Senior Member
Iscritto dal: May 2001
Città: Milano Tokyo , purtroppo Utente con le palle fracassate
Messaggi: 2371
|
Giuliano Ferrara per Il Foglio del 23 ottobre 2004
Dice Mancina sul matrimonio omosessuale:“Non mi entusiasma”. E aggiunge: “Tuttavia mi sto chiedendo quali sono gli argomenti che giustifichino il rifiuto, e non ne ho ancora trovati di buoni”. Conclude che il nichilismo non c’entra nulla, che il matrimonio omosessuale è l’inclusione “di un nuovo largo gruppo di persone” nel matrimonio, al punto da rafforzarlo come istituzione, e che in realtà c’è “ripugnanza” per certi schemi di vita ma questa “ripugnanza” non può essere base di scelte morali e legislative.
Dico io. Non ho alcuna ripugnanza per lo schema di vita omosessuale, per gli atti omosessuali. Ho conosciuto e praticato quel peccato come tanti altri hanno fatto, sarei per il ministro Tremaglia un ex comunista ex culattone (e semel abbas, sempre abbas – una volta prete, sempre prete), figuriamoci la ripugnanza. Se mi danno del frocio, rispondo come quell’amico di Buttafuoco: “Barone mi disse”.
Ripugnanza? Ma siamo matti? Va bene che l’Iliade l’ha riscritta Baricco, e che Patroclo è un personaggio satirico di Alto Gradimento (“Patrocloooooo…”), ma che si possa essere froci e guerrieri, froci e filosofi, froci e gangster, froci e persone perbene mi sembra un’ovvietà. Anzi, tengo sempre nella memoria quella frase attribuita a Giuseppe Ciarrapico (per non stare a citare Kavafis, che mi sembra citazione un po’ palloccolosa), una frase rivolta a gente del nord: “Quando voi stavate ancora sugli alberi, noi a Roma eravamo già froci”.
Dico solo che “peccato” è una definizione morale legittima della dottrina cattolica, e che Buttiglione ha sbagliato a fare la sua piccola abiura e a scrivere a Barroso che in politica certe parole non si usano e lui si rammarica per averla usata. Confermo, cara Mancina, e stavolta in polemica con Buttiglione: se si escluda dalla politica la parola peccato, che cosa resterebbe?
Il numero nichilista, appunto, un liberalismo privo di basi e di contraddizione, un orripilante conformismo. La politica è separata dalla morale, come diceva Machiavelli (un frocetto anche lui), ma nel senso che ha una sua specifica morale o antimorale, un suo specifico senso del peccato e della redenzione (sono concetti teologici secolarizzati, state tranquilli, non mi sto confessando).
Per il resto, è semplice. Il divorzio, citato dalla Mancina come uno di quei cambiamenti che non hanno distrutto la famiglia, solo eufemisticamente può essere definito un balsamo per la famiglia, secondo me; però è una possibilità legale che non abroga il matrimonio tra un uomo e una donna, si limita a scioglierlo e spesso con la giustificazione che se ne vuole combinare un altro.
Il matrimonio omosessuale di Zapatero, quello della completa equiparazione e della completa “igualdad” tra diritti eguali sessualmente indifferenziati, quello che cancella le parole discriminatorie di “marito” e “moglie” dal codice civile, per sostituirle con coniuge e coniuge, quello che autorizza la produzione legale di figli senza se e senza ma, e senza madre e padre, mi sembra un caso un po’ diverso.
Lo so, sono retrogado. Penso questo, sia della clonazione sia del matrimonio omosessuale alla Zapatero (sono invece favorevole alla proposta di unioni civili che offrano diritti senza abrogare il matrimonio come contratto che intercorre tra un uomo e una donna): abolire con una modifica del codice la società patrilineare e matrilineare tradizionale, senza averci riflettuto bene e in omaggio a una visione dei diritti indifferenziata, irrispettosa della differenza, è una colossale stronzata.
__________________
Kotoshi mo yoroshiku onegai-itashimasu
|