Realtà aumentata e virtuale: in Italia se ne parla tanto ma si pratica poco

Realtà aumentata e virtuale: in Italia se ne parla tanto ma si pratica poco

Una nuova ricerca conferma che verso realtà aumentata e virtuale si muove molto interesse da parte degli utenti, ma questo non si concretizza ancora in un'adozione massiccia.

di pubblicata il , alle 19:41 nel canale Periferiche
Virtual reality
 

Circa il 75% degli italiani, contattati nella preparazione della ricerca Retail Transformation 2.0 di Digital Transformation Institute e CFMT, dichiara di conoscere realtà virtuale e realtà aumentata: solo Social Network, con il 93%, e AI con l'80% fanno di meglio di VR e AR, distanziando altri temi tecnologici di recente sviluppo come Big Data, IoT e Blockchain.

Secondo la ricerca Retail Transformation 2.0, elaborata da Digital Transformation Institute e CFMT, a conoscere meglio e saper meglio definire Realtà Aumentata e Virtuale sono le persone tra i 18 e i 24 anni (87%), con grado di istruzione elevata (87%), reddito medio (77%), competenze digitali avanzate (87%) ed elevata autostima digitale (81%). Cosa comune anche a molte altre tecnologie prese in considerazione dalla ricerca. Tra le parole più spesso associate dagli intervistati ad AR e VR ci sono percezione, simulazione e percezione sensoriale e tra gli esempi che le persone portano con maggiore frequenza ci sono videogiochi e chirurgia a distanza.

Gli intervistati dichiarano che, rispetto all’impiego di VR nella formazione “al posto della sola esperienza in aula indossando un visore per vivere un'esperienza di realtà”, questa è auspicabile e “da valutare se opportunamente integrate con la didattica tradizionale”. Presente un 22% di persone più “resistenti” a soluzioni di questo tipo che valutano la Realtà Virtuale applicata alla formazione come “di poco conto” (11%) o addirittura “da evitare in quanto sarebbe una soluzione assolutamente dannosa per la didattica”.

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Stefano Epifani, presidente del Digital Transformation Institute e coordinatore scientifico della ricerca, sottolinea che “È interessante notare come sul tema della realtà virtuale si vivano, rispetto alle altre tecnologie, i momenti di radicalizzazione più forti nell’utenza. Tendiamo a vedere nelle applicazioni che si basano su questa tecnologia il punto di unione più profondo tra il mondo digitale e quello analogico, e non ci rendiamo conto che tale unione è invece agita con molta più forza attraverso strumenti come l’Internet of Things. Ad ogni modo, il livello di accettazione di questa tecnologia, complice anche lo sviluppo dei device che la rendono sempre più semplice da fruire, sta vivendo negli ultimi anni un ritmo serrato, che finalmente la vede efficace anche in contesti dove fino a poco tempo fa ne veniva solo teorizzata l’adozione, come i punti vendita”.

Sono queste tecnologie conosciute, però ancora poco praticate dagli utenti. Alla domanda su quali esperienze è capitato di fare “utilizzando strumenti quali visore, guanti, cuffie per giocare e/o fare esperienze in un ambiente virtuale”, un 57% di persone afferma di non aver mai provato, con un 31% di intervistati completamente disinteressato. Solo un 5% si dichiara utente regolare e a un 37% “è capitato di provare”.

Tra gli italiani, il 16% secondo la ricerca, che si sentono a disagio con AR e VR i limiti sono identificati nel “pensare a una persona che mi osserva da fuori con cui fare una figura ridicola”, al “senso di panico, vertigini e labirintite” oppure alla paura di isolarsi e “uscire completamente dal mondo che mi circonda”.

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Non molto diversa la situazione per Realtà Aumentata, i cui utenti regolari sono appena il 6%, con una percentuale ancora minore rispetto a VR (29%) che ha provato almeno una volta. Il 30% degli italiani che hanno provato AR si sente completamente a suo agio, a fronte di un 24% che prova un senso di disagio nel “vedere direttamente cosa sta accadendo di fronte a me” e per la paura che “la mente possa confondere ciò che è reale con ciò che non lo è”. E nonostante la Realtà Aumentata abbia abbondantemente superato di fase di hype e presenti applicazioni concrete di grande interesse, tra i “non praticanti” c’è chi la ritiene una tecnologia ancora poco sviluppata.

3 Commenti
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Ragerino13 Marzo 2020, 08:59 #1
Per fruire al meglio della VR ci vuole un pc decente.
La maggior parte della gente ormai a) non ha più nemmeno il pc, ma solo lo smartphone b) ha un portatile che non fa girare bene nemmeno un gioco di 3 generazioni fa, figurati la VR.
Inoltre spesso e volentieri ci vuole spazio fisico per sfruttarla a dovere sta benedetta vr, e ci vogliono strumenti dedicati (il visore), e l'obsolescenza è dietro l'angolo.

Ho appena rifatto da zero il PC desktop dopo 6 anni dall'ultimo. Ha i requisiti superiori ai consigliati per VR. Ma se devo scegliere di spendere altre centinaia di € per giocare in modo mediocre in VR o rimanere cosi per giocare ottimamente ai giochi normali, indovina cosa scelgo.
Zurlo13 Marzo 2020, 09:59 #2
Originariamente inviato da: Ragerino
La maggior parte della gente ormai a) non ha più nemmeno il pc, ma solo lo smartphone b) ha un portatile che non fa girare bene nemmeno un gioco di 3 generazioni fa, figurati la VR


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This.

Le prossime generazioni di visori avranno processori snapdragon pensati appositamente per queste applicazioni, non ci sara' piu' bisogno di un PC esterno. Fra due/tre generazioni di cellulari, forse anche "vecchio laptop" di cui parlavi prima sara' inutile, se consentiranno un sistema desktop basato su ARM e un "multiboot" utente invece di bloccare tutto; cosa che ancora non mi capacito del perche' non sia gia' fruibile.
mmorselli13 Marzo 2020, 18:47 #3
Originariamente inviato da: Zurlo
Le prossime generazioni di visori avranno processori snapdragon pensati appositamente per queste applicazioni, non ci sara' piu' bisogno di un PC esterno.


Saranno sempre due target separati, per quanto Oculus Quest abbia mostrato di essere un prodotto interessante il distacco con l'esperienza PC è abissale.

Il miglioramento degli snapdragon permetterà di fare qualcosa di più, ma non tanto di più, considerato anche che gli snapdragon top di gamma costano, il Quest ha scelto di uscire con 835 quando c'era già disponibile in volumi 845, per contenere i costi.

Il discorso PC potente è verissimo, ma la VR non deve diventare mainstream domani, i visori sono già vicini al massimo delle necessità hardware, mi riferisco per esempio a prodotti come Pimax 8KX, mentre PC e schede video continueranno a crescere, ovvero la fascia alta si sposta sempre più verso il basso e prima o poi incontrerà i visori, che hanno bisogno di migliorare in diversi settori, ma non per forza la risoluzione, che è il punto critico per le prestazioni.

D'altra parte il multimiliardario mercato delle schede video dovrà pur sopravvivere... Nei prossimi anni cosa convincerà un gamer a comprare una nuova scheda video? Il Ray Tracing? Giocare 8K a 120fps? O la VR?

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