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Adric
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In Thailandia anche combattenti indonesiani

Inviato da Ornella Sinigaglia
sabato, 01 ottobre 2005 18:41

Ribelli thailandesi (Foto: WN)Anche gli Indonesiani sono coinvolti nell'insurrezione musulmana thailandese. Ad affermarlo è un consigliere della difesa del primo ministro thailandese, il generale Kitti Rattanachaya, confutando così la tesi che vorrebbe il movimento separatista un fenomeno nazionale, scollegato dalla divisione asiatica di al-Qaeda. Oltre 1.000 persone, tra cui musulmani moderati, buddhisti, poliziotti e funzionari del governo, sono morti dall'inizio del 2004, quando è ripresa la battaglia centenaria per la nascita di uno Stato indipendente dalle tre province musulmane.

«Ho messo più volte in allerta le autorità militari in merito all'ingresso di combattenti inonesiani, ma hanno ignorato il mio allarme», ha spiegato all'Ap il generale, precisando che i miliziani proverrebbero da Aceh.

La sua certezza conferma le voce sull'ingresso dei musulmani indonesiani in Thailandia per prender parte ai combattimenti nella punta meridionale del Paese. Non ci sono comunque prove certe della rivendicazione, e Rattanachaya ha dato pochi dettagli in merito. Molti analisti considerano la rivolta come un fatto interno alla Thailandia, con un vasto potenziale di attirare i militanti islamici, in primis i membri della Jemaah Islamiyah; le armi comunque non proverrebbero dall'esterno.

Da una recente intervista rilasciata all'Ap da Lukman B. Lima, un anziano leader del movimento ribelle thailandese, si era appreso che militanti dall'Indonesia e dai Paesi arabi avrebbero potuto unirsi alla rivolta al fine di creare una regione musulmana autonoma, andando quindi contro al governo che con il suo stallo starebbe alimentando una nuova generazione di combattenti.

«Posso assicurare che molti tra i giovani [militanti, ndr] sono addestrati all'uso delle armi per difesa personale. Li addestriamo in montagna, nella giunga e a volte nei villaggi, ma esclusivamente in Thailandia», ha spiegato Lukman. Il governo ha invece negato l'esistenza di campi di addestramento nel Paese. Kitti, che in passato è stato comandante dell'esercito nell'area rivendicata dagli indipendentisti, sostiene che gli ufficiali non accettano la realtà di dover affrontare il problema dei separatisti musulmani.

Giovedì scorso il primo ministro, Thaksin Shinawatra, ha respinto la voce, diramata dai media locali, di un legame degli infiltrati con Washington. «Non è vero, non credo a questa cronaca perché quando ho incontrato il presidente Bush non me ne ha fatto menzione», ha smentito Thaksin, che ha incontrato Bus all'inizio di settembre. «Consideriamo tutt'ora la questione un fatto unicamente nazionale», ha detto all'Ap l'ambasciatore statunitense Ralph Boyce.

In un'altra intervista rilasciata nel corso della settimana, un altro thailandese musulmano che combatté coi mujahidin in Afghanistan a confermato che ci sono stretti scambi tra gli indipendentisti thailandesi e i combattenti di Aceh, meglio addestrati, che avrebbero combattuto per un certo tempo nelle province contese. I combattenti thailandesi, per lo più reclutati nelle madrasse e con scarsa preparazione militare, non sarebbero all'altezza di alcuni degli attacchi sferrati.

Per secoli i musulmani di Aceh hanno mantenuto rapporti con quelli del sud della Thailandia, separati soltanto dallo stretto di Malacca. Contemporaneamente le truppe indonesiane stanno abbandonando a poco a poco Aceh in seguito agli accordi di pace firmati lo scorso 15 agosto.

Ornella Sinigaglia (WarNews.it)
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