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tallines
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Windows 10 SpotLight Images

Castelvecchio

Verona

Northern Italy


Iniziamo il Nuovo Anno 2021 con un' immagine dell' Italia postata da Windows 10 SpotLight Images, l'ultimo giorno dell' anno passato ossia il 31 Dicembre 2020 .




Castelvecchio at sunset, Verona, Northern Italy


Veneto - Etimologia

- Dall'antico popolo preromano dei Veneti, chiamati anche Paleoveneti, antichi Veneti (per distinguerli dagli odierni abitanti del Veneto), Venetici,

Eneti (dal greco antico Ἐνετοί, chiamati così da Erodoto), citati da alcune principali figure storiche, tra cui: Cesare (Veneti dell'Armorica), Tacito e Plinio il Vecchio (Venedi);

la radice indoeuropea che è stata individuata all'origine di questo nome è wen, amare: quindi i Veneti sarebbero gli amati, gli amichevoli.


- Il nome deriva da quello dall'antico popolo dei Veneti.

Secondo alcune ipotesi il termine sarebbe legato alla radice indoeuropea wen con il significato di "desiderare" pertanto i Veneti si potrebbero definire i "desiderati".




I Tags per questa immagine, pubblicata da Windows 10 SpotLight Images, il 31-Dec-2020, sono:

Tags: ancient, architecture, bridge, castle, city, evening, fort, fortress, history, Italy, landmark, museum, outdoors, river


https://windows10spotlight.com/image...7192e9d6572282




Castelvecchio at sunset, Verona, Northern Italy



Verona

Della città di Verona, abbiamo già parlato nel post n.472 > https://www.hwupgrade.it/forum/showp...&postcount=472



Castelvecchio, sistema difensivo di Verona, veduta aerea



Castelvecchio (Verona)

Castelvecchio, originariamente chiamato castello di San Martino in Aquaro, è un fortino medievale situato nel centro storico di Verona attualmente adibito a sede dell'omonimo museo civico;

si tratta del più importante monumento militare della signoria scaligera.


Inizialmente la fortificazione era chiamata "castello di San Martino in Aquaro", denominazione derivata dalla preesistente chiesa che si collocava dove sarebbe poi sorta la cosiddetta "Corte d'Armi", la cui esistenza risaliva all'VIII secolo.

Il toponimo "Aquaro" può essere ricondotto sia alla vicinanza dell'Adigetto (acquario o canale), sia alla vicinanza di un ponte (quaro) che avrebbe superato lo stesso canale o il fiume Adige.

Il complesso assunse il nome di "Castel Vecchio" a seguito della costruzione di castel San Pietro da parte dei Visconti.




Il castello con il ponte fortificato che permetteva il collegamento tra le due sponde dell'Adige


L'edificazione del castello

La vicenda costruttiva del castello è complessa e prolungata nel tempo:

la complessità deriva, in generale, dall'importanza della sua posizione nell'organismo urbano e, in particolare, dal suo stretto legame, morfologico e funzionale, con la cinta urbana comunale eretta lungo l'Adigetto.

Non trascurabile è poi la presenza della porta urbica generata dall'antico Arco dei Gavi, inglobato nella medesima cinta muraria.

Un altro elemento dell'ipotetica configurazione originaria del castello può essere stata la costruzione voluta da Alberto I della Scala, nel 1298, delle "regaste",

la muraglia che doveva servire ad arginare l'Adige nella grande ansa fra le mura comunali e il borgo murato di San Zeno.

Le mura comunali, l'Adigetto, le mura di Alberto sulla riva fluviale,

delimitavano un impianto a forma di trapezio irregolare,
idoneo ad ampliare la difesa verso l'esterno, con un nuovo recinto murario destinato a divenire il caposaldo occidentale della cinta comunale.

Questo potrebbe essere il nucleo primigenio del castello alla fine del XIII secolo, oggi riconoscibile nel recinto a trapezio che contiene la Corte della Reggia e la Corte del Mastio.

L'intervento definitivo voluto da Cangrande II della Scala, riconducibile al 1354, configura un vero e proprio castello urbano:

sistemato il fortilizio preesistente a meridione della cinta comunale, che assunse le forme della residenza fortificata, a settentrione della stessa cinta fu costruito il grande recinto rettangolare della Corte d'Armi;

contemporaneamente fu edificato il ponte fortificato sull'Adige.

Il complesso fortificatorio fu portato a compimento nel 1376 da Antonio e Bartolomeo II della Scala, con la costruzione dell'alto mastio.

Il nuovo castello si trovava così tra la testata della cinta scaligera a destra d'Adige, presso la Catena superiore, e la testata della cinta a sinistra d'Adige, presso la porta San Giorgio.

L'essenza funzionale e architettonica della sua posizione è quella di costituire un elemento della difesa urbana inscindibile dal fiume, e nello stesso tempo predisposto a proiettare la sua azione oltre il fiume stesso.


Il ponte, a uso esclusivo del castello, serviva come via di fuga o di accesso per gli aiuti provenienti dalla Valle dell'Adige, evitando così che il fiume diventasse una barriera insuperabile.

Ma all'interno del complesso sistema difensivo urbano poteva servire per organizzare sortite in modo da operare tatticamente sulle opposte rive fluviali.

Il castello è stato pensato pertanto come fulcro dell'intero sistema difensivo, e la sua torre maestra come centro del controllo visuale della città, sia a sinistra sia a destra d'Adige, e del paesaggio circostante.


Durante la dominazione dei Visconti, che presero il posto per alcuni anni dei Della Scala, venne costruito il nuovo caposaldo difensivo di Castel San Pietro,

fatto che portò a una diminuzione della primaria funzione difensiva del castello di San Martino,

che tuttavia assunse importanza in relazione al nuovo sistema di attrezzature logistiche della Cittadella militare, l'ampio quadrangolo fortificato esteso a sud-ovest, tra la cinta comunale > click e la cinta scaligera > click, destinato anche all'accampamento delle milizie.

Questo spazio, completamente difeso da mura, era infatti in diretta comunicazione con Castelvecchio attraverso una strada coperta esistente tra la cinta comunale e l'antemurale.

Inoltre, sul coronamento della cinta comunale fu raddoppiata la merlatura, per ottenere un camminamento protetto dallo stesso castello fino a piazza Bra.


In epoca veneta il castello fu utilizzato come residenza del castellano e del cappellano, oltre che come caserma, arsenale d'artiglieria, armeria, polveriera e magazzino per le riserve alimentari.

Parte del mastio fu inoltre utilizzato come carcere, mentre un'altra residenza per il castellano fu sistemata nella Reggia scaligera.

Nel 1759 divenne invece sede del Veneto Militar Collegio, un istituito per la formazione di ingegneri da inquadrare in un corpo tecnico militare.

La nuova prestigiosa destinazione rese necessaria la sistemazione degli edifici esistenti nella corte meridionale e la costruzione di un nuovo edificio ortogonale alla Reggia.

Nella corte settentrionale permaneva invece l'acquartieramento dei soldati e il deposito dei materiali d'artiglieria, in fabbricati appositamente disposti nello spazio interno.




Castelvecchio, Verona, entrata



Fatto erigere attorno alla metà del XIV secolo dal principe Cangrande II della Scala, dopo l'anfiteatro Arena è il più grandioso ed imponente monumento della città.

Originariamente denominato Castello di San Martino in Aquaro, assunse il nome di Castello Vecchio quando un nuovo castello, ancora più grande ed imponente, venne fatto costruire dai Visconti sulla cima del colle di San Pietro.

Catelvecchio è una fortezza molto vasta, che colpisce per il suo aspetto imponente e per la sua forma decisamente militare,

accentuata dalle merlature che si susseguono lungo le mura e dalle sette torri angolari coperte, in cui l'antico uso residenziale è ancora oggi ben testimoniato dai resti dell'originaria decorazione a fresco visibile in alcune sale.

Venne FATTO ERIGERE TRA IL 1354 ED IL 1357 DA CANGRANDE II DELLA SCALA, che in un’epoca di guerre tumultuose volle trasferire la sua corte in un sicuro maniero.

Il complesso è costituito da due parti, divise dalle imponenti mura duecentesche.

Alla sinistra, venendo da via Roma, è presente la Reggia degli Scaligeri, protetta da uno stretto cortile a doppio ordine di mura.

Al centro svetta l'alta torre principale (Torre del Mastio)

da cui si slancia sul fiume il ponte fortificato Scaligero a tre arcate, che integra il sistema difensivo del castello, costituendo un magnifico esempio di ingegneria trecentesca.

Sul lato destro della struttura è presente un grande cortile di pianta rettangolare, originariamente destinato a piazza d'armi;

al centro è situata una curiosa fontanella a forma di cane, simbolo scaligero di fedeltà.

Varie ed alterne furono le vicissitudini del castello, spesso impiegato come fortezza.

Sotto la dominazione veneziana fu destinato ad arsenale e guarnigione;

durante l'occupazione napoleonica venne modificata la struttura e costruito il corpo di fabbrica lungo il fiume;

con gli austriaci fu utilizzato come caserma per le truppe di occupazione.


Durante i primi decenni del novecento Castelvecchio fu sottoposto ad un primo grande restauro e trasformato in museo (inaugurato nel 1923), prestigiosa sede delle civiche raccolte d'arte che precedentemente erano conservate a Palazzo Pompei.

NEL GENNAIO DEL 1944 OSPITO' IL PROCESSO DI VERONA con il quale vennero condannati a morte Galeazzo Ciano e i gerarchi fascisti che avevano fatto deporre Benito Mussolini, e sul finire della guerra venne danneggiato dai bombardamenti degli angloamericani.

Dal 1958 al 1964 la fortezza di Castelvecchio è stata oggetto di un nuovo restauro e di un riallestimento museale curato dal grande architetto veneziano Carlo Scarpa,

che con il suo intervento ha portato alla luce le strutture originarie ovunque fosse possibile, liberandole dalle aggiunte ed evidenziando le stratificazioni successive.

Un'opera di recupero in cui i materiali tipici della tradizione veronese, come le lastre in pietra di Prun, si alternano ai moderni acciaio e cemento, che sostengono e suturano le parti antiche.

Il risultato è un "capolavoro della museografia italiana, con soluzioni validissime e imitate a molti anni di distanza".

Oggi il castello ospita la sede del MUSEO CIVICO DI VERONA che è una delle maggiori raccolte d'arte italiane, con pinacoteca, galleria di sculture e biblioteca d'arte aperte al pubblico.

Periodicamente inoltre, al termine del normale percorso museale, vengono realizzate in sala Boggian delle interessanti esposizioni che mostrano alcune delle opere d'arte abitualmente conservate nei magazzini del castello stesso.




Castelvecchio, Verona, primo piano



La complessa disposizione planimetrica del castello è generata da più fasi costruttive, dalle trasformazioni e dai restauri succedutisi nel corso dei secoli nel tempo.

Se ne possono tuttavia distinguere tre parti principali:

- la cosiddetta "Corte della Reggia" scaligera, a meridione;

- la "Corte d'Armi", a settentrione;

- e a separare le due precedenti la cosiddetta "Corte del Mastio",

oggi assai trasformata a causa della rettifica tardo ottocentesca al profilo della rampa di accesso al ponte fortificato.

Tra la Corte del Mastio e la Corte d'Armi si erge un'alta cortina muraria merlata, imponente resto delle mura di epoca comunale edificate sull'Adigetto e preesistenti al castello.




La Torre dell' Orologio, I Camminamenti di Ronda e il Giardino Pensile



La cortina si estende dalla "Torre dell'Orologio" sino alla riva dell'Adige, presso il ponte.

Le diverse tessiture murarie e i diversi materiali in opera indicano l'evolversi delle fasi costruttive e le ricostruzioni:

alle estremità il muro è a blocchi grezzi di tufo, rimanenze dell'originaria edificazione della prima metà del XII secolo;

nella parte centrale, ricostruita dopo il crollo del 1239, la muraglia è invece a fasce alterne di ciottoli e laterizio;

verso la Torre dell'Orologio è invece visibile un tratto di muratura formato da grossi blocchi lapidei, recuperati da antichi edifici.

L'originaria Torre dell'Orologio, demolita dai soldati del generale Napoleone Bonaparte, si innalzava in posizione assai più sporgente sul corso prospiciente, quasi a contatto e a difesa dell'Arco dei Gavi, che fu inglobato nelle mura comunali dell'Adigetto e trasformato in porta urbana.




Sulla sinistra la torre-porta d'accesso e al centro, in parte nascosta dalla cortina, la residenza fortificata



Corte della Reggia

A meridione, la Corte della Reggia è caratterizzata da una conformazione planimetrica irregolare, a trapezio.

La residenza fortificata scaligera, collegata all'alto Mastio, era disposta solo lungo il lato adiacente alla riva dell'Adige

mentre l'altro corpo di fabbrica, a essa innestato in ortogonale e addossato alla cortina settentrionale della corte,

venne edificato nel Settecento per ampliare la sede del Veneto Militar Collegio (in epoca asburgica occupato dalla Scuola d'Artiglieria dello Stato Maggiore e poi dall'armeria),

edificio però gravemente manomesso tra il 1923 e il 1925, oggi irriconoscibile.

Una torre-porta, con ponte levatoio, si protende verso meridione dall'estremità della Reggia;

a est della stessa torre, lungo l'alveo dell'Adigetto, si innesta la cinta merlata, con apparecchio murario di ciottoli e laterizio, che circonda la corte a sud e a est, sino alla torre di levante, sul corso, che precede la Torre dell'Orologio.




La Corte d'Armi, da cui si può accedere al museo civico



Corte d'Armi

A settentrione si dispone il recinto merlato, quasi rettangolare, della Corte d'Armi, protetto sul perimetro esterno da un fossato asciutto e munito di quattro torri, merlate e coperte da tetto ligneo a padiglione.

Il grande recinto è chiuso a meridione, verso la Corte del Mastio, dall'alta cortina comunale attestata alla Torre dell'Orologio (quest'ultima completamente ricostruita durante i lavori di restauri avvenuti tra 1923 e 1925);

davanti alla medesima cortina è stato rimesso in luce l'originario fossato asciutto interno, completamente interrato già nel Sei-Settecento.

Nella cortina orientale, prospettante su corso Castelvecchio, è inserita in posizione intermedia un'ulteriore torre-porta con ponte levatoio.

Infine un ingresso secondario, anch'esso con ponte levatoio, è posto accanto alla torre d'angolo sul corso.

Il recinto si conclude sulla riva dell'Adige con la quarta torre, alla cui base si apre una piccola porta di sortita detta pusterla.

Sulle pareti di torri e cortine murarie si può osservare l'impiego omogeneo di paramenti murari laterizi;

il basamento, a profilo scarpato dal piano del fossato asciutto, è invece rafforzato e rivestito da blocchi squadrati, regolari, di pietra da taglio.

Nello spazio interno della corte è disposta, a ovest, a chiudere il fronte sull'Adige, e a nord, addossata alla cortina, l'ottocentesca caserma napoleonica, oggi irriconoscibile per la trasfigurazione del restauro stilistico del 1923-1926.

La caserma era una struttura casamattata, con possenti volte terrapienate, a prova di bomba.

Il piano terra era originariamente adibito a magazzini e laboratori per i materiali d'artiglieria;

al primo piano erano disposti invece gli alloggiamenti, disimpegnati da un ballatoio esterno.

Uno scalone a rampe contrapposte, appoggiato alla cortina comunale, portava al ballatoio e alla copertura, formata dal terrapieno a profilo di fortificazione, sul quale erano ordinate nove postazioni di artiglieria.

In epoca absburgica, prima che fosse edificato il nuovo Arsenale della Campagnola, gli edifici della Corte d'Armi furono adibiti ad arsenale d'artiglieria, e in seguito utilizzati come caserma d'artiglieria.




Mastio e ponte scaligero



Mastio > click e ponte fortificato

L'insieme del castello è dominato dall'alta mole del mastio che si erge sul fronte occidentale, in riva all'Adige, presso il ponte fortificato.

La sua figura è possente anche per l'aspetto dei paramenti murari, di laterizio, compatti e privi di distacchi o risarciture.

Ancora nel Settecento, sulla faccia orientale campeggiava la grande immagine, in affresco, del leone di San Marco, simbolo del dominio veneto.

In epoca asburgica la torre ospitò la stazione del telegrafo ottico militare, necessario per permettere la comunicazione con la rete di segnalazione istituita tra le fortezze del Quadrilatero.

Gli apparecchi segnalatori, diurni e notturni, collocati sulla copertura a terrazza, erano in collegamento con i corrispondenti apparati posti sulla Torre della Gabbia, a Mantova, e con quelli della torre telegrafica di Pastrengo, sul colle di San Martino.

Tangente alla base del mastio, il ponte fortificato scaligero a tre grandi archi diseguali supera il fiume, con l'audacissimo slancio dell'arcata maggiore, avente una luce di ben 48,69 metri.

Ricostruito dopo la rovina bellica operata dell’esercito nazista nel 1945, ancora oggi il ponte si impone all’osservatore come un capolavoro d’arte:

l’elemento funzionale della sicurezza militare, materializza nell’architettura un’opera di assoluto valore paesistico, capace, per sé stessa, di imprimere al paesaggio urbano un indimenticabile carattere.




Vista del Mastio dall'estremità del ponte scaligero



Il Mastio e la Reggia Scaligera

Dopo aver attraversato la porta del Morbio si accede al cortile della Reggia, dove si erge la mole del Mastio trecentesco (un’iscrizione murata all’ultimo piano ne attesta la data di completamento, 1376, da parte di Antonio e Bartolomeo della Scala).

Ne sono visitabili tre piani poiché i livelli superiori non sono aperti al pubblico.

In questa zona si concentrano una serie di percorsi verticali e orizzontali, destinati a connettere il Mastio con la Reggia costruita dagli Scaligeri per ragioni di sicurezza, in un’ area protetta e isolata.

Necessario per dare compiutezza al circuito museale, il collegamento è costituito da due passerelle sospese e sovrapposte:

due interventi incisivi, che si inseriscono nel tessuto murario di mattoni medievali con linguaggio e materiali contemporanei.

L’architetto amava progettare le scale e sa bene pure che la torre costituisce il blocco ascensionale del percorso;

al suo interno sistema una nuova scala di mattoni e pietra, foderandone le pareti con lastre di Prun rosa, intuendo l’antica tecnica di rivestimento di epoca scaligera.

Sottoposto recentemente (2010) ad una pulitura generale degli intonaci e degli elementi lapidei, questo spazio espone, oltre ad importanti campane (secoli XIV - XVI) un capitello gotico proveniente da via Nuova, l’attuale via Mazzini, il cui supporto cilindrico è stato disegnato da Arrigo Rudi, il principale collaboratore di Carlo Scarpa a Castelvecchio.

Dopo la scomparsa del maestro, Rudi ha completato la sala delle Armi (1989), situata al terzo livello del Mastio, e la sezione dei rinvenimenti Longobardi, nell’adiacente passaggio coperto.

Il restauro dell’ala della Reggia e di tre piani del Mastio rappresenta (è il caso di ricordarlo) la fase iniziale del complesso progetto scarpiano, iniziato nel 1958.

Allora gli ambienti trecenteschi della Reggia, appesantiti dalle decorazioni “in stile” degli anni Venti, apparivano falsi;

una delle prime, delicate operazioni fu il riconoscimento dei brani originali di affreschi e l’eliminazione delle false decorazioni, portando alla luce i lacerti decorativi originali.

I frammenti affrescati oggi risaltano sulle sfondo sobrio delle pareti finite ad intonaco a calce, per la pittura medievale, che spesso presenta colori intensi e superfici dorate.

Lasciando immutati i soffitti lignei e l’originaria distribuzione in un grande salone irregolare con quattro salette laterali,

l’architetto collega i due piani con una nuova ed essenziale scala lignea, sorretta da putrelle di ferro.

I nuovi pavimenti di marmo clauzetto al primo piano e legno al secondo piano sono contornati da uno zoccolo rialzato in pietra tenera, che sottolinea l’irregolarità degli spazi e risolve l’attacco tra piano orizzontale e pareti verticali.

Per l’allestimento di questa sezione, vengono messi a punto vari sistemi ostensori, adatti a differenti tipologie di opere:

- semplici mensole di tufo per i polittici gotici;

- blocchetti ancora di tufo per le croci stazionali;

- cavalletti (disegnati originariamente per il veneziano Museo Correr e qui riutilizzati)

- e aste di ferro, zavorrate alla base, per esporre capolavori come La Madonna della Quaglia di Pisanello e la Madonna del Roseto di Stefano (sala 9);

- aste rotanti, incernierate nei battiscopa, per alcuni dipinti che il visitatore può inclinare onde vederli con la giusta luce;

- semplici strutture di ferro per gli affreschi staccati.

Grande attenzione è dedicata alla definizione delle incorniciature, con la messa a punto di un sistema di “cornice a cassetta” che contiene l’opera in un telaio di legno foderato nel fondo e lungo i bordi interni con un tessuto colorato intonato al dipinto.

Tra tutte, si notino il frammento di Madonna con il bambino di Andrea da Murano (sala 15), dove la cornice scarpiana restituisce visivamente le dimensioni originali della tavola mutilata del volto della Madonna,

e le due Madonna con il Bambino di Giovanni Bellini, presentate in un passe-partout unico di velluto azzurro, che accosta i dipinti, impaginandoli sia nella parete sia in un inquadramento prospettico (sala 13).




Veduta del ponte dal Castelvecchio di Verona



Ponte di Castelvecchio

Il ponte di Castelvecchio, conosciuto anche come ponte scaligero, è un'opera infrastrutturale e militare situata a Verona lungo il fiume Adige, parte della fortezza di Castelvecchio è ritenuto l'opera più audace e mirabile del Medioevo veronese.

Il ponte venne realizzato tra il 1354 ed il 1356

sotto la signoria di Cangrande II della Scala,

con la funzione di assicurare alla costruenda rocca di Castelvecchio una via di fuga verso il Tirolo nel caso vi fosse stata una sommossa da parte di una delle fazioni nemiche interne alla città.

Il progettista ed esecutore del ponte non è conosciuto, tuttavia un documento del 1495 (quindi postumo di oltre un secolo rispetto alla sua costruzione) sembra indicare come autore un certo Guglielmo Bevilacqua, protagonista, tra l'altro, di una leggenda raccolta dal cronista Girolamo Dalla Corte nella sua Historia di Verona:

si racconta infatti che Cangrande II della Scala donò al Bevilacqua una spada ritenuta di san Martino, fino a quel momento custodita nell'omonima chiesa, edificio che a quei tempi sorgeva all'interno delle mura di Castelvecchio.

Alcuni studiosi hanno invece ipotizzato, basandosi sulle analogie tra questo ponte e quello detto delle Navi, una comune paternità, da attribuire quindi a Giovanni da Ferrara e Giacomo da Gozo.

La robustezza della struttura consentì al ponte di passare indenne cinque secoli di storia

fino a quando, nel 1802, i francesi, che occuparono Verona a seguito del trattato di Lunéville,

mozzarono la torre sul lato campagna ed eliminarono le merlature, come già precedentemente fatto per le altre torri del castello, per potervi così alloggiare le batterie di cannoni, usate poi durante le note vicende delle Pasque veronesi.

Infine il ponte venne fatto saltare il 24 aprile 1945 dai soldati tedeschi in ritirata verso la Germania, insieme a tutti gli altri ponti della città, compreso l'ancora più antico ponte Pietra.




Castelvecchio, uno scorcio del ponte scaligero e delle mura



Nell'immediato dopoguerra si decise di ricostruirlo insieme ad altri importanti monumenti della città perduti nel corso della seconda guerra mondiale.

Sostenuta dall'opinione pubblica e considerato che almeno le pile si erano in parte conservate nonostante le violente esplosioni, la Soprintendenza di Verona, nella persona di Piero Gazzola, decise di ripristinare la situazione precedente all'esplosione piuttosto che realizzare un ponte ex novo.

Per il progetto di ricostruzione, Piero Gazzola si avvalse della collaborazione dell'ingegnere Alberto Minghetti per la parte tecnica e dell'architetto Libero Cecchini per la parte artistica.

I primi lavori iniziarono alla fine del 1945 e videro lo sgombero dell'alveo del fiume Adige dalle macerie, mentre nella seconda fase, iniziata nel 1949, i conci di pietra rinvenuti integri vennero ricollocati nella loro posizione originale,

grazie alla documentazione fotografica e al rilievo realizzati poco prima della distruzione del ponte stesso.

Inoltre, grazie allo studio dei cromatismi della pietra, si poté risalire alla cava da cui vennero estratti i blocchi in età medievale, situata nel territorio di San Giorgio di Valpolicella, da cui vennero così cavate le nuove pietre che avrebbero sostituito le originali danneggiate.

Il laterizio originale, costituito da terre diverse e di dimensioni diseguali, proveniva invece da diverse fornaci, si decise quindi di procurarsi quello nuovo dai cantieri di edifici in demolizione e da diverse fornaci veronesi e mantovane.

I lavori di restauro terminarono solamente il 20 luglio 1951.




Ponte di Castelvecchio, particolare dell' interno



Il ponte, appartenente al complesso di Castelvecchio, risulta essere un'opera ardita per il periodo in cui venne costruita,

con l'arcata destra avente una luce di addirittura 48,69 metri,

mentre le due arcate minori hanno luci di 29,15 e 24 metri .


L'arcata maggiore è da alcuni studiosi considerata addirittura la più grande in Europa al tempo della sua costruzione,

e aveva una dimensione utile ad agevolare il passaggio delle imbarcazioni.

Il diverso dimensionamento dell'ampiezza degli archi e della mole dei piloni è da ricondurre ad uno studio della diversa distribuzione delle correnti in questo meandro del fiume;

questo disegno particolare del ponte, ideato da un punto di vista prettamente funzionale e strutturale, ha comunque determinato una soluzione figurativa gotica e inedita.

Il basamento dei piloni e le ghiere degli archi, quindi la parte inferiore della struttura, sono in pietra,

mentre la parte rimanente del ponte è in cotto, materiale che caratterizza tutti i monumenti medievali veronesi.

I due piloni a base pentagonale, rostrati verso monte per facilitare lo scorrimento delle acque dell'Adige, sono estremamente massicci, ed il maggiore era arricchito da quindici capitelli corinzi e da frammenti di bassorilievi romani.

Il percorso lungo il ponte, lungo oltre centoventi metri e largo oltre sei,

è difeso da mura merlate a coda di rondine, con camminamenti e feritoie,

oltre che dall'imponente mastio verso città e da una torre, mozzata dai francesi nell'Ottocento, verso campagna




Museo di Castelvecchio, Affreschi trecenteschi nelle sale interne della Reggia



Museo civico di Castelvecchio


Il museo di Castelvecchio, uno dei più importanti musei della città di Verona, venne restaurato e allestito con criteri moderni tra il 1958 e il 1964 da Carlo Scarpa, di cui divenne uno degli interventi più completi e meglio conservati.

Esso si distribuisce in circa trenta sale e in relativi settori:

- il cortile d'accesso ospita un lapidario medievale;

- le sale d'accesso al pianterreno costudiscono epigrafi di età altomedievale e romanica e sculture veronesi del XIV e XV secolo;

- le sale della Reggia presentano affreschi staccati, dipinti del Medioevo e del primo Rinascimento, sculture e gioielli trecenteschi (tra cui opere di Pisanello, Bellini, Carpaccio, Mantegna e Rubens);

- nel mastio si trova la sala delle armi antiche;

- il livello superiore dell'ala napoleonica presenta tele di grandi dimensioni di artisti veronesi e veneziani dal XVI al XVIII secolo (tra cui Tintoretto e Paolo Veronese);

- l'ultima sala, infine, è dedicata alle opere di artisti del XVIII secolo (tra cui Giambattista Tiepolo).

In un punto particolarmente importante del percorso è inoltre collocata, su un supporto sopraelevato, la statua equestre di Cangrande della Scala,

opera del XIV secolo che fu rimossa dalla sua posizione originale, presso le Arche scaligere, per poterla meglio conservare.





La statua equestre di Cangrande riposizionata dalla sua collocazione originale a seguito del restauro operato dal noto architetto Carlo Scarpa


Per finire in bellezza, tre filmati molto interessanti:

- uno sul castello di Castelvecchio

- uno sul Museo Civico di Castelvecchio


- e uno sempre sul Museo di Castelvecchio, dell' Architetto veneziano Carlo Scarpa >

Carlo SCARPA - Castelvecchio Museum

Ultima modifica di tallines : 10-01-2021 alle 14:57.
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