Facebook: accesso ai messaggi privati per Spotify e Netflix, accordi sospetti con Apple e Amazon. Ecco quello che si sa
Un'inchiesta del New York Times rivela alcuni retroscena su partnership che Facebook avrebbe stretto con molti big della tecnologia, concedendo accesso alle informazioni sugli utenti senza averne il permesso. Ecco quello che per ora si sa veramente, senza cedere agli allarmismi
di Alessandro Bordin pubblicata il 19 Dicembre 2018, alle 12:01 nel canale WebSarebbe facile (e "populista") scrivere che Facebook è il male, senza approfondire un po' l'argomento che nelle recenti ore sta godendo della luce dei riflettori un po' in tutto il mondo. Cedere all'allarmismo è facile e comodo, specie per chi è chiamato ad analizzare una notizia per poi divulgarla. Tutto parte da un lunghissimo articolo del New York Times, nel quale emergono comportamenti a tinte fosche tenuti non solo da Facebook, ma anche da altri big del calibro di Spotify, Netflix, Apple, Amazon e anche Microsoft.
L'articolo appoggia le proprie basi su diversi documenti non apertamente specificati e sulle dichiarazioni di circa 50 ex dipendenti di Facebook, oltre che su quelle di alcuni partner aziendali. La conclusione è una storia già sentita: Facebook ha consentito a determinate aziende l'accesso ai dati dei propri utenti nonostante le diverse limitazioni in fatto di protezione dati. Risparmiandovi almeno mezz'ora di lettura possiamo riassumere in un elenco i casi più eclatanti, che vi invitiamo però a leggere per poi continuare con la lettura, perché c'è molto da dire o smentire:
Spotify, Netflix, Royal Bank of Canada: concessa la possibilità di leggere i messaggi privati di Facebook degli utenti.
Apple: concessa la possibilità di accedere ai contatti Facebook degli utenti e alle voci presenti nel calendario, anche con condivisione dei dati disattivata (attualmente ancora attiva).
Amazon: concessi nomi e informazioni di contatto degli utenti, come ad esempio la lista di amici.
Bing (Microsoft): concessi nomi e informazioni di contatto degli utenti, come ad esempio la lista di amici.
Sulle prime corre un brivido lungo la schiena, supportato da campane che suonano a morto per rendere omaggio al defunto concetto di privacy. E infatti molte fonti di informazione si fermano qui. Sacrificando la necessità di uscire in fretta con una notizia e dando invece priorità all'approfondimento, si scoprono però alcune "attenuanti", alcune deboli, altre decisamente solide, che permettono di vedere la questione in una prospettiva ben diversa. Pur restando preoccupante sotto alcuni punti di vista, sia chiaro, ma non certo come appare da una lettura superficiale.
Gli accordi fra Facebook e queste aziende (e un altro centinaio di calibro minore) sono stati di tre tipi, anche prendendo spunto dalle dichiarazioni ufficiali di Facebook in queste ore:
1. Facebook le chiama "integrazioni", ovvero app personalizzate create da Facebook per OEM come ad esempio BlackBerry. In pratica Facebook permette o crea lei stessa una app che permette di vedere feed delle bacheche e via dicendo anche in aggregatori specifici o in app diverse da Facebook, che hanno richiesto la collaborazione di una azienda terza. Si può vedere la cosa in diversi modi, ma nulla sottintende che, nel caso specifico, Blackberry abbia le "permission" di Facebook per fare alcunché.
2. La famigerata " personalizzazione istantanea", funzione introdotta nel 2010, prima rimossa dalle impostazioni predefinite e poi eliminata. Questa permetteva ai partner (è il caso di Bing, ma anche Apple) di personalizzare i propri servizi utilizzando qualunque cosa fosse pubblicata in Facebook, condivisa però dagli utenti stessi e visibile a tutti. Di fatto Facebook faceva il lavoro che poi avrebbero fatto aziende esterne, ovvero fornire una corsia preferenziale ai partner sui contenuti pubblici presente sul social blu. Bing quindi poteva fornire risultati di ricerca più mirati, sapendo ad esempio che vi piace andare in canoa o avete visitato la Finlandia. Esattamente quello che succede da sempre con i cookies di navigazione, nell'indifferenza più generale.
3. Accesso in lettura e scrittura ai messaggi Facebook / Messenger. Il più controverso, ma anche travisato. Siamo nel caso specificato in precedenza di Spotify, Netflix e la Royal Bank of Canada, almeno per quelli noti fino ad ora. Detta così suona male, malissimo. La realtà è che, prendendo Spotify, è noto che è possibile inviare dalla app stessa (senza aprire la app Messenger, quindi) un messaggio via Messenger agli amici, per condividere ad esempio un brano che ci è piaciuto. Avere accesso in lettura e scrittura messaggi vuol dire questo: mandare e ricevere messaggi via Messenger nella app Spotify. Ben diverso dal sentire comune che immagina le tre società citate intente a leggere, potenzialmente, tutti i messaggi che abbiamo scambiato con chiunque nella app Messenger.
Riportiamo inoltre la dichiarazione ufficiale di Netflix: "Negli anni abbiamo sperimentato diversi modi per rendere Netflix più social. Un esempio di questi, è la funzione lanciata nel 2014 che permetteva agli utenti di suggerire serie e film ai loro amici di Facebook attraverso Messenger o Netflix. La funzione però non è stata popolare e l'abbiamo eliminata nel 2015. In nessun momento abbiamo avuto accesso ai messaggi privati delle persone su Facebook o richiesto la possibilità di farlo.”
In una cosa però Facebook ha sbagliato, e di grosso: non essersi "accorta" che alcuni di questi accordi sono ancora attivi nonostante sia passato del tempo da quando le regole si sono fatte più restrittive, in generale. Altri accordi sono ancora attivi, legittimamente.
Questo articolo suona come una difesa di Facebook, cosa che non è affatto. Siamo comunque fortemente convinti che molti accordi siano presi sul filo della legalità e alcuni probabilmente, specie in passato, hanno abbondantemente sconfinato. Siamo comunque nemici, da sempre, degli slogan urlati, del complotto sempre e comunque. Anche perché spesso, con l'approfondimento, l'impressione cambia drasticamente. Ha poco senso, a nostro avviso, l'abbandono in queste ore di Facebook da parte di molte celebrità, scandalizzate "dalla lettura dei messaggi privati". La stra-grande maggior parte della questione ruota intorno ai contenuti pubblici che gli utenti stessi hanno pubblicato, offrendosi agli occhi del mondo indistintamente. Più importante sarebbe pensare bene a cosa si pubblica, sempre, a prescindere dal social utilizzato.
5 Commenti
Gli autori dei commenti, e non la redazione, sono responsabili dei contenuti da loro inseriti - infoPer quanto mi riguarda, a meno di smentite nei fatti, trovo che ci sia stata una violazione grave delle regole e della privacy degli utenti: se un messaggio è privato, così deve rimanere. Se ho impostato la mia pagina FB in modo che possa essere visibile nei suoi contenuti solamente ai miei amici o familiari e non ho messo like a pagine ufficiali di Apple, Amazon ed altri, questi ultimi non devono poter accedere a ciò che pubblico e condivido.
Ultima considerazione su Apple, paladina della privacy integrale, che per bocca del suo CEO Tim Cook ha dichiarato di non fare soldi e business con i dati delle persone e degli utenti: semplicemente ipocrita e falsa!!
Se si parla di fornire accesso a terzi ai messaggi privati degli utenti, allora c'è un problema grave, soprattutto se questo accesso è stato concesso senza il consenso esplicito e consapevole dell'utente.
Se invece si parla di fornire agli utenti l'accesso ai propri messaggi privati di Facebook utilizzando applicazioni terze, allora è un altro paio di maniche: qui è l'utente che utilizza tale funzionalità e si suppone ne sia consapevole.
In questo quindi è grande la responsabilità di chi riporta le notizie: non è tanto (o solo) una questione legata all'approfondire o meno una notizia, ma soprattutto al presentarla in maniera corretta. Lo stesso titolo di questa notizia, a mio parere, viola in pieno questo principio.
Tornando al discorso, nel secondo caso l'unico vero rischio è che le "terze parti", una volta che l'utente accede ai propri messaggi tramite la loro applicazione, possano accederci a loro volta a sua insaputa. Qui ovviamente entra in campo anche il fattore "fiducia" che l'utente pone nell'azienda terza, perchè se ho qualche dubbio io l'accesso ai miei messaggi di Facebook tramite la loro applicazione non lo faccio.
Per risolvere la questione alla radice Facebook dovrebbe fornire un sistema di comunicazione cifrato che le aziende collaboratrici possono integrare nella loro applicazioni, in maniera tale che Facebook rimanga l'unico vero soggetto ad accedere ai messaggi. Questo non metterebbe del tutto al riparo, ma sarebbe comunque un ottimo inizio.
Per quanto mi riguarda, a meno di smentite nei fatti, trovo che ci sia stata una violazione grave delle regole e della privacy degli utenti: se un messaggio è privato, così deve rimanere. Se ho impostato la mia pagina FB in modo che possa essere visibile nei suoi contenuti solamente ai miei amici o familiari e non ho messo like a pagine ufficiali di Apple, Amazon ed altri, questi ultimi non devono poter accedere a ciò che pubblico e condivido.
Ultima considerazione su Apple, paladina della privacy integrale, che per bocca del suo CEO Tim Cook ha dichiarato di non fare soldi e business con i dati delle persone e degli utenti: semplicemente ipocrita e falsa!!
Quoto!
Certo che sto prrrbuuuk ha veramente rotto ehhh........
del resto se ti iscrivi a spybook, non è che poi puoi lamentarti...
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