Intel, un piano "senza precedenti": si valuta una partecipazione al 10% del governo USA
Washington studia un accordo inedito che trasformerebbe parte dei sussidi del Chips Act in una partecipazione azionaria per rafforzare la capacità produttiva di semiconduttori negli Stati Uniti
di Andrea Bai pubblicata il 20 Agosto 2025, alle 11:11 nel canale MercatoIntel
La Casa Bianca ha confermato martedì di essere al lavoro sui dettagli di un piano che vedrebbe il governo statunitense acquisire una partecipazione del 10% in Intel. A negoziare i termini dell'accordo sarebbe il segretario al Commercio, Howard Lutnick, per un'operazione che viene definita come "un’idea creativa mai tentata prima". Con l'eventuale partecipazione, l'amministrazione Trump intende rafforzare la sicurezza nazionale e la competitività economica degli Stati Uniti, e anche a garantire un ritorno per i contribuenti, trasformando i sussidi previsti dal Chips Act in una quota azionaria.
Intel al momento non ha ancora rilasciato una posizione ufficiale sul piano. L'azienda di Santa Clara ha ottenuto proprio nei giorni scorsi un importante investimento di 2 miliardi di dollari da SoftBank e con l’ipotesi, avanzata dal CEO Masayoshi Son, di rilevare del tutto la divisione produttiva della compagnia americana, gravata da continui ritardi e costi elevati.

Sul fronte dei sussidi statali, Intel ha già ottenuto circa 2,2 miliardi di dollari dei fondi previsti dalla legge, che ammontano complessivamente a 10,9 miliardi tra sovvenzioni dirette e contributi della Difesa, legati al raggiungimento di specifici obiettivi per i progetti produttivi avviati in Arizona, Ohio, New Mexico e Oregon. Gli aiuti pubblici equivalgono di fatto a circa il 10% della capitalizzazione del gruppo, oggi valutata intorno ai 100 miliardi di dollari.
Howard Lutnick ha ribadito che la scelta di acquisire una partecipazione, pur senza diritti di voto o di governance, risponde a una logica di reciproco beneficio: “Gli Stati Uniti devono ottenere qualcosa in cambio: perché concedere miliardi a un’azienda di queste dimensioni senza vantaggi concreti per i cittadini americani?”. Nelle sue dichiarazioni ha sottolineato inoltre l’urgenza di ridurre la dipendenza dal mercato taiwanese: “Non possiamo affidarci a un Paese distante 9.500 miglia dagli Stati Uniti e a soli 80 dalla Cina”.
Il Chips Act, approvato nel 2022 con un raro consenso bipartisan, ha finora finanziato non solo aziende statunitensi, ma anche gruppi stranieri come TSMC, Samsung, SK Hynix e GlobalWafers, tutti in fase di espansione negli Stati Uniti. Tuttavia, l’amministrazione Trump intende rivedere queste politiche, puntando a garantire un controllo diretto sulle filiere considerate più critiche per la sicurezza del Paese.










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9 Commenti
Gli autori dei commenti, e non la redazione, sono responsabili dei contenuti da loro inseriti - infoE ora vediamo i trumpisti de noantri come lo giustificano...
E ora vediamo i trumpisti de noantri come lo giustificano...
Il libero mercato vale solo per gli altri. Loro sono liberi di creare monopoli (tutte le big tech), salvare le banche dopo la crisi del 2008 e in generale fare come gli pare. Fino a quando ci sono i bischeri che gli vanno dietro...
Infatti... Inoltre, per quanto riguarda Intel, si starebbe trattando per un 10% delle azioni. Certo il Governo USA diventerebbe il primo investitore istituzionale della società, in termini di quota, ma l'azionariato globale di Intel è abbastanza frazionato sia come investitori che come FCI, nonché come ripartizione geografica dei capitali. Un quadro così metterebbe la società al riparo da eventuali colpi di testa presidenziali, che verrebbero contenuti in ambito CdA.
Certo vedere come si è ridotta Intel nel giro di appena 5 anni fa riflettere...
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