Neuralink, la comunità scientifica è preoccupata per la mancanza di informazioni sul primo esperimento umano
A parte i proclami di Musk, non vi sono elementi certi condivisi da Neuralink sullo stato di salute del paziente, sulla sicurezza del dispositivo e sulle pratiche chirurgiche
di Andrea Bai pubblicata il 27 Febbraio 2024, alle 14:41 nel canale Scienza e tecnologiaNeuralink
Sono passati circa due mesi da quando Neuralink ha effettuato il suo primo impianto cerebrale su un essere umano, mentre la scorsa settimana il fondatore Elon Musk annunciava che il paziente si era ripreso completamente e aveva sviluppato la capacità di muovere il puntatore di un mouse con il pensiero.
Mancano, però, i riscontri concreti a questi annunci, tanto che si sta sollevando una certa preoccupazione tra la comunità scientifica e medica. Un nuovo articolo pubblicato su Nature raccoglie i pareri di alcuni ricercatori che puntano l'indice verso la coltre di mistero che avvolge Neuralink.

Le perplessità nascono dal fatto che la società condivide solamente le informazioni che vuole condividere, e per questo "la comunità è molto preoccupata", secondo le parole di Sameer Sheth, un neurochirurgo specializzato in neurotecnologie impiantate presso il Baylor College of Medicine di Houston.
Al momento infatti non vi sono molte informazioni sullo stato di salute del paziente, a parte le parole di Musk, e non si conosce alcun dettaglio sullo stato di sicurezza del dispositivo e nemmeno sulle pratiche eseguite durante l'operazione. A tal proposito, in particolare, Neuralink aveva pubblicato in passato i video di un sistema robotizzato capace di impiantare gli elettrodi del dispositivo nell'agar, una sostanza gelatinosa dalla consistenza non dissimile a quella del cervello umano, ma nulla si conosce sull'effettivo uso clinico del macchinario.
La preoccupazione di ricercatori e medici nasce anche anche quanto emerse lo scorso anno da un'inchiesta di Wired che aveva fatto luce su alcuni documenti nei quali venivano descritti gli esiti purtroppo non felici di una serie di esperimenti finiti male, nel periodo tra il 2017 e il 2020. Sono passati diversi anni, ed è lecito immaginare un miglioramento della sicurezza delle pratiche, ma la coltre di segretezza non aiuta certo a ben disporsi nei confronti di Neuralink.
Ovviamente i pochi dettagli condivisi sollevano anche perplessità sull'effettiva portata dell'esperimento. Sempre su Nature è apparsa l'opinione di Bolu Ajiboye, ricercatore Brain-Computer Interface pressi la Case Western Reserve University il quale, pur riconoscendo che più realtà sono coinvolte nella ricerca sulle BCI meglio è per il progresso del settore, osserva comunque che un traguardo simile (la possibilità di controllare un mouse col pensiero) è già stato raggiunto nel 2004, così come la possibilità di compiere azioni più complesse o comunicare in pazienti completamente paralizzati che si sono prestati alla sperimentazione di altri progetti.










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3 Commenti
Gli autori dei commenti, e non la redazione, sono responsabili dei contenuti da loro inseriti - infoL'importante è che vengano rispettati, avere informazioni più dettagliate o con maggior frequenza non mi sembra necessario.
A mio parere stanno semplicemente difendendo le proprie proprieta' intellettuali, esponendole solamente quando sara' tutto pronto e quindi, anche dopo aver diffuso le informazioni, la concorrenza non potra' raggiungerli facilmente. Mantenere la roba segreta inoltre permette di evitare che altri si mettano a brevettare delle soluzioni basate su di essa prima ancora che lo facciano loro.
Teniamo comunque presente che in america il discorso salute e' molto piu' privatizzato che in Europa, e le aziende tendono di piu' a cercare di avere un vantaggio sugli altri.
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