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Old 18-01-2009, 12:02   #1
Edo4444
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"Bad Bank" come soluzione alla crisi?

Tremonti: il Paese tiene. Ora altri
8 miliardi per gli ammortizzatori
«Bene Obama e la scelta di continuità con Bush»
ROMA — La prima cosa che viene in mente a Giulio Tremonti pensando all'insediamento di Barak Obama alla Casa Bianca, è che il futuro presidente giurerà domani sulla Bibbia di Abramo Lincoln. Formalità che potrebbe apparire insignificante.
Se non fosse che per il ministro dell'Economia ha un particolarissimo significato. «Prima le citerò Lincoln, poi un passo della Bibbia. Un giorno Lincoln disse: "Ho due grandi nemici, l'esercito del Sud davanti a me e le società finanziarie dietro di me. Dei due nemici, il secondo è il peggiore" ».

Potrebbe averlo detto Karl Marx.
«Non per caso Marx scrisse a Lincoln identificando nella bandiera a stelle e strisce un simbolo di speranza per i lavoratori».

La citazione della Bibbia?
«È nel Levitico, il passo sul sabbatico, sulla separazione fra il bene e il male».

E Obama che c'entra?
«La missione di Obama si pone nella dialettica fra la paura e speranza, tra crisi catastrofica, in atto o in potenza, e uscita salvifica. Certa la prima, ancora incerta la seconda. Si pone tra continuità su di una linea di intervento già sviluppato nel biennio 2007-2008 e rottura di continuità. Nel 2007-2008 è stato attivato l'intero armamentario della politica economica. Iniezioni di liquidità, manovra sui tassi d'interesse, abbattimenti fiscali...».

Ricordo la promessa di Bush e Bernanke di distribuire dollari con gli elicotteri.
«Ma non è servito a niente. Fallimenti bancari, salvataggi bancari, il piano Paulson. Siamo arrivati al tasso d'interesse uguale a zero che, se vuole, citando ancora Marx, nel terzo libro del Capitale è un elemento di comunismo. Comunque non è solo un fatto economico ma anche politico. Il sequitur è diverso per quantità, più grande, e per qualità: un terzo ancora fiscale, due terzi spesa pubblica keynesiana, e cioè opere pubbliche, investimenti pubblici».

Ci crede che sarà un New Deal keynesiano?
«Per la verità John Maynard Keynes non c'entra molto con il New Deal. In America lo fece Roosevelt per conto suo, come Hitler e Mussolini in Europa, ma senza aver letto la "Dottrina generale". In realtà Keynes si afferma in seguito, negli anni Cinquanta e Sessanta, e il keynesismo è la risposta socialista al marxismo. La politica di Obama sembra un po' essere nella continuità con il biennio precedente, con varianti quantitative e qualitative».

Più soldi, più spesa pubblica...
«E per inciso più deficit pubblico. La continuità è una ipotesi positiva, nella quale confidiamo fortemente e che ha elevate possibilità di successo. Ipotesi positiva oggettivamente, non necessariamente risolutiva. La speranza del mondo è che sia efficace nel biennio 2009-2010. Ma all'ottimismo della volontà si deve sempre accompagnare la cautela della ragione. Nelle strategie ci dev'essere sempre una uscita di sicurezza».

Una specie di piano B?
«Il male da contrastare non sta nell'economia, ma nella finanza. E ha un nome oscuro: derivati. Non per caso nessuno osa parlarne. La massa è in continua crescita, l'importo nozionale dei derivati è ormai pari a dodici volte e mezzo il Prodotto interno lordo del pianeta. l'importo netto oscilla fra i 20 e i 40 trilioni di dollari, mentre il piano Obama, è di un trilione. Ma importo lordo o netto che sia, nei derivati è insito il cosiddetto rischio incalcolabile, non sai a vantaggio di chi o a carico di chi finirà questa enorme mole di scommesse finanziarie fini a se stesse».

C'è proprio da stare allegri.
«Questa è la causa della sfiducia che domina la finanza. Un deficit di fiducia non si cura con il deficit pubblico. La prima ipotesi prima è che nel medio andare il risanamento dell'economia reale porti con sé il risanamento dell'economia finanziaria. La seconda ipotesi è che questa asimmetria non si chiuda così. Ecco perché l'uscita di sicurezza è finanza su finanza».

Sarebbe a dire?
«L'ipotesi di soluzione è nuovissima ed anzi vecchissima. È nella Bibbia, nell'immagine del sabbatico, della segregazione del male dal bene. Salvare tutto è compito divino, non umano. I governi possono salvare le famiglie, le imprese e la parte funzionale delle banche, quella che finanzia l'economia, non la parte che si presenta come finanza fine a se stessa».

Di quella che ne facciamo?
«La formula va definita, ma passando dalla Bibbia alla finanza lo schema è quello della bad bank.
Costituire contenitori ad hoc, immetterci i derivati, eccetera, pianificare una lunghissima moratoria, modificare conseguentemente le regole contabili».


Un altro salasso per i contribuenti?
«Non servono capitali pubblici. Non ha senso utilizzare capitali pubblici per rilevare la finanza derivata a deviata, per due ragioni: perché non basterebbero e non sarebbe equo».

Ma chi, e dove dovrebbe fare la bad bank?
«Nelle giurisdizioni dove si è generato e radicato il fenomeno. Prevalentemente negli Stati Uniti e in Gran Bretagna, ma non esclusivamente. Qualcosa di simile è stato fatto in Svizzera e Svezia».

Si rende conto della difficoltà?
«So bene che non è una scelta tecnica, ma politica. E tra le scelte politiche, una scelta radicale. L'alternativa del Diavolo sarebbe quella di lanciare una "grande inflazione"».

Che cosa avrebbe di tanto diabolico questa alternativa?
«Che l'inflazione la pagano tutti, senza che si risolva nulla».

Dopo la Seconda guerra mondiale accadde una cosa del genere. E fu la premessa del boom economico in Europa.
«In un mondo diverso. Allora c'era una sola moneta, il dollaro, e non c'erano le altre, perché erano distrutte. Adesso abbiamo l'euro ed è critica l'ipotesi della grande inflazione in una parte sola del mondo. Euro e Banca centrale europea sono l'opposto dell'inflazione. Quindi non resta che l'alternativa della Bibbia. In aggiunta, gente nuova e regole nuove».

Anche per l'Italia?
«Il nostro caso è radicalmente diverso. La crisi non si è prodotta Italia su Italia. È venuta da fuori sull'Italia e per ora più in termini di economia reale, non tanto per la caduta della domanda interna, che non c'è stata, quanto per la caduta dell'export ».

Sui muri del Veneto è comparso un manifesto del Popolo della libertà. C'è scritto: «Grazie, Silvio, per aver salvato i nostri risparmi». Non è un po' prematuro?
«L'opposizione ci ha fatto una doppia accusa: non siete intervenuti sulle banche come altri in Europa invece hanno fatto, e avete dato i soldi alle banche. Delle due l'una. In realtà Berlusconi non ha garantito le banche, ma il risparmio. E con il decreto anticrisi ha finanziato le imprese. In base alle informazioni che riceviamo dalla Banca d'Italia e dal mondo bancario, la posizione delle banche italiane è migliore di quella delle banche estere ».

Una buona notizia. Ma siamo sicuri che importi tanto a chi non arriva alla fine del mese?
«La crisi c'è ed è grave. Avendo scritto nel nostro programma elettorale già nel marzo 2008 "la crisi arriva e si aggrava", lo sappiamo bene. Ogni Paese ha le sue particolarità. L'Italia ha forza nella sua struttura sociale e produttiva, estesa dalle famiglie alle imprese, e debolezza nei conti pubblici, con il terzo debito pubblico del mondo. Il governo ha fatto la finanziaria a luglio e l'ha stabilizzata su tre anni prima che arrivasse la crisi. Senza sarebbe stato un disastro».

Anche così le prospettive non sono molto rosee. Per la Banca d'Italia il Pil potrebbe calare quest'anno del 2%.
«Il bilancio pubblico ha garantito e garantisce i fondamentali, dalla sanità, alle pensioni, alla scuola, alla sicurezza. Servizi pubblici continui e struttura sociale solida fanno dell'Italia un Paese socialmente saldo. In Italia non c'è solo un consenso politico verso un governo forte, ma anche un diffuso e generale consenso sociale. Questo insieme è valorizzato positivamente quando si fa il rating del-l'Italia che non per caso viene confermato, considerando l'alto debito pubblico ma anche il basso debito privato e la complessiva vitalità del sistema produttivo».

Davvero questo le sembra un Paese tranquillo e dove regna il consenso sociale? Negli ultimi mesi scioperi e manifestazioni di piazza erano all'ordine del giorno.
«La chimera del conflitto sociale può essere agitata, ma credo inutilmente. Non c'è da attendersi una rivolta dell'"esercito industriale", soprattutto perché interno al blocco sociale delle partite Iva, dove imprenditori e lavoratori vivono insieme. Non una rivolta dell'esercito dei lavoratori dipendenti privati e pubblici, ben consapevole della fortuna di conservare il lavoro, e sostenuto dal crescente potere d'acquisto perché i prezzi stanno scendendo...».

Ma la rivolta dei precari, quella sì.
«Più che rivolta, sofferenza. Ed è su questa area, proprio per evitare il conflitto, che siamo concentrando tutte le forze, potenziando gli strumenti di protezione sociale. La settimana prossima inizieremo incontri costruiti nella logica dell'economia sociale di mercato. Non faremo tutto il desiderabile ma tutto il possibile, e stiamo lavorando in squadra Claudio Scajola, Maurizio Sacconi, Renato Brunetta, Raffaele Fitto ed io».

L'opposizione dice che finora non avete fatto abbastanza per rilanciare l'economia e sostenere le famiglie.
«Alessandro Manzoni diceva: "Anche nelle maggiori strettezze, i denari del pubblico si trovano sempre per impiegarli a sproposito". E Carlo Azeglio Ciampi ha detto: "Per fortuna si è resistito alle sirene che spingevano per bruciare le esigue risorse disponibili in un generico aiuto ai consumi". I numeri sono questi: 16 miliardi per la tenuta del tessuto sociale e imprenditoriale, 16 miliardi per le infrastrutture e presto altri 8 miliardi aggiuntivi per gli ammortizzatori sociali. Con il prossimo Cipe arriveranno ulteriori e maggiori finanziamenti. Non solo. La nuova norma sui distretti industriali, lo sblocco delle procedure burocratiche sui lavori pubblici...».

Ma c'è chi si è lamentato perché la sua social card era scarica.
«La carta acquisti e il bonus che pensionati e lavoratori troveranno in busta paga tra febbraio e marzo sono strumenti addizionali, non sostitutivi. La carta acquisti è in experimentum in molti Paesi dell'Occidente. Abbiamo avuto difficoltà procedurali. Ma mezzo milione di carte in un mese, senza avere una banca dati, è poco? Mentre parliamo la distribuzione continua ed è in continua crescita. Normalmente le crisi generali sono crisi sociali e le crisi sociali sono causate da tagli sociali. Che non ci sono stati».

Che cosa la preoccupa maggiormente?
«Il Nord e il Centro hanno 38 milioni di abitanti e sono fra le aree più ricche d'Europa. Se fosse vero che in Italia non ci sono ricerca, produttività, istruzione, non sarebbe così. Il dramma dell'Italia è nel Sud, l'unica area europea che non ha una sua banca, ma soprattutto che vive un deficit sociale e culturale generale. E questa è una grande responsabilità della politica. Non c'è futuro per l'Italia se non c'è futuro per il Sud. Ed è questa la missione che sento più profondamente».


Sergio Rizzo
18 gennaio 2009



Creazione quindi di Bad Banks, cosa ne pensate? potrebbe essere davvero la via d'uscita da un tunnel che sembra sempre più lungo?
Edo4444 è offline   Rispondi citando il messaggio o parte di esso
Old 18-01-2009, 13:28   #2
Perry_Rhodan
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esttamente quello che hanno fatto con alitalia, mettere i debiti e le rogne in una "bad company" (pubblica) e ripartire da zero, solo con gli attivi in una nuova società (privata)

"Loro" tornano a guadagnare

"Noi" paghiamo i loro debiti

Soluzione molto giusta, etica, equa e solidale (e pure molto cristiana visto che citano pure la bibbia )
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Old 18-01-2009, 13:39   #3
Edo4444
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(ANSA)-NEW YORK,16 gen-Una bad bank nella quale far confluire gli asset tossici: il piano per pulire i bilanci delle banche potrebbe essere presto lanciato da Obama. A rilanciare l'idea sono stati ancora oggi il segretario al Tesoro Henry Paulson e il presidente della Fdic Sheila Bair, secondo i quali per la realizzazione del fondo si potrebbe utilizzare parte delle risorse della seconda tranche del Tarp, il piano salva-finanza da 700 miliardi di dollari.
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Old 18-01-2009, 13:51   #4
Edo4444
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Sono state confermate nella giornata di ieri le trattative tra Citigroup e Morgan Stanley, per la creazione di una join venture nel brokeraggio, che vedrà Morgan Stanley con una quota del 51% e la facoltà di salire entro i prossimi tre anni.
Prende quindi corpo la nuova strategia di Citigroup che intende rinunciare al modello di supermarket finanziario e separare l’attività di investment banking, che ha generato le pesanti perdite dell’ultimo esercizio, da quella di retail banking.

Le attività non centrali e più problematiche, per le quali non è possibile una dismissione nel breve periodo, dovrebbero essere trasferite all’interno di una nuova divisione, si verrebbe quindi a realizzare una sorta di bad bank.
Questa ipotesi sembra confermata dall’intervento di Ben Bernanke, tenuto ieri alla London School of Economics. Il governatore della Fed ha confermato infatti la necessità che le banche separino gli asset maggiormente rischiosi, e che il settore pubblico entri con nuovi capitali nell’azionariato di queste cosiddette bad bank.

Vikram Pandit, Ceo di Citigroup, aveva più volte confermato, nel recente passato, la strategia di non cambiare il modello di business della banca, è probabile quindi che il cambio di visione sia stato dovuto alle pressioni ricevute dalle autorità statunitensi, che sono già intervenute con un’iniezione di liquidità di 45 miliardi e la garanzia governativa di 306 miliardi di dollari sui titoli tossici emessi dalla banca.

Le prossime attività in procinto di essere dimesse da Citigroup, dovrebbero essere le unità di prestito al consumo in Giappone.

Ieri a Wall Street, nel corso di una seduta volatile, il titolo Citigroup ha chiuso in rialzo di cinque punti percentuali a 5,9, dopo il crollo del 17% di lunedì.

Bluerating.com
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Old 18-01-2009, 14:07   #5
Edo4444
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esttamente quello che hanno fatto con alitalia, mettere i debiti e le rogne in una "bad company" (pubblica) e ripartire da zero, solo con gli attivi in una nuova società (privata)

"Loro" tornano a guadagnare

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Più o meno si..

Ma praticamente gli aiuti massici degli stati (italia compresa) sono pur sempre soldi nostri. Quindi hai ragione, hai perfettamente ragione, ma in realtà stiamo gia pagando (con i soldi dei nostri figli tra l'altro) per cercare di far tornare a guadagnare qualcuno. Ma ti sei mai chiesto quali sarebbero le conseguenze se non si intervenisse? Lasciamo che faccia tutto la mano invisibile del mercato? e se si quali potrebbero essere i costi da sostenere per la collettività? oppure interveniamo con ingenti spese pubbliche per cercare di limitare i danni?

Le domande sono essenzialmente queste, non fare nulla o fare il possibile?

Per dirla da bar sport:
Una "bad bank" significa creare una finta banca di stato per spendere un bordello di soldi (di tutti noi) per acquistare merda (titoli tossici), tenersela un bel po nelle casse delle belle "bad bank" a farla fermentare (qualcosa si inventeranno per cambiare le regole o i rischi di quei contratti) e aspettare che si trasformi in qualcosa di meno merdoso per cercare di reimmetterla nel mercato per limitare le perdite.
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Old 19-01-2009, 10:09   #6
lowenz
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Cosa mi tocca leggere
E questo sarebbe un ministro dell'economica? Andiamo avanti a citazioni di "perle di qualcuno"?
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Old 19-01-2009, 11:33   #7
Rei & Asuka
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AHAHAHAHHA e lo dichiarano pure spudoratamente ora
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Rieju Nuuk / Tinbot / Niu / Leaf / FV14kWp / PdC e legna
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Old 19-01-2009, 13:10   #8
cocis
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privatizzare i profitti e sozializzare le perdite .. è il nostro motto ..

__________________
D
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Old 19-01-2009, 13:26   #9
Edo4444
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Ehm.. non per dire ma sono gli americani e gl inglesi che stanno prospettanto questa ipotesi..

Tremonti l'ha solo riportato. Non credo che ce lo potremmo permettere..
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Old 01-02-2009, 01:29   #10
Edo4444
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Good morning, bad bank

Siamo daccapo. Dopo che in ottobre il Governo americano ha investito 300 miliardi di dollari nelle banche e ne ha garantito il debito a breve per altri mille miliardi di dollari, le richieste di salvataggio ritornano, con la stessa periodicità dei risultati trimestrali. Il passivo aumenta: il Fondo monetario, che un anno fa aveva annunciato mille miliardi di perdite per il sistema nel suo complesso, oggi parla di due-tremila miliardi. E le banche bussano alle porte del potere politico.

Cambia il partito e cambiano molti dei protagonisti, ma il ritornello non cambia. Bisogna salvare il sistema bancario e per salvarlo sono necessari soldi: tanti, tanti soldi. Il Wall Street Journal scrive duemila miliardi di dollari. I 300 miliardi rimasti del piano Tarp (Troubled asset relief program) servirebbero solo come capitale iniziale per un mega hedge fund che prenderebbe a prestito la bellezza di due o tremila miliardi di dollari (garantiti dai contribuenti) per sollevare le banche dal peso dei titoli tossici. A che prezzo? Se il Governo dovesse pagare il prezzo di mercato di questi titoli, tutte le banche dovrebbero riconoscere questo valore nel loro bilancio, portando al fallimento immediato l'intero sistema creditizio. Quindi l'unica soluzione praticabile è quella di strapagare questi titoli a spese del contribuente. Questa volta la chiamano "bad bank" o "aggregator bank", ma altro non è che il Tarp prima maniera ideato dall'ex segretario al Tesoro Henry Paulson: un modo per scaricare sul contribuente le perdite delle banche.

Perché un Governo che doveva portare al cambiamento più radicale sembra ripetere gli errori fatali dell'esecrata amministrazione Bush? Perché cambia il Governo ma non cambia la pressione lobbistica, con buona grazia delle nuove regole introdotte da Barack Obama.
Sia il nuovo ministro del Tesoro Tim Geithner che il consulente economico di Obama Larry Summers sono protegés di Robert Rubin, ex ministro del Tesoro di Bill Clinton ed ex capo di Goldman Sachs, e fino all'altro giorno consigliere di amministrazione "speciale" di Citigroup. Colui che è stato pagato 140 milioni di dollari in 10 anni per aver portato Citigroup al fallimento. Da Goldman vengono anche il sottosegretario di Geithner e il nuovo capo della Fed di New York, William Dudley.

Charles Erwin Wilson, che fu ministro della Difesa nell'amministrazione Eisenhower dopo una lunga carriera a General Motors, dichiarò che l'interesse di Gm coincideva con l'interesse del Paese. Come possiamo pensare che persone che hanno passato vent'anni in Goldman non percepiscano la stessa coincidenza di interessi?

Ed è vero che l'interesse degli Usa (e del mondo intero) è che il sistema bancario ritorni ad essere ben capitalizzato e in grado di fare prestiti all'economia. Dove l'interesse diverge è su come raggiungere questo obiettivo. I banchieri vogliono essere indennizzati degli errori passati a spese dei contribuenti. Come spiegare i 4 miliardi pagati in bonus ai dipendenti da Merrill Lynch dopo che il Governo aveva dovuto immettere 10 miliardi per salvarla? La giustificazione spesso addotta è che non esistono alternative. Ma è falso. Nello scorso autunno avevo presentato una chiara alternativa (Il Sole 24 Ore del 15 ottobre) in cui le banche venivano ricapitalizzate senza alcun costo per i contribuenti. Qualche giorno fa (Il Sole 24 Ore del 21 gennaio) ho proposto una seconda alternativa, in cui ogni banca si scinde in due: i titoli tossici da una parte, il resto delle attività dall'altra. Entrambe queste opzioni risolvono il problema della sottocapitalizzazione delle banche e lo fanno allocando le perdite agli investitori e non ai contribuenti.

Non indennizzare le perdite a spese dei contribuenti non è solo un problema fiscale (il costo è astronomico) o di giustizia sociale (si tratta di una redistribuzione dai più poveri ai più ricchi), ma soprattutto di efficienza economica. Quando si spezza il principio di responsabilità (chi si assume il rischio riceve i guadagni ma anche assorbe le perdite), l'economia di mercato perde la sua ragion d'essere.

di Luigi Zingales
Edo4444 è offline   Rispondi citando il messaggio o parte di esso
Old 01-02-2009, 01:30   #11
Edo4444
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Borsa, con la bad bank sfavorite le banche che non chiedono aiuti

Si ricorda ancora il buco da oltre 12mila miliardi di lire, circa 7 miliardi di €, lasciato dal Banco Napoli a metà degli anni 90 e finito in un fondo pubblico. Ora, il dibattito attorno alla creazione di una bad bank negli Usa, e forse anche in Europa, ha reso universale l'esperienza della disastrata banca italiana. Con la differenza che al mondo esistono, adesso, 100 o più Banco Napoli, con perdite che sono mediamente 10 volte più grandi. Quante attività "tossiche" dovranno entrare nel fondo di cui si parla negli Stati Uniti? Mille, forse 2mila miliardi di $, oppure molte di più, visto che Moody's stima per la sole banche tedesche in mille miliardi di € le attività a rischio? E cosa dovrebbero fare Gran Bretagna o l'Olanda che si sono già avviate a una sorta di nazionalizzazione del sistema?

Di fatto, anche l'idea di una "cattiva banca", e di quelle dimensioni, altro non sarebbe che una sorta di nazionalizzazione, invocata da quasi tutti gli operatori. Il settore bancario di Wall Street ha reagito con un balzo del 20%, mercoledì, alle voci di una simile ipotesi. Poi ha corretto, perché dietro la buona notizia (il Governo si prenderà cura del sistema bancario), c'è quella cattiva: le perdite, annidiate in tutta quella carta che in passato aveva fatto felici amministratori e investitori, sono ben più grandi di quanto ci si potesse immaginare. Il mondo s'è reso conto che le distruzioni del sistema non si potranno risanare nel trimestre in corso, nè nel prossimo e forse nemmeno in quelli successivi.
Gli analisti, che appena un mese fa immaginavano utili in crescita nel 4° trimestre 2008 per i titoli finanziari dell'S&P, sono stati smentiti dal crollo quasi certo del 530% (consenso Thomson Reuters) rispetto a un anno prima, quando i risultati furono già negativi. E continueranno a peggiorare gli utili: del 24% nel primo trimestre 2009 e del 31% nel secondo. Dovrebbero risalire del 479% nel terzo trimestre, ma le previsioni a nove mesi sono ben poco affidabili, non essendoci visibilità nemmeno a poche settimane.
Oltre alla difficile realizzazione di una bad bank (come valutare attività che, come gli Abs, non hanno perdite quantificabili e di fatto non hanno mercato), c'è la difficoltà di far accettare la soluzione ai contribuenti che dovrebbero farsi carico dei danni creati dall'irresponsabile comportamento di quasi tutti i banchieri. Infine si creerebbe un fattore fortemente distorsivo della concorrenza, al punto che le banche più virtuose, o comunque quelle che hanno tenuto un comportamento meno incosciente, si troverebbero paradossalmente svantaggiate.
Prendiamo le italiane che, forse per "provincialismo" o per quella sorta di conservatorismo che le ha rese più restie al rischio, si sono esposte in piccola parte con i titoli tossici e si sono fatte solo toccare dall'allegra teoria delle virtù della leva finanziaria. Ebbene, istituti che fino a oggi non hanno ricevuto un centesimo dallo Stato si troverebbero a competere con altre banche internazionali, ricapitalizzate e rese liquide (magari con una bad bank) grazie ai soldi pubblici. Per fare un esempio: è corretto che un istituto come Ing, dopo aver ricevuto decine di miliardi dallo Stato olandese, possa continuare a remunerare generosamente i depositi, a un livello non sostenibile da nessuna banca italiana, nemmeno online?
E poi ci sono le distorsioni in Borsa nelle valutazioni dei titoli bancari. Ha senso che Intesa Sanpaolo, che chiuderà il 2008 con un buon utile (4 miliardi secondo il consenso), capitalizzi 0,58 volte i mezzi propri, quando Lloyd vale 1,35 volte, Ing 0,56, Well Fargo 1,14 e Jpm 0,7? E che UniCredit capitalizzi 0,32 volte: meno di Barclays, Deutsche Bank o Ubs? O che il Banco Popolare, pur con i suoi problemi, abbia visto scendere il multiplo allo 0,28, come per Citigroup che sarebbe strafallita se il Governo non avesse elargito centinaia di miliardi?
In settimana l'S&P500 ha perso lo 0,7% (-0,1% il Nasdaq) e lo Stoxx è salito del 4,8% (+3,8% Milano e Francoforte, +4,4% Parigi, +2,4% Londra).

di Walter Riolfi
Edo4444 è offline   Rispondi citando il messaggio o parte di esso
Old 01-02-2009, 15:45   #12
guano07
Junior Member
 
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Messaggi: 10
ho trovato questo http://phastidio.net/2009/01/31/il-c...nche-creativo/
Quote:
Il contabile etico ma anche creativo

by Editor on Saturday, 31 January, 2009


Parlando a Davos nei giorni scorsi, il ministro dell’Economia Giulio Tremonti ha illustrato la sua formidabile ricetta per risolvere la crisi dei titoli tossici che stanno uccidendo i bilanci delle banche e la fiducia del sistema finanziario globale. Mentre gli americani si sono ficcati nell’ennesimo cul de sac di tutta questa vicenda, riesumando l’idea originaria del Piano Paulson (che a sua volta l’aveva mutuata da Citigroup) di rimuovere i titoli dai bilanci facendoli acquistare dal settore pubblico, Tremonti ha trovato il proiettile d’argento per salvare il mondo dal mostro: un’ossimorica bad bank interna alle banche.

Vai con l’incipit:

”Se vogliamo trovare una via d’uscita la soluzione non è il capitale, ma la regolamentazione contro l’anarchia finanziaria”.

Beh, diciamo che le due cose potrebbero e dovrebbero tenersi, visto che il problema dei sistemi bancari anglosassoni, in questo momento, è di essere tecnicamente falliti, il che significa che occorre dapprima liberarsi dei titoli tossici (e ciò ne quantificherebbe definitivamente le perdite), poi ricapitalizzare almeno le banche che possono restare in vita conservando una propria redditività operativa, poi ripartire con un quadro regolatorio nuovo, sperando di non commettere troppi errori nel percorso. Non è che solo per effetto di nuove regole le banche si ricapitalizzerebbero nel corso di una notte, per intenderci.

Tremonti prosegue affrontando il tema della Bad Bank, che per definizione sarebbe un contenitore dove si pongono gli attivi tossici: logica suggerisce che siffatta struttura sarebbe finanziata in misura pressoché esclusiva da soldi dei contribuenti. Per il ministro italiano la proposta è valida tranne che per quest’ultimo aspetto: non devono essere i contribuenti a pagare. E allora, vi chiederete, come diavolo si fa a creare una bad bank senza soldi pubblici? Semplice, dice Tremonti, si deve

”Sterilizzare questi asset, che non si sa quanto valgono, con una regola contabile”. In pratica, spiega Tremonti, ”una sorta di segregazione, anche per 50 anni, mettendoli da parte”.

Prego? Allora, andiamo con ordine. Prendete il bilancio-tipo di una banca, come questo. L’attivo contiene evidentemente gli investimenti, compresi quelli avariati e tossici. Questo attivo è finanziato da passività, che possono essere depositi della clientela, prestiti interbancari o erogati dalla banca centrale (anche sotto forma di operazioni di pronti contro termine), emissione di passività obbligazionarie. L’eventuale perdita di esercizio della banca, che potrebbe derivare da svalutazioni di crediti inesigibili ed altri attivi, verrà addebitata ai mezzi propri, cioè al capitale dei soci. E’ del tutto evidente che se le perdite sono sostanziali (ad esempio perché gran parte dei titoli vale un’esigua frazione di quanto contabilizzato all’attivo di bilancio), la banca rischia di annichilire i mezzi propri, nel qual caso dovrà raccogliere nuovo capitale o dichiarare la propria insolvenza. Riprendete l’esempio linkato, e immaginate di scoprire che la voce Securities, iscritta in attivo per 500 milioni, vale in realtà 100 milioni. Abbiamo una svalutazione di attivi per 400 milioni che deve essere imputata, via conto economico, alla voce Shareholders’ Equity. Ma quest’ultima vale solo 250 milioni. Quindi, o la banca emette nuove azioni per ricostituire il capitale bruciato dalla perdita, oppure fallisce.

Il problema dei titoli tossici è l’impossibilità del mercato a valutarli correttamente. Quindi la proposta di Tremonti potrebbe essere utile? Assolutamente no. In primo luogo perché, se i titoli tossici restano nell’attivo della banca, devono comunque essere finanziati. Ma soprattutto, poiché il mercato è graniticamente convinto che il loro valore di rimborso sarà molto basso, al limite dello zero, il mercato medesimo continuerà a scontare tale evento ed a considerare la banca insolvente o più propriamente fallita. Dall’inizio della crisi le banche americane hanno tentato di aggirare il problema in molti modi. Ad esempio conferendo titoli privi di prezzi osservabili di mercato al cosiddetto Level 3, cioè ad un pool di attivi che vengono prezzati in base a modelli proprietari della banca. Non a caso questa metodologia, contrapposta al mark-to-market, viene ribattezata dai critici “mark-to-dream” o “mark-to-fantasy“. Un’alternativa potrebbe consistere nello spostare i titoli tossici nell’attivo immobilizzato, detenendoli fino a scadenza. Sono i cosiddetti titoli Held To Maturity, che possono essere iscritti a bilancio al costo storico rettificato. Ma anche in questo caso, poiché il mercato non è sempre stupido, il problema si riproporrebbe, ed il giochino di attivi gonfiati da carta tossica con valore di realizzo o rimborso pari ad una frazione di quanto iscritto a bilancio continuerebbe a pendere come una minacciosa Spada di Damocle sulla testa delle banche e dell’economia. Quindi la “regola contabile” per “sterilizzare” i titoli tossici invocata da Tremonti esiste ed è già stata infruttuosamente provata. Contrariamente a quanto il nostro ministro pensa, in giro per il mondo non ci sono solo sprovveduti.

Perché Tremonti fa proposte palesemente prive di senso, e soprattutto perché le fa in consessi così mondanamente impegnativi come Davos? Mistero. Come è un mistero il motivo per il quale nessuno alza la paletta e segnala al ministro le corbellerie che dice. Resta comunque il caratteristico marchio di fabbrica del personaggio: oggi sempre più “etico”, ma altrettanto incline alla sua grande passione, la contabilità creativa. Due dimensioni che da sempre coesistono in Tremonti, malgrado la loro lieve contradditorietà nel mondo reale. Come quando invoca a gran voce una non meglio specificata “ristrutturazione morale” (e moralistica) dell’economia, e contemporaneamente dichiara alla stampa estera che l’Italia non è messa poi così male perché ha un’economia sommersa (l’antitesi della “moralità” indotta dal rispetto e dall’enforcement delle regole del gioco) di rilevanti dimensioni. Abbiamo inventato l’etica à la carte, in definitiva. Poi ci lamentiamo se all’estero non riescono a prenderci sul serio.

Update: ecco il solito fogliante di turno che, nella migliore tradizione della testata, ha capito tutto.
guano07 è offline   Rispondi citando il messaggio o parte di esso
Old 01-02-2009, 15:51   #13
cocis
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perchè tremonti scappa dall'invervista quando gli chiedono di unicredit ???

http://it.youtube.com/watch?v=zvDgVx...p?storyid=3042
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Old 02-02-2009, 21:06   #14
Edo4444
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guano07 io non so cosa stia pensando Tremonti (che comunque a dispetto di quello che potrebbe sembrare non è proprio per niente stupido) ma sembra che si stia parlando di creare banche apposite per inglobare i titoli tossici. Ma con inglobare si intende acquistare e tra l'altro neanche al loro valore di mercato (perche troppo basso) ma ad un valore molto più alto.

Mi sembra evidente che i costi andranno alla collettività cmq..
Edo4444 è offline   Rispondi citando il messaggio o parte di esso
Old 02-02-2009, 21:07   #15
Edo4444
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Originariamente inviato da cocis Guarda i messaggi
perchè tremonti scappa dall'invervista quando gli chiedono di unicredit ???

http://it.youtube.com/watch?v=zvDgVx...p?storyid=3042
Boh.. bella domanda..

Qualcuno glielo chiederà prima o poi no? vediamo che dice..
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Old 24-03-2009, 09:44   #16
Edo4444
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Alla fine cmq vi volevo far notare che Obama con il suo piano pazzesco essenzialmente ha deciso di fare una bad bank, o meglio non l'ha fatta ma in pratica ha toldo dai maroni tutti (beh una bella fetta) di sti cazzo di titoli tossici come si proponeva di fare una bad bank..

Piccola stellina a Tremonti allora..
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Old 24-03-2009, 14:37   #17
marchigiano
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Ehm.. non per dire ma sono gli americani e gl inglesi che stanno prospettanto questa ipotesi..

Tremonti l'ha solo riportato. Non credo che ce lo potremmo permettere..
non farci caso Edo... devono fare propaganda elettorale e non gli basta più infettare il forum politica e attualità... ecco bisognerebbe fare anche un bad-forum non solo la bad-bank
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marchigiano è offline   Rispondi citando il messaggio o parte di esso
Old 25-03-2009, 14:30   #18
Edo4444
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Originariamente inviato da marchigiano Guarda i messaggi
non farci caso Edo... devono fare propaganda elettorale e non gli basta più infettare il forum politica e attualità... ecco bisognerebbe fare anche un bad-forum non solo la bad-bank
Si infatti..!!
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Old 25-03-2009, 16:52   #19
gugoXX
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Originariamente inviato da Edo4444 Guarda i messaggi
Boh.. bella domanda..

Qualcuno glielo chiederà prima o poi no? vediamo che dice..
A differenza di Berlusconi in altri momenti, Tremonti ha avuto il giusto istinto di non cadere nella trappola della turbativa di mercato.
Ha fatto la cosa piu' ragionevole che si potesse fare. Stare zitto e non divulgare informazioni che avrebbero potuto avvantaggiare speculatori.
__________________
Se pensi che il tuo codice sia troppo complesso da capire senza commenti, e' segno che molto probabilmente il tuo codice e' semplicemente mal scritto.
E se pensi di avere bisogno di un nuovo commento, significa che ti manca almeno un test.
gugoXX è offline   Rispondi citando il messaggio o parte di esso
Old 11-04-2009, 15:18   #20
Edo4444
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Iscritto dal: Jun 2007
Messaggi: 53
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Originariamente inviato da gugoXX Guarda i messaggi
A differenza di Berlusconi in altri momenti, Tremonti ha avuto il giusto istinto di non cadere nella trappola della turbativa di mercato.
Ha fatto la cosa piu' ragionevole che si potesse fare. Stare zitto e non divulgare informazioni che avrebbero potuto avvantaggiare speculatori.
Si in effetti non ci avevo pensato, lui aveva informazioni che altri non potevano avere, ha fatto bene cosi.
Edo4444 è offline   Rispondi citando il messaggio o parte di esso
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