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Senior Member
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Città: spero ancora per poco in italia
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realtà giovanili all' estero
http://www.tgcom.mediaset.it/mondo/a...lo376918.shtml
Giappone:oltre 5mila cyber-homeless Dormono negli Internet point Di giorno vivono di espedienti e di notte si rifugiano negli esercizi commerciali a orario no-stop come gli Internet point o i fast food. Sono i senzatetto del nuovo millennio, i "cyber-homeless". In Giappone, secondo una ricerca commissionata dal governo nipponico su un campione di circa 2.000 persone e 87 locali aperti 365 giorni all'anno, sono oltre cinquemila e il fenomeno è in forte crescita. A utilizzare i net-cafè come ultimo rifugio, prima della strada, In Giappone sono una vasta categoria di persone in difficoltà. Stando ai dati emersi dallo studio nipponico, a Tokyo i cyber-homeless sono sia soggetti che hanno perso il lavoro e la casa, sia impiegati temporanei che non possono permettersi di affittare un alloggio. La maggior parte di loro è sotto i trent'anni, ma il fenomeno si è ormai diffuso anche tra gli over 50. Secondo la ricerca, il 27% dei senzatetto che trascorrono la notte nei negozi sempre aperti sono giovani tra i 20 e i 30 anni, mentre il 23% è ultracinquantenne. Nella fascia dei cosiddetti "working poor", cioè le persone che sopravvivono nel difficile mercato del lavoro temporaneo, la rendita media mensile si aggira intorno a 80.000 yen (500 euro) a Tokyo e 110.000 yen a Osaka. Con il mercato immobiliare alle stelle, nessuno di loro può permettersi un appartamento e così, in attesa di un futuro migliore, sono costretti a riposare dove riescono, affollando Internet cafè e centro commerciali no-stop. Per la modica cifra di 100 yen all'ora, circa 60 centesimi di euro, si può noleggiare una microscopica postazione dove dormire la notte, con le gambe stese sotto il tavolo del computer e una borsa come cuscino. Il tutto, ovviamente, in giacca e cravatta. http://www.eguaglianzaeliberta.it/articolo.asp?id=789 in canada si stà realmente cosi bene come dicono? Lavorare in Canada: sembra l'Italia. In peggio In questa intervista il leader sindacale Ken Georgetti descrive una situazione che ci è familiare: compressione dei salari, aumento delle disuguaglianze e dei lavori precari, grosse difficoltà per i giovani. Con in più ostacoli alla stessa presenza del sindacato Tim Noonan - Traduzione di Bruno Liverani Forse del Canada si ha l'immagine di un paese di gente benestante, di piena e "buona" occupazione, di diritti sociali e sindacali garantiti. La realtà, vista da vicino, è un po' diversa. Come in molti altri paesi, anche il movimento sindacale canadese denuncia lo scarto crescente tra ricchi e poveri, l'aumento dei working poor i cui salari non bastano per un livello di vita decoroso, persino gli ostacoli all'esercizio dei diritti sindacali. Traduciamo un colloquio con Ken Georgetti, presidente del Ctc, Congresso del lavoro del Canada (confederazione dei sindacati), ripreso dal sito web della Ictu/Csi (www.ituc.csi.org). La stagnazione dei salari, in particolare di quelli bassi, costituisce ormai un problema globale. Il rapporto annuale del Ctc portava come titolo un interrogativo: "Il mio lavoro, quanto mi rende?". Cosa mostra il rapporto? "Mostra che ci sono effettivamente una stagnazione dei salari e un deterioramento della qualità del lavoro. Tra il 2005 e il 2006 il numero dei lavoratori con salari da miseria è aumentato dell'1,5%. Vi sono stime che indicano come il 12% dei lavoratori ha un reddito pari o inferiore alla soglia di povertà. Se dovessimo credere al mondo degli affari, quella del Canada sarebbe un'economia in piena espansione. Assistiamo in realtà a una "crescita senza occupazione" e a un aumento del lavoro precario. Le persone che perdono il posto di lavoro nell'industria debbono aspettarsi delle diminuzioni di reddito almeno del 17% nel caso che trovino un nuovo impiego, supposto che riescano a trovarne uno. Gli occupati attuali guadagnano di meno e ai nuovi arrivati nel lavoro toccano impieghi precari con retribuzioni insufficienti. Se si fa un paragone con le generazioni precedenti di lavoratori, vi è attualmente un enorme aumento di posti a tempo parziale, temporanei e assai mal retribuiti". Cosa rivendica il Ctc circa il salario minimo? "Rivendichiamo un salario orario minimo a livello federale di 10 $ canadesi (6,5 euro) per i settori economici regolati dal governo federale (per esempio banche, tlc, compagnie aeree). Attualmente non esiste salario minimo su scala federale. Gli importi sono stabiliti separatamente da ciascuna provincia (il Canada è una federazione divisa in province, ndt). Così noi conduciamo anche a livello provinciale la nostra campagna per stabilire un salario minimo orario di 10 $ l'ora. Vi sono disparità considerevoli da provincia a provincia, con uno scarto tra il più basso e il più alto di 3,10 $. Nessuna provincia arriva ad applicare un salario orario minimo di 10 $, che costituisce il minimo di cui ha bisogno un "single" che lavori a tempo pieno per evitare di cadere nella povertà (così come è definita dalle statistiche ufficiali)". Lo scarto salariale tra i generi è in via di assorbimento in Canada? "Stavamo raggiungendo alcuni progressi sul piano della parità salariale tra maschi e femmine, che però sono stati vanificati essenzialmente a causa dell'impennata all'insù delle retribuzioni ai livelli alti, che riguardano in gran parte i maschi. Complessivamente le retribuzioni delle donne ristagnano attorno a un 83% di quelle degli uomini. Né il governo federale, né le amministrazioni provinciali fanno alcunché rispetto a questo problema. Noi lottiamo perché si predispongano programmi di equità salariale, ma questo governo, che è risolutamente di destra, è assai reticente in proposito". Qual è la situazione dei giovani lavoratori in Canada? Hanno accesso a impieghi dignitosi e aderiscono ai sindacati? "I loro redditi sono inferiori a quelli della passata generazione. In generale sono confinati in impieghi precari, o che non sono a tempo pieno, e comunque tutt'altro che soddisfacenti. Non appena usciti dagli studi, sono travolti dai debiti accumulati per l'aumento delle rette universitarie o scolastiche. Se a ciò aggiungiamo i bassi salari, essi sono ben lungi dal riuscire a pagare i loro debiti e dal potersi lanciare nell'acquisto di una casa o di altri beni di consumo, cosa che farebbe solo del bene alla nostra economia. I giovani non sono organizzati in sindacati come lo erano i loro genitori. Le piccole imprese nelle quali lavorano sono di difficile accesso per l'organizzazione sindacale, il che rende loro più difficile accedere a retribuzioni migliori. Così tendono a pensare che il movimento sindacale "è per papà e mamma, non per me". Un modo per affrontare questo problema potrebbe essere quello di fare come in alcune giurisdizioni, dove dei governi guidati dal Nuovo partito democratico (Partito di ispirazione socialdemocratica aderente all'internazionale socialista: New Democratic Party (Ndp) in inglese o Nouveau parti démocratique (Npd) in francese - n.d.t.) ci aiutano a pilotare un modello di contrattazione collettiva settoriale: una volta stabilito un certo numero di contratti in un settore, i nuovi salariati che arrivano in questo settore sarebbero automaticamente coperti. In Canada la mano d'opera sindacalizzata è notevolmente avvantaggiata rispetto al resto dei lavoratori. Gli iscritti al sindacato guadagnano in media 5 $ in più all'ora rispetto ai lavoratori non sindacalizzati; inoltre l'85% dei lavoratori sindacalizzati beneficiano di una copertura sociale e di piani pensionistici, mentre solo il 45% dei non sindacalizzati beneficiano di copertura sociale e il 18% di essi di un piano pensionistico". Come mai, allora, la gente non fa ressa davanti alle porte dei sindacati per iscriversi? "In un certo senso dovrebbe essere così. Un terzo dei lavoratori non sindacalizzati si iscriverebbe se ne avesse la possibilità o non temesse rappresaglie da parte dei datori di lavoro. In Canada il solo diritto costituzionale che i cittadini esercitano in segreto è la firma della tessera sindacale! Quello di perdere il posto di lavoro con l'iscrizione al sindacato è un timore fondato. Per citare un esempio concreto, quando abbiamo organizzato tre grandi magazzini Wal Mart e tentato di cominciare a contrattare, la direzione non ha fatto altro che chiudere bottega, il che ha ovviamente intimidito l'insieme dei dipendenti. La lentezza del sistema giudiziario e dei tribunali, dove una vertenza può richiedere mesi e mesi, è un altro elemento che il datore di lavoro può sfruttare a proprio vantaggio. Abbiamo bisogno di un sistema di "verifica delle tessere" in base al quale una maggioranza semplice dei lavoratori provvisti di tessera sindacale possa bastare per ottenere la rappresentanza sindacale. Persino nel Manitoba, una provincia con governo Npd, i sindacati devono raggiungere un quorum del 65% per ottenere di poter essere presenti nelle fabbriche. Ci stiamo anche battendo per far adottare dal Parlamento un progetto di legge per vietare ai datori di lavoro di ricorrere a mano d'opera di rincalzo durante gli scioperi. La nostra speranza è di riuscire a far adottare questa legge, ma attualmente c'è aria di nuove elezioni e, alla fine, non siamo affatto sicuri che venga adottata". Un altro problema che fa scorrere molto inchiostro è quello della politica fiscale. Quali cambiamenti propone il Ctc in materia di politica fiscale nel vostro paese? "L'ironia è che l'imposizione sui redditi più elevata è quella applicata al "sudore delle nostre fronti": quelli che lavorano per guadagnare un salario sono tassati sulla totalità del loro reddito; ma se si gioca in Borsa, solo la metà del guadagno è imponibile. Se poi si ottengono dei dividendi, questi saranno imponibili solo per un terzo. Noi crediamo nella necessità di un'equità fiscale - i redditi sono redditi, e le persone dovrebbero essere tassate sulla base del loro reddito, in maniera equa e coerente. Tuttavia, far passare questo messaggio nel grande pubblico non è cosa facile. In Canada i giornali principali appartengono a una medesima persona e non si occupano di queste questioni. Un po' meglio sono i media nel Qébec francofono". Lei è presidente del Comitato sul capitale dei lavoratori in seno alla Ituc/Csi. A suo avviso, i Fondi pensione sindacali possono giocare un ruolo per la promozione della giustizia e dell'equità? "I Fondi pensione giocano un ruolo significativo nei mercati borsistici mondiali. Noi pensiamo che occorre stabilire delle regole circa il modo con cui votano i gestori dei Fondi pensione. Stiamo attualmente conducendo in America del Nord, in collaborazione con il movimento sindacale Usa, una campagna per modificare la legge sulle imprese, in modo che gli azionisti possano nominare dei direttori nei consigli di amministrazione. Dobbiamo intensificare i nostri sforzi perché i consigli di amministrazione siano tenuti responsabili del modo con cui retribuiscono i loro quadri, distribuiscono dei dividendi agli azionisti, trattano l'ambiente e i loro dipendenti. Dobbiamo adottare un approccio più attivo, per quel che riguarda non solo i benefici, ma anche il modo con cui il denaro è gestito. Creare queste grandi riserve di capitali per poi metterle a disposizione di persone che agiscono contro i nostri interessi, segnatamente i Fondi d'investimento privati, è contrario al mio modo di pensare". La Ituc/Csi è stata creata da pochi mesi. Come può essere più efficace nel suo modo di lavorare con le organizzazioni nazionali affiliate su questioni come la lotta contro le disuguaglianze e i mercati dei capitali? "È essenziale fissare della campagne e delle azioni e portarle a termine, tenere duro fino alla fine, lavorare sul lungo termine. In Canada sarebbe un successo se si riuscisse a far sì che la questione del posto di lavoro influenzasse anche il voto alle elezioni. L'organizzazione e la contrattazione collettiva sono al cuore della nostra azione. Non dimentichiamo che noi disponiamo della più grande rete democratica del mondo per portata, profondità e ampiezza, quella sindacale, e che quindi ci è imposto di valorizzare molto di più questa capacità". Tuesday, May 8, 2007 Japanese find sleep, shelter in cyber cafes Takeshi Yamashita does not look like a homeless person. From his carefully distressed jeans to his casual-cool navy striped T-shirt, he is every bit the trendy Tokyoite. Yet the 26-year-old has been sleeping in a reclining seat in an Internet cafe every night for the past month since he lost his steady office job and his apartment. It's cheaper than a hotel, offers access to the Internet and hundreds of Manga comic books, and even has a microwave and a shower where he can wash in the morning before heading off to one of his temporary jobs ranging from cleaning to basic office work. Asked how long he plans to go on living like that, Yamashita smiles and shrugs. "I hope the situation in Japan will improve. The new Japanese generation doesn't have any money, and many young people don't have any motivation. I don't have money, but I have a dream," he says, sitting in a cubicle with a PC and a stack of comic books. So what is his dream? "I don't know. Maybe some ordinary job in an office." Yamashita is one of Japan's many "freeters" -- a compound of "free" and "Arbeiter", the German word for "worker". A by-product of the economic crisis that hit Japan and its lifelong employment guarantees in the 1990s, freeters drift between odd jobs. Earning around 1,000 yen ($8) per hour, they often struggle to pay the rent in Tokyo, one of the most expensive cities in the world where a modest 30 square meter (320 square foot) flat in a central location can easily cost 150,000 yen ($1,250) a month. Now the economy is recovering, but many freeters are missing out on the upswing after years of unskilled work. Most expanding companies prefer to recruit fresh university graduates or transfer basic jobs to low-wage countries such as China. As an Internet cafe owner in Tokyo's Ueno district, Masami Takahashi has had a close-up view of social change in Japan. Around the corner from his cafe, homeless people who cannot even afford a reclining seat sleep in cardboard boxes. Chinese prostitutes in Japanese kimonos prop up drunken office workers, or "salarymen", who will stumble into Masami's cafe for a nap later in the night. The salarymen were the first to discover Internet cafes as a cheap alternative to hotels after companies hurt by the economic crisis stopped funding team drinks -- an essential part of Japanese corporate culture -- followed by a night in a hotel. And then there are customers for whom Takahashi's Internet point is home. Takahashi, an affable host sporting a mullet and a blue track suit, regularly sees freeters taking refuge at his cafe. He has even lent money to some of them out of pity. "It shows how the social system is changing. It's a bit sad for us Japanese," he told Reuters, scratching his head. At about 1,400 to 2,400 yen ($12-$20) for a night in a central Internet cafe -- free soft drinks, TV, comics and Internet access included -- prices beat those of Japan's famous "capsule hotels", where guests sleep in plastic cells. This means that on a Friday night in Shibuya, one of Tokyo's main entertainment districts, the dimly lit cafes are packed. At 3 am, there is loud snoring from salarymen in suits, their shoes lined up neatly outside each individual cubicle containing a reclining seat or sofa, a computer and a clothes hanger. There are fashionable young women wearing high heels and short skirts, who missed the last train after a night out. And there are those who use the discretion of a net cafe to their own advantage. "I often come here with my boyfriend. Today we escaped from high-school and came here," said 16-year-old Naomi, a schoolgirl in a white shirt, tartan miniskirt and knee-high socks. Shyly sweeping aside her long brown fringe, Naomi said she started going to net cafes with her boyfriend at the age of 15, telling her parents she was sleeping at a friend's place. "We usually spend all night talking and reading mangas, and in the morning we go to school". Like Yamashita, the freeter, many of the cyber homeless fade into this colorful crowd, finding anonymity as well as shelter. "The younger ones don't look any different from other young people," said Kazumasa Adachi, a manager at one of the more elegant net cafes where staff wear suits and receive customers with the polite efficiency of hotel receptionists. He recognizes cafe dwellers by the heavy bags they lug around. "They are different from the real homeless because they belong to the working poor, so they do have some money, whereas the ones on the street have no money at all," he added. There is no official data on the cyber cafe homeless. Japan's Welfare Ministry plans a wider study on the phenomenon, according to a newspaper report, but in the meantime, it is hard to gauge the scope of the problem or its social impact. Anecdotal evidence suggests that many are freeters in their mid-to-late-twenties, who stay in a net cafe for a couple of months before settling for a more permanent housing solution. Those who are older, poorer, with fewer chances of escaping their drifting lifestyle, and sometimes too embarrassed to return home, find themselves at the very bottom of cyber society. They congregate in run-down Tokyo suburbs such as Kamata, renting poorly ventilated, smoke-filled cubicles with reclining seats for 100 yen an hour. "It's very uncomfortable. You can't really sleep," said one Kamata cafe guest who preferred not to be named. Source: http://www.cnn.com/2007/TECH/interne...n.cyberhome.re Ultima modifica di sempreio : 28-08-2007 alle 12:26. |
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#2 |
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Senior Member
Iscritto dal: Feb 2002
Città: Este (PD)
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Beh a quanto pare non siamo i soli ad essere nella merda.
Puoi bisognerebbe anche vedere in percentuale quanti casi del genere esistono. Per dire in Giappone 5K persone non sono nulla.
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<<La Verità non richiede fede.>> |
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#3 |
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Senior Member
Iscritto dal: Jun 2002
Città: Salerno
Messaggi: 4636
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bè se fosse vero non può durare per sempre.Le aziende ormai producono a basso costo,in paesi dove i salari sono ridicoli,merce che poi dovrebbero vendere a noi "ricchi" occidentali.Ma se non abbiamo i soldi per acquistarli a chi li venderanno?
Mi viene da pensare che dopo il comunismo anche il capitalismo fallirà.Dai che si torna al baratto |
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#4 | |
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Senior Member
Iscritto dal: Sep 2003
Città: spero ancora per poco in italia
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#5 | |
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Senior Member
Iscritto dal: Sep 2003
Città: spero ancora per poco in italia
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http://espresso.repubblica.it/dettag...38207&ref=hpsp |
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#6 |
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Senior Member
Iscritto dal: Jun 2003
Città: Altrove (eh, magari vicino una certa base....chissà)
Messaggi: 4228
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ricordiamo che in Giappone il costo del denaro é nullo (tasso di sconto <1%), quindi non é 'normale' ammazzarsi di debiti per realizzare il proprio sogno ed eventualmente vederlo crollare perché non abbastanza redditizio ...
il Giappone é indicato come il gigante in procinto di crollare ... ma secondo me é ben lungi (a breve termine) da una prospettiva così nera ... un paese che cerca di tenere la propria moneta a livelli BASSI per esportare sempre di più é ovvio che finisca per fare stagnare i prezzi interni su livelli spropositati ... ma imo seppoi nel territorio vi sono anche rendite importanti il gioco é fatto ... non a caso il paese messo meglio [nel mondo] attualmente si trova in Europa ma non é nella UE
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#7 | |
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Iscritto dal: Mar 2001
Città: Reggio Emilia
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..frengaaa..dov'è l'asciugamano FRENGA!!??..hihi.. Ah ecco..
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#8 |
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Senior Member
Iscritto dal: Jun 2003
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#9 |
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Senior Member
Iscritto dal: May 2006
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non a caso anche l´UK e´ messa benino e non e´ nell´UE
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#10 | |
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Senior Member
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E la germania non è che sia caduta in miseria da quando è nella UE.. L'UK è messa bene xchè ha cmq avuto aiuti dalla UE, me la ricordo solo io in ginocchio in tutto il settore alimentare ed a catena su 3/4 della sua economia x la BSE? Senza aiuti della UE era ancora a leccarsi le ferite..
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#11 | |
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Senior Member
Iscritto dal: Aug 2000
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Eh? Non ha adottato l'euro, ma nella UE ci sta eccome...
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#12 |
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Bannato
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Anni fa a londra impiegati dormivano in scatole di cartone per strada..non so se è cambiat ala faccenda oggi
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#13 | |
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"benino" a me risulta più l'Eire prima del Regno Unito
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#14 |
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#15 | |
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#16 |
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#17 | |
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e dove? io ho solo fatto il turista a nord-ovest [Galway il posto più popolato x intenderci ]
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a me risulta più l'Eire prima del Regno Unito
e dove? io ho solo fatto il turista a nord-ovest [Galway il posto più popolato x intenderci








