|
Senior Member
Iscritto dal: Oct 2001
Città: Lazio Età: 52 ex mod
Messaggi: 9300
|
Sabato 8 Ottobre 2005
Torino 2006 e Cio in lite per norme con risvolti penali
La parola al Sottosegretario con delega allo sport
«Colpiamo i trafficanti»
Pescante e il doping: la legge va cambiata e gli atleti non criminalizzati
di CARLO SANTI
Onorevole Mario Pescante, le piace sentir parlare di ministero dello sport nel futuro dell’Italia?
«No, e non credo ci sarà mai un ministero dello sport. La forza del movimento discende soprattutto dalla sua autonomia. In questi anni abbiamo lavorato per restituire al Coni la sua centralità modificando la riforma Melandri, riportando i presidenti federali in Giunta, rendendo più incisiva la sua azione».
Insistiamo: al Coni l’attività di vertice, al ministero quello di base, lo sport per tutti.
«Alla base ci devono pensare le Regioni. Ripeto, un ministero dello sport sarebbe un errore strutturale, una mortificazione che lo sport non merita».
Roma e Milano si contendono la candidatura per partecipare alla gara di assegnazione delle Olimpiadi del 2016.
«Parlare di Olimpiadi è sempre molto bello e dà la sensazione di vitalità del Paese. Il dualismo italiano? Nussun problema: negli Usa ci sono quattro città che pensano di candidarsi».
Lei ha fatto parte dell’avventura di Roma 2004, ricorda?
«Sì, lo ricordo benissimo. E ricordo di essere stato molto penalizzato per quella sconfitta, nel ’97. In seguito, hanno perso Parigi, Mosca, New York, Madrid, e nessuno si è scandalizzato».
Cosa consiglia, quindi, lei che conosce la famiglia olimpica essendo membro del Cio?
«Di andare avanti. Nonostante tutto, sono fermamente convinto che ne vale la pena: sono favorevole. E poi sa una cosa? Sarebbe, per Roma o Milano, in caso di sconfitta, un’esperienza in vista del 2020».
Nell’ultimo anno ha guidato, come supervisore, la macchina organizzativa di Torino 2006. I problemi non sono mancati: è stato un tormento?
«Niente tormento, a Torino. Il mio impegno per i Giochi non è mai stato politico: solo organizzativo. Quando sono arrivato, la macchina non camminava per fratture interne, contrasti insanabili tra direttore e il suo vice. Non c’era squadra».
Ha cambiato i piloti, quindi?
«Le scelte sono state valide. Ho chiamato Cesare Vaciago per la guida e Luciano Barra quale vice. La squadra è tornata unita. Gli americani dicono di noi, della nostra Olimpiade, che è full speed ».
Le polemiche non mancano, in particolare per la questione-doping. La legge italiana, quella del dicembre 2000, prevede, con le sanzioni sportive, anche sanzioni penali. Il Cio non accetta.
«La mia posizione è chiara da anni: dico che per il doping le sanzioni sportive sono più pesanti di quelle che penali. Due anni di squalifica per un atleta significano la fine della carriera, con rilevanti danni economici. Poi, siamo l’unico Paese a prevedere il “carcere”».
Lei cambierebbe, quindi, quella legge.
«Sì, la cambierei sotto il profilo penale escludendo l’applicazione della legge per gli atleti positivi ma appesantendola per chi commercia e prescrive le sostanze proibite. Le Federazioni internazionali non accettano che le legislazioni nazionali appesantiscano quelle che sono già le sospensioni che arrivano fino a due anni di squalifica sportiva. Gli interventi per prevenire e combattere il doping dovrebbero essere di diversa natura».
Può spiegare meglio?
«Facciamo diecimila controlli l’anno e nessun altro Paese arriva a questo. Quello che più preoccupa è l’estensione del fenomeno a livello di base spesso tra i giovani. Sarebbe auspicabile un’indagine nazionale per quantificare il fenomeno. L’ideale sarebbe prevedere ceontomila test l’anno, ovviamente limitando la ricerca alle sostanze che si pensa siano diffuse tra i giovani, utilizzando anche laboratori di analisi accreditati dalle Regioni».
Torino 2006, o meglio il Cio, chiede una deroga alla legge per la parte penale. Cosa farà?
«Sto cercando il colloquio con le forze politiche. Quando Torino ha richiesto i Giochi, nel ’97, il premier Prodi in osservanza alla Carta olimpica ha assunto l’impegno di rispettare le prescrizioni del Cio anche attraverso adeguamenti delle leggi nazionali. Lo stesso impegno, in seguito, lo ha riconfermato D’Alema e quindi l’attuale premier. Entro la fine dell’anno il presidente del Cio, Rogge, ha chiesto un incontro a Berlusconi per uno scambio di vedute sui lavori del Toroc ma soprattutto per questo tema».
La soluzione quale sarà?
«L’importante sarà non avere fratture tra le forze politiche e, così come successo per gli altri interventi legislativi, si trovi una soluzione con unità di intenti che, ovviamente, non abbia il sapore di aver abbassato la guardia contro questo flagello. Un intervento che, a mio avviso, andrebbe fatto ogni volta che si organizza in Italia un evento sportivo internazionale».
Torniamo a parlare di Torino 2006. Qual è stato l’intervento finanziario per i Giochi?
«Le infrastrutture hanno inciso per 2 miliardi di euro: 1,2 miliardi per quelle sportive, 500 milioni per i Viallaggi olimpici e altre infrastrutture, il resto per le opere connesse. Il Governo ha dato un consistente contributo come anche Regione, Comune e Provincia».
(Il Messaggero.it)
|