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SOMALIA 17/6/2006 14.39
CORTI ISLAMICHE DENUNCIANO SCONFINAMENTO ETIOPI, NESSUNA CONFERMA Non ci sarebbero conferme indipendenti alla notizia di uno sconfinamento in Somalia di circa 300 soldati etiopi denunciato oggi dal capo dell’Unione delle Corti islamiche Sheikh Sharif Sheikh Ahmed e già smentito dal governo di Addis Abeba. “Da due giorni circolano voci su un attraversamento di militari dell’Etiopia in territorio somalo, ma in base a controlli effettuati nelle ultime ore non risulta alcuna operazione di questo tipo” ha detto alla MISNA Mario Raffaelli, capo della Delegazione italiana in Somalia, raggiunto al telefono a Nairobi, dove ha sede il suo ufficio. Stamani il leader delle milizie islamiche – che da una decina di giorni controllano la capitale Mogadiscio e alcune località dell’interno – aveva accusato le forze armate etiopiche di aver sconfinato nei pressi di Dollow, nella Somalia sud-occidentale, in un’area lontana centinaia di chilometri da quella controllata dalle milizie islamiche. “L’Etiopia non ha oltrepassato il confine e i fondamentalisti hanno occupato Baladwyne marciando verso la frontiera. L’Etiopia spera che non intendano varcare il confine” ha detto all’agenzia ‘Reuters’ il ministro dell’Informazione Bereket Simon. Già ieri alcuni organi di stampa riferivano notizie di un ammassamento di truppe etiopi al confine con la Somalia. “Sappiamo – ha detto ancora il rappresentante del governo italiano alla MISNA - che l’Etiopia ha messo in stato di allerta le proprie truppe, ma non si vede perché il governo di Addis Abeba dovrebbe muovere le sue truppe proprio quando ci sono segnali di dialogo tra le Corti islamiche e il governo di transizione somalo”. Secondo il capo delle milizie islamiche, gli Usa – storici alleati del governo di Addis Abeba, guidato dal primo ministro Meles Zenawi - “stanno incoraggiando l’Etiopia ad assumere il controllo della regione”. In una battaglia divenuta ormai anche mediatica e di informazione - dopo gli oltre 350 morti e 1.500 feriti a Mogadiscio tra febbraio e l’inizio di giugno –, resta difficile anche avere conferme indipendenti sull’effettiva occupazione da parte delle Corti islamiche della località di Baladwyne, al confine. Di fatto la frontiera separa un’area in cui la presenza dei somali oltrepassa le demarcazioni amministrative: nel sud dell’Etiopia si trova la ‘Somali region’ (Regione somala) che – insieme al confinante Ogaden - è abitata da una forte maggioranza somala. Accuse di sconfinamento reciproco non sono nuove. Secondo diversi osservatori, il governo etiopico appoggerebbe il presidente di transizione somalo Abdullahi Yusuf e ha sostenuto anche i warlords durante la battaglia – ormai persa - contro le corti islamiche nei mesi scorsi.
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La Somalia, l’Afghanistan e D’Alema
di Marco Respinti 5 giugno 2006, Somalia. Sbaragliando l’anarchia dei “signori della guerra”, entrano le Corti islamiche ed è subito shar’ia. In assenza di un potere forte, cioè, la rete tecnicamente mafiosa del contropotere territoriale “debole” che nel 1991 si sostituì allo Stato dopo l’abbattimento della tirannia marxista – cioè tecnicamente “forte” – di Mohamed Siad Barre da un lato ha fatto il bello e il cattivo tempo, dall’altro ha innescato l’avvento di un nuovo soggetto “forte”. Ma la verità è che la Mogadiscio di oggi è colpa dei fallimenti politici della comunità internazionale di ieri. Nel 1992 l’ONU varò un grandioso piano di aiuti umanitari che si trasformò in un disastro immane allorché i denari stanziati per i derelitti finirono ad armare le milizie assassine. Gli Stati Uniti di Bill Clinton spedirono in loco 25mila uomini, ma dopo la morte di 18 servicemen si ritirarono pavidi. E la Somalia fu lasciata a se stessa. L’identico è accaduto in Afghanistan, Paese che, dopo l’epopea anticomunista dei mujaheddin aiutati dagli USA in base alla dottrina Reagan, è stato abbandonato sempre da Clinton alle faide che hanno poi spianato la via ai “normalizzatori” talebani venuti da fuori (e sempre all’estero mentre gli eroi afghani combattevano Mosca). Sempre Clinton (si vedano gli studi dello statunitense Richard Miniter) ha per anni ignorato la crescente minaccia di Osama bin Laden e questo nonostante i reiterati allarmi lanciati dall’intelligence. Insomma, gran parte dei mali che a posteriori ci ritroviamo a piangere in relazione al fondamentalismo islamico sono l’esito della debolezza, dell’inefficienza e della stanchezza di un certo Occidente, e magari pure di una certa sua oggettiva complicità. Quella stessa complicità oggettiva che lega i massacratori dei soldati occidentali in Irak e le Sinistre europee, le quali salutano i primi come “resistenti” e i secondi come “occupanti”. A questo punto un pensierino va proprio agli apprendisti stregoni dello jihad globale, i quali sanno fare bene la guerra nei Paesi che occupano e altrettanto bene la politica in quelli che combattono. In Spagna l’11 marzo 2004, oggi con una nuova Nassiriya che benedice il ritiro degl’italiani dall’Irak voluto dal governo Prodi nel giorno in cui il postcomunista ministro degli Esteri italiano Massimo D’Alema impara finalmente a definire la nostra una «missione di pace».[Il Domenicale]
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SOMALIA 17/6/2006 19.44
SCONFINAMENTO SOLDATI ETIOPIA, PRIME PARZIALI CONFERME Almeno 5 o 6 vetture dell’esercito etiopico “con a bordo alcuni soldati” sono state viste oggi nella cittadina frontaliera di Dolow, nella regione sud-occidentale di Gedo: lo hanno detto a fonti della MISNA alcuni residenti contattati sul posto. È stata però esclusa la presenza di centinaia di militari provenienti da oltre confine, dopo la denuncia del capo delle Corti islamiche Sheikh Sharif Sheikh Ahmed, secondo cui 300 soldati avrebbero sconfinato. “La presenza di militari etiopici è certa, mentre non è chiaro il loro numero” ha riferito la fonte, chiedendo l’anonimato per questioni di sicurezza. I residenti confermano comunque l’elevata presenza di truppe dell’Etiopia alla periferia della città, che si trova sul confine. Nel pomeriggio il ministro dell’Informazione di Addis Abeba, Simon Berekat, aveva respinto le accuse del capo delle Corti Islamiche, affermando che non ci sono soldati etiopici in territorio somalo. Dolow è un piccolo agglomerato di case sul fiume Juba, a circa 250 chilometri dalla città di Baidoa, che da alcuni mesi ospita il governo e il Parlamento di transizione. Già nel 1996 a Dolow l’esercito dell’Etiopia sconfinò in territorio somalo e bombardò Dolow, durante gli scontri tra due fazioni somale e ne occupò brevemente il territorio. I confini tra i due Paesi dividono un’area abitata in netta maggioranza da somali, che vivono anche in ampie regioni dell’Etiopia sud-orientale (Somali State e Ogaden). A partire dagli Anni 70, diversi gruppi locali hanno iniziato una lotta armata per la secessione dall’Etiopia con l’obiettivo di essere integrati in Somalia. Intanto proseguono gli sforzi di mediazione per rilanciare il dialogo tra il governo e le Corti islamiche, che hanno conquistato Mogadiscio, Jowhar e alcune località dell’interno dopo aver sconfitto l’alleanza anti-terrorismo dei warlords sostenuti dagli Usa e probabilmente dalla stessa Etiopia. Il presidente dello Yemen Ali Abdullah Saleh ha garantito che “sono aperti tutti i canali di comunicazione – come scrive l’agenzia di stampa nazionale Saba – con tutte le fazioni somale, al fine di stabilizzare e rendere sicura la Somalia”.
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Etiopia - Somalia: tensioni sospette
Dopo voci sempre più insistenti di una imminente invasione etiope della Somalia, l’agenzia MISNA ha confermato nel tardo pomeriggio di sabato la presenza di “almeno cinque o sei vetture dell’esercito etiopico con a bordo alcuni soldati” nella città somala di Dolow, al confine con l’Etiopia, stimando altresì “massiccia” la presenza di truppe inviate da Addis Abeba nella periferia della città, che si trova in territorio etiope. Il portavoce del presidente Meles Zenawi, dopo un’iniziale smentita, ha affermato il diritto dell’Etiopia a “monitorare i propri confini”.
Dolow si trova al confine con la regione orientale dell’Etiopia, la cui denominazione amministrative è “Somali region”, data la preminenza dei Somali tra la popolazione. Proprio l’”irredentismo somalo” verso questi territori è stato in passato causa di scontri militari, anche se questa volta la situazione sembra essere diversa. La salda alleanza tra Addis Abeba e Washington porterebbe infatti a giudicare l’intervento etiope come l’ultimo sviluppo del conflitto tra forze islamiche e counter-terrorism sponsorizzato dagli USA nel Corno d’Africa, il cui primo capitolo – la battaglia per Mogadiscio e Johwar – ha visto una netta vittoria da parte delle Corti islamiche. Se in quella occasione la strategia statunitense si è rivelata altamente controproducente, adesso potrebbe troncare sul nascere la possibilità di colloqui tra le Corti e il Governo provvisorio somalo che sembrava concretizzarsi dopo l’accettazione da parte degli islamici della mediazione yemenita proposta dal governo. |
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SOMALIA: GLI INTEGRALISTI PROCLAMANO LA SHARIA A JOWHAR
(AGI/AFP) - Jowhar (Somalia), 19 giu. - Le Corti islamiche unite hanno imposto oggi la sharia a Jowhar, l'ex roccaforte dei signori della guerra, 90 chilometri a nord di Mogadiscio, conquistata nei giorni scorsi dalla milizia integralista, che ha assunto anche il controllo della capitale". "Si tratta di una amministrazione temporanea islamica che contribuira' a ripristinare la giustizia e l'ordine in questa citta' molto importante", ha affermato il capo della milizia, lo sceicco Sharif Ahmed. "Spero che la nuova amministrazione dia corso alla sharia in tempi rapidi", ha detto agli anziani. La nuova amministrazione sara' guidata dallo sceicco Osman Mohamed Muhamoud, un predicatore proveniente da Mogadiscio, che si avvarra' della collaborazione dello sceicco Mohamed Mohamoud Abdulrahman, un rispettato insegnante delle madrasse, e di un altro imam meno noto, lo sceicco Moalim Hassan. Al loro fianco operera' un tribunale che avra' il compito di controllare l'applicazione della legge islamica. Ieri i miliziani, guidati dallo sceicco Abu Muslim, hanno fatto chiudere le sale cinematografiche fino a nuovo ordine, negando di fatto agli appassionati di calcio la possibilita' di seguire i mondiali di Germania. "In linea di principio siamo siamo contro la visione di film occidentali. Ci consulteremo per verificare se c'e' la possibilita' di far vedere le rimanenti partite della Coppa del mondo", ha dichiarato lo sceicco Ali Hassan, delle Corti islamiche unite. Nessun veto e' stato imposto ai possessori di televisori, ma essendo questi una cerchia ristretta di privilegiati, l'esenzione non ha attenuato nella cittadinanza il senso di frustrazione per l'impossibilita0' di vedere le partite, che sinora sono state trasmesse nei cinema a beneficio dei piu'. "Non ci piacciono questi islamici perche' ci impediscono di guardare il calcio. Li abbiamo accolti con calore dopo che hanno cacciato i signori della guerra, ma quello che stanno facendo adesso e' inaccettabile", ha detto un certo Yusuf Mohamed. "Se la situazione non cambia, dovremo protestare", ha affermato a sua volta il venticinquenne Bashir Ali. (AGI) Cis 191643 GIU 06 . 191802 GIU 06 |
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#146 |
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zero, stiamo perdendo colpi
http://www.hwupgrade.it/forum/showthread.php?t=1043446 http://www.hwupgrade.it/forum/showthread.php?t=1008433
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#147 |
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SOMALIA 19/6/2006 13.53
SCONFINAMENTO SOLDATI ETIOPI, ULTERIORI CONFERME? Un numero limitato di soldati dell’Etiopia avrebbe oltrepassato ieri la frontiera con la Somalia in tre diverse località, ma all’alba di stamani avrebbe fatto rientro in territorio etiope: lo riferiscono fonti locali contattate dalla MISNA. Stando a diverse testimonianze, la presenza dei militari sarebbe segnalata in due zone della regione meridionale di Gedo, comunque abbastanza remote e non facili da raggiungere: a Dolow, dove già sabato erano stati visti alcuni militari etiopi, e nei pressi di Beled Haawo, vicino alla triplice frontiera tra Etiopia, Somalia e Kenya; altre fonti sostengono che un analogo sconfinamento di soldati etiopici sia avvenuto a Ferfer, una quarantina di chilometri da Beled Weyne (o Belet Uen), la località che le Corti islamiche affermano di aver conquistato dopo aver preso il controllo di Mogadiscio all’inizio di giugno. In una conferenza stampa da Johwar, il portavoce delle Corti islamiche Sheik Sharif Sheik Ahmed ha confermato le accuse lanciate all’Etiopia di aver inviato propri soldati, già smentite dal governo di Addis Abeba. “Non ci sono truppe etiopiche in Somalia” ha ribadito oggi il portavoce del governo di transizione somalo, Abdirahman Nur Mohamed Dinari. Malgrado i confini amministrativi tra i due Paesi, nel sud dell'Etiopia è presente una forte maggioranza somala. Secondo indiscrezioni raccolte dalla MISNA – ma ancora prive di una conferma – nella città di Baidoa, dove hanno sede il governo e il parlamento di transizione, vi sarebbe stato un incontro con la partecipazione di ufficiali etiopici e yemeniti. L’Etiopia sostiene il presidente somalo Abdullahi Yussuf (ex-signore della guerra nella regione settentrionale del Puntland) e ha anche appoggiato i ‘warlords’ di Mogadiscio nei combattimenti dei mesi scorsi contro le corti islamiche. Lo Yemen sta cercando di svolgere un ruolo di mediazione per favorire il dialogo tra le autorità somale – sostenute anche dalla comunità internazionale – e le Corti islamiche, che da due settimane controllano la capitale Mogadiscio, la città di Johwar e alcune altre località.
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#148 |
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SOMALIA 19/6/2006 13.53
SCONFINAMENTO SOLDATI ETIOPI, ULTERIORI CONFERME? Un numero limitato di soldati dell’Etiopia avrebbe oltrepassato ieri la frontiera con la Somalia in tre diverse località, ma all’alba di stamani avrebbe fatto rientro in territorio etiope: lo riferiscono fonti locali contattate dalla MISNA. Stando a diverse testimonianze, la presenza dei militari sarebbe segnalata in due zone della regione meridionale di Gedo, comunque abbastanza remote e non facili da raggiungere: a Dolow, dove già sabato erano stati visti alcuni militari etiopi, e nei pressi di Beled Haawo, vicino alla triplice frontiera tra Etiopia, Somalia e Kenya; altre fonti sostengono che un analogo sconfinamento di soldati etiopici sia avvenuto a Ferfer, una quarantina di chilometri da Beled Weyne (o Belet Uen), la località che le Corti islamiche affermano di aver conquistato dopo aver preso il controllo di Mogadiscio all’inizio di giugno. In una conferenza stampa da Johwar, il portavoce delle Corti islamiche Sheik Sharif Sheik Ahmed ha confermato le accuse lanciate all’Etiopia di aver inviato propri soldati, già smentite dal governo di Addis Abeba. “Non ci sono truppe etiopiche in Somalia” ha ribadito oggi il portavoce del governo di transizione somalo, Abdirahman Nur Mohamed Dinari. Malgrado i confini amministrativi tra i due Paesi, nel sud dell'Etiopia è presente una forte maggioranza somala. Secondo indiscrezioni raccolte dalla MISNA – ma ancora prive di una conferma – nella città di Baidoa, dove hanno sede il governo e il parlamento di transizione, vi sarebbe stato un incontro con la partecipazione di ufficiali etiopici e yemeniti. L’Etiopia sostiene il presidente somalo Abdullahi Yussuf (ex-signore della guerra nella regione settentrionale del Puntland) e ha anche appoggiato i ‘warlords’ di Mogadiscio nei combattimenti dei mesi scorsi contro le corti islamiche. Lo Yemen sta cercando di svolgere un ruolo di mediazione per favorire il dialogo tra le autorità somale – sostenute anche dalla comunità internazionale – e le Corti islamiche, che da due settimane controllano la capitale Mogadiscio, la città di Johwar e alcune altre località.
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SOMALIA 19/6/2006 15.33
UNIONE AFRICANA INVIA ESPERTI PER PREPARARE MISSIONE DI PACE Una missione tecnica in vista dell’eventuale dispiegamento di una forza di pace africana verrà inviata in Somalia “il prima possibile”: lo hanno deciso oggi i rappresentanti dell’Unione Africana (Ua), i diplomatici dei paesi della regione e della comunità internazionale impegnati a mediare nelle vicende somale durante la riunione tenuta ad Addis Abeba (in Etiopia). Incontrando la stampa, il commissario per la pace e la sicurezza dell’Ua, Said Djinnit, ha sottolineato che, nell’immediato, “la priorità continua ad essere data al dialogo tra il governo federale di transizione e le altre parti”, anche se “nel frattempo, verranno avviati i lavori per la pianificazione di una missione di pace dell’Ua”. L’Igad, l’organizzazione regionale che raggruppa i principali paesi dell’Africa orientale, aveva già dato lo scorso anno il proprio avallo a una missione di pace africana da dispiegare in Somalia, lo stesso aveva fatto l’Ua e la settimana scorsa anche il parlamento somalo di transizione (che ha sede a Baidoa) ha approvato il progetto. Fonti diplomatiche sottolineano che in vista di un’eventuale dispiegamento di uomini e mezzi in Somalia, sarà necessario che le Nazioni Unite ritirino l’embargo alle armi imposto nel 1992.
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SOMALIA 19/6/2006 16.37
JOWHAR, SACCHEGGI E VITTIME PER MINE DOPO ARRIVO CORTI ISLAMICHE Televisori, parabole satellitari, mobili, vestiti e altri materiali sono stati saccheggiati ieri in un numero imprecisato di case nella cittadina di Jowhar, circa 90 chilometri da Mogadiscio, dove sono presenti le milizie delle Corti islamiche che nei giorni scorsi hanno estromesso un warlord locale e dove si trova tuttora il presidente delle milizie islamiche, Sheikh Sharif Skeikh Ahmed: la MISNA lo ha appreso da fonti locali. Non è chiaro chi abbia commesso i saccheggi, che hanno riguardato soprattutto le residenze costruite da quando – nel luglio dell’anno scorso - Jowhar è diventata una sorta di “capitale provvisoria” come sede del presidente Abdullahi Yusuf, che attualmente si è trasferito nella città di Baidoa. Dal loro arrivo, le milizie islamiche hanno integrato nei propri ranghi anche uomini armati legati all’ex-signore della guerra locale Mohammed Dere, fuggito nei giorni scorsi. La MISNA ha appreso anche che per la prima volta in queste ore ci sono state alcune vittime (almeno un morto e diversi feriti) a causa di mine e ordigni inesplosi: sembra che durante la fuga da Jowhar i ‘signori della guerra’ – già sconfitti anche Mogadiscio dalle Corti islamiche - abbiano minato alcune zone alla periferia di Jowhar. Si tratta di un fenomeno nuovo. Intanto il capo delle Corti islamiche ha approvato la creazione di una sorta di Commissione incaricata di gestire l’amministrazione di Jowhar, composta da cinque rappresentanti locali dei principali sotto-clan presenti in città. Fonti locali hanno anche segnalato alla MISNA che dopo l’arrivo delle milizie islamiche sono stati rimossi i numerosi check-point che per lungo tempo sono stati gestiti dai ‘warlords’ locali. Le Corti islamiche hanno più volte dichiarato di voler riportare legge e ordine nei territori sotto il loro controllo, ottenendo in questo senso un significativo appoggio popolare dopo oltre 15 anni di anarchia e caos seguiti alla caduta di Siad Barre. Sheik Ahmed si è però dichiarato contrario all'invio di una forza di pace che l'Unione Africana vuole invece inviare "il più presto possibile".
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SOMALIA 19/6/2006 21.37
MALCONTENTO A JOWHAR, TENSIONE A MOGADISCIO E … NEGOZIATI OVUNQUE Cresce il malcontento della popolazione di Jowhar (novanta chilometri a nord di Mogadiscio) nei confronti dei miliziani delle Corti Islamiche in seguito ad alcuni episodi di saccheggio verificatisi nelle ultime ore. La MISNA lo ha appreso da fonti vicine alle stesse Corti, le quali hanno precisato che la gente è sempre più “infastidita” da “episodi sporadici” (come li hanno definiti, confermandoli, altre fonti) ma che continuano ad essere riportati con crescente frequenza, creando crepe in quell’immagine di austera severità e rigore morale con cui le Corti si erano presentate ai somali. Secondo le informazioni raccolte dalla MISNA, i saccheggi (seppur non sistematici) avrebbero interessato alcune abitazioni, ma anche i locali della sede di una organizzazione non governativa italiana presente in città, da cui non è ancora stato possibile ottenere conferme. Ma alcuni miliziani delle Corti sarebbero stati protagonisti anche di altri episodi spiacevoli, come l’ingresso in un ospedale in cerca di un nemico da finire. Episodio rientrato in seguito all’intervento di un comandante delle milizie delle Corti. Proprio il malcontento popolare potrebbe spingere, già nelle prossime 24-48 ore, le Corti Islamiche a ritirare gran parte del proprio dispositivo militare dispiegato a Jowhar per ripiegare su Mogadiscio. D’altronde ormai le Corti avrebbero nominato i propri rappresentanti a Jowhar: un gruppo di 7 persone incaricate di garantire la legge coranica sotto la guida di Sheikh Osman Mohamed Muhamoud, un imam di Mogadiscio. Intanto, però, col passare dei giorni si moltiplicano le voci relative alle perdite che le forze delle Corti Islamiche avrebbero subito durante la presa di Jowhar, un avvenimento che in un primo momento sembrava essere avvenuto quasi senza colpo ferire e che invece pare abbia fatto registrare perdite molto alte soprattutto tra le file dei miliziani delle Corti. Le informazioni a riguardo sono poche, non confermate e quasi sussurrate dalle più disparate fonti contattate dalla MISNA in Somalia, ma anche nelle capitali occidentali in cui ha riparato l’attentissima diaspora somala che continua con apprensione a seguire gli sviluppi delle ultime settimane. Secondo queste voci (insistenti ma per ora difficilmente confermabili), nella presa di Jowhar le Corti avrebbero perso decine di miliziani, forse una settantina, mentre oltre un centinaio sarebbero rimasti feriti a causa degli ordigni piazzati dai signori della guerra prima di lasciare la città. Ma nel complicato quadro somalo sono molte le notizie, provenienti da una parte e dall’altra, a cui è difficile trovare conferma: da quelle relative alle truppe etiopi entrate in territorio somalo a quelle che vedrebbero i soldati del confinante vicino già dispiegati a presidio dell’aeroporto di Baidoa (sede del governo provvisorio e possibile bersaglio di un nuovo attacco delle Corti), per arrivare infine a quelle raccolte in serata dalla MISNA, secondo cui Mohamed Dhere, il potente warlord che controllava Jowhar, starebbe addestrando un elevato numero di uomini a Fir Fir, piccola località in territorio etiope a ridosso del confine con la Somalia, pronto a sferrare un attacco e riprendersi la città. Tra voci, spesso di parte, e informazioni difficili da confermare, nelle ultime ore, invece, sembra prendere sempre più piede la possibilità che il presidente del governo di transizione somalo Abdullahi Yusuf si rechi domani in visita in Etiopia per incontrare il primo ministro Meles Zenawi. Yusuf, ex-presidente del Puntland (la regione autonoma nel nord della Somalia), è considerato molto vicino agli etiopi, che invece sarebbero particolarmente avversi a buona parte della popolazione e dei politici, tanto nelle Corti quanto nello stesso governo di transizione. La possibile presenza dei soldati di Addis Abeba in territorio somalo o nella missione di pace africana per la Somalia (che diventa ogni giorno più probabile) rischia di mettere in pericolo la delicata e complicatissima tela di negoziati, mediazioni e trattative in corso da giorni nonostante proclami e dichiarazioni pubbliche. Colloqui, che almeno a sentire alcuni osservatori particolarmente informati, dovrebbero avere esiti positivi. A conferma di questo clima, in serata è arrivata l’apertura delle Nazioni Unite nei confronti delle Corti Islamiche. Parlando con la stampa, l’inviato speciale in Somalia di Kofi Annan, François Lonsény Fall, ha annunciato che una squadra di esperti si recherà in settimana a Jowhar per incontrare i vertici delle Corti e discutere con loro delle necessità della popolazione da un punto di vista umanitario, valutando altresì le possibilità di ulteriori contatti a livello ‘politico’. Ma gli stravolgimenti politici e sociali (soprattutto all’interno della ‘Gabila’, la complicata struttura gerarchica basata su clan e famiglie) in corso in Somalia rendono possibile ogni scenario.
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#152 |
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SOMALIA - Due giornalisti della ‘Radio Shabelle’ che sabato hanno dato la notizia del presunto superamento del confine nazionale da parte di truppe etiopi sono stati fermati dalla polizia e trattenuti alcune ore. Mohamed Addawe e Ali Jey hanno trascorso 8 ore in carcere a Baidoa ieri prima di essere rilasciati.
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#153 |
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orpo..non uno..ma due..
![]() Chiudete allora.. |
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#154 |
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Oppure unite le discussioni sullo stesso tema, ancora meglio, l'avremmo fatto io o zero, ma non siamo più moderatori
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Guida CDR - SACD/DVD-A links - Pal,Secam, Ntsc - Fonts - Radio online - Jazz -Soul&Funky - siti traduzioni lingue non rispondo a msg privati sui monitor |
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#155 | |
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Quote:
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Tutto rigorosamente IMHO Per i messaggi contrassegnati da *: IMHO un par di balle! Salva un albero, uccidi un castoro. |
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#156 |
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Meglio anche cambiare il titolo,citando la situazione somal
Edit by Ewigen
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#157 |
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ETIOPIA – Sono più di 100.000, secondo il governo etiope, i rifugiati africani che vivono nel Paese. Si tratta di persone provenienti soprattutto dalla Somalia, dal Sudan e dall’Eritrea. La fine della guerra tra il governo sudanese e i ribelli del Sud e l’attuazione di un accordo tra i governi di Khartoum e di Addis Abeba, sotto l’egida dell’Alto commissariato dell’Onu per i rifugiati (Acnur/Unhcr), sta però permettendo il ritorno a casa di migliaia di profughi sudanesi.
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#158 |
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SOMALIA 20/6/2006 13.39
PRESIDENTE YUSUF AD ADDIS ABEBA PER CHIEDERE MISSIONE DI PACE AFRICANA La richiesta dell’invio urgente di un contingente di pace per stabilizzare la Somalia dopo la conquista di Mogadiscio e di altre città da parte delle Corti islamiche è al centro della visita di oggi del presidente somalo Abdullahi Yusuf alla sede dell’Unione Africana (Ua) ad Addis Abeba. L’ambasciatore somalo in Etiopia Abdikarin Farah ha detto che Yusuf – ex-signore della guerra della regione somala settentrionale del Puntland, appoggiato dall’Etiopia – incontrerà il presidente della Commissione dell’Ua, Alpha Oumar Konaré e avrà un incontro anche con il primo ministro etiope Meles Zenawi. Ieri l’Onu, per voce del rappresentante speciale per la Somalia François Lonseny Fall, aveva annunciato per la prossima settimana l’invio di una missione a Mogadiscio di un gruppo di esperti internazionali incaricati di incontrare l’Unione delle Corti islamiche. È opinione diffusa che dopo aver sconfitto i ‘signori della guerra di Mogadiscio’ in una battaglia durate oltre tre mesi – con non meno di 350 morti e 1.500 feriti – e aver conquistato la cittadina di Jowhar e altre località, le Corti islamiche rappresentino un interlocutore politico non solo a livello somalo ma anche internazionale.
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SOMALIA 20/6/2006 20.47
MOGADISCIO: ETIOPIA, YEMEN, GIBUTI E SUDAN, FERVONO ATTIVITÀ DIPLOMATICHE Non è ancora emerso alcun elemento concreto dal viaggio che oggi il presidente del governo di transizione somalo, Abdullahi Yusuf Ahmed, ha compiuto in Etiopia dove avrebbe incontrato il primo ministro Meles Zenawi ed esponenti di spicco dell’Unione Africana. Secondo indiscrezioni, pubblicate da alcune agenzie internazionali, citando anonimi collaboratori di Yusuf, il capo di Stato somalo avrebbe incontrato Zenawi per chiedere il rapido dispiegamento di una forza di pace africana in territorio somalo. Secondo altre agenzie internazionali, che citano diplomatici somali in Etiopia, nell’agenda del presidente figurerebbe invece solo un incontro di un paio d’ore con i vertici dell’Unione Africana per illustrare un piano di sicurezza e stabilità nazionale, che l’Ua dovrebbe poi presentare al Consiglio di Sicurezza dell’Onu. Tale piano, sempre secondo le stesse fonti, sarebbe una delle condizioni poste dall’Onu per ritirare l’embargo sulle armi. Una moratoria chiesta a gran voce e con insistenza dai paesi dell’Africa orientale e dal governo somalo, e senza la quale sarebbe impossibile dispiegare una forza di pace a fianco delle istituzioni di transizione. Qualche certezza in più sull’esito e sui contenuti degli incontri avuti oggi da Yusuf ad Addis Abeba potrebbe arrivare da una conferenza stampa prevista in serata. Intanto però vanno registrate le numerose mediazioni in corso ad opera di paesi africani o della regione. Se il ministro degli Esteri di Gibuti, Mahamoud Ali Yossouf, è tornato con forza a chiedere il ritiro parziale dell’embargo alle armi imposto dall’Onu nel 1992, lo Yemen ha ribadito la propria disponibilità a ospitare un’incontro tra le Corti Islamiche e la delegazione governativa nominata ieri dal primo ministro somalo, Mohamed Ali Ghedi, per negoziare un ingresso delle Corti nella vita politica nazionale e il loro disarmo. Il Sudan è l’ultimo paese africano ad essere entrato di prepotenza nel tourbillon di attività diplomatiche e mediazioni in corso nel tentativo di scongiurare un conflitto su larga scala in Somalia (ma che potrebbe avere effetti devastanti anche per l’intera regione date gli interessi sovranazionali esistenti. Parlando all’agenzia di stampa nazionale, Suna, il presidente Omar Hassan el Beshir ha annunciato che domani una delegazione delle Corti Islamiche è attesa a Khartoum dove si svolgerà un “tentativo di mediazione araba” alla crisi somala. “In qualità di presidente di turno della Lega Araba, il Sudan può essere utile per mediare tra i dirigenti somali e le Corti” ha detto el Beshir. Non è ancora chiaro se all’iniziativa sudanese siano stati invitati anche rappresentanti del governo di transizione somalo. Da Addis Abeba, inoltre, l’ambasciatore Sudanese, Abdi Zaid Hassan, fa sapere che Khartoum è anche pronta a inviare in Somalia un battaglione di peacekeeper “per riportare la pace e la sicurezza”, non appena l’Onu avrà ritirato l’embargo sulle armi. L’Uganda, che da tempo aveva segnalato la propria disponibilità a inviare soldati in Somalia per ristabilire l’ordine, ha fatto sapere oggi di aver sospeso, per il momento, la propria offerta a causa delle profonde differenze politiche sulla questione emerse nell’ex-colonia italiana.
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SOMALIA 21/6/2006 18.26
PROVE DI DIALOGO TRA GOVERNO E CORTI ISLAMICHE Delegati del governo somalo e delle Corti Islamiche sono partiti oggi alla volta del Sudan, accettando così l’invito lanciato ieri dal presidente sudanese Omar Hassan el Beshir che si è proposto come mediatore a nome della Lega Araba, la cui presidenza di turno è affidata proprio Khartoum. La conferma che entrambe le delegazioni hanno accettato l’invito al dialogo è arrivata da numerosi fonti giornalistiche e ufficiali. Secondo le informazioni raccolte, la delegazione del governo somalo di transizione è composta dai suoi massimi esponenti (il presidente Abdullahi Yusuf, il primo ministro Ali Gedi e il portavoce del parlamento Sharif Hassan Sheikh Adan), mentre le Corti Islamiche avrebbero inviato una decina di loro esponenti guidati da Mohamed Ali Ibraham, un potente capo religioso. Seppur non ancora confermato ufficialmente, pare che nella delegazione delle Corti non figuri Sheikh Sharif Sheikh Ahmed, il presidente nonchè portavoce dell’Unione corti islamiche. Oltre al presidente Beshir, all’incontro dovrebbe partecipare in qualità di mediatore anche Amir Moussa, segretario della Lega Araba. Non è ancora ben chiara l’agenda dei lavori, che potrebbero entrare nel vivo solo domani, ma pare che almeno in un primo momento non siano previsti faccia a faccia tra le due delegazioni somale, ma solo incontri con i mediatori. Parlando con la stampa al termine del suo incontro col primo ministro etiope, il presidente somalo Yusuf aveva posto alcune condizioni al dialogo con le Corti: riconoscimento formale delle nuove istituzioni e il ritiro dalle località conquistate dopo la presa di Mogadiscio il 5 giugno scorso. Le Corti dal canto loro hanno rifiutato qualsiasi condizione preliminare al dialogo.
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