L'esperimento MOXIE di NASA Perseverance inizia la produzione di ossigeno dall'atmosfera di Marte
NASA Perseverance ha iniziato a utilizzare il suo esperimento MOXIE per la produzione di ossigeno a partire dall'anidride carbonica presente in abbondanza nell'atmosfera di Marte. Un passo avanti per l'esplorazione umana del Pianeta Rosso.
di Mattia Speroni pubblicata il 22 Aprile 2021, alle 11:21 nel canale Scienza e tecnologiaNASA
Anche se recentemente l'attenzione (anche mediatica) si è concentrata su NASA Ingenuity, il rover NASA Perseverance non è stato certo dimenticato dagli ingegneri! Proprio in queste ore è arrivata una conferma molto importante riguardante l'esperimento MOXIE, acronimo di Mars Oxygen In-Situ Resource Utilization Experiment. La produzione di ossigeno a partire dall'atmosfera marziana sembra essere possibile.
NASA Perseverance produce ossigeno su Marte grazie a MOXIE
Dietro un nome lungo si "nasconde" la possibilità di produrre ossigeno a partire dall'anidride carbonica presente in abbondanza (96%) nell'atmosfera marziana. Si tratta ovviamente di una svolta che implica la capacità di semplificare le future missioni con equipaggi che arriveranno sul Pianeta Rosso.
Bisogna infatti pensare alla possibilità di sfruttare l'ossigeno realizzato in loco su Marte non solo per il sostentamento degli astronauti ma anche come comburente per le navicelle. Questo permetterebbe di ridurre il carico di propellente necessario producendolo direttamente nel luogo di destinazione.
Chiaramente siamo solo all'inizio della sperimentazione e quindi nuovi dati dovranno essere acquisiti con il tempo. Secondo quanto riportato dal JPL in queste ore è stato fatto un primo tentativo, riuscito, di accensione di MOXIE e inizio della produzione di ossigeno.
Il test è avvenuto il 20 Aprile e ha portato alla produzione dei primi 5 grammi di ossigeno anche se la produzione massima prevista per MOXIE è pari a 10 grammi/ora (il prodotto di scarto invece è del monossido di carbonio). Il problema principale è che questo strumento (delle dimensioni di un tostapane e con massa di 17 kg) per riuscire nell'operazione deve portare la temperatura a circa 800°C. Questo comporta un consumo energetico elevato pari a circa 300 W e quindi il rover non può compiere molte altre attività durante il suo utilizzo.
Il JPL prevede diverse fasi per l'utilizzo di MOXIE. Verrà infatti verificata anche come cambia la produzione di ossigeno in base alle condizioni atmosferiche variabili (diversi momenti della giornata e con il variare delle stagioni). Infine ci saranno dei test per capire quali sono le temperature di funzionamento limite o se è possibile abbassarle.
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3 Commenti
Gli autori dei commenti, e non la redazione, sono responsabili dei contenuti da loro inseriti - infose fosse possibile collocare una simile unità cento volte più grande sarebbe una bella svolta, magari alimentata da generatori RTG o solari.
Probabilmente è anche il primo passo verso futuri tentativi di terraformazione
se fosse possibile collocare una simile unità cento volte più grande sarebbe una bella svolta, magari alimentata da generatori RTG o solari.
Probabilmente è anche il primo passo verso futuri tentativi di terraformazione
Questo ovviamente è solo l'inizio (in piccolo), anche perché questo RTG per quanto sia alimentato a Plutonio non fornisce molta energia. La terraformazione comprende anche altre dinamiche che non sono applicabili a Marte (campo magnetico per esempio). Certo, già solo per avere sistemi abitativi o missioni più gestibili sarebbe un passo avanti.
L'uso del nucleare sta tornando di moda in campo spaziale, vedremo come andrà nei prossimi anni.
L'uso del nucleare sta tornando di moda in campo spaziale, vedremo come andrà nei prossimi anni.
Purtroppo non si tratterà di terraformazione, ma di produzione necessariamente limitata per confluire in apposite cupole abitative: immetterlo nell'atmosfera marziana, qualora anche fosse possibile produrne in quantità sufficiente nel corso degli anni, credo sia impensabile, considerando che la bassa gravità marziana probabilmente non riuscirebbe ad evitarne la dispersione nello spazio. Resterebbe penso una piccola parte di ossigeno residuo negli strati più bassi dell'atmosfera, ma la stessa sarebbe comunque irrespirabile dal vivo senza compressione, causa embolie dovute alla bassissima pressione atmosferica marziana.
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