La Gran Bretagna gestisce una stazione di monitoraggio internet in un Paese del Medio Oriente. La base intercetta e processa grandi quantità di email, telefonate e traffico web per conto delle agenzie di intelligence occidentali
23 agosto 2013 di Carola Frediani
Nella serie di infiniti scoop sul Datagate, questa volta a portare casa il risultato è la testata britannica The Independent, invece del Guardian che fino ad oggi è stata la principale depositaria delle rivelazioni sul programma di sorveglianza globale diffuse da
Edward Snowden.
La notizia della
stazione segreta – che però non viene localizzata geograficamente dal quotidiano – arriva direttamente dai documenti della
Agenzia di sicurezza nazionale americana ( Nsa) trafugati dall’ex-analista della Cia oggi rifugiato in Russia. In particolare, l’informazione faceva parte di un blocco di
50mila documenti della
Gchq (Government Communications Headquarters), l’agenzia di intelligence britannica, scaricati da Snowden nel 2012. Molti di questi documenti provengono da una sorta di wiki interno dell’agenzia,
GC-Wiki, contenente
informazioni top secret.
La stazione – spiega l’
Independent – è in grado di
estrarre dati dai cavi sottomarini in fibra ottica che attraversano la regione. Tutto ciò che passa di lì viene copiato e filtrato alla ricerca di informazioni interessanti. Ma come avviene tecnicamente una simile operazione? Presumibilmente viene utilizzato un semplice network switch, cioè un apparecchio che connette diversi segmenti di rete.
“Con uno di questi puoi intercettare il traffico, mandarlo su una porta di monitoraggio e farne una copia con soli due comandi. A quel punto lo dai in pasto a un software che fa l’analisi dei flussi di dati”, spiega a Wired.it
Davide Del Vecchio, esperto di sicurezza informatica.
“Quindi tutto quello che passa, puoi analizzarlo. Se è in chiaro, ovviamente leggi tutto. Se è cifrato, si deve rompere la cifratura”.
La raccolta dati è parte di
Tempora, un programma di sorveglianza e monitoraggio globale da 1 miliardo di sterline portato avanti dalla Gran Bretagna, in collaborazione con la Nsa americana, e già emerso nei precedenti leak sul Datagate. La stazione mediorientale è stata autorizzata direttamente dall’ex ministro degli Esteri
David Miliband, che ha permesso al Gchq di
monitorare, conservare e
analizzare i dati in transito su questi cavi. Ufficialmente per raccogliere informazioni su terrorismo, mercenari, contractor militari, frodi finanziarie, e le intenzioni politiche di potenze straniere. Ma
non sembra che tale monitoraggio debba sottostare ai normali controlli e regole nazionali.
Perché questa volta lo scoop l’ha fatto l’
Independent? Secondo lo stesso quotidiano, alla fine di luglio i servizi di intelligence britannici, su mandato del primo ministro
David Cameron, oltre a
distruggere gli hard disk con i dati di Snowden, avrebbero chiesto al direttore del
Guardian di
non pubblicare materiali contenenti informazioni che potrebbero danneggiare la sicurezza nazionale.
Di qui la discesa in campo della testata concorrente, apparentemente meno legata. Tra l’altro il governo inglese avrebbe anche aperto un’
indagine, grazie alle norme
antiterrorismo, sulle informazioni trovate sul computer e gli apparecchi sequestrati a
David Miranda, partner e collaboratore di
Glenn Greenwald, il giornalista del
Guardian che fino ad oggi ha pubblicato per primo le rivelazioni di Snowden. Miranda era stato fermato per ben nove ore all’aeroporto di Heathrow.
Ma le ramificazioni internazionali del Datagate si spingono fino in
Nuova Zelanda, dove alcuni documenti mostrerebbero come la polizia locale abbia usato le informazioni ricavate dai programmi di sorveglianza della Nsa per
intercettare le comunicazioni di Kim Dotcom.
Fonte:
daily.wired.it
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