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#201 | |
Senior Member
Iscritto dal: Jul 2000
Città: Sassuolo
Messaggi: 788
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P.S. Le sottolobby formate dalle, per usare una definizione corrente nei partiti, correnti dove le metti ?. Se alcune si accordano tra loro non siamo di nuovo ad uno squilibrio ?. Inoltre il sottogruppo composto da persone con maggior potere costituisce già un embrione di conflitto d'interessi. Inutile negare che tutto scaturisce dalla nostra natura prettamente individualista ed avida.
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L'indifferenza, male supremo dell'umanità ?. Forse un tempo era così, mentre oggi potrebbe non esserlo più. Potrebbe, invece, essere, in base al fatto che non tutto il male viene per nuocere, un bene perchè siamo in troppi e quanti più "se ne andranno", tanto vantaggio ne trarranno l'ecosistema planetario ed i, se ve ne saranno, superstiti. |
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#202 | |
Senior Member
Iscritto dal: Apr 2002
Città: Al momento Berlino
Messaggi: 547
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Se gl'interessi economici sono frammentati, vige una “concorrenza” tra i poteri, e chiunque tenti di acquisirne di maggiore oltre un certo limite si ritrova contro tutti.
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Se abbandono una discussione senza rispondervi avvertitemi! - Trattative concluse: 1, 2, 3, 3, 4 ![]() |
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#203 | |
Senior Member
Iscritto dal: Jul 2000
Città: Sassuolo
Messaggi: 788
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La teoria è una cosa, in questa siamo perfettamente allineati, ma a me non basta la teoria, desidero applicarla al contesto reale, verificarla applicandola ad individui e tenendo ben conto del fattore costituito dalla loro natura intrinseca.
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L'indifferenza, male supremo dell'umanità ?. Forse un tempo era così, mentre oggi potrebbe non esserlo più. Potrebbe, invece, essere, in base al fatto che non tutto il male viene per nuocere, un bene perchè siamo in troppi e quanti più "se ne andranno", tanto vantaggio ne trarranno l'ecosistema planetario ed i, se ve ne saranno, superstiti. |
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#204 |
Senior Member
Iscritto dal: Nov 2001
Città: Trapani-Palermo
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La televisione e la menzogna permanente Tutto ciò che l'italiano medio conosce, lo deve alla televisione. Ma l'italiano medio non sa che la televisione mente in modo sistematico o, se lo sa, se ne infischia e se la beve tutta. La televisione è nata per mentire e vendere fumo, è nata per fare propaganda, per soggiogare in maniera subdola le coscienze, per poterle modificare. Chi crede di informarsi accendendo il televisore è solo un ingenuo. Occorre sapere che la tv è sempre manipolata e maipolante e che i programmi sono progettati per un pubblico di 12 anni di età media. Questo non lo diciamo soltanto noi, ma fior di studiosi. Ora si dà il caso che il primo ministro del nostro governo detenga il potere di tutte le reti nazionali e che lo stesso primo ministro, plurinquisito, corruttore, piduista, voltagabbana, puttaniere, stia letteralmente nascondendo la verità agli italiani. Gli esempi da fare sarebbero tanti, troppi, ma quello relativo alla ricostruzione delle zone terremotate d'Abruzzo è veramente inconcepibile. La tv mostra Berlusconi trionfale, sul tetto di una nuova palazzina a piantare la bandiera italiana (manco fosse Armstrong sulla luna) e tutti i cronisti, pseudogiornalisti, a emanare dispacci di regime sugli ottimi risultati ottenuti dal governo e sulla promessa che entro il 30 di novembre (massimo dicembre) si daranno le case ai cittadini sfollati. Quattro mesi di bugie e non sono ancora finite. La realtà è ben diversa, quattro palazzine di cemento appena costruite non dànno un tetto a 50 mila sfollati. Conoscendo Berlusconi, non ci stupirebbe sapere che quelle palazzine siano state costruite per fare da scenografia alla messinscena della bandiera italiana con le riprese dall'elicottero. L'Italia è offesa da quel gesto! La realtà è diversa, i terremotati d'Abruzzo sono incazzati all'inverosimile, ma la tv non lo fa vedere, non mostra le proteste dei cittadini (proteste clandestine, visto che -pensate un po'- sono state vietate), non rivela il fatto che vengono sequestrati striscioni e che loschi e arroganti energumeni con occhiali neri urlano in faccia ai manifestanti 'quello che bisogna fare lo decidiamo noi, è chiaro'?. E' tutta una menzogna, in cui gli italiani vivono beati e beoti. Tutto è falso, anche le cifre dell'ISTAT, anche le informazioni circa il numero degli studenti bocciati (più alto, secondo il Ministero, ma solo per giustificare la severità di una 'riforma' che, in verità, è stata severa soltanto con i lavoratori della scuola, mandandoli a spasso con un calcio in culo). False sono le informazioni, le promesse di Berlusconi e tutti i dati emanati dalla televisione. Persino le notizie di cronaca non rivelano il vero stato del Paese, poiché i direttori dei TG scelgono ad hoc le notizie, in base a quel che conviene al governo. Allora, ad esempio, si cercano con il lanternino notizie di stupri commessi da stranieri per giustificare una legge anticostituzionale con ronde annesse. Si nascondono i morti sul lavoro per far sembrare che in Italia non esista il problema. In compenso, se muore un militare, la prima pagina è sempre garantita, come minimo! E' tutto falso, signori! Le interviste sono montate ad arte, tagliando le parti sconvenienti, eliminando testimonianze scomode o piazzandole in punti di facile rimozione cerebrale. E che dire di questa fantomatica pandemia da influenza suina -che suina non è più- e contro la quale la tv sta vendendo terrore (e vaccino) a tutto spiano? A tal proposito, per inciso, abbiamo realizzato delle VERE interviste su questo argomento, per vederle cliccate QUI. La televisione dipinge un paese di tette e culi, dove ogni prostituzione è lecita per far carriera, salvo ingerenze clericali e scomuniche papaline (ma mai rivolte al vero puttaniere d'Italia). Nota a piè di pagina: non è un caso se gli studi televisivi di tutto il mondo, quando c'è un golpe o una guerra, vengono immediatamente occupati militarmente e gestiti dalle autorità preposte alla propaganda. Una propaganda che sostituisce quella precedente. Una menzogna che sostituisce quella precedente. Avanti così, italiani imbecilli! |
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#205 |
Senior Member
Iscritto dal: Jun 2009
Messaggi: 2852
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iscritto, bel 3d
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#206 |
Senior Member
Iscritto dal: Nov 2001
Città: Trapani-Palermo
Messaggi: 1486
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Benvenuto nel thread dei paranoici
![]() Siamo in Democrazia, Sei Tu lo “Strano” come controllare le masse nei sistemi democratici, i video http://www.youtube.com/watch?v=c_rUgh-r7xo PARTE OTTAVA: LE INGIUSTIZIE NON CI SPAVENTANO PERCHE' CI DICONO CHE SIAMO IN DEMOCRAZIA. Chi riesce a capire l’ingiustizia e la mancanza di libertà del regime è fatto sentire “strano” e tutti gli altri sono “normali”. In questa maniera, anche quando c’è una maggioranza di persone che vede l’ingiustizia, tende a ribellarsi poco, e non in pubblico. ARTICOLO ORIGINALE >> http://www.hwupgrade.it/forum/showpo...77&postcount=4 |
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#207 | |
Senior Member
Iscritto dal: Jul 2000
Città: Sassuolo
Messaggi: 788
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Se, invece, credi che l'informazione sia asservita agli interessi della casta dominante solo in italia significa solo che non hai esperienze estere significative.
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L'indifferenza, male supremo dell'umanità ?. Forse un tempo era così, mentre oggi potrebbe non esserlo più. Potrebbe, invece, essere, in base al fatto che non tutto il male viene per nuocere, un bene perchè siamo in troppi e quanti più "se ne andranno", tanto vantaggio ne trarranno l'ecosistema planetario ed i, se ve ne saranno, superstiti. |
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#208 | |
Senior Member
Iscritto dal: Nov 2001
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#209 |
Senior Member
Iscritto dal: Nov 2001
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La nuova censura
sabato, agosto 08th, 2009 | Author: ale drago Giuditta - http://tuttouno.blogspot.com/ Titolo originale: Télévision: de l’info sans infos La nuova censura Il principio di base della censura moderna è di mischiare le informazioni essenziali con una miriade di informazioni insignificanti diffuse da altrettante reti dal contenuto simile. Questo permette alla nuova censura di conservare le apparenze della diversità e della democrazia. Questa strategia di diversità si applica innanzi tutto ai telegiornali, prima fonte pubblica dell’informazione. L’informazione senza informazioni… E’dagli anni ‘90 che i telegiornali non contengono quasi più nessuna informazione. Si chiamano sempre “telegiornali” ma sarebbe più giusto chiamarli “riviste”. Un TG contiene una media di 2-3 minuti d’informazione. Per il resto sono solo servizi su aneddoti, fatti diversi, inchieste “people”, reality-show della vita quotidiana. …Censura senza censori La finezza della censura moderna risiede nel fatto che non ha censori. Questi sono stati sostituiti con efficacia dalla “legge del mercato” e dall’ “indice di ascolto”. Dal semplice gioco di condizioni economiche abilmente create, le reti televisive non hanno più i mezzi per finanziare un vero lavoro giornalistico, mentre allo stesso tempo, le inchieste “people” ed i reality show fanno più audience con minore investimento. Anche i fatti importanti vengono trattati in modo “people”, ridotti e minimizzati ad una visione molto ristretta rispetto alla realtà. Ad esempio, per una riunione internazionale al vertice, si vedrà l’intervista al capo cuoco in carica, immagini di sfilate di limousine e di saluti ufficiali, però nessuna vera informazione riguardo ai temi dibattuti dai capi dello Stato. Ugualmente un’attentato verrà trattato con delle inchieste popolari sul luogo del dramma, con le impressioni e testimonianze della gente o l’intervista dei membri delle squadre di soccorso o dei poliziotti. A questa serie di fatti insignificanti si aggiungono lo sport, i fatti diversi, filmati bucolici su paesini della profonda Italia, senza dimenticarci delle pubblicità mascherate da prodotti culturali lanciati da una campagna promozionale (spettacoli, film, libri, dischi,…). Un’informazione destrutturata per una memorizzazione minimale Tutti gli psicologi e i neuroscienziati sanno che la memorizzazione delle informazioni viene sempre realizzata dal cervello in modo ottimale quando queste vengono presentate in un modo strutturato e gerarchico. La strutturazione dell’informazione è uno dei principi fondamentali insegnati a chi studia giornalismo. Da più di 15 anni i telegiornali fanno esattamente il contrario, infilando disordinatamente soggetti completamente diversi e di importanza variabile (fatto diverso, un po’ di politica, sport, un tema sociale, altro fatto diverso, ancora della politica, etc…) come se lo scopo di tutto ciò fosse di ottenere dal pubblico una pessima memorizzazione. Una popolazione colpita da amnesia è difatti molto più facile da manipolare… |
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#210 | |
Bannato
Iscritto dal: Jun 2005
Città: Milano
Messaggi: 116
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In Italia il potere ha tutti i media. E' leggermente esagerato il concetto rispetto alla "media" degli altri paesi. A meno che tu non mi dimostri che Sarkozy è proprietario di 3 Tv, ne controlla altre 3, legifera per se e ha almeno 3 testate di giornali, come la Merkel e Obama. ma de che stai a parlà, a Protte.... fg |
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#211 | |
Senior Member
Iscritto dal: Jul 2000
Città: Sassuolo
Messaggi: 788
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Il problema, come sempre, è rappresentato dalle cosidette "teste vuote", le quali, proprio perchè "vuote" sono facilmente riempibili con idee opportunamente dosate. Berlusconi lo sa, io lo so, la sinistra lo sa e quest'ultima non e contro Berlusconi perchè desidera il bene dei cittadini ma, semplicemente, perchè vorrebe sostituirsi a lui per riempire le teste sopracitate con le proprie idee ed assicurarsi il potere. Cosa avrei da guadagnare io se cambia chi controlla i media ma non cambia, con certi soggetti potrebbe cambiare solo in peggio, lo scenario ?. Nulla e per quale ragione dovrei appoggiare gente in chiara malafede ?. Ci hanno gia provato negli anni 70/80 a divenire i Berlusconi della situazione e proprio grazie a loro ed alla loro inettitudine ci siamo ritrovati il Berlusconi che conosciamo. In un paese diverso con politici un minimo avveduti e non tesi unicamente al loro interesse di fazione sarebbe solo uno dei tanti imprenditori nel sistema mediatico italiota.
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L'indifferenza, male supremo dell'umanità ?. Forse un tempo era così, mentre oggi potrebbe non esserlo più. Potrebbe, invece, essere, in base al fatto che non tutto il male viene per nuocere, un bene perchè siamo in troppi e quanti più "se ne andranno", tanto vantaggio ne trarranno l'ecosistema planetario ed i, se ve ne saranno, superstiti. Ultima modifica di Proteus : 10-08-2009 alle 10:39. |
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#212 |
Senior Member
Iscritto dal: Nov 2001
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L’Italia sta diventando una grande Setta?
di Marco Canestrari ANALOGIE FRA LE SETTE A CONTROLLO MENTALE E LA VITA AL GIORNO D’OGGI Conosciamo bene, dai fatti di cronaca, l’enorme potenzialità distruttiva delle sette. Che siano culti Satanici, commerciali, politici o psicologici, quando l’organizzazione è strutturata per permettere il controllo del pensiero, facilmente il gruppo sfocia in comportamenti malsani e antisociali. Nei casi più comuni i membri vengono sfruttati e alleggeriti dei loro beni materiali, a volte si evidenziano episodi di violenza, e nei casi più estremi, il completo distacco dalla realtà e le tragedie dei suicidi di massa. Di metodi per modificare il pensiero e il comportamento se ne conoscono fin dall’antichità. Dai tempi dei Cinesi, passando per le sperimentazioni innovative degli anni 60 e poi 70 fino ai giorni d’oggi, le tecniche di controllo mentale hanno fatto degli enormi passi avanti. In breve, anche i metodi più moderni e sofisticati si basano sui seguenti principi di base: CONTROLLO DELLA COMUNICAZIONE E DELL’INFORMAZIONE Il controllo della comunicazione è l’aspetto fondamentale per riformare il pensiero. Controllando l’accesso alle informazioni si restringe la capacità individuale della persona di pensare autonomamente. La gente viene intrappolata dalle sette perché viene loro negato l'accesso alle informazioni critiche di cui ha bisogno per valutare la sua situazione. Il linguaggio è caricato e spietatamente valutativo e le frasi sono di forte divisione: brevi, riduttive e facilmente memorizzabili. Ci sono dei termini “cattivi” che si usano per rappresentare qualsiasi cosa esterna all’ideologia del gruppo che, naturalmente, deve essere rifiutata. Si evita deliberatamente il diffondersi di informazioni non consone al modello della setta e spesso si distorcono le informazioni per renderle più accettabili. Si scoraggia lo scambio libero di informazioni: I leader delle sette reprimono le contestazioni e le domande relative al sistema. Si rende difficile l’accesso alle informazioni non-setta mentre si utilizza estensivamente la propaganda autoprodotta dalla setta. La diffusione di informazioni libere e individuali è in assoluto una delle principali armi contro le sette. BASI DEL CONTROLLO DEL PENSIERO L'ideologia e i modelli di vita imposti sono interiorizzati come "La Verità". Le informazioni in entrata vengono filtrate dalla dottrina, che spiega anche cosa si deve pensare dell’informazione esterna alla setta. La persona può avere soltanto pensieri positivi riguardo al gruppo. Si rifiuta l’analisi razionale e il pensiero critico a favore delle emozioni più facilmente manipolabili. Il Leader di un gruppo distruttivo non considera mai legittimi o utili i sistemi di credenze diversi dal suo. Secondo il leader, non esistono mai problemi. E se qualcuno sente un problema la colpa è sempre sua, mai del leader o della dottrina, e il singolo membro se ne deve assumere tutte le responsabilità e lavorare più duro. CONTROLLO EMOTIVO E SFRUTTAMENTO DELLE PAURE Allo scopo di mantenere un forte controllo, le sette intimidiscono, inducono sensi di colpa, vergogna e paura sempre nella stessa maniera. Ci sono due modi per manipolare la paura: il primo è creare un nemico esterno (noi contro loro) che ci minaccia; il secondo è la paura di ciò che accade se non si riesce a rimanere ai livelli del modello di vita imposto. L’atmosfera che si crea suggerisce un solo modo di essere, per questo è molto importante vedere costantemente dei modelli da imitare. Una persona plagiata da una setta ha sempre queste paure: Paura di degli svantaggi nel pensare in modo diverso dal gruppo, paura del mondo esterno alla protezione del gruppo e dei nemici minacciosi, paura della disapprovazione se non si riesce nelle regole imposte dal leader. LA DINAMICA CENTRALE: DEMARCAZIONE BUONI E CATTIVI Per il leader è fondamentale proporre contrasti stridenti fra chi è membro e chi invece non si adatta ai modelli della dottrina o non ubbidisce alle leggi imposte. Solo il mondo interno al gruppo è “buono”, il resto è cattivo e minaccioso e va evitato e ridicolizzato. Se si vuole un certo grado di sicurezza, è meglio rimanere nell’ambiente protetto del gruppo. L’ideologia dell’organizzazione definisce il bene e il male e qualsiasi cosa venga fatta in nome di questo “bene” è morale. La dottrina, in nome del bene dei membri, impone leggi e regolamenti sempre più rigidi e l’obbligo di obbedienza. Nei casi più estremi la dottrina promulgata è più importante della persona e spesso, il fine giustifica i mezzi. Mentire e ingannare, spesso sono mezzi leciti. Solamente le idee, sentimenti ed azioni coerenti ai provvedimenti della setta sono buone, mentre la coscienza individuale non è affidabile e va scoraggiata. I culti a controllo mentale più distruttivi cercano di “trasferire” l’immagine del leader sui membri, ingaggiando una guerra a tutto campo contro l’impurità e il diverso. Tutto ciò viene portato avanti spingendo il modello da raggiungere (costumi, lavoro, norme di vita) sempre più avanti, richiedendo che la persona si sforzi continuamente, con la paura di non farcela, verso un fine inesistente ed estraneo alla condizione umana. La dottrina tiene sempre i membri sottoposti a frenetiche attività in modo che, durante la giornata, non abbiano abbastanza tempo ed energie per la riflessione libera su ciò che gli accade. A causa dell’impossibilità di raggiungere un fine a questa rincorsa, la persona vive in una costante vergogna e paura delle conseguenze, spesso dando la colpa alla sua incapacità di vivere secondo questi criteri. L’organizzazione decide il pegno da pagare per chi non riesce a rimanere dentro la dottrina, usa così la paura e il senso di colpa per manipolare i membri. Questa persona si sente incapace di scappare da forze che vede più potenti di se stessa. Il modo di trattare con loro è di adattarsi. Impara ad anticipare i problemi con l'organizzazione e a manipolare gli eventi per evitare di incriminare se stessa. L’unico modo per sollevarsi da questa colpa e da questo enorme stress che si accumula è denunciare con grande ostilità le “impurità” degli altri che vengono sempre viste come provenienti dal mondo esterno. Muore così ogni tipo di intelligenza individuale a favore del pensiero di gruppo guidato dalle paure. DISTACCO DALLA REALTA’ In queste condizioni, si perde completamente l’oggettività sul mondo. Non si hanno più strumenti per distinguere il vero da ciò che ci dice la dottrina, perché più nulla viene misurato con questo metro di giudizio. Infatti l’unico elemento importante diventa la funzionalità verso i modelli da raggiungere. Più questi punti sono chiaramente visibili, più il gruppo attua il controllo sulla libertà individuale e si avvicina ad una ideologia totalitaria con tutti i suoi pericoli. Ricordate... un gruppo non deve essere necessariamente religioso per tenere un comportamento da culto settario. I gruppi con obblighi pressanti possono essere commerciali, politici o psicologici. PERSONALITA’ DEI LEADER E’ evidente che quasi tutti i capi di sette hanno disturbi della personalità antisociali e complessi di inferiorità. La necessità spasmodica di ricchezze materiali è solo lo specchio di quello di cui veramente hanno bisogno: attenzioni e potere. Col passare del tempo sviluppano il bisogno di sempre maggiore potere e questa brama diventa una dipendenza estrema. Un aspetto molto pericoloso di queste persone è la loro instabilità psicologica. La maggioranza crede veramente alla loro stessa propaganda, di essere “Toccato da Dio”, o in alcuni casi, di essere la reincarnazione di Gesù ed Elvis Presley contemporaneamente. Un aspetto fondamentale è il flusso di potere organizzativo. Se i consigli direttivi sono sostanzialmente asserviti al leader allora la struttura non permette controlli ed equilibri. La vera struttura è a forma piramidale con il leader della setta come capo onnipotente. Se il potere è centralizzato e controllato dal capo, allora il gruppo ha i presupposti per essere una setta distruttiva. Se chiedete a qualsiasi membro attivo di una associazione, se il suo gruppo è una setta o no, ovviamente tutti vi risponderanno di no. Per riconoscere se un organizzazione è una setta a controllo mentale, l’esperto Steven Hassan, consiglia una serie di domande dirette a cui si richiede una risposta precisa. Siccome i membri sono addestrati ad evitare il pensiero negativo nei confronti del gruppo, spesso non riceverete risposte dirette ma solo contro domande. Se il reclutatore non vi risponde in modo chiaro, conciso, diretto allora state certi che nella sua risposta c'è qualcosa di storto. Ecco le domande più significative:
"Il potere tende a corrompere, e il potere assoluto corrompe in modo assoluto" - Lord Acton |
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#213 | |
Senior Member
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Scritto il 23 marzo 2009 Il risultato della disinformazione, l’assenza di notizie sulla diminuzione dei reati in Italia ha prodotto una percezione falsata della realtà da parte dei cittadini. pauraUna ricerca condotta da Anci e Cittalia ha analizzato 600 ordinanze comunali rese possibili dal decreto del ministro Maroni e valutato le razioni degli italiani rispetto alla questione ’sicurezza’. La metà dei residenti delle grandi città dichiara di aver modificato, almeno in parte, le proprie abitudini di vita a causa della percezione di insicurezza. Più della metà degli interpellati ha espresso la convinzione che il problema della sicurezza è destinato ad acuirsi nel futuro, con il diffondersi di condizioni di povertà e disagio. Come InviatoSpeciale ha reso noto nell’articolo dedicato alle valutazioni della Gunta delle Camere penali sull’attività legislativa del governo, si tratta di sensazioni indotte dalla propaganda del centro-destra e rafforzate da una pessima informazione diffusa da numerose emittenti televisive e dagli moltissimi organi di stampa. Nel documento dei penalisti si leggeva: “I dati ufficiali diffusi dal Ministero dell’Interno danno conto di una costante e progressiva diminuzione del fenomeno criminale sin dal secondo semestre dell’anno 2007. Nell’anno 2008 gli omicidi volontari sono al minimo storico, i furti sono diminuiti del 39,72 per cento rispetto all’anno precedente, le rapine del 28,8, l’usura del 10,4, la ricettazione del 31,6, il riciclaggio del 5,8, le minacce del 22,1. Diminuiti anche estorsioni e danneggiamenti. Sempre gli stessi dati ci dicono che anche i reati di violenza sessuale sono diminuiti: meno 8,4 per cento. Non solo, la maggior parte degli “stupri” si consuma entro le mura domestiche: i dati relativi al 2007 ci dicono che il 69,7 per cento è opera di partner, il 17,4 di un conoscente e solo il 6,2 è opera di estranei. La sicurezza delle persone è dunque oggi maggiormente assicurata rispetto al passato e se un bisogno di sicurezza emerge esso sta nell’assicurare la tutela delle donne dalle offese delle persone a loro più vicine”. A causa del martellamento demagogico sull’insicurezza, la maggioranza degli interpellati ritiene che lo Stato centrale abbia la primaria responsabilità in ordine alla sicurezza e in modo specifico alla microcriminalità. Per comprendere quanto sia ‘politico’ e non ‘reale’ il problema della sicurezza, proprio alla luce dei dati sulla flessione del numero dei crimini, si nota che il 67 per cento delle ordinanze sono state prodotte da amministrazioni del Nord Ovest e del Nord Est (rispettivamente il 40,3 per cento e 26,4), cioè in zone nelle quali il partito di Bossi è molto forte. Molto basso il numero di ordinanze nelle isole ed al centro-sud. Solo il 6,7 per cento nel primo caso , mentre al centro sono l’11,7 e al sud il 14,9 del totale. La volontà di allarmare, per costruire un clima di paura e permettere su questo un’espansione del consenso elettorale legato alla presunta ‘attività di contrasto’ del centro-destra contro i ‘criminali’ è alla base di una politica che sta riducendo progressivamente le libertà personali dei cittadini. Leggendo i dati dell’indagine si scopre che da quando il decreto del ministro dell’Interno è entrato in vigore, lo scorso 5 agosto, il tema maggiormente regolato dai primi cittadini è stato il divieto di prostituzione (16 per cento), seguito dal divieto di consumo di somministrazione di bevande (13,6 per cento), dal vandalismo (10 per cento) e dall’accattonaggio (8,4 per cento). In nessun modo questi provvedimenti incidono sulla tratta delle ragazze e sul loro sfruttamento, sulla diminuzione del fenomeno del consumo di alcool e stupefacenti tra i giovani o sulla protezione dei più deboli, costretti da crisi e povertà e mancanza di lavoro a chiedere l’elemosina. Solo che i cittadini ‘vedono’, dopo roboanti campagne di disinformazione, i sindaci ‘intervenire’ e, senza essere contemporaneamente informati sulla realtà dei fatti, trovano le misure opportune. Secondo l’indagine, è la Lombardia la regione in cui si registra il maggior numero di ordinanze: in 82 comuni (il 5,3 per cento dei comuni lombardi) sono stati emessi 144 provvedimenti. Interessanti i dati di Emilia Romagna, Toscana e Veneto, dove, pur essendo stato emesso un numero assoluto inferiore di ordinanze (rispetto alla Lombardia), si registrano percentuali più elevate di coinvolgimento dei comuni. Infatti, il 7,6 per cento dei comuni emiliano-romagnoli, il 7,7 dei comuni toscani e l’8,6 di quelli veneti hanno assunto provvedimenti in materia di sicurezza sulla base della legge e del decreto del ministero dell’Interno. In questo caso si nota come, almeno per Emilia Romagna e Toscana (dove le amministrazioni sono in larga misura del centro-sinistra), la campagna di disinformazione abbia coinvolto anche i partiti di opposizione, spingendoli (per evitare di perdere voti) verso la deriva imposta da Lega e Pdl. Oltre l’80 per cento degli intervistati, secondo la ricerca condotta dall’Anci, non esita ad attribuire al corpo della polizia municipale un ruolo importante nel dare maggiore sicurezza ai cittadini, ma i pareri si dividono sulla finalizzazione dell’intervento tra chi vorrebbe vedere rafforzato l’intervento sul fronte della sicurezza e l’ordine pubblico (39 per cento), chi ritiene che sia più opportuno lasciare questo compito alle forze dell’ordine per dedicarsi alla sicurezza stradale e alla mobilità (33), chi infine ritiene che i vigili urbani debbano occuparsi specificamente del disordine urbano e della insicurezza (25). Non piccolo il numero dei cittadini che si sentirebbe disposto ad “armarsi per poter provvedere da solo alla propria difesa” (il 9,3 per cento degli intervistati) o a partecipare a “ronde di cittadini contro la criminalità” (9,2 per cento). A dominare è la preoccupazione per i furti in appartamento, con percentuali più alte rispetto alle grandi città, così come avviene anche per il problema delle truffe agli anziani. Come già visto nelle aree metropolitane, le differenze tra nord e sud del Paese si avvertono fortemente anche nei profili di insicurezza dei piccoli comuni: al Nord tra i problemi maggiormente avvertiti vi sono il problema dell’immigrazione e la presenza di comunità Rom e Sinti, mentre al Sud fanno sentire il loro peso l’usura e le estorsioni. Il fatto singolare è che il contrasto al crimine organizzato e le mafie, poco trattati dagli organi di stampa e non nell’agenda del governo, non risultano ‘preoccupanti’ per i cittadini del nord (meno al sud, dove la realtà è talmente invadente da non poter essere nascosta). Conseguenza delle politiche a contenuto razzista, in alcune aree del centro-destra nel Nord si individua in migranti e popolo romanì un fattore di allarme. Che si sospetti sia Milano la capitale del riciclaggio in Italia non interessa a nessuno. Anci e Cittalia, attraverso un questionario, hanno anche raccolto il punto di vista dei sindaci di 109 comuni rappresentativi di tutte le Regioni, per comprendere quali siano gli interventi per la promozione della sicurezza urbana considerati prioritari per il territorio da loro amministrato. Tra le priorità d’intervento segnalate dai primi cittadini ci sono il rafforzamento della polizia locale e l’adeguamento tecnico strumentale della stessa (35,9 per cento), gli interventi di riqualificazione urbana e contrasto al degrado (25,2 per cento), la prevenzione sociale e l’educazione alla legalità (24,8 per cento) e il sostegno alle vittime dei reati (14,3 per cento). È stata infine realizzata, nel mese di gennaio scorso, un’indagine campionaria sui residenti delle grandi città italiane, proseguendo così il lavoro di ricerca già avviato con un’indagine sulla percezione dell’insicurezza nei piccoli Comuni. Secondo i residenti delle grandi città l’insicurezza è dovuta innanzitutto al cattivo funzionamento della giustizia (36,7 per cento), mentre viene percepito in modo molto meno pressante il tema della insufficienza delle forze di polizia (17 per cento) e anche il problema, sia pure sentito, dell’immigrazione (24 per cento). A seguire, le cause dell’insicurezza sono la “mancanza e la precarietà del lavoro” (36 per cento), e l’aumento delle diseguaglianze e la crisi economica (26 per cento) a conferma di un senso di incertezza che mette assieme, nella vita quotidiana, i problemi dell’ordine pubblico e quelli della sicurezza sociale. Da questi ultimi dati si possono desumere altre considerazioni di grande interesse. Nonostante la presante campagna disinformativa, una percentuale di realtà condiziona le valutazioni degli intervistati. La campagna contro i giudici (legata alla necessità di limitarne l’indipendenza) e il presunto ‘allarme migranti’ hanno prodotto effetti, ma la crisi, la mancanza di opportunità e lavoro (fatti oggettivi) rimangono tra le cause che producono insicurezza. Tuttavia, i cittadini non traggono conseguenze ‘politiche’ dalle insicurezze reali, anzi si rifugiano in quelle ‘indotte’ offrendo all’esecutivo ed ai partiti che lo conpongono maggior consenso. Nelle 11 città prese a campione, la precarietà lavorativa ed economica (32 per cento) fa comunque più paura della microcriminalità (30 per cento). Complessivamente, l’insicurezza economica (intesa come precarietà lavorativa e timore per la perdita del proprio attuale tenore di vita) pesano per il 50 per cento sulle paure dei cittadini. La maggioranza dei cittadini di Venezia (81 per cento), Cagliari (77), Firenze (62), Genova (55), Milano (52) Torino (51) e Bologna (51) considera la sua città un luogo molto o abbastanza sicuro. In altri casi, città verso le quali la campagna dei media e del governo è stata più insistente o dove il contrasto al crimine organizzato non riesce a limitare il controllo del territorio, invece prevale la percezione di insicurezza: Roma (55 per cento), Bari (62), Palermo (70) e Napoli (91). Infine, i cittadini residenti nei piccoli centri individuano nel cattivo funzionamento della giustizia il principale fattore che alimenta l’insicurezza. Però attribuiscono un forte peso anche all’influenza esercitata dai mass media nell’alimentare questa percezione. Sulle azioni da intraprendere, i residenti dei piccoli centri indicano come prioritari la lotta allo spaccio di sostanze stupefacenti e il problema del contrasto alle bande giovanili, con un giudizio assai simile a quello espresso dai residenti delle grandi città. Analizzare i dati è sempre molto complesso ed ovviamente le deduzioni sono opinabili. Però è sempre più indispensabile rflettere sul come dietro la precezione ‘dell’emergenza sicurezza’ si stia sviluppando una politica di forte restringimento delle libertà personali e dei diritti civili dei cittadini. In un contesto nel quale si cerca di limitare i poteri diffusi per poterli concentrare in ambiti ristretti. Gli italiani ’spaventati’ diventano allora ‘diponibili’ ad accettare provvedimenti che probabilmente troverebbero inconcepibili se fossero meglio informati e così il goco è fatto. In questo panorama la responsabilità dei media è enorme e non sembra possibile porre argine all’esplodere immotivato della ‘nera’ tra le notzie, mescolata ad un ‘gossip’ permanente che invece di raccontare la realtà ne mostra solo una parte, per altro deformata. E il regime avanza. |
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#214 | |
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#215 | |
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#216 |
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Come Sfruttare le Differenze Ideologiche
...e limitare il peso delle scelte dal basso di Marco Canestrari Un sistema effettivamente democratico tutela la serenità di esprimere qualsiasi tipo di ideologia senza limitare il peso sociale che hanno le singole soluzioni proposte dal basso. I regimi democratici che vogliono controllare le masse invece, incoraggiano e sfruttano la naturale divisione degli uomini in ideologie allo scopo di frammentare il peso politico delle singole soluzioni scelte dai cittadini. Nei sistemi democratici moderni, ad esempio, non abbiamo la possibilità di scegliere selettivamente soluzione per soluzione. Accettiamo tranquillamente di limitare le nostre facoltà di scelta esprimendo il voto per un “grande pentolone di soluzioni e concetti” espressi nello statuto di un partito. In questa maniera non portiamo avanti, dall’ideazione alla realizzazione, ogni singola soluzione voluta dalla maggioranza perché la preferenza di ogni singolo cittadino, verso quella specifica soluzione, si troverà rappresentata in vari contenitori politici divisi per valori e ideologie spesso inconciliabili fra di loro e quindi senza possibilità di governare. Poi, una volta che si accetta di essere rappresentati da un partito diventa semplicissimo manipolare le volontà della maggioranza, sono sufficienti infatti, semplici accordi fra le poche persone che amministrano questi contenitori ideologici. Si possono anche rinnovare gli ingredienti del minestrone, il colore del pentolone e il suo nome, si cambia slogan e così si ridistribuiscono, di fatto, le nostre singole scelte nei vari pentoloni in modo che chi li amministra ne tragga più profitto. Per capirci, se ad esempio tutti i cittadini rappresentati da due grandi contenitori ideologici e divisi da due valori opposti, fossero d’accordo su una comune soluzione, ad esempio sul fatto di non doversi fare controllare da un terzo contenitore che fa una politica di regime, questa soluzione si troverebbe sempre divisa in due contenitori per via delle enormi differenze ideologiche e quindi nessuna coalizione fra le due parti potrebbe mai avere una governabilità né un peso sufficiente per cambiare le cose. In questa maniera è molto più facile che i partiti più compatti, come possono essere quelli di un regime, si impongano e che le scelte dei cittadini non abbiano alcun peso. Nella gestione delle enormi risorse collettive, tutte le persone del mondo sono divise in “pentoloni” che raggruppano ognuno un vasto insieme di valori riguardanti ogni aspetto più importante delle questioni sociali. Non possiamo scegliere gli ingredienti del minestrone né il cuoco, ma dobbiamo “affidarci” al pentolone a cui siamo più affezionati e aspettare per qualche anno che qualcuno cucini la minestra. Mentre il mondo moderno si muove a velocità sempre più alte, cambiando le sue dinamiche e sollevando nuove problematiche nell’arco di mesi o giorni, noi deleghiamo ogni nostra scelta per anni e preghiamo che il piatto venga bene e possa risolvere nel futuro i nostri problemi. Non solo, attualmente il potere economico ha raggiunto una concentrazione tale da essere più influente di quello politico, quindi, i pentoloni a cui noi affidiamo le nostre risorse collettive sono amministrati, di fatto, con la spinta principale della massimizzazione del guadagno di alcuni privati e non con quella del benessere collettivo. Ecco perché le risorse collettive, anche se ci sono, sono accessibili per la maggior parte a pochi. Ogni soluzione politica e sociale, messa sotto una pressione così grande dall’apparato economico mondiale, rivela le sue minime imperfezioni, e ogni crepa viene dilaniata fino a cedere completamente al potere più grande. Non ha più senso, in questo contesto, attuare la strategia del “meno peggio”. Dobbiamo iniziare ad affrontare il problema alla sua radice, a mente aperta, mettendo in discussione, se necessario, anche i principi a cui siamo stati abituati da sempre. Altrimenti continueremo a apporre dei continui cambiamenti temporanei allungando i tempi per una soluzione definitiva. Insomma, la struttura politica convenzionale fa in maniera che la naturale diversità dei valori fra i cittadini sia un freno alla realizzazione delle soluzioni volute collettivamente, così la popolazione si abitua al fatto di doversi uniformare e coalizzare per avere voce nelle questioni sociali, peggiorando ancora di più la possibilità di partecipare dal basso. Per impedire che possa venire sfruttata la differenza di ideologie basta semplicemente poter esprimere collettivamente le nostre preferenze verso ogni soluzione piuttosto che verso un gruppo di soluzioni orientando le nostre risorse verso l’attuazione delle soluzioni anziché verso i partiti, le ideologie o i “gruppi di soluzioni”. Scegliamo noi ogni singolo ingrediente alla volta, non limitiamoci a dare un consenso vago guardando solo il colore del pentolone e cedendo tutti i nostro averi al cuoco. Questo problema non è mai stato risolto definitivamente, per il semplice motivo che non abbiamo mai avuto a disposizione gli strumenti tecnici necessari per gestire direttamente ogni singola scelta su ampia scala. Oggi questi strumenti ci sono, e sono usati quotidianamente da milioni di singoli e organizzazioni. Abbiamo strumenti che permettono facilmente un’organizzazione dei singoli prima impossibile, possiamo persino diffondere idee e competenze, formare persone e mettere in comune strumenti e risorse… senza doverle “cedere” ad un contenitore di idee come è stato finora… All’inizio c’era il caos e le dittature del più forte sui più deboli, poi ci siamo radunati nelle piazze per decidere più democraticamente, nell’epoca moderna abbiamo avuto lo strumento del voto esprimendo la nostra preferenza verso i partiti… ed ora anche questo sistema sta rivelando i suoi limiti… L’evoluzione della partecipazione collettiva non si fermerà qui, i nuovi strumenti che abbiamo verranno presto utilizzati per risolvere i problemi che i vecchi metodi non sono più in grado di fronteggiare. I sistemi dove le differenze di valori devono frammentare per legge il peso di una soluzione che invece è condivisa, verranno naturalmente abbandonati perché non sono efficienti e non sono in gradi di rispondere alle esigenze della società moderna. Abbandoniamo l’abitudine al “meno peggio” e teniamo in mente i semplici principi che favoriscono una soluzione definitiva, promuovendo ogni piccolo passo intermedio che ci avvicina alla nostra meta. Tutto questo non è il futuro, sta già accadendo e progredisce indipendentemente dal teatrino della politica. Se vogliamo veramente partecipare dobbiamo smettere di dare consensi ai contenitori ideologici ed attivarci da soli a utilizzare insieme le nostre risorse scegliendo direttamente le soluzioni. |
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#217 |
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Soluzione al Capitalismo: 2. Sempre più Sfruttamento
di Marco Canestrari IL CAPITALISMO E’ PROGRESSIVO Il modello imposto è: Tutti vogliamo di più. Più ricchezza, più proprietà, più lusso, più sicurezza, più affermazione sociale, più potere ecc… Il capitalismo è il modello della “rincorsa” sempre più rapida e senza fine. Se io prendo sempre di più, rimarrà sempre di meno per gli altri. E per dirla semplicemente, poi le cose da prendere finiranno. Il giorno dopo, bisognerà essere ancora più scaltri, competitivi, aggressivi, potenti e senza scrupoli fino a che, per qualcuno, nell’ultimo gradino della scala gerarchica di potere, non rimarranno nemmeno le risorse essenziali. Nel corso degli anni, se portiamo avanti questo modello cieco, spingendo sulla massimizzazione del potere in ogni ambito (politico, economico, sociale, nei mass media), si crea un accentramento progressivo e l’esclusione di qualsiasi altro modello possibile. Il mondo, con tutte le sue meravigliose sfumature, viene plasmato secondo le regole di un azienda. IL MONDO STA DIVENTANDO UN AZIENDA L’immagine dell’imprenditore che chiede i favori al politico deve essere ampliata: Oggi esistono dei gruppi finanziari economicamente più potenti di interi stati. Arabia Saudita, Polonia, Finlandia e moltissimi altri paesi potrebbero essere “comprati” da gruppi privati. Questo significa che è il politico a lustrare le scarpe al colosso economico, e le decisioni di un intero paese sono influenzate dalle dinamiche del massimo guadagno di un azienda. Un’azienda privata e i suoi consigli di amministrazione, come sappiamo, non ha come obiettivo primario la libertà dei cittadini, la loro salute, la loro qualità di vita, la loro educazione, la loro serenità, la giustizia o la divisione equa delle risorse. A livello mondiale, per chi non è nella casta dei potenti, queste basi fondamentali della vita vanno via via scomparendo… Il potere economico assottiglia la distanza da quello politico, i servizi pubblici vengono privatizzati e i grandi gruppi economici e le grandi banche mondiali creano delle reti in comune infiltrandosi nei media per aumentare i consensi nei modelli di vita da cui trarre profitto: Per anni conosciamo i lati positivi delle persone ricche, furbe, belle, aggressive e competitive, forti, determinate, e istintive, con il linguaggio ei modi del branco. Nel corso degli anni il mondo cambia gli stili di vita perdendo le sue più alte capacità come l’intelletto individuale, l’altruismo, la sensibilità e i modelli che non portano consensi nel coro vengono allontanati dalla coscienza collettiva. I grandi gruppi economici e politici cercano di incrementare il potere stipulando alleanze, sciogliendosi in altri gruppi, unendosi o dividendosi, indipendentemente dalle necessità reali dei cittadini. Il cittadino è tenuto distante dalla casta di chi detiene il potere e la sua libertà sempre più limitata. Viene imposto un sistema dove la democrazia è fatta dalle masse, che, a differenza del singolo, apprende i modelli di vita dai media. L’unica forma di partecipazione del cittadino è possibile votando dei simboli, e delegando ogni altra decisione ai partiti politici, il tutto all’interno di una griglia sempre più stretta di regolamenti e leggi decisi dall’alto. SEMPRE PIU’ CONTROLLO E SFRUTTAMENTO Abbiamo visto che il capitalismo non si autolimita: Ogni limitazione imposta non avrà mai la forza di arginarlo, alla lunga ogni ostacolo non fa altro che perdere di importanza difronte all’imperativo principale di guadagnare potere. E abbiamo anche visto che Ogni movimento antagonista al modello capitalistico non fa che accrescere la sua forza. Combattere i suoi principi di base è un controsenso in termini, perché tali principi sono presenti anche nelle frange che vogliono abbatterlo. Chi rallenta la sua corsa non fa altro che lasciare spazio a tutti gli altri squali pronti ad attaccare voracemente. Infine tutti i tipi di potere e i media avranno un unico gruppo di controllo. Si è creata una coperta di ricchezza, che accumula potere e denaro prosciugando tutto ciò che è fuori, mettendo in secondo piano la salvaguardia delle limitate risorse ambientali, dei diritti umani, non curandosi della povertà nel mondo, degli sfruttamenti dei deboli o di tutto ciò che è lontano dal proprio recinto. La coperta diventa perciò sempre più corta e copre meno persone che si scanneranno per diventare ricchissimi e gli standard di vita saliranno a modelli di ricchezza e consumo sempre più alti… Se prima l’escluso era solo il povero bambino dell’africa che muore senza acqua, poi lo sarà anche il barbone in città e l’extracomunitario, oggi lo è anche il pensionato pubblico che fruga nel cassonetto o il single divorziato che deve pagare gli alimenti, mangia alla mensa della caritas ma non rinuncia all’ultimo modello di cellulare. Vediamo le ragazzine andare in giro seminude con crisi emotive se non possono uniformarsi ai modelli estetici del momento rifacendosi il seno o la bocca. Questi sono i giovani che fra qualche decina di anni ci governeranno. Molti vivono nella morsa dei debiti, nella paura che una multa imprevista o una bolletta salata possa gettarli sul lastrico. Domani l’escluso sarà chi non è disposto a tutto per vivere in un mondo ad altezze vertiginose e surreali… Poi quando il potere è abbastanza concentrato da poter fare leggi autonomamente, si impedisce ogni forma di movimento che minaccia i potenti (scioperi, manifestazioni, istruzione pubblica, leggi elettorali) fino ad arrivare alla repressione anche militare di ogni attività fuori dalle leggi promulgate dalla casta, in nome della governabilità, della legalità, della produttività, e soprattutto della sicurezza. Si crea cosi una situazione di estremo stress dove tutte le vie di fuga sono precluse. Solo un messaggio ti salverà: Diventa più ricco, diventa come noi, guarda noi potenti come siamo protetti e a nostro agio, noi siamo i furbi. Così tutti ci mettiamo a correre per salvarci a scapito degli altri… In questo processo di accentramento dei poteri l’Italia ha solo anticipato i tempi. Tutte le nazioni alla lunga, anche cambiando governi, sono destinate all’accentramento. Se non c’è un limite e tutto si rivolge verso la massimizzazione dell’individualizzazione, allora il disequilibrio fra i pochi rampanti ricchissimi e i molti sfruttati poverissimi fa sentire le sue crepe generando sofferenza e tensioni sociali. |
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#218 | ||
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Iscritto dal: Jan 2009
Messaggi: 2003
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Questo è un post che avrei dovuto scrivere 10 gg fa (sospensione
![]() ![]() Più leggo e più mi sembra propaganda fine a se stessa. Non ho ancora capito se appoggi per ironia o per partito preso ma, da quel "poco" che ho letto, mi pare che tu stia postando i ragionamenti dell'ennesimo santone che ti vuol far giungere alla sua verità, una verità fatta di ovvietà, di luoghi comuni, di mezze verità.. il tutto cavalcando il malcontento verso il Sistema che oggi ci governa (lungi da me dal difenderlo o giustificarlo). Quote:
Escludendo quindi questo punto (che criticarlo equivale a sparare sulla Croce Rossa) mi domando davvero cosa ci sia di così trascendentale nelle sue elucubrazioni e nella descrizione delle meccaniche che ci governano. Io proprio non capisco. Quote:
Mi ha riproposto delle meccaniche già ben note descrivendomi solo una faccia della medaglia, l'ha colorata con tinte nere ("mai" "potenti" "sofferenza" "controllo") proponendomi scenari catastrofici ed immutabili e poi.. al momento di darmi la "cura" scompare? Così, di botto, senza saper "come posso salvare la mia anima"? ![]() Insomma, il discorso è chiaramente pilotato verso una "rivelazione", ma perché non me la da? Ce l'ha una soluzione o è un discorso fine a se stesso? Senza la descrizione della sua "visione" rimane solo la descrizione di uno scenario apocalittico (più o meno veritiero) e di una alternativa vaga (che, seppur impalpabile è sicuramente migliore dello scenario catastrofico descritto) che non può esser commentata perché non ha un nome. CIAWA
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94/100 alla vincita del tostapane! ![]() Testo l'Acer Aspire 5742G con GPU esterne =>QUI<= ![]() Le domande sul "CIAWA" non saranno considerate. Ultima modifica di Balthasar85 : 07-09-2009 alle 02:36. |
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#219 | |
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Quote:
Ad esempio: http://eccocosavedo.blogspot.com/200...ollettiva.html http://eccocosavedo.blogspot.com/200...ollettiva.html http://eccocosavedo.blogspot.com/200...i-reagire.html http://eccocosavedo.blogspot.com/200...possibile.html http://eccocosavedo.blogspot.com/200...ifferenze.html http://eccocosavedo.blogspot.com/200...deologica.html |
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#220 |
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L’Italia è forse un regime autoritario?
A sentire qualcuno dell’opposizione, la risposta alla domanda di cui nel titolo parrebbe essere positiva. La risposta, da parte mia, è no. Se però mi si chiede se l’Italia sia un regime democratico, la mia risposta è, ancora, no. Cerchiamo di fare un’analisi un po’ più approfondita, pur con tutte le critiche che si possono fare e che spero si faranno: partiamo da una definizione di regime autoritario, ovvero quella più accettata di Juan Linz. Autoritario è un sistema politico con pluralismo politico limitato e non responsabile, senza una elaborata ideologia guida, ma con mentalità caratteristiche, senza mobilitazione politica estesa o intensa, tranne che in alcuni momenti del suo sviluppo, e con un leader o talora un piccolo gruppo che esercita il potere entro limiti formalmente mal definiti ma in realtà abbastanza prevedibili. Va detto che questa definizione è molto generale, che serve ad identificare un genere: al suo interno, infatti, possono esservi forti diversificazioni, pur essendovi il medesimo sfondo. Vediamo in che misura sussistono le cinque dimensioni rilevanti di un regime autoritario applicato all’Italia: mobilitazione: l’Italia di Silvio Berlusconi non si caratterizza per un alto grado di mobilitazione; al di fuori delle manifestazioni costruite ad hoc per omaggiare il capo, come il primo congresso del Popolo della libertà – guarda caso momento di sviluppo-, le masse non sono mobilitate. I diritti civili, politici e sociali sono, almeno formalmente, garantiti, ma l’esercizio effettivo di tali diritti è ostruito da un’informazione visibilmente controllata, e negli ultimi tempi anche dall’intimidazione, mentre le strutture delle opposizioni sono deboli e allo sbando; pluralismo limitato: questa dimensione attiene alla sfera della responsabilità. Laddove il pluralismo è limitato, notiamo l’esistenza di pochi attori veramente rilevanti nell’arena politica, che sistemano le questioni di responsabilità al massimo inter eos. In una liberal-democrazia di massa, la questione della responsabilità è affidata al popolo, mediante elezioni libere, competitive, corrette. Questo non avviene in Italia, basti pensare che una delle cause del declino italiano (Berlusconi, nei suoi quattro fallimentari governi) sia appunto arrivato al quarto mandato. Vuoi anche per l’incapacità dell’opposizione, gli italiani non riescono ad attribuire correttamente le responsabilità, e ciò è dovuto proprio alla mancanza di pluralismo (riducendo ai minimi termini la questione, da un lato abbiamo Berlusconi, dall’altro degli incapaci). mentalità caratteristiche: alzi la mano chi ha capito l’ideologia alla base del berlusconismo. Se qualcuno l’ha capito, ce lo spieghi: il berlusconismo non sembra avere alcuna ideologia (men che meno quella liberale). Ha, al massimo, mentalità caratteristiche, ovvero una serie di valori (o disvalori) che ne guidano l’agire. Piuttosto forte il populismo, oggi non più solo berlusconiano, ma pure tremontiano, brunettiano, sacconiano, ano, ano; leader o piccolo gruppo: credo che spiegare questo punto sia superfluo; limiti formalmente mal definiti: qui c’è la parte più divertente. I limiti all’esercizio del governo, formalmente, ci sono (la Costituzione). Il problema è che vengono regolarmente calpestati. Due esempi: la legge è uguale per tutti? No, ci sono quattro tizi che per legge sono più uguali degli altri; ancora, il potere legislativo è nelle mani del parlamento? Formalmente sì, nella pratica no, visto che questo governo tiene sotto scacco il Parlamento a colpi di voti di fiducia. Quanto alla prevedibilità, beh… notiamo che ogni volta che esce fuori un processo a carico del capo o dei suoi seguaci, puntualmente esce fuori una leggina da hoc che cancella il reato, abbatte la prescrizione, rende immuni, eccetera. Esempio solo per rimanere nel campo della giustizia (vogliamo parlare delle televisioni o delle tasse?). Vale la pena, qui, di sottolineare alcuni aspetti di un regime autoritario rimasto unico nel suo genere: il regime fascista. Esso era caratterizzato dalla presenza di un leader carismatico legato ad un partito con tendenze totalitarie; ha usato, nel corso della sua instaurazione, vari attori sociali, come la Chiesa (che era un po’ cooperante un po’ conflittuale), la monarchia, l’esercito, la grande industria e la classe media. Il regime si caratterizzava per spunti nazionalisti che si traducevano in una politica estera aggressiva; per l’antiliberalismo; per l’antiparlamentarismo; per l’anticomunismo; per l’anticlericalismo; per l’anticapitalismo. Salvo poi sostanzialmente fare nulla se non rafforzare il proprio potere (il corporativismo, in vent’anni, non venne mai alla luce; la Camera dei Fasci e delle Corporazioni nacque solo al tramonto del regime stesso). Non so voi, ma io ritrovo diverse analogie con l’Italia berlusconiana, oltre, ovviamente, a qualche differenza. Dunque, questo basta a definire l’Italia un regime autoritario? Dal mio punto di vista no: l’Italia ha tratti autoritari, ma non è (ancora) un regime autoritario. Chiediamoci, allora, se l’Italia è una democrazia. Una democrazia si caratterizza per quattro elementi fondamentali:
suffragio universale maschile e femminile: è indubbio che questa dimensione sia presente; elezioni libere, competitive, ricorrenti, corrette: le elezioni sono libere (se diamo un’interpretazione estensiva a questo aggettivo) e ricorrenti (anche troppo), ma non sono competitive, né corrette (si guardi il quarto punto); pluralità di partiti: ne abbiamo anche troppi, anche se quelli rilevanti, ovvero oggi in Parlamento, sono molto pochi, almeno relativamente al passato; diverse e alternative fonti d’informazione: qui c’è il problema. Abbiamo un presidente del Consiglio che possiede tre televisioni, che ne controlla altre due ed è sulla strada per prendersi pure la terza (se è vero che si vogliono piazzare Gianni Minoli ed Enrico Mentana su RaiTre). Una settima televisione, la cui indipendenza è già piuttosto sbiadita, si inchinerà al premier, poiché il suo proprietario (alias Telecom Italia), non può certo alienarsi i rapporti con il gruppo di potere (La7, infatti, potrebbe segnalare un bel po’ di fattacci che la danneggiano, ma non lo fa per non essere ulteriormente danneggiata, visto che l’autorità indipendente, visto che ha trovato in Google il monopolista della pubblicità e non in Mediaset e compagni, potrebbe non essere poi così indipendente); l’ottava televisione (SKY) ha avuto tasse raddoppiate, si è vista sottrarre la RAI, la quale è stata poi costretta ad allearsi con il proprio concorrente (Mediaset) per creare una propria piattaforma satellitare (TivuSat) in un gioco in cui Silvio vince e gli italiani perdono. In Italia oltre il 60% degli italiani si informa SOLO con la televisione, con punte di quasi l’80% fra i pensionati e le casalinghe (bacino elettorale del centrodestra, guarda caso). Gli altri diversificano, ma solo un decimo compra regolarmente i giornali. In altre parole, si può dire che per la stragrandissima maggioranza degli italiani la televisione è il principale mezzo di informazione. Ma se la televisione è praticamente tutta in mano a Silvio Berlusconi, vuol dire che questa quarto pilastro della democrazia è veramente debole. A causa della debolezza dei pilastri 2 e 4, l’Italia non appare essere un regime democratico secondo la definizione data (che poi è la definizione minima fornita dalla scienza politica – ce ne sono altre: alcune non cambiano in sostanza il discorso appena fatto, mentre le altre sono definizioni meramente “procedurali”, secondo le quali l’Italia è un regime democratico perché la Costituzione (democratica) e le sue procedure (democratiche) sono formalmente rispettate, ma pure queste definizioni vengono incrinate se pensiamo allo svuotamento dello spirito costituzionale, quanto, nella pratica, a tutte le sentenze della Corte Costituzionale scavalcate – ricordate Europa 7). L’Italia, tuttavia, non è neppure pienamente un regime autoritario. In conclusione di questa veloce riflessione, sono portato a dedurre che l’Italia si trovi in un momento di crisi democratica, più precisamente di crisi nella democrazia, poiché assistiamo al cattivo funzionamento di alcune strutture dello Stato (Parlamento, magistratura), oltre che un progressivo distacco della Piazza dal Palazzo (l’esistenza stessa di Beppe Grillo e dei grillini, e soprattutto la loro crescita, ne è un sintomo, solo per fare un esempio). Notiamo, inoltre, la sostanziale scomparsa del centro politico: l’accordo fra le parti su problemi sostantivi è estremamente raro (addirittura i problemi sostantivi sono lasciati in secondo piano rispetto agli scandali sessuali e altre facezie simili); ancora, in questi giorni stiamo assistendo ad una escalation di violenza verbale (citazioni in giudizio, attacchi all’Europa, attacchi degli house organ contro i direttori dei giornali nemici) e non (ricordate questo?) finora inaudita. Tutti questi sono sintomi di una profonda crisi democratica (e ve ne sarebbero molti altri). Si potrebbe dire che l’Italia si trova in uno stato intermedio fra la democrazia e l’autoritarismo. Se il genus democratico non viene abbandonato, è perché questo non è né necessario né auspicabile: la democrazia resta un valore fondamentale per la stragrande maggioranza degli italiani e soprattutto per la posizione nel campo internazionale (anche se da questo punto di vista gli altri Paesi europei, non addormentati dalle tv del padrone, già sanno che la democrazia è in crisi in Italia, se pensiamo alle dichiarazioni di Martin Schultz e altri – che dicono, in pratica, che Berlusconi può essere un cattivo esempio per altri Paesi del mondo – e al fatto che i nostri vicini non vedono di buon occhio le amicizie strettissime che “vantiamo” con leader certamente non democratici come Vladimir Putin e Muammar Gheddafi, a cominciare dagli USA), e per questo è necessario mantenere l’apparenza (senza contare che, non svenite dalla sorpresa, anche all’interno del PdL c’è gente che è davvero innamorata della democrazia). La teoria ha elaborato una definizione di un tipo di autoritarismo (o meglio, un regime di transizione fra autoritarismo e democrazia) che ben si adegua, a mio avviso, all’Italia dei giorni nostri. È quella della democrazia elettorale, che Cotta, Della Porta e Verzichelli definiscono come segue: Se [...] il procedimento elettorale è corretto, ma i diritti civili non sono ben garantiti, se in particolare, la stessa informazione è condizionata da situazioni di monopolio con la conseguenza di escludere parti della popolazione dall’uso effettivo dei propri diritti, se eventualmente non vi è un’effettiva opposizione partitica e in realtà un solo partito [ndTooby: vogliamo dire "coalizione"?] domina la scena elettorale e, più in generale, quella politica, allora si potrà parlare di democrazia elettorale. Sembra un calzino messo sopra lo stivale. http://blog.tooby.name/politica/lita...?wscr=1024x768 |
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