Apple e i suoi fornitori: il costoso (e lungo) percorso di affrancamento dalla Cina
Ridurre la dipendenza dalla Cina non è un percorso semplice e nemmeno rapido, ma forse è ancora presto poter pensare ad un'indipendenza totale
di Andrea Bai pubblicata il 05 Gennaio 2024, alle 18:31 nel canale AppleApple
Una nuova analisi di mercato condotta della banca d'investimenti TD Cowen stima che i fornitori di Apple, inclusa Foxconn che per la Mela assembla iPhone e non solo, hanno investito circa 16 miliardi di dollari dal 2018 in una strategia di "affrancamento" dalla Cina, per spostare o rilocare la produzione lontano dall'influenza cinese.
La stragrande maggioranza delle aziende tecnologiche ha storicamente avuto una fortissima, se non totale, dipendenza dalla Cina. Questa dipendenza si è rivelata però un problema con il crescere delle tensioni commerciali tra la stessa Cina e gli Stati Uniti e poi con i ritardi nella produzione e nelle spedizioni dei prodotti verificatesi in concomitanza con la pandemia COVID-19 e in conseguenza alle misure di lockdown. Si è quindi trattato di una serie di episodi che hanno progressivamente spinto le grandi realtà internazionali del panorama tecnologico, e quelle statunitensi in particolare, a considerare una strategia di differenziazione che rendesse più morbido il legame con i destini della Cina.
Gli analisti di TD Cowen sostengono che questo scenario ha spinto Apple e i suoi 188 principali fornitori a compiere investimenti per spostare la produzione e la catena di fornitura il più rapidamente possibile, in una strategia che proseguirà nel futuro prossimo. Gli stessi analisti hanno infatti stimato che i problemi occorsi durante la pandemia, assieme alle altre cause, hanno avuto un impatto di circa 30 miliardi sul fatturato della Mela. Si tratta di rischi che gli analisti ritengono essere "continuativi" e che anche i disastri ambientali imprevedibili giochino la loro parte come fattori non banali da monitorare.
Fino ad ora e a partire dal 2018 si sarebbe trattato di un impegno complessivo, da parte dei fornitori di Apple, di circa 16 miliardi di dollari per spostare e diversificare le capacità di produzione al di fuori della Cina, principalmente in aree come India, Messico, Vietnam e USA. Secondo gli analisti di TD Cowen i maggiori costi di produzione derivanti da questi investimenti sarebbero in parte sostenuti da Apple stessa anche se, affermano, "non è del tutto evidente nelle recenti tendenze dei profitti".
Le stime della banca d'investimenti indicano che un'azienda ha bisogno di circa 18 mesi per poter realizzare un nuovo stabilimento produttivo, periodo destinato ad allargarsi se è necessario riorganizzare anche l'intera catena di fornitura. E in generale non si può parlare di rilocazione completa se anche solo un componente chiave di un dispositivo non può essere prodotto al di fuori della regione da cui la catena di fornitura sta cercando di ridurre i rischi.
Si tratta però di un percorso che è tutt'altro che una passeggiata, e per quanto riguarda il prodotto di punta della Mela, l'iPhone, la dipendenza cinese sarà difficile da allentare. Gli analisti di TD Cowen osservano che Tata Electronics in India potrà in futuro giocare un ruolo chiave nella produzione di iPhone, ma le attività di costruzione di un polo produttivo sono state avviate solo da poco. In generale l'obiettivo pare essere quello di arrivare ad una capacità produttiva di 25 milioni di unità all'anno, capaci di soddisfare la domanda interna indiana di 10 milioni di unità e una parte della domanda del mercato statunitense, di oltre 70 milioni all'anno. Anche in uno scenario di questo tipo il ruolo della Cina resta insostituibile.
La situazione è leggermente diversa, invece, per quanto riguarda Mac e iPad con il Vietnam che sta assumendo sempre più rilevanza nella produzione di questi dispositivi e che a regime sarà in grado di coprire il 40% circa della domanda annua di Mac e iPad proveniente dal mercato USA. Al momento una piccola porzione di Mac, iPad e Apple Watch è già in produzione nelle fabbriche vietnamite.
Nel complesso si tratta di una strategia che impone costi più elevati nel breve termine, producendo però benefici su più lungo termine, con maggior margine lordo per la Mela, una volta che la capacità produttiva in precedenza disponibile solo su territorio cinese sarà trasferita su scala più globale e diversificata. Insomma, il processo è avviato e l'obiettivo è chiaro, ma il percorso è ancora lungo e lento. Senza contare la comparsa di eventuali sorprese o eventi al momento imprevedibili.
8 Commenti
Gli autori dei commenti, e non la redazione, sono responsabili dei contenuti da loro inseriti - infoforse per maggior capacità di ricatto verso i singoli paesi?
Ma no… dove produce Apple o, meglio, dove ci sono terzi che producono per lei visto che l’ultima fabbrica di proprietà della mela è stata schiusa quasi 30 anni fa, la presenza dello Stato è abbastanza forte o il mercato del lavoro è fortemente regolamentato ( Irlanda ).
I margini nel produrre in determinate zone del mondo derivano da una maggiore produttività per ora di lavoro ed operaio impiegato oltre al fatto di pagare salari inferiori per una mano d’opera comunque specializzata.
Lo stesso discorso vale per tutti altri grandi marchi di elettronica di consumo come Apple!
Ma no… dove produce Apple o, meglio, dove ci sono terzi che producono per lei visto che l’ultima fabbrica di proprietà della mela è stata schiusa quasi 30 anni fa, la presenza dello Stato è abbastanza forte o il mercato del lavoro è fortemente regolamentato ( Irlanda ).
I margini nel produrre in determinate zone del mondo derivano da una maggiore produttività per ora di lavoro ed operaio impiegato oltre al fatto di pagare salari inferiori per una mano d’opera comunque specializzata.
Lo stesso discorso vale per tutti altri grandi marchi di elettronica di consumo come Apple!
si vabbè ma pure in cina non credo che gli stipendi siano astronomici.
cioè fra cina e vietnam o india penso che gli stipendi e la produttività siano simili.
quindi?
cioè fra cina e vietnam o india penso che gli stipendi e la produttività siano simili.
quindi?
Il problema della Cina è di carattere geopolitico… La Cina sta mirando a diventare la nuova Silicon Valley nei prossimi 20 anni.
L’ingerenza del Partito Comunista Cinese è molto forte così come il rischio che questo metta dei vincoli ai produttori OEM di hardware. Praticamente siamo agli inizi di una vera e propria guerra commerciale/industriale per la supremazia mondiale, un rischio sempre più grande per le società occidentali.
Siccome gli usa hanno capito, in ritardo, che avrebbero perso tale primato, stanno correndo ai ripari in un piano di dismissione della produzione in Cina.
Non si può abbandonare la produzione dalla mattina alla sera perchè ormai la stragrande maggioranza della merce viene prodotta lì. Si finirebbe per avere un'infrazione incontrollabile e la rottura della catena di approvigionamento anche per le poche fabbriche che rimangono fuori dal paese.
Produrre negli usa, è troppo costoso e in alcuni casi dannoso per l'ambiente prossimo (fabbriche inquinanti) quindi è più semplice spostarsi in un paese orientale dove la manodopera costa poco, non ci sono attenzioni ambientiali particolari e un governo stabile.
cioè fra cina e vietnam o india penso che gli stipendi e la produttività siano simili.
quindi?
E invece...
Link ad immagine (click per visualizzarla)
Link ad immagine (click per visualizzarla)
interessante
Devi effettuare il login per poter commentare
Se non sei ancora registrato, puoi farlo attraverso questo form.
Se sei già registrato e loggato nel sito, puoi inserire il tuo commento.
Si tenga presente quanto letto nel regolamento, nel rispetto del "quieto vivere".