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Old 09-06-2005, 12:59   #99
yossarian
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"Ho abortito da sola: erano tutti obbiettori"
Denuncia di una donna di Treviso: al momento dell'espulsione del feto sarebbe rimasta sola perché i medici erano obbiettori di coscienza. Il direttore sanitario: "Non c'è stata negligenza"


TREVISO, 4 AGOSTO - Una donna di Treviso costretta ad interrompere la gravidanza oltre i termini di legge, per malformazioni del nascituro, ha denunciato di aver dovuto abortire da sola in una stanza dell'ospedale Cà Foncello, senza l'assistenza di medici ed infermieri al momento dell'espulsione del feto, perchè tutti obiettori di coscienza.
La donna ha presentato perciò un esposto alla magistratura nei confronti dei responsabili del reparto di ginecologia, dove la vicenda sarebbe avvenuta. Il direttore sanitario, Giuseppe Simini, sostiene invece che non vi sarebbe stata negligenza da parte dei sanitari, dal punto di vista formale.
La donna, già madre di tre figli, avrebbe saputo solo dopo la 20/A settimana, con un'ecografia morfologica, delle gravi malformazioni del feto. Per questo chiese ed ottenne, secondo quanto previsto dalla legge 194 nei casi gravi di problemi che rendano incompatibile la vita del bambino, di poter abortire.
Nell'esposto la donna sostiene che l'ospedale, rintracciato in un altro nosocomio un medico che le somministrasse i farmaci per indurre le contrazioni, avrebbe però messo a sua disposizione solo un anestesista, lasciandola sola in un letto in corsia al momento di quello che è poi risultato un mini parto.
Il direttore sanitario dell' ospedale Cà Foncello, Giuseppe Simini, invece, dopo aver effettuato stamane una prima ricognizione sui fatti ha spiegato che la signora, dopo essersi sottoposta ad ecografia il 31 maggio, scoprendo solo allora le malformazioni del feto, ed avere avuto il giorno dopo un colloquio con uno psichiatra che le aveva spiegato la procedura per l'aborto a quel punto della gravidanza, ha insistito per sottoporsi all'aborto il giorno successivo, il 2 giugno. Giorno in cui in servizio vi erano solo medici obiettori. L'ospedale, ha aggiunto Simini, ha trovato comunque un medico disponibile per la somministrazione delle fialette di prostaglandine e le ha messo a disposizione un anestesista. «La procedura - ha proseguito - prevede che la donna sottoposta ad aborto non stia in sala parto, ma in una stanza apposita, con la possibilità di avere accanto un familiare e l'assistenza di infermieri che, in caso di problemi per la paziente, possono chiamare i medici». «I fatti - ha concluso - dicono che abbiamo rispettato la normale procedura.
Poi dovremo verificare anche i singoli comportamenti».

questo è il caso citato da Banus; ne conosco anche un altro, risalente al 1974 (4 anni prima dell'entrata in vigore della legge sull'aborto) e relativo ad una mia vicina di casa, già allora madre di 4 figli, che con un quinto figlio in arrivo e serie minacce d'aborto, fu portata dal marito al Gemelli. Li, in preda ad una forte emorraggia che, a detta degli stessi medici la stava mettendo in pericolo di vita, invece che a cure immediate fu sottoposta ad un vero e proprio interrogatorio che aveva, secondo il personale sanitario, lo scopo di farle confessare che era ricorsa a pratiche abortive che avevano causato quella situazione. Ciliegina sulla torta, uno dei ginecologi le disse che se fosse entrata in come l'avrebbero tenuta in vita con le macchine fino allo scadere del 7° mese, cioè fino a quendo non sarebbero stati in grado di estrarre il feto, questo perchè, testuali parole: "il bambino che deve nascere è più importante di te". Per sua fortuna, in quel periodo, al Gemelli, lavorava l'ostetrica che l'aveva aiutata a partorire la prima figlia e, per fortuna, questa donna si è trovata ad entrare nella stanza dove era ricoverata la mia vicina e, dopo averla riconosciuta, vedendola in quelle condizioni,
è corsa a chiamare un altro dottore, uno dei medici più giovani dell'ospedale che, dopo averla nuovamente visitata, una volta valutata la situazione, decise di far approntare la sala operatoria, prendendosi lui la responsabilità di farla abortire. Questo è stato l'unico motivo per cui questa signora è ancora viva e mi ha potuto raccontare questa storia.

Questi due casi, per fortuna, rappresentano solo un'estremizzazione fondamentalista di un certo modo di pensare. Però c'è da tener conto che un medico, oltre che alla sua etica personale, deve rispondere anche ad un'etica professionale, cosa che, troppo spesso, qualcuno dimentica.

Discorso diverso per i ricercatori; come ha detto qualcuno, in quel caso c'è la possibilità di scegliere il proprio campo senza rischiare di danneggiare gli altri.

Personalmente, ritengo che un medico sia un medico, indipendentemente dalla sua religione o dalle sua idee politiche e vada valutato in base alle sue capacità professionali. Certo, considerata la libertà di obiezione di coscienza, in caso di particolari interventi che rischiano di creare contrasto tra etica professionale e morale personale, difficilmente opterei per una struttura fortemente ideologizzata

Ultima modifica di yossarian : 09-06-2005 alle 13:04.
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