Intel, l'accordo sul CHIPS Act mette paletti alla vendita dell'unità produttiva
L'intesa tra Intel e il governo Biden-Harris sui 7,86 miliardi di dollari ottenuti nell'ambito del CHIPS Act impone alcuni paletti all'azienda guidata dal Pat Gelsinger. Un documento depositato alla SEC fa luce sui dettagli dell'intesa.
di Manolo De Agostini pubblicata il 28 Novembre 2024, alle 07:01 nel canale MercatoIntel
Nei giorni scorsi Intel e il Dipartimento del Commercio hanno raggiunto un accordo sui sussidi del CHIPS Act che rappresenta una boccata d'ossigeno per il colosso dei semiconduttori in difficoltà. Con quei soldi, Intel potrà completare la costruzione di alcune Fab negli Stati Uniti, nell'ottica di trovare clienti con cui farle operare a regime.
Gli accordi hanno però delle condizioni e anche questo caso non fa eccezione, soprattutto se il governo degli Stati Uniti mette sul piatto 7,68 miliardi di dollari, la più altra cifra riconosciuta a un'azienda nell'ambito del CHIPS Act.
Un documento 8-K depositato alla SEC riporta che i finanziamenti saranno erogati in base al raggiungimento di specifici traguardi, come la spesa in capitale, il completamento delle Fab e la produzione di wafer.

L'accordo impone anche diverse restrizioni a Intel e alle sue affiliate riguardo ai dividendi, l'espansione della capacità produttiva all'estero, collaborazioni con entità straniere e l'uso di attrezzature prodotte e assemblate in alcuni paesi esteri. Inoltre, Intel deve investire almeno 35 miliardi di dollari in ricerca e sviluppo negli Stati Uniti entro il 2028.
Forse l'aspetto più importante del documento è sui "cambio di controllo", ovvero sulla proprietà, in cui si limita la capacità Intel di vendere quote di Intel Foundry qualora questa diventasse un'entità indipendente. A settembre l'amministratore delegato di Intel, Pat Gelsinger, ha reso noto che intende scorporare le attività di produzione di chip in una filiale indipendente, aperta all'appoggio da parte di investitori esterni.
Nel documento si afferma che i sussidi del CHIPS Act impongono a Intel di possedere almeno il 50,1% di Intel Foundry se l'unità venisse scorporata in una nuova entità legale privata. Nel caso in cui Intel Foundry diventasse pubblica, e Intel stessa non fosse il maggiore azionista, l'azienda potrebbe vendere solo il 35% di Intel Foundry a un singolo azionista prima di incorrere in disposizioni sul cambio di controllo.
Secondo la documentazione, qualsiasi cambiamento di controllo potrebbe richiedere l'autorizzazione del Dipartimento del Commercio degli Stati Uniti.
Inoltre, se il flusso di cassa libero non indebitato legato a un progetto superasse determinate soglie, Intel potrebbe dover condividere una percentuale dei profitti con il Dipartimento del Commercio. Infine, in caso di violazioni significative dell'accordo, il Dipartimento del Commercio ha il diritto di terminarlo o richiedere la restituzione dei finanziamenti concessi.










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4 Commenti
Gli autori dei commenti, e non la redazione, sono responsabili dei contenuti da loro inseriti - infoNegli USA i soldi dei contribuenti " pesano " e non vengono buttati al vento in progetti senza capo né coda.
Soprattutto chi prende i soldi statali deve essere consapevole che DEVONO essere restituiti senza dilazioni, così come deve essere capace di fornire garanzie sulla restituzione.
Due culture profondamente diverse!!
Credici...
All'estero nascondono la polvere sotto il tappeto, ma diversamente dall'Italia non è pieno di dementi che stanno lì a lamentarsi di qualsiasi cosa
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