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Alsup ha utilizzato una metafora chiara per spiegare il proprio ragionamento, affermando che la situazione è simile a quella di studenti a cui si insegna a scrivere bene. Anche se questo genera concorrenza nel mercato delle idee, secondo il giudice la legge sul copyright ha come fine quello di stimolare la creazione, non di proteggerla dalla competizione.
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Peccato che l'AI non sia uno studente umano.
Uno studente legge un libro, ne assimila parte del contenuto, e al massimo lo rielabora in compiti o produzioni personali, con una portata limitata nel tempo e nello spazio. Un modello AI, una volta addestrato su milioni di libri generare testi in massa, su richiesta, 24/7, essere commercializzato su larga scala, servire milioni di utenti contemporaneamente, essere impiegato per fini economici diretti.
Il "consumo" che una AI fa di un’opera è molto più esteso, automatico e sistemico rispetto a quello di uno studente e quindi
NON puo' esistere una competizione leale nei contenuti anche se si considera l'uso trasformativo. Un AI puo' produrre letteralmente miliradi di opere sullo stile di un autore e ottenere un compenso, un autore umano non puo' fare la stessa cosa.
E' quindi una questione di compensazione economica. Quando un'opera entra nel training di una AI, contribuisce alla sua "competenza", che poi viene monetizzata, a nessun compenso va all'autore originario, né proporzionalmente al valore o all'importanza della sua opera nel training set.
E' molto diverso dalla vendita di una copia cartacea o di un ebook, dove all'autore spetta una percentuale sul prezzo.