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Originariamente inviato da azi_muth
I bisogni sono abbastanza concreti senza menare il can per l'aia.
Dobbiamo fare la transizione energetica, ci servono le materie prime prime per farlo.
Il mondo gira sul mercato e sul profitto. Se le produzioni si sono spostate è perchè esiste una cosetta che si chiama "vantaggio comparato".
Noi dobbiamo crescere migliorando produttività e efficienza ovvero produrre bene che il mercato vuole pagare bene se vogliamo mantenere la nostra ricchezza, altriemnti questa andrà da qualche altra parte.
Se rimaniamo ancora a categorie ottocentesche che hanno fallito sempre ovunque e comunque...non se ne esce.
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Non mi pare che i bisogni della stragrande maggioranza dei lavoratori dipendenti siano "concretamente" coincidenti con quelli dei ceo, dei consigli di amministrazione e degli azionisti maggiori delle grandi aziende. Gli esempi in questo senso si sprecano e sono riassumibili nel termine "diseguaglianze" che non fanno che crescere da decenni alle nostre latitudini.
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Nei paesi asiatici qualcuno potrebbe non essere d'accordo visto la percentuale di popolazione che circa 750 milioni di persone sono uscite dalla povertà in poco meno di trent’anni solo in Cina.
Semmai grazie alla globalizzazione c'è stata una redistribuzione mondiale della ricchezza.
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Il Paese asiatico che citi è fondamentalmente uno, la Cina, governato da un sistema che non assegna predominanza assoluta a mercato e profitto, ma ne sfrutta diverse caratteristiche nel tentativo, ricco di contraddizioni oltre che di risultati, di conseguire avanzamenti generali per il contesto socio-economico locale.
Nell'Occidente non si vede nulla di tutto ciò da 30 anni, la situazione generale è abbastanza esplicita in merito.
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Il reshoring e il decoupling per scopi strategici visto che le forniture di materie prime possono essere utilizzate in modo offensivi in scenari di guerra ibrida.
Cmq sarà solo un fenomeno parziale.
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L'unica strategia alla base di quei fenomeni è non accettare la fine di un ciclo che postulava la sudditanza perpetua per le aree economiche cosiddette "in via di sviluppo".