in base ai quali la situazione di un dato paese deve essere portata all'attenzione del Consiglio di Sicurezza dell'ONU, sintetizza i problemi attinenti e le sfide della Birmania, ponendo il tutto nel contesto di precedenti interventi dell'ONU.
Avendo letto il dossier e le sue raccomandazioni, chiediamo con urgenza che il Consiglio di Sicurezza dell'ONU prenda in mano la situazione della Birmania. E' quello che occorre fare per garantire pace, sicurezza e stabilità nella regione in questione e nel mondo."


Václav Havel, ex-presidente della Repubblica Ceca e l'arcivescovo emerito di Città del Capo, Desmond Tutu.

Adric
20-10-2005, 08:34
E come se non bastasse questo........

19 ottobre 2005 - Le compagnie cinesi stanno abbattendo intere foreste nel Myanmar settentrionale, a ridosso dei monti Kumon e Mangin, con la complicità delle milizie etniche locali e il disinteresse del governo centrale di Pechino. La denuncia viene da Global Witness, organizzazione privata per la tutela dell’ambiente.

Il 95 per cento del legname che la Cina importa dal Myanmar – si legge in un rapporto dell'asociazione – viene tagliato in violazione delle leggi per la protezione delle foreste.

Le foreste Kachin (nell'immagine), al confine con la Cina, presentano – secondo l’Unesco - una delle bio-diversità più rilavanti al mondo. E il pesante disboscamento sarebbe un pericolo più che consistente per la sopravvivenza di questo delicato ecosistema. Dal versante cinese, nella provincia dello Yunnan, la maggior parte dell’area è parco nazionale e il taglio di legna è proibito.

“E’ un commercio fuori di qualsiasi controllo”, dice Susanne Kempel, ricercatrice di Gw. Sono anni che le organizzazioni internazionali chiedono l’intervento di Pechino. E si stima che dal 2001 al 2004 il commercio illegale sia aumentato del 60 per cento.

Dal 2001 Pechino ha contratto impegni con i Paesi vicini per tutelare le foreste dal taglio illegale di alberi. Ma la Cina è il secondo maggior importatore mondiale di legno (dopo il Giappone) che utilizza non solo per le necessità interne ma anche per prodotti che esporta. (Montagna.org)

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N.B. Il Myanmar è ancora conosciuto in occidente con il nome di Birmania.

Ewigen
27-10-2005, 20:16
Birmania - Boniver: Il Consiglio di Sicurezza ONU dovrebbe intervenire

[ICN-News 27/10/05, 20:15]

La Sottosegretaria agli Esteri, On. Boniver, ha chiesto con urgenza l'íntervento del Consiglio di Sicurezza per risolvere la gravissima situazione in Birmania

Ricordando che la leader Premio Nobel per la Pace Aung San Suu Kyi e´ancora agli arresti domiciliari, la Boniver, nel corso di un dibattito ONU sulla condizione delle donne ha dichiarato: " Sono fermamente convinta che il Consiglio di Sicurezza OMU dovrebbe intervenire al piu´presto per risolvere la terribile situazione politica ed umanitaria in Birmania", ha dichiarato il sottosegretario.

Boniver ha pure sottolineato la continua e sistematica violazione dei fondamentali diritti umani, che van avanti indisturbata. La sottosegretaria agli Esteri ha anche espresso "simpatia per una popolazione ostaggio della giunta militare che e´ completamente sorda a qualsiasi appello esterno"

Jok3r
27-10-2005, 22:13
QUESTA situazione va avanti da molti anni in quel paese ma nessuno è sembrato accorgersene, solo qualche notizia in quindicesima pagina sui giornali ogni tanto... ah dimenticavo in birmania non c'è petrolio...

Ewigen
27-10-2005, 22:35
QUESTA situazione va avanti da molti anni in quel paese ma nessuno è sembrato accorgersene, solo qualche notizia in quindicesima pagina sui giornali ogni tanto... ah dimenticavo in birmania non c'è petrolio...

Certo,ma si da il caso che tra il nessunvi siano anche coloro che tirano in ballo la parola "pace"soloquando vi sono i top gun in azione.Certo che non vi sono stati interventi armati(su cui sarei contrario),ma guarda caso milioni in piazza per il Myanmar (e non solo)e film di registi politizzati ambientati su questa situazione mai si sono visti.Pura casualità?

Ewigen
30-10-2005, 20:26
28 Ottobre 2005
MYANMAR
Il Myanmar vuole uscire dall’organizzazione Onu del lavoro

La giunta militare al governo nell’ex Birmania ha dichiarato di voler abbandonare l’Oil ma la lettera ufficiale di rinuncia non è stata ancora inoltrata.

Bangkok (AsiaNews/Scmp) - La giunta militare al governo in Myanmar ha manifestato l’intenzione di uscire dall’Organizzazione internazionale del lavoro (Oil) delle Nazioni unite, che aveva chiesto a Yangon l'eliminazione del lavoro forzato. Diplomatici di Yangon hanno dichiarato che il governo ha comunicato questa decisione a una missione dell’Oil al lavoro nel Paese, mentre il ministero del lavoro la ha annunciata a Francis Maupain, avvocato francese con una lunga esperienza nell’Oil e consigliere speciale del direttore generale dell’organizzazione arrivato a Yangon la scorsa settimana. Un funzionario del Myanmar ha inoltre dichiarato che a marzo di quest’anno, prima dell’ultimo incontro principale dell’Oil, il governo ha chiesto ai ministeri di preparare uno studio sulle conseguenze politiche e finanziarie di un eventuale ritiro dall’Oil.

Maupain ha dichiarato che il governo del Myanmar ha preparato anche una lettera ufficiale che ancora non è stata però inoltrata. Per ritirarsi dall’organizzazione, ha dichiarato un portavoce dell’Oil, il Myanmar deve dare 2 anni di preavviso che iniziano nel momento in cui il direttore generale Juan Somavia riceve la lettera. Quasi certamente la lettera non è stata inviata perché il regime aspetta prima di vedere gli sviluppi della proposta di portare il caso birmano al Consiglio di sicurezza dell’Onu, come richiesto da una campagna internazionale e da un reportage redatto dall’ex presidente della repubblica Ceca Vaclav Havel e dall’ex premio Nobel per la pace e Arcivescovo sudafricano Desmond Tutu.

L’Oil mirava ad assicurarsi un impegno da parte di Yangon ad eliminare il lavoro forzato e a collaborare con i suoi rappresentanti, ma la risposta della giunta è stata sfavorevole. La delegazione Oil non può uscire dalla capitale, e per mesi è stata vittima di campagne di denigrazione, come quella del movimento filogovernativo “Associazione unita di sviluppo e solidarietà”, che ha organizzato raduni di massa dove ha condannato il lavoro dell’Oil e ha chiesto alle autorità di uscire dall’organizzazione. Diplomatici occidentali affermano inoltre che negli ultimi mesi il rappresentante Oil a Yangon ha ricevuto molte minacce di morte. Ora non riceve più minacce, ma le autorità non hanno fatto nessuna indagine a proposito.

Yangon cerca sostegno politico dagli Stati asiatici, ma la risposta è che non si può organizzare una campagna a favore di Yangon se prima i militari non faranno alcune concessioni. Cina, Giappone, e la maggior parte degli stati dell’Asean inoltre non sono favorevoli alla decisione di Yangon di ritirarsi dall’Oil. In maniera privata, hanno tutti raccomandato alla giunta di rimanere nell’organizzazione. Un funzionario cinese del ministero del lavoro ha dichiarato che “nel passato la Cina ha sostenuto la causa birmana all’Oil, ma negli ultimi tempi abbiamo chiesto alla giunta di collaborare con l’organizzazione”.

Ewigen
07-11-2005, 21:27
MYANMAR 7/11/2005 15.51
COMINCIATO TRASFERIMENTO CAPITALE AMMINISTRATIVA NEL NORD

Il regime militare al potere in Myanmar (ex Birmania) ha iniziato il trasferimento della nuova capitale amministrativa a Pyinmana, nella giungla settentrionale. Secondo fonti raccolte da agenzie internazionali di stampa, già da ieri mattina convogli di camion carichi di merce e personale hanno lasciato la capitale Yangon (ex Rangoon) in direzione della città situata circa 600 chilometri più a nord. È da anni che i militari progettavano di trasferirsi nella zona, ma i lavori di costruzione sarebbero iniziati solo un anno fa. Il complesso destinato ad ospitare i nuovi uffici dovrebbe comprendere le residenze degli esponenti dell’esercito, i quartieri diplomatici, la sede del parlamento, un aeroporto, un campo da golf e altri palazzi per i funzionari pubblici. Negli ultimi due giorni 10 ministri hanno intrapreso il viaggio verso il nord e altrettanti li dovrebbero seguire in futuro. Non è ancora chiaro il motivo del trasferimento, ma, secondo gli esperti, potrebbe essere dovuto al timore di un futuro attacco degli Usa contro Yangon, oppure addirittura al suggerimento degli indovini, frequentemente consultati nella tradizione birmana dai re dell’epoca pre-coloniale per conoscere il luogo adatto dove costruire case e città. Di certo la nuova capitale amministrativa sarà vicina alle zone di frontiera abitate dalle etnie shan, chin e karen, da tempo in contrasto con il governo centrale.

Ewigen
28-11-2005, 11:36
MYANMAR 28/11/2005 10.58
GIUNTA MILITARE PROLUNGA DI UN ANNO ARRESTI DOMICILIARI SUU KYI

La giunta militare che governa il Myanmar ha esteso di un altro anno gli arresti domiciliari a Aung San Suu Kyi, Segretario generale del partito d’opposizione Lega nazionale per la democrazia, segregata nella sua abitazione da novembre del 2003. È la seconda volta che il governo dell'ex-Birmania prolungare la misura cautelare alla leader del dissenso democratico in base alla cosiddetta ‘legge di Protezione’ che, oltre a prevedere l’incarcerazione senza processo, permette di rinnovare la detenzione di anno in anno fino a un massimo di cinque. La Premio Nobel per la pace 1991 avrebbe infatti dovuto tornate in libertà già a novembre dello scorso anno. Suu Kyi era stata arrestata il 30 maggio di due anni fa dopo scontri avvenuti in una località del nord del paese tra suoi sostenitori e giovani attivisti vicini ai militari al potere, durante il suo primo tour politico in Myanmar dopo anni. Di lei scomparvero le tracce fino al ricovero in un ospedale nel settembre 2003 per un intervento chirurgico, in seguito al quale fu inviata agli arresti domiciliari. Figlia dell’eroe nazionale Aung San, Suu Kyi rientrò in patria nel 1988, prendendo presto parte al movimento democratico birmano; dei suoi 15 anni di presenza in Myanmar ne ha trascorsi complessivamente 10 in prigione o agli arresti domiciliari.

Ewigen
30-11-2005, 11:37
30 Novembre 2005
MYANMAR
Washington: l'Onu si occupi dei diritti umani in Myanmar

Consegnato un resoconto sul "deteriorarsi della situazione" nell'ex Birmania. Intanto il governo del Myanmar prosegue i lavori per spostare la capitale nel centro del Paese. I militari, secondo il generale Sarki dell'Unione nazionalista Karen, sperano di controllare meglio le zone ribelli.

New York (AsiaNews/Agenzie) - Gli Stati uniti hanno inoltrato al Consiglio di sicurezza dell'Onu un resoconto sul "deteriorarsi della situazione" nel Myanmar, ex Birmania. Redatto da John Bolton, ambasciatore statunitense alle Nazioni unite, il resoconto chiede che "un alto responsabile del segretariato dell'Onu prepari un rapporto ufficiale sulla situazione in Birmania, da consegnare al Consiglio".

"La situazione dei diritti dell'uomo è sconvolgente", ha scritto Bolton nella lettera indirizzata a Andrei Denisov, presidente di turno del Consiglio di sicurezza. "La popolazione viene spostata da una regione all'altra con la forza, e villaggi interi vengono distrutti. Alcune persone trovano rifugio anche fuori dai confini birmani". Bolton ha inoltre accusato Yangon di cercare di ottenere armi nucleari e di commettere crimini contro le minoranze etniche del Paese, e ha ricordato che Yangon detiene più di un migliaio di prigionieri politici, fra cui il capo dell'opposizione ed ex premio Nobel per la pace Aung San Suu Kyi, a cui lunedì sono stati prolungati gli arresti domiciliari.

La giunta prosegue intanto i lavori per completare il passaggio della capitale da Yangon a Pyinmana, in una zona isolata e montagnosa nel centro del paese. Secondo il generale Sarki, un famoso militante dell'Unione nazionalista Karen (Unk), sono 2 le ragioni che hanno portato i militari a prendere questa decisione. La prima è che in caso di invasione da parte degli Stati uniti la giunta militare si potrebbe rifugiare e difendere nelle foreste di montagna. La seconda è che Pyinmana, data la sua collocazione geografica, permette un controllo maggiore delle regioni di confine in cui varie etnie, come i Karen, gli Shan, i Chin o i Karenni, si ribellano al potere centrale. "Agire in modo rapido è molto importante in guerra", ha dichiarato Sarki. I militari sperano che concentrare le forze militari nella nuova capitale gli consentirà di sopprimere in modo diretto e veloce ogni rivolta.

Spectrum7glr
30-11-2005, 13:27
Certo,ma si da il caso che tra il nessunvi siano anche coloro che tirano in ballo la parola "pace"soloquando vi sono i top gun in azione.Certo che non vi sono stati interventi armati(su cui sarei contrario),ma guarda caso milioni in piazza per il Myanmar (e non solo)e film di registi politizzati ambientati su questa situazione mai si sono visti.Pura casualità?

no, è che non costitusce occasione per prendersela col "nemico yankee" ed allora non vale la pena scendere in piazza.

Ewigen
03-12-2005, 19:02
MYANMAR 3/12/2005 1.01
NUOVA OFFENSIVA AMERICANA CONTRO LA GIUNTA MILITARE DI YANGON

(PIME) Su insistenti pressioni di Washington, il Consiglio di sicurezza dell'Onu ha approvato la richiesta di discutere - in una seduta a porte chiuse non inserita in un'agenda formale - la situazione dei diritti umani in Myanmar ( ex-Birmania, nota anche come Burma). Nessuna data è stata comunque stabilita e non è chiaro se il segretario generale Kofi Annan accetterà di parteciparvi. Gli Stati Uniti hanno imposto al Myanmar un embargo unilaterale protestando anche con i paesi asiatici che non hanno mai preso posizione contro il governo di Yangon, una giunta militare che si autodefinisce "Consiglio di stato per la pace e lo sviluppo" ed è al potere dal 1988. Pochi giorni fa fonti del dissenso attive all'estero avevano reso noto che sarebbero stati prorogati i provvedimenti che limitano a una presunta condizione di arresti domiciliari la libertà personale di Aung San Suu Kyi, da anni principale esponente dell'opposizione. Mentre la giunta di governo non fornisce notizie ufficiali su Suu Kyi, le voci di birmani residenti all'estero appaiono particolarmente attive. Subito prima della decisione dell'Onu, un organismo del dissenso birmano con sede in Thailandia, l’Associazione per l’assistenza ai detenuti politici (Aapp), con l'appoggio di un rappresentante del partito repubblicano statunitense, aveva diffuso nella capitale americana un rapporto basato sulle testimonianze di 35 ex-detenuti politici in Myanmar. In 124 pagine vengono descritti vari tipi di violenze compiute ai danni dei detenuti anche nei cosiddetti ‘centri per interrogatori’; gli intervistati sostengono di avere subito ripetuti elettroshock, di essere stati picchiati fino alla perdita dei sensi, sfregati con lime di ferro e costretti a camminare sui vetri. Tra la fine del 2004 e i primi mesi del 2005 il governo di Yangon ha rimesso in libertà migliaia di detenuti (19.000 secondo i dati forniti da Yangon) ma a quanto pare appena una dozzina lo erano per motivi politici. Secondo il relatore speciale dell’Onu per il Myanmar Paulo Sergio Pinheiro, al quale dal 2003 non è consentito dalle autorità locali l’ingresso nel paese, nelle carceri di Yangon ci sarebbe ancora 1.100 detenuti per ragioni politiche. Dal 1962 il Myanmar è governato dai militari.

Ewigen
17-12-2005, 22:11
MYANMAR 17/12/2005 10.39
CONSIGLIO DI SICUREZZA ONU SOLLECITA RIFORME DEMOCRATICHE

Il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha tenuto una riunione sul Myanmar (ex Birmania), evento molto raro nell’ambito di questo organismo, per chiedere alla dittatura militare di procedere sulla strada delle riforme democratiche. Su richiesta di alcuni paesi occidentali tra i 15 componenti del Consiglio di sicurezza, il sottosegretario generale per gli affari politici Ibrahim Gambari ha convocato la breve riunione durante la quale sono stati affrontati i problemi degli abusi dei diritti umani e della detenzione di prigionieri politici, tra cui la leader del dissenso e Premio Nobel per la pace Aung San Suu Kyi, che ha speso 10 degli ultimi 16 anni agli arresti. Gambari ha aggiunto che in Myanmar 240 villaggi sono stati distrutti dal 2002, permane la piaga dei lavori forzati e nelle carceri restano 1.147 detenuti politici. All’incontro era presente anche il segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, il quale ha affermato che “tutti sono incoraggiati” dalla recente decisione dell’Asean, Associazione dei paesi del sudest asiatico, di mandare un inviato a Yangon per verificare l’attuazione del promesso programma di riforme democratiche. Stati Uniti e altre nazioni occidentali stanno conducendo da tempo una campagna, finora infruttuosa, per inserire ufficialmente il Myanmar nell’agenda del Consiglio di sicurezza; contrari invece Repubblica popolare cinese, Giappone, Russia e Algeria, i quali ritengono che sia un’area non compresa nel mandato di sicurezza e pace internazionale affidato all’organismo.

Ewigen
23-12-2005, 19:20
MYANMAR- La Commisione Europea ha stanziato 15 milioni di euro in aiuti umanitari destinati alle minoranza etniche in Myanmar (ex Birmania) e a 130 mila sfollati interni accampati da decenni in sistemazioni di fortuna lungo il confine con la Thailandia senza alcuna assistenza. L’Unione Europea è uno dei principali critichi del regime militare di Yangon, al potere sotto sigle diverse dal 1962, e contro il quale ha varato sanzioni politiche. I finanziamenti serviranno a portare cibo, acqua e a migliorare le condizioni igieniche.

Ewigen
10-04-2006, 11:40
10 Aprile 2006
MYANMAR
Myanmar: più di 700 persone di etnia karen cacciate dai loro villaggi

L’esercito birmano ha distrutto i loro villaggi. I Karen, dove si contano nutrite comunità di cristiani, hanno riparato nel villaggio di Ko Kay. Alcuni di loro vogliono raggiungere i campi profughi in Thailandia.

Ko Kay (AsiaNews) – La giunta militare che governa il Myanmar, ex Birmania, ha lanciato un nuovo attacco nei confronti delle minoranze etniche del Paese, in modo particolare contro l’etnia karen, nella quale si contano numerose comunità di cristiani.

“In Birmania questo momento dell’anno è noto anche come stagione delle uccisioni”, si legge in un servizio del Christian Freedom International (Cfi), che raccoglie e distribuisce cibo e medicine, e assiste le minoranze etniche perseguitate in Myanmar.

“Durante la stagione secca i soldati si muovono con maggiore facilità nella fitta giungla birmana. Quest’anno non ha fatto eccezione, anzi la giunta militare ha aumentato gli attacchi per portare avanti quello che è un vero e proprio genocidio contro la minoranza etnica dei karen”.

Saw Aro, 50 anni, è un militante dell’Esercito di liberazione nazionale karen (Knla), che dalla seconda guerra mondiale lotta per la sopravvivenza dell’etnia karen. Aro ha dichiarato al Cfi che oltre 700 fra uomini, donne e bambini sono arrivati da poco nel suo villaggio di Ko Kay. “Vengono dai distretti di Toungoo e Nyaunglebin”, ha detto.

“L’esercito birmano di recente ha dislocato da Yangon (Rangoon) 10 battaglioni con più di 1500 soldati”. “Questi militari rappresentano un grave problema: quando sono arrivati nei distretti di Toungoo e Nyaunglebin hanno invaso tutta la zona, poi si sono messi alla ricerca dei villaggi dove vivevano persone di etnia karen. Hanno distrutto tutto, così adesso gli abitanti non hanno niente né da mangiare né da coltivare per il futuro. Se trovavano persone di etnia karen li catturavano. Gli abitanti di queste zone non hanno osato affrontare l’esercito birmano, ma per salvare le loro vite hanno lasciato i villaggi e si sono nascosti sulle montagne e nella giungla”.

Aro ha poi dichiarato che “prima di arrivare al villaggio di Ko Kay queste persone hanno dovuto affrontare cose terribili. Hanno camminato per 10 giorni, in una situazione di insicurezza, senza cibo e medicine. I soldati birmani hanno provato a bloccarli anche con mine, e queste persone sono riuscite a superare le difficoltà solo grazie alla guida di alcuni soldati karen”.

Anche nel villaggio di Ko Kay i 700 karen hanno dovuto affrontare il problema della mancanza di cibo e medicine. “Non sono sufficienti, e questo è un grave problema. La maggior parte di queste persone non vuole tornare nel suo villaggio. Alcuni hanno espresso il desiderio di fermarsi a Ko Kay, altri vogliono raggiungere i campi profughi in Thailandia”.

Ewigen
10-04-2006, 18:38
http://www.icn-news.com/users/foto/1144657880.jpg

GbLoArNdCiEnS
10-04-2006, 18:49
Birmania: 1.100 i prigionieri politici

Inviato da Ornella Sinigaglia
sabato, 01 ottobre 2005 18:33

Sono circa 1.100 i prigionieri politici del regime di Yangon. A rivelarlo, mercoledì scorso, è stato un funzionario delle Nazioni Unite di ritorno dal Paese. Paulo Sergio Pinheiro ha documentato le gravi violazioni dei diritti umani, perpetrate soprattutto a spese delle minoranze etniche.

Lavoro forzato, stupro e altre violenze sessuali, estorsione e appropriazioni indebite da parte delle forze governative sono le principali accuse a carico del regime.

Nonostante la liberazione di 249 prigionieri politici lo scorso 6 luglio, tra i 1.100 ancora in carcere ci sono monaci, avvocati, insegnanti, giornalisti, contadini, politici, studenti contestatori, scrittori e poeti. Una livella che si è abbattuta quindi su tutte le classi sociali. U Win Tin, editore e poeta di 75 anni, è agli arresti da 16 anni. Gli era stata promessa la liberazione nel corso della scarcerazione di luglio, ma è tuttora in carcere.

Il perpetrarsi delle detenzioni a sfondo ideologico-politico va contro lo spirito della "road map" sottoscritta nel 2003 dalla giunta militare. E' più volte slittata di mesi la stesura di una nuova costituzione democratica, così come la liberazione della leader del partito democratico Aung San Suu Kyi e dei suoi collaboratori. Tutti gli uffici della Lega nazionale per la democrazia, il partito della Suu Kyi, sono stati chiusi a eccezione di quelli nella capitale, e «i membri del partito sono obiettivo principale delle persecuzioni e degli arresti», ha spiegato il funzionario Onu.

Pinheiro ha espresso anche la sua preoccupazione per il ricorso frequente e sistematico della tortura e dei maltrattamenti da parte dele autorità anche prima dei processi; nel rapporto ha citato quattro casi di persone decedute proprio in conseguenza delle tortura prima di essere condotti di fronte a un giudice.

Pinheiro, cui era stato impedito l'ingresso nel Paese dal novembre 2003, dice di aver raccolto le testimonianze di prigionieri che racconano di lunghe privazioni di sonno, acqua e cibo prima degli interrogatori, che possono durare svariati giorni. (O.S.)

(www.warnews.it)


Ciao Adric.
Sono un ex e lascia che ti dica che ti si rimpiange moltissimo qui.
A mio parere sei stato il moderatore più equilibrato e benvoluto del forum.

Ciao.

Ewigen
11-04-2006, 22:36
MYANMAR 11/4/2006 13.53
CONDANNATO A SETTE ANNI EX MINISTRO DEGLI ESTERI

L’ex ministro degli esteri birmano Win Aung, destituito e poi incriminato a fine 2004 insieme con l’ex primo ministro Khin Nyunt, è stato condannato a sette anni di carcere per abuso di potere: lo ha riferito oggi l’‘Assistance association for political prisoners – Burma’, associazione che si occupa del sistema carcerario del paese, e la notizia è stata confermata dal capo della polizia, generale Khin Yi, sebbene fonti vicine all’esercito abbiano precisato che la condanna sarebbe in realtà stata pronunciata alcune settimane fa. A emettere il verdetto contro Win Aung, un tempo considerato il ‘volto pubblico’ della giunta militare al potere da decenni in Myanmar (ex Birmania), è stato lo speciale tribunale istituito all’interno del famigerato carcere di Insein per processare gli uomini legati a Khin Nyunt, eletto premier nell’agosto 2003, autore di un controverso ‘piano in sette punti’ per le riforme democratiche e capo dei servizi segreti militari. In seguito alla lunga lotta di potere che vide contrapposti Nyunt e Than Shwe, attuale ‘numero uno’ della giunta, l’allora primo ministro uscì di scena il 19 ottobre 2004; fu poi incriminato e condannato l’anno scorso a 44 anni di detenzione per corruzione, anche se la pena è stata sospesa e attualmente si trova agli arresti domiciliari.

Adric
12-04-2006, 01:07
Ciao Adric.
Sono un ex e lascia che ti dica che ti si rimpiange moltissimo qui.
A mio parere sei stato il moderatore più equilibrato e benvoluto del forum.

Ciao.
Grazie, ciao :)
Un saluto anche a Ewigen

Ewigen
12-04-2006, 11:38
Grazie, ciao :)
Un saluto anche a Ewigen

non c'è di che.:)



12 Aprile 2006
MYANMAR
Myanmar: violenze dei militari per il controllo dell’area intorno alla nuova capitale

Vittime delle violenze le minoranze etniche, in modo particolare di etnia karen. I militari hanno ucciso, distrutto raccolti, stuprato e commesso altre gravi violenze per costringerli a lasciare le loro case.

Bangkok (AsiaNews/Agenzie) - Il regime militare ha dato vita a una sanguinosa offensiva militare contro le minoranze etniche per avere il pieno controllo dell’area intorno alla nuova capitale. Lo rendono noto ribelli e gruppi antigovernativi del Myanmar.

Il colonnello Nerdah Mya, portavoce del gruppo Unità nazionale karen (Knu), dichiara che i militari hanno ucciso più di 100 persone di etnia karen. Hanno inoltre costretto altre migliaia di persone ad abbandonare le loro case, e hanno bruciato villaggi e raccolti. “La giunta militare – dichiara - ha dislocato migliaia di militari da Rangoon (l’attuale Yangon) alla nuova capitale Pyinmana. Uccidono, stuprano, depredano, bruciano. La gente così è costretta ad andarsene. Se sei di etnia karen i soldati ti attaccano, vogliono costringere i karen a lasciare la Birmania”.

Il Knu è il più importante gruppo armato ancora in lotta con Yangon. Il colonnello Mya rende noto che i karen hanno più di 10 mila uomini preparati per la resistenza. La giunta militare ha invece concordato una tregua con altri 17 gruppi armati di minoranze etniche.

“L’esercito birmano per garantire la sicurezza dell’area costringe le persone a lasciare i loro villaggi con la forza. I militari sparano alle persone”, denuncia un portavoce del Backpack Health Workers, un gruppo volontario che offre servizi medici nell’area karen. “Nello regione karen, nell’ovest del Paese, distretto di Toungoo, i militari hanno aperto il fuoco sugli abitanti”, aggiunge il Free Burma rangers, un gruppo di volontari che sostiene la causa dei karen. “Li hanno catturati, uccisi e decapitati. Ora oltre 2000 si nascondono e 1000 hanno già attraversato il confine con la Thailandia”. Il gruppo ha inoltre pubblicato un articolo di denuncia su internet con alcune fotografie.

Hyaw Hsan, generale brigadiere e Ministro dell’informazione, domenica ha confermato che ci sono stati scontri con le minoranze etniche ma a causa dei “sabotatori” karen che commettono “atrocità”. “Ma - dichiara – noi lasciamo aperta una porta per la pace”.

Sally Thompson, vice responsabile del gruppo Thailand Burma Border Consortium, rende noto che sono circa 1300 i karen arrivati nei campi profughi thailandesi da quando è cominciato l’attacco dei militari in concomitanza con la stagione secca. I profughi, continua, dicono che i militari bruciano i loro villaggi, distruggono i raccolti e tentano di costringerli al lavoro forzato.

Ewigen
26-04-2006, 21:16
22 Aprile 2006
MYANMAR
Myanmar, l’esercito costringe i contadini al lavoro forzato

I soldati obbligherebbero gli abitanti d tre villaggi nello Stato di Kachin a riparare una strada che porta a Myitkyina e a pulire il loro campo militare.

Myitkyina (AsiaNews) – L’esercito del Myanmar costringe gli abitanti di alcuni villaggi nello Stato di Kachin – nord di Yangon – a lavorare per il suo campo militare e per ammodernare una strada, che porta alla capitale Myitkyina. Secondo quanto dichiarato al quotidiano Irrawaddy da un uomo d’affari locale, il Battaglione 141 della cavalleria leggera del governo costringe gli abitanti di tre villaggi vicino alla cittadina di Sinbo a riparare una strada che porta alla capitale e a pulire il campo militare.

L’uomo d’affari di etnia Kachin, che viaggia spesso nella regione di Sinbo, dichiara di aver visto circa 80 perone, costrette in apparenza a lavorare lungo la strada. “Tra loro c’erano bambini e anziani, che scavano il suolo con delle zappe” aggiunge. Altri invece ripulivano il sottobosco intorno al campo dell’esercito.

La stessa fonte riferisce di aver sentito soldati ordinare agli abitanti di Yinna Pinlong, Min Thar e Man Khin di fornire una persona a famiglia per lavorare senza retribuzione in un “programma di volontariato”. “Gli abitanti – dichiara l’uomo – devono costruire capanne per se stessi e lavorare gratis per una settimana”.

Il Battaglione è in pianta stabile nella zona dal 2004 e ha ricevuto l’ordine dal maggiore generale Ohn Myint – del comando settentrionale - di apportare modifiche alla strada verso Myitkyina.

Rappresentanti dell’Organizzazione internazionale del lavoro (Oil) in Myanmar hanno da tempi denunciato che, anche se il lavoro forzato è stato dichiarato illegale, rimangono forti dubbi sul fatto che la giunta militare al potere voglia realmente eliminarlo. Frequenti sono i casi in cui l’esercito costringere la popolazione a portare approvvigionamenti ai reparti militari nelle zone più inaccessibili del Paese o a costruire caserme e fortificazioni.

La giunta non ha mai risposto alle denunce, anzi, ha accusato diversi lavoratori di alto tradimento per aver intrattenuto rapporti con l’Oil.

Ewigen
03-05-2006, 22:11
MYANMAR 3/5/2006 13.48
NUOVI SPOSTAMENTI DI PROFUGHI VERSO LA THAILANDIA

Negli ultimi quattro mesi almeno 1800 persone, appartenenti all’etnia karen, sono fuggite dal Myanmar oltre il confine con la Thailanda per scappare da operazioni dell’esercito birmano; lo ha reso noto l’Alto commissariato Onu per i rifugiati (Acnur/Unhcr). I nuovi fuggitivi sono ospitati in due campi profughi nel nordovest della Thailandia che da anni raccolgono i birmani che attraversano la frontiera, mentre altri 500-600 karen restano accampati nei pressi del fiume Salween, confine naturale tra le due nazioni, in attesa di poter raggiungere i familiari. Nei giorni scorsi attacchi ai villaggi nello Stato Karen (così è chiamato il territorio in Myanmar centrale abitato da questa minoranza) e conseguenti deportazioni erano stati denunciati a fonti di stampa internazionali dai ribelli karen e da organizzazioni umanitarie straniere vicine alla popolazione, stimando in 11.000 il numero delle persone obbligate con la violenza a lasciare le loro case. Sul perché delle rinnovate azioni dell’esercito contro la minoranza karen - con i cui guerriglieri la giunta militare birmana aveva raggiunto una tregua informale nel 2003 - esperti richiamano all’attenzione il recente trasferimento della capitale amministrativa. A dicembre il regime militare di Yangon, che sotto diverse sigle detiene il potere in Myanmar dal 1962, ha improvvisamente annunciato il trasferimento della sede del governo a Pyinmana, nel centro del paese. Sembra che le comunità di karen obbligate alla fuga vivessero in città e villaggi nei pressi della nuova capitale designata, una località a ridosso della foresta e non distante dalle aree dove sarebbero le basi di gruppi guerriglieri karen e di altre minoranze. Attualmente vivono nei campi profughi in Thailandia 120.000 birmani, ma si stima che il numero degli sfollati interni in Myanmar sia di mezzo milione di persone.

Ewigen
06-05-2006, 16:21
5 Maggio 2006
MYANMAR
Mancano medicine per i detenuti nella carceri birmane

La denuncia di attivisti per i diritti umani e parenti di detenuti politici; da quattro mesi la giunta militare vieta alla Croce Rossa internazionale di visitare le carceri del Paese.

Ginevra (AsiaNews/Agenzie) – Sono al limite le condizioni sanitarie dei detenuti politici in Myanmar: da quattro mesi la giunta militare impedisce al Comitato internazionale della Croce Rossa (Icrc) di accedere alle prigioni del Paese. Lo denunciano parenti dei prigionieri e operatori dell’Icrc.

Fiona Terry, portavoce dell’Agenzia di aiuti internazionale con sede a Ginevra, ricorda che dalla fine del 2005 l’Icrc non può più fornire medicinali ai prigionieri politici, perché gli è stato impedito di visitare le carceri. Amici e famigliari dei detenuti avvertono che nelle prigioni birmane medicinali per malattie come malaria, diabete e problemi di cuore sono in esaurimento. La scarsità riguarda anche farmaci rivolti a patologie più comuni, come quelle della pelle.

L’ex detenuto politico Khun Sai, di recente emigrato in Thailandia, racconta che “medicine per la malaria, non sono disponibili nemmeno dove la malattia è più diffusa, ad esempio nello Stato di Kachin nelle carceri di Khamti e Myitkyina”. “Molte famiglie – aggiunge – si devono fare carico delle spese mediche dei loro famigliari”. Tra il 1998 e il 2004, durante la sua detenzione nella prigione di Shwebo, Khun è stato ammalato di tubercolosi.

L’Icrc forniva medicinali alle prigioni e ai campi di lavoro in Myanmar fino a quando non è entrata in rotta con la Union Solidariety Development Association – affiliata alla giunta militare – la quale insisteva per scortare l’Agenzia nelle sue visite. La Icrc non ha accettato queste condizioni, perché contrarie al principio di indipendenza, che deve guidare le operazioni della Croce Rossa, come stabilito nei suoi protocolli. Il governo ha così deciso di non autorizzare più le visite.

Ieri il quotidiano di Stato, New Light of Myanmar, ha riportato la morte per epilessia del detenuto politico Myint Than, “nonostante le intense cure dei medici” nella prigione di Thandwe, Stato di Arakan. “È molto comune non ricevere le cure adatte in tempo - riferisce un ex prigioniero politico da Rangoon – almeno, quando l’Icrc poteva visitare le carceri riusciva a far trasferire i pazienti più gravi in ospedale”.

Dal 1962 il Myanmar è retto da una giunta militare. Gruppi per i diritti umani parlano di 1.100 prigionieri politici. Secondo stime della Assistance Association for Political Prisoners, con sede in Thailandia, finora ne sono morti 118 in carcere o in campi di lavoro. Dal 1999 all’anno scorso la Icrc ha compiuto 453 visite a detenuti politici, incontrando nel 2003 anche il premio Nobel e leader dell’opposizione Aung San Suu Kyi, agli arresti domiciliari.

Ewigen
21-05-2006, 20:14
MYANMAR 20/5/2006 15.53
SOTTOSEGRETARIO ONU INCONTRA PREMIO NOBEL AUNG SAN SUU KYI

[PIME] Aung San Suu Kyi, premio Nobel per la pace e storico capo dell’opposizione del Myanmar (ex-Birmania), ha ricevuto oggi la prima visita da quando il 30 maggio 2003 è stata posta agli arresti domiciliari: quella di Ibrahim Gambari, sottosegretario dell’Onu agli Affari politici. La missione di Gambari, arrivato in Birmania due giorni fa, è volta ad avvertire il regime militare che l’Onu potrebbe imporre delle sanzioni se il Paese non avvierà riforme politiche genuine e non garantirà il rispetto dei diritti umani. Dopo aver incontrato ieri gli esponenti del partito di Suu Kyi, la Lega nazionale per la democrazia (Nld), e del partito leale alla giunta militare, il Partito di unità nazionale (Nup), oggi Gambari è stato ricevuto a Pyinmana-Naypyidaw (da un paio di mesi scelta come nuova capitale al posto di Rangoon) da Than Shwe, il capo della giunta militare al potere. Gambari è il primo funzionario internazionale ammesso in due anni nell’ex-Birmania, dove i militari sono al potere dal colpo di stato del generale Ne Win del 1962. Nel 1990 la giunta militare aveva indetto libere elezioni, ma dopo la vittoria dell’Nld si è rifiutata di cedere il potere. La visita di Gambari a Suu Kyi ha riacceso le speranze della Lega che la loro leader possa essere presto rilasciata. “L’urgenza del dialogo e della partecipazione di Aung San Suu Kyi è inevitabile” ha detto il presidente dell’Nld Aung Shwe. Suu Kyi – 60 anni, figlia del leader indipendentista birmano assassinato nel 1948 – ha trascorso oltre la metà degli ultimi 16 anni sotto detenzione. Dal maggio 2003 le è negata ogni visita, eccetto quelle del personale di servizio e medico, e l’uso del telefono.

Ewigen
24-05-2006, 23:38
24 Maggio 2006
MYANMAR
La Giunta del Myanmar tortura i prigionieri politici, 127 le vittime dal 1988

Lo dichiara l’“Associazione per l’assistenza dei prigionieri politici”. Solo nell’ultimo anno sono morte sotto detenzione 10 persone, e più di mille prigionieri rischiano la stessa fine.

Bangkok (Agenzie) - Sono 127 gli attivisti per la democrazia che hanno perso la vita nelle carceri del Myanmar dal 1988 ad oggi. Lo ha dichiarato l’“Associazione per l’assistenza dei prigionieri politici”, un gruppo asiatico per la promozione dei diritti umani. Gli attivisti democratici sono morti a causa “di torture e maltrattamenti” da parte della Giunta militare che governa il Paese. Secondo l’Associazione, ad oggi sono più di mille i prigionieri che rischiano la stessa sorte.




MYANMAR 24/5/2006 6.17
NUOVI RIFUGIATI DI ETNIA KAREN IN THAILANDIA

Sarebbero circa 2000 i rifugiati in prevalenza di etnia karen che negli ultimi tre mesi hanno abbandonato lo stato di Kayin, in Myanmar (ex-Birmania) per la vicina Thailandia, nonostante la tregua informale in atto dal 2003 con la giunta militare al governo. Solo la settimana scorsa almeno 400 persone avrebbero oltrepassato il confine, ma sarebbero attesi nuovi arrivi. Lo riferisce l’Alto commissariato dell’Onu per i rifugiati (Unhcr/Acnur), precisando che tutti i nuovi arrivati sono ospiti nei campi gestiti dal governo tailandese, soprattutto nell'area di Mae Hong Son, nel nord del paese. Da settimane sarebbero in corso operazioni dell’esercito nei villaggi del Myanmar centrale abitati a maggioranza dai karen; in totale 11000 persone sarebbero state costrette a lasciare le loro dimore. Come spesso accade per le vicende interne del Myanmar, non sono chiare le ragioni di quel che sta accadendo, ma, secondo fonti del dissenso, tutto potrebbe essere conseguenza del recente spostamento della capitale amministrativa a Pyinmana, proprio nel centro del paese. Sembra infatti che le comunità di karen obbligate alla fuga vivano in città e villaggi nei pressi della nuova capitale, una località a ridosso della foresta e non distante dalle aree dove sorgerebbero le basi di gruppi guerriglieri karen e di altre minoranze. Attualmente vivono nei campi profughi in Thailandia 140.000 birmani, alcuni anche da 20 anni; si stima che il numero degli sfollati interni in Myanmar sia di mezzo milione di persone.

“Molti attivisti democratici – si legge nel rapporto - sono detenuti in condizioni critiche e la loro salute si deteriora di continuo. Inoltre rischiano di essere torturati. Se non verranno rilasciati subito, moriranno in carcere”. Secondo il rapporto sono almeno 1.156 prigionieri politici nel Paese e solo lo scorso anno sono morti 10 attivisti.

“La comunità internazionale dovrebbe fare pressioni sul governo del Myanmar per costituire una commissione indipendente che possa giudicare il rapido incremento di oppositori politici deceduti nelle carceri del Paese”, dichiara Paulo Sergio Pinheiro, ex inviato Onu per i diritti umani in Myanmar. “Questa commissione – continua - dovrebbe identificare le vittime e risarcire le famiglie. Dovrebbe analizzare anche tutti i casi di persone scomparse”.

Le dichiarazioni dell’Associazione arrivano tre giorno dopo l’imprevista decisione della giunta di autorizzare l’alto inviato Onu Ibrahim Gambari ad incontrare Aung San Suu Kyi, leader delle opposizioni e icona democratica. Il rapporto si intitola “Otto secondi di silenzio: la morte degli attivisti democratici dietro le sbarre”. Otto è un numero significativo per gli attivisti democratici, in quanto l’8 agosto (8) 1988 il regime ha represso nel sangue una imponente manifestazione democratica della popolazione.

Ewigen
26-05-2006, 18:35
MYANMAR 26/5/2006 12.27
APPELLO DI ANNAN A GIUNTA MILITARE: “LIBERATE AUNG SAN SUU KYI”

Il segretario generale dell’Onu, Kofi Annan, ha rivolto oggi un appello al capo della giunta militare al potere, generale Than Shwe, affinché liberi la dissidente Aung San Suu Kyi, alla vigilia della scadenza dell’ultimo periodo di arresti domiciliari comminati al premio Nobel per la pace il 30 maggio 2003. “Il governo birmano riesaminerà il suo status entro 24 ore. Approfitto di questa opportunità per chiedere al generale Shwe di rilasciarla. Credo che la sua liberazione faciliterà il dialogo nazionale e consentirà alla Lega nazionale per la democrazia (Nld, il partito di Suu Kyi) di parteciparvi” ha detto Annan in una nota diffusa dalla vicina Tailandia, aggiungendo: “Credo sia nell’interesse della Birmania, della regione e del mondo intero. Conto su di lei, generale Shwe, perché faccia quello che si deve”. La scorsa settimana il segretario aggiunto dell’Onu per gli Affari politici Ibrahim Gambari è stato ricevuto a colloquio da Shwe ed ha potuto incontrare Suu Kyi: “È uno sviluppo positivo perché è stato il primo straniero a poterla visitare da due anni a questa parte” ha sottolineato Annan. Il ministro tailandese degli Esteri, Kantathi Suphamongkol, si è detto ottimista: “Sia l’Onu che la Tailandia si attendono che Suu Kyi torni in libertà tra qualche giorno, una volta decaduti i termini della sua detenzione” ha detto da Bangkok.

Ewigen
28-05-2006, 08:54
MYANMAR 27/5/2006 11.46
PROROGATI ARRESTI DOMICILIARI AD AUNG SAN SUU KYI?

Ignorando un appello lanciato ieri dal segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, la giunta militare birmana ha prolungato gli arresti domiciliari al premio Nobel per la pace Aung San Suu Kyi: lo riferiscono le principali agenzie internazionali citando fonti governative, ma per il momento non risulta sia stato diffuso alcun comunicato ufficiale; divergenti anche le notizie relative ai tempi della proroga, alcune fonti parlano di sei mesi, altre di un anno. Già alla vigilia della scadenza dell’ultimo periodo di arresti domiciliari comminati alla dirigente dell’opposizione il 30 maggio 2003 – che decorreva oggi - le misure di sicurezza sono state rafforzate di fronte alla residenza di Suu Kyi a Yangon. In un comunicato diffuso ieri dalla Tailandia, Annan si era rivolto al generale Than Shwe, capo della giunta al potere, chiedendogli di rilasciare Suu Kyi: “Credo sia nell’interesse della Birmania, della regione e del mondo intero” aveva detto Annan. La scorsa settimana la leader della Lega nazionale per la democrazia (Nld), 60 anni, era stata autorizzata a incontrare il segretario aggiunto dell’Onu per gli Affari politici Ibrahim Gambari. La visita, la prima dopo due anni, aveva riacceso le speranze per una sua pronta liberazione.

Ewigen
29-05-2006, 20:44
9 Maggio 2006
MYANMAR
Continuano gli arresti per Aung San Suu Kyi. Per la giunta è una “questione interna”

Gli arresti domiciliari scadevano sabato 27 maggio, ma il giorno prima sono stati prolungati di un anno. La leader democratica ha passato 10 degli ultimi 17 anni agli arresti domiciliari.

Bangkok (AsiaNews/Agenzie) – Gli arresti domiciliari della leader democratica Aung San Suu Kyi sono una questione interna del Myanmar. “Non si tratta di una questione internazionale ma solo di un problema interno”, ha dichiarato oggi il ministro degli esteri birmano Nyan Win dalla Malaysia, dove partecipa a due giorni di incontri dei paesi non allineati.

Questa è la prima dichiarazione pubblica dal 26 maggio scorso, quando la giunta ha rinnovato di un altro anno gli arresti domiciliari al premio Nobel Aung San Suu Kyi. Venerdì sera un ufficiale di polizia si è recato nell’abitazione della leader democratica, e le ha comunicato la decisione della giunta. Gli arresti domiciliari dovevano scadere il 27 maggio.

Suu Kyi, 60 anni, ha passato 10 degli ultimi 17 anni agli arresti domiciliari. Il governo del Myanmar detiene altri centinaia di attivisti per la democrazia e dissidenti politici.

Una visita della scorsa settimana del funzionario Onu Ibrahim Gambari aveva lasciato sperare in una liberazione del premio Nobel, anche perché la giunta, con una scelta sorprendente, aveva permesso al funzionario Onu di incontrare Aung San Suu Kyi.

Ewigen
02-06-2006, 10:25
2 Giugno 2006
MYANMAR - CINA
Importazione illegale di legname dal Myanmar, Pechino tenta un giro di vite

Ma il traffico illegale continua: i soldati fermano i trafficanti ma non li arrestano e li rilasciano dietro cauzione. Inoltre la sera i confini sono poco controllati.

Bangkok (Agenzie) – Il governo di Pechino chiude i confini con il Myanmar, ex Birmania, per bloccare l’importazione illegale di legname, ma chi viola la legge non viene arrestato e la notte il confine non viene sorvegliato.

Global Witness, associazione per i diritti umani con sede a Londra, ha reso noto che Pechino ha ordinato ai commercianti cinesi di lasciare il Myanmar e ha incaricato i soldati di sorvegliare il confine. La decisione arriva dopo decadi di tagli selvaggi alle foreste del nord del Myanmar da parte di aziende cinesi.

“Questa è una buona notizia per chi vuole combattere i predatori delle foreste birmane”, si legge in una dichirazione di Mike Davis, membro dell’associazione londinese. Nel testo si spiega inoltre che la maggior parte degli oltre 1,5 milioni di metri cubi di legname importati in Cina per un valore stimato intorno a 350 milioni di dollari è prodotto in modo illegale. Davis chiede inoltre alle autorità dei due Paesi di collaborare per bloccare in modo definitivo il traffico illegale e sostituirlo con uno legale e sostenibile.

Ma, nonostante l’ordinanza, il traffico continua. Un birmano che vive vicino al confine spiega che i trafficanti utilizzano strade secondarie oppure viaggiano la notte, quando i controlli sono meno efficaci. Secondo l’ordinanza di Pechino, poi, in caso di fermo è previsto l’arresto del commerciante e la confisca del veicolo; “Ma i soldati – racconta il residente birmano, che chiede l’anonimato – quando fermano un trafficante lo rilasciano in cambio di una cauzione che va da 5000 a 6000 yuan (da 623 a 748 dollari). Inoltre i soldati la sera finiscono il turno e i confini rimangono non sorvegliati. Ogni veicolo può trasportare 5-6 tonnellate di legname, così sono ancora circa 1000 le tonnellate di legname che entrano in Cina”.

Uno dei capi dell’Organizzazione per l’indipendenza Kachin spiega inoltre che la fine del traffico illegale avrebbe una grave ripercussione sociale, dato che il commercio di legname è la principale fonte di sostentamento degli abitanti del luogo.

Ewigen
08-06-2006, 20:19
MYANMAR - Il segretario dell’Onu Kofi Annan ha chiesto alla giunta militare che governa il Myanmar il rilascio di tutti i prigionieri politici. Pochi giorni fa era stata scarcerata l’attivista sindacale Su Su Nway, ma la sua liberazione non aveva pienamente soddisfatto l’inviato dell’Onu a Yangon, che aveva insistito per il rilascio di tutti gli oppositori, compresa la leader del dissenso Aung San Suu Kyi, da tre anni agli arresti domiciliari. Nway era stata arrestata nell’ottobre del 2005 dopo aver denunciato all’Organizzazione internazionale del lavoro (Oim), l’esistenza di campi di lavoro forzato. La sindacalista ha detto di ignorare i motivi del suo rilascio dopo 18 mesi di prigionia.

Ewigen
15-06-2006, 22:24
15 Giugno 2006
MYANMAR
Myanmar: in vendita la lista nera dei “nemici” della democrazia

A Yangon circola un rapporto clandestino con 500 nomi di personalità che ostacolano il movimento democratico. Nell'elenco, oltre ai leader della giunta, vi sono pure capi di stato internazionali dalla Cina all’India.

Yangon (AsiaNews) – Per le strade di Yangon, in Myanmar, è in vendita un rapporto clandestino contenente la lista nera dei “nemici” del movimento democratico birmano. L’elenco comprende alti ufficiali della giunta militare, i loro familiari, ma anche alcuni capi di Stato mondiali. Abitanti di Yangon, che hanno acquistato il testo, lo hanno confermato al quotidiano thailandese Irrawaddy. Compilato con ogni probabilità da dissidenti in esilio, il rapporto viene venduto su un floppy disc a 35 centesimi di dollari.

Nella lista nera rientrano 500 “nemici” del movimento democratico birmano. Oltre ai leader della giunta militare, figurano anche i loro parenti, come la moglie del generale Than Shwe, Kyaing Kyaing, definita la “corrotta first lady”. Tra gli uomini d’affari vi è il magnate Tay Za, particolarmente vicino a Than Shwe, e ritenuto “il principale acquirente di armi per la giunta”.

Non vengono risparmiati i leader politici mondiali: dal presidente cinese Hu Jintao e il premier thailandese Thaksin Shinawatra, “amici del regime”, al capo di Stato indiano APJ Abdul Kalam, che di recente ha visitato il Myanmar “per discutere di affari militari ed economici con la giunta”.

Alcuni analisti birmani e internazionali sono nella lista, perché “giustificano” il regime. Ma appare anche l’ex fondatore della Free Burma Coalition, Zarni, che avrebbe negoziato con i servizi segreti militari.

La lista cita anche il fratello più grande di Aung San Suu Kyi, Aung San Oo, che vive negli Stati Uniti. In passato egli ha fatto causa alla sorella per il possesso di metà della casa, dove la leader dell’opposizione e premio Nobel per la pace è ancora gli arresti domiciliari.

Il rapporto termina con una citazione di Aung San, il fondatore della Birmania moderna: “Individuate i nemici più vicini e combatteteli”. Il gruppo di dissidenti che ha compilato l’elenco si firma “Compatrioti del Myanmar” e si prefigge di tenere aggiornata la lista.

17mika
15-06-2006, 23:17
Comunque la situazione è veramente allucinante. sono andato in Myanmar il mese scorso.. visto che la guida parlava italiano si poteva parlare liberamente di tutto (ovviamente parlarne all'aperto in inglese non è possibile,).

Le libertà civili, sono nulle, non esiste totalmante x esempio la libertà di stampa. Pensate che nei giornali non è possibile scrivere la parola "suu", che ha anche senso compiuto, perché ricorderebbe il nome della leader democratica. Casa sua è inaccessibile.. se la guida ci avesse portato sarebbe stata arrestata.
Fa veramente impressione stare a discutere dei cazzilli della nostra costituzione quando ti capita di andare in un paese dove non esiste il potere giudiziario, dove IL GIUDICE E' LA GIUNTA MILITARE.
L'altra cosa assolitamente devastante è la corruzione diffusa. Per fare qualunque cosa, specialmente se riguarda impiegati governativi, bisogna corrompere qualcuno.. bisogna pagare il custode all'ingresso dell'ospedale pubblico per poter entrare :eek: , un birmano deve pagare (500$!!) per avere un passaporto per poter abbandonare per 6 mesi il paese, ed è tutto così.
Inutile dire che la povertà in giro è allucinante.. alcune immagini di dei bambini che mi si avvicinavano mi rimarranno impresse a vita. Io non avevo mai viaggiato in un paese veramente povero e devo ammettere che interfacciarsi con la povertà mi ha suscitato sensazioni molto forti. Per fortuna c'è abbastanza acqua e la gente non muore di fame, ma per il resto sono rimasto piuttosto sconvolto.

Oltre alla bellezza del paese, l'unica cosa veramente positiva è il popolo. Grandissima dignità, persone sempre sorridenti e socievoli, tanta voglia di darsi da fare. Sono rimasto positivamente sorpreso :)

Quando avrò tempo devo scrivere degli appunti di questo viaggio, è stato troppo emozionante :)

Ewigen
19-06-2006, 21:20
MYANMAR 19/6/2006 16.23
NUOVI APPELLI PER LIBERAZIONE AUNG SAN SUU KYI

Sfidando le intimidazioni del governo militare, 300 sostenitori di Aung San Suu Kyi hanno ‘festeggiato’ oggi il compleanno della dissidente birmana davanti alla sua casa di Yangon, dov’è confinata agli arresti domiciliari dal 2003. Cinque monaci buddisti hanno liberato colombe e pregato per la sua salute e la sua liberazione. Compie 61 anni, la figlia del generale Aung San, eroe della liberazione birmana ucciso in misteriose circostanze, che rientrata nel suo paese nel 1988, per curare la madre malata, divenne subito un punto di riferimento delle lotte pro-democrazia iniziate quell’anno. Da allora ha trascorso, in periodi diversi, complessivamente più di 10 anni agli arresti domiciliari per ordine del regime militare, che sotto sigle differenti governa il Myammar dal 1962. Un nuovo appello per la rimessa in libertà di Suu Kyi è stato espresso oggi durante la cerimonia di inaugurazione a Ginevra del Consiglio per i Diritti umani dal relatore speciale dell’Onu per il Myanmar, Sergio Pinheiro. Per ricordare il suo compleanno in prigionia e chiedere la sua liberazione, i suoi sostenitori hanno organizzato diverse iniziative a Bangkok, dove si è rifugiato un nutrito gruppo di dissidenti, Kuala Lumpur, New Delhi e soprattutto negli Stati Uniti, dove vive la più grande comunità birmana all’estero. A Roma, la foto di Aung San Suu Kyi, convinta assertrice della lotta non violenta e già insignita del premio nobel per la pace nel 1991, è stata esposta dalla finestra del palazzo Senatorio sul Campidoglio, come segno di viva attenzione alla sua vicenda, unendosi alla voci che ne chiedono la liberazione.

Ewigen
30-06-2006, 18:23
30 Giugno 2006
MYANMAR - THAILANDIA - CINA
Myanmar, Karen: no alla diga che arricchisce il governo e va contro la gente

La diga di Hat Gyi, nello Stato Karen, sarà costruita sotto una joint venture tra Thailandia, Myanmar e Cina, le quali tengono segreti i particolari del progetto. Per la sua realizzazione già trasferiti con la forza migliaia di villaggi Karen con l’aiuto dell’esercito birmano.

Bangkok (AsiaNews/Agenzie) – La popolazione Karen, in Myanmar, chiede il sostegno di attivisti thailandesi per l’ambiente e i diritti umani per fermare la costruzione di una diga sul fiume Salween, vicino al confine con la Thailandia. La diga, che dovrebbe essere seguita da altre quattro, rientra nel più grande progetto economico firmato da Yangon, Pechino e Bangkok. Il tutto a vantaggio dei rispettivi governi e nel disinteresse delle necessità della popolazione.

L’organizzazione Karen River Watch (KRW), con sede a Mae Sot, avverte che le dighe costringeranno al trasferimento circa 80 mila abitanti dei villaggi locali. Lawplah, un responsabile del KRW, invita “l’opinione pubblica in Thailandia e i Karen ad unirsi alle manifestazioni contro il progetto della diga Hat Gyi, che avrà un forte impatto anche sulla popolazione, mentre tutti i benefici andranno alla giunta militare birmana”.

L’inizio dei lavori per la diga Hat Gyi - vicino a Myaing Gyi Ngu, nello Stato Karen - è prevista non prima della seconda metà del 2007, mentre la distribuzione commerciale dell’energia sarà possibile intorno al 2013. La diga avrà una capacità di 600 megawatt e sarà in grado di irrigare un’area pari a un terzo di Singapore. La maggior parte dell’elettricità generata è destinata alla Thailandia.

Il governo birmano ha dato il via libera al progetto della Hat Gyi lo scorso dicembre; all’inizio di questa settimana la Cina ha fatto sapere che a realizzarla sarà una joint venture tra la thailandese Electricity Generating Authority (EGAT) e la cinese Sinohydro Corporation, di proprietà statale. A quanto reso noto dalla Sinohydro, il progetto da un miliardo di dollari è il più grande mai siglato dai tre Paesi. I particolari dell’accordo per la serie di dighe e i risultati degli studi effettuati in loco, sono stati dichiarati “confidenziali” dai firmatari; attivisti thailandesi ritengono che questo vada contro la Costituzione nazionale.

Lawplah ricorda che molti villaggi Karen sono già stati trasferiti con la forza dall’esercito birmano, nel quadro di un’operazione volta a guadagnare terre circostanti la futura diga. Dal 1996, quando sono iniziati gli studi per il progetto, più di 300 mila persone sono state costrette a trasferirsi. Secondo il responsabile del KRW, i militari hanno anche minato il suolo per impedire agli abitanti di tornare. La crescente militarizzazione della zona è proporzionale all’aumento di casi di torture e violazioni di diritti umani. Il KRW, sigla che unisce le organizzazioni di sei comunità Karen, rende noto che il Battaglione 202 dell’esercito birmano, insieme con l'alleato Battaglione 777 del Democratic Karen Buddhist Army sono già diretti nella zona di Hat Gyi.

Lawplah si dice preoccupato: “Ora che la Thailandia ha stretto la mano al governo cinese e al regime birmano, è necessario protestare. I gruppi thailandesi per i diritti umani, attraverso il sistema legale del loro Paese, hanno più possibilità di noi di impedire la costruzione della diga”.

Ewigen
03-07-2006, 17:50
3 Luglio 2006
MYANMAR
Myanmar: la giunta blocca Google e Gmail

I cybernauti birmani denunciano da fine giugno un blackout dei principali programmi di messaggistica, come Google Talk e Gmail. La censura Internet attuata dal regime militare è tra le più dure al mondo.

Bangkok (AsiaNews) – La giunta militare birmana ha di nuovo bloccato la comunicazione via e-mail e i programmi di messaggeria, come Google Talk e Gmail. Secondo quanto riferiscono cybernauti da Yangon, il nuovo blackout è iniziato a fine giugno. Il quotidiano on line Irrawaddy, animato da birmani in esilio in Thailandia, ricorda che il regime aveva già bloccato i programmi di messaggistica istantanea di Yahoo, Hotmail e Skype.

In Myanmar i due ISP (Internet Services Provider) nazionali - Myanmar Posts and Telecommunications e Myanmar Teleport Company - entrambi sotto il controllo dello Stato, si avvalgono di dure leggi per mettere a tacere ogni espressione ritenuta “pericolosa” alla stabilità del regime. Secondo le ultime segnalazioni degli internauti, la Myanmar Teleport Company ha bloccato gli account Google Talk e Gmail servendosi di metodi più sofisticati del solito. La Myanmar Teleport è l’evoluzione della Bagan Cybertech, appartenente in precedenza a Ye Naing Talk - figlio dell’ex primo ministro ora detenuto, Khin Nyiunt - arrestato l’anno scorso per una serie di crimini.

Secondo l’ultimo studio di OpenNet Iniziative (ONI), che riunisce gli atenei di Cambridge, Harvard e Toronto, il Myanmar “applica uno dei regimi di censura sulla Rete più duri al mondo”, insieme a Cina, Arabia Saudita e Iran. Il Rapporto presentato dall’ONI a fine 2005, rivela che l’85% delle pubblicazioni on line favorevoli alla democrazia nella ex Birmania sono messe all’indice grazie all’uso estensivo di filtri software prodotti in Occidente. Secondo i ricercatori Oni, l’azienda statunitense Fortinet è il principale fornitore di tecnologie censorie per il Myanmar. La compagnia, che produce un sistema speciale chiamato Fortiguard, si difende dicendo di “rispettare gli accordi internazionali siglati da Washington” e che non mantiene relazioni commerciali con “Paesi colpiti da embargo per ragioni politiche”.

Si stima che la popolazione birmana on line sia intorno ai 30 mila utenti. Programmi di messaggistica come Google Talk sono molto popolari tra i navigatori Internet in Myanmar; non solo per comunicare con amici all’estero. Secondo un ragazzo di Yangon, c’è anche chi se ne serve per studiare e ottenere un diploma.

Sawato Onizuka
03-07-2006, 18:27
:muro: Tibet e Birmania sono troppo rispettabili per non prenderli subito in considerazione appena si parla di "paesi alla mercé dei dittatori" ... anche se fa scendere in secondo piano molti altri stati :doh: ma preferisco così :fagiano:

Ewigen
30-07-2006, 08:58
Monito a Myanmar: «Liberi i prigionieri»


[Avvenire] Il Forum regionale dell'Asean (Associazione delle nazioni dell'Asia sudorientale) si chiude oggi nella capitale malese Kuala Lumpur, dopo due giorni di lavori accompagnati da manifestazioni antiamericane all'esterno del centro congressi che ha accolto i rappresentanti di 25 Paesi (i 10 dell'Asean più Giappone, India, Pakistan, le due Coree, Australia, altri Stati asiatici e oceanici, oltre a Unione Europea, Stati Uniti, Canada). Come da previsioni, poche schiarite si sono avute sulla questione del Myanmar (Birmania). I ministri degli Esteri asiatici insieme al Segretario di Stato americano Rice, al termine dei lavori, hanno emesso un duro comunicato contro il regime Rangoon. «C'è bisogno di progressi tangibili che portino a una transizione democratica nel prossimo futuro» hanno chiesto i Paesi presenti al Forum. Condoleezza Rice ha anche detto che chiederà al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite una risoluzione di condanna del regime militare di Rangoon. Negli incontri dei ministri degli esteri Asean precedenti il Forum era emersa chiaramente l'insofferenza, che inizia a rasentare l'esasperazione, dei Paesi Asean nei confronti della giunta di Rangoon. In particolare per le ripetute e mai mantenute promesse di democratizzazione, e di liberazione dei prigionieri politici, tra cui il premio Nobel per la pace Aung San Suu Kyi. La scorsa settimana, all'inizio dei lavori Asean, il ministro degli esteri malaysiano aveva chiaramente detto che, data la situazione, la giunta birmana è ormai indifendibile e che è ora che l'Associazione prenda seri provvedimenti per distanziarsi da un Paese che di fatto mette in crisi i rapporti dell'intera regione con il resto del mondo e in particolare con Stati Uniti e Unione europea. Sul tappeto dei colloqui del veritice anche altri temi: economia, democrazia, lotta al terrorismo in ambito continentale, sicurezza. Problematica, come previsto la partecipazione della Corea del Nord, in un momento di stallo dei colloqui sul suo programma nucleare. Nonostante i Paesi coinvolti nelle trattative (Stati Uniti, Giappone, Cina, Russia, Corea del Sud e, ovviamente Corea del Nord) siano tutti presenti al Forum, quest'ultima ha fatto sapere di non essere disponibile a una ripresa dei colloqui finché resteranno in vigore le sanzioni economiche statunitensi e ha anzi minacciato di abbandonare i lavori del Forum se fosse stato discusso il suo lancio di missili del 5 luglio. Gli altri cinque Paesi si sono comunque incontrati al margine dei lavori, con la partecipazione allargata a Malaysia, Australia e Canada. Il Medio Oriente ha avuto uno spazio già nel messaggio di apertura del Forum letto dal ministro degli Esteri malaysiano. Syed Hamid Halbar ha espresso la preoccupazione per l'escalation dei combattimenti e ribadito la richiesta di un cessate il fuoco immediato, oltre che condannare l'uccisione da parte israeliana di osservatori delle Nazioni Unite. La questione libanese è stata dibattuta nei numerosi colloqui bilaterali che hanno accompagnato il Forum. Difficilmente al termine dei lavori potrà uscire qualcosa di più di una generica esortazione alle parti per porre termine al conflitto, ma di fatto la questione mediorientale si è posta d'autorità al centro dei lavori. Il ministro degli Esteri iraniano è arrivato nei giorni scorsi a Kuala Lumpur, ufficialmente per incontrare il suo omologo malaysiano. La questione mediorientale ha avuto un ampio rilievo anche per la presenza al Forum del Segretario di Stato Usa, Condoleezza Rice, giunta a Kuala Lumpur giovedì direttamente dal Medio Oriente. Ieri, la sua dichiarazione che gli Stati Uniti non fermeranno i bombardamenti di Israele nel Libano meridionale finché Hezbollah non sarà messo in condizioni di non nuocere, ha acceso il dibattito su questo tema.

Ewigen
14-08-2006, 15:21
Rebel group not to use landmines against junta

(Press Trust of India August 10, 2006) Leaders of a Myanmar rebel movement fighting the country's military junta will stop using landmines in their insurgency, a small, Geneva-based group announced on Thursday in disclosing the latest militant group to sign on to its campaign against targeting civilians in war zones.

"It decreases our capacity, but we can find other means to fight" said Thomas Thangnou, the top political official of the Chin rebels, who have been fighting Myanmar's government for almost two decades on behalf of what it says are hundreds of thousands of persecuted Christians.

Thangnou said Chin officials would provide, to the best of their ability, mapping of more than 2,000 mines laid by forces since 1988 and remove them where possible.
In zones not under rebel control, villagers will be given precise information for marking the mines.
"We try to avoid civilian casualties as much as possible," said Suikhar, a Thailand-based representative of the Chin people who only goes by one name.
The decision by the rebels is the result of four years of negotiations with Geneva Call, a campaign organisation that presses militant and insurgent groups to renounce landmines.
Geneva Call says it is crucial to engage non-state combatants in renouncing land mines because more rebel groups use the weapons than armies do.
It has previously sealed over two-dozen agreements with different militant groups worldwide and is trying to persuade FARC guerrillas and rival paramilitary groups in Colombia on cutting back their mine use.