Batterie allo stato solido: dal MIT arrivano nuove strategie per celle più piccole e leggere

Alcuni ingegneri dell'Istituto hanno escogitato un sistema per contrastare la formazione dei dendriti, filamenti metallici simili a rami che costituiscono il tallone d'Achille della batterie al litio allo stato solido
di Giulia Favetti pubblicata il 26 Gennaio 2023, alle 09:01 nel canale AppleAd ognuno la propria debolezza e, parlando della batterie allo stato solido, quella debolezza si chiama dendriti.
Sono diverse le strategie messe in campo per contrastarne la comparsa – fisiologica – e allungare la vita delle celle; l'ultima, in ordine cronologico, arriva dal Massachusetts Institute of Technology e consiste nel deviarli.
I ricercatori hanno risolto un problema che riguarda le batterie al litio a stato solido, che possono essere interrotte da filamenti metallici chiamati dendriti che attraversano lo spazio tra gli elettrodi metallici. Hanno scoperto che l'applicazione di una forza di compressione su un materiale elettrolitico solido (disco grigio) faceva sì che il dendrite (linea scura a sinistra) smettesse di muoversi da un elettrodo verso l'altro (le macchie metalliche rotonde su ciascun lato) e invece virasse lateralmente in modo innocuo, verso la direzione della forza.
Una batteria allo stato solido è una cella in cui l'elettrolita liquido – che separa il polo positivo da quello negativo – viene sostituito da un sottile strato di materiale (generalmente ceramico) solido. Anche l'anodo, il polo positivo, è costituito da litio metallico.
In questo modo, oltre a ridurne peso e dimensione, si elimina quasi totalmente il rischio di incendio, legato a doppio filo alla natura infiammabile dell'elettrolita liquido.
Sfortunatamente, sulla superficie dell'anodo si formano i dendriti, strutture aghiformi che tendono ad allungarsi ad ogni ciclo di carica-scarica in seguito all'ossidazione dovuta alla perdita di elettroni e che, come delle radici, crescono nell'elettrolita e perforano la barriera sita fra i due i due poli a carica opposta, anodo e catodo, provocando il cortocircuito della batteria.
Il calore generato può accendere prima la cella stessa e poi una cella vicina, innescando un effetto domino chiamato fuga termica, che nei casi peggiori può incendiare la batteria stessa.
La ricerca del MIT, "Controlling dendrite propagation in solid-state batteries with engineered stress", ha illustrato il metodo utilizzato non solo per risolvere il problema ma anche per capire la natura dei dendriti stessi.
Yet-Ming Chiang, professore a capo del progetto, parlando della nuova ricerca, ha fatto un salto indietro, citando quanto scoperto nel lavoro precedente. Nelle batterie allo stato solido il materiale che compone l'elettrolita è duro e si contrappone al litio dell'anodo, che invece è un metallo piuttosto morbido.
Durante il processo di carica e scarica della batteria, poiché gli ioni di litio si spostano tra i due lati, il volume degli elettrodi varia, provocando naturalmente delle sollecitazioni nell'elettrolita solido, che, però, deve rimanere completamente a contatto con entrambi gli elettrodi tra i quali è inserito.
"Per depositare questo metallo, ci deve essere un'espansione del volume perché stai aggiungendo nuova massa", ha sostenuto Chiang. "Quindi c'è un aumento di volume sul lato della cella dove viene depositato il litio. E se sono presenti difetti anche microscopici, questo genererà una pressione su quei difetti che possono causare crepe, spazi vuoti in cui i dendriti hanno la possibilità di formarsi ed allungarsi".
La scoperta di Chiang ha totalmente cambiato le carte in tavola: inizialmente gli scienziati ritenevano che il processo di creazione dei dendriti fosse di natura elettrochimica, piuttosto che meccanica, ma gli esperimenti del team dell'MIT hanno dimostrano che sono le sollecitazioni meccaniche a causare il problema.
E che quindi la soluzione potrebbe essere applicare della pressione nella giusta direzione, contrapponendola a quella presa dal dendrite.
Per sperimentare questa teoria, il team ha utilizzato un elettrolita trasparente, in modo da vedere e monitorare l'intero processo.
"Abbiamo reso possibile vedere cosa succede quando una determinata pressione viene esercitata sulla cella, verificando il comportamento dei dendriti" ha spiegato il professore.
Il team ha dimostrato di poter manipolare direttamente la crescita dei dendriti semplicemente applicando e rilasciando la giusta pressione, facendoli zigzagare in perfetto allineamento con la direzione della forza.
L'applicazione di sollecitazioni meccaniche all'elettrolita solido non elimina la formazione di queste radici, ma la controlla, direzionandola dove non può provocare dei danni.
Nei loro test, i ricercatori hanno utilizzato la pressione indotta piegando il materiale, ma questo non è l'unico sistema possibile.
Ad esempio, l'elettrolita potrebbe essere realizzato con due strati di materiale che hanno quantità diverse di dilatazione termica, in modo che vi da creare una curvatura intrinseca, come avviene in alcuni termostati.
Un altro approccio potrebbe essere quello di "drogare" il materiale con atomi che verrebbero incorporati in esso, distorcendolo e lasciandolo in uno stato di stress permanente. Il vetro ultra duro utilizzato negli schermi di smartphone e tablet viene prodotto utilizzando questo stesso metodo.
La pressione necessaria è "commisurata alle sollecitazioni comunemente indotte nei processi commerciali di crescita delle pellicole e in molti altri processi di produzione": gli esperimenti hanno dimostrato che pressioni da 150 a 200 megapascal erano sufficienti per impedire ai dendriti di attraversare l'elettrolita.
Le novità non sono finite: il team di ricerca ha scoperto che la pressione dello stack, comunemente utilizzata nelle batterie per cercare di prevenire la separazione degli strati, aggrava la formazione dei dendriti, perché applicata nella direzione sbagliata.
Nella pressione dello stack, l'elettrolita viene schiacciato nella direzione perpendicolare alle piastre della batteria, un po' come comprimere un sandwich mettendovi sopra un peso, quando in realtà serve che la pressione venga esercitata lungo il piano dei piatti, come se il sandwich venisse schiacciato dai lati. "Quello che abbiamo mostrato in questo lavoro è che quando si applica una forza di compressione si può costringere i dendriti a viaggiare nella direzione della compressione", ha aggiunto Fincher, uno degli studenti che hanno preso parte alla ricerca, "se quella direzione è lungo il piano delle placche, i dendriti si muoveranno ma non potranno mai arrivare dall'altra parte."
Il prossimo passo del team è portare queste scoperte dal laboratorio alla pratica, creando un prototipo di batteria funzionale, capendo esattamente quali processi di produzione sarebbero necessari per produrre tali batterie in quantità.
Sebbene abbiano depositato un brevetto, i ricercatori non hanno intenzione di commercializzare il sistema da soli, dal momento che ci sono già aziende che lavorano allo sviluppo di batterie a stato solido. "Direi che questa è una comprensione delle modalità di guasto nelle batterie a stato solido di cui riteniamo che l'industria debba essere consapevole e cercare di utilizzare nella progettazione di prodotti migliori", ha affermato Chiang.
4 Commenti
Gli autori dei commenti, e non la redazione, sono responsabili dei contenuti da loro inseriti - info2 tonnellate su centimetroquadro non sembra esattamente una pressione applicabile in oggetti commerciali....
Un pianeta intero a correre in quella direzione.
Il termine del 2035 per le ICE mi sembra veramente ottimistico, spariranno prima per semplice pressione di mercato.
Non appena incappato una via per abbassare i costi di stoccaggio dell'elettricità le termine sono fritte.
2 tonnellate su centimetroquadro non sembra esattamente una pressione applicabile in oggetti commerciali....
infatti quello è UN METODO, non L'UNICO.
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