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Alitalia e Malpensa
Riporto qui un interessante intervista a Fausto Cereti, ex presidente AZ.
Tratta da Aviazione civile Fausto Cereti non è in pensione: ora è presidente dell’Assaereo, l’associazione aderente alla Confindustria che raggruppa e rappresenta le compagnie aeree operanti in Italia. Laureato in Ingegneria aeronautica, cominciò l’attività professionale nel 1954 nella Fiat Avio. Nel 1969 passò nel settore pubblico, all’Aeritalia del Gruppo Iri in qualità di direttore generale e, successivamente, di amministratore delegato; nel 1990, in seguito alla fusione tra l’Aeritalia e la Selenia e alla nascita dell’Alenia, assunse la presidenza di quest’ultima, fino ad essere nominato, nel 1996, presidente dell’Alitalia, carica tenuta fino al 2003, ossia fino a quando la compagnia aerea è stata sconvolta dagli avvenimenti che hanno imposto la sua capitolazione come «compagnia di bandiera italiana» e la sua vendita all’Air France. In questa intervista l’ing. Cereti illustra le principali cause che, non essendo state prontamente affrontate e rimosse dai responsabili politici, hanno ridotto in gravi difficoltà l’azienda, nonché gli errori compiuti dagli stessi che ne hanno accelerato la fine e portato alla triste conclusione. Domanda. Erano proprio necessarie la privatizzazione e la vendita dell’Alitalia? Risposta. Le privatizzazioni non andrebbero mai annunciate prima; e quando si annunciano, vanno subito realizzate altrimenti si mobilitano tante forze negative. Quella dell’Alitalia non era un’opzione ma una necessità, e il fatto di non averla compiuta nel momento opportuno le ha fatto perdere l’accordo con la KLM, che è uscita da esso accampando pretesti, anche se poi questi si sono rivelati infondati tanto che essa ha dovuto pagare all’Alitalia una penale di 250 milioni di dollari. D. Per quale motivo è uscita? R. Per tre ragioni. La prima, difficile da valutare, consiste nel fatto che in Olanda il potere nelle aziende si conserva imbrigliando i giovani nei consigli di amministrazione attraverso la cooptazione. Il top management della KLM temeva che i giovani manager approfittassero del caos esistente nel nostro sistema per fare carriera; nelle loro aziende si avanzava solo per la fedeltà al capo. Da una ricerca che avevamo commissionato a psicologi ed esperti di formazione era emerso che gli italiani avevano più potenziale, ma gli olandesi erano più formati e più produttivi nell’affrontare il mercato, per cui i loro «quadri» avevano capito che dalla fusione poteva nascere un potere, e questo ha spaventato l’establishment olandese. D. Il secondo motivo? R. Gli olandesi avevano capito che, se rompevano l’alleanza con noi e ne uscivano senza colpe o addirittura per colpa nostra, avrebbero portato via all’Alitalia, come è stato, almeno un terzo, se non la metà dei nostri passeggeri a lungo raggio, perché avevano la possibilità di seguirli in modo più efficace. Ricordo che, recandomi in Australia con un aereo della KLM, la capo-cabina olandese mi disse: «Peccato questa rottura, ci stavamo abituando ai vostri passeggeri così gentili, ed educati, non come i nostri». La KLM, infatti, ha una forte capacità commerciale ma un mercato a clientela di secondo livello; gestisce i passeggeri come fossero di seconda classe, il che ora avviene per l’Air France che ha comprato il pacchetto azionario della compagnia olandese in cambio di denari o di azioni Air France. Il Governo olandese ha il 7-8 per cento, quello francese il 18 per cento, per cui chi comanda è quest’ultimo, che però si è impegnato a rispettare per 40 anni la quota di mercato della KLM. D. Il terzo motivo della rottura? R. Il loro amministratore delegato, persona molto in gamba, riteneva che la British Airways fosse disposta a compiere una fusione nella quale la KLM avrebbe avuto più potere che con l’Alitalia, e che l’operazione sarebbe stata più facile. Giudicava la compagnia italiana un partner non affidabile anche a causa della cattiva gestione dell’hub di Malpensa, dovuta alla pretesa dell’Amministrazione comunale di Milano di avere passeggeri sia in questo aeroporto sia in quello di Linate, per vendere meglio le azioni della società di gestione, la Sea, di proprietà del Comune. Quando Malpensa fu aperto e l’Alitalia decise un aumento di capitale, la banca inglese consulente finanziaria del Comune mi chiese se garantivamo i voli a Malpensa; risposi di sì, a condizione che l’aeroporto di Linate venisse chiuso o il suo traffico molto ridotto; la banca precisò di aver fatto presente al sindaco che, con Linate in funzione, Malpensa non aveva futuro e pertanto la SEA valeva meno. Ma il sindaco, proprietario di una fabbrica meccanica di 200 operai, aveva la mentalità del piccolo imprenditore e non lo capiva: riteneva che avere due fabbriche fosse meglio che averne una. D. Quale il motivo più fondato? R. I primi due avvelenarono a poco a poco l’ambiente, il terzo fu determinante tanto che abbiamo ottenuto il pagamento della penale perché, durante l’arbitrato instauratosi per risolvere la controversia e nel quale ci scambiavamo le accuse, l’autista dell’amministratore delegato della KLM confessò di aver accompagnato quest’ultimo a un aereo in partenza per Londra da un aeroporto secondario, proprio il giorno in cui egli decise la rottura dell’accordo. Messo alle strette, il rappresentante olandese dovette ammettere la circostanza, anche perché in Olanda dire una bugia è un fatto grave. D. Che cosa avrebbe dovuto fare il Governo italiano per non perdere quell’occasione? R. Per prima cosa avrebbe dovuto evitare le tre crisi governative registratesi durante quella legislatura, in ognuna delle quali si inserì la richiesta di chiudere Malpensa. Poi capo del Governo divenne Romano Prodi che aveva l’idea di privatizzare l’Alitalia; anzi tale idea era partita proprio quando egli era presidente dell’Iri e in tale veste aveva favorito un accordo con gli inglesi che nell’Alitalia provocò vari scioperi. Quando diventò presidente della Confindustria inglese, l’amministratore delegato della British Airways mi confermò l’esistenza di un accordo su una fusione alla pari e sull’affidamento all’Alitalia dei collegamenti tra l’Europa e Londra. Quell’accordo diede origine ad «Aquila selvaggia», cioè alle proteste dei piloti che bloccavano gli aerei sulla pista avendo saputo dai loro colleghi inglesi che sarebbero stati destinati a volare da Roma a Londra anziché da Roma a New York. La rivolta causò le dimissioni del presidente Renato Riverso e dell’amministratore delegato Roberto Schisano, ai quali subentrammo rispettivamente io e Domenico Cempella. D. Che cosa prevedeva in particolare quell’accordo? R. Quando assunsi la presidenza dell’Alitalia, non ne conobbi il contenuto, ma l’accordo esisteva. La necessità di un’alleanza internazionale era evidente, già si sapeva che nel mondo si sarebbero formate al massimo 4 alleanze, che poi divennero 3 perché si verificarono fallimenti di aziende americane che ridussero a tre le possibilità di alleanze. Allora cercammo un’alleanza che ci consentisse di mantenere i voli a lungo raggio, sui quali avevamo il consenso dei piloti dell’Anpac sia per il loro orgoglio professionale sia perché guadagnavano di più e faticavano di meno. L’accordo con la KLM ci avrebbe permesso tutto questo, ma era necessaria la privatizzazione della compagnia. D. Che cosa avvenne dopo? R. Con Cempella definii subito le competenze: io mi sarei occupato solo di alleanze internazionali e della parte più tecnica della scelta degli aerei, tanto che feci acquistare l’Embraer e il Boeing 777, la macchina più bella che l’Alitalia ha oggi. Eravamo citati in tutto il «mondo Iri» perché andavamo d’accordo. Per eventuali alleanze esplorammo tutte le direzioni. Gli inglesi chiarirono subito che avevano bisogno di compagnie non alleate ma sussidiarie. Io avrei preferito la Lufthansa perché avendo realizzato con i tedeschi il G-91, il Tornado e alcuni programmi spaziali, avevamo con loro una grande affinità. Ma la Lufthansa rispose che avremmo dovuto riparlarne dopo alcuni anni perché, avendo loro stretto un’alleanza con la Sas e intendendola allargare all’Austrian e alla Spainair, un accordo con l’Alitalia avrebbe avuto il veto dell’Antitrust. D. E dopo la British Airways? R. I primi disponibili a stringere un’alleanza furono gli svizzeri, con i quali sviluppammo otimi rapporti a livello dell’amministratore delegato. Anche con i francesi concordammo un buon programma, arrivammo a firmare un memorandum con l’amministratore delegato dell’Air France Christian Blanc il quale, sostituito poi per ragioni politiche da Jean-Cyril Spinetta, ci invitò a sottoporlo a quest’ultimo. Ma io e Cempella ritenemmo che non era corretto costringerlo a diventare nostro alleato a sua insaputa. Dopo le elezioni francesi diventò ministro dei Trasporti un comunista che bloccò le privatizzazioni; e Spinetta ci disse che non era il momento di fare qualsiasi accordo. D. Allora svizzeri o francesi? R. Nel frattempo raggiungemmo un accordo con gli svizzeri ma il Consiglio di amministrazione della Swiss Air non l’approvò perché aveva stretto alleanze e comprato società ovunque, contando sull’adesione della Svizzera al mercato aeronautico; questo però non avvenne, per cui cominciarono a fallire la compagnia belga Sabena e altre compagnie che la Swiss aveva acquisito. D. Come si giunse alla KLM? R. Intanto noi avevamo maturato un buon rapporto con la KLM puntando a un’alleanza che ci avrebbe fatto diventare la quarta compagnia con la possibilità di sviluppare un’alleanza con la terza, che all’epoca era l’Air France. Parlammo con Spinetta, un uomo molto in gamba, ma nel frattempo il rapporto si interruppe perché gli olandesi ci rimproveravano il mancato decollo di Malpensa, la scarsità dei collegamenti e l’assenza della privatizzazione, che c’eravamo impegnati a varare entro una certa data. Allora l’Iri inviò al Governo il piano di privatizzazione che doveva essere approvato dal Parlamento, ma Rifondazione Comunista si oppose minacciando di far cadere il Governo. Se Prodi fosse caduto sulla privatizzazione dell’Alitalia, sarebbe diventato un eroe liberal-democratico. D. Che cosa avvenne dopo nei rapporti con la KLM? Come si giunse alla rottura definitiva? R. Poi ci furono dei contatti tra il Governo olandese e l’allora direttore generale del Ministero dell’Economia italiano Mario Draghi, attualmente governatore della Banca d’Italia; noi avevamo posto alcuni punti fermi con la KLM, ma il Governo olandese ottenne dal nostro rappresentante che la nuova compagnia fosse di nazionalità olandese invece che italiana, per cui sarebbe diventata capo-commessa e tutti i consiglieri di amministrazione sarebbero stati cooptati dagli olandesi. A questa richiesta noi ci eravamo sempre opposti, e invece fu accettata probabilmente perché il team italiano non conosceva il problema, non parlava con noi, non ci dava ascolto. La KLM e il Governo olandese lavoravano, invece, in sintonia, per cui ottennero due set di condizioni, ma noi rifiutammo l’accordo anche se era stato accettato dal nostro Governo. Draghi andò a parlare personalmente con gli olandesi, ma ormai la situazione si era deteriorata ed eravamo alla rottura, anche per il maldestro tentativo di Cempella di far nominare nella struttura alcuni suoi fedeli, azioni che non possono farsi in campo internazionale. Per cui ci fu attribuita la colpa di aver voluto troppo. D. Quindi la scelta odierna dell’Air France è quasi naturale? R. Già quando decidemmo di trattare con la KLM, in realtà vi era chi propendeva per l’Air France, e oggi confermo che è rimasta l’unica scelta. Per farne una diversa bisognerebbe far uscire l’Alitalia dalla Sky Team di cui è membro. Noi riuscimmo ad ottenere 250 milioni di dollari dalla KLM perché essa aveva rotto l’alleanza in atto da poco più di un anno; oggi, se non è prevista una cifra fissa, una compagnia che recede da un accordo deve indennizzare l’ex partner di qualsiasi danno, ossia non deve fargli diminuire il traffico, pertanto il costo della decisione è incalcolabile. Se, per esempio, l’Alitalia si ritirasse e l’Air France dimostrasse che 100 mila passeggeri si recavano a Parigi con i suoi piani di volo, l’Alitalia dovrebbe inviarle altrettanti passeggeri. Oltre all’Air France, dello Sky Team fanno parte la Delta, la Continental, la Korean Air, l’Aeroflot, la CSA. Ora sta per aderire anche una compagnia cinese. Tutte queste compagnie sarebbero piombate sull’Alitalia e, per ottenere gli indennizzi, le avrebbero pignorato gli aerei. D. Perché non è stata venduta a imprenditori italiani? R. Perché, quando hanno visto i conti, tutte le cordate italiane si sono ritirate. Non c’era altro da fare, a parte quello che è riuscito a fare il precedente amministratore delegato Giancarlo Cimoli, che non si capisce però perché, in quella critica situazione, sia stato nominato. E vi è rimasto a lungo perché, visto che il Consiglio di amministrazione aveva sempre dichiarato che egli aveva raggiunto gli obiettivi fissati, nessuno in realtà aveva il coraggio di azionare la clausola prevista per mandarlo via. È stato un fallimento annunciato; però alla base, a mio parere, vi sono due fatti. Una società non può essere gestita da un management a responsabilità limitata mentre i sindacati del personale, se si rivolgono al Governo, ottengono la cassa integrazione all’80 per cento dello stipendio reale, quindi 40 mila euro su 50 mila, quando a un metalmeccanico si erogano al massimo 800 euro. Questo va contro gli interessi dell’azienda. D. Che fece lei da presidente? R. Lo feci presente a un rappresentante del Governo che mi rispose: «Mica vorrà far fallire l’Alitalia prima delle elezioni? Lasciamo il problema a quelli che verranno dopo». Così l’Alitalia è stata caricata come una bomba ad orologeria, c’era solo da vedere in mano a chi sarebbe scoppiata. Qualche settimana fa, quando i concorrenti erano rimasti in due, pensavo: se prevale l’idea di risolvere il problema, la venderanno all’Air France; se invece Prodi pensa che il suo Governo sia alla fine e desidera fare un regalo al suo successore, la vende all’Air One perché, dopo uno o due anni, la situazione sarebbe stata di nuovo come prima. Non sarebbe stata una soluzione definitiva, sarebbe trascorso un altro anno di sofferenza. D. Quando è cominciata la fase terminale della compagnia? R. Quando vollero mettere l’azienda in mano a persone legate ai partiti politici: decisero di nominare come presidente un rappresentante della Lega per difendere Malpensa, e come amministratore delegato un mio collaboratore legato ad Alleanza Nazionale, persona simpatica e bravissima ma forse troppo debole per svolgere quel compito. Per cui pensarono di mettergli accanto due vicedirettori generali, ma io osservai: se l’amministratore delegato è vostro, un direttore generale sarà dell’Udc e l’altro di Forza Italia; costoro faranno di tutto per esautorarlo; il tal modo non gli state dando un aiuto, ma la corda per impiccarlo. D. Quale sarà il futuro? R. Si sta verificando quello che ho previsto qualche anno fa. Se il Governo non avesse fatto nulla, entro due anni non sarebbe rimasto più alcun vettore italiano; se il Governo avesse desiderato una valida compagnia aerea nazionale, doveva chiamarle tutte e fermare l’Antitrust che impedisce di fare qualsiasi cosa, e che ha bocciato tutti gli accordi, con la Meridiana, con Volare ecc., per garantire la concorrenza. Il risultato è che oggi la concorrenza nel mercato italiano la fanno l’Easy Jet e la Ryan Air, e la faranno sempre più loro. Se l’Alitalia avesse mandato via allora tutte queste compagnie, avrebbe ancora la capacità manageriale per creare un unico vettore. Ma se si desidera questo, occorre una forte leadership; se si preferisce la libertà assoluta di mercato, le compagnie italiane spariranno e saremo serviti dall’Air France e dalla Lufthansa. D. Quale sarà la conclusione? R. Se si decide di vendere l’Alitalia, a un vettore straniero, ad esempio l’Air France, il Governo italiano - e non la compagnia che non è sufficientemente rappresentativa -, deve trattare con il Governo francese e consentire l’operazione ma ad una condizione, la garanzia di mantenere in Italia uno o due hub. Su questo punto però rischia di spaccarsi la stessa coalizione governativa, per cui è difficile che nelle trattative si parli di Fiumicino e di Malpensa. Se il Governo non sarà capace di fare questo, sarà accusato di non aver preso nessuna decisione; si dirà solo che è stato abile a lasciare la patata bollente al successore. D. Quali conseguenze per l’immagine del Paese provoca la vendita dell’Alitalia? R. A mio parere, l’Alitalia costituisce un caso peggiore di quello dell’immondizia di Napoli. Questa infatti è un fenomeno quasi naturale e comunque determinato dal comportamento di funzionari di basso livello; l’Alitalia è stata sempre gestita dai presidenti del Consiglio e dai ministri dell’Economia e della Finanza; a costoro non è mai venuto in mente di chiedere cosa c’era da fare. Inoltre in tutto questo ci si mette anche il presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni, il quale non ha capito che ormai gli hub sono in fase di scomparsa, che rimarranno i super hub, e che purtroppo in Italia arriviamo sempre tardi. D. Qual è il suo giudizio sull’Air France? R. È una compagnia molto capace, e che serve già il mercato italiano. Aveva subito compreso che l’hub di Malpensa non avrebbe funzionato, e dinanzi alla possibilità che i passeggeri da Bologna, Firenze, Genova, Torino, Venezia, invece che a Malpensa preferissero andare negli hub di Francoforte, Amsterdam o Londra per imbarcarsi su un volo intercontinentale diretto verso gli Usa o altre destinazioni, ha cercato di recuperarne quanti più possibile e indirizzarli a Parigi. Dobbiamo tener presente che, quando era nostra alleata, la KLM si era accaparrata gran parte di quei passeggeri; insieme ad essa, infatti, avevamo realizzato una rete ben vista dai nostri passeggeri, perché grazie ad essa potevano recarsi facilmente ad Amsterdam e da quell’hub in tutto il mondo. D. Quindi Malpensa è nato male? R. Ricordo che, quando parlavo di esso e dei servizi che doveva svolgere, l’allora sindaco di Venezia Paolo Costa mi disse: «Mica penserà che un veneziano possa andare a Malpensa a prendere l’aereo intercontinentale? Significherebbe per lui riconoscere che Milano è più importante di Venezia. Pertanto o istituite anche voli intercontinentali a Venezia o i veneziani andranno a Parigi o a Londra». Era un’osservazione giusta anche perché, dovendo affrontare un volo per gli Stati Uniti di circa 10 ore spezzandolo in due tratte, era preferibile dividere i tempi in due e in 8 ore, anziché in 20 minuti e in poco meno di 10 ore. Il nostro dramma è non aver capito che le compagnie aeree, più che seguire la politica, devono soprattutto accontentare i passeggeri. In Italia invece si acccontentano tutti, sindacati, fornitori, partiti, Governo; il passeggero invece non conta niente, nessuno l’ha mai preso in considerazione
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"E maggior fortuna sarebbe, se in Italia ci fossero più toscani e meno italiani." C.Malaparte |
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ci aggiungo le parole del sindaco di Milano Letizia Moratti:
Su Malpensa non cediamo la compagnia può anche fallire MILANO - Il sindaco di Milano, Letizia Moratti, nella sua veste di primo azionista della Sea - la società aeroportuale che gestisce Linate e Malpensa - si ritrova improvvisamente fra le mani una sorta di potere di veto sulla vendita di Alitalia a Air France, e quindi sulla sopravvivenza o il fallimento della nostra compagnia di bandiera dalle casse vuote. Nei confronti della quale Sea ha intentato una causa di risarcimento per gli accordi disattesi sullo scalo di Malpensa, chiedendo un indennizzo astronomico: 1,25 miliardi di euro, circa dieci volte la somma che Air France è disposta a pagare Alitalia. Entro la fine del mese Parigi chiede al governo italiano di sottoscrivere una manleva, facendosi carico della penale nell'eventualità che la magistratura dia ragione alla Sea. A meno che... Sindaco Moratti, la vostra causa ha un esito incerto e potrebbe sortire effetti rovinosi. E' pensabile una rinuncia, nell'interesse del Paese? "L'azione risarcitoria è stata a lungo meditata e si basa su argomenti solidi. Alitalia ha disatteso l'impegno assunto: fare di Malpensa il suo hub. Una rinuncia da parte nostra è impensabile". Dal governo le è giunta una richiesta in tal senso? "Fra ieri e oggi il presidente Prodi mi ha chiamata due volte. Gli ho chiarito che Sea non può rinunciare a una contropartita economica per i gravi danni subiti da Alitalia". Si rende conto che lei può far saltare l'accordo con Air France? "Se c'è la volontà delle parti, io sono pronta ad avviare una trattativa finalizzata a una transazione, purché ci sia garantito il giusto indennizzo". Ma sembra impossibile concludere una simile trattativa entro il 31 marzo, lei si sta assumendo una grave responsabilità... "Intanto Air France ha avanzato pretese tali da farmi dubitare che voglia concludere davvero l'acquisto di Alitalia. La compagnia italiana dispone di volumi di traffico e di cespiti derivanti dalla proprietà dei terreni di Fiumicino che già di per sé valgono molto più dei 138 milioni offerti. A simili condizioni Alitalia potrebbe interessare altri compratori". Se ce ne fosse il tempo: le casse Alitalia sono vuote e l'alternativa più probabile sarebbe il fallimento. "Io credo nel libero mercato. La sorte del fallimento è già toccata a Swissair e alla Delta, ma gli aerei non hanno smesso di volare. Non mi permetto di dire quali siano i compiti di un governo titolato solo all'ordinaria amministrazione, ma se Air France pretende di mantenere una clausola monopolistica sui diritti di traffico Alitalia, e per di più impone la dismissione delle attività cargo in larga misura concentrate a Malpensa, bisognerà pure tutelare una politica italiana dei trasporti". Sbaglio ricordandole che la sorte di Alitalia è nelle sue mani? "Sì, sbaglia, io chiedo solo al governo di negoziare condizioni più accettabili". Prodi le avrà detto che se Alitalia fallisse in seguito alla mancata remissione della vostra causa, potrebbe a sua volta rivalersi finanziariamente su Sea. "Questo si chiama terrorismo. Respingo questa ipotesi come del tutto priva di fondamento. Se vuole vada a chiederlo ai nostri legali e ai professori universitari che hanno convalidato le legittime richieste di Sea. Una società florida, che in un anno ha raddoppiato gli utili portandoli da 25 a 50 milioni di euro. Con ciò dimostrando che il presidente Giuseppe Bonomi non è un lottizzato, bensì un manager capace. E ora dovrei sopportare che Sea venga messa in ginocchio dalle inadempienze altrui?". Posso scrivere che Letizia Moratti preferisce il fallimento di Alitalia alla remissione della causa? "Prima di arrivare al fallimento è sempre doveroso cercare un'altra soluzione, sebbene, lo ripeto, neppure il fallimento significhi di per sé una catastrofe. Alitalia si è resa responsabile di scelte sbagliate. In seguito agli accordi con i sindacati romani ha speso 200 milioni all'anno solo per le trasferte a Malpensa del personale residente nella capitale". Lo ha fatto quando a presiederla era proprio il suo Giuseppe Bonomi. Intanto le perdite si ingigantivano e nessuna forza politica, né di destra né di sinistra, ha rinunciato a ripianarle pur di evitare il fallimento. "Posso comprendere che i governi si siano prodigati per evitare il fallimento di Alitalia, ma questo non è affar mio. Io sono responsabile delle scelte positive di Sea, che tra l'altro fanno di Malpensa l'aeroporto più puntuale d'Europa. Mi spiace, ma non mi sento compartecipe delle scelte di Alitalia". Eppure lo sa che gli altri aeroporti del Nord incrementano il traffico ben più di Malpensa, e anche i milanesi preferiscono partire da Linate. La telenovela Malpensa non smaschera il falso mito della nazione padana? "Al contrario, vedo semmai prevalere una nozione romanocentrica e corporativa del trasporto aereo. Il contrario del libero mercato in cui credo. Vogliamo far perdere una società che guadagna, la Sea, e mandare in cassa integrazione 17-18 mila lavoratori del Nord? Se queste sono le premesse, capisce bene quanto sia ingiusto rivolgerci l'accusa di assistenzialismo". Vi si accusa di assistenzialismo perché l'Alitalia dalle casse vuote non potrà mai rimborsarvi 1,25 miliardi di euro. Tocca pagare di nuovo al contribuente? "Sediamoci attorno a un tavolo, noi di Sea con Alitalia e Air France. Studiamo una revisione del prezzo - Air France paghi di più - e un'ipotesi di transazione che tenga conto degli investimenti da noi pianificati, un miliardo di euro, cento dei quali già spesi solo quest'anno". In pratica è come se lei insistesse con la richiesta di moratoria, pur sapendo che Alitalia non può ripristinare i voli Malpensa già disdetti dal 1 aprile. "Lo so anch'io che la moratoria non è più possibile. Per questo le ripeto che la nostra causa potrà essere ritirata solo a seguito di una transazione da concordare, tale da consentirci di attivare con compagnie aeree diverse da Alitalia quelle tratte, soprattutto con l'Oriente, di cui l'economia del Nord ha vitale necessità. Al governo Prodi chiedo di esercitare un'adeguata pressione su Air France, come del resto in una situazione simile già fece con successo il governo olandese per Klm". C'è un divario abissale fra 1,25 miliardi chiesti da Sea e i 138 milioni offerti da Air France. Mica pretenderà che Parigi si faccia carico della vostra controversia con Alitalia: l'indennizzo graverebbe sulle casse dello Stato. "Non per questo la svendita di Alitalia diviene un'alternativa accettabile. La nostra causa è un atto dovuto. Ci serve un margine di tempo adeguato, e un sostegno, per rimetterci a operare in condizioni di libero mercato. Non è pensabile che Alitalia ignori tali legittime esigenze. Quanto al governo, ci ha riuniti l'ultima volta intorno al 'tavolo Milanò l'ormai lontano 21 settembre. La promessa fu di consultarci a ogni passo successivo, ma non si sono più visti. Ora rischiamo di dover subire una nuova Alitalia di proprietà straniera che conserva però privilegi monopolistici e protezionisti. Altro che liberalizzazione. Soffriamo l'assenza di una politica dei trasporti che tuteli l'interesse dell'economia nazionale". ________________________________________________________________________________________ Come vedete per difendere gli interessi di una parte della popolazione si mette in culo a 60 milioni d'italiani!!!!!
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"E maggior fortuna sarebbe, se in Italia ci fossero più toscani e meno italiani." C.Malaparte Ultima modifica di kaysersoze : 19-03-2008 alle 10:39. |
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E' piu di 40 anni che in Italia per curare gli interessi di pochi chi la paga siamo noi italiani....
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"Il governo sull'uomo da parte dell'uomo è la schiavitù", - (Pierre-Joseph Proudhon) |
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![]() glielo spiegate voi alla Moratti che i voli Swiss coprono solo alcune tratte europee e il resto parte tutto da Francoforte o Monaco poiché la Swiss l'ha comprata Lufthansa? e che nessuna compagnia riuscirebbe mai a tenere in piedi due hub in Italia, e che prima di lasciare il traffico turistico di Roma (Fiumicino da sola nel 2007 ha fatto tanti passeggeri quanto Malpensa e Linate insieme: Fiumicino 32.945.223, Ciampino 5.401.475, Malpensa 23.885.391, Linate 9.926.530) in mano alle compagnie estere e alle low-cost qualunque compagnia si farebbe impiccare?
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Quel vizio che ti ucciderà non sarà fumare o bere, ma il qualcosa che ti porti dentro, cioè vivere - Twitter
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Premessa: Il motivo principale per cui siamo finiti in questo ginepraio e' (ci credereste Detto cio', ormai il passato e' passato... il problema e' che NESSUNO, destra e sinistra, Moratti e Calderoli, Bianchi e Di Pietro quando si parla di Malpensa ha il coraggio di dire che quell'aereoporto NON PUO' FUNZIONARE FINCHE' C'E' LINATE... ma come si puo' pensare che un aereoporto internazionale possa funzionare quando i voli nazionali e internazionali short range ARRIVANO DA UN'ALTRA PARTE??? Ma avete mai provato ad andare da Linate a Malpensa? potrebbero benissimo essere in due stati diversi... ma NESSUNO NE PARLA. Malpensa puo' funzionare solo se si chiude Linate, stop... ma finche' non ci sono i collegamenti nessuno avra' mai il coraggio di farlo. Quindi il problema di alitalia-malpensa e' un puro problema di sussidio... secondo me l'unica soluzione e' sbolognare l'Alitalia ad air france con qualche rimpianto sul danno fatto per il ritardo (e padoa schioppa dovrebbe essere processato per responsabilita') e per una volta buttare qualche soldo di sussidio anche per la Lombardia per tenere in piedi Malpensa finche' non saranno completate le infrastrutture di collegamento. Purtroppo le elezioni non aiutano... vedo demagogia da ogni parte (anche da destra) e poche proposte serie. |
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Iscritto dal: Feb 2007
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Io sto aspettando i commento dei berluscaboys....... [IMG]http://www.***************************/smiles/berlusca.gif[/IMG]
In mancanza di loro voglio sentire il parere di qualche padano!!!! ![]() EDIT: Eccolo.... ora passo alla risposta----
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Mi scuso, ma dire che la situazione contingente è solo frutto delle azioni seguite a questa ultima ricapitalizzazione l'ho dovuto definire miope
E auguri per la festa del Papà! LuVi
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Be' dai, visto lo standard "miope" non e' poi male... Comunque cerca anche tu di capirmi, io a quel miliardino c'ero affezionato in quanto *ahem* diciamo che misi del mio per trovarlo... |
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#11 | |
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Senior Member
Iscritto dal: Mar 2001
Città: PV Milano Nord
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non ha senso imho chiudere malpensa....al contrario, come detto poco sopra, chiuderei per cominciare linate...che è assolutamente inutile....e ci metterei dentro anche orio al serio...che dei quasi 6 milioni di passeggeri....6 sono di voli lowcost...e con i 10milioni di linate...si porterebbe malpensa ad un traffico di 37milioni di persone, assolutamente ingestibile da fiumicino!
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"W la foca, che dio la benedoca"
poteva risolvere tutto la sinistra negli anni in cui ha governato e non l'ha fatto. O sono incapaci o sta bene anche a "loro" cosi. L'una o l'altra inutile scandalizzarsi.[plutus] |
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#12 |
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Senior Member
Iscritto dal: Mar 2001
Città: PV Milano Nord
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e aggiungo che bisogna anche calcolare il trasposto MERCI e non solo passeggeri...
malpensa è sull 470000 tonnellate...contro le 130000 di fiumicino... (e le 133000 di orio al serio) per cui chiudere malpensa non mi pare fattibile
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#13 |
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Senior Member
Iscritto dal: Jun 2005
Messaggi: 367
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la moratti è incommentabile
mi fa veramente schifo il fatto che per salvaguardare gli interessi di alcuni lombardi sono disposti, anche la lega, a far fallire Alitalia spero davvero che alla fine la moratti&company non la facciano fallire, sarebbe imperdonabile |
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#14 | |
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Senior Member
Iscritto dal: Aug 2001
Città: Pieve a Nievole (PT), Granducato di Toscana
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Quel vizio che ti ucciderà non sarà fumare o bere, ma il qualcosa che ti porti dentro, cioè vivere - Twitter
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#15 | |
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Senior Member
Iscritto dal: Mar 2001
Città: PV Milano Nord
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ma davvero c'è qualcuno che è convinto di voler concludere così al volo la vendita di alitalia? entro il 31 marzo con un governo fantasma? siamo seri please
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#16 | |||
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Iscritto dal: Feb 2007
Città: Toscana
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Ma hia letto l'intervista a Cereti???? Quote:
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A me sembra che l'errore principale sia stato quello di voler fare un secondo HUB (malpensa), il secondo è sttao quello di non chiudere Linate una volta avviato Malpensa, e siu questa questione il governo Prodi c'entra quanto il cavolo a Merenda, piuttosto i resonsabili di questa situazione sono da ritenersi La regione lombardia, il comune di milano e alcuni personaggi della lega nord!!!!
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"E maggior fortuna sarebbe, se in Italia ci fossero più toscani e meno italiani." C.Malaparte |
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#17 | |
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Senior Member
Iscritto dal: Aug 2001
Città: Pieve a Nievole (PT), Granducato di Toscana
Messaggi: 7762
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aggiunto una cosa che prima avevo trascurato (sorry)... i numeri che ho riportato dimostrano proprio che senza LIN tra i piedi MXP avrebbe all'incirca gli stessi passeggeri di FCO
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Quel vizio che ti ucciderà non sarà fumare o bere, ma il qualcosa che ti porti dentro, cioè vivere - Twitter
Ultima modifica di bluelake : 19-03-2008 alle 13:29. |
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#18 | |
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Iscritto dal: Feb 2008
Città: Milano
Messaggi: 108
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Ho ben specificato che la colpa di prodi e' stata di sprecare nei ritardi di cui ho detto, un miliardo di euro di aumento di capitale che si trovarono miracolosamente, anche grazie al lavoro del tanto vituperato Cimoli, che magari come manager non ci capiva niente ma come "trovatore di dindini" il suo lavoro l'aveva fatto (e parlo per conoscenza diretta dei fatti). Riguardo a Malpensa - Linate mi pare evidente che i responsabili sono quelli che dici tu... hanno provato a fare la furbata cercando di avere come dice l'intervista due areoporti is megl che uan tanto paga alitalia... |
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#19 | |
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Member
Iscritto dal: Feb 2007
Città: Toscana
Messaggi: 146
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te lo dice uno che ha votato RC e che ha mal digerisce Prodi, ma in questo caso le colpe di Prodi mi sembrano limitate rispetto ad altri politici....... Caxxoo sto rincoglienedo, critico quelli che ho votato fino a poco tempo fa e faccio l'avvocato difensore di prodi che non mi è mai piaciuto, se mi vedete difendere berlusconi chiamate la neuro, forse possono sempre salvarmi!!!! Inifne ribadisco il problema è avere due HUB quando non li puoi mantenere, quindi il problema è a monte e le responsabilità vanno cercate tra chi ha voluto e chi ha acconsentito a fare un secondo HUB!!! Chi mi aiuta a scoprirlo?!?!??! P.S. T'ho chiamato in causa per testimoniare sui fatti di cui si discute QUI in qualità di persona che frequenta certi brutti ambienti!!!!
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"E maggior fortuna sarebbe, se in Italia ci fossero più toscani e meno italiani." C.Malaparte Ultima modifica di kaysersoze : 19-03-2008 alle 13:27. |
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#20 | |
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Senior Member
Iscritto dal: Nov 2003
Città: Basso varesotto
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Chi è stato?? e quando??
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e che nessuna compagnia riuscirebbe mai a tenere in piedi due hub in Italia, e che prima di lasciare il traffico turistico di Roma (Fiumicino da sola nel 2007 ha fatto tanti passeggeri quanto Malpensa e Linate insieme: Fiumicino 32.945.223, Ciampino 5.401.475, Malpensa 23.885.391, Linate 9.926.530) in mano alle compagnie estere e alle low-cost qualunque compagnia si farebbe impiccare?









