Il Washington Post limita l'uso dei social network ai propri giornalisti

Direttive apparentemente illiberali, quelle del Washington Post nei confronti dei propri giornalisti. Ma è davvero così?
di Alessandro Bordin pubblicata il 30 Settembre 2009, alle 10:14 nel canale WebLa notizia è di quelle che inizialmente fanno gridare allo scandalo: il Washington Post, tramite una circolare, ha dato precise indicazioni ai propri giornalisti di evitare l'uso del social network al fine di mettere in mostra, letteralmente, i fatti propri. Una direttiva aziendale, quindi, che renderebbe "meno uguali" di altri i giornalisti del Washington Post, non più liberi di esprimere alcune sacrosante libertà personali di espressione, a meno di non cambiare lavoro o testata.
Numerose le proteste in rete in difesa dei già citati giornalisti, chiamando in causa proprio i valori più elevati di libertà di espressione, piegati a più o meno con forza ad una rigida direttiva aziendale. La verità però va esaminata a fondo e, sebbene di principio la libertà personale risulti di fatto ridimensionata, occorre anche capire perché.
Alla base del provvedimento non c'è l'ipotetico tempo perso da parte dei giornalisti nei social network, problema tra l'altro di gran lunga ridimensionato da recenti studi. In ballo c'è l'attendibilità della testata e delle sue firme, oltre alla credibilità e serietà del Washington Post. Le indicazioni date vogliono evitare che il giornalista si renda riconoscibile per opinioni politiche, religiose, razziali o gusti sessuali, nonché su qualsiasi argomento che il giornale potrebbe trattare, magari in discrepanza con quello che pensa il giornalista da privato cittadino.
Se il giornalista esprimesse a livello personale, magari su Twitter, intolleranza per un determinato gruppo religioso, il pubblico potrebbe giustamente pensare che gli eventuali giudizi in un articolo su quel determinato credo possano essere condizionati troppo da chi ha scritto l'articolo, perdendo di vista l'attendibilità, l'imparzialità e lo scrupolo che dovrebbero essere il faro illuminante di ogni giornalista.
La notizia finisce qui, ma mi permetto di esprimere un parere in quanto giornalista, facendo un esempio: ipotizziamo che io scriva per mestiere su una rivista di automobili e dichiarassi una passione smodata tramite Facebook, che so, per le auto del gruppo Fiat. Qualora dovessi scrivere un articolo comparativo fra una Volkswagen e una Fiat, un mio ipotetico giudizio a favore di quest'ultima potrebbe essere visto come un giudizio di parte e non frutto di scrupolosi e imparziali test.
Ecco dunque che la posizione del Washington Post assume un'altra dimensione, che spinge sì il giornalista a privarsi di alcune libertà, ma per preservare la testata da critiche che possano rivelarsi anche fondate. Si potrebbe dire che l'operazione è un po' come nascondere la polvere sotto il tappeto, poiché il giornalista, come tutte le persone, ha sicuramente le proprie preferenze e passioni. Dare prova scritta di parzialità è però un'altra cosa, sicuramente lesiva per il giornalista e la testata, che perderebbero credibilità.
Con questo mio parere non intendo difendere a spada tratta il Washington Post, sia chiaro. La direttiva è di per sé limitativa e probabilmente incostituzionale. Il problema sta piuttosto nel sapere perché sia stato necessario redigerla. Forse sarebbe bastata più serietà, professionalità e buonsenso da parte di alcuni giornalisti, magari non troppo attenti a difendere l'imparzialità che il proprio mestiere comporta, costruita in anni di carriera, senza pensare alle conseguenze di un pensiero di troppo su Twitter. Voi cosa ne pensate?
21 Commenti
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Credo che un giornalista debba poter esprimere le proprie opinioni al di fuori dello strumento "giornalistico" (quotidiano, sito o altro), mantenendo il dovuto grado di obiettività quando invece produce informazione per il proprio datore di lavoro.
Esempio banale: ricollegandomi alla passione di Alessandro per le Fiat (
Morale: trovo esagerato da parte del WP "vincolare" così i propri redattori, fermo restando che questi devono offrire una informazione obiettiva (per quanto possibile... siamo umani!).
Vabbè, ho scritto di getto, magari dopo continuo
Ovviamente riguardo gli editoriali, o gli articoli di pura opinione tutto ciò che ho detto non vale, appunto perchè tali articoli sono opinioni personali basate sulle analisi e considerazioni del giornalista che può pensarla come vuole.
Se un giornalista si "distingue" nei social network per le sue idee, è inevitabile che tutto ciò che vada a pubblicare viene sminuito, a prescindere che abbia compiuto il suo lavoro con scrupolo.
Altresì immagina un inchiesta politica molto approfondita, magari uno scandalo, immaginiamoci un Travaglio, e immaginiamo che magari sul suo profilo FB ha delle foto dove è completamente sbronzo ad una festa... quanto ci metterebbero ad attaccarlo, a smontarlo, a minare la sua credibilità, e a quel punto, di conseguenza, quanto ci metterebbero ad attaccare chi ha dato spazio "ad un simile figuro" sui sulle sue pagine... con il conseguente danno di immagine... e di credibilità (ricordati che l'opinione pubblica non è obiettiva e irremovibile ma tutt'altro)..
Se da un lato mi spiace per i giornalisti, dall'altro non posso che condividere la posizione del WP..
Comunque credo che non si tratti di considerare solo cose attinenti alla professione del giornalista, ma anche e soprattutto mi sembra che il WP si riferisse a non esagerare a mettere in giro informazioni e preferenze private. (E questa sarebbe buona norma per chiunque sui social network scrivere con un minimo di sale in zucca e pensando alle possibili conseguenze, per cui il consiglio del WP non mi sembra così campato per aria..
Mi spiego se l'esempio delle auto calza tuttavia credo intendano anche qualcosa che non abbia a che fare con la professione, ma che potrebbe costituire pregiudizio nel lettore e portarlo a scartare un giornale solo per antipatia personale. Ad esempio se il giornale per restare su quell'esempio non trattasse affatto di auto e [U]quindi non ci sarebbe il problema dell'obiettività[/U], ma di qualsiasi altra cosa (per dire politica internazionale) e io avessi un odio pregiudizievole per chi apprezza le fiat magari eviterei a priori di leggere i suoi articoli per antipatia e la cosa si può estendere facilmente.
Considerato il clima da caccia alle streghe sulla stampa che ci ritroviamo anche qui in italia non mi pare che quello che ho descritto un po' "semplicisticamente" possa essere troppo distante dalla realtà!
sono due situazioni distinte, io preferisco la prima a questa...
Ovviamente riguardo gli editoriali, o gli articoli di pura opinione tutto ciò che ho detto non vale, appunto perchè tali articoli sono opinioni personali basate sulle analisi e considerazioni del giornalista che può pensarla come vuole.
Comunque ripeto anche a Paganetor che secondo me in questo caso ci stiamo sviando dal punto
E ci sono esempi del genere anche da noi e special ha colto il punto.. e te ne faccio un altro, se si scoprisse per assurdo
Interpretare é umano, distorcere é diabolico
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